Giovani promesse, che fatica confermarsi

09.12.2021
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Il mondo dei professionisti corre veloce, in tutti i sensi. I corridori sono sempre più preparati e le squadre sono alla continua ricerca dei giovani talenti. Non sempre però i ragazzi sono pronti per il grande salto dal mondo under 23 a quello dei pro’. Ormai è diventato normale vedere ragazzi diventare professionisti alla fine del secondo anno da under.

Non è però semplice emergere e per uno che ci riesce sono molti i ragazzi che a causa del loro passaggio prematuro rischiano di perdersi. Potrebbe essere il caso di Daniel Savini, fino al 2021 della Bardiani-CSF-Faizanè. Con la squadra di Reverberi è passato professionista molto giovane, nel 2018, a 20 anni. Dopo quattro stagioni, il suo percorso con la Bardiani si è concluso, abbiamo voluto parlare con Leonardo Scarselli, suo diesse alla Maltinti, che non era favorevole al suo passaggio nei professionisti così presto.

Leonardo Scarselli, diesse della Maltinti è passato pro’ a 25 anni, per gli standard moderni sarebbe stato considerato “vecchio”
Leonardo Scarselli, diesse della Maltinti è passato pro’ a 25 anni
Come mai non ritenevi che Daniel fosse pronto per il mondo dei pro’?

Io avevo espresso la mia opinione basata su quel che vedevo. Daniel a livello di numeri espressi era uno dei migliori corridori in gruppo, era nell’orbita della nazionale e gli veniva tutto semplice. Ha avuto una carriera a livello giovanile agevole, grazie alle sue grandi doti è sempre riuscito a fare bene.

Quindi quali erano i tuoi dubbi?

Non lo ritenevo pronto a livello mentale. Nonostante i risultati non era concentrato sulla bici e su quel che è la vita da atleta. Commetteva dei piccoli errori che a livello dilettantistico non paghi, ma quando passi professionista certe cose sono date per scontate e non puoi sbagliarle.

Errori di gioventù, ma come avrebbe potuto evitarli?

Non li eviti, sono parte della maturazione atletica, mentale e psicologica del corridore. Quando correva con me ebbi un colloquio con Zanatta, diesse della Bardiani. Gli dissi che Daniel andava seguito da vicino per farlo rendere al massimo, ma nei professionisti non funziona così. In quella categoria sei un numero. Se vai forte bene, altrimenti ne prendono un altro…

Fondamenta poco solide

Accantoniamo la situazione di Daniel e parliamo del movimento dei giovani con Leonardo Scarselli. Il suo ruolo gli ha permesso di vedere tanti ragazzi e di capire come, negli ultimi anni, il movimento ciclistico si sia mosso per tutelarli, o meno.

Anche nella categoria juniores si guarda al risultato esasperando così la crescita dei corridori
Negli juniores si guarda al risultato esasperando così la crescita dei corridori

«Come ho detto prima: non è una questione atletica – dice Leonardo Scarselli – i ragazzi possono esprimere anche ottimi valori, ma senza la maturazione corretta non possono ritagliarsi il loro spazio nei professionisti. Il problema è che una volta emersa un’eccellenza, come Evenepoel, si va tutti alla loro ricerca ma se si usa questa parola ci sarà un motivo».

Cosa bisognerebbe fare per tutelare i corridori?

Intanto smetterla di cercare il prodigio, ma il problema è ben più radicato…

Ci spieghi.

Le squadre non tutelano più i ragazzi, già dalla categoria juniores si guarda al risultato. Negli altri Paesi, da dove escono i corridori giovani e pronti sia fisicamente che mentalmente non fanno così. Si fa una scuola di ciclismo, insegnano a guidare il mezzo, magari facendo la doppia disciplina. Impari a stare in gruppo, ad alimentarti, a leggere la corsa… e poi ti fanno sbagliare.

Ormai si pensa che a 22-23 anni un ragazzo sia “vecchio”.

Questa cosa mi fa ridere, un corridore a 23 anni non può essere considerato vecchio. Nelle corse c’è sempre stata la classifica per i giovani (ragazzi fino ai 25 anni, ndr), ci sarà un motivo. La categoria under 23 prevede 4 anni di militanza perché si è sempre pensato che sia il periodo giusto per crescere ed i motivi sono tanti.

Quali?

Come prima cosa puoi sbagliare, se accorci i tempi gli errori concessi diminuiscono. L’under 23 è la categoria dove si impara di più sulle dinamiche di corsa e allenamento. Come detto prima, da juniores se uno va forte ed è un… mascalzone la può fare franca, ma da under 23 i primi nodi vengono al pettine. Però se invece avere 4 anni per imparare ne hai 2, il discorso va in frantumi.

Daniel Savini ha corso una sola stagione alla Maltinti nel suo secondo anno da under 23, prima del passaggio in Bardiani
Daniel Savini ha corso una sola stagione alla Maltinti
E le squadre cosa devono fare?

I casi sono due: se si continua ad abbassare l’età media dei neoprofessionisti, allora bisogna che le squadre si facciano carico della loro crescita. Li devi seguire da vicino, stare con il fiato sul collo e così li aiuti. Non si inventa nulla di nuovo, è quello che abbiamo sempre fatto noi diesse negli under 23.

Il secondo caso?

Si smette questa rincorsa folle al giovane prodigio e si lasciano in pace i ragazzi. Anche se il mondo cambia e le continental sono sempre di più. Anche loro non aiutano molto…

In che senso?

Non sono contrario alle continental, ma sono state create con le motivazioni sbagliate. Vogliono accaparrarsi i migliori corridori under 23 con la promessa di correre gare con i pro’. Ma le corse a cui vengono invitate sono limitate e poi va a finire che ce le ritroviamo a correre nelle gare regionali o nazionali con noi. In questo modo vincono sempre loro e le squadre under 23 spariranno.

Se vincono sempre loro…

Esatto, cosa spinge uno sponsor a fare una squadra di under 23 se poi alla fine vincono sempre le stesse?

Allora che bisogna fare?

Le continental fanno il loro lavoro, ma allora si crei un calendario adatto alle possibilità che hanno, con gare internazionali. Così si tutela il movimento ciclistico in tutte le fasce.

La Qhubeka continental va avanti spedita nelle mani di Nieri

26.11.2021
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Come è noto la Qhubeka-Assos non sta vivendo giorni semplici. Sul futuro della squadra WorldTour imperversano nuvoloni a dir poco neri. E più si va avanti e più il tempo stringe. E la cosa non riguarda solo la squadra WorldTour, ma anche quella continental. Almeno indirettamente, come scopriamo da Daniele Nieri, suo diesse…

E quell’indirettamente a quanto pare è fondamentale. Tutto questo è molto simile a quanto accaduto l’anno scorso di questi tempi. Con il team principale salvato in extremis e la continental che aveva delle assicurazioni in merito. Però…

Alla Coppi e Bartali Henao e Dlamini, hanno corso coi ragazzi di Nieri
Alla Coppi e Bartali Henao e Dlamini, hanno corso coi ragazzi di Nieri
Daniele, com’è la situazione della Qhubeka continental?

La squadra continental andrà avanti. Stiamo solo aspettando le sorti della WorldTour, ma per quel che riguarda il nostro futuro il general manager, Douglas Ryder, ci ha detto che si continua. Il progetto giovani prosegue. Il progetto del ciclismo africano, con sudafricani, etiopi…

Siete quindi tranquilli?

Quindi noi siamo tranquilli. Poi certo, un conto è avere la sola continental e un conto è anche la WorldTour, questo incide sulla crescita dei ragazzi.

Cioè?

Beh, hanno più possibilità di stare a contatto con i corridori più grandi, a volte starci vicino e seguire il loro ritmo, hanno soprattutto la possibilità di fare certe corse. L’anno scorso ci fu uno scambio di corridori: Henao e Dlamini da noi, Puppio da loro…

Antonio Puppio quest’anno ha fatto diverse gare con i pro’. Eccolo alla Bernocchi chiusa al sesto posto
Antonio Puppio quest’anno ha fatto diverse gare con i pro’. Eccolo alla Bernocchi chiusa al sesto posto
Se non dovesse esserci la WorldTour, la continental continuerebbe solo con i giovani o prenderebbe qualche esubero del team principale? Pensiamo a un Pozzovivo… per esempio.

No, andiamo avanti con i giovani. Non credo poi che un corridore della caratura di Pozzovivo voglia militare in una continental. Sarebbero scelte sue eventualmente e del manager. Ne dovrebbero parlare loro. WorldTour o no, noi andremo avanti per la nostra strada. L’unica cosa che cambierebbe è che non avremmo in programma gare come la Coppi e Bartali.

E in vista del 2022 la squadra è già formata?

Sì. Il team comunicherà a breve il roster completo. Non posso dire tutti i nomi ancora, ma ci saranno in tutto 10-11 atleti, cinque dei quali italiani. Sono confermati Kevin Bonaldo e Mattia Guasco e in più, per la prima volta, abbiamo preso uno juniores, Raffaele Mosca, uno scalatore umbro.

Quindi siete pronti per iniziare o già avete iniziato?

I ragazzi hanno già ripreso a pedalare nelle loro sedi. I primi di dicembre faremo qualche giorno di ritiro in Toscana almeno con gli italiani e un ragazzo etiope che non è tornato a casa. Se poi si farà la WorldTour a gennaio andremo in Spagna, presumo, con loro, altrimenti ci organizzeremo autonomamente.

Daniele Nieri, 35 anni, è uno dei tecnici più giovani in circolazione ed è già da 4 stagioni in ammiraglia con questo team
Daniele Nieri, 35 anni, è uno dei tecnici più giovani in circolazione ed è già da 4 stagioni in ammiraglia con questo team
Daniele, sei uno dei tecnici più giovani in assoluto, magari parli un linguaggio simile a quello dei ragazzi…

Il fatto di essere un diesse giovane, ho 35 anni, implica il fatto che ho tantissimo da imparare. Per fortuna quando ero il meccanico delle squadre dei pro’ ho avuto la possibilità di stare accanto e in ammiraglia con Pietro Algeri, che per me è uno dei migliori tecnici degli ultimi 40 anni e io cerco di ispirarmi a lui. Cerco di mettere in atto quello che ho visto e che mi ha insegnato.

E cosa?

I suoi modi di fare. La calma nel parlare, la tranquillità, la capacità di ascoltare per davvero i ragazzi. Per me è questo il modello di Algeri da seguire.

C’è qualcosa della scorsa stagione in cui ti “promuovi” e qualcosa in cosa in cui ti “bocci”, con tutte le virgolette del caso?

Promosso, come detto cerco di essere vicino ai ragazzi. Bocciato direi che forse ci sarebbe potuta essere una migliore gestione dei ragazzi in qualche caso. Tipo con Puppio. Con Antonio non si è creato un rapporto di fiducia al 100%… ma da entrambe le parti. Un aspetto da migliorare.

«La continental dell’Astana? Idea di Vino», parola di Martinelli

19.11.2021
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Ecco una nuova continental nel panorama internazionale e dei giovani in particolare: l’Astana Qazaqstan Development Team. Un team che vuole essere a tutti gli effetti una protuberanza della WorldTour, come per la Jumbo-Visma o le squadre francesi. 

Ne parliamo con Giuseppe Martinelli. Il “Martino” nazionale da anni predica l’importanza di lavorare coi giovani, di avere un diretto bacino cui attingere e ancora di più poter lavorare. 

Il Kazakistan U23 prima del via dei mondiali di Leuven. Molti di loro faranno parte della continental
Il Kazakistan U23 prima del via dei mondiali di Leuven. Molti di loro faranno parte della continental
“Martino”, come nasce l’idea della continental?

Un’idea voluta da Vinokourov più che da me. Tutto il mondo sa quanto mi piaccia lavorare coi giovani, ma questa idea Vino ce l’aveva già nel 2020. Poi è successo tutto quel che è successo con il suo “allontanamento” dalla dirigenza e il successivo ritorno. E questa estate appena si è sbloccato tutto, da metà agosto è partito il progetto.

Un progetto fortemente voluto dunque…

Vogliamo che acquisisca un livello internazionale, ma per questo bisogna “partire lunghi”. Ci sono squadre che hanno il team development da anni. Noi abbiamo perso molto tempo. Partire ad agosto non è stato facile. Così come non è stato facile trovare dei corridori competitivi. Anche se la nostra idea non è tanto quella di prendere gente già pronta, ma di farla crescere. Bisogna ritrovarselo dentro casa il talento, non andarlo a scoprire.

Chiaro, l’idea è quella di formare il corridore

Esatto. Se lo prendi da altri non dico che sbagli, ma di sicuro è diverso. Non te lo sei formato tu.

Quindi Astana Qazaqstan e Astana Qazaqstan Development Team lavoreranno a braccetto?

Sì, sì. Loro avranno gli stessi preparatori, gli stessi medici, mezzi e personale della WorldTour… Sarà un continuum della prima squadra. Solo i diesse saranno diversi e neanche del tutto.

Cioè?

Lì seguirà Serguei Yakovlev e Alexandr Shushemoin, ma un occhio ce lo butteremo anche noi.

Avete preso Manzoni e Maini: loro seguiranno la continental?

Saranno con la WorldTour ma saranno un po’ più vicini alla continental, ma come tutti del resto… A parte “Martino” che è vecchio e resta solo sulla WorldTour! Scherzi a parte se fossimo partiti un po’ prima magari saremmo riusciti a fare un qualcosa di più, ma a Vino interessava molto e siamo andati avanti lo stesso.

Ci sarà uno “scambio” di atleti, nel senso che i ragazzi più in forma e meritevoli potranno correre con la WorldTour?

Certo! Ed è quello che fanno anche gli altri team. L’esempio maggiore che mi viene in mente è la Jumbo con Vingegaard alla Coppi e Bartali. Un qualcosa che mi è piaciuto molto.

Avete una base logistica, una struttura “tuttofare” stile Groupama-Fdj?

Astana ha la sua base logistica a Nizza ed è lì che staranno i ragazzi. 

Quanti corridori ci saranno?

Undici. Come sapete essendo Astana un team kazako la maggior parte dei ragazzi, cinque, sarà di questa nazionalità. Tra gli altri ci saranno anche due colombiani, uno dei quali è il fratello di Miguel Angel Lopez, un austriaco, un francese e un italiano, Gianmarco Garofoli. Ragazzo nel quale credo molto e sul quale voglio lavorare proprio perché è per certi aspetti acerbo. E si ha il tempo appunto di lavorarci su.

Li vedremo già nei ritiri?

In quello di dicembre non credo. Almeno non tutti. Chi arriva da lontano può stare bene a casa, ancora. Ma in quello di gennaio sicuramente sì. Lavoreranno con i grandi.

Se fra un anno dovessimo rifare questa intervista saresti contento se…?

Se saremo riusciti a lavorare bene con i ragazzi. Se saremmo riusciti a renderli pronti per il WorldTour. In tanti vengono catapultati di qua come talenti arrivati. E invece non è così. La nostra continental vuole essere una scuola.

EDITORIALE / Hanno provato a mangiarsi la Colpack

02.11.2021
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Italia, terra di conquista. Il titolo vuole essere ovviamente una provocazione in questo senso, ma è un fatto che dopo i nostri corridori, ora agli squadroni stranieri fanno gola le nostre continental. C’è il WorldTour che comanda e poi ci sono le piccole che non sanno cosa fare. Soprattutto le continental, la Colpack in questo caso.

Si è spinto perché nascessero, ma il calendario è scarso e gli squadroni spesso le aggirano. Così le squadre nate per sviluppare i talenti e lanciarli nel professionismo si ritrovano a volte svuotate di un ruolo effettivo. Se va bene, diventano parcheggio a ore per corridori già promessi (vedi i casi di Tiberi, Piccolo, Ayuso). Altrimenti lavorano sperando di trovarne altri pure buoni e di valorizzarli nel tempo a disposizione. Se però arriva la Bardiani, che apre la sezione under 23 e fa incetta di juniores, la situazione si complica. Se foste il presidente di squadra continental, per quale motivo dovreste continuare a spendere soldi?

Ipotesi Astana-Colpack

Italia terra di conquista. La Alè-BTC-Ljubljana delle donne se la sono comprata gli arabi del UAE Team Emirates. Possono farlo, lo hanno fatto. Anche se il loro contributo allo sviluppo del ciclismo viene meno nel momento in cui, invece di costruire qualcosa di nuovo, hanno preferito preferito comprare quel che già c’era. Sulla stessa strada potrebbe essere la Valcar-Travel&Services, se il presidente Villa troverà un team cui votarsi.

Fra gli uomini, invece, è appena successo che l’Astana si è resa conto di dover rifondare la sua continental, il development team, in cui dall’Olanda arriverà Garofoli. Ci hanno pensato e si sono rivolti alla Colpack-Ballan. D’altra parte Maurizio Mazzoleni è il preparatore di entrambe e c’è un bel filo diretto nel passaggio di corridori. Ma si può fare? Certo, smontando tutto si può…

Ecco gli articoli del regolamento Uci che normano la nascita dei “devo team”
Ecco gli articoli del regolamento Uci che normano la nascita dei “devo team”

Lo stesso pagatore

«The paying agent of a UCI WorldTeam – recita l’articolo 2.16.055 del regolamento Uci – may also manage and be responsible for a UCI continental team as development team. In this case, both teams shall have the same paying agent and share a common identity (at least part of the name and design of the jersey)».

Le due squadre, insomma, la WorldTour e la continental, devono avere lo stesso finanziatore, per come viene definito e descritto dall’Uci. E devono poi condividere la loro identità: almeno una parte del nome e il disegno della maglia.

Si sarebbe trattato di fondere le due squadre, formando la Astana-Colpack. Si sarebbe passato il personale italiano alle dipendenze della società kazaka e si sarebbero fusi i due organici, arrivando a quasi 27 atleti. Il poco tempo a disposizione e qualche perplessità hanno fermato l’operazione.

Patron Colleoni, fidandosi di Bevilacqua (tecnico della Colpack-Ballan) aveva dato il via libera. Ma quando gli è stato comunicato che l’accordo era saltato, avrebbe detto al suo direttore: «Mi hai fatto il più bel regalo di Natale!».

Se il Team Colpack-Ballan fosse stato “devo team” della Astana, oltre a Gazzoli, anche Baroncini sarebbe rimasto nel team kazako?
Se il Team Colpack-Ballan fosse stato “devo team” Astana, oltre a Gazzoli, anche Baroncini sarebbe andato nel team kazako?

L’esempio Lampre

Certo sarebbe bello. La continental li allena, li tempra e poi di tanto in tanto ne manda alcuni a farsi le ossa tra i professionisti. Senza aspettare lo stage, semplicemente perché è la stessa squadra.

Nel 2016 fra la Lampre-Merida e la stessa Colpack fu siglato un accordo di collaborazione tecnica, per cui la squadra WorldTour passava agli under 23 le sue bici Merida e in cambio aveva un’opzione sui suoi atleti. La squadra bergamasca non era un “devo team”, perché non aveva alle spalle lo stesso finanziatore. Eppure in nome di quell’accordo, alla fine dell’anno Ganna, Ravasi, Consonni e Troia passarono nella squadra, che nel frattempo si era trasformata in Uae Team Emirates.

Forse per il cambio di gestione, forse perché le prime stagioni dello squadrone furono piuttosto problematici, soltanto Troia ebbe modo di rimanere, mentre dopo tre anni gli altri passarono altrove.

Nel 2017 Sivakov correva con la Development Team Bmc, ma non passò con loro. Arrivò Sky e se lo portò via (foto Scanferla)
Nel 2017 Sivakov correva con la Development Team Bmc, ma non passò con loro. Sky se lo portò via (foto Scanferla)

Il caso Sivakov

Da qui le domande. Correre nella “devo team” di una WorldTour impegna la squadra madre a far passare i corridori che ha cresciuto oppure no? Se Colpack fosse stata “devo team” di Astana nel 2021, Baroncini sarebbe stato obbligato da un contratto a passare nel team di Martinelli? In che modo la stessa WorldTour viene garantita sulla permanenza dei migliori nelle sue file?

Viene in mente la Bmc Development, gioiellino di organizzazione, agganciata al team di Andy Rihs e Jim Ochowitz. Nel 2017 vinsero alla grande il Giro d’Italia U23 con Pavel Sivakov, per cui era logico aspettarsi che il russo passasse nel team guidato da Valerio Piva e Fabio Baldato. Invece arrivò il Team Sky con i suoi soldi e se lo portò via.

Facile così, forse per questo lo squadrone di Brailsford nemmeno ci prova a crearsi un team satellite: il guaio per loro è che nel frattempo sulla scena sono arrivati attori con più soldi da spendere. Perché il mercato è il mercato, ma se alla fine nemmeno ci si prova a far funzionare il meccanismo per come è stato pensato, allora dove sta il senso di tanto scrivere regolamenti?

Allarme di Beltrami: continental a rischio. La Fci risponda

11.08.2021
5 min
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Nell’articolo del mattino in cui si parlava con Rossato della crono e della squadra under 23 della Bardiani, abbiamo fatto volutamente un’annotazione sul fatto che questo potrebbe minare in qualche modo le dinamiche del ciclismo giovanile in Italia. Per confutare questa sensazione, abbiamo chiamato in causa Graziano Beltrami, imprenditore e finanziatore dell’omonima squadra continental, gestita da Stefano Chiari con Orlando Maini sull’ammiraglia.

Lo sguardo è lucido, l’approccio manageriale come si conviene a un manager, ma la competenza e la passione che affiorano dalle parole sono di assoluto rispetto.

«Le problematiche che vedo – dice – sono relative alla funzione delle squadre continental e quello che stanno facendo le professional in rapporto all’attività under 23, che sta prendendo una piega completamente diversa da quello che si era detto. Basta guardare la vittoria dell’altro giorno di Zana tra i professionisti, che poi va a correre il Tour de l’AvenirLe continental erano nate con un obiettivo secondo me meritorio, quello di cercare i giovani di primo e secondo anno. Accompagnarli ad una attività sempre più qualificata, portarli a una maturità… Questo viene completamente cancellato dalle politiche che stanno attuando le squadre professional, che vanno a raccoglierli tutti, gli fanno dei contratti da professionista e se li portano via».

Graziano Beltrami è il titolare della Beltrami TSA che sponsorizza l’omonima continental
Graziano Beltrami è il titolare della Beltrami TSA che sponsorizza l’omonima continental
E voi?

A noi restano gli obblighi. Dobbiamo avere da 10 a 16 corridori e avere 80 punti. Quindi, considerato che i giovani più forti da noi neanche ci arrivano, devi trovare un corridore che i punti te li porti in eredità. Quindi devi prendere un corridore di quarto anno oppure vai a prendere Rebellin, facendo però un lavoro che non è quello per cui le continental sono nate. Abbiamo un ragazzo con 40 punti, ma solo perché lo abbiamo fatto firmare quattro mesi fa quando nessuno se lo filava. E questo mi fa pensare a un problema, che secondo me è il più grosso…

Quale?

Il discorso dei contratti, che noi possiamo fare solo annuali. Così il corridore che pedala un po’ ce lo portano via e allora… hai finito il gioco. Il Baroncini della situazione, ad esempio. La stessa Colpack che l’anno scorso ha fatto un articolo che non finiva più, perché gli portano via tutti i corridori, arriva e si prende il nostro, che poi passa per essere frutto del suo vivaio. Adesso ne ho un altro e ci sono due squadre che non vedono l’ora di portarselo via. Lui non vuole andare, ma il suo procuratore tira perché vada. Ormai ce l’hanno appena nascono, il procuratore. E fra quelli bravi, c’è anche un sottobosco di contrabbandieri, ma quello è un problema delle famiglie che devono vigilare. Se arriva uno che ti promette mari e monti e poi ti frega, è come quando ti vendevano la videocamera nell’autogrill. E comunque io ho i contratti annuali e mi ritrovo a settembre con la fila.

Impossibile opporsi?

Abbiamo un corridore preso tre anni fa, lo abbiamo fatto crescere gradatamente e adesso va benino. Però lo vogliono. Non direi niente se fossero squadre professional, ma se arriva una continental che gli offre 3.000 euro al mese… finisce che a un certo punto la gente si stanca. Non può essere sempre e solo un fatto di soldi.

Parisini è uno dei corridori più in evidenza della Beltrami TSA nel 2021
Parisini è uno dei corridori più in evidenza della Beltrami TSA nel 2021
A tutti i livelli…

Per correre tra i professionisti si deve pagare. Siamo arrivati al colmo che all’inizio della stagione ci chiedevano di pagare anche per fare le corse under 23 in Toscana, anche se poi la federazione ha messo tutto a tacere. E allora bisogna capire a cosa serviamo. Ho già dato l’okay per fare la squadra nel 2022, ma se le cose non cambiano io alla fine del prossimo anno chiudo.

La federazione cosa dice?

L’altro giorno ho parlato con un dirigente regionale secondo cui fra noi squadre non c’è unione. Gli ho chiesto come mai nessuno del comitato regionale sia mai venuto qua a chiederci qualcosa. Questa storia della Bardiani e della Eolo che hanno la squadra under 23 è un chiaro segno. Fanno bene il loro mestiere, nulla da dire con loro. Reverberi lo conosco da quando avevo cinque anni e lui faceva il garzone nell’officina meccanica di mio zio, ho corso per lui e fa la sua parte. Ha capito che a fare il Giro d’Italia under 23 ha più visibilità di andare a Laigueglia e arrivare quarantesimo.  

Tornando alla federazione…

La federazione deve mettere le continental nella condizione di fare il loro mestiere. Come? Prima di far passare un corridore, ad esempio, facciamo in modo di parcheggiarlo per una stagione in una continental, in cui lo fanno crescere come vuoi tu. Non costerebbe niente. Oppure ci permettano di fare i contratti con l’opzione per il secondo anno. So di un ragazzo che ha avuto la richiesta di andare in una squadra professional, ma lui dice che non se la sente perché è vero che gli darebbero 27.000 euro all’anno, ma lui vorrebbe prima finire la scuola. E se gli dicono andare in Spagna per 15 giorni a fare la preparazione, gli tocca andare. E la scuola? Servirebbe un po’ di buon senso, ma basta guardare che già facciamo il Giro d’Italia under 23 durante gli esami di maturità

Baroncini è prodotto del vivaio Beltrami, poi è passato alla Colpack e nel 2022 sarà alla Trek-Segafredo
Baroncini è prodotto del vivaio Beltrami, poi è passato alla Colpack e nel 2022 sarà alla Trek-Segafredo
Un caso abbastanza emblematico, in effetti.

Non l’unico. Un altro ragazzo doveva venire con noi: tutto concordato con il suo procuratore, ma arriva una squadra professional. Non faccio il nome, ma sono quattro si fa presto. Gli chiedono se ha un procuratore, lui dice di sì, ma che non ha firmato niente. Gli chiedono se vuole andare con loro e lui risponde di sì. Ottimo, dicono. Gli propongono di firmare una procura di tre anni con un loro amico e il gioco è fatto. I genitori firmano e quando è arrivato il vecchio procuratore, si è sentito dire che davanti ai soldi c’è poco da dire. Per carità, ho seguito il calcio e sono cose all’ordine del giorno, però dà fastidio perché comunque qui noi ci mettiamo dei soldi

Cosa si può fare?

Mi dicono che in Federazione c’è una persona delegata ai rapporti con le squadre continental. Qualcuno l’ha sentito? Questa persona si è fatta viva? Si è mossa in qualche maniera per ascoltare i nostri problemi? Capisco che fossero tutti a Tokyo e là devono girare col kimono. Ma come in tutte le cose, se a Tokyo ci sono delle persone che fanno il loro mestiere, bisognerebbe che quelle che sono a casa guardino le gare, ma come me intanto facciano il loro lavoro. Invece nessuno si muove, come sempre nessuno parla per paura di essere messo da parte. Io posso accettare che mi diano del tonto sul lavoro, se sbaglio qualcosa. Ma qui no. Qui piuttosto mollo tutto…

Team Qhubeka, un po’ di Italia nel motore

16.04.2021
4 min
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Quando la notte si fece buia e sembrava che Ryder Douglas non riuscisse a trovare lo sponsor, ai ragazzi del Team Qhubeka continental venne detto che il progetto di solidarietà attraverso le bici non sarebbe morto e che per loro avrebbero comunque provato a cercare un budget. Poi è arrivata Assos e la musica è cambiata, ma Daniele Nieri sapeva che la sua squadra avrebbe in ogni caso proseguito.

Mattia Guasco, classe 2000, scalatore
Mattia Guasco, classe 2000, scalatore
Siete affiliati in Italia, ma di fatto la percezione è un’altra…

In effetti non ci sentiamo tanto italiani. Anche se lo staff è tutto di qui, abbiamo comunque un massaggiatore, il preparatore e il manager che sono sudafricani. Cerchiamo di non correre troppo in Italia e quando ci siamo, la federazione ci mette i bastoni fra le ruote. Ci obbligano a far partire i quattro italiani per avere i due stranieri. Così se uno degli italiani si ammala, non possiamo correre le gare nazionali. Così non correremo a Extra Giro, perché non abbiamo i quattro italiani.

Per cui fate tanto estero?

Bisogna confrontarsi a livello europeo, siamo spessissimo in Francia, che tecnicamente offre di più. Tante gare a tappe e tanta qualità, mentre il Belgio ad esempio ha quasi soltanto corse di un giorno. All’estero troviamo un modo di correre diverso da quello italiano.

L’esempio di Henao alla Coppi e Bartali è stato molto utile per i più giovani
L’esempio di Henao alla Coppi e Bartali utile per i giovani
Quanto siete legati alla squadra WorldTour?

Parecchio. Non si è fatto il ritiro causa Covid, ma avere Henao con noi alla Coppi e Bartali ha offerto ai giovani l’esempio di come viva un professionista. In più il corridore della WorldTour si lega ai giovani e ancora adesso Sergio chiede come stiano quelli con cui ha corso. E poi è positivo il fatto che possiamo mandare corridori in stage ogni volta che se ne crea l’occasione. Per Puppio correre con i grandi la Nokere Koerse e la Koksijde Classic al Nord è stato una svolta mentale clamorosa che con noi non avrebbe fatto.

I quattro italiani sono il numero minimo per avere l’affiliazione?

Esatto e cerchiamo sempre di prenderli per ogni specialità. Quando è passato Marchiori, abbiamo preso Coati. Puppio potrebbe aver preso il posto di Konychev e Guasco di Sobrero. E poi ci sono gli africani, con cui il lavoro è di maggiore costruzione.

Amanuel Ghebreigzabhier oggi alla Trek, qui 2° al Giro del Medio Brenta 2017 (foto Scanferla)
Ghebreigzabhier oggi alla Trek, qui 2° al Medio Brenta 2017 (foto Scanferla)
In che senso?

Il gruppo eritreo è quello qualitativamente migliore. Tesfatsion, che ora è all’Androni, è un talento vero. Rnus Byiza è un altro e debutterà domenica a San Vendemiano. Amanuel Ghebreigzabhier che ora è alla Trek-Segafredo è un corridore vero. Ma quando arrivano qua, hanno bisogno di due anni per adattarsi alla nuova vita e al nuovo modo di correre. Sarebbe bello che potessero arrivare da juniores, ma non si può per i permessi e per la scuola, così per compensare si cerca di tenerli per quattro anni.

Avere quattro italiani per loro è un freno oppure uno stimolo?

E’ uno stimolo. Tesfatsion ha imparato tanto da Sobrero, Battistella, Konychev e Mozzato.  Il trattamento è uguale per tutti, anche se loro quando arrivano hanno paura che si facciano differenze. Poi vedono che i materiali e i compensi sono uguali per tutti e si tranquillizzano, anche se poi alle corse si lavora per chi va più forte. In corsa l’uguaglianza la danno le gambe.

Antonio Puppio è arrivato quest’anno dalla Kometa-Xstra
Antonio Puppio è arrivato quest’anno dalla Kometa-Xstra
Avete corso mai a casa loro?

Con il Covid non si può, ma nel 2019 Battistella ha vinto una tappa al Tour de Limpopo e nello stesso anno abbiamo corso al Tour of Rwanda. In quelle occasioni è bello anche andare con Qhubeka a consegnare le biciclette ai bambini.

Ecco, la mission di Qhubeka: quanto se ne rendono conto i corridori?

Lo capiscono i giovani e anche i più grandi, come Henao e Aru. E gli africani per contro si rendono conto di quello che Qhubeka fa per loro.  E’ dura, ma è bello. Ieri pioveva e un ragazzo, che aveva le ciabatte, si è tolto i calzini per non sporcarli. Un italiano sarebbe passato e poi ne avrebbe messo un paio pulito.

Luciano Rui, Marco Frigo, 2019

E alla fine Rui porta Zalf tra le continental

29.10.2020
4 min
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Alla fine sta per cadere anche l’ultimo baluardo del vecchio dilettantismo italiano: la Zalf Desiree Fior diventa continental. E siccome non si tratta di voltare le spalle alla gloriosa storia della squadra di Castelfranco, ci permettiamo di salutare la novità con un applauso. Da troppo tempo infatti i corridori avevano smesso di considerarla un approdo che agevolasse l’accesso al professionismo. E questo indubbiamente significava tradirne la tradizione.

«Per questo motivo – spiega Luciano “Ciano” Rui, carismatico direttore sportivo del team – negli ultimi anni abbiamo perso corridori come Dainese, Battistella e Frigo (i due sono insieme in apertura, foto Scanferla), che ha vinto la maglia tricolore e se l’è portata in Olanda. Loro me lo hanno detto in modo esplicito. Siamo riusciti a trattenere soltanto Moscon, grazie all’attività con i professionisti svolta con la nazionale. E speriamo che qualcuno vada a riprenderlo, Gianni. Era duro di testa allora, temo lo sia rimasto…».

Alessio Portello (Borgo Molino Rinascita Ormelle), Go Rinascita 2020
Alessio Portello, nuovo acquisto, vincitore del Gp Rinascita 2020
Alessio Portello (Borgo Molino Rinascita Ormelle), Go Rinascita 2020
Portello, nuovo acquisto, al Gp Rinascita
Insomma, vi siete decisi…

E’ stata versata la fideiussione, direi che ormai è fatta, anche se ci siamo mossi nel momento più sciocco, con questo Covid ancora nell’aria. Però serviva una svolta, per non perdere i giovani che cresciamo e poi vanno via. Dà fastidio rendersi conto che la Lotto Under 23 non sia continental, ma loro sono il vivaio di una WorldTour…

E poi all’estero ti fanno correre lo stesso.

Qua invece alcuni organizzatori hanno la puzza sotto il naso e altri per correre ti chiedono di pagarti le spese. Ma va bene, si doveva fare e si farà.

Quanti corridori avrete?

Saranno in 15 e sull’ammiraglia torna Faresin. Gianni se ne era andato per fare esperienza continental, ma ha visto che con i corridori lontani da casa non riusciva a seguirli come voleva. Lui sarebbe rimasto se fossimo già stati continental. E assieme a Gianni, tornano a casa suo figlio e Zurlo.

Dici che sarà amore tra Faresin e Contessa, che gli è subentrato l’anno scorso?

Posso dire che sto… mescolando la pasta. Io farò un passo indietro, diventando più manager che tecnico, e ho cominciato a raccomandargli che dovranno lavorare nell’interesse della società. Faresin è super motivato, Contessa ha l’entusiasmo del giovane. Speriamo bene. La squadra del resto è sempre la stessa. Faremo solo corse importanti, qualcosa tra i pro’ e qualcosa all’estero.

Ben figurare tra i pro’ vale quanto vincere una corsa del martedì?

Probabilmente è anche meglio, spero lo capiscano gli sponsor. Ma certo dovremo fare esperienza. Saremo con loro alla partenza, magari non saremo tutti all’arrivo, ma per crescere serve ragionare così.

Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Edoardo Zambanini ha conquistato la maglia bianca Aido del Giro
Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Zambanini, miglior giovane del Giro U23
Su quali nomi puntate?

E’ arrivato Gabriele Benedetti, che nel 2019 alla Mastromarco aveva fatto due vittorie e cinque podi, poi è passato alla Casillo e non ha brillato, ma ha tanto da dare. Abbiamo preso un paio di buoni juniores, Moro e Portello dalla Borgo Molino. E non dimentichiamo Zambanini, che ha vinto la maglia bianca al Giro d’Italia U23.

Al Giro è arrivata anche la maglia rossa di Colnaghi. Come hai vissuto la sua positività?

Male. Ha fatto una cavolata, ma non me ne lavo le mani. Abita vicino a Spreafico, entrambi positivi allo stesso integratore comprato su internet. Non capisco perché rovinarsi la carriera, dopo essere stato in nazionale e avere delle prospettive. Gli ho parlato da padre. Gli ho consigliato di andare in procura e raccontare la verità, sperando che trovi qualcuno che capisca e non abbia la mano troppo pesante. La domanda che mi faccio è se l’abbiano fregato, nel senso che non c’erano avvisi sul prodotto, oppure no. Internet è un posto rischioso, ma peggio ancora è la mentalità di cercare certe cose.

Correrete ancora con bici Pinarello?

Sì, avremo le F12 con freno a disco. Fausto ci teneva ad avere una continental a Treviso. Il futuro ha i freni a disco. A parte Ineos che fa come vuole, hai visto che al Giro le avevano tutte così? E voi come andate con bici.PRO?

Si lavora, Ciano, si mena e si spera di conquistare pubblico.

– Solo sul web, giusto? Come per i freni a disco. Il futuro è sul web. In bocca al lupo.

Filippo Conca, Giro d'Italia Under 23, 2020

La Lotto chiama, Conca risponde

28.10.2020
3 min
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Conca è stato negli ultimi due anni l’altro gemello alto della Biesse-Arvedi. Quando alle corse c’erano Pippo e Colleoni, te ne accorgevi subito per via delle Pinarello di grossa taglia e i caschi che svettavano sulle teste del gruppo. Kevin è alto 1,80, Conca addirittura 1,90. Eppure entrambi vanno forte in salita ed entrambi hanno corso un bel Giro d’Italia. Colleoni, come già raccontato, chiudendolo al terzo posto. Conca, come stiamo per dirvi, piazzandosi al quinto come già l’anno scorso.

«Ma non ne sono soddisfatto – ammette – perché ero partito per vincere. Speravo di più da questa stagione. Ci conosciamo bene, abbiamo i nostri parametri e sappiamo quanto possiamo andare forte. E posso dire che sono stato al di sotto dei miei standard, come quest’anno è successo a molti, anche tra i pro’. La verità però è che se anche fossi stato al 100 per cento, contro Pidcock sarebbe stato impossibile. Perché è un fenomeno. Ma almeno avrei avuto la coscienza di aver reso al massimo».

Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Filippo Conca in azione nel Giro del Belvedere del 2020 (foto Scanferla)
Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Conca al Belvedere 2020 (foto Scanferla)

Conca ha 22 anni e arriva da Lecco. Approfittando della vicinanza del Giro d’Italia alle sue zone, la sera prima della crono è andato all’hotel della Lotto Soudal ed ha ritirato la bicicletta con cui, a partire da gennaio, inizierà la sua avventura nel WorldTour. E sarà che l’appetito vien mangiando, dopo aver assistito ai portenti dei giovani del Giro dei grandi, l’idea di chiedergli che cosa manchi a lui per essere come loro c’è balenata nella testa.

Che cosa manca?

Faccio prima a dire che io sono un buon atleta, ma gli altri sono fenomeni. Evenepoel. Pidcock. Pogacar. In Italia purtroppo non ce ne sono. Il miglior talento da noi è Bagioli, ma non credo che siamo a quel livello. La riflessione da fare è che forse, essendo venuti fuori così presto, magari altrettanto presto caleranno. Io spero in una carriera che duri a lungo, ma dove potrò arrivare non so proprio dirlo.

Avevi il contratto con l’Androni, eppure passerai con la Lotto Soudal.

Ero tranquillo. La Androni è una buona squadra, ma dopo il Covid ci siamo trovati con meno certezze. Corridori e squadre. E quando è capitata l’occasione di una squadra WorldTour, non ho potuto dire di no. Al quarto anno da U23, era un treno da prendere.

Il tuo procuratore è Manuel Quinziato?

Me lo ha presentato Rabbaglio (team manager della Biesse-Arvedi, ndr) a inizio anno. Mi ha seguito durante il Covid e mi ha detto che la Lotto cercava in italiano che andasse forte in salita. Mi sono fidato di lui al 100 per cento, ma non ho potuto chiedere troppe informazioni, perché la cosa doveva rimanere riservata.

Avresti potuto chiedere a Oldani, che corre lì da quest’anno?

Ci conosciamo da quando avevamo sei anni e ho pensato che se si trova bene lui, allora è un bel posto.

Quanto tempo servirà per capire la tua dimensione?

Ne servirà un po’. Un conto è andare bene in una gara di 10 tappe, altro vedere cosa accade in tre settimane. Magari avendo resistenza e recupero, vengo fuori meglio.

E se ti diranno di tirare?

Sono pronto, non è un problema. Il ciclismo è la mia passione e non mi vergogno di pensare che potrei diventare un gregario. So benissimo che non potrò mai diventare un capitano, come so che la maturazione potrebbe cambiare qualcosa.

Hai già preso la bici…

Ho preferito portarmi avanti perché non si sa cosa accadrà nelle prossime settimane. Così sono andati da loro in hotel e me l’hanno data. Passo da Pinarello a Ridley. Hanno riportato le stesse misure, ma mi trovo incredibilmente più lungo.

Stesse misure, posizione diversa?

Sono più disteso e forse sarà un bene per la schiena, visto che sono sempre stato molto raccolto. In ogni caso andrò dal mio biomeccanico per mettermi a posto.

A casa sono contenti del contratto?

Soprattutto mio padre, che sotto sotto è felicissimo, ma non fa trapelare nulla.

Cosa ti porti dietro degli insegnamenti del tuo diesse Milesi?

Il fatto di vivere il ciclismo in modo tranquillo. La squadra non ci ha mai messo pressioni. Semmai ero io che me la mettevo da solo, perché non mi bastava mai…