Visconti non molla e riparte… dalla Sardegna

04.07.2021
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Quella 2021 non è stata di certo la migliore stagione di Giovanni Visconti. Almeno sin qui. Il siciliano della Bardiani Csf Faizanè al Giro di Slovenia ha deciso di dare una svolta. Ha alzato il braccio e ha detto stop. 

«Impossibile e inutile continuare così. E in accordo con Roberto Reverberi abbiamo deciso che era meglio fermarsi, resettare tutto e concentrarsi sul finale di stagione».

Giovanni Visconti sulle strade dell’ultimo Giro
Giovanni Visconti sulle strade dell’ultimo Giro

Pit stop ponderato

Ma per capire come si sia arrivati a questo punto bisogna tornare dietro, a dicembre. Ed è Visco stesso a raccontarci tutto. Una sola domanda e il tre volte campione nazionale ci spiega con chiarezza e sincerità tutto quel che gli è successo.

«Come detto, la stagione è andata male sino ad ora e non perché non ci abbia messo impegno, questo proprio no, anche la squadra me lo riconosce. Un impegno che poi non si è limitato solo agli allenamenti ma anche al lavoro con i ragazzi, per fare acquisire loro un’altra mentalità, per fare gruppo.

«Tutto inizia a dicembre con un terribile sfogo di Sant’Antonio che mi ha portato ad avere dei problemi alla tiroide. Questa è un po’ la centralina del motore. Ed è stato un continuo rincorrere la condizione, cercare di riprendersi. Quindi era necessario fermarsi e recuperare. Recuperare anche di testa, perché con tutte quelle batoste prese entri in un vortice che non ne esci più. E così allo Slovenia mi sono fermato. Era inutile andare all’italiano in quelle condizioni e voi tutti sapete cosa significhi per me quella corsa. Non sarebbe stato giusto né per me, né per il team».

Poche gambe, ma tanta grinta: Visco è entrato in quattro fughe al Giro
Poche gambe, ma tanta grinta: Visco è entrato in quattro fughe al Giro

La sofferenza al Giro

Probabilmente senza il Giro d’Italia Giovanni si sarebbe fermato prima. Sapeva e sentiva di non stare bene, ma chiaramente era impossibile non essere al Giro. Lui stesso racconta di una vera sofferenza durante tutta la corsa rosa.

«Ho resistito per orgoglio. L’ho finito per rispetto della fiducia che il team e gli sponsor avevano in me, ma credetemi se vi dico che ho perso due anni di vita. Ho preso quattro fughe, due delle quali anche difficili che neanche io so come ho fatto. Ma i giorni successivi ho rischiato di andare a casa anche se erano tappe di pianura. Ho speso molto, anche mentalmente. E infatti dopo il Giro sono saltato anche di testa. E come detto, in accordo con Reverberi ci siamo fermati. Basta prendere batoste. Lui mi ha detto: se recuperi bene ci sono i tre mesi finali da fare in apnea e se azzecchi una gara vedrai che cambia tutto». 

Visconti (di spalle) ha lavorato molto anche in ottica gruppo. Un qualcosa molto apprezzato dalla Bardiani
Visconti (di spalle) ha lavorato molto anche in ottica gruppo. Un qualcosa molto apprezzato dalla Bardiani

Bardiani, che sorpresa

E così dopo lo stop totale di alcuni giorni Visconti ha fatto i bagagli, ha preso la sua famiglia e se ne è andato in Sardegna. Ma non a prendere il sole in spiaggia…

«Adesso sono due settimane che sono sull’isola. E riprenderò a correre proprio alla Settimana Ciclistica Italiana, aspetterò la squadra qui. Ho ricominciato ad allenarmi bene e ho avvertito anche qualche buona sensazione a livello fisico.

«Vorrei fare un bel finale di stagione per cancellare i mesi scorsi, essere competitivo visti i tanti sacrifici fatti, anche perché la squadra crede in me. Qui ho trovato un ambiente “da Dio”: sereno, umile… Vorrei ripagarlo. Ah se l’avessi saputo prima… I Reverberi sono persone stupende. Tanto che nonostante sia stata una brutta stagione, non scarto l’idea di continuare un altro anno proprio perché mi piace questo gruppo».

Giovanni in Sardegna ha trovato compagnia nei suoi allenamenti
Giovanni in Sardegna ha trovato compagnia nei suoi allenamenti

Niente altura…

Come detto Visconti è in Sardegna. E associando il nome di questa isola all’estate risulta difficile pensare ad allenamenti e sacrifici. E Visco stesso ci scherza su.

«Sono qui dal 30 giugno, può sembrare una cavolata ma io al mare mi rigenero. A me l’altura fa l’effetto opposto. Già quando ero uno juniores videro che non mi faceva bene, anzi. L’ultima volta che l’ho fatta ero in Bahrain Merida e mi rimandarono a casa dopo una settimana. Sono qui con la famiglia. La mattina mi alleno, il pomeriggio mi riposo e guardo il Tour e la sera semmai vado un’oretta in spiaggia.

«E che strade! Bellissime. Ideali per allenarsi. Sto vicino a Golfo Aranci. I percorsi sono duri. Ci sono tante salite brevi, che poi sono quelle che servono a me, soprattutto adesso che è estate. E quando devo fare distanza vado verso il Limbara, una salitaccia! Oppure vado verso Montagneddu».

Giovanni Visconti, Coppa Sabatini 2018
Con il caldo Giovanni va forte, eccolo trionfare nella Coppa Sabatini 2018
Giovanni Visconti, Coppa Sabatini 2018
Con il caldo Giovanni va forte, eccolo trionfare nella Coppa Sabatini 2018

Estate scoppiettante

Il programma di Visconti quindi riprende dal Giro di Sardegna (o Settimana Italiana che sia) e poi?

«E poi c’è solo da correre, le gare non mancano. Intanto ripartiamo da questa corsa che sarà utilissima per completare la preparazione. Anche se non è molto dura va bene per ritrovare un po’ di ritmo gara e un buon colpo di pedale. Anche perché poi ci saranno altri 15 giorni senza corse e ad agosto ci sono tutte le gare che vogliamo in Italia. Ma forse potrei anche fare una o due brevi corse a tappe in Francia».

Aspettiamoci quindi il Visconti battagliero che siamo abituati a vedere. Le corse estive sono le sue. E se tutto è apposto…

Dalla Bulgaria intanto è arrivato lo squillo di Lonardi

02.07.2021
3 min
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Ieri è iniziato il Tour of Bulgaria con una buona notizia per i colori azzurri, nella prima tappa da Sofia a Plovdiv, è stato Giovanni Lonardi ad anticipare tutti nello sprint finale

Una bella soddisfazione per il 24enne veronese, professionista da 2019, che raccoglie il suo quarto successo in carriera. L’ultima vittoria per Giovanni è da ricondurre alla seconda tappa del Tour o Antalya nel 2020.

Lo abbiamo chiamato per farci raccontare le emozioni vissute in quello che è stato il primo successo stagionale, l’ottavo per la sua squadra, la Bardiani-CSF-Faizanè.

Così sul podio di Plodiv al Giro di Bulgaria dopo la vittoria nella prima tappa
Così sul podio di Plodiv al Giro di Bulgaria dopo la vittoria nella prima tappa
E’ stata la tua prima vittoria nel 2021, come ti senti e quali sono le tue sensazioni?

Sto bene, moralmente sto molto bene, la vittoria mi mancava da febbraio 2020 e visto l’inizio di stagione complicato questo risultato era ciò di cui avevo bisogno per affrontare al meglio i prossimi impegni.

Come mai dici un inizio complicato?

A gennaio, in Venezuela, ho contratto il Covid, che mi ha tenuto fermo per due settimane abbondanti, nelle quali ho avuto uno stop assoluto dall’attività. Nei mesi successivi mi sentivo comunque spossato e stanco, tutto questo ha inficiato negativamente la mia preparazione. Sono stato lontano dalle corse fino ad aprile quando sono andato al Giro di Turchia, ma anche lì non avevo buone sensazioni.

Una vittoria importante, che ti ha permesso di indossare la maglia di leader della classifica generale, pensi di riuscire a tenerla a lungo?

Un successo davvero fondamentale in una tappa comunque lunga, 180 chilometri, ed impegnativa, soprattutto per il caldo. La maglia sarà difficile da mantenere già a partire da oggi dato che il percorso si fa impegnativo con una salita lunga e molto selettiva.

Quali sono ora i tuoi obiettivi?

Non so ancora quali corse affronterò, probabilmente il Giro di Danimarca ma stiamo ancora decidendo con la squadra, certamente punto a fare bene e chiudere al meglio i mesi che mi rimangono.

Lonardi è passato professionista nel 2019 con la Nippo Fantini
Lonardi è passato professionista nel 2019 con la Nippo Fantini
Per il prossimo futuro invece quali sono i tuoi progetti, rimarrai con la Bardiani?

Non credo di rimanere qui, non ho per il momento proposte concrete, ma mi sto guardando intorno. Molto, come detto, passerà dal modo in cui concluderò le gare di questa stagione.

G.STL: come nascono e come si pedala con il top di Gaerne

19.06.2021
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Le scarpe Gaerne fanno parte dell’eccellenza quanto a design e tecnologia made in Italy, da quando Ernesto Gazzola, uno dei maestri delle calzature sportive, creò questo marchio nel 1962. Il nuovo modello G.STL, la punta di diamante di Gaerne, ha subito delle modifiche e dei miglioramenti importantissimi rispetto allo stesso modello dell’anno precedente.

L’evoluzione più importante riguarda l’implementazione della tecnologia In-Fit, la quale fornisce la bellezza di 8 punti di fissaggio che permettono al piede di essere più stabile all’interno della scarpa e allo stesso tempo rende la chiusura precisa e personalizzabile. Volendole raccontare sotto ogni punto di vista, abbiamo perciò chiesto la collaborazione di Alessandro Tonelli, professionista bresciano di 29 anni che corre alla Bardiani-Csf, che dal marchio veneto è sponsorizzata, così come il Team Qhubeka-Assos.

La strada dell’innovazione

Dal punto di vista dei materiali Gaerne ha intrapreso anche in questo caso la strada dell’innovazione, affiancata dal design italiano e dalla comodità, vera parola d’ordine per le G.STL.

La tomaia è realizzata interamente in microfibra, con l’Air Ventilation System, un sistema che permette il continuo ricambio d’aria, fondamentale nel periodo estivo.

«La scarpa è freschissima d’estate – spiega Tonelli – e semmai la maggiore areazione crea qualche problema d’inverno. E’ normale, del resto i mesi in cui si corre maggiormente sono quelli più caldi. Perciò quando ha fatto davvero freddo, mi è capitato di indossare i copriscarpe».

Il modello consente di collocare sulla scarpa i singoli elementi
Il modello consente di collocare sulla scarpa i singoli elementi

Suola più larga

Poi Alessandro continua. «La suola della scarpa è stata allargata di due millimetri, questo particolare fornisce un doppio beneficio. D’inverno la maggiore mobilità permette di riscaldare meglio le dita dei piedi, mentre d’estate il piede ha più spazio. Questo è utile perché il piede tende ad allargarsi a causa della vasodilatazione dovuta al caldo».

Tomaia più rigida

La maggior larghezza della suola ha portato un irrigidimento della tomaia nella parte esterna, ciò consente al piede di essere avvolto meglio e di essere sostenuto con più forza nella parte superiore. Questa caratteristica consente una maggiore trasmissione della forza impressa dal corridore sui pedali, in quanto la scarpa diventa un tutt’uno con il piede.

La scelta della microfibra con cui realizzare la tomaia
La scelta della microfibra con cui realizzare la tomaia

Le caviglie libere

«Dal punto di vista biomeccanico – precisa Tonelli – tutte queste modifiche non hanno comportato alcuna conseguenza. La suola è stata allargata in maniera uniforme, quindi il posizionamento delle tacchette è rimasto invariato».

La scarpa è stata completamente ridisegnata nella parte del malleolo e del collo del piede, la tomaia è stata ribassata di 13 millimetri nella parte del malleolo, mentre la linguetta è stata abbassata di ben 18 millimetri. Queste modifiche sono state fatte per consentire una maggiore libertà di movimento alla caviglia, fondamentale per guidare la bici. 

«Non usando plantari – aggiunge Tonelli – uso la soletta fornita da Gaerne, che è l’unica parte rimasta invariata rispetto al modello precedente».

La soletta interna concede un comfort molto elevato
La soletta interna concede un comfort molto elevato

Doppio Boa più preciso

L’ultimo cambiamento arriva direttamente da Boa, che da quest’anno fornisce a Gaerne un diverso sistema di chiusura della scarpa. Rimangono sempre le due rotelle, con una chiusura a “x” davanti, mentre sul collo della scarpa la chiusura rimane classica. Questo nuovo sistema permette una maggiore regolazione nello stringere la scarpa, tuttavia l’eventuale (e remota) sostituzione della chiusura risulta più complicata in quanto il sistema deve essere sostituito interamente (rotelle ed elastico insieme).

Nonostante i grandi cambiamenti, Gaerne è rimasta fedele alla sua lunga tradizione e ha creato un prodotto ottimo e innovativo, alzando ancora di più l’asticella nella rincorsa alla perfezione delle scarpe dedicate al ciclismo.

Zana tappa Pace 2021

Zana, dal Giro d’Italia alla Corsa della Pace

08.06.2021
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Appena finito il Giro d’Italia, Filippo Zana è salito in macchina, una rapida capatina a casa, cambio di valigia e via verso un’altra avventura, destinazione Est Europa, Repubblica Ceka per la precisione. Un Giro vissuto da comprimario (ma neanche poi tanto, come si vedrà), un’altra gara da protagonista assoluto e non una gara qualunque, ma la Corsa della Pace, la stessa che nel secolo scorso era l’appuntamento principe del calendario dilettantistico.

I tempi sono cambiati, prima era una gara articolata su almeno 10 giorni, ora si gareggia su tre tappe più un brevissimo prologo a cronometro (appena 4 minuti di gara), ma è pur sempre una prova per la Nations Cup Uci, riservata alle squadre nazionali. Una gara che all’Italia aveva sorriso solo due volte, nel 2004 con Michele Scarponi e nel 2006 con Gianpaolo Cheula. Fino a domenica, fino a Filippo Zana.

«Sinceramente tutto questo risalto un po’ mi ha sorpreso – esordisce il corridore della Bardiani CFS Faizané, 22 anni – non sapevo del prestigio di questa corsa. Probabilmente mi ha aiutato molto l’aver finito il Giro d’Italia in crescendo. Non ero partito al massimo della forma, avevo anche avuto problemi intestinali all’inizio, ma poi sono andato sempre meglio cogliendo anche un 7° posto nella tappa di Stradella. Ho finito 73°, ma in crescendo e gli effetti si sono visti dopo».

Zana Battistella Giro 2021
Filippo Zana dietro Battistella, alla tappa del Giro Rovereto-Stradella finita al 7° posto
Zana Battistella Giro 2021
Filippo Zana dietro Battistella, alla tappa del Giro Rovereto-Stradella finita al 7° posto
Che gara è la nuova Corsa della Pace?

Si gareggia sempre nello stesso Paese, anzi a dir la verità i percorsi sono tutti disegnati in un raggio che non supera i 100 chilometri e questo aiuta per gli spostamenti. La prima tappa era la più semplice, infatti è finita in volata, la seconda era la più dura con un circuito finale da ripetersi due volte con all’interno una salita lunga, la prima volta dopo 10 chilometri di ascesa si svoltava e discendeva, la seconda si è arrivati in cima.

E’ lì che hai fatto la differenza…

Devo dire che i compagni di nazionale (Lorenzo Balestra, Fabio Mazzucco, Lorenzo Quartucci, Mattia Petrucci, Luca Rastelli) hanno lavorato splendidamente per me, prima tenendomi davanti al primo giro, poi spianando la strada fino a quando ai -7 ho provato ad andar via. Ho visto che nessuno mi seguiva e ho tirato dritto.

Zana Pace 2021
Zana vincitore alla Corsa della Pace con 1’10” su Hocevar e 1’12” su Clynhens (foto Jan Brychta)
Zana Pace 2021
Zana vincitore alla Corsa della Pace su Hocevar e Clynhens (foto Jan Brychta)
Alla fine hai vinto la Corsa con un distacco sensibile, oltre un minuto sullo sloveno Hocevar. Non capita spesso che un italiano vinca corse a tappe, seppur brevi, ma Filippo Zana che corridore è?

Nelle gare a tappe mi sono sempre trovato bene, gli sforzi ripetuti in più giorni li assorbo senza problemi e vado bene in salita. A cronometro diciamo che mi difendo, ma non le ho mai preparate come si deve e certamente se voglio avere ambizioni devo migliorare.

Quanto ti ha aiutato aver finito il Giro?

Moltissimo, sentivo alla fine di avere una gran gamba. Una corsa di tre settimane può davvero fare la differenza, darti progressivamente quella condizione che ti manca, certo se finisci stanco significa che serve staccare, ma dipende molto anche da quello che si richiede alla corsa. Io avevo finito abbastanza soddisfatto, d’altronde non dovevo neanche farlo, ero stato richiamato proprio all’ultimo in sostituzione di un compagno (Alessandro Tonelli, risultato falso positivo al Covid prima del via, ndr).

Zana azzurri 2021
Da sinistra: Lorenzo Quartucci, Mattia Petrucci, Filippo Zana e Luca Rastelli
Zana azzurri 2021
Da sinistra: Lorenzo Quartucci, Mattia Petrucci, Filippo Zana e Luca Rastelli
Ora che cosa ti aspetta?

Ho ancora un mese abbastanza intenso, con Adriatica Jonica Race, Campionato Italiano, Giro dell’Appennino e Lugano, poi staccherò un po’ per preparare il finale di stagione.

Questi risultati, anche prima della Corsa della Pace, ti stanno attirando attenzioni, anche da parte di squadre del WorldTour?

Qualche segnale c’è, per ora solo a livello di voci, ma non posso negare che la cosa mi fa molto piacere e mi spinge a lavorare ancora di più. E’ importante che mi faccia conoscere, il mio futuro è tutto da scrivere. La cosa bella di questa gara è stata anche che ho vinto in maglia azzurra, è stata la prima volta e lo sognavo da tempo.

Lo sai chi c’è nell’albo d’oro della Corsa della Pace?

Sono andato a leggerlo, ho visto che c’è anche Tadej Pogacar. So che chi vince quella corsa non può essere un ciclista comune, speriamo che sia di buon auspicio per i prossimi anni…

Carboni, Giro di alti e bassi: «Ho tanta strada da fare»

31.05.2021
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Giovanni Carboni corridore classe 1995, è passato professionista col team Bardiani Csf-Inox nel 2018, cogliendo subito risultati importanti, come ad esempio un ottavo posto nella classifica conclusiva del Tour of Austria, un settimo posto nella classifica finale dell’Adriatica-Ionica Race, oppure un prestigioso terzo posto nella settima tappa del Tour of Britain. Tra i dilettanti ha corso per 2 anni con il team Unieuro Wilier nelle stagioni 2015 e 2016 e con il team Colpack Ballan nel 2017, stagione in cui ha vinto una tappa nel Giro della Val d’Aosta Mont Blanc. Questo del 2021 è stato il suo terzo Giro d’Italia, corso all’attacco, rendendosi protagonista in più di una tappa e sfiorando quasi il successo nell’ottava frazione vinta dal corridore francese del team Cofidis Victor Lafay, con partenza a Foggia e arrivo a Guardia Sanframondi. Abbiamo deciso di sentirlo, per approfondire il suo Giro.

In cima al Passo Giau, Carboni è uno scalatore, ma ha vissuto un Giro di alti e bassi
In cima al Passo Giau, Carboni è uno scalatore, ma ha vissuto un Giro di alti e bassi
Nell’ottava tappa ci sei andato vicino…

C’è mancato poco, ho provato ad anticipare prima dell’ultima salita, però Lafay ne aveva di più. Purtroppo, Campenaerts che di solito va fortissimo, quel giorno era un po’ affaticato e non mi è stato di grande aiuto. Gran parte del lavoro lo facevo io, quando lui passava avanti mi rallentava. Io ero li che spingevo, e col senno di poi vi dico che forse sarebbe stato meglio lasciarlo andare e rimanere sulle ruote, per poi giocarmi il tutto per tutto sull’ulitma salita.

Come valuti il tuo Giro d’Italia?

Forse non ho ottenuto i risultati che erano nelle mie possibilità, forse potevo fare di più. Però ho capito i miei errori, so dove dover migliorare.

Dove pensi di dover migliorare?

Secondo me a livello fisico mi sono preprato bene, tuttavia vorrei provare ad arrivarci con una preparazione diversa. Intendo nell’avvicinamento alla corsa. Penso sia importante fare una preparazione mirata esclusivamente al Giro d’Italia. In un team professional fai un calendario diverso da quello che fanno i team WorldTour. E soprattutto qui alla Bardiani-Csf-Faizanè, giustamente, devi dimostrare di andare e forte e guadagnarti il Giro, e questo implica già un dispendio di energie importante prima della corsa rosa.

Carboni in salita incitato dai tifosi
Carboni in salita, incitato dai tifosi
Quali sono stati i momenti in corsa in cui hai sofferto di più?

Sicuramente per cercare di andare in fuga. Devi partire davanti, concentrato e soprattutto devi cogliere l’occasione buona. Anche i rilanci in curva non sono il massimo della simpatia nella terza settimana, sono delle volate in cui ti sembra di fare una crono. Nel finale, nonostante in classifica fossi nei primi 35, ho sempre mollato. Ho tenuto duro in un paio di occasioni, poi mi sono lasciato sempre andare.

Qual’è stata la tappa più dura?

Quella dello Zoncolan, lì mi sono veramente lasciato andare.

Quella più divertente?

A Montalcino, è stata una tappa spettacolare, bel percorso. Belle strade, mi sono divertito molto.

Inoltre in quell’occasione eri davanti con i pochi rimasti…

Sì, eravamo circa 25 corridori, poi mi sono staccato, un po’ per le gambe che mancavano, un po’ perché non avevo ambizioni di classifica.

In fuga sul Passo Giau, la fatica sul volto di Carboni
In fuga sul Passo Giau, la fatica sul volto di Carboni
E’ difficile trovare un equilibrio tra testa e gambe, tu come gestisci questa situazione?

Può dipendere dai giorni, ti dico la verità. Però mi sento di separare due categorie di corridori: gli attaccanti e gli uomini di classifica. Nel primo caso le gambe forse devono prevalere, magari andando oltre i tuoi limiti, per cercare il successo. Mentre nel secondo caso la testa è tutto, se fai classifica, devi tenere sotto controllo la corsa in ogni suo aspetto. Ovviamente devi avere anche una grande gamba.

Tu che tipo di corridore sei?

Nelle brevi corse a tappe penso alla classifica, e arrivo davanti. Nelle corse di tre settimane penso alle tappe, è troppo presto per pensare alla classifica generale, sono giovane e posso migliorare ancora. Ho molta strada da fare.

Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti?

Correrò il Giro di Slovenia, il campionato italiano, L’Adriatica-Ionica Race, e il Sibiu Tour.

Quale tra queste corse hai messo nel mirino?

Adesso penso a riposare un po‘, poi a seconda della condizione fisica valuterò dove potrò cogliere un risultato importante.

Battaglin Dorelan 2021

Battaglin: «Il caldo si tollera, con il freddo si soffre…»

26.05.2021
3 min
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Lo aveva promesso, aspettava solamente l’occasione giusta per andare in fuga e quando Enrico Battaglin ha un obiettivo in mente fa di tutto per portarlo a termine. Il corridore della Bardiani CSF Faizané è uno dei più esperti della carovana anche se ha 32 anni, è quindi nel pieno della maturità. Eppure di chilometri ne sono passati sotto la sua bici…

Battaglin sa bene come interpretare un grande Giro e quindi anche tenere a bada un fattore spesso poco considerato, ma che può avere un grande peso, a volte addirittura decisivo: il clima. Come ci si gestisce se la giornata sarà calda o fredda? E’ chiaro che si parte dalle previsioni meteorologiche: «Rispetto a quando ho iniziato sono molto più precise, sai di ora in ora e di luogo in luogo come sarà il clima e quindi ci si adegua di conseguenza».

Come ci si regola nella scelta del materiale da portarsi dietro?

La squadra predispone sempre alcuni punti d’incontro con massaggiatori e addetti, dove puoi ritirare il necessario soprattutto se fa freddo. Io però sono abituato ad avere con me mantellina e guanti in anticipo perché se comincia a piovere tutti si riversano in fondo al gruppo per ritirare il necessario dalle ammiraglie e si crea molta confusione, pericolosa confusione…

Peggio il caldo o il freddo?

Sicuramente quest’ultimo, il caldo non aiuta la prestazione, ma quando ci sono acqua e freddo è durissima. A maggio una giornata di clima gelido può capitare, anzi puoi trovare gli estremi opposti nel corso della stessa edizione. A settembre-ottobre si è visto che c’è più uniformità. Poi è chiaro che per le Alpi il discorso è a parte, lì sai che troverai sempre temperature basse.

Gavia 2014 Dorelan
Il passaggio fra due muri di neve nel 2014, la tappa con arrivo a Val Martello. Vinse Quintana
Gavia 2014 Dorelan
Il passaggio fra due muri di neve nel 2014, la tappa con arrivo a Val Martello. Vinse Quintana
Qual è stata la giornata peggiore vissuta al Giro?

Quella del 2014, la scalata di Stelvio e Gavia – ricorda Battaglin – già alla partenza avevamo la pioggia, via via che andammo avanti trovammo la neve sui passi, fu davvero tremendo. Lì la mantellina non basta, servono manicotti e antivento, anche un paio uno sopra l’altro per cercare di proteggersi il più possibile. In quelle condizioni si è davvero tutti sulla stressa barca, a condividere il destino.

Il clima può essere un fattore nella strategia di squadra?

Sì, magari non per sorprendere qualcuno perché come detto le previsioni sono accurate e in possesso di tutti, ma si sa che c’è chi tollera meglio un certo clima e chi un altro.

Tu che cosa preferisci e che cosa ti aspetti ancora dal Giro?

Io mi adatto a qualsiasi tempo e credo di averlo dimostrato. Il Giro è ancora lungo e potrebbero saltar fuori altre possibilità per andare in fuga. Certo mai come quest’anno hanno tutti voglia di provarci, all’inizio è sempre una battaglia per entrare in quella giusta e io non mi tiro certo indietro.

Cosa si mette nella borsa del freddo? Ce lo dice Visconti

24.05.2021
4 min
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Quando si apre il Garibaldi e si vede che c’è da affrontare una tappa così vengono i brividi. Forse nel vero senso della parola. Il Giro d’Italia va da Sacile a Cortina d’Ampezzo, è il classico tappone dolomitico con tanto di Cima Coppi (il Passo Pordoi a 2.239 metri di quota). Anche se la tappa è stata modificata e si salta sia il Fedaia che proprio il Pordoi a causa del cattivo meteo. In questi casi ecco che un elemento che può fare la differenza è la mitica “borsa del freddo”.

Cosa ci mette Visconti

Di cosa si tratta? Nei portabagagli delle ammiraglie sopra a ruote e frigo portatili ci sono tante borsette, tipo portascarpe ma un po’ più grandi. Sopra c’è stampato in grande il nome del corridore e dentro c’è la “salvezza”.  Cosa ci si mette? Ce lo spiega Giovanni Visconti, uno dei veterani del gruppo.

«Io cerco di riempirla il più possibile: un completo, doppia mantellina, due smanicati, due paia di calzini, quattro paia di guanti, le scarpe, un casco… – dice il corridore della Bardiani Csf FaizanèSe infatti piove e si ha un momento per cambiarsi è un qualcosa che ti fa “resuscitare”. Tu sei bagnato, completamente intirizzito dal freddo e già il solo fatto d’indossare qualcosa di asciutto migliora completamente la situazione».

Generalmente non ci si mette da mangiare, ma può capitare, come è successo a Visconti di metterci delle maltodestrine, nel caso in cui non ci sia proprio nulla in ammiraglia. «Aiutano a salvarti. Ma davvero questo è un qualcosa in più». Una “precauzione nella precauzione”, insomma.

Il siciliano preferisce partire ben coperto in caso di maltempo
Il siciliano preferisce partire ben coperto in caso di maltempo

Più materiale

In passato c’è sempre stata la borsa del freddo, non c’è una data precisa che ne segna la nascita, ma con il tempo si è evoluta perché si sono evoluti i materiali. Una volta una mantellina faceva molto più volume, adesso questa ed altri capi una volta “chiusi” o “appallottolati” stanno in un pugno. Basta pensare a quando la infilano nella tasca della maglia.

«Sono cambiati i materiali – spiega Visconti – Sono migliorati e c’entra più roba. Certi capi sono anche di moda. Ma la sua utilità resta perché è vero che i capi sono più efficienti, ma dopo tante ore di acqua non c’è nulla che regga. Ti entra dentro».

Quella volta in galleria

Prima Visconti ha detto un qualcosa che non può passare inosservato: «Nel caso in corsa ci si riesca a cambiare…». Ma quindi un corridore si ferma così a lungo? Sì può succedere, è la risposta. Inoltre dobbiamo pensare che, soprattutto in certe tappe come quella di oggi, le telecamere sono puntate sui primi, ma il gruppetto ha tutte altre dinamiche, specie in caso di maltempo estremo. Una breve sosta la si può fare.

«Può capitare che ci si fermi – dice Visconti – che si trovino quei cinque minuti per cambiarsi o farsi cambiare, perché è capitato anche che con le mani gelate sia stato il meccanico o il diesse che ti aiutino a farlo.

«Ricordo un Giro d’Italia (la Lienz-Agordo del 2007, ndr) in cui partimmo sotto la neve. Già dopo poco eravamo tutti completamente fradici, scendevamo da un passo. Iniziò una lunga galleria e iniziammo ad urlare per fermarci. Mettemmo piede a terra. Era uno spettacolo: ammiraglie ferme, cofani aperti e noi corridori a cambiarci del tutto. Era una cosa tremenda, ricordo che frenavo con il polso, tanto le mie mani erano congelate. All’uscita della galleria pioveva ancora, ma almeno eravamo asciutti e ci eravamo un po’ scaldati».

Aveva ragione Reverberi: Marengo si butta nel fuoco

15.05.2021
4 min
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«Umberto Marengo è uno di quei corridori che si gli dici di buttarsi nel fuoco ci si butta». Questa frase ce l’aveva detta il diesse della Bardiani Csf Faizanè, Roberto Reverberi. E aveva colpito lo stesso Umberto.

«Quando l’ho letta – dice il piemontese – mi ha fatto molto piacere. Vuol dire che Roberto ha fiducia in me. Mi ha dato la carica. Cosa significa? Che faccio quello che mi viene detto di fare». E infatti anche ieri nella tappa verso Termoli è andato all’attacco, pur sapendo che era molto difficile che l’attacco andasse a buon fine.

Lo sentiamo prima del via da Foggia. Oggi non sarà facile per lui. Ha speso molto e la tappa è bella “duretta”: i metri di dislivello sono ben 3.400.

Il piemontese (29 anni a luglio) con Cipollini (foto Instagram)
Il piemontese (29 anni a luglio) con Cipollini (foto Instagram)

Un “vecchietto”

Nell’era del “potere ai giovani”, in cui si passa pro’ sempre più presto, Marengo è l’eccezione che conferma la regola. Lui è pro’ dal 2019, quando vestì la maglia della Vini Zabù. Aveva 27 anni all’epoca.

«Sono consapevole di questa situazione. Ognuno ha i suoi tempi per maturare. Io ci messo un po’ di più rispetto ad altri ma sono sempre stato costante. Vedere gli juniores che passano e volano subito non è stato facile. Qualche dubbio negli ultimi due anni l’ho avuto eccome. Ero pieno di domande. Ho pensato: ma cosa sto facendo? Però era quello che mi piaceva fare. Ci ho creduto, ho insistito e alla fine ho avuto ragione».

Umberto Marengo in azione nella crono inaugurale di Torino
Umberto Marengo in azione nella crono inaugurale di Torino

Il primo Giro

E così la sua tenacia e il suo carattere battagliero l’hanno portato ad essere inserito nella lista del Giro d’Italia, il primo a 28 anni e con partenza neanche lontano da casa.

«Quasi 29 anni direi – aggiunge Marengo – non me lo aspettavo, ma ci speravo tanto. Io ho cercato di dare il massimo per esserci e quando me l’hanno comunicato potete immaginare la mia felicità. In quel momento ero in macchina. Stavo tornando dalla Belgrade Banjaluka ed è stata una vera gioia. La prima persona a cui l’ho detto è stata la mia ragazza, Ornella. L’ho chiamata immediatamente. Lei è anche la mia confidente. Sa delle mie mille turbe, dei miei complessi, dei momenti difficili».

Marengo in fuga verso Termoli con Christian (Eolo) e Pellaud (Androni)
Marengo in fuga verso Termoli con Christian (Eolo)

Fuoco e fughe

E adesso il miglior modo di ripagare questa fiducia è appunto “buttarsi nel fuoco”. Come ha fatto ieri. Una fuga segnata ma affrontata con grande grinta e un po’ di speranza.

«Quella non manca mai quando si va in fuga. All’arrivo ci pensi sempre un po’, altrimenti neanche avrebbe senso provarci. Io spero sempre che nel finale il gruppo possa sbagliare i calcoli, che possa succedere qualcosa. In più c’erano i traguardi volanti. In classifica non ero messo male, visto che qualcosa avevo raccolto anche nelle tappe prima.

«Come capisco chi vuol andare in fuga? Beh, si vede al mattino chi è più agguerrito, chi si mette davanti. Sai che quel corridore è un candidato alla fuga».

Marengo consegnò la spesa durante il lockdown della scorsa primavera (era ancora alla Vini Zabù)
Marengo consegnò la spesa durante il lockdown della scorsa primavera (era ancora alla Vini Zabù)

La spesa ai compaesani

Marengo, dicevamo, viene dal Piemonte. Per la precisione da Giaveno, poco più di 30 chilometri ad Ovest di Torino. Ma vive a Collegno, periferia del capoluogo piemontese. E lì durante il primo lockdown Umberto, come Davide Martinelli, si è messo a disposizione della comunità per portare assistenza a chi non poteva uscire.

«Avevo sentito che serviva gente per portare la spesa dai supermercati alle case, per evitare gli assembramenti. Così sono andato. Mi facevano trovare i sacchetti già pronti e li portavo a destinazione. E visto che si trattava di distanze sempre molto brevi, 2-3 chilometri, perché non andarci in bici? Mi ha fatto piacere e per me era anche l’occasione per prendere una boccata d’aria».

Zoccarato è davvero un cavallo pazzo? Sentiamolo…

03.05.2021
4 min
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«Occhi aperti su Zoccarato – disse Visconti qualche giorno fa – è un cavallo pazzo. Scatta sempre a tutta. Ti fa morire dalle risate. E’ capace di partire a 40 dall’arrivo e di rilanciare in pianura a 60 all’ora. E’ un mulo, in futuro lo vedrei bene alla Deceuninck-Quick Step al Nord».

Un’investitura bella e buona, che non poteva passare inosservata. Abbastanza per suonare alla porta di Zoccarato, padovano classe 1998, che avevamo lasciato lo scorso anno al Team Colpack dopo una stagione interessante e coronata dal terzo posto nel tappone di Aprica, l’ultimo, al Giro d’Italia U23.

«A un certo punto sul Mortirolo ho anche pensato di staccare Pidcock – dice – ma è durato poco. Avevamo ripreso Aleotti che non stava tanto bene e quando l’altro se ne è andato, io ho continuato col mio passo. Tappe di quel tipo, con le salite da fare regolari e con un bel vantaggio da amministrare, possono essere buone per me...».

Con la Iam alla Vuelta Burgos 2019, Zoccarato ha assaggiato il professionismo
Con la Iam alla Vuelta Burgos 2019, ha assaggiato il professionismo
Ma qui il punto è quello che ha detto Visconti: ti ritrovi nella descrizione?

Forse sì (ride, ndr) per il mio modo di correre, sto bene dove c’è bisogno di sprecare energie. Fra i dilettanti in Italia non mi trovavo per questo. C’era da limare tutto il giorno e poi la corsa si risolveva con una fiammata nel finale. Infatti appena sono passato alla Iam, sono bastate 3-4 corse con i professionisti per capire che avevo trovato il mio ambiente.

Sei stato in Svizzera per un solo anno, dopo la General Store e prima della Colpack: che esperienza è stata?

Bella per la qualità delle corse. Sono riuscito a fare un calendario importante, gare con ritmi superiori e un diverso modo di correre in base ai Paesi. In Francia scattavano tutto il giorno, il Spagna si stava sempre in gruppo ma a velocità pazzesche. E’ stata un’esperienza molto utile, ma il mio obiettivo era passare professionista e per questo ho accettato la proposta della Colpack, di cui mi avevano sempre parlato bene. Poi l’anno è stato strano a causa del Covid e di fatto all’estero abbiamo corso pochissimo.

Al Giro d’Italia U23 del 2020, Zoccarato in fuga con Tiberi, Tarozzi e Carboni in maglia verde
Al Giro U23 del 2020, Zoccarato in fuga con Tarozzi e Carboni in maglia verde
Ma al professionismo ci sei arrivato lo stesso.

E mi sento molto a mio agio, anche grazie alla squadra: la Bardiani-Csf. Non ho grosse pressioni, posso fare la mia corsa e quando serve, lavoro per i compagni. Anche questo ti fa sentire importante.

Aver corso in continental ti ha aiutato nell’adattarti al professionismo?

Mi sono inserito meglio e più velocemente. E’ molto importante avere un processo di crescita lento, poter fare prima qualche esperienza fra i più grandi. Oltre a capire come si muovono, inizi a fare dei fuorigiri che da under 23 non faresti mai. Anche soltanto provare a tenere duro nei momenti caldi, ti porta a dare una tantum quel 110 per cento che sarebbe sbagliato rincorrere tutti i giorni.

Che cosa significa che corri come un mulo e che andresti meglio al Nord?

Che non ho mai avuto paura di attaccare e prendere vento. Dipende tutto da quello che vuoi fare. Andare in fuga da pro’ è più facile che da U23, per contro le occasioni di andare all’arrivo non sono tante. La fuga mi piace. Quando ero allievo mi dicevano: «E’ meglio correre facendosi vedere, che stare nascosto ed essere anonimo».

La Strade Bianche è stata per Zoccarato la terza corsa 2021, chiusa in 108ª posizione
La Strade Bianche è stata la sua terza corsa 2021, chiusa in 108ª posizione
Sai che questo modo di essere ti ha apertole porte del Giro al primo anno da pro’?

Sapevo che fosse difficile essere selezionato, anche perché meritarsi un posto è una gara all’interno della stessa squadra. Da inizio stagione ho sempre fatto vedere qualcosa, posso fare comodo con le mie fughe. Il rischio di arrivarci stanchi purtroppo c’è. Non ho mai fatto una corsa così, ovviamente. Mi piacerebbe entrare in una di quelle fughe che fanno fatica a prendere. La paura è fare un giorno da leone e scoprire che il giorno dopo ci sono 200 chilometri con 5.000 metri di dislivello. Diciamo che aver fatto il Turchia e subito dopo la gara in Serbia mi ha permesso di sommare tanti giorni, di avere un piccolo assaggio.

Che cosa hai fatto dopo la Serbia?

Sono tornato a casa e ho recuperato. Ieri ho corso il Circuito del Porto e adesso si prepara la valigia, scaricando un po’ e concentrandomi sull’alimentazione senza pensarci troppo. Non ci crederete, ma l’idea di debuttare al Giro d’Italia già al primo anno è pesante psicologicamente.