VERSAILLES (Francia) – Nella quiete di uno splendido albergo, non lontano dalla Reggia di Versailles dove si stanno disputando le prove olimpiche dell’equitazione, le ragazze della nazionale di ciclismo preparano la prova olimpica di domenica. Alle 14 partirà una gara che si preannuncia dura e combattuta, per un totale di 158 chilometri. «E’ un grande obiettivo», dice con sicurezza Elisa Longo Borghini.
Elisa ha già al suo attivo due bronzi olimpici e due bronzi mondiali. Sa come si corrono queste gare, conosce la differenza tra una prova in linea per nazionali e una grande classica. E’ l’italiana più attesa, reduce da una cronometro che poteva andare meglio e da un Giro d’Italia che non poteva andare meglio. Non era sicuramente qui per la cronometro, la prova che conta è quella di domenica. «Sento di aver mantenuto la condizione dopo il Giro. Poi saranno le gambe a parlare domenica. Sono certa che come squadra faremo bene».
E da te stessa cosa ti aspetti?
Queste sono gare che amo. Mi piacciono l’imprevedibilità, l’adrenlina, la rumba. Ci sguazzo e mi diverto. Poi magari non vinco, ma per me questo è il ciclismo, non le gare che sai già come si svilupperanno e come andranno a finire. Quelle sono noiose. A me piace stare nella mischia e combattere.
Che gara ti piacerebbe che si sviluppasse?
Non abbiamo ancora parlato di strategie, ma sicuramente ci saranno tentativi da lontano. Il percorso invoglia ad attaccare, ci sono tante seconde linee molto forti. Questo fa immaginare che vogliano provare ad avvantaggiarsi per arrivare davanti nel circuito. Magari può essere uno scenario realistico. Sicuramente spero di non arrivare in volata, magari se fosse una volata a due o a tre sarebbe meglio. Naturalmente sogno di arrivare da sola, ma è abbastanza difficile. Mi difenderò e cercherò di fare della gara che uscirà fuori la mia gara ideale.
Tutte contro Lorena Wiebes?
Spesso succede e credo che sarà così anche stavolta. Tutte vorranno provare a staccare Wiebes. Però magari proprio per questo ne potrebbe venir fuori un tutte contro tutte. E non mi dispiacerebbe, dico la verità. Più c’è bagarre, più mi diverto. E ci possono essere più occasioni per sorprendere le altre. Credo che sarà una gara bella da vedere per uno spettatore e molto dura per chi la correrà.
Ti piace il percorso?
Sì, mi piace molto. Mi ricorda una Gand-Wewelgem, con Montmartre che può essere paragonato al Kemmelberg, anche se la salita della classica ha pendenze più arcigne. E’ una corsa dove bisogna cogliere l’occasione. Per quanto mi riguarda non voglio decidere un punto preciso dove attaccare o difendermi. Anzi, è più probabile che io debba difendermi. Cercherò di restare tanto sul momento e di cogliere l’occasione giusta, oppure di individuare la ruota giusta e rimanere attaccata aspettando il momento per provarci. E’ l’opzione più probabile.
Potrebbero esserci alleanze trasversali, legate alle appartenenze alle rispettive squadre?
Non voglio neanche pensarci. E’ una cosa che non prendo in considerazione minimamente. Gli obiettivi di club non dovrebbero contare nulla alle Olimpiadi. Si sta qui per la nazionale e non per le nostre squadre. Sono cose che non devono influenzare la corsa. Chiaramente so che possono accadere, ma comunque mi pare difficile in una gara del genere, con un gruppo ristretto rispetto al solito. In ogni caso, ciò che mi rende fiduciosa è la grande unione che c’è tra me, Elisa, Silvia ed Elena (Balsamo, Persico e Cecchini, ndr). Stiamo bene, siamo unite e pronte a farci valere come squadra. Daremo tutto e finiremo senza alcun rimpianto.
Cos’hanno di speciale le Olimpiadi rispetto a mondiali o europei?
Uno dei ricordi più belli che ho è legato proprio alle Olimpiadi. A Rio, quando ho preso la medaglia, mia mamma mi ha detto: «Grazie, mi hai restituito la medaglia che avrei potuto prendere io quando ti ho avuta». Lei (la fondista Guidina Dal Sasso, ndr) avrebbe dovuto fare i Giochi invernali di Albertville nel 1992. Non ci è andata perché sono nata io. E’ stato un cerchio che si è chiuso, un cerchio olimpico. Al di là del ricordo personale, è proprio qualcosa di diverso. Ai nastri di partenza lo percepisci subito. E’ una emozione che non riesco a spiegare. E’ un misto tra la tensione e l’orgoglio di essere lì con la maglia della nazionale. E’ una emozione forte e così forte non l’ho mai provata in alcuna situazione. Qui percepisci chiaramente che c’è tutto il mondo dello sport, non solo del ciclismo.