Mondiali 2021, presentazione

Flanders 2021, programma, scelte e… turismo

08.04.2021
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Leuven è la sede di arrivo dei mondiali di Flanders 2021, che bici.PRO ha raccontato stamattina in anteprima. In francese si scrive Louvain e in italiano (meno fascinoso) è Lovanio: è la città dell’Università e della birra. La prima venne fondata nel 1425 da Giovanni di Borgogna con il nome di Universitas studiorum Lovaniensis. La produzione della seconda si deve a storici birrifici che nel 1717 presero il nome di Artois e diedero il via alla produzione della Stella Artois.

Flanders 2021 arriva in occasione del centesimo anniversario della rassegna iridata che vide la luce nel 1921 a Copenhagen.

Sulla salita di Moskestraat nel 2020 si giocò il Brabante fra Alaphilippe e Van der Poel
Sulla salita di Moskestraat nel 2020 si giocò il Brabante fra Alaphilippe e Van der Poel

Unione di forze

Per organizzare i mondiali nelle Fiandre, il Belgio ha messo insieme le sue forze migliori, per un evento che dovrà essere certamente sportivo, ma anche di forte promozione turistica per la regione delle Fiandre. Il comitato organizzatore si è costituito in una organizzazione no-profit (WK 2021) dalla collaborazione tra Flanders Classics e Golazo. Entrambe le parti possono vantare una vasta esperienza come organizzatori delle più grandi gare di ciclismo nelle Fiandre e in Belgio, tra cui il Giro delle Fiandre, l’Omloop Het Nieuwsblad, il Baloise Belgium Tour, il BinckBank Tour, numerosi eventi di ciclocross e più di 40 eventi per cicloturisti.

Il disegno effettivo del percorso si deve a Wim Van Herreweghe, direttore di corsa di Clanders Classic, e Rob Discart, suo omologo per il Giro del Belgio. Van Herreveghe è colui che si piegò in un primo momento al cambio di percorso del Giro delle Fiandre, con la sostituzione del Muro di Grammont con il circuito del Qwaremont e che nel 2017 si batté per reinserire il Muur nella prova.

«Abbiamo cancellato una tradizione – spiegò – perché non avevamo altra scelta. Il fatto di inserire nuovamente quel muro è stato l’omaggio ad un luogo santo di questo sport e di un simbolo per il ciclismo delle Fiandre».

Nella Markt Place di Anversa, Museeuw, Merckx e Lappartient, nel momento della presentazione dei mondiali
Nella Markt Place di Anversa, alla presentazione dei mondiali

Arrivo ristretto

Gli organizzatori hanno espresso chiaramente la volontà di non avere un arrivo di gruppo e hanno per questo optato per la formula del doppio circuito, per dare ai cosiddetti Flandrien – corridori da classiche come Van Avermaet, Gilbert, Stuyven, Wellens e il giovane Evenepoel – la possibilità di lottare per il titolo mondiale. Di conseguenza, nel tracciato sono stati inseriti strappi e settori in pavé.

Alla vigilia dell’assegnazione, in un divertente confronto fra campioni, gli organizzatori hanno effettuato un sondaggio fra vecchie glorie del ciclismo fiammingo, mettendo insieme nomi come quello di Johan Museeuw, Freddy Maertens e Roger De Vlaeminck, ciascuno dei quali sosteneva un tipo di percorso. Maertens in particolare sosteneva la possibilità di avere un mondiale per velocisti: possibilità tuttavia bocciata per l’assenza attualmente in gruppo di uno sprinter belga all’altezza dei migliori.

Il tracciato così elaborato strizza gli occhi agli… uomini da mondiale di cui il Belgio è ricco. Da Van Aert a Van Avermaet, passando per il vecchio Gilbert e il compagno Welles, Evenepoel e Philipsen, Stuyven fresco vincitore della Sanremo e la nutrita schiera di gregari che potranno sostenerli.

Sul fronte degli altri Paesi, la tipologia di corridore che si addice al percorso fiammingo è quella di Sagan e Van der Poel, Asgreen e Kristoff, Ballerini e Trentin, Nizzolo e il miglior Viviani, Demare e tutti gli uomini veloci che sono in grado di muoversi nel vento e sugli strappi, che non faranno selezione nella singola scalata, ma di certo metteranno nelle gambe il piombo sufficiente perché l’ultima salita, quella di Sint Antoniusberg , si riveli magari decisiva.

Prove sulla salita di Keizersberg, che sale dal centro storico di Leuven
Prove sulla salita di Keizersberg, che sale dal centro storico di Leuven

Sette giorni di gare

Il programma delle gare sarà inaugurato dalle cronometro, che si svolgeranno nell’area di Knokke-Heist, sul mare a Nord di Bruges. Prove che saranno certamente caratterizzate dal vento che in quelle zone non manca mai e fa girare gigantesche pale eoliche. Si comincia dunque il 19 settembre e si conclude con la corsa su strada dei pro’ il 26.

19/9Crono uomini elitekm 43,3
20/9Crono under 23km 30,3
20/9Crono donne elitekm 30,3
21/9Crono donne juniorkm 19,3
21/9Crono uomini juniorkm 22,3
22/9Cronosquadre Mixed RelayKm 44,5
24/9Strada donne juniorkm 75
24/9Strada under 23km 160,9
25/9Strada junioreskm 121,4
25/9Strada donne eliteKm 157,7
26/9Strada uomini elitekm 268,3

Non solo corridori

Se il Covid darà per allora un po’ di requie, dato che nei giorni di queste classiche e del nostro sopralluogo il Belgio è parso un Paese fantasma, i mondiali di settembre saranno un’ottima occasione di promozione turistica. Non a caso fra i partner dell’evento c’è anche Visit Flanders, l’agenzia che ha fatto del cicloturismo uno dei principali richiami di una regione che è forse poco nota al pubblico italiano, ma ha una sconfinata tradizione ciclistica, nonché culturale e gastronomica.

Il programma messo in tavola vede iniziative su ciascuna delle sedi iridate. Knokke-Heist. Anversa. Bruges. Brabante. Leuven. Le Fiandre. Le piste ciclabili da queste parti sono autostrade e nella maggior parte dei tratti non incrociano nemmeno il traffico delle auto.

Si sta lavorando sodo ad ogni dettaglio, con il ciclismo come unico denominatore. Mentre la Francia si è fermata e l’Olanda ci ha pensato a lungo, il Belgio ha messo in atto strategie di sicurezza davvero ineccepibili. Con i problemi, dicono, si convive o si deve imparare a farlo. Ma per settembre l’auspicio di tutti è che il cielo sia finalmente un po’ più sgombro. Le Fiandre senza la birra sono come una chiesa senza l’ostia.

Flanders 2021, sopralluogo iridato. Esclusiva bici.PRO

08.04.2021
7 min
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Da Anversa a Leuven, un tratto in linea e due anelli per un totale di 268 chilometri e 2.562 metri di dislivello. E’ su questo circuito che il prossimo 26 settembre si disputerà il Campionato del mondo dei professionisti. 

Tre sezioni principali

Il tracciato è composto tra sezioni principali: un tratto in linea che appunto porta da Anversa a Leuven, un circuito cittadino (che sulle mappe vedremo in rosso) e un circuito extraurbano (che vedremo in giallo). La loro sequenza è un po’ intrigata: tratto in linea, un giro e mezzo dell’anello urbano, uno di quello in campagna, di nuovo quattro giri di quello urbano e uno fuori e infine due giri e mezzo dell’anello urbano.

Quel che ne esce è un’altimetria a dir poco nervosa. Solo nei due circuiti si conta un totale di 42 strappi, più altri tre nella porzione in linea. Una tipica corsa fiamminga: più facile di un Fiandre, più dura di una Freccia del Brabante. Numeri alla mano sembra molto simile ad un Giro delle Fiandre, appunto, ma analizzando le sue salite, queste sono parecchio più brevi ed è pertanto lecito pensare ad una corsa più veloce.

Il tratto in linea sembra quello più regolare e privo d’insidie, vento a parte, che però non possiamo prevedere. Analizziamo così i due anelli.

Uno degli organizzatori della prova iridata ci spiega il circuito
Uno degli organizzatori della prova iridata ci spiega il circuito

Il circuito cittadino

Si entra nel circuito cittadino per la prima volta dopo 56 chilometri. E’ un circuito che alterna dei segmenti molto scorrevoli ad altri più “tortuosi”. Pensiamo alla strada a scorrimento veloce che porta al primo strappo, quello di Wijnpers: stradone largo che si stringe per iniziare una discesa piuttosto ripida, che s’interrompe con una brusca curva a destra (ad oltre 100°) per svoltare in una stradina stretta. La pendenza massima sfiora il 10% e la raggiunge presto. La sua lunghezza è di 360 metri. In cima una curva a gomito riporta il gruppo nel tratto a scorrimento veloce. In questo tratto, lungo oltre un chilometro il gruppo potrà anche ricompattarsi: fondo perfetto, strada larga e nessuna curva. Al termine di un segmento in leggera discesa poi, svolta a 90° verso sinistra. Attenzione a questo incrocio. Nello stesso punto, ma verso destra, si si inizierà il tratto che porta dall’anello urbano a quello extraurbano.

Il punto decisivo?

Ma restiamo nel tratto urbano. Eseguita questa svolta a sinistra, inizia la parte più nervosa del circuito. Ci sono diverse curve, alcune anche abbastanza chiuse tra i palazzi della città. La strada varia la sua larghezza fino a restringersi abbastanza in occasione del secondo “muro”, quello di Saint-Antoniusberg. Non è nulla d’impossibile (230 metri al 5,7% con una punta dell’11%) ma questa è l’ultima asperità prima dell’arrivo. In cima poi svolta secca a destra e inizia la discesa in modo molto graduale.

E’ un punto molto importante e delicato: all’arrivo mancano meno di due chilometri. In fondo alla discesa, quando manca un chilometro c’è l’ultima svolta a sinistra, ancora a 90°, ma abbastanza larga. Da qui all’arrivo strada larga che tende leggermente a salire. Il traguardo sarà posto di fronte al grande centro sportivo della città, da una parte, e della prigione, dall’altra. 

Nel cuore di Leuven

Proseguendo il giro, si entra nel cuore della città. Qualche svolta tra palazzi storici, ma tutto sommato strada scorrevole, a parte il brevissimo tratto di fronte al municipio in pavè (foto in apertura), ma parliamo davvero di 100 metri.

Vialoni e svolte ampie portano alla terza scalata dell’anello cittadino, il Keizerberg: 290 metri con una punta del 9%. Asfalto perfetto. Prima di lasciare il circuito cittadino, si va nella periferia Nord di Leuven, un quartiere residenziale, dove si scala il Decouxlaan: 950 metri, pendenza massima 14% ma in pratica la parte del muro è rappresentata dai primi 200 metri, poi è tutto un falsopiano. Si affronta a seguire di nuovo il Wijnpers e ci si avvia quindi verso la strada gialla che porta in direzione di Neerijse da cui prende il via il circuito dei muri. L’anello cittadino misura dunque 12,5 chilometri.

Anello Fiandre 

E l’anello giallo? E’ chiamato Fiandre, nome a dir poco calzante. Campagne, colline, paesini… Misura 47 chilometri, nei quali c’è di tutto. Falsopiani, pianura, strappi, pavè (poco), discese. Ci si arriva dopo un tratto di raccordo con l’anello rosso che si percorrerà in entrambi i sensi di marcia. Tende a scendere quando si esce da Leuven e viceversa.

La prima salita è lo Smeysberg: la strada si arrampica sulla collina dritta come un fuso. L’organizzazione dice che è lunga 700 metri, in quanto conta anche il falsopiano in cima, di fatto è una rampa di 150 metri, ma con pendenze molto cattive. Il falsopiano a seguire è davvero impercettibile. Piuttosto, in caso di vento bisognerà stare attenti una volta in “quota”: gli spazi sono ampi e ai lati ci sono campi arati esposti alle raffiche.

Alcuni segmenti in discesa, mai troppo tecnici, portano al Moskesstraat. Questo è uno dei muri simbolo della Freccia del Brabante. Una svolta secca nell’abitato di Terlanen introduce in questa stradina in pavè (e tanto fango nel giorno della nostra ricognizione) che passa nel bosco. La sua pendenza contrariamente a tutte le altre salite va ad aumentare e in cima tocca il 18%. 

Sempre con questa alternanza di tratti ondulati, ma anche di pianura in cui le squadre possono lavorare e organizzarsi, si superano altri due strappi: il Bikeestraat e il Veeweidestraat entrambi sui 450 metri.

Chi è avvantaggiato?

Come detto si tratta di un percorso nervoso, ma con strade meno strette rispetto ad un classico Fiandre. Avere una squadra forte è importante per stare davanti, controllare e soprattutto per essere coperti in caso di vento. 

E’ per ruote veloci? Sicuramente. Velocissime? Difficile. Perché è vero che le salite sono molto corte, ma alla fine ci sono pur sempre oltre 2.500 metri di dislivello da superare e la distanza non è poca: 268 chilometri più 8 chilometri di trasferimento sono un bel bottino. E poi negli ultimi anni si è visto come abbiano fatto più selezione tracciati ritenuti non impossibili che non quelli estremi, i quali tendono invece a “bloccare” la corsa. Lo scopriremo tra qualche mese.

Scotti alza la voce: «Altro che rifondare…»

02.02.2021
5 min
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Il mondiale è già parte del passato: Fausto Scotti preferisce guardare al futuro, ma una cosa ci tiene a sottolinearla in sede di consuntivo.
«Parlare di Italia da ricostruire come ho letto su qualche giornale è sbagliato – dice – significa non avere seguito la stagione, non accorgersi che abbiamo una nazionale fra le più giovani e promettenti del panorama internazionale. Non aver notato che ai mondiali non c’erano i nostri fortissimi juniores. Certo, se guardiamo la gara elite di Ostenda, il fatto che tutti i nostri siano finiti doppiati non fa piacere. Ma quei due “astronauti” stanno ridisegnando l’intero mondo del ciclocross. Sono qualcosa che esula dal livello generale del movimento. Anche gli altri, i campioni belgi e olandesi incassano ritardi pesantissimi».

Anche a Ostenda, Scotti ha avuto al suo fianco Luigi Bielli: la coppia funziona
Anche a Ostenda, Scotti ha avuto al suo fianco Luigi Bielli
E’ anche vero però che i nostri elite non riescono più a competere anche con le altre nazioni come Francia o Svizzera…

Se guardiamo l’ipotetica classifica a squadre, saremmo stati quinti, sempre considerando che Belgio e Olanda sono un mondo a parte per la semplice ragione che lì il ciclocross è professionistico, in grado di garantirti stipendi da 300 mila euro l’anno e ingaggi da 2.000 euro a gara e non parlo certo dei VdP o Van Aert… I nostri devono decidere cosa fare. Se gareggi nel ciclocross e pensi alla mountain bike, puntando a una possibile convocazione olimpica o in nazionale, con i soldi che girano lì, non hai le giuste prospettive. Con questo non dico che sono contrario alla multidisciplinarietà, ma io la intendo più come comunanza fra ciclocross e strada.

Quindi Scotti approverebbe un abbinamento con squadre su strada, meno con quelle offroad?

Intendiamoci, la mountain bike ti dà elasticità ed equilibrio, ma non potrà mai garantirti il motore che ti dà la strada, il lavorare su ritmi e intensità diluiti per ore. Fare un’ora e mezza su strada e lo stesso tempo in Mtb non è lo stesso, alla lunga la Mtb ti prosciuga. Serve, ma secondo me non è complementare al ciclocross. Fontana e Bertolini (nella foto di apertura, ndr), per fare due nomi, hanno dovuto sacrificare parte della loro preparazione per i mondiali alle ambizioni nella Mtb. E a Ostenda non erano al massimo della forma, come avrebbero potuto essere.

Poi però la strada si porta via i migliori talenti, come avvenuto con De Pretto…

Il fatto è che i team italiani non guardano al ciclocross, se non come serbatoio di talenti. E quando approdi lì, ti dicono che la strada comanda e che il ciclocross porta rischi d’infortuni, così perdiamo corridori. Non voglio discutere le scelte dei team, nello specifico della Work Service. Hanno le loro ragioni, ma magari ci sono ragazzi che nel ciclocross potrebbero ottenere molto e su strada non avrebbero carriere altrettanto valide e vincenti. All’estero non ragionano così…

Alice Maria Arzuffi riesce a conciliare bene strada e cross
Alice Maria Arzuffi riesce a conciliare bene strada e cross
C’è rischio di perdere altri talenti in questo modo?

Dipende. Facciamo l’esempio di Lorenzo Masciarelli: con De Clercq c’è un progetto in essere. Correrà tanto su strada, ma il ciclocross resterà un suo obiettivo e questo gli consentirà di crescere. Per Olivo, il campione italiano di categoria che pratica molte discipline ciclistiche, si può fare la stessa cosa. Con le ragazze è più semplice, lì la multidisciplinarietà è acquisita. La Arzuffi che su strada due anni fa emergeva al Giro d’Italia, non ha mai smesso d’investire nella nostra attività.

Lorenzo Masciarelli ha numeri eccellenti anche su strada, ma in Belgio le due cose non si escludono
Masciarelli ha numeri eccellenti anche su strada
Che cosa serve allora per dare una spinta al ciclocross italiano?

Facile, un team professionistico, strutturato come quelli belgi e olandesi, che convogli i migliori talenti giovanili e li faccia crescere. C’è però un aspetto che vorrei sottolineare: a livello giovanile non siamo messi così male. E anche i mondiali, disputati su un percorso atipico che non era poi così entusiasmante, lo hanno dimostrato. Abbiamo molti giovani validi, si può essere ottimisti, ma bisogna preservare il movimento e farli crescere senza portarli verso altri lidi.

Bryan Olivo corre anche su strada e pista, per ora senza esclusioni
Bryan Olivo corre anche su strada e pista, per ora senza esclusioni
Ora che cosa farà Scotti, finita la stagione?

Ci sono da sistemare tutti i rendiconti, preparare calendari e attività del prossimo anno, seguire i progetti scuola e Forze Armate, girare per seguire i ragazzi fra strada e Mtb. Il mio lavoro non è finito, è appena cominciato

Mondiali di Ostenda: promossi e bocciati

01.02.2021
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Un’edizione dei mondiali, quelli di ciclocross a Ostenda, dominati dall’Olanda che ha fatto il pieno di titoli e conquistato 8 delle 12 medaglie disponibili. Una supremazia che schiaccia il resto del mondo, anche il Belgio padrone di casa deluso soprattutto dalla sconfitta di Van Aert nel “duello” con Van Der Poel. Loro ma non solo sono stati i protagonisti della rassegna iridata, che merita un approfondimento legato ad alcuni dei suoi protagonisti ai quali diamo le nostre pagelle.

Mathieu Van der Poel ha vinto i mondiali e poi ha ammesso che è stato strano correre così
Van der Poel ha ammesso che è stato strano correre così

MATHIEU VAN DER POEL: 10

Come si fa a non dare il massimo dei voti dopo una gara come la sua, nella quale ha schiacciato moralmente prima che tecnicamente l’avversario? La sua vittoria è nata dalle disavventure del primo giro che avrebbero abbattuto chiunque. VdP invece ha continuato a crederci, finendo da dominatore.

Van Aert ha ammesso di aver perso la testa nel finale e di conseguenza i mondiali
Van Aert ha ammesso di aver perso la testa nel finale

WOUT VAN AERT: 5

La delusione sul viso all’arrivo era evidente e da campione qual è, il belga non ha accampato scuse, ammettendo che la foratura non ha inciso più di tanto. Il corridore della Jumbo Visma è andato lentamente spegnendosi, schiacciato dal rivale, quando invece era attesa la sua riscossa. La sfida però resta aperta.

Toon Aerts in allenamento ha fraternizzato col nemico arancione: Yara Kasteleijn
Toon Aerts in allenamento con Yara Kasteleijn

TOON AERTS: 8

Quando conta davvero, Toon Aerts c’è. Non per niente, nell’ultimo decennio dominato dai due campioni sopra nominati, è quello più presente sui podi che contano. Terzo bronzo iridato consecutivo dopo una stagione in chiaroscuro, a dimostrazione che stava puntando tutto su questa gara.

Per Pidcock, scalatore potente ma leggero, il percorso dei mondiali è stato troppo severo
Pidcock troppo leggero per questo percorso

THOMAS PIDCOCK: 6

Il percorso non era adatto a lui, troppo leggero per i lunghi tratti su sabbia. In alcuni giri ha galleggiato, a una tornata dalla fine era ancora terzo ma proprio sulla sabbia non ha potuto contenere il ritorno di Aerts. Resta però la sensazione che, su un tracciato “normale”, sia l’unica alternativa a “quei due”.

Classe e tecnica a Stybar non mancano, ma la lontananza ha un prezzo: mondiali nelle retrovie
Classe e tecnica a Stybar non mancano

ZDENEK STYBAR: 7

Il ceko, assente da anni, ha ripassato il manuale del ciclocrossista ormai impolverato e ha dimostrato che la vecchia guardia non muore mai. A lungo ha navigato in 15esima posizione, dietro solo a belgi e olandesi in gara ogni santo weekend, alla fine ha chiuso 18°, davanti a molti specialisti ragazzini. Uno sprazzo di classe.

Ryan Kamp era l’U23 più forte, ma ha commesso errori a palate
Ryan Kamp era l’U23 più forte, ma ha sbagliato troppo

RYAN KAMP: 5

Il voto dovrebbe essere più severo, perché nella gara U23 ha fatto e disfatto tutto lui. Era però il più forte e a dispetto degli errori avrebbe anche potuto vincere, ma ha preferito coprire la fuga del “gabbiano” Ronhaar. Eppure il gioco di squadra non è proprio una caratteristica degli arancioni…

Lucinda Brand ha inseguito l’iride per una vita: meritato
Lucinda Brand ha inseguito l’iride per una vita: meritato

LUCINDA BRAND: 9

Chi dubitava di lei paventando un calo di condizione è stato servito: la dominatrice della stagione, un po’ opaca nelle ultime uscite, aveva puntato tutto su Ostenda, lavorando addirittura con i colleghi maschi, per acquisire maggior dimestichezza sulla sabbia. Alla fine è emersa la sua resistenza, tipica della stradista qual è.

Dopo un anno opaco, Annemarie Worst ha azzeccato il giorno giusto. Poteva vincere
Annemarie Worst ha azzeccato il giorno giusto

ANNEMARIE WORST: 8

Anche lei, dopo una stagione sempre a guardare le vittorie delle altre, è emersa nel momento che più conta. A Ostenda stava quasi per fare il colpaccio, ma all’ultimo giro era stanca soprattutto mentalmente e a questo si devono i due decisivi errori finali, che non cancellano la sua più bella gara dell’anno.

Grossa delusione per Ceylin Del Carmen Alvarado, caduta al primo giro
Grossa delusione per Ceylin Del Carmen Alvarado

CEYLIN DEL CARMEN ALVARADO: 4

La pallida copia della campionessa che aveva dominato le ultime uscite internazionali. L’errore in partenza ha pregiudicato la sua prova, ma anche dopo, forse sfiduciata, non ha mai mostrato le sue capacità, non solo sulla sabbia ma neanche sui passaggi più tecnici. Vista la sua giovane età, potrà rifarsi, magari in Mtb.

L’ungherese Vas è il manifesto della multidisciplina: dieci e lode
La Vas è il manifesto della multidisciplina

BLANCA KATA VAS: 8

Siamo di fronte a una campionessa vera, espressione fulgida del concetto di multidisciplinarietà. Già sul podio iridato nella mountain bike, a Ostenda è stata sconfitta solo dalla preponderanza olandese, ma ha dimostrato una completezza tecnica invidiabile, che potrebbe portarla anche a un futuro su strada.

Ma ora Wout vuole pareggiare il conto iridato

30.01.2021
4 min
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Domani a Ostenda l’ennesimo capitolo di un libro che Wout Van Aert sta scrivendo dal lontano 2012, insieme a un altro “autore”, Mathieu Van Der Poel. E’ il libro delle loro sfide, che ormai non è più concentrato solo sul ciclocross, ma si estende anche alla strada come il Giro delle Fiandre ha dimostrato lo scorso anno.

Wout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Coppa del mondo ciclocross 2018. Koksjide
Il bilancio dei duelli iridati fra Van der Poel e Van Aert vede l’olandese in vantaggio per 5-4
Wout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Coppa del mondo ciclocross 2018. Koksjide
Per Van der Poel un mondiale più di Van Aert: 5-4

Cinque a quattro

Domani sul difficile percorso belga i due si incroceranno per un altro campionato mondiale: finora il bilancio, iniziando dai confronti fra gli junior, è di 5 titoli a 4 per l’olandese, ma nel 2020 Van Aert era ancora claudicante per la terribile caduta del Tour 2019. Per questo la sfida sul terreno di casa è per il belga così importante e la vittoria di domenica a Overijse gli ha dato quella punta di ottimismo che mancava.

«Quest’inverno ho sentito di aver raggiunto un livello migliore rispetto ai due precedenti – ha dichiarato alla vigilia della gara sul sito www.redbull.comho potuto gareggiare di più e questo mi ha fatto molto piacere. Vincere il mondiale resta un obiettivo molto importante per me, ma ora guardo anche più avanti, ad altri target relativi alla strada e questo mi aiuta ad avvicinarmi all’evento con meno tensione».

La vittoria di Overijse ha dato a Wout grande fiducia
La vittoria di Overijse ha dato a Wout grande fiducia

Solo tecnica

Dopo Overijse il portacolori del Team Jumbo Visma ha un po’ staccato la spina, per avvicinarsi al mondiale con le pile cariche.

«Il mio allenatore chiama sempre l’ultima settimana prima della gara una “settimana di dirottamento”. Mi alleno molte meno ore in modo da poter essere completamente fresco all’inizio. Il focus è quindi sull’intensità e sulle tecniche incrociate».

Solo strada

Quest’anno la preparazione di Van Aert è stata diversa dal solito: niente stage specifico a dicembre, ma fisico e mente già proiettati verso la stagione su strada, partecipando al primo ritiro pre stagionale della squadra in Spagna dedicandosi anima e corpo all’asfalto, senza neanche portarsi le bici da cross.

«Una scelta del genere non solo è molto utile per la stagione su strada – dice – ma sicuramente aiuta anche nella preparazione per il mondiale di ciclocross. Grazie al bel tempo in Spagna e alle montagne che sono riuscito a scalare lì, ho ottenuto più profitto dal mio lavoro, soprattutto sul piano della resistenza».

In ritiro con la Jumbo Visma, Wout ha lavorato solo su strada, in salita, per la resistenza
In ritiro ha lavorato solo su strada: tanta salita

Re della sabbia

Il percorso di gara gli piace molto (ci ha vinto nel 2017 ai campionati belgi), soprattutto la parte su sabbia.

«Penso che questo sia davvero un percorso – dice – che mi si addice molto bene. Pedalare sulla sabbia richiede molta forza e soprattutto una buona tecnica. E anche il ponte alto che porta in testa alla spiaggia sarà decisivo. Fondamentale sarà la partenza, anche perché è un percorso all’inizio molto stretto e credo che già dopo poco la situazione di gara sarà chiara».

Start a tutta

Torniamo quindi alle discussioni nate sabato dopo la sconfitta subita ad Hamme: se il belga riuscirà a non perdere terreno al via dal rivale, sarà una sfida ad armi pari

«Mi aspetto una partenza molto veloce – ammette – la spiaggia arriverà immediatamente dopo, quindi è importante andare a tutta velocità dall’inizio. La mia parte migliore sarà proprio quella sulla sabbia, ho lavorato molto sull’esplosività e la tecnica proprio per questo. La difficoltà ai mondiali di Ostenda è che ci sono chiaramente due parti: una parte sulla spiaggia dove si possono usare pneumatici lisci – quasi senza battistrada – e una parte nell’ippodromo dove si corre sull’erba e il clima può avere una grande influenza».

Van der Poel, il mondiale si vince sulla sabbia

29.01.2021
3 min
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Domenica, Ostenda, ore 15: Mathieu Van Der Poel dovrà svestire quella maglia arcobaleno che ha portato per un anno, rimetterla in palio contro il suo grande rivale, Wout Van Aert, nell’ennesimo capitolo di una sfida destinata a perpetuarsi da questa sabbia fino alla strada.

A Overijse, partenza sprint di Van der Poel, ma questa volta Van Aert non ha ceduto
A Overijse, partenza sprint di Van der Poel, ma questa volta Van Aert non ha ceduto

Un solo giorno

Con l’avvicinarsi dell’evento, Mathieu ha esternato davanti alle telecamere del team il suo stato d’animo alla vigilia del grande evento. Le interviste in tempo di pandemia avvengono per lo più nel freddo contatto televisivo, ma guardandolo in faccia, vedendo il suo viso tra l’annoiato e il corrucciato, è facile cogliere una certa tensione, data non solo dall’avvicinarsi della sfida, ma anche dagli esiti delle ultime gare, esiti contraddittori, che gli hanno tolto quelle certezze che solo sabato sera allignavano nella sua mente.

«Io ho sempre detto durante la stagione che la gara che conta è una e una sola, i mondiali – mette subito in chiaro l’olandese dell’Alpecin-Fenix – le altre non erano così importanti, perché non avevo qualcosa di particolare da difendere o da dimostrare. Quel che conta è solo quel che avverrà domenica».

Van der Poel è andato sul percorso, soprattutto nel tratto sulla sabbia, con suo fratello David
Van der Poel è andato sul percorso con suo fratello David

Spiaggia decisiva

VdP non fa mai il nome del suo rivale, quasi fosse un fantasma da esorcizzare, anzi fa pretattica evitando di identificare la gara iridata come una sfida a due.

«Si parte alla pari, tutti – dice – ognuno si è preparato in maniera diversa e arriva all’appuntamento per la sua strada, poi si vedrà. Ogni gara, ma anche ogni percorso è diverso, non si può fare una comparazione. Domenica la differenza si farà prima sulla spiaggia. Il tratto dal mare alla diga e dalla diga al ponte sembra molto difficile. Sarà difficile scavare tracce su quella sabbia. Spingeremo forte o avanzeremo a piedi».

Primo impatto

Il campione uscente attendeva con ansia il suo arrivo a Ostenda per verificare di persona il tracciato di gara.

«Il percorso avevo già potuto vederlo in occasione dei campionati belgi (vinti da Van Aert, ndr) – dice – ma non lo potevo giudicare solo in base a questo, non lo faccio mai. Sono abituato ad affrontarlo, a studiarlo di persona in allenamento per valutare con attenzione ogni singolo passaggio. Non mi fa paura né mi sento particolarmente fiducioso, dovevo vederlo da solo. D’altronde anche rispetto alla gara nazionale è passato tempo e quello che avevo visto va verificato, gli stessi organizzatori lo hanno modificato e reso più duro».

Più di una volta ha fatto show di potenza, soprattutto in partenza
Più di una volta ha fatto show di potenza, soprattutto in partenza

Guanto raccolto

Proclami di vittoria? No, non fanno parte del suo carattere.

«Penso di avere buone possibilità – si mantiene cauto il campione arancione – le ultime uscite sono state davvero buone, tali da farmi entrare nell’ultima parte della preparazione con il feeling giusto. Mi sono preparato meglio che posso, spero di vivere una bella giornata come quella dello scorso anno e so che è ampiamente possibile. Ci è stato presentato un percorso in cui entrambi possiamo fare le nostre cose. Io sarò in vantaggio nell’ippodromo, mentre il ponte e la spiaggia saranno migliori per Wout».

Van Aert, con l’azione di domenica a Overijse, gli ha lanciato il guanto di sfida, VDP è pronto a raccoglierlo.

Alvarado, il mondiale e poi… Tokyo in Mtb

29.01.2021
3 min
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Ceylin Del Carmen Alvarado arriva ai mondiali di ciclocross di Ostenda da campionessa in carica, ma non vuole pensare che si chiuda una parentesi, quella con la maglia iridata indosso. L’ultimo weekend le ha ridato fiducia, com’era a inizio stagione, quando aveva vissuto sull’onda degli eccezionali risultati acquisiti dalla mountain bike.

«Portare la maglia è stato fantastico – dice – ma sono tranquilla e fiduciosa di potermi ripetere e tenerla in casa. Io parto con la stessa mentalità dello scorso anno, con la forza della mia giovane età, forse anche un po’ sfrontata».

Foto di un anno fa, prima del mondiale. Vince al Brussels Universities Cyclocross 2020
Foto di un anno fa, prima del mondiale. Vince al Brussels Universities Cyclocross 2020

Super obiettivi

L’evoluzione della stagione, nella quale la portacolori dell’Alpecin-Fenix ha ottenuto la vittoria agli europei, due tappe del Superprestige e tre dell’X2O Badkamers Trofée, oltre al successo di domenica a Overijse in Coppa del mondo, aveva visto l’olandese di nascita dominicana un po’ in soggezione nella nuvola arancione che ha dominato ogni appuntamento internazionale, soprattutto di fronte alla crescita imperiosa della Brand. Una difficoltà forse più fisica, data dalle migliori condizioni di resistenza della connazionale stradista che da un complesso d’inferiorità.

«Io voglio emergere nelle gare che contano – dice – se ho il titolo mondiale e quello europeo significherà pur qualcosa. Io sono abituata a pormi nuovi obiettivi ogni volta, a spostare il limite sempre più in là, penso sempre a quel che mi aspetta e cerco di ottenere di più».

La vittoria di Hamme l’ha lanciata verso Ostenda
La vittoria di Hamme l’ha lanciata verso Ostenda

La forma c’è

Le vittorie dell’ultimo fine settimana sono però ormai parte del passato, ora c’è da pensare a un’altra gara. LA GARA!

«Credo di avere grandi possibilità – commenta Alvarado – ma so che ci sarà da soffrire e da lottare, perché ci sono altre atlete forti e le conosco bene… L’importante però è che ci arrivo con un buon livello di forma, come mi ero prefissata».

Il percorso le piace? «Molto – sorride – è vario e divertente, ci sono tratti a piedi, c’è sabbia, c’è erba. C’è anche un ponte, forse è un po’ alto, ma non tanto da farmi paura…».

A 22 anni la Alvarado è pronta per il grande appuntamento, poi ci sarà da pensare alla costruzione di un altro grande sogno, quello olimpico nella Mtb, ma ci sarà tempo. Ora quel che conta è riportare quella maglia così speciale nel suo armadio…

Azzurri pronti: «Sarà una guerra»

28.01.2021
4 min
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Ciclocross, mondiali 2021 a Ostenda, qui casa Italia. Un hotel requisito solo per la spedizione degli azzurri, con cuochi e cibo portati da casa. Tampone effettuato a 72 ore dalla partenza odierna dei ragazzi, poi altro tampone all’arrivo e terzo sabato mattina per tutto lo staff. Contatti ridotti al minimo indispensabile, per contenere tutti i rischi di contagio. Quella che parte per Ostenda sembra una spedizione di guerra e forse, per certi versi lo è, anche dal punto di vista agonistico. Sedici ragazzi italiani saranno in gara fra sabato e domenica per attribuire le nuove maglie iridate, equamente divisi fra uomini e donne anche nelle categorie, con 3 under 23 e 5 elite in gara. 

L’Italia del cross in ritiro ad Ardea, ha lavorato sulla spiaggia per preparare il mondiale
L’Italia del cross in ritiro ad Ardea

Meno sabbia

Tutto quel che è avvenuto fin qui è annullato, la gara che conta è solo quella di domenica e Fausto Scotti lo ha ripetuto spesso ai suoi ragazzi.
«Ci siamo preparati specificamente per questo evento – dice – il ritiro ad Ardea è stato strutturato anche per far abituare i ragazzi alla sabbia, anche se l’alta marea ha ridotto a Ostenda il bagnasciuga e quindi sarà minore il tratto da fare a piedi. L’importante però è che sono tutti pronti per l’appuntamento e sono fiducioso che faranno bene».

Francesca Baroni è in forte crescita e non ha paura di nessuno (foto Billiani)
Francesca Baroni è in forte crescita e non ha paura di nessuno (foto Billiani)

Occhi sugli U23

Il tecnico azzurro sa bene che sarà sugli under 23 che si potrà sperare in qualcosa di più di un buon piazzamento.
«Fontana sta bene – dice – è carico come non mai e va davvero forte (il Carabiniere è nella foto di apertura, ndr). Leone è giovane ma è anche lui al massimo della forma, Pavan si è meritato la convocazione con la sua costanza di rendimento per tutta la stagione. Sarà un’esperienza utilissima per lui. Fra le ragazze ho tantissima fiducia in Baroni e Realini, quest’ultima domenica in Coppa è partita per quartultima ma è arrivata sulle code di Arzuffi e Persico».

Anche Bertolini, campione d’Italia elite, ha un buon momento di condizione (foto Billiani)
Anche Bertolini ha un buon momento di condizione (foto Billiani)

Partenza a handicap


Molto conterà la partenza: «Purtroppo non abbiamo potuto fare attività internazionale – ammette il cittì azzurro – né viaggiare né allestire prove in Italia e questo ci ha fatto perdere punti, il che significa posizioni nella griglia di partenza. Oltretutto a Ostenda proprio lo start sarà una fase molto delicata, dovranno partire col coltello fra i denti per non perdere posizioni».

Eva Lechner dal podio tricolore alla sfida di Ostenda con i colori azzurri
Eva Lechner dal podio tricolore alla sfida di Ostenda con i colori azzurri

Lechner in 2ª fila

Un problema che avranno anche gli elite: «Rispetto alle prove di Coppa però – dice Scotti – Bertolini e Dorigoni guadagneranno qualche posizione, non essendoci tutta quella pletora di crossisti belgi e olandesi. Domenica sono andati entrambi molto bene, Dorigoni era partito per terzultimo ma ne ha superati tanti. Chi in partenza avrà qualche problema in meno sarà la Lechner, che scatterà dalla seconda fila».

Scotti non è abituato a fare proclami, ma ha le idee chiare: «Fra gli elite mi aspetto un piazzamento entro i 20, nelle altre categorie qualcosa in più. Poi sarà il percorso a dare i suoi verdetti, ma se i semi gettati nel ritiro azzurro frutteranno…».

Sorpresa Fondriest: «Volevo essere Bugno»

08.11.2020
3 min
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Il campione trentino racconta che cosa significhi vincere un mondiale a 23 anni e perché la vita possa diventare improvvisamente complicata. L'esempio di Bernal e l'attenzione che si dovrà fare con Pogacar. I suoi errori come esempio per i ragazzi che segue. L'analisi attenta delle proprie potenzialità, per non rischiare di snaturarsi, perdendo le proprie armi migliori.

Dopo aver ascoltato Moreno Argentin, ecco un incontro moto interessante con Maurizio Fondriest. Il trentino ribatte sugli stessi concetti e lo fa con toni davvero convincenti, ripetendo le lezioni che quotidianamente ripropone ai ragazzi di cui si occupa.

Il Tour da giovani

I corridori che hanno vinto i grandi Giri da giovani di solito finiscono presto la carriera. Accadeva una volta, sarà ancora così?

«Non so se sia un dato statistico – dice Maurizio – o sia la realtà. Le corse a tappe logorano il fisico e sottopongono a un grande stress. Il problema di solito inizia l’anno dopo, quando tutti iniziano ad aspettarti. Prendete Bernal, che sembrava destinato a vincere Tour a ripetizione. E stiamo attenti a Pogacar, lo gestisca bene la sua squadra, perché fra un po’ tutti cominceranno ad aspettarlo al Giro, al Tour, alla Vuelta. Non tutti riescono a reggere simili pressioni e a 20 anni è ancora più difficile».

Maurizio Fondriest, Milano Sanremo 1993
Fondriest conquista così la Milano Sanremo del 1993
Maurizio Fondriest, Milano Sanremo 1993
Conquistata la Milano Sanremo del 1993

Iridato a 23 anni

Maurizio ha vinto il mondiale a 23 anni, nel 1988 a Renaix, e ricorda bene le interviste e tutte le occasioni in cui un piazzamento veniva dipinto come una sconfitta o dovesse essere forzatamente il favorito in ogni corsa cui prendeva parte.

«Nell’anno da campione del mondo – dice – ho vinto tre gare e fatto 12 secondi posti. Si potrebbe pensare a una stagione mediocre, ma non lo fu. Perché quei 12 piazzamenti furono dovuti a volte ad avversari più forti di me, ma nella maggior parte dei casi ad errori nell’impostare la volata, perché avevo l’ansia di dimostrare che anche da campione del mondo avrei potuto vincere». 

Imparare dagli errori

Come se ne esce? Esiste una ricetta da indicare a Pogacar, Bernal, Geoghegan Hart e Hindley affinché la testa resti salda e non si faccia distrarre dalle sirene?

«Le epoche sono diverse – dice Maurizio – però la base dell’allenamento e della fatica è sempre la stessa. Oggi forse è anche più difficile, perché le distrazioni sono veramente tante. Ai miei ragazzi spiego gli errori che ho fatto io, perché possano difendersi. La cosa che noto è che queste cose si ripetono. Ciclicamente, si ripetono sempre uguali».

Attenti ai cambiamenti

Tante volte, prima di chiudere, gli errori nascono anche nella testa del corridore e del suo entourage, quando si decide di voler salire di livello ricercando numeri che non si possiedono.

«Anche io avrei voluto essere un corridore da corse a tappe – sorride – anche io volevo essere come Gianni Bugno. Andare forte in salita come lui, ma non era la mia caratteristica. Ho provato a preparare un Giro e ho fatto settimo (nella foto di apertura è con Laurent Fignon al Giro d’Italia del 1989, vinto dal francese, ndr). Ho fatto 15° in un Tour de France. Ma ero al limite e lo sapevo sin da giovane. Al Giro dei dilettanti prima di passare vinsi tre tappe e in salita ero con i più forti, ma mai con i migliori. E questo va capito subito. Perché puoi provare ad andare più forte in salita, ma se poi perdi la tua velocità e non vinci più corse, che cosa te ne fai?».