Milan e la Reacto: assetto e dotazioni da sprinter

18.05.2023
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VIGNOLA – Il primo riposo di questo Giro d’Italia è stato in maniera anomala un giorno soleggiato con temperature decisamente primaverili. Non siamo distanti da Maranello, dove i cavalli nascosti da carbonio e uno strato di vernice rossa ogni giorno ringhiano e urlano sulle strade modenesi. Arrivati all’albergo di Vignola dove alloggia la Bahrain Victorious, all’ombra dei bus, abbiamo incontrato la giovane maglia ciclamino Jonathan Milan.

Nonostante i suoi 22 anni e un’indole degna dei motori ruggenti di queste parti, il friulano a questo Giro ci ha fatto già saltare sulla sedia con le sue volate rigogliose di watt e strattoni alla bici. Ed è proprio della sua Merida Reacto che ci siamo fatti raccontare, tra aneddoti, posizioni e accorgimenti. 

La più grande

A vedere le sue volate, la potenza è uno degli elementi che più si notano in ogni pedalata. Per questo approfondimento abbiamo chiesto a Jonathan ogni dettaglio. A partire dalla taglia: quale utilizza?

«La più grande – dice Milan – una L, non ho mai provato telai più piccoli. Anche se qualche velocista preferisce usare una misura più piccola per essere più aerodinamico, per avere il telaio più reattivo e disperdere meno energia. Però io questa necessità con questa bici non l’ho mai avuta. Sono tre anni che ho le stesse misure, magari c’è stata qualche piccola variazione su manubrio, posizione, levette alzate o abbassate, sella avanti e indietro, però il telaio è sempre rimasto lo stesso. 

«Ho sempre avuto un manubrio da 40 centimetri – spiega – alla fine per fare le volate, penso che sia l’ideale. Se è troppo stretto, i gomiti si allargano e si vanno a sbilanciare le cose. Poi vabbè l’aerodinamica mia personale è un’altra cosa che bisogna rivedere sicuramente (ride, ndr). Non ne userò uno più stretto. Avevo pensato addirittura di allargarlo per aprire la gabbia toracica quando sono giù, però alla fine ho deciso di restare così, perché mi trovo bene. A inizio anno volevo fare un paio di modifiche, almeno provarci, però mi sono detto: perché farlo? Se mi trovo bene, meglio mantenere questo assetto».

Posizione e aerodinamica

Un altro aspetto che in queste volate fatte con la maglia ciclamino indosso non è passato inosservato è la sua posizione “anomala“. Quando tutti i velocisti tendono a portare il naso più vicino alla ruota anteriore, per Jonny l’unica priorità è sembrata quella di erogare più potenza possibile. 

«Il primo anno – ricorda Milan – ero di mezzo centimetro più alto e poi piano piano sono andato un po’ più in giù per cercare di essere più aerodinamico. Le modifiche non sono state tante. L’anno scorso sono stato un sacco fermo. Ho finito l’annata che mi sentivo veramente bene e ho detto: “Bene adesso possiamo fare qualche prova, è il momento giusto“.  Perché se si aspettava magari l’inizio di quest’anno con un qualche chiletto in più e magari un po’ più di rigidità, non mi sarei sentito tanto bene e avrei messo mano alla bicicletta non essendo al top. Quindi l’anno scorso ho alzato di pochissimo la sella, è stata tirata un po’ più avanti per far sì che la pedalata traesse più spinta dal pedale. 

«Avevo fatto – dice – delle piccole modifiche, millimetriche, sui pedali e sulle tacchette, con cui mi sono veramente trovato bene. Ho cambiato anche scarpe. Sono uno molto precisino. Sono bello delicato, queste cose qua riesco a sentirle subito: sella avanti, indietro, alta, bassa, manubrio, leve…».

Una linea aero per questa Merida Reacto
Una linea aero per questa Merida Reacto

Comfort, rigidità e peso

La Merida Reacto ha un telaio aero che però riesce ad accomunare varie caratteristiche. Così siamo partiti da una domanda base per farci raccontare questo telaio. In che ordine metteresti, comfort, rigidità e peso?

«Essendo un sprinter – spiega – ed essendo fisicamente grande, la rigidità deve essere al top. Poi ci metto il comfort perché noi stiamo molte ore in sella. Infine il peso perché magari è una caratteristica su cui si può chiudere un occhio. Avendo una bici grande, sono sempre stato abituato a non farci troppo caso. In questa Reacto trovo assolutamente queste tre caratteristiche. Però dico che, nonostante le dimensioni e la sua grandezza, il peso è anche molto basso. 

«Sono io che che devo costruirmi meglio fisicamente, perché più dritta è la bici, meno disperdi e più scarichi potenza sui pedali. Di solito punto sempre a cercare di tenerla più ferma possibile, perché tagli meglio l’aria».

Ruote e rapporti

La qualità costruttiva di Merida è fuori discussione, perciò con Milan abbiamo approfondito anche gli allestimenti, a partire dalle ruote Vision 60 SL, i copertoncini Continental Gran Prix 5000s Tr e i rapporti del suo Shimano Dura Ace Di2 disc.

«Le ruote da 45 millimetri che vedete – dice Jonathan – le abbiamo montate nelle ultime tappe per alleggerirla. Di solito uso le 60, mentre le pressioni andiamo a concordarle di volta in volta. A me piace tenerle un po’ più altine. Non mi piace più di tanto guidare col bagnato, ma siamo fortunati perché con Continental siamo molto ben attrezzati. Abbiamo i 28, però al Giro di Croazia lo scorso anno ho provato anche i 30 e i 32 e devo dire che non si hanno problemi a guidare in condizioni anche stressanti. Nella prima tappa che ho vinto c’era una discesa molto tecnica e insidiosa, bagnata e con le foglie per terra. Ero dietro a Matej (Mohoric, ndr) ed era la prima volta che provavo a seguirlo. Mi sono detto: “O mi fido e vado con lui, oppure tiro i freni e vado giù alla Jonny”. Alla fine ci ho provato, mi sono fidato e sono rimasto stupito per la tenuta. 

«Per quanto riguarda i rapporti – conclude – nelle prime tappe in volata ho sempre usato il 55. Nella prima penso di essere riuscito a tirare il 12 e montavo una cassetta con il 30. Invece, per le ultime tappe con più salita ho montato il 34, con il 54 davanti. Preferisco andare su un po’ più agilino che impallarmi la gamba, ma di solito lascio che a comandare siano le sensazioni. Se per caso non mi sento molto bene fisicamente, faccio le volate con un rapporto più agile. Quando a Napoli ha vinto Pedersen credo di aver sprintato con il 54×13, sicuramente troppo agile».

Lo stile Salice per professionisti e campioni del futuro

04.03.2023
4 min
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Anche nella stagione ciclistica 2023 saranno diversi i team, dal professionismo alle categorie giovanili, che potranno contare sull’affidabilità dei caschi e degli occhiali firmati Salice. L’azienda di Gavedona, piccolo centro sulla punta più estrema del Lago di Como, è da sempre sinonimo di prodotti tecnici di qualità, studiati per diverse discipline sportive a partire dagli sport invernali fino ad arrivare al ciclismo. Soffermandoci proprio sul ciclismo, negli ultimi anni Salice ha saputo realizzare prodotti estremamente affidabili e con quel tocco di stile facilmente riconoscibile in gruppo grazie alla livrea tricolore presente su caschi e occhiali.

Dalle continental ai più giovani

Come detto, nel corso di questa stagione saranno diversi i team che potranno contare sulla qualità dei caschi e degli occhiali firmati Salice. Nella categoria continental troviamo il team Biesse-Carrera e la Sias-Rime. Significativa è anche la presenza nella categoria juniores con i team Fratelli Giorgi, Energy Team, Unipol-Glass. Sempre tra gli Juniores troviamo anche una formazione femminile. Si tratta del Breganze Cicloclub96 – Team Wilier Chiara Pierobon.

A raccontarci qualcosa di più sulle partnership tecniche di Salice per la stagione 2023 è Paolo Tiraboschi che per l’azienda di Gravedona cura personalmente i rapporti con le squadre. Tiraboschi da più di 35 anni va personalmente ad assistere alle corse, dai professionisti alle categorie giovanili. Questo gli permette di scegliere con la giusta attenzione i team da sponsorizzare.

«Ogni anno – esordisce Tiraboschi – riceviamo diverse richieste di sponsorizzazione. Prima di procedere facciamo le nostre valutazioni partendo dalle squadre che già sponsorizziamo. Guardiamo attentamente come si sono comportate e i riscontri che ci hanno dato nel corso della stagione precedente. Se non siamo soddisfatti del loro comportamento interrompiamo il rapporto. Quest’anno abbiamo deciso di chiudere la collaborazione con un team giovanile al quale fornivamo i nostri prodotti. In tutto l’anno non ci ha mai fatto avere un comunicato o una foto con un loro atleta con i nostri occhiali e il nostro casco. La sponsorizzazione di una squadra è finalizzata ad aumentare la visibilità del brand. Se questa non avviene non ha senso continuare a collaborare».

La sponsorizzazione dei team permette a Salice di dare visibilità all’intero catalogo. Nel 2023 vedremo in gara i caschi Vento, Gavia, Levante, Ghibli e Stelvio. Questi saranno abbinati agli occhiali 020, 021, 022, 023, 026 e 027.

La presenza di Salice nel mondo del ciclismo non si limita alla sola Italia. Corrono indossando caschi e occhiali Salice atleti e team di diverse nazionalità come Francia, Spagna, Gran Bretagna, Ungheria, Sudafrica, Stati Uniti, Filippine e Cile.

«Salice – ci racconta Tiraboschi – è presente in tutte le parti del mondo. Riteniamo importante supportare i singoli distributori nazionali. Sono loro a indicarci i team da sponsorizzare mentre noi scegliamo quali caschi e occhiale dare a ogni singolo team a seconda delle caratteristiche di ogni singolo mercato».

Salice

Continental Grand Prix 5000 AS TR, prestazioni per tutte le stagioni

03.03.2023
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Continental presenta il Grand Prix 5000 AS TR, lo pneumatico tubeless ready che si unisce alla pluripremiata gamma Grand Prix 5000. Creato per fornire ai ciclisti un perfetto equilibrio tra prestazione, protezione e longevità, è una copertura per tutte le stagioni senza eguali, che regala aderenza su bagnato e una reale scorrevolezza ottimizzata per alte performance.

Una mescola che stupisce

Il Grand Prix 5000 AS TR utilizza la mescola ad alte prestazioni Grand Prix 5000 di Continental, costituita dall’esclusivo composto BlackChili Compound per il massimo equilibrio tra resistenza al rotolamento e aderenza. E ancora, Vectran Breaker, polimeri a cristalli liquidi per protezione da forature e resistenza allo strappo. Infine l’Active Comfort Technology per migliorare l’assorbimento delle vibrazioni.

Tubeless ready, hookless compatibile e disponibile in larghezze da 25 mm fino a 35 mm, il Grand Prix 5000 AS TR offre ai ciclisti la libertà di scegliere la configurazione degli pneumatici preferita. Tutte le larghezze sono disponibili in fianco crema o nero, con la versione nera che incorpora la tecnologia Black-Reflex di Continental. Una soluzione progettata per aumentare la visibilità del rider senza influire sull’estetica dello pneumatico alla luce del giorno.

Sempre in equilibrio

Oliver Anhuth, Head of Marketing TwoWheel Tyres, Continental, ha dichiarato: «Il nostro progetto consiste nel bilanciare la velocità e la longevità in un singolo pneumatico premium. Tutto deriva dai feedback e dalle richieste di migliaia di ciclisti che utilizzano i nostri modelli. Tre anni di sviluppo hanno portato al Grand Prix 5000 AS TR: uno pneumatico per rider che raccoglie la sfida di pedalare in tutte le stagioni e con qualsiasi condizione atmosferica. Con la volontà di non scendere a compromessi su velocità e prestazioni. Abbiamo anche introdotto la tecnologia Black-Reflex nella gamma Grand Prix 5000 per la prima volta a dimostrazione dell’impegno di Continental nella sicurezza dei ciclisti, per affrontare gli allenamenti più lunghi anche nelle giornate più brevi».

Disponibile con fianco Black-Reflex o fianco crema. Il peso parte da 300g a crescere nelle differenti dimensioni: 25-622, 28-622, 32-622, 35-622 Da oggi è disponibile per l’acquisto in tutto il mondo ad un prezzo di 95,99 euro. 

Continetal

Lavori in corso per i ragazzi di Coppolillo…

27.01.2023
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«Abbiamo una squadra nuova per il 70 per cento». Michele Coppolillo ci porta subito nel cuore del discorso. Il suo Team Technipes #inEmiliaRomagna quest’anno ha fatto il grande salto, da under 23 a continental. L’asticella si è alzata, le prospettive anche.

Il “Coppo” è uno dei diesse storici di questa squadra. Può valutare le differenze con il passato. La fotografia è quella di un team motivatissimo, giovane e già in pieno lavoro. In questi giorni la Technipes #inEmiliaRomagna è in Spagna, a Calpe, per affilare le lame in vista delle prime gare.

Uno dei nuovi acquisti, Gidas Umbri, tra Chicchi (a sinistra) e Coppolillo (a destra)
Uno dei nuovi acquisti, Gidas Umbri, tra Chicchi (a sinistra) e Coppolillo (a destra)
Michele, si parte dunque con una nuova sfida…

Una squadra – come detto – rinnovata in gran parte. Adesso siamo in Spagna per il primo vero grande ritiro dell’anno, quello in cui si gettano le basi per la stagione e ci resteremo fino ai primi di febbraio. Ne avevamo fatto anche un altro a dicembre di 4-5 giorni, ma più che altro per conoscerci, per i materiali. Qui invece si fanno volumi importanti e lavori specifici.

Quali sono le prime impressioni?

Credo sia una squadra molto equilibrata. Abbiamo 12 corridori: sei under 23 e sei elite. E i più vecchi – ma vecchi mettilo tra virgolette – possono fare da traino ai più giovani, grazie alla loro esperienza. Da quel poco che ho visto sin qui mi è sembrato così.

Le impressioni dal punto di vista tecnico invece?

Per ora non abbiamo fatto dei programmi definitivi e faccio fatica a fare una valutazione tecnica dei corridori, anche perché non abbiamo corso, ed è la corsa che conta. In più abbiamo fatto prevalentemente fondo, neanche dei lavori specifici. Magari già a fine ritiro avrò qualche idea più chiara.

Con l’arrivo dei nuovi direttori sportivi cambia il tuo ruolo? Sarai più un manager?

No, no… io sono un diesse, mi viene male solo a pensare ad altro! Sono qui da quattro anni, da quando è nato questo progetto, e mi sono trovato bene in questo ruolo. Da quest’anno sono affiancato da Francesco Chicchi e Mario Chiesa, il quale ha anche un ruolo più gestionale. Ma io resto un tecnico, uno da ammiraglia. Tra di noi c’è un ottimo rapporto, anche di amicizia. E poi sono due personaggi che hanno esperienza da vendere. Credo che anche in questo caso ci sia il mix perfetto.

In Spagna tanti chilometri e parecchi lavori specifici, anche sul Coll de Rates, ormai palestra per la quasi totalità dei pro’
In Spagna tanti chilometri e parecchi lavori specifici, anche sul Coll de Rates, ormai palestra per la quasi totalità dei pro’
Chiesa, Coppolillo, Chicchi… un parterre di diesse gigantesco per una continental. E Cassani alle spalle. È uno staff già in proiezione per qualcosa di più grande?

Andiamoci piano. Intanto quest’anno siamo diventati una continental e serviva una squadra più strutturata per poter fare le gare con i professionisti. Servivano persone di una certa esperienza e le abbiamo inserite, ma i primi attori restano gli atleti.

E a proposito di atleti, dando uno sguardo ai nomi stimola curiosità quell’Andrea Innocenti. Al netto del suo incidente di percorso si dice abbia un motore importante…

Ho trovato un ragazzo determinato, che ha una gran voglia di fare. La prima impressione è stata buona. Ha le idee chiare, sa bene che deve scalare una montagna… No, no: è un bravo ragazzo.

Quanto tempo gli servirà per ritrovarsi o essere pronto per i primi risultati?

Immagino che le prime corse gli serviranno per ritrovare un po’ di ritmo gara dopo tanti anni fermo. Ma credo che già da aprile, maggio possa andare meglio. E poi qui gli anni passano (Innocenti è un classe 1999, ndr) e non è che Andrea abbia tutto questo tempo, però neanche gli vogliamo mettere pressione. 

E poi c’è Matteo Montefiori, ragazzo cresciuto bene, ottimo cronoman. E’ il secondo anno che è con voi. Può essere un leader?

Matteo è un ragazzo che ha grandi margini, ma le sue belle caratteristiche non vanno ridotte solo alla crono. Può andare oltre. Non dico che possa fare classifica nelle gare a tappe, perché ha una struttura fisica importante, ma nelle corse di un giorno, anche ondulate, credo possa fare bene. Poi è chiaro che con lui crediamo particolarmente al discorso crono.

Dodici atleti: undici italiani e uno spagnolo, Romaric Forques. Tra i ragazzi di Coppolillo c’è un bel clima
Dodici atleti: undici italiani e uno spagnolo, Romaric Forques. Tra i ragazzi di Coppolillo c’è un bel clima
Cosa ti aspetti da questo passaggio a continental?

Io non credo che alla fine cambierà tantissimo. Di certo faremo un’attività più strutturata con i pro’, ma le nostre belle corse con gli under 23 non mancheranno. Mi aspetto di lavorare bene, di affrontare corse dure per noi e che non sarà facile cogliere dei risultati. Questo però non significa che partiremo battuti, ma chiaramente siamo consapevoli. E poi abbiamo 12 atleti e dobbiamo ponderare bene l’attività, altrimenti la stagione non la finisci.

Specie in caso di doppia attività. Voi la farete?

Sì, sì… elite da una parte e under da un’altra. E questo vale anche per noi diesse: ci scambieremo. Di base io sarò più con gli under 23 e Chicchi con gli elite.

Ponderare bene l’attività significa non correre di continuo stile under 23 (mercoledì, sabato, domenica), ma calibrare gli obiettivi facendo pause e periodi di “picco”…

Per forza, altrimenti vai incontro ad un calo fisiologico e non arrivi neanche a giugno, non a fine stagione come ho detto prima. Quindi sì: correremo meno, ma correremo meglio. Potrà capitare di stare anche 10-15 giorni senza fare gare. Poi a voce tutto sembra facile, conteranno i fatti, ma intanto l’idea è questa.

Under 23, continental e gare regionali: i pro e i contro

28.11.2022
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Nella nostra intervista con Gianni Faresin, è emerso un particolare interessante riguardo un cambio di regolamento per le squadre continental. Dal 2023, infatti, alle gare regionali under 23 questi team potranno schierare solamente ragazzi del primo e secondo anno. Una scelta contestata dallo stesso Faresin e che ha sollevato in noi un po’ di curiosità. Abbiamo così condotto un’indagine coinvolgendo altri direttori sportivi: sia di continental che di team dilettantistici. 

Campionato italiano U23, al via tutte le continental, che però ora alle regionali possono portare solo i più giovani
Campionato italiano U23, al via tutte le continental, che però ora alle regionali possono portare solo i più giovani

I nuovi arrivati

Per questa categoria il ridimensionamento è relativo. Ci sono squadre come la Zalf che hanno rinunciato a molti elite, allo stesso tempo però altri team non considerano queste corse come un campo di interesse. L’esempio è il team Technipes-#inEmiliaRomagna che dal 2023 diventa continental.

«A mio avviso – esordisce il diesse Coppolillo – si dovrebbe lasciare la sola distinzione tra gare under 23 e elite/under 23. I partenti saranno sempre meno e di questo passo le gare regionali rischiano di sparire. In Italia abbiamo 45 squadre fra under 23 e continental, deve esserci spazio per tutti. Noi quest’anno queste gare non le faremo, avendo un solo ragazzo di primo anno. Andremo all’estero e faremo le gare nazionali ed internazionali, quelle più vicine alla nostra categoria».

La Colpack avrà un organico giovane che permetterà di fare la doppia attività
La Colpack avrà un organico giovane che permetterà di fare la doppia attività

Punti di vista differenti

Tra le squadre dilettantistiche i pareri sono differenti, la regola dovrebbe tutelare proprio loro, evitando che le squadre continental arrivino a fare incetta di vittorie e di piazzamenti. 

«Bisognerebbe unificare tutto – ci dice Provini della Petroli Firenze Hopplà – le cose sono cambiate. Non è una regola giusta, ma non si può nemmeno avere capra e cavoli. Con l’avvento delle development chi ha una continental rischia di non avere più spazio per fare le corse con i pro’. A questo punto a cosa serve avere una continental? Soprattutto se poi non abbiamo una WorldTour di riferimento?».

«E’ giusto così – a parlare è Damilano della Ciclistica Rostese – se una squadra ha i soldi per fare la continental è giusto che vada a fare un calendario diverso, di alto livello. Le corse regionali serviranno per i ragazzi che devono ancora crescere per imparare. I miei corridori li ho sempre spronati a fare di più e guardare più in là, a cosa serve venire alle gare regionali ed arrivare in sei nei primi dieci? Non è questo il modo nel quale i ragazzi imparano, devono confrontarsi con livelli superiori per crescere. Se vuoi far crescere corridori, fai gare importanti. Se il tuo obiettivo è far vincere la squadra allora fai le corse di paese».

Valoti e Scarselli

«A noi non cambia nulla – dice Valoti, sponda Colpack – avremo tanti ragazzi di primo e secondo anno e riusciremo a disputare le gare regionali. Il problema delle continental è che diventa difficile partecipare a gare di livello superiore, il budget aumenta e le richieste di partecipare alle corse internazionali non sempre viene accettata. Penso che continuando così il livello under 23 rischia di abbassarsi ulteriormente a causa anche dei pochi partenti che ci saranno alle gare regionali».

Il tema centrale sembra capire quale sia la collocazione giusta delle squadre continental e anche vedere se e come sopravviveranno le corse regionali dopo questa nuova regola. A Valoti risponde virtualmente Scarselli del team Maltinti

«Penso sia corretto – attacca subito – il calendario delle continental non ha senso, non ha una dimensione. Io avrei addirittura fatto una restrizione maggiore impedendo alle continental di partecipare alle corse regionali. E vi dirò di più, limiterei la loro partecipazione alle gare nazionali a cinque o sei continental per volta. Se vuoi fare una squadra di un livello superiore prendendo i corridori migliori, allora vai a fare gare di un livello superiore, lasciando a noi squadre minori lo spazio per fare la nostra attività. Poi di squadre dilettantistiche, escluse le continental, in Italia ne abbiamo quasi trenta, i corridori alle corse non mancheranno».

Il team Palazzago si trova in provincia di Bergamo, a pochi chilometri di distanza dalla Colpack (foto Facebook)
Il team Palazzago si trova in provincia di Bergamo, a pochi chilometri di distanza dalla Colpack (foto Facebook)

Le parole del “Tira”

L’ultimo parere che ci arriva è quello di Paolo Tiralongo, diesse del team Palazzago, piccolo paese alle porte di Bergamo, terra ricca di ciclismo.

«E’ una regola che mi pare quantomeno giusta – ci racconta al telefono – i primi e i secondi anni delle continental è giusto che abbiano la possibilità di fare le corse regionali. Soprattutto i ragazzi del primo anno, per loro il salto di categoria si sente, in più hanno anche la scuola. Dal terzo anno in poi, invece, se fai parte di una continental è giusto che tu vada a fare gare di livello superiore. Altrimenti perché dovrebbero esistere queste squadre?

«Le corse regionali non soffriranno di questa regola – continua – anche perché di solito vi partecipano tra i 120 ed i 130 corridori. E’ vero che ci sono sempre meno ragazzi, ma perché molte squadre chiudono. Questa manovra magari permetterà di salvarne qualcuna».

#inEmiliaRomagna diventa continental. Giusto adeguarsi

30.09.2022
4 min
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Continua il lento, ma inesorabile cambiamento del ciclismo dilettantistico italiano. Il prossimo anno avremo una nuova squadra continental: la #inEmiliaRomagna. Salirebbe così a 14 il numero delle squadre italiane appartenenti a questa categoria, ammesso che il Team Corratec non diventi professional.

Michele Coppolillo, il direttore sportivo di riferimento, è ancora molto concentrato su questa stagione. Anche se è quasi finita, le gare non mancano, ma ha già buttato un occhio al 2023. 

Coppolillo (classe 1967), ex professionista, dirige i ragazzi della #inEmiliaRomagna
Coppolillo (classe 1967), ex professionista, dirige i ragazzi della #inEmiliaRomagna

Un passo alla volta

Un occhio al grande anno. E a quel che succederà.

«Succede – dice Coppolillo – che il ciclismo dilettantistico va nell’ottica delle continental e anche noi ci adeguiamo. L’idea è quella di avere una squadra più strutturata. Sin da quando siamo nati siamo sempre cresciuti facendo un passo alla volta. E speriamo vada bene anche questo.

«Noi della #inEmiliaRomagna siamo partiti quattro anni fa e dopo quattro stagioni di permanenza nella categoria under 23 vogliamo provare a crescere, a darci un tocco d’internazionalità e in questo c’è anche la spinta di Davide Cassani».

Cassani è sempre stato un promoter sia della regione Emilia Romagna che del team stesso. E le due cose sono strettamente legate fra loro. Il nome della squadra già la dice lunga. E ci sta che in questo percorso, ancora giovane, ci sia stato anche il suo impulso. Inoltre sappiamo che Davide ragiona in grande e visto che il suo progetto di una WorldTour non si è realizzato, magari ci arriverà per gradi con questa squadra. Ma queste sono, per ora, solo delle congetture.

Davide Dapporto ha vestito la maglia azzurra all’Avenir. Una buona stagione l’hanno fatta anche Montefori e Ansaloni
Davide Dapporto ha vestito la maglia azzurra all’Avenir. Una buona stagione l’hanno fatta anche Montefori e Ansaloni

Il giusto mix

Torniamo a Coppolillo e alla sua squadra. Avere una continental che faccia un certo tipo di attività è ormai qualcosa d’imprescindibile.

«Oggi – spiega Coppolillo – il ciclismo è più accelerato. A 19-20 vanno al Tour, a 21-22 vincono un grande Giro. Fare una continental è un salto intermedio: si è ancora dei dilettanti, ma con qualche esperienza più corposa all’estero e con le corse dei professionisti. Serve un giusto mix».

E sul discorso del mix, Coppolillo apre un capitolo interessante. Se si fa una continental bisogna poi onorarla con determinate corse. Deve aumentare la qualità dell’attività.

«Dobbiamo – spiega il diesse – fare un distinguo. C’è il dilettantismo vecchio stile, che deve esistere, perché il grosso della base viene da lì, non scordiamolo. Ma poi è anche giusto che se si decide di fare un salto di qualità, una continental, che alla fine è la “serie C” del professionismo, ci si debba confrontare con altre realtà. Quindi gare all’estero, gare con i pro’, cercare confronti a più alto livello».

Prossimo appuntamento per la #inEmiliaRomagna l’italiano della cronosquadre. La squadra di Coppolillo ha investito sulla crono
Prossimo appuntamento per la #inEmiliaRomagna l’italiano della cronosquadre. La squadra di Coppolillo ha investito sulla crono

Più qualità

Coppolillo parla di una squadra più strutturata, questo vale per gli atleti, ma anche per lo staff. Sono in arrivo un nuovo meccanico e un altro direttore sportivo e chiaramente anche qualche corridore più “robusto”.

«Come ho detto – riprende Michele – l’idea era di fare una squadra più forte. Avremo 10 o 12 atleti, non troppi, perché la nostra idea è di fare l’attività unica e non doppia, tanto più che vorremmo correre a più alto livello. Magari fare meno gare, ma di maggior qualità.

«Anche perché poi bisogna confrontarsi con la realtà». In questo caso realtà significa economia e, secondo Coppolillo, una stagione da continental costa più del doppio rispetto ad una stagione vissuta da U23.

«Posso dire che è così. Ad incidere oltre agli atleti, qualcuno sarà forte e di conseguenza costerà un po’ di più, saranno le trasferte all’estero. Muoversi inciderà molto: più mezzi, più viaggi, più personale… Un conto era fare le gare come abbiamo fatto fino ad ora in un raggio di 200-500 chilometri e un conto è parlare in termini di migliaia di chilometri».

Per adesso Coppolillo preferisce non fare nomi dei nuovi innesti. Vuole rispettare i tempi. Di certo non mancheranno ragazzi della regione Emilia Romagna e qualche altro giovane italiano di belle speranze.

In più c’è una stagione da concludere con la #inEmiliaRomagna ancora in veste U23. E il finale va onorato al meglio. Il primo obiettivo è il tricolore della cronosquadre di domani, poi ci sarà il Piccolo Lombardia e infine il Del Rosso.

EDITORIALE / Quanto costa fare ciclismo in Italia? Forse troppo

22.08.2022
4 min
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Facciamo tutti il tifo per Cassani, per non finire come il resto d’Italia in mano agli stranieri. Immaginiamo a fatica quanta pressione possa sentire su di sé Davide, in questa sorta di rincorsa a una squadra WorldTour italiana, nella quale le sue maniche sono diventate ormai lunghissime, tanti sono coloro che le tirano.

Cassani ha un progetto ambizioso per un grande team in Italia, ma non c’è nulla di facile nel dargli forma
Cassani non fa mistero di avere un progetto ambizioso, ma non c’è nulla di facile nel dargli forma

La fuga dei talenti

Nei giorni scorsi abbiamo commentato con Roberto Amadio la fuga dei talenti dall’Italia verso i development team stranieri (in apertura il team olandese, approdo per Belletta e Mattio, foto Jumbo Visma), chiedendoci se sia poi così sbagliato che un diciottenne vada in una grande squadra, dove gli prospettano una crescita già ben definita, seguendo un programma che ha al centro il suo sviluppo e non i risultati che durante lo stesso dovessero venire.

La risposta è immediata ed è no. Non è affatto sbagliato e probabilmente consiglieremmo l’esperienza anche ai nostri figli, sia in termini sportivi, sia in termini di crescita. Allo stesso modo in cui consiglieremmo loro di andare all’Università via da casa, allontanandosi dagli agi e dalle lavatrici della mamma.

La domanda successiva era tuttavia se la scelta di andare via dall’Italia sia causa di un certo impoverimento del ciclismo italiano o piuttosto si vada via per i pochi sbocchi e gli stimoli che i nostri team possono offrire in termini di carriera.

Il Team DSM mette a disposizione dei corridori che si spostano in Olanda alloggi privati da gestire in autonomia
Il Team DSM mette a disposizione dei corridori che si spostano in Olanda alloggi privati da gestire in autonomia

Tasse e attività

Lo stesso Amadio ha suggerito che le squadre italiane – juniores e under 23 – dovrebbero lavorare come quelle straniere, investendo il budget sull’attività e non su costosi ritiri e abitudini altrettanto onerose che viziano i ragazzi e li privano della giusta prospettiva. E’ vero che le società italiane spendono troppo per aspetti su cui si potrebbe tirare la cinghia, ma è altrettanto vero che sono sottoposte a tasse e gabelle che all’estero non esistono.

Quel che accade nel mondo del lavoro, per cui sarà sempre più difficile avere una squadra italiana dati i costi del dipendente, avviene anche nello sport. Non è un caso che tanti professionisti abbiano scelto da tempo di prendere la residenza in Stati dalla ridotta pressione fiscale: un vantaggio per se stessi e per le società sportive, che verseranno meno contributi o non li verseranno affatto. Prendere un italiano costa molto più caro. Ed ecco spiegato ad esempio perché alcune società di casa nostra continuino ad avere la società di gestione fuori dai nostri confini. Per le continental questo non accade ancora. Ma se si sottraggono ai budget risicati di alcune i costi vivi per ingaggiare un corridore, si capisce che fare attività all’estero diventi un lusso più che una priorità.

La scelta di residenze in paradisi fiscali rende più lieve la vita anche ai team
La scelta di residenze in paradisi fiscali rende più lieve la vita anche ai team

Un foglio bianco

Bisognerebbe forse sedersi tutti allo stesso tavolo e ridisegnare il nostro ciclismo partendo da un foglio bianco e non da abitudini e convenienze che si sono stratificate in anni e anni di storia. Bisognerebbe alleggerire la pressione su chi fa attività, permettendogli di investire sui ragazzi e non sulle tasse che sono costretti a pagare per averli. E poi bisognerebbe che tutti tirassero nella stessa direzione. Non vediamo particolari scandali nel fatto che la Federazione, ammesso che sia tutto come è stato raccontato, si sia servita di un’agenzia irlandese per andare a caccia di sponsor, casomai questo rendesse possibile anche l’accesso a una tassazione favorevole. Se si è mossa nel rispetto di tutte le normative, ne ha pieno titolo. Troveremmo semmai insolito che si pretenda dalle società l’ottemperanza a una serie di norme piuttosto stringenti, cercando a propria volta una soluzione più comoda. La FCI ha detto che le cose non stanno così, annunciando azione legale verso chi l’avesse sostenuto.

La pressione fiscale è troppo pesante per tutti. Si cerchi allora una soluzione condivisa che agevoli il movimento e lo renda nuovamente competitivo su scala internazionale. Nell’attesa che Cassani riesca a centrare il suo obiettivo e permetta ai talenti italiani di valutare anche un’opzione domestica.

Team Corratec, la banda Parsani vuole diventare professional

27.07.2022
5 min
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Il Team Corratec era nato tra mille difficoltà lo scorso autunno. Quasi facevano fatica a trovare i corridori visto il periodo in cui è arrivato l’okay per allestire la squadra e invece… Questa continental italiana ha messo nel sacco ben otto vittorie e altri piazzamenti che danno speranza (in apertura foto @jorgerierafloresera).

Serge Parsani e Francesco Frassi, i diesse, hanno creato un buon gruppo. Hanno cercato di tirare fuori il meglio possibile dal materiale umano ed economico a disposizione. 

Serge Parsani (classe 1952) è stato un corridore negli ’70-’80 ed è stato diesse anche nella grande Mapei
Serge Parsani (classe 1952) è stato un corridore negli ’70-’80 ed è stato diesse anche nella grande Mapei
Dicevamo Serge, una squadra nata tra mille difficoltà che invece si sta comportando bene…

Direi una squadra nata all’ultimo minuto se non fuori tempo massimo! Alla fine siamo riusciti a mettere insieme un bel gruppetto, anche se i ragazzi non erano i migliori che c’erano sul campo visto che a novembre ormai i più bravi sono già tutti accasati.

E come è stato possibile tutto ciò?

Gli abbiamo dato fiducia e ci hanno ricambiato con impegno e senso del gruppo. Sono ragazzi volenterosi che si danno una mano in corsa. E grazie a questa sinergia è arrivato qualche buon risultato.

Dusan Rajovic: è il vostro mattatore con sei vittorie…

Dusan è colui che ha raccolto i risultati maggiori. Era anche il “più professionista”, veniva dalla Delko e si vedeva che aveva alle spalle un certo calendario e una certa esperienza. Ma penso anche a Stefano Gandin, un buon corridore: è “velocino” e tiene in salita. Al Giro di Sicilia ha vinto la maglia dei Gpm, ma non perché gliel’abbiano lasciata. No, l’ha vinta di forza, di tenacia e determinazione. Ha vinto al Sibiu e si è ripetuto in Venezuela. Sinceramente spero che lui possa raccogliere qualche buon risultato anche nelle prossime corse italiane di fine stagione.

Rajovic è campione di Serbia, quest’anno ha messo nel sacco ben sei vittorie (foto @Yucelcakiroglu)
Rajovic è campione di Serbia, quest’anno ha messo nel sacco ben sei vittorie (foto @Yucelcakiroglu)
Come lavorate? I vostri ragazzi vivono in ritiro?

C’è un gruppetto di 3-4 atleti che vive in zona Montecatini, gli altri sono a casa. Li seguiamo dai dati, telefonicamente… ma avendo fatto parecchie gare alla fine ci si vede spesso. Sotto questo punto di vista devo dire che Frassi è un ottimo organizzatore, li segue bene. Ma il merito è anche dei ragazzi stessi: sono umili, non pretendono, seguono e ascoltano…

In Corratec avete un vostro preparatore o ognuno ha il suo?

Ognuno ha il suo, però ci informiamo costantemente per avere uno status della loro condizione e cerchiamo di coordinarci con loro e gli impegni delle gare.

Hai parlato del gruppo, ma non vivono insieme: avete fatto dei ritiri? 

No, nessun ritiro. Anche perché con il Covid evitiamo di creare assembramenti e lavori di gruppo completo. Noi non abbiamo 30 corridori come una WorldTour, ne abbiamo 16-17 e se qualcuno si ammala e contagia gli altri sono problemi. Ci stiamo molto attenti, facciamo un sacco di tamponi prima delle gare e infatti negli ultimi sei mesi non abbiamo avuto nessun positivo al Covid.

Gandin, con la maglia dei Gpm al Giro di Sicilia. E’ arrivato alla Corratec dalla Zalf ed è un classe 1996
Gandin, con la maglia dei Gpm al Giro di Sicilia. E’ arrivato alla Corratec dalla Zalf ed è un classe 1996
C’è un leader, un uomo di riferimento?

Penso a Veljko Stojnic. Lavora bene, dispensa consigli, aiuta i giovani. Parla bene italiano e ha esperienza. Lui non eccelle in nessuna disciplina o terreno, e magari non passerà in una WorldTour, però c’è sempre. E’ un “duraccio”.

Da dove arriva la forza del Team Corratec?

Beh, alcuni di questi ragazzi già si conoscevano o correvano insieme tra gli under 23. E poi il gruppo solido è di 8-9 atleti. In Italia, e solo in Italia, la regola vuole che le continental abbiano in organico almeno il 50 per cento di under 23, ma la nostra idea di base era diversa. Era mettere su una squadra con più elite e poi eventualmente inserire dei giovani di tanto in tanto, tra i più esperti.

E quindi gli altri ragazzi?

I più giovani fanno principalmente attività con le gare in Toscana, con gli under 23. Come detto, volevamo privilegiare gli elite: fare con loro le gare internazionali che potevamo e disputare e gli eventi del più alto calendario italiano possibile. Anche perché il nostro obiettivo è quello di diventare una professional.

Veljko Stojnic conosce bene l’Italia ed è il leader carismatico del team (foto Federico Guasti)
Veljko Stojnic conosce bene l’Italia ed è il leader carismatico del team (foto Federico Guasti)
Sarebbe un bel salto. E a che punto siete?

Il nostro sponsor, Corratec, fra 15-20 giorni ci dovrebbe dare una risposta e decidere cosa fare. Poi inevitabilmente servirebbe anche un secondo sponsor per il budget. Chiaramente non penso ad una professional come quelle francesi, vedi Arkea-Samsic o Total Energies che hanno ben altre disponibilità e sono quasi delle WorldTour.

E a che tipo di squadra pensi?

A una squadra che faccia la sua bella attività internazionale (il calendario sarebbe più prestigioso) e che punta a far passare qualche corridore nel WorldTour. Ecco vorremo dare l’opportunità a qualche buon corridore. Io lo dico sempre ai miei ragazzi: i risultati sono importanti, ma prima ancora è importante fare le cose per bene. E se così fate, magari qualche WorldTour vi nota.

EDITORIALE / La fuga dei talenti (italiani) non è mai per caso

25.07.2022
5 min
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I bambini nel Nord Europa giocano scalzi nella pioggia. Da noi arrivano le mamme, li infagottano e se li portano via agitando lo spettro del raffreddore. Finita la scuola, Jonas Vingegaard lavorava al mercato del pesce e poi si allenava. Gli italiani sono sostanzialmente professionisti sin dagli juniores e finita la scuola è raro vederli lavorare.

Certe attenzioni sui corridori più giovani italiani fanno riflettere, perché tenendoli troppo a lungo nella bambagia si finisce col viziarli. Il meglio di tutto per vincere, non sempre per imparare a farlo. Oggi però le cose sono cambiate rispetto a qualche anno fa. La concorrenza internazionale si è moltiplicata. Non siamo più i soli depositari dello scibile tecnico. Nessuno più è disposto a trascurare il minimo aspetto nella preparazione: per questo vanno tutti più forte. E se l’unica discriminante è la fatica, nessun tipo di esperienza (purché proposta con intelligenza) può essere considerata deleteria. Anche eliminare la limitazione dei rapporti per gli juniores.

Al primo anno con la Jumbo Visma, Vingegaard ha vinto la tappa di Zakopane al Giro di Polonia
Al primo anno con la Jumbo Visma, Vingegaard ha vinto la tappa di Zakopane al Giro di Polonia

Belletta con la valigia

Dario Igor Belletta (foto Facebook/GB Junior Team in apertura) correrà da under 23 nella Jumbo Visma Development. Come Belletta, il campione italiano degli U23 (Lorenzo Germani) corre alla FDJ Groupama Continental, mentre Ursella e Milesi sono al Team DSM Continental. Scelte necessarie e coraggiose, al pari dei coetanei che vanno a studiare all’estero e poi raramente tornano. E’ la tanto dibattuta fuga dei talenti e dei cervelli, che valorizza coloro che hanno l’occasione e il coraggio di partire e purtroppo deprime l’ambiente che resta.

Senza dover per forza viaggiare oltre confine, basterebbe contare quanti ragazzi siciliani vivono e lavorano da Roma in su, per capire da un lato quante risorse avrebbe l’isola e dall’altro quale assenza di prospettive vi sia stata creata. Il fuoco non è su quello che trovano fuori, ma su quello che non trovano qui.

Lorenzo Germani ha vinto il tricolore, poi una tappa al Giro di Valle d’Aosta: corre alla Groupama
Lorenzo Germani ha vinto il tricolore, poi una tappa al Giro di Valle d’Aosta: corre alla Groupama

Le due vie italiane

Non avendo squadre WorldTour dal 2016, i nostri hanno due strade. I team professional italiani, oppure il mercato globale, dove le valutazioni non si fanno sulla base delle conoscenze, ma sui dati, l’esperienza internazionale, la conoscenza delle lingue.

Nei team professional italiani è abbastanza semplice entrare. Sono stati la porta di accesso al professionismo per corridori come Ciccone e Colbrelli che, migliori U23 italiani dei loro anni, avrebbero probabilmente meritato subito il salto nel WorldTour.

Nel secondo caso, la cruna dell’ago è decisamente più stretta. E non sempre le nostre squadre U23, quasi tutte continental, sono in grado di garantire lo standard di attività internazionale che renda i nostri ragazzi appetibili. Quelli che riescono ad approdare alle WorldTour hanno di solito ottenuto grandi risultati internazionali con la nazionale. Aleotti e Milan. Dainese, oppure Baroncini e Battistella, Sobrero e Frigo.

Anche Lorenzo Milesi ha scelto l’estero ed è andato in Olanda al Team DSM Continental
Anche Lorenzo Milesi ha scelto l’estero ed è andato in Olanda al Team DSM Continental

Calendario impoverito

Il punto è che un palmares costruito solo in Italia non è più così spendibile, a fronte di atleti di altre Nazioni che sin dagli juniores si mettono alla prova in tutta Europa. I nostri non hanno che il Lunigiana e poi si scontrano tutte le settimane in corse… chiuse. E quando per le internazionali arrivano gli stranieri, il bilancio italiano è spesso passivo. Un tempo, quando c’erano il Giro di Basilicata e quello della Toscana, il livello dei nostri era superiore.

Stessa storia, forse un po’ migliore, fra gli under 23. Ci sono il Giro d’Italia, il Giro della Valle d’Aosta e quello del Friuli, ma sono spariti il Giro di Toscana, il Giro delle Regioni e il Giro del Veneto. Si corre qualche volta tra i pro’ (Coppi e Bartali, Giro di Sicilia, Adriatica Ionica Race), ma rispetto ai team stranieri la programmazione dei nostri è basata su altre premesse. Se all’estero spesso li tengono a freno per impedire loro di allenarsi troppo fra una corsa e l’altra, qui la sensazione è che si stia più spesso col pedale abbassato e si vada a correre anche in prove di basso contenuto tecnico semplicemente per sommare vittorie.

Per Strand Hagenes, bandiera della Jumbo Visma Development, ha disputato finora 22 giorni di corsa: 6 in prove di un giorno (compreso il campionato nazionale a crono), altri 16 suddivisi in 4 corse a tappe.

Nel 2015 Ciccone è stato il miglior U23 italiano ed è passato con la Bardiani, restandoci per 3 anni
Nel 2015 Ciccone è stato il miglior U23 italiano ed è passato con la Bardiani, restandoci per 3 anni

Qualità e meno quantità

Difficile dire quale sia la cura, perché il problema ha diversi fronti. Mancano le corse a tappe: sarebbe molto lungimirante per RCS Sport investire una briciola dei propri guadagni sull’attività giovanile, magari facendo un passo verso la Federazione, anziché dare la sensazione di voler spremere il frutto fino a che non avrà più nulla da dare. Va bene l’internazionalità, ma in prospettiva sarà meglio rivincere il Giro con un nuovo Nibali o premiare l’Hindley di turno?

Sul fronte sportivo potrebbe far riflettere il fatto che su circa 37 corse, nel 2022 la tedesca Auto Eder degli juniores finirà col disputarne solo 5 in Germania.

Allora forse sarebbe auspicabile che le nostre continental riuscissero a capire quale sia davvero la loro missione e avessero il coraggio di lasciare le gare regionali e le nazionali ai team U23 e cominciassero a girare per l’Europa in cerca di scontri di alto livello. Riducendo il numero delle gare (contenendo così anche i costi) e prevedendo nel mezzo dei periodi di allenamento in cui i corridori possano recuperare, imparare e costruire. Forse così non se ne andranno. O prima di farlo ci penseranno due volte.