Un classe ’98 non è vecchio. E il caso Tarozzi insegna…

13.09.2021
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Manuele Tarozzi, passerà professionista con la Bardiani Csf Faizanè. Il corridore della #inEmiliaRomagna Cycling Team è uno dei tanti acquisti del Greenteam per la prossima stagione. Ma il suo passaggio, rispetto ad altri ragazzi che si aggregheranno alla famiglia Reverberi ha qualcosa di particolare. 

Primo, perché Tarozzi è quasi “vecchio” essendo un classe 1998 e oggi si vede passare tantissimi giovani. Secondo, perché è un romagnolo che fa il salto in un team emiliano, senza contare che già corre in questa regione. Insomma c’è anche un po’ di sano, sanissimo, campanilismo. Un fatto così merita di essere approfondito. E lo facciamo con il suo attuale diesse, Michele Coppolillo, che tra l’altro ha vissuto una storia molto simile da giovane.

Tarozzi, tra Bruno Reverberi (a sinistra) e Michele Coppolillo (a destra)
Tarozzi, tra Bruno Reverberi (a sinistra) e Michele Coppolillo (a destra)
Michele, tu conosci Tarozzi da molto tempo. Che tipo è?

Ce l’ho da quattro anni e sì, lo conosco bene. Negli ultimi tempi è maturato molto e potrà fare bene. E’ un passista. Un passista che sa andare all’attacco e questa cosa mi piace perché dell’andare in fuga ho fatto l’emblema della mia carriera. A volte sbaglia ancora un po’, ma ci sta in questa categoria.

Che “motore” ha? Che corridore vedremo tra i pro’?

Manuele ha un margine enorme. E’ maturato tardi rispetto ad altri. Fino a quest’anno non aveva mai fatto il corridore al 100% si può dire. Ma con lo staff ci abbiamo lavorato molto. Abbiamo avuto pazienza e anche lui crede di più nelle sue possibilità. Dopo aver raccolto qualche risultato in estate è aumentata la sua autostima. Al Giro U23 ci si aspettava di più, bisogna ammetterlo, ma dopo il bel campionato italiano con i pro’ ha acquisito credibilità. E lo stesso ha fatto chi doveva notarlo.

Tarozzi in azione al campionato italiano di Imola dove è stato autore di una grande prestazione
Tarozzi in azione al campionato italiano di Imola dove è stato autore di una grande prestazione
Perché hai detto che non faceva la vita al 100%?

Non che non la volesse fare per pigrizia, ma perché lui era un tipo un po’ “naif”. Inoltre non credeva troppo nei suoi mezzi. O meglio, non ne aveva la consapevolezza. E non aveva la totale cognizione di quel che stava facendo. Magari non mangiava bene, non si allenava sempre al massimo. E qui basta fare le cose all’85% che gli altri ti scappano via. Perché okay che il ciclismo è cambiato, ma certe regole valgono sempre. Si trattava di una crescita generale.

Prima hai detto che è maturato tardi. In effetti lui è un classe 1998. Ai tempi di oggi per alcuni è “vecchio”. Ha rischiato di non passare…

Sappiamo che tutto è accelerato oggi. E a me questa cosa piace poco. Per me uno juniores dovrebbe fare lo juniores, un under 23 l’under 23. Ma questa è la situazione. Negli ultimi tempi, vuoi per gli allenamenti, vuoi per l’alimentazione… molti maturano prima ma non è questa la norma. Chi passa giovanissimo e poi vince è un’eccezione. Quindi sì: in questo ciclismo Tarozzi ha rischiato di non passare essendo un 1998. Ha fatto 5 anni anni da dilettante.

E non ha avuto paura di “restare a piedi”?

Beh, certo. Specie dopo il Giro aveva tanti dubbi. Non è stato facile farlo restare sul pezzo. Fargli capire che aveva i numeri a posto. Ma è stato facile dopo cinque anni tra gli under e continuando a vedere corridori più piccoli fare il salto.

Quest’anno il corridore di Coppolillo ha vinto due gare: il Trofeo Malmantile (in foto) e il Giro delle Due Province
Quest’anno Tarozzi ha vinto due gare: il Trofeo Malmantile (in foto) e il Giro delle Due Province
C’erano già stati dei contatti con la Bardiani prima del Giro U23?

Si era accennato a qualcosa, ma poi servivano i risultati. Da parte di Tarozzi serviva costanza. E non bisognava arrivare bene una volta e poi sparire per un mese. Ma come ripeto da parte mia e di tutto lo staff ci sono stati tanta pazienza e tanto lavoro.

Che difficoltà incontrerà, conoscendolo?

I primi tempi non sarà facile l’impatto con la categoria, non dovrà mollare anche se gli altri si aspetteranno grandi cose da lui. Stare alla Bardiani però è una fortuna: non ti mette pressione. A me per esempio diedero tempo. Non ci sono gerarchie bene definite, tattiche troppo ristrette e per un neopro’ questo è un vantaggio. Ricordo che nei primi tempi Bruno Reverberi non mi ha mai detto: tu non vai in fuga, o vai a tirare… Avevo carta bianca. Ho potuto correre a modo mio. Magari buttando delle corse al vento, ma mi fu data la possibilità di mettermi in luce.

E poi è tutto in salsa emiliano-romagnola. Tarozzi si sentirà a casa…

Eh sì, sarà un binomio perfetto: un romagnolo in un team emiliano. Poi nessuno ha la bacchetta magica però… è un buona possibilità per Tarozzi e per i giovani come lui.

Friuli, lampi d’Italia con Zurlo. E la Bardiani lavora

06.09.2021
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Si è concluso ieri a Pordenone il Giro del Friuli. Ad aggiudicarselo è stato il tedesco Jonas Rapp del Team Hrinkow. Fra i corridori che si sono messi in evidenza nelle tre tappe, Matteo Zurlo, della Zalf Desirée Fior, ha vinto la prima e si è portato a casa la maglia di miglior scalatore.

Fra i 33 team partecipanti, provenienti da tutto il mondo, sono spuntate anche la Bardiani CSF Faizanè e la Kern Pharma. La prima, guidata in ammiraglia da Mirko Rossato, ha schierato un team giovane ed affamato: Samuele Zoccarato, Enrico Zanoncello, Johnatan Canaveral, Fabio Mazzucco e Luca Covili. Ma nonostante la giovane età, la presenza di team professional ha rappresentato un’eccezione cui probabilmente dovremo abituarci.

Ci siamo fatti raccontare da loro com’è andato questo Giro del Friuli, organizzato, come negli ultimi quattro anni dalla Libertas Ceresetto. Hanno dato nuova linfa vitale ad una corsa importante e che grazie al presidente del team Andrea Cecchini ha ritrovato slancio internazionale. Apre le danze Zurlo, già sentito dopo la vittoria al Giro del Veneto di inizio luglio.

Zurlo in fuga con D’Aiuto nella prima tappa, ma staccherà anche lui (foto Bolgan)
Zurlo in fuga con D’Aiuto nella prima tappa, ma staccherà anche lui (foto Bolgan)
Cosa hai fatto dall’ultima volta che ci siamo sentiti?

Ho corso tanto – dice ridendo – diciamo che ho sfruttato il periodo di forma ed è da un paio di mesi che non mi fermo.

Ti sei tenuto in forma, facendoti trovare pronto per questo Giro del Friuli…

La prima tappa era il mio obiettivo, era la più adatta a me e mi sono lanciato, è andata bene. Poi vincere in una corsa internazionale come questa è sempre bello ed emozionante. Il parco dei partenti era numeroso e davvero competitivo. Mi sono messo in mostra, sperando di aver colpito qualcuno in positivo.

Tu hai corso anche tra i professionisti all’Adriatica Ionica Race, che differenze hai trovato?

In quel caso ero “immerso” nel mondo dei grandi ed il modo di correre è differente, ci si gestisce molto di più. Mentre nei dilettanti si corre sempre in maniera frenetica. In questo caso c’erano due squadre professional, Bardiani e Kern Pharma. Però è toccato a loro adattarsi ai nostri ritmi, quindi la differenza non si nota, come invece succede nel caso opposto.

A proposito, hai novità dall’ultima volta sul tuo futuro? Potrai far parte del mondo dei grandi anche tu?

Per il momento non ho offerte, spero di riceverne. Non ho fretta, se dovesse arrivare un’offerta però l’accetterei subito, ho voglia di mettermi in mostra, ma so che qui alla Zalf un posto per me c’è e da questo punto di vista sono sereno.

Bardiani al lavoro

Sentiamo, ora, uno dei team professional presenti alla corsa. Mirko Rossato ci parla della sua Bardiani e del loro futuro, lo intercettiamo di ritorno da una riunione in sede…

Come mai avete scelto il Giro del Friuli?

E’ una corsa molto competitiva, siamo contenti di essere venuti. La competizione era elevata, come giusto che sia in questo genere di gare. Non venivamo con obiettivi di classifica, volevamo mettere chilometri nelle gambe a corridori che hanno avuto meno spazio in altre occasioni.

Ultima tappa a Daniel Auer, austriaco classe 1994 (foto Bolgan)
Ultima tappa a Daniel Auer, austriaco classe 1994 (foto Bolgan)
Che effetto fa tornare in questo mondo?

Sono felice di aver rivisto vecchi amici e colleghi a cui sono molto legato. Poi è bello vedere corridori nuovi che altrimenti faresti fatica a notare, ci sono dei ragazzi interessanti, come Matteo Zurlo che ha vinto la prima tappa.

Vi aspettavate un livello così alto?

Mi aspettavo un modo diverso di correre, infatti è stato difficile per i nostri interpretare la corsa. Conta che la media nelle prime due ore era sempre intorno ai 50 all’ora. Ovviamente sapevamo del livello elevato, altrimenti non avremmo scelto questa corsa. E’ stato un bel banco di prova, ora abbiamo tanti appuntamenti da preparare per il finale di stagione in Italia, con il Matteotti, il Giro di Sicilia, il Lombardia, l’Agostoni…

Le maglie da sinistra. Giovani a Martinelli, scalatori a Zurlo, leader a Rapp, traguardi volanti a Stockman, punti a Puppio (foto Bolgan)
Le maglie da sinistra. Giovani a Martinelli, scalatori a Zurlo, leader a Rapp, traguardi volanti a Stockman, punti a Puppio (foto Bolgan)
Insomma, un finale intenso. E per la prossima stagione, è tutto pronto per il team U23?

Vogliamo scoprire i campioni di domani. Verranno aggregati al team professional, correranno le classiche della loro categoria, ma saranno trattati da professionisti. Faranno i ritiri con la squadra e potranno essere scelti e schierati nelle gare della categoria superiore, qualora lo meritassero. Un po’ come la Uno X, la squadra norvegese. 

Zaccanti licenziato dalla Bardiani: proviamo a capire

04.09.2021
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A Lugano quelli della Bardiani si erano ritirati tutti tranne Garosio. Giornata infernale per la squadra di Reverberi e per il resto del gruppo, dato che al traguardo nella corsa vinta da Moscon erano arrivati soltanto in 45. Per questo il mattino successivo, 28 giugno, uscendo in bici Zaccanti non aveva fatto che programmare la seconda parte della stagione. Immaginando un ritiro in altura, ad esempio, come quello fatto con Masnada alla vigilia del campionato italiano. Nell’ultimo periodo era riuscito a fare tre corse filate, novità assoluta per il suo calendario spelacchiato del 2021. Senza idea di quale sarebbe stata la gara successiva era arrivato a casa, trovando nella buca delle lettere una raccomandata. La mandava la Bardiani, la sua squadra. C’era scritto che lo licenziavano per mancanza di impegno e di risultati.

Un cazzotto nella pancia non gli avrebbe tolto il fiato allo stesso modo. Dopo una vita, gli stavano sfilando la bici di sotto, lasciandolo a 25 anni con una vita da reinventare. Filippo Zaccanti, scalatore. Passato alla Bardiani per la chiusura della Nippo-Fantini, in una fusione voluta dagli sponsor ma probabilmente mai accettata sino in fondo da Reverberi. Tre vittorie al secondo anno da professionista. Un Covid interminabile alla terza. Il licenziamento alla quarta.

Presentazione delle squadre alla Japan Cup, corsa importantissima per la Nippo, sponsor giapponese
Presentazione delle squadre alla Japan Cup, corsa importantissima per la Nippo, sponsor giapponese

Acerbo ma generoso

Non è detto che tutti meritino di passare professionisti e poi siano destinati ad avere una carriera gloriosa. Eppure alla Nippo-Fantini in cui ha trascorso i primi due anni di professionismo, Zaccanti era ben considerato. Nella sua relazione a Reverberi, Mario Manzoni, diesse del team giapponese poi passato alla Bardiani e a sua volta non confermato, espresse un parere favorevole.

«E’ un ragazzo che sa vincere – dice ora il tecnico bergamasco – e che all’occorrenza si è messo a disposizione della squadra. Un ragazzo certamente acerbo, anche perché al tempo aveva 23 anni, ma molto generoso. Però se li prendi così giovani, hai quasi l’obbligo morale di farli crescere, anziché alimentare il tritacarne che si è creato da qualche anno a questa parte. Credo se la Nippo non avesse chiuso, Filippo sarebbe stato confermato».

Magari, insomma, Zaccanti non sarebbe entrato nella storia dello sport, ma interrompere un contratto per cause da dimostrare e non previste è un’altra storia.

La vita nuova

Oggi Filippo lavora in un’azienda che realizza serrande e porte basculanti per garage. Si alza ogni mattina alle 6. Va al lavoro. Rientra per pranzo e mangia quello che la sua compagna Silvia gli fa trovare in tavola. Poi torna subito al lavoro e ci rimane fino alle 17,30 oppure oltre se c’è da fare qualche straordinario. Ma la porta non è chiusa e la ferita brucia ancora.

Come stai?

Sono stato fortunato a trovare lavoro. Mi sono sbattuto e alla fine non sono a spasso. Lavoro in provincia di Bergamo.

Come stai davvero?

Come sto… L’ho vissuta male, la vivo male ancora adesso anche se va un po’ meglio. Sono rimasto senza lavoro e senza la mia passione che era diventata un lavoro. E quando ho provato a chiamare Roberto Reverberi, non mi ha risposto.

Si poteva immaginare che finisse così?

Che non tirasse una grande aria lo avevo già visto l’anno scorso. Sono stato positivo al Covid e fra luglio e agosto sono rimasto da solo in casa, perché ho impiegato più di un mese per tornare negativo. La squadra nel frattempo ha fatto il suo ritiro e al rientro non avevo grandi sensazioni per la preparazione saltata. Così non ho finito le tre corse cui mi hanno mandato. Quest’anno la stessa cosa, in più mi rendevo conto che nelle riunioni prima delle corse non venivo proprio considerato. Io ho fatto il possibile, fisicamente stavo bene. Ma è dura che una squadra venga a cercarti se ti licenziano e non hai risultati.

E’ passato nel 2018 alla Nippo-Fantini, centrando tre vittorie
E’ passato nel 2018 alla Nippo-Fantini, centrando tre vittorie
Arrivavi dalla Nippo come Manzoni, forse quella fusione non ha mai funzionato…

Non ho mai pensato a questo, di sicuro non è finita bene. Alla Nippo c’era un ottimo ambiente, con i colleghi, lo staff e i direttori. Là c’era Manzoni, forse il miglior direttore sportivo che ho avuto, senza nulla togliere a Lanfranchi fra gli juniores e Valoti negli under 23. Uno di carattere, che non ha mai avuto problemi a dire quello che pensava.

Guardando il tuo calendario 2021, non hai fatto una grande attività.

Ho fatto una gara ogni due mesi. Sono andato anche al Circuito del Porto, che sarà pure una gara prestigiosa, ma resta una prova per dilettanti completamente piatta, quindi non adatta a me. Però sono stato zitto e ho lavorato per la squadra, con Lonardi che ha fatto terzo. Dopo il Porto, che era il 2 maggio, ho corso nuovamente al campionato italiano di fine giugno.

Nel frattempo ti sei allenato?

Io credo di aver fatto la mia parte. I dati che ho e che posso anche mostrare, perché sono su tutte le piattaforme, dicono che ho lavorato come deve fare un professionista. Ho preparato l’italiano al Livigno. D’inverno sono andato al caldo. Nella raccomandata si parla di mancanza di impegno e di risultati. Sull’impegno non sono d’accordo, i risultati sono mancati perché se non corri, non trovi la condizione e non hai la base. Il mio preparatore era in difficoltà: che cosa prepari se non sai dove correrai?

Da under 23, Filippo Zaccanti ha corso con il Team Colpack vincendo quattro corse
Da under 23, Filippo Zaccanti ha corso con il Team Colpack vincendo quattro corse
Sei mai stati richiamato prima perché non lavoravi abbastanza?

Sì alla fine dell’anno scorso. Poi abbiamo fatto gli esami del sangue e da vari controlli era emerso che non stavo bene e avevo un virus in corso.

Che cosa hanno detto i tuoi procuratori?

Sono con Carera e anche loro sono rimasti male. Addirittura è uscito un articolo in cui si diceva che io avessi rescisso il contratto volontariamente. Non so chi abbia messo in giro la voce.

Hai più preso la bici?

Il giorno dopo la lettera, i colleghi della zona mi chiamarono per andare ad allenarci e mi toccò spiegargli la cosa. Rimasero malissimo anche loro. All’inizio avevo voglia di allenarmi, ma quando sei stato abituato a considerare il ciclismo una cosa seria, che senso ha uscire senza un obiettivo? Invece la settimana scorsa ero in ferie dal lavoro, ho visto la bici e ho provato a prenderla. Ma ho fatto una fatica che non avrei mai immaginato…

In quattro anni hai mai visto tra i pro’ lo Zaccanti della Colpack?

Mai del tutto. Il primo anno è stato di ingresso. Al secondo, nonostante le fratture della clavicola e di una mano, ho vinto una tappa al Tour of Korea, poi un’altra tappa e la classifica al Tour of Hokkaido e la classifica della montagna al Tour of Japan, che per la squadra giapponese era importante. Il 2020 non lo posso considerare per il Covid, mentre quest’anno…

Nel 2020, Zaccanti ha partecipato al Tour Colombia, prima della chiusura Covid. Eccolo in fuga con il numero 216
Nel 2020, Zaccanti ha partecipato al Tour Colombia, prima della chiusura Covid. Eccolo in fuga con il numero 216
A casa come l’hanno presa?

Male la mia ragazza e male la mia famiglia. Ho investito tutta la vita su qualcosa che poi è finita così. Se mi licenziassero dalla ditta di adesso, sarei meno sorpreso. Quando fai il corridore è come se studiassi tutta la vita per avere uno sbocco. E io credo di aver fatto le cose a posto, ma lo sbocco non c’è più stato. E vi garantisco che al ciclismo ho dedicato tanto e per il ciclismo ho rinunciato a tanto…

Risponde Reverberi

Le campane vanno fatte suonare tutte e così abbiamo chiamato anche Roberto Reverberi, cogliendolo al Giro del Friuli. Domanda diretta: perché Zaccanti non è più con voi?

«Perché non finiva le corse – ha risposto – ragione per la quale era stato avvisato già l’anno precedente. Ha corso poco, ma quando è venuto a correre il problema non era che gli mancasse il ritmo, ma che si fermava davvero presto. E poi dalla lettura dei dati, si vede che non si allenava come avrebbe dovuto. E poi altri motivi che non è il caso di dire…».

Le posizioni sono chiaramente agli opposti. Della vicenda si occuperà probabilmente l’Uci: succede così quando un contratto viene rescisso in modo anomalo. Racconta Johnny Carera che Bruno Reverberi non ha voluto sentire ragioni. Nella stessa data, a fine giugno, la squadra ha licenziato anche Kevin Rivera che però ha trovato un accordo e sarebbe già a posto per la prossima stagione. A partire dal 2022 la Bardiani avrà al suo interno anche la squadra under 23 in cui confluiranno atleti juniores. Passare al professionismo non è come andare al parco giochi, la storia di Zaccanti ne è solo un esempio.

Visconti, come è cambiato il ciclismo con i social network?

24.08.2021
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I social network hanno cambiato il modo di vivere dei corridori, creando sempre più distanza nei rapporti tra di loro e sempre più vicinanza con un mondo fittizio, quello virtuale. Un mondo che a volte restituisce immagini un po’ illusorie, non sempre così vicine alla realtà e nelle quali c’è una buona dose di apparenza.

Facendo un paragone, “il nuovo mondo” a volte sembra richiami i tempi del far west, dove tutto è permesso e non ci sono regole univoche. A dirci come stanno veramente le cose ci pensa Giovanni Visconti, in forza al team Bardiani-CSF Faizané dal 2021, e che vanta un passato (ma anche un presente) da grandissimo corridore.

Primoz Roglic che consulta il cellulare in un momento di relax (foto Jumbo Visma)
Primoz Roglic che consulta il cellulare in un momento di relax (foto Jumbo Visma)
Come è cambiato il ciclismo con i social?

Innanzitutto è cambiato il rapporto tra i corridori perché prima c’era una sorta di menefreghismo rispetto a quello che faceva l’altro. Adesso invece è diventata una lotta a chi fa più chilometri in bici. Da qui nasce anche la questione dei giovani che vogliono simulare quello che fanno i professionisti, perché oramai basta guardare i vari social network come Strava e Instagram per vedere in che modo si allena un pro’. Questo spinge i giovani a fare sempre di più: un allievo fa quello che dovrebbe fare uno junior, uno junior fa quello che dovrebbe fare un under 23 ed ecco che l’under 23 fa quello che dovrebbe fare un professionista. Bruci le tappe e questo non va bene. Il neoprofessionista non esiste più perché alla fine i giovani fanno i professionisti sin da subito, anche a causa di questo fenomeno di emulazione.

Ti è mai capitato sui social di leggere commenti brutti su di te?

Certo, questo aspetto può essere un pro e un contro. Perché nel momento in cui vai forte e vinci, tutti ti fanno sembrare un eroe e ti riempiono di complimenti. Se poi però le cose non vanno come dovrebbero andare ti arrivano molte critiche ed insulti, a volte anche pesanti. Se il corridore è un po’ debole caratterialmente può rischiare di deprimersi. Ti faccio un esempio: in questo momento anche io sono un po’ fragile a livello mentale, nonostante abbia trovato il mio ambiente ideale, però non è stata una stagione facilissima per me. L’altro giorno dopo aver postato sui social una foto della mia bici ho ricevuto un commento di cattivo gusto: «Se questa è la bici che ti ha fatto andare così forte quest’anno siamo a posto». E vi dico che ci sono rimasto un po’ male. Anche perché non posso mettermi di spiegare a tutti cosa mi è successo quest’anno.

Un sorridente Lorenzo Fortunato impegnato in una conversazione (foto instagram)
Un sorridente Lorenzo Fortunato impegnato in una conversazione (foto Instagram)
Cosa ti è successo?

Ho avuto dei problemi fisici e adesso stiamo facendo alcune valutazioni, con lo staff della squadra, per valutare quando sarà il momento giusto per tornare alle corse.

I giovani del gruppo come vivono l’aspetto dei social?

I giovani adesso hanno molte persone che li assistono: il preparatore, il nutrizionista, il massaggiatore. Insomma sono guidati al 100%, ma quando vai al di fuori di questo, non c’è qualcuno che ti aiuti a non sprofondare. Ad esempio un altro fattore che sta subendo in modo pazzesco l’influenza dei social è quello dell’alimentazione. Tutti vogliono essere sempre più magri e appena un corridore fa 200 chilometri, si pensa subito di fare di più per superarlo.

Sono più i contro che i pro…

Assolutamente! L’altro giorno ero insieme a Paolo Bettini e abbiamo ricordato quando negli anni passati andavamo a mangiare durante le corse a tappe. Erano momenti quasi di festa, di spensieratezza. Adesso ti contano anche i cucchiaini di marmellata che metti sulle fette biscottate. Pesano tutto. Ultimamente per sdrammatizzare ho pubblicato una storia su Instagram in cui mettevo il cornetto con la crema sulla bilancia. Prima c’era più libertà, anche per mangiarsi una fetta di pane e Nutella. Ora queste cose non le fai più, soprattutto perché vedi che gli altri non le fanno e ti lasci condizionare.

Il rapporto virtuale con l’altro diventa quasi una schiavitù?

Sì, ma durante le corse a tappe la cosa migliore sarebbe proprio quella di non utilizzare i social network. Forse la squadra potrebbe vietare di farlo, anche se la vedo dura.

Il cellulare è diventato uno strumento dal quale difficilmente ci si stacca (foto Instagram)
Il cellulare è diventato uno strumento dal quale difficilmente ci si stacca (foto Instagram)
Si sprecano molte energie?

Tantissime! Spesso sbaglio anche io ad utilizzarli in modo eccessivo, sebbene io sia uno dei superstiti che cerca ancora di fare gruppo insieme agli altri, di scherzare un po’. Non sarebbe meglio starcene insieme a chiacchierare anziché guardare i cellulari? Invece sul bus tutti sono incollati al telefono e a tavola idem. L’utilizzo spietato del cellulare, in generale, ha rovinato lo stile di vita della gente. Quando ho iniziato a correre da professionista c’era meno stress, meno sofferenza. Oggi accade qualcosa dall’altra parte del mondo e la notizia ci mette un secondo per arrivare sui social.

Cosa si potrebbe fare secondo il tuo punto di vista?

Oggi c’è un punto di riferimento per qualsiasi cosa. Per l’alimentazione, per la biomeccanica, per i massaggi. Io dico che adesso è arrivato il momento di inserire anche uno psicologo all’interno di un team che aiuti i corridori a sostenere il peso eccessivo che si accumula “sulle spalle” e soprattutto nella testa. I social, secondo me, fanno più male che bene. Alla fine quando fai qualcosa di bello e passi un momento spensierato dovresti condividerlo solo con la famiglia, con gli amici. Perché dobbiamo far vedere a chiunque le cose belle che ci capitano, tramite i social network?

L’Avenir ci consegna uno Zana internazionale

23.08.2021
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Ieri siamo stati rapiti dal duello sul filo dei secondi fra Johannessen e Rodriguez, ma non ci siamo dimenticati del nostro Filippo Zana, bravissimo terzo sul Piccolo San Bernardo e nella classifica generale dell’Avenir.

Il corridore della Bardiani Csf Faizanè è stato autore di un Tour davvero buono, corso con “spalle larghe e petto in fuori”. Un’esperienza così ti fa maturare, ti dà consapevolezza e ti lancia ancora di più sul piano internazionale. Con lui partiamo dalla fine, dall’incredibile epilogo del Tour dell’Avenir sul Piccolo San Bernardo.

Zana al termine della 7ª sul Grand Colombier dove è stato secondo
Zana al termine della 7ª sul Grand Colombier dove è stato secondo
Filippo è fatta…

Ieri quando ho superato quota 2.500 metri ho un po’ accusato e quando è scattato Rodriguez non ne avevo proprio per andargli dietro. Ho cercato di stare con la maglia gialla e ho attaccato ai 4,5 chilometri dalla fine. Dai, alla fine è stato un bellissimo terzo posto. Siamo sempre stati lì, segno che stavo bene. Sono molto contento.

Che sei contento si vede dagli occhi…

E’ mancata la vittoria ma ci accontentiamo. E’ stata una bellissima stagione sin qui e spero di continuare e di finirla così. 

Col senno del poi c’è un qualcosa di questo Avenir che non rifaresti?

Sì. Nella tappa dei ventagli ho dormito un po’. Ero riuscito a prendere il ventaglio giusto, ma poi ho sbagliato e sono rimasto con il secondo gruppo. Quel giorno ho perso un minutino. E’ questo il più grande rammarico che ho di questo mio Tour de l’Avenir. 

Puoi consolarti però: a conti fatti non sarebbe cambiato niente vista la classifica finale…

Esatto, non sarebbe cambiato niente, però si cerca sempre di fare le cose al meglio.

Alla fine ha chiuso ha terzo posto con 2’05” di ritardo da Tobias Johannessen
Alla fine ha chiuso ha terzo posto con 2’05” di ritardo da Tobias Johannessen
Il tuo futuro è ancora nella Bardiani?

Penso di sì. Questa settimana farò un po’ di riposo e poi deciderò. Vedremo cosa succederà. Comunque quasi sicuramente resterò.

Quali saranno le tue prossime gare?

Penso quelle in Italia. Dobbiamo ancora vedere esattamente quali, ma più o meno tutte quelle fino al Lombardia che, credo, sia la fine della mia stagione. Perché ci sono altre corse quest’anno, tipo quelle organizzate da Pozzato, il Giro del Veneto, però non so se si faranno. E poi sarà che adesso sono così stanco che fino ad ottobre inoltrato è lunga!

Questo Avenir ti dà una grande visibilità. Inizi ad essere un corridore appetibile per il WorldTour: ci pensi oppure c’è la voglia di poter costruire qualcosa in una squadra tutta italiana?

Io lo spero. Credo sia il sogno di tutti quando iniziano a correre in bici di fare il Giro d’Italia e il Tour de France. Ma penso anche che bisogna crescere. Ho ancora tanto da imparare, quindi non bisogna fare il passo più lungo della gamba. Bisogna farne uno per volta ed essere pronti quando sarà il momento giusto.

Azzurri compatti intorno a Filippo e sempre sul pezzo. Baroncini (in primo piano) presente su ogni terreno
Azzurri compatti intorno a Filippo e sempre sul pezzo. Baroncini (in primo piano) presente su ogni terreno
Cosa ti ha impressionato di più di questo Avenir? E cosa ti aspettavi prima di partire?

Impressionato niente: si sapeva che c’era gente forte e il fatto che in salita sia sempre stato con i migliori mi è piaciuto. Rivedendo i dati siamo andati veramente forte e di questo sono soddisfatto. Sono arrivato pronto, penso nella miglior condizione dell’anno, e pertanto sapevo che potevo far bene. Poi non c’è niente di scontato. La squadra, la nazionale, ha sempre lavorato al meglio. Anche ieri Frigo, Garofoli, ma anche gli altri che erano nella fuga, mi sono stati vicino. E se non ci fossero stati loro non so come sarebbe andata. E devo ringraziare anche la famiglia Reverberi che mi ha dato tantissime possibilità quest’anno. Come ho già detto, mi ha permesso di fare un calendario super.

A proposito di squadra, ti sei sentito con i compagni? “Zio” Visconti ti ha dato qualche dritta?

Sì – ride Zana – mi sono scritto con loro. E anche con Visconti. Da quando c’è lui in squadra c’è una bella differenza. Mi scrive sempre e ci prendiamo anche un po’ in giro. E’ bello così: si scherza. Giovanni ci dà quelle indicazioni in più che possono fare la differenza. Io e i miei compagni più giovani non possiamo che ringraziarlo perché quest’anno ci ha fatto crescere molto. Ed è anche merito suo se stiamo facendo una bella annata.

Battaglin, testa divisa tra le gare italiane e… il bimbo in arrivo

19.08.2021
5 min
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Per Enrico Battaglin questa doveva essere la stagione del grande riscatto. Il veneto era ritornato alla corte dei Reverberi con parecchio entusiasmo pensando, giustamente, di tornare a vincere. Aveva optato per un avvio di stagione diverso, un po’ più lento, per essere al top al Giro d’Italia. Le cose non sono andate esattamente così. Tuttavia Enrico non ha perso il suo mordente.

Quando lo raggiungiamo è al Tour du Limousine, breve corsa a tappe nel centro-sud della Francia. Il corridore della Bardiani Csf Faizanè era ancora sul bus: le tappe finiscono molto tardi, tanto che alle 19 ancora doveva iniziare il massaggio. Però c’è il tempo per analizzare la stagione e cosa non ha funzionato a dovere.

Battaglin saluta dal palco del Tour du Limousin
Battaglin saluta dal palco del Tour du Limousin
Enrico, che voto dai alla tua stagione qui?

Mi dò la sufficienza dopo l’inizio non facile. Al Giro sono finito in terra due volte ed ho faticato sempre moltissimo. Sono andato avanti di carattere e ho ottenuto un sesto posto in una tappa. Dopo la corsa rosa ho iniziato a pensare all’estate, che tutto sommato è iniziata bene. Terzo al Giro dell’Appennino, al Gp Lugano stavo andando bene ma avuto un problema meccanico, mentre al Sibiu Tour e in Sardegna ho avuto buone sensazioni. Mi sono fermato qualche giorno e adesso devo riprendere la condizione. Non sono brillante come a luglio e infatti sto faticando qui al Limousin.

Qual è l’obiettivo da qui a fine stagione?

Fare bene nelle corse in Italia a settembre. Ma è anche vero che in quel mese mi nasce un figlio e vorrei spingere forte nella prima parte per avere un ottobre un po’ più libero. Insomma vivrò alla giornata, per questo farò gare singole, che gestirò anche in base alla data del parto che è previsto per fine mese.

Auguri allora! Avete già scelto il nome?

Al 99% si chiamerà Pietro. Mi piacerebbe esserci dopo la sua nascita, per aiutare la mamma.

Quindi hai parlato anche con Roberto Reverberi per la gestione delle tue gare di settembre?

Non ci ho ancora parlato ma lui lo sa. E se dovessi saltare una corsa a fine stagione non credo sarà un grande problema. Meglio che la nascita arrivi a fine stagione che nei primi mesi! Anch’io così ho più tempo per adattarmi.

Beh, di sicuro partirai per il prossimo ritiro di dicembre molto più motivato: potrai dormire serenamente, senza alzatacce notturne!

Ah, ah, ah… Me lo stanno dicendo in tanti, vedremo!

Battaglin (classe 1989) è in scadenza di contratto ma dovrebbe restare alla Bardiani
Battaglin (classe 1989) è in scadenza di contratto ma dovrebbe restare alla Bardiani
Ti aspettavi un ritorno così alla Bardiani?

Sapevo che non era facile riaffermarsi. Dopo cinque anni di WorldTour mi accorgo che c’è sempre un po’ di quel “nonnismo” in gruppo che noi professional subiamo, ma alla fine ci mettiamo tutti tanto carattere. Da parte mia spero sempre di riuscire a fare meglio. Quando arrivi davanti devi essere contento, anche se non vinci, perché oggi il livello è alto e “performare” è sempre più difficile.

Con i giovani che sono super preparati e che sanno già moltissimo è dura, dalla loro hanno il fatto che hanno vent’anni e sono al massimo…

Vero, e per assurdo il problema riguarda proprio molti di questi giovani, perché non tutti sono fenomeni e c’è qualcuno che ha bisogno di più tempo per maturare. Io li vedo e ripenso a quando avevo la loro età, era tutto diverso e se non riesci ad affermarti subito poi è dura.

Quali sono state le difficoltà di questa prima parte di stagione?

Per me, ma per noi direi, azzeccare la fuga vale come mezza tappa. Quest’anno al Giro c’è stata sempre grande battaglia, ogni giorno c’era un’ora e mezza di guerra per andare in fuga. Una volta era più facile. Noi abbiamo sempre cercato di farlo col massimo dell’impegno, ma il livello era esponenziale.

Sei stato tanti anni nel WorldTour, pensi di aver portato qualcosa di questa tua esperienza ad alti livelli?

Credo di sì. Dò dei consigli ai ragazzi su come interpretare le gare importanti che ho fatto e soprattutto cerco di far capire loro come pensano le WorldTour. Per esempio in gara gli dico: facciamo così perché per me adesso loro faranno questa mossa. E lo stesso vale sull’alimentazione.

Fino a qualche anno fa il veneto era dotato di un ottimo spunto veloce, specie sui finali duri
Fino a qualche anno fa il veneto era dotato di un ottimo spunto veloce, specie sui finali duri
E tu, come ti senti dopo tanti anni? Cosa è cambiato in Battaglin?

Beh, lo spunto veloce un po’ si è arrugginito, anche se ogni tanto ricompare. I valori numerici della sparata massimale un po’ sono scesi, ma è normale. Ma di testa sono più forte. So gestire meglio lo sforzo e riesco a passare meglio i momenti brutti. Sono professionista dal 2012 e sono consapevole di essere nella seconda parte della carriera. Se la forza massima non è più la stessa e anche vero che il livello è molto più alto. Tu pensi di essere un brocco ma poi se vai a vedere i tuoi valori sono ottimi. Ne parliamo spesso a tavola con i ragazzi: tutti noi negli ultimi dieci anni siamo migliorati ma sembra invece che andiamo più piano, visti i risultati. Con quei valori una volta facevi bene, adesso non bastano più.

Prima, Enrico, hai parlato di gare italiane: ce n’è qualcuna che ti attira particolarmente?

Mi piacerebbe far bene il nuovo Giro del Veneto, a metà ottobre, una parte della corsa passa proprio vicino casa, ma bisognerà vedere come sarò messo con il bimbo. Ammetto che in questo momento la mia testa è molto distratta dalla nascita e non mi è facile restare sempre concentrato. Anche qui, sei sempre con un occhio su quello che succede a casa, se ti chiamano… Ma se le cose andranno nel verso giusto, cioè che nascerà prima del 25 settembre, la scadenza che ci hanno indicato, magari per questa gara potrei esserci e fare bene.

E noi te lo auguriamo, caro Enrico. Sarebbe l’occasione perfetta per festeggiare alla grande, magari con un ciuccio già pronto in tasca.

Zana Sazka 2021

Zana, storia di una vittoria vissuta metro per metro

11.08.2021
4 min
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Ultima tappa del Sazka Tour. Siamo in Repubblica Ceka ma la partecipazione è davvero qualificata, molti soprattutto i giovani in gara per effettuare le prove generali dell’imminente Tour de l’Avenir, anche se l’Intermarché Wanty Gobert non fa mistero di voler portare a casa la corsa con due vecchi marpioni come Rein Taaramae (EST) e Jan Hirt (CZE). In classifica però comanda un italiano, Filippo Zana (Bardiani CSF Faizané) che nella frazione precedente aveva fatto il vuoto insieme al norvegese Tobias Halland Johannessen (Uno-X Dare Development Team). Zana ha un bottino di 22”, in altri momenti potrebbe essere sufficiente, ma alla partenza c’è un’aria strana…

I compagni di squadra di Zana gli sono tutti attorno: che correranno per lui è scontato, che lo proteggeranno altrettanto, ma il messaggio arrivato dall’ammiraglia è chiaro: «Filippo, devi stargli incollato alla sella, non perderlo mai di vista perché non si è rassegnato…».

Zana Bardiani 2021
Filippo Zana scortato dalla sua squadra: al Sazka Tour la formazione di Reverberi ha dato una bella lezione di ciclismo
Zana Bardiani 2021
Filippo Zana scortato dalla sua squadra: al Sazka Tour la formazione di Reverberi ha dato una bella lezione di ciclismo

Taaramae? Non è lui il nemico…

E’ vero che Taaramae ha ancora velleità, in fin dei conti è a 29” e l’estone sa come si corre una gara a tappe, eppure tutti puntano dritto sul norvegese, che all’Avenir dicono voglia sbancare e raccogliere il testimone dall’ultimo vincitore, il connazionale Tobias Foss per poi approdare in una grande squadra. Filippo ha capito fin troppo bene e non se lo farà sfuggire.

La tappa finale è in circuito e al penultimo giro Taaramae ha sparato la sua cartuccia, anche perché i compagni di squadra di Zana hanno fatto buona guardia. L’estone finirà presto le energie tanto da pensare poi solo a difendere l’ultimo gradino del podio. Johannessen però sembra il gatto pronto a tirare fuori gli artigli, tanto è vero che al traguardo volante batte tutti: ecco che un pochino di quel gruzzolo è già evaporato…

Hai voglia a dire che non è certo una gara del World Tour: sei lì, a un passo dalla vittoria, ma “quello” ci pensa eccome. Paura? Sì, perché negarlo? Un po’ c’è, ma è quella paura sana che ti mantiene concentrato, che ti dice che devi stare attento a non sbagliare. Incollato alla sua sella, così hanno detto e così bisogna fare…

Zana Adriatica 2021
Per Zana 4 vittorie nel 2021 e il quinto posto all’Adriatica Ionica Race, fra i “grandi”
Zana Adriatica 2021
Per Zana 4 vittorie nel 2021 e il quinto posto all’Adriatica Ionica Race, fra i “grandi”

La sfida uomo contro uomo

Ultimo giro e Johannessen parte. Una fucilata. Questa volta non ci sono i compagni, bisogna provvedere da soli. Filippo gli resta attaccato, dietro si fa il vuoto. Uno contro l’altro: la storia del ciclismo è piena di questi testa a testa. Quando Bertoglio e Galdos se le diedero di santa ragione nel finale del Giro ’76, oppure Hinault e Zoetemelk alla tappa conclusiva del Tour ’82 Zana non era ancora nato, ma sa bene che questi finali accrescono il pathos di una corsa e affascinano gli spettatori. Nel loro piccolo, i due stanno scrivendo una piccola pagina di storia.

Johannessen sembra un toro imbufalito, i chilometri scorrono sotto le ruote e sa che deve staccarlo. Il circuito presenta un breve strappo, il norvegese spinge come un forsennato sui pedali ma Zana resta lì, con la sua maglia gialla indosso, ribatte colpo su colpo e ogni metro che passa sente le sue energie crescere. Lo affianca, si guardano e quello sguardo dice tutto: tu vincerai la tappa come hai fatto ieri, sei il più veloce, ma io non cedo.

Zana Sazka Tour 2021
Il podio finale del Sazka Tour con Zana fra Taaramae (3°) e Johannessen (2°)
Zana Sazka Tour 2021
Il podio finale del Sazka Tour con Zana fra Taaramae (3°) e Johannessen (2°)

Ma la partita non è finita…

I due arrivano fianco a fianco. Per Zana è il trionfo, miglior viatico per la corsa francese non ci potrebbe essere. La squadra fa festa, dietro Luca Covili e Davide Gabburo hanno fatto buona guardia finendo anche davanti al gruppo. Sul podio, un nuovo sguardo che sa di avvertimento: la sfida non è finita, ci si rivede sulle Alpi.

Filippo è pronto, tornato a casa ha cambiato le valigie, messo da parte la maglia della Bardiani e ripiegato quella della nazionale. Correre in azzurro è un grande onore ed è pronto a gettarsi nella mischia: in Repubblica Ceka ha visto che la condizione è al suo apice, come doveva essere, ora però si sale di qualche gradino perché non ci sarà solo Johannessen: gente come Umba e Ayuso li conosce bene, ma è il norvegese quello che ha il dente avvelenato…

Da giovani la cronometro non sia un giorno di riposo

11.08.2021
5 min
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L’iniziativa della Bardiani di mettere in strada una propria squadra di under 23 ha un buon sapore di fondo. Se infatti da un lato essa amplifica le difficoltà in cui si muove oggi il movimento giovanile in Italia, dall’altro fa pensare che ci sia in arrivo una nuova forza capace di insegnare il ciclismo nel modo giusto. E’ una somma di pensieri, non necessariamente infallibile. Un filo che collega quel salto nella realtà Jumbo-Visma alle parole di Mattia Cattaneo e all’esperienza di Adriano Malori, entrambi allievi di Rossato in squadre che allora si chiamavano Bottoli e Trevigiani, in cui i due ragazzi (e con loro i fratelli Coledan) impararono anche ad andare forte a cronometro. La formazione deve essere completa, altrimenti all’approdo nel professionismo ci si trova con atleti incapaci di fronteggiare le diverse situazioni. Come voler fare il giornalista senza conoscere l’italiano o saper usare il computer.

«Mi è sempre piaciuto lavorare sulla crono – dice Rossato che in questi giorni si trova al Giro di Danimarca e seguirà il progetto Bardiani U23 – mi piaceva prepararli e poi erano lavori che servivano anche per la strada. Avevo la fortuna di uno sponsor come Wilier che ci dava le bici da crono e tutte le settimane, si lavorava anche per quello».

Campione del mondo

Adriano Malori e Mattia Cattaneo, il primo del 1988, il secondo del 1990. Un campione d’Europa e del mondo, un vincitore di Giro d’Italia.

«Adriano a crono – dice Rossato – andava forte anche da junior, ma con noi fece un bel salto di qualità. Più si allenava e più andava. Io collaboravo con il suo allenatore, all’epoca Sandro Callari. E’ così che dovrebbe andare, il direttore sportivo non è più in grado ormai di fare l’allenatore. Ma se riesce a fare bene i programmi e a incastrarli con la preparazione, allora si lavora bene. E alla fine Adriano vinse l’europeo e il mondiale e poi passò professionista. E al mondiale ci sarebbe arrivato nuovamente, stava crescendo forte, se non avesse avuto quel dannato incidente…».

Cattaneo, quale margine?

Cattaneo al confronto di Malori era meno specialista, ma non per questo meno forte, nonostante la faccia da bambino di quegli anni e il fisico filiforme.

«Mattia aveva un grande motore – ricorda – e dopo aver vinto il GiroBio andammo in Sicilia e arrivò sul podio del campionato italiano a crono. Facevamo allenamenti di crono individuale e di cronosquadre. Fosse per me, nelle categorie giovanili ogni cronometro dovrebbe essere fatta a tutta. E alla fine Mattia sta venendo fuori, dopo tanta sfortuna. In Lampre si stava perdendo fra tanti problemi, Savio ha fatto un grande lavoro nel ridargli fiducia e ora è nella squadra più forte del mondo. Non so se sia tardi per considerarlo il nuovo italiano per le corse a tappe. Ma ricordo che vinse il Pesche Nettarine, il GiroBio e arrivò secondo al Tour de l’Avenir».

Giorno di riposo

Non tutti i corridori che arrivano al professionismo hanno simili curricula. Un po’ perché non tutti sono capaci di simili prestazioni, ma anche perché non tutti lavorano per valorizzarle.

«Arrivano alcuni – dice – che la bici da crono non l’hanno mai usata e continuano a non usarla. In Bardiani la diamo a casa a tutti, gli raccomandiamo di usarla anche semplicemente per imparare a guidarla, in salita e in discesa, nelle curve. La cosa più semplice, dopo un allenamento di cinque ore, è usarla per fare dietro moto. Il professionismo è l’apice, nei grandi Giri quello della crono è un giorno di riposo. Nelle corse più brevi non puoi permettertelo. Guadate cosa succederà qui al Danimarca con la crono l’ultimo giorno, quanta gente perderà posizioni anche buone a causa della crono».

Nella cronometro finale del Tour, Vingegaard ha difeso il 2° posto arrivando terzo nella crono
Nella cronometro finale del Tour, Vingegaard ha difeso il 2° posto arrivando terzo nella crono

Ripartire dalla base

Per tutto questo, l’idea di creare una squadra di under 23 suona come una buona iniziativa, pur aprendo la porta su altre criticità di cui diremo a seguire.

«Abbiamo tutti gli occhi addosso – ammette il padovano – ma è una scelta di cui sono entusiasta. Avremo ragazzi giovanissimi, che faranno un’attività alla loro altezza. Una corsa a tappe al mese e corse solo la domenica, andando a scoprire la Liegi U23 come a volte fa la Colpack e la Ronde de l’Isard. Fermi quando hanno gli esami, senza mettere il naso nelle corse di classe 1 e tantomeno nelle prove WorldTour. Non potevamo fare la continental, ma così forse è anche meglio. Vogliamo provare a individuare i nuovi Ciccone e Colbrelli, cercando di insegnare loro a lavorare nel modo giusto. Crono compresa».

Martinelli, Colnaghi, El Gouzi, il progetto U23. Reverberi raccontaci…

26.07.2021
5 min
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Un vento di novità alla (e dalla) Bardiani Csf Faizanè. La squadra di Roberto Reverberi come da tradizione ha continuato a prendere dei giovani. E per di più italiani, confermandosi un grande sbocco per i nostri under 23. E’ notizia della scorsa settimana dell’arrivo di Alessio Martinelli, Luca Colnaghi ed Omar El Gouzi. E di un progetto molto importante all’orizzonte.

Il progetto under 23

«Prima di parlare di questi ragazzi – ci ha tenuto a dire Roberto Reverberi – bisogna dire che quest’anno abbiamo fatto un discorso più generale. Per il 2022 portiamo avanti un progetto legato agli under 23. L’Uci ci impone di avere 20 corridori e poiché noi professional facciamo fatica a prendere i migliori under, ma anche i migliori juniores che vanno a finire nelle continental delle WorldTour, ci siamo detti: perché non fare, tra quei venti corridori, un gruppo di 7-8 ragazzi under23? 

«Sarebbero professionisti a tutti gli effetti, ma svolgerebbero un calendario internazionale in Italia e all’estero riservato a questa categoria e non solo. Che poi è quello che fanno le continental. Solo che in Italia non si poteva con le professional. Questa regola fu fatta quando ancora non c’erano le continental, così è stata rivista. Ne abbiamo parlato con la Federazione. In pratica questo progetto ricalca quello che fa la Uno-X, la squadra norvegese».

La uno-X è un team norvegese continental con moltissimi U23 che prende parte agli eventi internazionali
La uno-X è un team norvegese continental con moltissimi U23 che prende parte agli eventi internazionali

Una sola affiliazione

La “Bardiani U23” per intenderci non avrà una doppia affiliazione come per esempio fanno Groupama-Fdj o Team Dsm. No, saranno tutti sotto la “stessa bandiera” salvo che i giovani, gli U23 appunto, possono fare il Giro U23, le gare 1.2 e 2.2, come quelle che la squadra di Reverberi ha fatto in Slovenia o a Rodi.

«E se ne hai qualcuno che merita, che sta andando forte, magari lo butti dentro in qualche corsa per soli pro’, come fanno le WorldTour che hanno le continental. Se ne possono schierare massimo due per gara.

«Non so ancora quale di noi quattro tecnici seguirà questo gruppo, ne dobbiamo parlare a giorni, ma potrei dire Rossato. Mirko ha una grande esperienza con i giovani, ci ha già lavorato e conosce bene l’ambiente. Ma ripeto: tutto è da definire».

Alessio Martinelli in azzurro ai mondiali juniores del 2019. Sarà inserito nel progetto U23
Alessio Martinelli in azzurro ai mondiali juniores del 2019. Sarà inserito nel progetto U23

Martinelli per tutti i terreni

Ma passiamo ai tre ragazzi annunciati in settimana. Martinelli, che adesso corre nella Colpack, ha solo ufficializzato il suo passaggio alla Bardiani visto che aveva già firmato il pre-contratto da juniores. Tanto che a gennaio aveva fatto il ritiro in Spagna con il Greenteam.

«Alessio è stato un po’ sfortunato in questi anni da U23, tra cadute ed infortuni, ma quando sta bene è un ottimo scalatore. L’anno scorso in pratica non ha corso e quest’anno solo adesso sta trovando una certa regolarità. Me lo presentò il suo procuratore, Fabio Perego. E’ un buon scalatore. Tra l’altro lui è l’unico dei tre che potrà fare parte del gruppo e del progetto under che lanceremo».

Il Valtellinese ci disse della sua passione per le gare a tappe e delle sue buone doti di recupero. Vedremo. Potrebbe pensare seriamente al prossimo Giro U23 forte dell’esperienza della Bardiani.

Colnaghi è un ragazzo molto veloce, ma in salita, almeno tra gli U23, teneva bene
Colnaghi è un ragazzo molto veloce, ma in salita, almeno tra gli U23, teneva bene

Colnaghi, il corridore veloce

E da un corridore per la salita, passiamo ad uno più veloce, Luca Colnaghi, lecchese, classe 1999. Ora corre per la Trevigiani Campana Imballaggi 

«Anche Luca ha Perego come procuratore – ha detto Reverberi – c’era stato un contatto con lui due anni fa, ma poi ebbe quella storia (un accusa di doping, ndr) dalla quale però è stato totalmente assolto. Ho trovato un ragazzo con tanta grinta e voglia di fare. E visto come è andato se lo meritava. E’ un corridore moderno, quindi veloce e che tiene in salita. Mi sembra uno che ha voglia di arrivare».

E Colnaghi cosa dice? «Sono davvero felice di entrare a far parte del team della famiglia Reverberi. Ci siamo risentiti con Bruno Reverberi durante il Giro di quest’anno e ora finalmente il sogno di passare professionista si realizza. Molti grandi campioni sono stati lanciati da questo team. Penso di poter diventare un atleta da classiche del nord, essendo veloce sui percorsi ondulati. Ma sono consapevole che non è facile».

Omar El Gouzi, è al primo anno elite. Ottimo scalatore che può ancora crescere
Omar El Gouzi, è al primo anno elite. Ottimo scalatore che può ancora crescere

El Gouzi, lo scalatore

L’ultimo ad essere entrato nella sede del team a Barco di Bibbiano è stato Omar El Gouzi. Anche il lombardo è del 1999. Lui è uno scalatore puro: è alto 1,81 metri per 58 chili. 

«Eh sì, lui è stato l’ultimo. Sono arrivati tutti e tre nel giro di un paio di giorni, ma in momenti diversi. Sono venuti in sede ed hanno firmato. Di El Gouzi mi ha parlato Mario Chiesa, il suo diesse alla Iseo Rime Carnovali. Eravamo all’Adriatica-Ionica Race e vennero da me appunto Chiesa con Christophe Le Mevel, ex pro’ francese ed ora procuratore. E’ lui che segue El Gouzi. Poi io sono tornato da Chiesa per parlarne meglio. Mario mi ha detto che è un ragazzo interessante. Che corre relativamente da poco e per questo ha ampi margini di crescita. Anche noi abbiamo visto i suoi risultati e ci ha colpito la sua costanza di rendimento: nono al Giro, quarto al Valle d’Aosta».

Tutti e tre avranno un primo vero contatto con il team ad ottobre, in occasione delle gare come il Beghelli, il Giro dell’Emilia. «Un momento ed una zona ideale per noi. Verranno in hotel per prendere le misure per le bici, le scarpe, il vestiario… ». E lì inizierà la loro avventura tra i professionisti.