Venturelli: le conferme della pista, le sorprese della strada

28.09.2023
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Prima è finita la scuola e questo ha permesso a Federica Venturelli di pensare soltanto allo sport. Ora che invece è finita la stagione e ha portato con sé il consueto carico di medaglie, la cremonese ha appeso la bici al chiodo e si è rifugiata sulle montagne della Valtellina, a Campodolcino sulla strada dello Spluga, dove ha casa sua nonna. Non si può dire che l’estate non sia stata intensa e che, al netto delle tante tutele di cui ha parlato il suo tecnico Daniele Fiorin, l’attività di Federica non sia stata pesante. Forse anche troppo da un certo punto di vista, quello dei suoi 19 anni, ma questo sarà semmai la storia a raccontarlo nel modo giusto.

Intanto il 16 ottobre inizieranno i corsi all’Università, facoltà di Farmacia, anche per raccogliere un domani il mestiere di suo padre. Sarà un inverno meno infuocato del solito, con meno impegni nel ciclocross, alla vigilia della prima stagione da under 23. Federica si racconta, le parole confermano i piedi per terra, anche se i risultati delle ultime settimane potrebbero far girare la testa. Tre ori agli europei juniores su pista. Il bronzo ai mondiali della crono e i due ori su pista. E poi l’oro e l’argento, a crono e su strada, ai campionati europei. Più sei vittorie su strada.

L’oro nella crono degli europei è stata un passo avanti rispetto al bronzo mondiale
L’oro nella crono degli europei è stata un passo avanti rispetto al bronzo mondiale
E’ stata una stagione di grandi sorprese o di grandi conferme?

Sono state grandi conferme per quanto riguarda la pista, grandi sorprese per le gare su strada. Dopo aver vinto i mondiali dell’inseguimento individuale l’anno scorso, quest’anno speravo di replicare il titolo. Invece è stata una sorpresa la madison (in coppia con Vittoria Grassi, ndr), perché è una specialità in cui agli europei ho fatto per due anni quarta, quindi vincere il mondiale è stato qualcosa di incredibile.

Invece su strada?

Sono state delle belle sorprese. Ho imparato ad adattarmi a diversi tipi di percorsi e quindi sono felice di come sono andate le gare, sia il mondiale che l’europeo e anche le altre gare internazionali, come quelle di Nations Cup, in cui sono riuscita a raccogliere delle vittorie internazionali.

La vittoria della crono agli europei nasce dal bronzo dei mondiali?

Sicuramente sono cambiate le avversarie. La prima e la seconda classificata dei mondiali non hanno partecipato all’europeo, dato che erano un’australiana e una britannica. Però secondo me c’è stato anche un salto di qualità grazie agli allenamenti specifici che ho fatto per arrivare in forma all’appuntamento e soprattutto nella gestione dello sforzo. Al mondiale ho sbagliato la gestione della gara: ero partita troppo forte e poi avevo finito in calando. Invece all’europeo, sapevo che la gestione sarebbe stata più difficile perché era una crono lunga e proprio per questo mi sono convinta di dover partire più piano, per avere energia nel finale. Per questo sono riuscita a gestire meglio lo sforzo.

La crono dei mondiali (gestita forse non al meglio) ha portato il bronzo in casa Venturelli, buon viatico per l’europeo
La crono dei mondiali (gestita forse non al meglio) ha portato il bronzo, buon viatico per l’europeo
Si impara molto dalle gare che si fanno?

Alla fine forse è il solo modo, soprattutto quando si perde. La volta dopo ci si ricorda di gestirsi un po’ meglio o comunque di giocarsela in modo diverso.

Perché il secondo posto nella gara su strada degli europei è stato una sorpresa?

Più che un discorso fisico, sapevo di avere la squadra giusta per arrivare davanti. Però ovviamente arrivare lì, riuscire a fare la differenza su uno strappo così corto e portare via appunto la fuga di due negli ultimi 500 metri è stato qualcosa che non mi aspettavo. Poi è andata così, però sono contenta della mia prestazione. E’ quello che ho detto a tutti: non sono andata piano io, ma è la belga (Fleur Moors, ndr) che è andata forte. Quindi sono comunque soddisfatta, non ho rimpianti.

Ai mondiali ti sei detta serena perché lo staff della nazionale continuerà a seguirti anche nel passaggio di categoria e di squadra.

Avere delle persone di riferimento, che sono sempre vicine quando serve e a cui chiedere semmai consiglio, è qualcosa di importante nella crescita. Cambiare squadra (andrà nel devo team del UAE Team ADQ, ndr) può sballare molto, magari anche cambiare preparazione. Invece di avere degli obiettivi comuni serve a organizzare la stagione e anche a sentirsi fermi mentalmente.

Dopo la gara su strada degli europei, Federica Venturelli è franata a terra, per recuperare
Dopo la gara su strada degli europei, Federica Venturelli è franata a terra, per recuperare
A livello psicologico tutte queste competizioni di altissimo livello pesano? C’è una componente di ansia, di pressione che va gestita?

Diciamo che in questi due anni ho imparato abbastanza a gestire l’ansia. Prima di questi campionati europei ero abbastanza tranquilla, più di com’era la Federica di due anni fa. Più che ansia, parlerei di tensione nell’essere sempre a tutta, sempre sotto sforzo. Non poter mai mollare di testa per la presenza di tanti appuntamenti, però ci ho quasi fatto l’abitudine. Però adesso è arrivato il momento di staccare e ricaricare le pile per i prossimi appuntamenti.

Hai mai pensato, davanti al troppo stress, di mollare tutto?

No, mai. Anche se sono sotto stress o stanca, la bici rimane qualcosa che mi fa sentire bene, quindi abbandonarlo non sarebbe una soluzione per nulla. Se anche la mettessi via, dopo un paio di giorni cambierei subito idea e mi prometterei di continuare. Dopo i momenti difficili, c’è sempre qualcosa che funge da ricompensa per gli sforzi che faccio.

Il momento di mollare, significa davvero che sacrificherai il ciclocross?

Non mi sono sentita di accantonarlo completamente, ma il programma prevede una stagione ridotta solo a un paio di mesi: dicembre e gennaio. Dopo le vacanze riprenderò ad allenarmi in vista della prima stagione da under 23 su strada, voglio farmi trovare pronta a questo grande salto. Lavorerò già anche per quello, non solo per il ciclocross, che sarà un modo per divertirmi e rimanere in forma in inverno. E anche per avere obiettivi a breve termine che mi permettano di valorizzare la preparazione che starò facendo.

Labella, Toniolli, Venturelli: per la staffetta mista giovanile, è arrivato l’oro europeo
Labella, Toniolli, Venturelli: per la staffetta mista giovanile, è arrivato l’oro europeo
In cosa consistono le tue vacanze?

Farò tre settimane senza toccare la bici. Ho iniziato con cinque giorni in montagna in provincia di Sondrio, a casa della nonna, e poi dieci giorni al mare, in Egitto, sul Mar Rosso.

E a Campodolcino un giro in bici non si fa? Magari in mountain bike?

No (ride, ndr), neanche la mountain bike. Un po’ di camminate in montagna, oggi abbiamo fatto quattro ore e mezza. Riposo dalla bici, mettiamola così. Non starò tre settimane sul divano senza fare niente, però questo stacco dalla bici serve soprattutto a livello mentale, per non stare 365 giorni all’anno facendo sempre la stessa cosa.

Amadori tra l’europeo amaro e le prospettive per il 2024

27.09.2023
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L’europeo di Drenthe è ormai alle spalle, ma la rassegna continentale spostata a fine settembre ha dimostrato una volta di più come il calendario internazionale sia davvero lunghissimo, forse troppo. Un concetto che viene spesso ripetuto per le ragazze, ma se guardiamo a quanto avviene per i giovani, lo stridere è ancora più forte, basti pensare agli junior che abbinano l’attività su strada a quella su pista.

Il problema è emerso ad esempio guardando la prova degli under 23: era evidente nel finale come gli azzurri (ma anche altre squadre hanno evidenziato lo stesso problema) fossero con le energie ridotte al lumicino e anzi aver piazzato due elementi nei primi 10 (7° Busatto, 9° De Pretto) è già motivo per sorridere. Il cittì Amadori nel suo bilancio parte proprio da questa considerazione, fattagli presente da molti addetti ai lavori subito dopo la conclusione della gara olandese.

Per Marino Amadori una stagione positiva, con la perla della vittoria nella Nations Cup
Per Marino Amadori una stagione positiva, con la perla della vittoria nella Nations Cup

«Le corse sono tante – spiega Amadori – soprattutto abbinando il calendario nazionale a quello internazionale. I ragazzi assommano numeri di giornate di corsa che non hanno nulla da invidiare ai professionisti. La differenza la fa la programmazione: noi abbiamo cercato di lavorare in tal senso, senza così invadere il campo ai team. Nel complesso ha funzionato, poi non tutto può andare perfettamente».

Le gare internazionali dimostrano che c’è ormai un plurilivello nella categoria, con chi è nei team Devo che ha un motore diverso dagli altri.

Vero, ma secondo me la differenziazione è ancora maggiore, perché chi corre più spesso fra i professionisti è ancora più avvantaggiato. Noi come nazionale, con il fondamentale ausilio della Federazione, abbiamo cercato di colmare questo gap il più possibile, ma il nostro impegno non basta. Busatto, tanto per fare un esempio, prima dell’europeo ha fatto ben 6 gare in 8 giorni, tra Francia e Italia, è chiaro che alla lunga il serbatoio di energie si è svuotato.

Per Busatto, qui al Trofeo Matteotti, un surplus di gare che ha pesato sulla prova continentale
Per Busatto, qui al Trofeo Matteotti, un surplus di gare che ha pesato sulla prova continentale
Secondo te quindi c’è un diverso livello anche fra chi fa attività internazionale?

Sicuramente. Chi è arrivato secondo all’europeo di categoria, lo spagnolo Ivan Romeo è a tutti gli effetti un corridore della Movistar, che ha fatto tutta la stagione nelle gare professionistiche, dal Fiandre alla Roubaix, dal Romandia alla Clasica di San Sebastian. E come lui altri, non dimentichiamo poi che nella gara elite terzo e quarto (l’olandese Kooij e il belga De Lie, ndr) avrebbero potuto per età competere nella categoria inferiore.

Questo cosa significa?

Che i regolamenti dell’Uci hanno determinato degli scalini nella stessa categoria che fanno confusione e non ci dovrebbero essere. Una volta c’era un vincolo: se fai gare WorldTour non puoi competere nelle prove di categoria, titolate o meno. Ora questa differenza non c’è più e gli atleti scelgono dove partecipare, ma questo non è un bene.

Il gruppo azzurro a Hoogeveen. Il cittì azzurro ha rilevato qualche errore di strategia
Il gruppo azzurro a Hoogeveen. Il cittì azzurro ha rilevato qualche errore di strategia
Dopo l’europeo che bilancio trai dalla stagione?

C’è stato un innalzamento del nostro livello, questo è indubbio e il fatto di aver vinto la Nations Cup davanti alla Francia lo dimostra. Noi abbiamo fatto un’attenta programmazione per preparare gli eventi dell’estate, programmando tre settimane di altura, lavorando con molto profitto al Tour de l’Avenir con il podio di Piganzoli e Pellizzari, i mondiali del trionfo di Milesi nella cronometro e la sua bellissima prestazione anche in linea. L’amaro in bocca mi è rimasto solo per l’europeo.

Perché?

Direi che qualche errore nella condotta tattica della corsa c’è stato, ma anche quello è dettato proprio dalla stanchezza, fisica e forse ancor di più mentale. Ma un episodio ci può anche stare, non inficia una stagione che è stata davvero buona.

Un buon 9° posto finale per Davide De Pretto, anche lui ha pagato la lunghezza della stagione

Un buon 9° posto finale per Davide De Pretto, anche lui ha pagato la lunghezza della stagione
Come interpreti il fatto che sempre più ragazzi approdano nei team Devo?

Significa che in Italia si lavora ancora bene alla base, ma mancano passaggi fondamentali. Per i ragazzi, tanti che hanno fatto questo salto non solo ciclistico ma di vita e cultura, quello è il riferimento, la possibilità di correre al fianco dei professionisti, avere una preparazione come la loro, acquisire quella mentalità. Sono tutti strumenti decisivi per avere un futuro. Il livello si è alzato, resta solo quel problema di cui accennavo prima, un mischiume regolamentare del quale i ragazzi pagano poi il prezzo.

Molti ora faranno il salto, non solo in base all’età ma anche alle scelte approdando direttamente fra i “grandi”. Molti però arrivano anche dagli juniores…

Infatti in questi giorni sto continuando a girare, per assistere ad alcune classiche come Ruota d’Oro, Piccolo Lombardia, Trofeo San Daniele. Voglio parlare con le società e vedere i ragazzi più interessanti con i miei stessi occhi, in modo da fare una prima rosa di elementi sui quali contare per il prossimo anno, per inserirli in un contesto adeguato, considerando, come giustamente si diceva, che alcuni faranno già il salto fra i pro. L’importante è comunque avere un ampio spettro di corridori per programmare la stagione 2024 e continuare in questo cammino di crescita.

Laporte campione, ma perché Van Aert ancora secondo?

24.09.2023
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Difficile dire se in questa serata che saluta l’autunno ci sia da stupirsi più per la vittoria di Laporte all’europeo, per l’ennesima sconfitta di Van Aert o per il podio completamente occupato da corridori della Jumbo-Visma. Allo stesso modo in cui ieri le atlete della olandese SD Worx hanno dominato la prova in linea delle donne, quest’oggi un altro team dei Paesi Bassi ha schiacciato la concorrenza. E trattandosi di un campionato europeo corso per loro sulle strade di casa, c’è da capire che si possa parlare a buon titolo di dominio olandese. Anche se oggi il vincitore è francese, ma ha cambiato decisamente passo da quando è approdato nella squadra giallonera.

Christophe Laporte ha attaccato quando l’ultima caduta del giorno, quella causata dal tedesco Heiduk, ha tagliato fuori dalla lotta metà gruppo di testa, compresi Trentin e Ganna. Il francese ha avuto la scelta di tempo e il coraggio per tirare dritto, con lo stesso piglio che ieri ha consegnato la gara delle donne alla olandese Bredewold. Senza mai voltarsi, Laporte sembrava avere il destino segnato quando ai 200 metri De Lie gli ha portato sotto il gigantesco Van Aert. Sembrava un finale già scritto.

Christophe Laporte è nato nel 1992, è alto 1,91 e pesa 76 chili. E’ pro’ dal 2014. Eccolo all’arrivo di Col du Vam
Christophe Laporte è nato nel 1992, è alto 1,91 e pesa 76 chili. E’ pro’ dal 2014. Eccolo all’arrivo di Col du Vam

Rimonta strozzata

Van Aert infatti è scattato con l’olandese Kooij a ruota. Ha guadagnato metro su metro nel ripido arrivo di Col du Vam. Ha affiancato Laporte. E quando non mancava che la pedalata decisiva, il belga si è seduto. L’altro se ne è accorto e ha rilanciato proprio nel momento in cui anche Van Aert ha trovato la forza per rialzarsi. Risultato: primo Laporte, secondo Van Aert, terzo Kooij. Come già alla Vuelta, podio tutto Jumbo-Visma, ma con attori diversi. Mentre al quarto posto Arnaud De Lie si è messo in un angolo a chiedersi se non avrebbe fatto meglio a farsi gli affari suoi.

«Questa maglia è molto bella – dice il francese – dovrò abituarmi. Sono molto orgoglioso. La squadra ha fatto un ottimo lavoro mettendomi in buone condizioni. Mi sentivo bene, ho provato e ha funzionato. Ne è valsa la pena. Ho sempre sognato di cantare la Marsigliese sul podio con i miei amici. La dedico alla squadra francese e a Nathan Van Hooydonck, che sarà contento per me. Non sono mai stato neppure campione francese, sono davvero molto felice. E sono felice di condividere questo podio con Wout e Olav».

Peso psicologico

Van Aert però probabilmente non è altrettanto allegro. Lo abbiamo visto sorridere in alcune inquadrature prima del podio, poi tornava a guardare il vuoto. Avevamo sentito ieri le sue parole sul fatto di lottare sempre e dei suoi dubbi dopo tanti piazzamenti, ma è davvero credibile che un campione così forte si faccia scivolare addosso certi colpi? Già un’altra volta quest’anno era finito dietro a Laporte: nella Gand-Wevelgem che in modo insolito (e a questo punto poco opportuno) aveva deciso di lasciargli vincere.

«Avevo concordato con De Lie – spiega nella zona mista – che avremmo giocato la mia carta. Penso che anche lui abbia capito che dei due oggi ero il più forte. E’ stata una buona decisione, ma Arnaud (De Lie, ndr) ha inseguito così forte per chiudere su Laporte, che non sono più riuscito a saltarlo. Abbiamo sottovalutato quanto gli fosse rimasto. Forse l’errore è stato che davanti non ci fosse uno di noi due al posto di Laporte, questo sì. 

«Durante le corse non penso che potrei fare secondo – aggiunge e riflette – ma è una constatazione che adesso non posso negare e ovviamente questo in qualche modo agisce nella mia testa. Cerco di vincere ogni gara, oggi ho corso per questo ed è il motivo per cui ho sentimenti contrastanti. Da un lato è bello essere sempre davanti, quest’anno semplicemente non riesco a vincere. Resto fiducioso che in futuro le cose andranno diversamente (il prossimo impegno titolato di Van Aert potrebbe essere il mondiale gravel di inizio ottobre, ndr)».

De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale
De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale

La saggezza di De Lie

Cosa dice De Lie? Il ragazzone di Libramont, che sogna di comprarsi una fattoria ed è arrivato agli europei con la vittoria di Quebec City, si guarda bene dal fare polemiche. Sa stare al suo posto e conferma le scelte del finale.

«Possiamo dire che sia venuta una corsa davvero dura – spiega – ho parlato con Wout a cinque chilometri dal traguardo. Gli ho detto: “E’ buona per te”. Era l’occasione giusta per regalargli un bel titolo, ma sfortunatamente è arrivato secondo dietro ad un fortissimo Laporte. Non l’ho visto partire, ero troppo indietro, forse altrimenti lo avrei seguito. Guardando indietro, forse avrei anche avuto le gambe per vincere, ma non ne sono certo. Semmai potremmo aver iniziato lo sprint un po’ troppo presto, ma la sensazione era che altrimenti Laporte non lo avremmo più visto. E così è stato».

Europei, una caduta di troppo ferma Ganna e Trentin

24.09.2023
4 min
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C’è amarezza nella voce di Daniele Bennati, che probabilmente sperava di festeggiare diversamente il compleanno. Il campionato europeo si è concluso davvero da poco e proprio quando sembrava che l’Italia fosse pronta per l’attacco decisivo, un’altra caduta ha tagliato fuori Ganna e Trentin. I due leader si sono ritrovati fuori e poi a inseguire, uno davanti e uno dietro, senza essere consapevoli di lavorare al reciproco sfinimento. L’assenza di radio porta anche a questo. Così se anche ci fosse stata una possibilità di rientrare sul gruppetto che davanti si è giocato la corsa, il destino ci ha impedito di farlo. Ma l’Italia questa volta c’era e ha fatto tutto quel che doveva per vincere il titolo continentale. Ha tenuto testa a Belgio e Danimarca, ma nulla ha potuto contro una banale caduta altrui.

Gli azzurri sono rimasti coperti nelle fasi iniziali, ma nel finale hanno rotto il gruppo: forcing feroce, il gruppo c’era
Gli azzurri sono rimasti coperti nelle fasi iniziali, ma nel finale hanno rotto il gruppo: forcing feroce, il gruppo c’era

Una gara (quasi) perfetta

Torniamo a casa con le pive nel sacco, come era già successo ai mondiali, solo che questa volta la componente della casualità è stata più incisiva della capacità di prestazione, che è parsa all’altezza delle squadre più forti. L’ennesima grande azione di Cattaneo che ha rotto il gruppo e poi la menata di Ganna hanno fatto vedere che i nostri sarebbero stati all’altezza del gran finale.

«Sarebbe stata una gara perfetta – dice con amarezza il toscano – se fossimo restati davanti senza incappare in troppi incidenti, troppe cadute. Purtroppo ancora una volta devo dire che per quello che abbiamo dato, per quello che i ragazzi hanno costruito, abbiamo raccolto veramente poco. Questa volta non abbiamo raccolto davvero nulla. E’ vero che il Belgio e la Danimarca hanno fatto la corsa nella prima parte, ma poi una volta che abbiamo deciso di rompere gli indugi, abbiamo fatto noi l’azione, come eravamo d’accordo sin da ieri sera con i ragazzi».

Troppe due cadute

Strade strette, gara nervosa. I nostri sono abituati alle corse del Nord, ma quando si è entrati nel circuito, gli angoli delle curve erano da piega col ginocchio a terra. E proprio all’uscita di una di queste, è avvenuto il fattaccio che ha tagliato fuori i nostri leader. La caduta maldestra del tedesco Heiduk ha spaccato il gruppo di testa. E se già Ganna era… sopravvissuto alla prima caduta, questa volta la ripartenza non è stata così immediata.

«La prima aduta di Pippo e quella di Pasqualon – riprende Bennati con lucidità – ci hanno un po’ destabilizzato. Però Pippo non ha non ha subito grosse conseguenze, sembrava stare molto bene. La seconda caduta invece ha determinato l’attacco dei dieci che si sono giocati il campionato europeo. L’attacco non è avvenuto di forza, ma proprio perché quando erano rimasti in 20-25, la caduta ha rotto il gruppo e nella seconda parte si sono ritrovati sia Pippo sia Trentin. Ed è svanito tutto.

«Dietro abbiamo cercato di inseguire. Chiaramente senza radioline a un certo punto davanti tiravano, mentre Pippo stava cercando di rientrare, ma non è facile comunicare con i ragazzi quand’è così. E la corsa è andata. Purtroppo è normale che ci siano cadute in un circuito così, soprattutto quando ti giochi una maglia di campione europeo. I ragazzi sono abituati a correre con il famoso coltello tra i denti. E quando poi quel ragazzo è andato fuoristrada, ha tirato giù anche i nostri. Ci si può fare poco…».

Dopo l’arrivo, Ganna con il massaggiatore Santerini: il piemontese porta sulla schiena i segni della caduta
Dopo l’arrivo, Ganna con il massaggiatore Santerini: il piemontese porta sulla schiena i segni della caduta

Ganna rassegnato

Le parole di Ganna dopo l’arrivo sono concilianti, come di chi ha avuto il tempo prima di rendersi conto di avere davvero delle grandi gambe e poi di rassegnarsi chilometro dopo chilometro quando, aiutato prima da Mattia Cattaneo e poi da Arnaud Demare, ha capito che non sarebbe mai riuscito a rientrare.

«Abbiamo avuto un po’ di sfortuna nella prima caduta – dice il piemontese – in cui siamo rimasti coinvolti più corridori. Abbiamo avuto i compagni di squadra per rientrare e abbiamo preso bene il circuito. Eravamo pronti per fare una bella prova, quando purtroppo c’è stata la sfortuna della seconda caduta, quando eravamo usciti a portar via il gruppo giusto. Però ci possiamo rifare al più presto, adesso cerchiamo di recuperare…».

Persico quinta nell’europeo donne targato SD Worx

24.09.2023
5 min
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L’Olanda trionfa in casa e conserva la maglia di campionessa europea grazie alla stoccata solitaria di Bredewold. Una buona Italia finisce quinta con Persico, ma ci sono due episodi che nel finale hanno deciso la gara di Drenthe per le ragazze del cittì Paolo Sangalli.

Il primo è la caduta di Elisa Balsamo in discesa a circa 13 chilometri dalla fine, pochi metri dopo che era iniziato l’ultimo giro e proprio quando si era formato il gruppo buono che si sarebbe giocato la vittoria sul Vamberg. Il secondo è lo scatto secco ed in contropiede della nuova campionessa continentale quando mancavano 10 chilometri senza che nessuna avversaria potesse prenderle subito la ruota. In quel frangente le olandesi hanno coperto la compagna mentre Persico e Cecchini – entrambe generose nel resto della corsa ed uniche azzurre rimaste davanti – hanno dovuto riorganizzarsi per cercare di giocare al meglio le proprie carte.

Finale concitato

L’europeo è finito da mezzora e Persico è subito disponibile come sempre per fare due chiacchiere al telefono sull’andamento della gara. A tre secondi dalla vincitrice, Wiebes anticipa Kopecky nello sprint ristretto per l’argento completando così un podio tutto griffato SD Worx. Appena dopo la bergamasca della UAE Team Adq finisce dietro la britannica Georgi.

«L’ultimo giro lo abbiamo fatto forte – analizza Persico dall’altra parte della cornetta – e diventava difficile poter fare la differenza. Noi italiane abbiamo corso bene, con lo spirito giusto. Ci è mancata la buona sorte. Anzi mi spiace tanto per Elisa (Balsamo, ndr) che quest’anno è stata davvero tanto sfortunata. Lei aveva fatto molto bene a seguire Reusser sullo strappo finale al penultimo giro. Una come la svizzera non puoi lasciarla andare via facilmente. Poi quando ho vista a terra Elisa non è stata una bella visione (riporterà solo abrasioni, ndr).

Balsamo sull’asfalto

«Ho avuto un momento – prosegue Persico – che sembrava eterno nel quale non sapevo cosa fare. L’istinto è stato quello di fermarmi per aiutarla perché era lei la nostra punta designata. Ma ho anche pensato che avevamo iniziato l’ultimo giro e davanti stavano già accelerando. Così ho deciso di andare avanti e a scegliere con Cecchini cosa fare. Elena è stata bravissima per tutta la corsa e anche nell’aiutarmi nel finale.

«L’Olanda ha deciso di giocarsela così, un po’ sorpresa – prosegue – anche se non sono molto convinta che siano contente del risultato della corsa. Questa è stata la mia impressione. Dopo che è andata via Mischa (Bredewold, ndr), dietro le altre hanno iniziato a scattare a turno e le olandesi oltre a stopparci provavano a rilanciare l’azione tirando a loro volta. Comunque hanno sfruttato la superiorità numerica ed Elena ed io onestamente non potevamo fare di più. Ci siamo alternate nel seguire gli scatti ma dovevamo fare i conti anche con la poca brillantezza».

Parziale riscatto azzurro

L’europeo doveva essere anche l’occasione per cancellare la prova più opaca del solito del mondiale di Glasgow. Il cittì Sangalli lo aveva ripetuto a più riprese: non deve più succedere che l’Italia non sia presente nelle fasi decisive della corsa, soprattutto quando si muovono certi elementi. Ovvio però che poi bisogna fare di necessità virtù quando la gara si mette su certi binari.

«Personalmente – spiega Persico – stavo meglio rispetto al mondiale e alle ultime settimane. L’arrivo era adatto alle mie caratteristiche e naturalmente avrei voluto raccogliere qualcosa in più, ma era difficile fare meglio. Siamo a fine stagione e la stanchezza si fa sentire. Oggi (ieri per chi legge, ndr) però, come ho detto prima, siamo contente perché abbiamo corso di squadra, unite. Oltre al risultato, era importante la nostra prestazione. Non abbiamo nessun rammarico e direi che rispetto al mondiale ci siamo sicuramente riscattate».

Sul podio a Col du Vam, Bredewold ha preceduto Wiebes e Kopecky: podio tutto per la SD Worx
Sul podio a Col du Vam, Bredewold ha preceduto Wiebes e Kopecky: podio tutto per la SD Worx

«Certamente Paolo (il cittì Sangalli, ndr) ha del disappunto per il risultato – conclude Persico – ma credo anche che sia soddisfatto della nostra prova. Nelle azioni più importanti ci eravamo sempre dentro. Questo è importante. Abbiamo rispettato le tattiche pre-gara anche se poi è difficile rispettarle sempre perché possono esserci tante variabili. Al momento l’Olanda è difficile da battere, loro vanno tutte forte. Però sappiamo batterle. Una volta tocca a noi vincere, una volta a loro. Speriamo che la prossima tocchi a noi. Indubbiamente possiamo fare di meglio, ma mi sento di dire che questo europeo non fa scendere il nostro livello. Non ne usciamo ridimensionate e siamo un gruppo forte».

Van Aert spalle al muro risponde colpo su colpo

23.09.2023
6 min
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Alla vigilia dei campionati europei di Drenthe su strada, dopo la crono chiusa al terzo posto (su 20 podi del 2023, le vittorie sono state “solo” 5), Wout Van Aert ha parlato con la stampa nell’hotel della nazionale belga. In questo finale di stagione, in cui l’europeo ha preso il posto del mondiale e si fa fatica a trovare le motivazioni, al campione di Herentals sono arrivate domande su quattro grossi temi. Il ritiro forzato di Nathan Van Hooydonck, cui è stato impiantato un defibrillatore come lo scorso anno a Colbrelli. La squadra che vola nei Giri e meno nelle classiche. Le poche vittorie a fronte dei tanti piazzamenti. Infine la Vuelta della Jumbo-Visma, vissuta da spettatore mentre era al Tour of Britain.

Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno
Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno

Su Van Hooydonck

Nathan Van Hooydonck si è sentito male mentre era alla guida della sua auto. I soccorsi sono stati immediati, il ricovero in ospedale ha permesso di rintracciare le cause della perdita di coscienza, ma la carriera del gregario belga si è subito interrotta, al pari di quello che accadde a Colbrelli, che sui social gli ha espresso la totale vicinanza.

«Non ho mai pensato di annullare questa trasferta – ha detto Van Aert – così come per fortuna le cose sono andate diversamente rispetto a quando assistemmo alla morte di Mader. Non conoscevo personalmente Gino e ho legato il suo incidente al fatto di essere un ciclista. Anch’io avevo appena fatto la discesa in cui è caduto e a un certo punto ho pensato che sarebbe potuto accadere a me. Nathan si è sentito male in macchina, non in un momento di sforzo. Con lui conta soprattutto l’aspetto personale: è un amico, conosco la sua famiglia.

«Nathan è un ragazzo molto dolce, pensa agli altri più che a se stesso. Inoltre è un professionista in tutto e per tutto. Siamo sempre stati compagni di stanza anche in nazionale, l’unica cosa che non sopporto di lui è quel guardare in continuazione le telecronache di golf (ridendo, ndr). Quando ho saputo che avrebbe dovuto chiudere la carriera ho pensato che è ingiusto. Deve essere un duro colpo per lui non poter portare avanti la sua passione. Sembra brutale. Spero soprattutto che guarisca completamente. Lui e la sua compagna hanno già dovuto affrontare troppi problemi. Spero che la nascita del loro bambino sia l’occasione per essere felici».

Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP
Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP

Sulle classiche

Nel 2023, la Jumbo-Visma ha vinto i tre Grandi Giri, ma nessun monumento. Tanti piazzamenti, corridori spesso protagonisti, ma nei finali si è sempre spenta la luce. Perché l’approccio tanto magnificato nelle corse a tappe non funziona nelle classiche?

«E’ qualcosa cui ho pensato spesso anche io – ha riflettuto Van Aert – anche se a mio avviso abbiamo fatto grandi passi avanti nel preparare queste corse. Sono consapevole anche del fatto che saremmo qui a fare altri discorsi se non avessi bucato alla Roubaix o se non ci fossimo imbattuti in qualcuno più forte, come Pogacar al Fiandre e Van der Poel alla Sanremo. Forse questi corridori, cui sommo anche Evenepoel a Liegi, hanno più talento nelle classiche maggiori. Se invece ci sarà da cambiare qualche programma per arrivarci più fresco, si dovrà valutarlo con la squadra. Potremmo parlarne a lungo.

«Siamo stati spesso vicini alla vittoria, non esserci riusciti potrebbe essere dipeso anche dalla sfortuna? Se così fosse, si potrebbe tenere lo stesso calendario e sperare che le cose vadano meglio. E’ il destino del corridore che arriva secondo. E’ il primo cui viene chiesto che cosa non abbia funzionato e cosa potrebbe cambiare l’anno dopo. Io credo che cambiamenti ci saranno, ma per piccole cose. Magari si potrebbe ridurre l’impegno nelle corse minori, ma io se ho buone gambe, non mi tiro indietro. Forse potrei imparare a risparmiarmi un po’ dopo aver fatto la selezione. Questo è un tema sul tappeto…».

Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP
Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP

Sulla specializzazione

Il guaio è che a lasciarlo fare, Van Aert brilla su tutti i terreni. Gli manca la pista, ma per il resto vince nel ciclocross, in volata, nelle crono, sui muri e va fortissimo in salita. E’ così fuori categoria che finora nessuno gli aveva chiesto di fare delle scelte, invece il 2023 è stato il primo anno in cui si è mostrato battibile. E questo ha aperto il fronte rei ragionamenti.

«Al giorno d’oggi – ha detto – spesso si vince con azioni solitarie, ma molte classiche si decidono allo sprint di un piccolo gruppo. Io sono semplicemente versatile. Potrei provare molte più soluzioni contemporaneamente, ma non lo faccio consapevolmente. Quest’anno ad esempio non ho lottato per la classifica alla Tirreno-Adriatico. Forse non mi concentrerò troppo sulle crono a inizio stagione, perché le ore di allenamento che richiedono sono effettivamente energia sprecata rispetto alle classiche.

«Invece non sono d’accordo sulle critiche dopo il mondiale per aver sprecato troppo al Tour. Stiamo parlando del Tour, la corsa più importante dell’anno. Non penso che potrei mai farlo solo come preparazione. Non sono uno da 90 corse all’anno, per cui tante le farebbe in preparazione. Io corro per vincere e quando attacco il numero sulla maglia, do valore al mio impegno. Spero che la gente mi apprezzi anche per questo. Personalmente la vedo come una grande forza che non vorrei mai gettare a mare. Penso che con il mio modo di correre, puntando sempre al massimo su tanti obiettivi diversi, lascio il segno più che con una vittoria specifica. Fiandre e Roubaix darebbero molto al mio palmares, ma se non arrivano, non sarà un fallimento. Non è questo il punto di partenza con cui voglio correre per il resto della mia carriera».

Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss
Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss

Sulla Vuelta

Infine la Vuelta, vissuta con gli occhi dello spettatore, senza essere perfettamente consapevole delle dinamiche interne, ma sapendone abbastanza per averne un’idea precisa.

«Kuss, Roglic e Vingegaard – ha detto – mi sono davvero piaciuti. Sepp è la persona più educata che conosco. Nello stress della gara, lui sorride sempre. Si diverte, trova tutto bello, mostra sempre apprezzamento per il lavoro degli altri. E’ fantastico che abbia appena vinto la Vuelta. Lui e i suoi suoceri spagnoli pensano che questo sia il grande Giro più importante dell’anno. Certo Roglic ha detto di avere una sua opinione diversa sulla tattica della squadra e magari non è stata l’affermazione più saggia, perché ha solo alimentato la confusione. Primoz ha un background da atleta individuale (lo sloveno proviene dal salto con gli sci, ndr) e talvolta questo affiora. Ma la cosa più importante è il modo in cui sono riusciti ad arrivare in fondo.

«Sono orgoglioso di far parte di una squadra del genere, anche se capisco che la gente ci guardi con circospezione. Capisco che sia un argomento di conversazione, ma le domande devono essere motivate. Quando ne parlo con gli altri corridori e spiego come lavoriamo, nessuno ha cose da dire. Alcune domande invece provengono dal passato di questo sport, ma io resto fedele al mio punto di vista: se per definizione mettessimo in discussione ogni grande prestazione, continueremmo a non trovare la strada».

Oggi l’europeo, ma Sangalli pensa già a Parigi

23.09.2023
6 min
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Paolo Sangalli si sta prendendo belle soddisfazioni dalle categorie giovanili agli europei di Emmen, ma la sua mente è già rivolta al 2024. C’è da preparare “la” stagione, perché quella con all’interno l’appuntamento olimpico è un’annata diversa da tutte le altre. Per questo guarda alla rassegna continentale puntando sì al risultato con le sue elite, studiando il percorso e le caratteristiche delle avversarie, la giusta strategia per le sue ragazze, ma dopo un’annata così complicata come questa è già avanti nella disamina di quanto fatto e soprattutto quanto c’è da fare.

Dai mondiali di Glasgow in poi qualcosa è cambiato. Si era abbondantemente detto di come la squadra italiana fosse in quell’occasione troppo debilitata dai problemi che le principali esponenti del ciclismo italiano si erano portate dietro. E’ passato un mese e i segnali positivi ci sono stati, in abbondanza, segnali che qualsiasi epilogo della gara olandese non potrà cambiare.

Sangalli ha già in mente il percorso che dovrà portare a Parigi 2024: «Saranno fondamentali le classiche per formare la squadra. Le ragazze dovranno essere efficienti in quel periodo, mostrarmi che possono fare in percorsi molto simili a quello olimpico, per come è stato costruito, poi è chiaro che ogni gara mi dà indicazioni, anche questa europea così lontana dall’appuntamento che conta davvero, ma il cammino nella mia testa è già definito».

Sangalli con Balsamo. La sfida europea è l’occasione per rilanciare il suo nome dopo la difficile ripresa
Sangalli co Balsamo. La sfida europea è l’occasione per rilanciare il suo nome dopo la difficile ripresa
Anche il prossimo anno sarà comunque complicato dal punto di vista del calendario…

E’ un calendario che non funziona, ne sono convinto perché le gare sono tante e tutte impegnative e importanti, ma i team non hanno un numero sufficiente di elementi per far fronte, così chiedono alle loro atlete un surplus d’impegni. Noi quest’anno l’abbiamo subìto oltremodo. Il mondiale è stato la dimostrazione di come per emergere serva una programmazione adeguata: chi ha fatto solo il Tour era davanti, chi ha fatto Giro e Tour no.

La delusione del mondiale è passata?

Io non cerco scuse, è andata com’è andata, ma abbiamo avuto tutte le nostre big messe fuori gioco nel momento topico della stagione, Balsamo in primis, poi Guazzini con il terribile incidente alla Roubaix, la stessa Bertizzolo con le sue due cadute che hanno influito sulla stagione, i problemi di Longo Borghini da cui si sta faticosamente riprendendo. Non dimentichiamo poi Persico, costretta proprio per il discorso che facevo prima a una stagione intensissima che chiaramente l’ha logorata.

Bertizzolo è in continua crescita. In Romandia ha vinto la prima tappa in una volata di gruppo
Bertizzolo è in continua crescita. In Romandia ha vinto la prima tappa in una volata di gruppo
Dopo i mondiali però sono arrivati buoni risultati. Cominciamo da Elisa Balsamo, tornata finalmente alla vittoria in volata…

E’ stato un segnale morale fondamentale, non solo per questa stagione – afferma sicuro Sangalli – Significa aver chiuso finalmente un cerchio. Elisa è una ragazza molto matura, come ce ne sono poche in giro e non mi riferisco solo alla sua gestione in gara, ma proprio al suo modo di essere. Ha dimostrato con il suo recupero prima del tempo grandissime capacità fisiche e doti morali non comuni.

Ti ha sorpreso?

Non lei, sarebbe stato impossibile fare lo stesso per qualsiasi altra atleta, ma lei può e oggi si troverà a gareggiare su un percorso che le si addice, sia per la parte fuori il circuito di ben 60 chilometri dove ci sarà da sapersi giostrare con il vento, sia per il finale. Io sono molto fiducioso.

Elisa Balsamo ai mondiali, corsi con una condizione ancora non al meglio
Elisa Balsamo ai mondiali, corsi con una condizione ancora non al meglio
La Persico è tornata a farsi vedere anche nelle prove a tappe, con il 5° posto al Romandia…

Non è al 100 per cento, ma vedo che sta arrivando alla miglior forma e anche se la stagione è agli sgoccioli è comunque importante. Sta smaltendo anche una certa crescita iniziata molto prima, anche la sua stagione passata ricca di soddisfazioni, ma che non era facile da assimilare. Silvia ha corso sempre.

Ha già detto che salterà gran parte della stagione di ciclocross, se non addirittura tutta…

Questo mi dispiace moltissimo perché so bene quanto sia portata per questa specialità – sottolinea Sangalli – ma torniamo al discorso di prima. Con il calendario attuale non si può far tutto. Ormai bisogna rendersi conto che non si può più correre allenandosi, ma bisogna allenarsi puntando all’evento specifico. La SD Worx ha fatto questo e i risultati si sono visti.

In Romandia Persico è tornata: quinta in classifica generale e sempre protagonista
In Romandia Persico è tornata: quinta in classifica generale e sempre protagonista
La recente ufficializzazione del percorso olimpico ha fatto dire a quasi tutti gli addetti ai lavori che sembra un percorso disegnato su misura per Elisa Longo Borghini.

E’ così, lo penso anch’io e sono già d’accordo con i vertici della Lidl-Trek per vederci subito dopo la fine della stagione per stabilire un suo calendario condiviso, che la porti alla forma migliore sia per Parigi che per i mondiali di Zurigo, anche quelli adattissimi a lei. Bisogna scegliere bene ogni singola tappa della sua prossima stagione, posizionare al meglio i periodi di altura, ma per la preparazione ho la massima fiducia in Paolo Slongo. Dobbiamo lavorare tutti per portarla all’appuntamento olimpico pronta a giocarsi le sue carte.

La sensazione è che quando lei non è in squadra, la sua assenza si sente fortemente.

E’ verissimo, perché è una vera leader, quindi si fa sentire anche quando non è una gara dove è chiamata lei a fare risultato. E’ una vera capitana, sa muoversi nel gruppo, toglie peso e responsabilità alle compagne. Io sono convinto che se l’avessimo avuta in gara a Glasgow, ora staremmo a parlare di un risultato diverso…

Longo Borghini dovrebbe essere la punta azzurra a Parigi 2024, per la caccia al suo terzo podio
Longo Borghini dovrebbe essere la punta azzurra a Parigi 2024, per la caccia al suo terzo podio
Tu pensi che per la prova olimpica, che avrà un ridotto numero di partecipanti anche se l’Italia dovrebbe riuscire a ottenere il massimo del contingente, si potrà attingere anche alle più giovani, alle U23?

Sinceramente la vedo difficile, anche se tutto è possibile. Il salto verso la categoria maggiore, il confronto fra una 23enne e già una che ha 4-5 anni in più è improbo, c’è un carico di esperienza che fa una differenza enorme. Avessimo avuto un arrivo in salita avrei pensato alla Realini, ma non è questo il caso. Il percorso parigino sarà una vera classica, con tanti strappi ognuno dei quali potrebbe essere decisivo.

Quindi sarai presente per tutto il periodo delle prove franco-belghe…

Come sempre, ma questa volta avrò un occhio di riguardissimo per quello che succederà e trarrò le mie conclusioni.

Ganna e le volate a 110 pedalate: cosa dicono Cioni e Villa?

23.09.2023
6 min
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L’Italia a Drenthe con Ganna capitano: Bennati ne è convinto e il test piace molto anche a noi e a quanti hanno visto in Filippo un atleta di grandezza assoluta. Non solo il cronoman e il grande inseguitore, ma anche lo stradista con il coltello fra i denti. Lo hanno dimostrato le tappe vinte al Giro, l’ultima Sanremo, un paio di giornate di montagna alla Vuelta e le volate in cui il piemontese si è dilettato nelle ultime settimane.

Domani si corrono gli europei e in attesa del riscontro della strada, abbiamo interpellato i due tecnici che probabilmente meglio lo conoscono e ne sono i riferimenti in ogni sfida che Ganna decida di affrontare: Dario Cioni e Marco Villa, l’allenatore di casa Ineos Grenadiers e il tecnico della pista. I due lavorano spesso insieme (in apertura, la serata di Grenchen subito dopo il record dell’Ora): se la benedizione arriva da loro, allora bisogna assolutamente crederci.

Due secondi posti alla Vuelta in pochi giorni. Il primo a Iscar, battuto da Alberto Dainese
Due secondi posti alla Vuelta in pochi giorni. Il primo a Iscar, battuto da Alberto Dainese

Un atleta in divenire

Cioni del cambiamento di Ganna è stupito relativamente, nel senso che l’ha visto crescere di mese in mese e sono tanti gli episodi attraverso cui si poteva intuire il cambio di status del gigante piemontese.

«Secondo me – dice Cioni – questa evoluzione fa parte del progresso totale del corridore, che viene per gradi. In Vallonia, Pippo aveva già vinto una volata su un bel gruppone. C’era la strettoia e uscire bene dalla curva ti permetteva di mettere tutti in fila indiana. Solo i primi tre o quattro potevano giocarsi la vittoria, agli altri restava il piazzamento. Poi c’è stata la Sanremo, in cui è arrivato secondo battendo Van Aert e Pogacar in un testa a testa. Non l’hanno certamente lasciato andare. Prima c’era stata una tappa in Algarve, in cui ha fatto un volatone pazzesco e non ha vinto solo perché Magnus Cort gli era scappato. Probabilmente sta prendendo consapevolezza dei suoi mezzi. Poi chiaramente le volate in un grande Giro sono diverse da quelle in corse più brevi, dove il velocista ha più esplosività e ce ne sono quindici che possono vincere».

Nella tappa di Tavira all’Algarve 2023, Ganna vince la volata di gruppo alle spalle di Cort che ha anticipato
Nella tappa di Tavira all’Algarve 2023, Ganna vince la volata di gruppo alle spalle di Cort che ha anticipato
La pista ci ha messo lo zampino?

Nell’ultima tappa della Vuelta mi risultano 110 rpm di media nella parte finale, con un picco di 116. Al giorno d’oggi, con le velocità che fanno, si finiscono i rapporti. Fanno volate molto veloci e sicuramente Filippo ci riesce anche grazie al lavoro che ha fatto in pista, che lo abitua a esprimere alte potenze con un numero elevato di pedalate. Se avesse fatto solo strada, forse non riuscirebbe. Fino a 100 pedalate lo stradista riesce a spingere, poi perde potenza. Invece avendo nelle gambe l’attività su pista, una delle doti che acquisisci è la capacità di continuare a spingere anche quando finisce il rapporto, nel senso che riesci a farlo con una frequenza più alta rispetto ad altri.

Dopo averlo visto in salita, qualcuno ha immaginato per lui un futuro alla Van Aert.

Pippo è un corridore a sé, quindi può fare azioni simili a quelle di Van Aert, però le fa a modo suo e con la sua personalità. Non vedo perché in futuro non possa puntare a obiettivi simili, ambire a un certo tipo di corse dove adesso Van Aert e Van der Poel fanno il bello e il cattivo tempo. Il lavoro su questo aspetto era già stato iniziato nell’ultimo inverno, tenendo un po’ più di palestra anche durante la stagione. Ovviamente ora è un po’ più pesante di com’era l’anno prima, però questo non è andato a discapito del rendimento. Anzi, gli ha dato più forza nella crono. E alla Vuelta ha dimostrato di essere competitivo, ragione per cui Bennati lo ha portato in Olanda».

L’ultimo piazzamento della Vuelta arriva nell’ultima tappa, anticipato da Kaden Groves
L’ultimo piazzamento della Vuelta arriva nell’ultima tappa, anticipato da Kaden Groves

Il finale di Tokyo

Marco Villa è in sintonia e delle volate di Ganna non si stupisce. Per far capire che cosa significhi sfidare uno così nello sforzo breve ed esplosivo, tira fuori uno dei ricordi più entusiasmanti degli ultimi tre anni.

«La punta di velocità ce l’ha – sorride il tecnico azzurro – non so se Milan, oppure Consonni e Lamon lo ricordano negli ultimi giri del quartetto a Tokyo. La tirata di Pippo dopo 3,250 chilometri è stata di 750 metri e non so se lo stesso Milan, che è veloce, l’avrebbe passato in una ipotetica volata. E’ stato bravo a stagli a ruota, come è stato bravo Simone e sono tutti e due velocisti…». 

Quindi non ti stupisce che si butti nelle volate?

Ho sempre detto che se uno così all’ultimo chilometro prende 10 metri, poi devono andare a pigliarlo. In questi anni è migliorato molto nel guidare la bici e si vede. L’ultima crono della Vuelta è stata uno spettacolo. Passava a destra e a sinistra, dipingeva. Le volate invece ha iniziato a tirarle e probabilmente adesso ha preso fiducia. Anche perché è veloce e quella punta ce l’hanno in pochi.

Gli ultimi 750 metri alle Olimpiadi di Tokyo fanno capire la potenza e la velocità di gambe di Ganna
Gli ultimi 750 metri alle Olimpiadi di Tokyo fanno capire la potenza e la velocità di gambe di Ganna
Ma non è un velocista, giusto?

Non è esplosivo come uno puro, però abbiamo visto che se parte al momento giusto, è dura saltarlo. L’ultima tappa della Vuelta l’ha persa perché è partito un po’ lungo e non è stato scaltro nel tenere la ruota di Kaden Groves. Nel contesto di un grande Giro giorno dopo giorno conta la gamba, in compenso però Ganna ha una grande punta di velocità con cui diventa anche velocista. Penso a una classica di 200 e passa chilometri, dove la sua punta di velocità avvicina quella di un velocista, che però dopo tutti quei chilometri fa meno male.

Si può ancora pensare a Ganna come a un atleta in evoluzione?

Sta migliorando ancora, non è un atleta definito. Sta diventando un corridore fortissimo in tutte le caratteristiche. Anche se ha vinto Evenepoel, Ganna nella crono di Glasgow ha fatto i migliori wattaggi di sempre e ha perso secondo me perché quel giorno c’era vento forte e lui è stato svantaggiato rispetto a Remco che invece è piccolino. A parità di caratteristiche, Pippo poteva avere meno… paracadute.

Ai mondiali crono, Ganna ha fatto i valori migliori, ma ha perso per il vento: notare l’erba alle sue spalle
Ai mondiali crono, Ganna ha fatto i valori migliori, ma ha perso per il vento: notare l’erba alle sue spalle

Quartetto e basta

La curiosità con cui salutiamo Villa è se, visto questo status così brillante del Ganna più recente, in chiave olimpica non valga la pena di giocarlo in pista anche nelle specialità di gruppo. Ma qui Villa alza il piede dal gas. Non saprebbe come chiedere alla squadra di allungare la permanenza di Filippo in pista e tutto sommato va bene così. In primis, perché Ganna non ha i 250 punti per correre le Olimpiadi della madison e per farli dovrebbe girare in cerca di gare. E poi perché Parigi in pista sarà soprattutto per il quartetto. E a ben vedere, non è proprio un obiettivo di poco conto.

Il nuovo Sierra, dalla delusione scozzese alle feste di Cali

22.09.2023
4 min
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Un mese dopo. Città diversa, maglia diversa in palio, anche aspettative diverse e non potrebbe essere altrimenti visto che da allora Luis David Sierra è diventato una star della categoria juniores. Negli occhi tutti gli appassionati hanno ancora le immagini di quel salto di catena che, nel momento, topico, gli è costato il podio ai Mondiali di Glasgow, quella delusione stampata sul volto quando ha tagliato il traguardo, dimostrando ancora che ne aveva più di tutti.

E’ passato un mese e sembra un’eternità. Sierra è andato ai mondiali su pista di Cali dove ha vinto tutte e tre le medaglie (oro nel quartetto, argento nell’individuale a punti, bronzo nella madison), nell’ultimo weekend ha realizzato una splendida doppietta di successi su strada e ora è pronto per una nuova sfida, sulle strade olandesi, per prendersi quello che gli era sfuggito.

Sul podio di Cali con il quartetto. Una maglia che cancella la delusione di poche settimane prima (foto Instagram)
Sul podio di Cali con il quartetto. Una maglia che cancella la delusione di poche settimane prima (foto Instagram)

«E’ vero che tutto è un po’ partito da quel sabato maledetto – racconta Sierra a poche ore dalla partenza – da quella corsa così sfortunata per i nostri colori con 4 atleti su 6 fuori corsa in anticipo, da quell’epilogo che tutti conoscono. E’ una vicenda amara che nel fondo aveva anche un po’ di dolce, perché tutti hanno visto come ho corso e ripensandoci mi ha dato morale e spinta per andare avanti».

La sensazione è che il Sierra di oggi sia un po’ diverso da quello…

Forse è vero, perché credo di più nei miei mezzi, ho la percezione netta di quel che posso fare. Come persona sono rimasto quello di sempre, ma amo sempre di più correre, mettermi in gioco e credo di poter fare davvero tanto.

In Olanda Sierra vuol cancellare la delusione iridata. Il percorso sembra adatto a lui
In Olanda Sierra vuol cancellare la delusione iridata. Il percorso sembra adatto a lui
Che esperienza è stata quella di Cali?

Qualcosa di eccezionale, che mi ha segnato nel profondo. Io sono per metà colombiano, lì ho trovato casa. C’erano tanti parenti che sono venuti a vedermi, molti non li conoscevo neanche, in Colombia ero stato da ragazzino. E’ stata un’emozione forte e mi è dispiaciuto che con me non ci fosse mio padre, ma doveva lavorare. Sono contento di averli ripagati con bei risultati anche se volevo fare di più.

Che cosa ti rimproveri?

Nell’individuale a punti ho commesso un solo errore, ma in quei contesti ne basta uno che lo paghi amaramente. Nella madison prima sono caduto, poi con Fiorin siamo tornati in testa alla corsa, ma lui ha forato e a quel punto l’oro è sfuggito. Ho comunque dimostrato quel che so fare e per me vale molto proprio perché ero davanti alla mia famiglia.

Per Juan la trasferta a Cali è stata una tappa importante, non solo per i risultati (foto Instagram)
Per Juan la trasferta a Cali è stata una tappa importante, non solo per i risultati (foto Instagram)
Facevano il tifo per te?

In maniera incredibile, quasi esagerata. Si sentivano solo loro, facevano davvero un tifo indiavolato esattamente come per ogni corridore colombiano. Mi sono davvero sentito a casa.

Al tuo ritorno hai sentito benefici dall’attività su pista?

Inizialmente è stata dura. Ho disputato il Trofeo Buffoni che nel calendario italiano è la gara più lunga e ho pagato la distanza, poi però le cose sono andate sempre meglio. Probabilmente rispetto a Glasgow ho perso qualcosa nelle salite, ma ho guadagnato tanto in esplosività e questo sarà utile per la gara, sicuramente meno dura di quella iridata ma con strappi che sono adatti alle mie caratteristiche.

La volata vincente al Trofeo San Rocco di sabato, battendo Cettolin e Bambagioni (foto Pagni)
Quel mondiale ha favorito contatti per il tuo futuro?

Sì, molte squadre mi hanno fatto proposte, soprattutto team Development del WorldTour, ma io ho scelto il team devo della Tudor. Ho parlato direttamente con Cancellara, mi ha presentato il progetto del team e le ambizioni di entrare nella massima serie, il lavoro che vogliono fare con i giovani. Abbiamo trovato molte affinità, alla fine mi ha convinto e ho firmato nei giorni scorsi. Ora posso affrontare l’europeo con la mente più sgombra.