Sorridente, disponibile, disteso, con la battuta sempre pronta, in una sola parola: felice. Egan Bernal ha messo piede in Italia per la partenza della Vuelta Espana con un piglio che sembrava aver quasi perso. Si era assaporato un po’ di quel buon umore al Giro d’Italia, ma si vedeva che l’animo del corridore colombiano era differente. Sulle terre piemontesi, che lo hanno visto sbocciare nel suo grande talento, Bernal sembra essersi totalmente ritrovato. Su queste strade ci ha vissuto per tanti anni, sono state loro ad accoglierlo quando era arrivato in Italia alla corte dell’Androni Giocattoli di Gianni Savio.
Il sorriso sul volto di Bernal non è mai mancato, ma alla partenza della Vuelta, sulle strade piemontesi, ha un sapore specialeIl sorriso sul volto di Bernal non è mai mancato, ma alla partenza della Vuelta, sulle strade piemontesi, ha un sapore speciale
Un sorriso per tutti
Egan Bernal era approdato nella professional italiana da perfetto sconosciuto, ad accoglierlo aveva però trovato la figura di Francesco Gavazzi. Il valtellinese, ritiratosi nel 2023, ora sta studiando per ottenere l’abilitazione UCI e diventare direttore sportivo. Nel frattempo lavora come gommista nell’azienda che prima era del nonno e ora è in mano ai suoi cugini. L’obiettivo è di salire in ammiraglia a partire dalla prossima stagione, ma questo è un’altra storia che ci auguriamo di avere modo e piacere di raccontare più avanti.
«Anche dopo aver vinto il Tour de France – racconta Gavazzi nella sua pausa pranzo – Bernal non è mai cambiato di una virgola. E’ sempre stato un ragazzo umile e aperto, forse troppo. Ha sempre concesso un sorriso e un autografo a tutti, e in alcuni casi eravamo noi a dovergli dire di muoversi perché la gara stava per iniziare. Adesso non lo vedo più dal vivo, ma quello che si vede in televisione o nelle poche gare alle quali assisto, è un ragazzo professionale e disponibile».
La serenità ritrovata di Bernal può essere un fattore chiave in questa VueltaLa serenità ritrovata di Bernal può essere un fattore chiave in questa Vuelta
Com’è stato il tuo primo incontro con Bernal?
Eravamo in ritiro a Padova, nel novembre del 2015. Stavamo facendo un po’ di prove per i materiali e avevamo programmato un’uscita in bici. Gianni (Savio, ndr) era venuto da noi presentandoci questo ragazzo colombiano di diciotto anni. Ci aveva detto che arrivava dalla mountain bike e che era davvero molto forte. Poi siamo partiti con la pedalata.
Che è successo?
Ci ripetevamo di andare piano, dovevamo fare un giro sui Monti Berici e tornare indietro. Appena abbiamo approcciato una discesa, dopo tre curve, ci troviamo Bernal a terra. Lui si era rialzato subito, però dentro di noi abbiamo pensato: «Chissà che fine fa questo». Gli sono bastate poche settimane per farci capire che aveva doti fuori dal comune.
A Limone Piemonte, primo arrivo in salita, il colombiano è quarto A Limone Piemonte, primo arrivo in salita, il colombiano è quarto
Ha “rimediato” subito…
Non una presentazione in grande stile, ma in gruppo ci ha fatto vedere che sapeva stare. Seguiva i corridori più esperti e quando c’era da limare non si tirava indietro. Inoltre, fin da giovane, ha dimostrato un carattere solare e deciso. Non ha mai avuto paura di parlare ed esporsi.
Sicuro di sé?
E delle sue idee. A quel tempo c’erano tanti corridori esperti in squadra, compresi Frapporti e io, lui non aveva paura a dire la sua. Ha sempre avuto le caratteristiche del leader, senza sovrastare gli altri. Sono doti che ho riscontrato anche in altri grandi campioni come Nibali e Pogacar. Questi corridori in bici si divertono, non li vedi mai stressati o rabbuiati.
Bernal è arrivato in Piemonte grazie a Gianni Savio che dalla Colombia lo ha portato all’Androni Giocattoli nel 2016Bernal è arrivato in Piemonte grazie a Gianni Savio che dalla Colombia lo ha portato all’Androni Giocattoli nel 2016
Hai notato questa cosa anche nel momento più difficile, dopo l’incidente del 2022?
Sinceramente sì. Non l’ho vissuto molto, anche perché l’anno successivo mi sono ritirato, ma non ha mai dato l’impressione di aver perso quelle sue caratteristiche umane che lo contraddistinguono. Magari ha perso serenità in bici, però con se stesso no.
In questi primi giorni in Piemonte sembra ancora più sorridente, se possibile.
Ci sono luoghi che ti danno delle sensazioni positive, una scarica di energia unica, e improvvisamente ti senti ancora più forte e sicuro. Il Piemonte per Bernal è una seconda casa. La sua stella è nata lì, in tanti anni ha costruito amicizie e ha trovato tanti tifosi intorno a lui.
Nonostante i suoi diciannove anni Bernal è diventato uno dei volti di riferimento del team di Savio insieme a corridori come Chicchi, Gavazzi e PellizottiNonostante i suoi diciannove anni Bernal è diventato uno dei volti di riferimento del team di Savio insieme a corridori come Chicchi, Gavazzi e Pellizotti
Un qualcosa che può spingerlo per tutta la Vuelta?
Credo che Bernal potrà andare forte anche una volta arrivati in Spagna, è partito bene e questa cosa gli ha dato morale. Lui è un corridore che nella terza settimana migliora, serviva partire con il piede giusto. Gli ho sentito dire in un’intervista che si augurava potesse andare tutto bene, di non cadere o avere problemi. Evitare queste complicazioni lo farà sentire ancora più sicuro. Credo che il podio sia alla portata di Bernal.
E domani iniziano le salite…
La testa è importante, ma come ho detto prima ha dimostrato di essere forte da questo punto di vista. Atleticamente Egan ha dalla sua ottime qualità sulla distanza e in salita.
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LALLIO – Certi articoli ti capitano tra le mani, delicati come fossero fatti di cristallo. Mentre Fabio Felline ritirava le sue nuove biciclette al Trek Store in provincia di Bergamo ci si rendeva conto di come il torinese fosse in procinto di cambiare vita. Durante quella mattinata l’ex corridore professionista faceva fatica a distaccarsi dal modo di parlare degli atleti. D’altronde non si può pretendere di voltare pagina nella propria vita come se si fosse davanti a un libro. Tante volte si usa questa metafora quando si vuole dire che una persona è davanti a un grande cambiamento. La vita, però, non gira pagina ma continua tenendo ben saldo quanto si è scritto in precedenza.
L’Androni Giocattoli è stata la squadra di Gianni Savio, che ha lanciato tanti corridori italiani, qui con CattaneoL’Androni Giocattoli è stata la squadra di Gianni Savio, che ha lanciato tanti corridori italiani, qui con Cattaneo
L’animo torinese
Il destino poi a volte si mette di traverso, decidendo di metterti alla prova in maniera definitiva. Così nell’inverno che lentamente ha decretato l’addio di Felline al ciclismo agonistico si è aggiunta anche la perdita di un punto di riferimento: Gianni Savio. Il “Principe” era diventato un punto saldo nella vita di Fabio Felline e del ciclismo italiano. Per anni la sua figura ha rappresentato il ponte attraverso il quale speranze di corridori provenienti da terre lontane si sono aggrappate per cercare un posto nel ciclismo che conta. Savio per Felline è stato prima un nome lontano, poi un team manager e infine cognato e nonno.
«Gianni – racconta Felline in un angolo dello store – l’ho conosciuto quando ero un bimbo, poi il nostro rapporto di lavoro si è concretizzato tra il 2011 e il 2012 dopo la chiusura della Geox-TMC Transformers, squadra in cui correvo appena passato professionista. Durante quell’inverno avevo voglia di tornare a una dimensione più piccola di ciclismo, nonostante avessi la possibilità di andare alla Liquigas. Scelsi, invece, di correre all’Androni Giocattoli con Gianni (Savio, ndr) che era la squadra di Torino e di un manager torinese».
Non solo italiani, l’Androni è stata il trampolino di lancio per tanti atleti sudamericani, qui Savio con BernalNon solo italiani, l’Androni è stata il trampolino di lancio per tanti atleti sudamericani, qui Savio con Bernal
Che anni sono stati per te?
Di quelle stagioni ho ricordi molto belli, sono riuscito a vincere quattro corse e, cosa più importante, mi sono trovato benissimo. Sono stati due anni cruciali, che mi hanno permesso di spiccare il volo verso le grandi squadre. Da lì è iniziato il mio percorso di sei anni in Trek, poi è arrivata la parentesi dell’Astana e ancora la Trek.
Cosa ti ricordi del vostro primo incontro?
Appena l’ho conosciuto ho avuto l’impressione di aver davanti un signore, di quelli che oggigiorno ce ne sono sempre meno. Si è dimostrato subito una persona di parola. La prima volta che lo vidi nell’inverno del 2011 gli dissi che sarei voluto entrare nella sua squadra. Lui mi chiese qual era il mio contratto e in nemmeno una settimana mi fece una proposta di pari livello. Avrebbe potuto farla a ribasso ma visto che alla Geox avevo firmato un contratto triennale decise di rispettarlo.
Per le stagioni 2012 e 2013 Felline ha corso alla corte di Savio, ottenendo quattro vittorieNegli anni Savio è stata una figura di riferimento per FellinePer le stagioni 2012 e 2013 Felline ha corso alla corte di Savio, ottenendo quattro vittorieNegli anni Savio è stata una figura di riferimento per Felline
Che team manager era?
Super positivo, grintoso. Il suo motto era, prima di partire, “cattivi e determinati”, ovviamente in senso agonistico. La cosa bella era che non si abbatteva mai, cercava sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno. Non l’ho mai visto fare una scenata davanti ai corridori, piuttosto ti prendeva da parte e ti parlava faccia a faccia. Savio era una persona in grado di gestire perfettamente i rapporti umani e di lavoro, caratteristica che lo ha reso impeccabile.
Anni dopo è tornato nella tua vita, ma in vesti differenti.
Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 ho incontrato sua figlia, Nicoletta. Sapevo che Gianni avesse una figlia ma fino a quel momento non avevo mai avuto modo di conoscerla. Da lì si è creata quella che è stata la nostra storia personale: una famiglia con un piccolo che si chiama Edoardo, e Gianni che era suo nonno.
Qui Savio con la famiglia, a sinistra la figlia Nicoletta, compagna di FellineQui Savio con la famiglia, a sinistra la figlia Nicoletta, compagna di Felline
Dal lato familiare che “Savio” hai conosciuto?
La cosa bella è che uno nel mondo della bici lo mitizzava un po’, lui era il “Principe”. Invece era una persona da scoprire, con le sue manie ma anche le sue cose semplici. Aveva un rapporto stupendo con gli animali, di rispetto. Piccole cose che ti fanno capire l’animo buono, come andare a trovare e dar da mangiare al cavallo di sua figlia Nicoletta. Aveva anche una grande passione per i cani. Se in casa trovava una formica o un ragno non li schiacciava, ma prendeva un pezzo di carta per farli passare sopra e metterli fuori dalla finestra.
Qual è l’aspetto più bello della persona che ti porti un po’ anche dietro?
Che non si lamentava mai, non demordeva mai, a volte quasi ti infastidiva (ride, ndr) e ti chiedevi come fosse possibile che non avesse mai un problema. Aveva sempre questo lato positivo, ed è una cosa che mi ha sempre colpito perché, al contrario, io sono più brontolone. A volte anche Nicoletta mi diceva: «Dovresti prendere da mio papà sotto certi aspetti». E in qualche modo ho sempre cercato di farlo.
Il lato “nascosto” di Gianni Savio, nonno amorevole. Qui con il piccolo EdoardoIl lato “nascosto” di Gianni Savio, nonno amorevole. Qui con il piccolo Edoardo
Invece dal lato ciclistico com’è cambiato il vostro rapporto negli anni?
Era super rispettoso, se avevo voglia di parlare lui c’era, altrimenti non si intrometteva. In passato gli ho chiesto dei consigli, anche aiuto quando ne ho sentito il bisogno. Però non era mai una figura invasiva, ma una porta a cui bussare.
C’è stato un momento in cui hai avuto l’esigenza di bussare a quella porta?
Sì, tante volte. Anche solo a fine del 2024 quando non sapevo bene cosa fare. Savio fino all’ultimo mi ha dato una mano, cercando una soluzione, oppure anche con una parola di conforto per farmi vedere il bicchiere mezzo pieno, come solo lui era capace di fare. E’ una persona che manca e che secondo me mancherà sempre di più.
La chiusura della Drone Hopper è stato un duro colpo per il “Principe”La chiusura della Drone Hopper è stato un duro colpo per il “Principe”
Hai corso con lui in Androni, squadra che poi ha chiuso nel 2022 è stato un colpo duro?
Mi è dispiaciuto perché quella squadra è sempre stata un po’ la sua ragione di vita, nel ciclismo. Quindi sicuramente vedevi che, nonostante lui abbia sempre mantenuto la sua proverbiale positività, era un uomo che dentro di sé era stato ferito. il progetto era continuato con la Petrolike, peccato che non abbia potuto continuare a viverlo.
Il ricordo di Gianni che ti porti dentro?
Dal lato personale certi consigli dietro le quinte, quando ti diceva determinate cose. Ma quelli li voglio tenere per me. Però sapeva trovare il momento giusto per dirti qualcosa, e quando lo faceva il suo consiglio o la sua parola prendevano un valore incredibile.
Da ciclista, invece?
D’inverno capitava che mi dicesse: «Fabio, andiamo a berci una cioccolata calda?». Solo perché voleva parlarmi e chiedermi come andasse la vita, per sapere se tutto fosse in ordine. Cose d’altri tempi che nessun manager fa più. Quelli sono i comportamenti e le attenzioni per i quali rimarrà un personaggio unico.
Dal 2022 la Drone Hopper (ex Androni) userà integratori Ethic Sport. Gli atleti non conoscono i prodotti: domande, risposte, qualche criticità, soluzioni
Tra le piacevoli novità del 2023 c’è il passaggio di Natnael Tesfatsion alla Trek-Segafredo. L’eritreo dopo un periodo di apprendistato tra continental e professional ha fatto il salto nel mondo dei grandi. Ha ventitré anni e con la WorldTour americana ha esordito in Australia al Santos Tour Down Under con un buon sesto posto nella terza tappa. La crescita di “Natalino”, così soprannominato nel suo periodo italiano, prosegue e la curiosità di sapere cosa hanno visto in lui alla Trek si fa forte.
Al Tour Down Under è avvenuto l’esordio ufficiale in maglia Trek Segafredo per “Natalino”Al Tour Down Under è avvenuto l’esordio ufficiale in maglia Trek Segafredo per “Natalino”
Seguito da tempo
Alziamo il telefono e dall’altra parte risponde Josu Larrazabal, capo del team performance alla Trek. E lui, nonostante il nome ispanico, risponde in perfetto italiano.
«Natnael – inizia a raccontare da un bar poco fuori Madrid – ha delle grandi caratteristiche, lo seguiamo da quando era nel Team Qhubeka. Da tempo Luca (Guercilena, ndr) lo aveva nel mirino. Al primo anno in Androni l’interesse era forte, ma probabilmente era ancora presto, Tesfatsion aveva bisogno di un altro anno in una professional per crescere e maturare. L’Androni per fare ciò è davvero un’ottima squadra che crea le condizioni ideali per far crescere i corridori promettenti. Tesfatsion con loro ha avuto occasione anche di correre in gare WorldTour come il Giro d’Italia, facendo vedere ottime cose. Le fughe nelle quali è entrato, solo per fare un esempio, sono state di qualità, di quelle che serve gamba per acchiapparle».
Ad inizio 2022 Natnael Tesfatsion ha vinto il suo secondo Tour of Rwanda, il primo era arrivato due anni primaAd inizio 2022 Natnael Tesfatsion ha vinto il suo secondo Tour of Rwanda, il primo era arrivato due anni prima
L’esordio australiano
La prima corsa disputata da Tesfatsion in maglia Trek è stato, come detto in precedenza, il Tour Down Under. Gara WorldTour con un parterre di corridori di qualità, un “battesimo di fuoco” potremmo dire.
«Ha fatto sesto in una tappa – continua a raccontare Larrazabal – non avrà bisogno di un grande adattamento, visto anche il percorso fatto gli anni prima. Il risultato ci ha quasi sorpreso, perché il suo inverno non è stato calibrato per essere competitivo fin dalla prima gara. L’obiettivo è quello di una crescita graduale per arrivare pronto alle prossime gare».
Per il coach della Trek la volata in cima al Monte Grappa all’AIR è l’esempio dell’esplosività di TesfatsionPer il coach della Trek la volata in cima al Monte Grappa all’AIR è l’esempio dell’esplosività di Tesfatsion
Crescita costante
In queste righe Josu ci dice una frase importante: «Quasi sorpreso» come mai quel “quasi”. Cosa ha visto il preparatore?
«E’ una scalatore con una grande motore e una resistenza elevata. Inoltre, ha anche un buono spunto veloce, una cosa che nel ciclismo moderno è utile. Il livello generale si è alzato anche in salita e fare la differenza sul passo è difficile. Anche per queste sue caratteristiche è stato giusto lasciarlo alla Drone Hopper un anno in più. Lo spunto veloce è una qualità che deve essere sempre allenata, altrimenti si perde, e puoi farlo al meglio solamente in gara».
Natnael è arrivato in Italia con il Team Qhubeka grazie a Daniele NeriNatnael è arrivato in Italia con il Team Qhubeka grazie a Daniele Neri
Le prime impressioni
Nel ritiro invernale la Trek ha avuto modo di testare i suoi corridori, un lavoro importante soprattutto per i ragazzi nuovi. Così da poterli inquadrare.
«Non c’è nulla di più importante di un test – continua Josu – ad inizio stagione e dei risultati che ne derivano. I test indoor fatti a Tesfatsion hanno confermato un grande potenziale. Quando poi lo abbiamo messo in strada si è vista anche la cattiveria agonistica, ha una grande voglia di fare. Negli allenamenti con situazioni di “picco” o delle mini gare faceva il massimo per vincerle e a volte ci riusciva anche. La strada toglie subito i dubbi, non c’è storia. Natnael ha un carattere forte e lo ha portato subito in squadra, si è integrato immediatamente».
Josu Larrazabal, tecnico basco della Trek-Segafredo ha avuto buone impressioni sull’eritreo (foto Jamie L. Forrest)Josu Larrazabal, tecnico basco della Trek-Segafredo ha avuto buone impressioni sull’eritreo (foto Jamie L. Forrest)
Con il freno tirato
Le aspettative sono alte per il corridore eritreo, ma la crescita e l’apprendimento non sono ancora finiti. Questa prima stagione alla Trek-Segafredo gli servirà per imparare ancora molto.
«E’ vero – dice – non bisogna dimenticare che è al suo primo anno nel WorldTour, dovrà imparare. I meccanismi sono diversi sia in gara che in gruppo. Lui arriva da una squadra nella quale aveva libertà di fare: anche qui avrà le sue chance, ma ci saranno delle corse nelle quali sarà di supporto al capitano. Fa parte del processo di crescita, perché quando si troverà a dover gestire la squadra, sarà stato utile aver vissuto prima il ruolo da gregario. Nelle corse minori, quelle del calendario italiano, che già conosce, potrà avere delle occasioni».
Con il passaggio nel WorldTour, Tesfatsion sarà chiamato ad un altro step nella sua crescitaCon il passaggio nel WorldTour, Tesfatsion sarà chiamato ad un altro step nella sua crescita
Il ruolo del preparatore
Come si approccia un preparatore ad un corridore del genere? In che modo lo aiuta a crescere e migliorare?
«Noi allenatori – spiega Larrazabal – dovremo essere bravi a lavorare e farlo salire gradino per gradino. Il motore Natnael ce l’ha, ma bisogna incrementare la capacità di carico, è tutto parte del processo di maturazione. Quando sei in una continental fai 15.000 chilometri all’anno, da professional 25.000 e nel WorldTour 30.000. Anche le corse e i focus cambiano, alla Drone Hopper dopo il Giro d’Italia ha corso l’Adriatica Ionica e il campionato nazionale. Qui da noi il calendario è più intenso, dopo la corsa rosa arrivano il Delfinato o il Giro di Svizzera, si ha un incremento considerevole ed i giovani a volte questa cosa tendono a sottovalutarla.
«Le caratteristiche fisiche ed atletiche di Tesfatsion – conclude sorseggiando il caffè – gli permettono di essere un corridore da corse di un giorno. Le corse delle Ardenne sono gare nelle sue corde, come quelle del calendario italiano: un esempio è il Giro dell’Appennino dove ha fatto secondo nel 2022. Però anche in questo caso bisogna andare con i piedi di piombo. Tesfatsion ha una buonissima resistenza, ma va comunque allenata, sia per quel che riguarda le grandi distanze, come le corse da 250 chilometri. Tuttavia va allenata anche quella che è la capacità di fare fatica per più giorni consecutivi. Di Natnael siamo soddisfatti, crescerà e si farà vedere».
Le 18,30 di ieri sera, quasi cinquanta persone su Zoom fra medici, direttori, staff e atleti dell’Androni (in procinto di diventare Drone Hopper-Androni). Il motivo è il primo incontro con Massimiliano di Montigny, responsabile marketing di EthicSport che dal 2022 fornirà integratori e supporti alimentari alla squadra di Savio. Gianni non c’è, manda a dire di scusarlo.
Fra i cambiamenti per la nuova stagione, questo è uno dei più significativi. I corridori hanno le loro abitudini, i massaggiatori sono abituati a preparare le borracce in un certo modo: il passaggio sarà indolore o comporterà qualche problema? Se ne era parlato in ammiraglia con Ellena nei giorni del raduno di Benidorm.
«Amiamo questo tipo di incontri – comincia Massimiliano – per migliorare la conoscenza del prodotto e creare una collaborazione con la struttura tecnica della squadra. Ci piacerebbe ricevere i vostri feedback dopo che avrete conosciuto i prodotti, per sapere se ci siano accorgimenti da adottare. Nel periodo in cui abbiamo lavorato con la Nippo, abbiamo riscontrato tanti errori e tante abitudini inculcate col tempo. Quello che vorrei dirvi è di sperimentare anche le novità, perché non sempre quel che è stato valido fino a ieri lo sarà domani».
La frase risulterà oltremodo profetica, sarà presto evidente che il professionismo ha esigenze da approfondire e che non è semplice convincere corridori, preparatori e medici a sperimentare soluzioni diverse. La spiegazione comincia.
Benidorm, Marengo, qui con Spezialetti, è parso tra i più curiosi sul recupero post garaBenidorm, Marengo, qui con Spezialetti, è parso tra i più curiosi sul recupero post gara
Schermo condiviso
Il racconto inizia con la condivisione dello schermo. Si parla dell’idratazione pre, durante e dopo lo sforzo. Viene spiegato un idrosalino energetico di nome PowerFlux che contiene prodotti vasodilatatori: assunto prima della gara, ad esempio una crono, ha un impatto incisivo.
Il pdf riassume i prodotti in base alla fase di assunzione, Massimiliano si sofferma sul SuperDextrin, sul quale invoca i primi feedback. E’ un prodotto brevettato e contiene ciclodestrine a catena ramificata, con un meccanismo di rilascio energetico progressivo.
«Non ripristina i minerali – sottolinea – è solo energetico. In allenamento si potrebbe sperimentare di fare una borraccia da litro con SuperHydro e SuperDextrin. Una volta mescolata, si divide in due borracce più piccole e si ha una bevanda isotonica, che fornisce sali e ciclodestrine».
Chi vuole la caffeina
I corridori ascoltano e il discorso passa alle barrette, che devono essere masticabili, resistere alle temperature e non avere retrogusto fastidioso. «Quello viene dalla chimica – dice Massimiliano – le nostre magari durano di meno, però non contengono conservanti, sono prodotti più puliti».
Si parla di energetici con o senza caffeina. Il dettaglio viene sottolineato per tutti i prodotti a seguire. «Il caffè – dice – non piace a tutti, mentre altri devono stare attenti a non abusarne. EnergiaRapida Professional è un prodotto in tre gusti che ne contiene un quantitativo significativo. E poi c’è EnergiaRapida + un prodotto con impatto veloce. Utile quando senti che stai perdendo lucidità».
SuperDextrin di EthicSport è brevettato, contiene ciclodestrine a catena ramificata
SuperHydro è un integratore isotonico, ricco di carboidrati
PowerFlux di EthicSport si usa prima della performance
SuperDextrin di EthicSport è brevettato, contiene ciclodestrine a catena ramificata
SuperHydro è un integratore isotonico, ricco di carboidrati
PowerFlux di EthicSport si usa prima della performance
Righi va al sodo
Prodotti e proprietà. Il discorso va avanti, pensiamo che al di là delle parole saranno l’uso e il riscontro degli atleti a dare la prima svolta. E infatti Daniele Righi interrompe con una domanda.
«Possiamo organizzare con i dottori e con il nostro preparatore Borja – chiede – un vademecum che può servire a noi in ammiraglia nelle varie situazioni? In modo che abbiamo borracce già pronte».
«Con i dottori – spiega Massimiliano – c’è da fare delle scelte per individuare i prodotti più utili in base alle esigenze dei singoli atleti, non credo che tutti abbiano le stesse esigenze…».
Zuccheri subito pronti
Chiamato in causa, il dottor Andrea Giorgi prende la parola. «Abbiamo visto tanti prodotti – dice – in assoluto ci serve qualcosa per massimizzare l’uso degli zuccheri. Se si crea una situazione come quella di Van der Poel alla Tirreno, difficilmente si riesce ad aprire le barrette, per cui può servire un prodotto che basti da sé. Capisco la richiesta di Righi, perché il corridore in certi momenti non è lucido. Ci sono in giro prodotti con grande quantità di carboidrati e anche isotonici».
Gli altri prodotti
Di Montigny ascolta e chiede che gli si facciano i nomi. «Se riuscite a darmi i nomi e la composizione – rilancia – possiamo parlare con la produzione e intervenire. Proviamo a cambiare punto di vista. Descrivetemi le vostre esigenze, definiamo il tipo di gare e di situazioni e noi cercheremo di offrire le varie opzioni. Si riesce a fare a stretto giro di posta. Per noi è un valore aggiunto importante. E alle prime gare verifichiamo tutto».
Il preparatore Borja, con Benedetti ed Eduard GrosuIl preparatore Borja, con Benedetti ed Eduard Grosu
Carboidrati esagerati
Stuzzicato dall’Abruzzo da cui risponde, Stefano Di Zio comincia a parlare di prodotti e intanto mangia pizza e beve prosecco. «Un prodotto che si usa tanto – dice – ha una quantità di carboidrati esagerata. Si può avere qualcosa del genere da EthicSport?».
Massimiliano risponde e non si secca, anzi forse se lo aspetta che gli propongano confronti con altre aziende. «Sto guardando ora – dice – ma approfondiamo per vedere se in realtà quel che proponiamo noi non sia meglio. SuperDextrin è di un altro livello e magari quello che si usa tanto in giro è frutto del marketing. Le farmacie e i negozi sono pieni di prodotti. Se prendo qualcosa che poi dà problemi di digeribilità, i vantaggi vanno a farsi benedire. Bisognerà partire dalla palatabilità…».
Antidoping in agguato
C’è sempre l’antidoping in agguato e così il dottor Giorgi chiede se EthicSport sia collegata a Informed Sport, una piattaforma Android e iOS, che permette agli atleti di verificare se il prodotto acquistato sia in regola. «C’è sempre la paura di inciampare in qualche ingrediente irregolare – dice – e con questo loro possono inserire i dati e avere una risposta attendibile».
Massimiliano prende nota e promette che riferirà per capire la fattibilità della richiesta. Dice di aver lavorato con Informed Sport quando hanno sponsorizzato i mondiali di Mtb all’Elba e chiederà di inviare gli stessi documenti per verificare la possibilità di farlo.
Solo sali, si può?
Ancora Giorgi fa notare che i corridori sono curiosi di sapere il rapporto tra fruttosio e isomaltulosio e che con il caldo sarebbe utile sviluppare dei prodotti a base di mentolo, come altre aziende stanno già facendo. Poi la parola passa al dottor Maurizio Vicini, il medico più esperto del team che finalmente ha risolto i problemi di collegamento.
«Abbiamo esaminato i prodotti che ci avete mandato – dice – e abbiamo qualche dubbio su un aspetto. Durante la corsa, i massaggiatori preparano le borracce. Abbiamo visto il SuperHydro che contiene elettroliti e anche carboidrati. Se volessimo solo un prodotto a base di sali, è possibile? Serve per sapere che ci sono borracce univoche, di sali e di maltodestrine».
La domanda provoca un istante di silenzio. «Così su due piedi, la risposta è no, non ci era mai stato chiesto», replica Di Montigny.
«In Sudamerica – entra anche Giorgi – i corridori vogliono solo sali. E’ più semplice avere un prodotto che contiene solo sali, avendo già fatto a parte il calcolo degli zuccheri. E’ più facile da gestire».
Fase di stallo, la situazione è chiara. «Ora non è possibile – dice Massimiliano – ma secondo me, quando ci avrete comunicato tutte le vostre esigenze e avrete sperimentato i nostri prodotti, supereremo questa fase».
Cosa mettere nelle borracce? Qui Ravanelli con le maltodestrineCosa mettere nelle borracce? Qui Ravanelli con le maltodestrine
Abitudini e marketing
Ellena, abituato a guidare la squadra e anche i discorsi, getta il salvagente. «La borraccia per il sudamericano è di sali – dice – probabilmente a causa del marketing di Gatorade che anni fa sbarcò laggiù e creò l’abitudine. Dobbiamo lavorare sulla nostra cultura interna. Come per certi gel, di cui non farebbero a meno. Gli ho fatto vedere che sono a base d’acqua, ma sono le mie parole contro il marketing delle grandi aziende».
Proteine e recupero
Si va avanti con Marengo a chiedere in che modo si gestisca il recupero. Il pasto subito dopo. Le proteine. E i ramificati che secondo Ethic Sport è meglio assumere prima di andare a letto, perché la ricostruzione inizi nelle ore del vero recupero corporeo.
«Il recupero è vario e soggettivo – spiega il dottore – il vostro prodotto è un ottimo prodotto, ma va associato al fattore temporale. Bisogna convincere i ragazzi a iniziare il recupero subito dopo la corsa».
Grosu ambasciatore
Il resto sono domande di ordine pratico. Dal prezzo d’acquisto dei prodotti per l’uso personale, fino a Grosu che chiede se ci sia modo di farli arrivare in Romania. Il discorso interessa, al punto da ipotizzare che il velocista possa diventare una sorta di testimonial per il suo Paese. La chiosa finale spetta nuovamente a Ellena.
«Ho partecipato a tanti meeting di questo tipo – dice – e so che le aziende del settore sono molto rigide. E’ la prima volta che vedo questa disponibilità a modificare i prodotti in base alle nostre esigenze. E’ un grande inizio. Vi manderemo subito le nostre richieste. Per il momento ci salutiamo. E buon anno a tutti!».
Ieri alla Gran Madre di Torino, l'ultimo saluto a Gianni Savio. 200 fra ex corridori, tecnici e giornalisti. Il ricordo di un uomo che ha lasciato il segno
Il ritiro dell’Androni a Benidorm ci ha fornito tanti spunti di riflessione. Dal rilancio di Simone Ravanelli alla dolorosa, ma a quanto pare necessaria esclusione di Nicola Venchiarutti. Il corridore friulano correrà con la Work Service nella stagione 2022. Il suo non sembrerebbe essere un taglio netto, ma una possibilità di riscatto. Anche lui passato professionista nel 2020 ha risentito della pandemia e di una stagione d’esordio corsa (se 7 gare in un anno vuol dire correre) in sordina.
Nicola Venchiarutti, Genting Highlands, Tour de Langkawi 2020, la sua seconda gara in maglia Androni prima della pandemiaNicola Venchiarutti, Genting Highlands, Tour de Langkawi 2020
Ciao Nicola, come mai hai disputato così poche gare nel 2020?
Ad inizio stagione avevo corso tanto, con l’esordio a gennaio in Venezuela alla Vuelta al Tachira e poi, a febbraio il Tour de Langkawi. Poi come ben sapete la pandemia ha fermato tutto per mesi ed al rientro alle corse, ad agosto, la squadra ha deciso di dare più spazio ad atleti con maggiore esperienza per poi lasciarmi più margine nel 2021.
Correre così poco ti ha reso più difficile adattarti alla categoria?
Senza dubbio, già il passaggio da under 23 a pro’ è difficile, se in più ci si aggiunge uno stop di quattro mesi… Chi è diventato professionista nel 2020 ne ha sicuramente risentito in negativo.
Qual è stata la maggiore difficoltà nel correre tra i pro’?
Da under le corse durano quattro ore, raramente cinque. Invece, nei professionisti dopo cinque ore le gare si accendono ed il ritmo diventa infernale. Devi prendere il ritmo gara e per farlo devi correre tanto, poi io sono un corridore che per esprimersi al meglio ha bisogno di continuità.
Nicola Venchiarutti aveva corso tre gare da stagista nel 2019 con l’Androni, qui al Giro di Slovenia Nicola Venchiarutti aveva corso tre gare da stagista nel 2019 con l’Androni
Il 2021 invece com’è andato?
Non benissimo, ho preso il covid. A metà gennaio sono risultato positivo ad un tampone di controllo, sono rimasto positivo per un mese abbondante ed ho perso gran parte della preparazione. Mi allenavo in casa con i rulli, ma non è la stessa cosa.
Hai iniziato a correre a marzo.
Sì, non ero per niente in forma e quelle gare servivano per “mettermi in moto”. Ho corso tanto devo dire: Strade Bianche, Giro di Turchia, poi una corsa a tappe in Bosnia e il Giro d’Italia. Queste gare mi sono servite per prendere il ritmo corsa ma sono state molto impegnative. Dopo il Giro ero davvero stanco, ho fatto una settimana di riposo completo.
Com’è stata la tua prima esperienza alla corsa rosa?
Bella dal punto di vista umano, per un ciclista italiano è un sogno. Non avevo mai fatto corse a tappe così lunghe e ne ho risentito, la terza settimana ero davvero cotto.
Dopo il Giro però non hai corso molto.
Nei due mesi successivi (giugno e luglio, ndr) ho corso solamente i campionati italiani a cronometro ed in linea. Sono tornato alle corse a fine agosto, al Tour Poitou. La squadra ha deciso di far correre chi non aveva fatto il Giro d’Italia.
Nicola Venchiarutti in fuga al Giro d’Italia 2021, nella 19° tappa con arrivo all’Alpe di Mera Nicola Venchiarutti in fuga al Giro d’Italia 2021 nella 19° tappa
Forse sarebbe stato meglio, per la tua crescita, non fare il Giro ma avere più continuità di gare…
Non dovevamo partecipare, lo sapevamo e avevano organizzato il calendario delle corse in altro modo. Poi, poco prima dell’inizio del Giro, io ero al Giro di Turchia, è arrivata l’esclusione della Vini Zabù ed io mi sono ritrovato in squadra. Non ci sono stati colloqui precedenti, però io da corridore ero contento di parteciparvi.
Analizzando queste due stagioni che conclusioni ne trai?
Secondo me sono mancati i risultati,perché se parliamo di valori sono cresciuto. Mi è mancata la continuità di corsa in alcuni momenti chiave della stagione.
Nicola Venchiarutti da under 23 ha corso con il Cycling Team Friuli, nel 2019 è stato stagista con l’Androni Nicola Venchiarutti nei due anni da under 23 ha corso con il Cycling Team Friuli
Tu sei passato pro’ alla fine del secondo anno da under, è stato una scelta prematura?
Non credo, prima di essere ingaggiato dall’Androni per il 2020 ho fatto tre gare da stagista con loro: la Coppa Bernocchi, il Giro di Slovenia ed il Tour of Taihu Lake. Parlando con la squadra (Cycling team Friuli, ndr) eravamo d’accordo che l’occasione era da prendere al volo.
Ora sei alla Work, con l’Androni come vi siete lasciati?
Ci sono rimasto male per la mancata conferma, ma loro in me credono. Alla Work devo e voglio ritrovare continuità di prestazione e di corsa. Ho un solo anno di contratto ma non è una grande preoccupazione. Il calendario è fitto, gli appuntamenti sono tanti e le possibilità di mettersi in mostra anche. Tocca a me riconquistarmi il mondo dei professionisti.
Una vita dedicata al ciclismo quella di Daniele Righi. Ha iniziato a correre da bambino e una volta lasciata la bici, dopo 13 anni tra i professionisti, di cui 10 passati nella Lampre, ha iniziato la sua carriera da direttore sportivo.
«Nel 2004 – ci racconta subito Daniele – avevo iniziato a fare il patentino per diventare direttore sportivo insieme a dei compagni. Diciamo che iniziavo a portarmi avanti sul futuro una volta sceso dalla bici. Ho deciso di intraprendere questa carriera perché volevo rimanere in un mondo che mi ha dato tanto».
«Grazie ai 5 anni maturati da corridore professionista presi il patentino di terzo livello. L’opportunità me la stavo creando da me. Una volta smesso, Saronni, per il quale ho corso per 10 anni, mi ha proposto di continuare in Lampre ma in un nuovo ruolo. L’idea della squadra era quella di avere persone nuove in ambito dirigenziale».
Tra Lampre e UAE Emirates sei stato con loro per 7 anni.
Nel 2014 presi l’abilitazione UCI e rimasi anche quando cambiò la proprietà del team passando da Lampre a UAE Emirates.
Quanto è stato difficile passare da corridore a diesse?
Non è un passaggio facile, devi imparare a vedere le cose in maniera differente. Quando sei corridore devi preoccuparti di te stesso e di fare il meglio che puoi, allenandoti e partecipando alle corse. Da diesse, invece, devi avere tutto sotto controllo, bisogna far ragionare le persone sulla stessa lunghezza d’onda.
Daniele Righi ha corso nella Lampre per dieci anni (dal 2003 al 2012) diventando poi diesse del team dal 2013 al 2016 Righi ha corso nella Lampre per 10 anni diventandone poi diesse nel 2013
Anche quando i corridori che segui erano i tuoi compagni fino a pochi mesi prima?
Ho corso dieci anni nella Lampre, da tutti quelli che arrivavano ero visto come punto di riferimento anche quando correvo. Il rispetto dei miei compagni e verso di loro l’ho sempre avuto. Il rapporto cambia, è chiaro, da corridore esperto ero anche un confidente. Anche i diesse lo sono a volte, ma allo stesso tempo siamo il filtro tra società e corridori.
Un ruolo complicato, due fazioni esigenti…
Si deve essere bravi a bilanciare le richieste. Un buon direttore sportivo è un bravo mediatore, sa quando chiedere di più ai corridori o se chiedere uno sforzo alla dirigenza.
Hai lavorato subito in un top team, hai avuto qualche mentore?
Mi sono confrontato molto con Orlando Maini e con Fabrizio Bontempi. La cosa bella è la loro capacità di metterti a tuo agio. Standogli accanto ho imparato tanto. Li seguivo sapendo che guardandoli lavorare avrei trovato spunti ed insegnamenti.
Facci un esempio.
Sono dei maestri nell’organizzazione delle gare, delle trasferte e anche nei ritiri. Sanno parlare con i corridori, conoscono tutti i segreti ed i dettagli che un diesse deve conoscere e prendere in considerazione.
Il tuo rapporto con la UAE poi si è interrotto…
Ci sono state delle decisioni in ambito dirigenziale e a novembre 2018 mi è stato comunicato che non sarei più stato parte della squadra. Me ne sono dispiaciuto molto, ma mi sono rimboccato le maniche e sono ripartito.
Daniele Righi è stato Diesse del UAE Team Emirates nel 2017 e nel 2018 dopo che lo sponsor emiro ha sostituito la Lampre Daniele Righi è stato Diesse dell’UAE Team Emirates nel 2017 e nel 2018
Mi sono sentito parecchie volte con la dirigenza. A maggio 2021, quando si è scoperto che avrebbero fatto il Giro d’Italia mi sono proposto. Sapevo che avrebbero potuto aver bisogno di una mano e così ho lavorato saltuariamente con loro. A ottobre hanno deciso di prendermi in pianta stabile e gliene sono grato.
Siete tornati da poco dal ritiro a Benidorm, avete già un programma di lavoro?
Siamo tornati il 21, sono stati dodici giorni intensi. Ci siamo seduti al tavolo ed abbiamo deciso come impostare la stagione, come ultimo arrivato ho ascoltato molto cercando di assimilare il più possibile. Le gare inizieranno tra metà e fine gennaio.
Daniele Righi ha iniziato una nuova avventura con l’Androni Sidermec, dal primo gennaio Drone HopperDaniele Righi ha iniziato una nuova avventura con l’Androni Sidermec
Passare da un’esperienza WorldTour ad una professional com’è?
Il personale che lavora in una squadra professional è ridotto, ci si deve adattare a fare tante cose e farle sempre al meglio. Mi piace lavorare e darmi da fare, la parte più complicata è il calendario forse, perché hai il dubbio che magari a qualche gara non ti invitino, come successo inizialmente al Giro 2020.
Con i corridori cambia il rapporto?
Quando ero nella WorldTour capitava che alcuni corridori li vedessi al ritiro di dicembre e poi a fine anno. Qui ho un contatto più diretto con tutti i ragazzi e questa cosa permette un rapporto umano più approfondito.
Aru è rinato. Dopo la firma con la Qhubeka-Assos, le motivazioni sono tornate al top. Ieri 10 ore sulle ciaspole con Orrico, oggi bici con Diego e Vincenzo
Nella prima Scheldeprijs per le donne, arriva il podio di Elisa Balsamo. La piemontese è delusa, ma ha rischiato di farsi molto male. E allora, va bene così
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Diventare professionisti è sempre un grande salto nel buio, ci si ritrova catapultati in un mondo nuovo. Modo di correre differente,compagni forti e gli avversari lo sono anche di più. Cambia il metodo di approccio alle gare ed agli allenamenti, aumentano le pressioni e le aspettative. Se a tutto questo si aggiunge una pandemia, ecco che il cammino si complica ancora di più.
E’ quello che è successo a Simone Ravanelli, corridore dell’AndroniSidermec che abbiamo incontrato a Benidorm, in ritiro la scorsa settimana. Parlando con Ellena è venuto fuori come stia crescendo bene e di come la squadra riponga molta fiducia sulle sue qualità per la prossima stagione.
Simone Ravanelli è di Almenno San Salvatore, in provincia di Bergamo, una delle province più colpite dalla pandemia Simone Ravanelli è di Almenno San Salvatore, in provincia di Bergamo
Un ostacolo inaspettato
«All’inizio del 2020 ero partito bene – dice Ravanelli – con delle buone prestazioni alla Vuelta a San Juan, al Laigueglia e al Tour of Rwanda (dove aveva concluso quarto in classifica generale, ndr). Poi c’è stato lo stop improvviso per il Covid e la stagione è stata completamente da ricostruire. Facevo delle sessioni di allenamento sui rulli, ma non sapevamo neanche se e quando saremmo tornati a correre. Io sono di Almenno San Salvatore, in provincia di Bergamo, nel pieno della pandemia».
Quanto hai risentito mentalmente di quella situazione?
Abitando nella provincia italiana più colpita, direi che è stato davvero complicato. Nonostante nessuno dei miei parenti o conoscenti sia stato direttamente colpito dal virus, era difficile mantenere la concentrazione sulla bici. Il rimbombare delle sirene delle ambulanze era costante e ci accompagnava per tutto il giorno.
Hai detto che facevi sessioni di allenamento sui rulli, in che modo ti allenavi?
Non sapendo se e quando saremmo tornati a correre non ho fatto grandi lavori o allenamenti. Vedevo, tramite i vari social, che altri corridori facevano anche sessioni da 4 ore, ma non ne trovavo il senso. Pedalavo per un’ora al mattino ed una al pomeriggio, ma ho anche approfittato per staccare un po’.
Simone Ravanelli alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali del 2020, dove si è messo in luce con dei buoni piazzamentiSimone Ravanelli alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali del 2020
Una volta risaliti in sella?
C’è stata tanta incertezza fino all’ultimo. A inizio maggio abbiamo ripreso gli allenamenti e ad agosto le corse. Ho disputato tante gare, quelle in Italia le ho fatte tutte, alla fine correvo ogni due giorni.
Essendo il tuo primo anno da pro’ quali sono state le tue difficoltà maggiori?
Sono state principalmente due. La prima che anche nelle gare minori avevamo una startlist di primo livello e questo ha contribuito ad alzare il livello delle corse. Basta guardare i partenti della Coppi e Bartali nel 2019 e nel 2020 e capisci subito… L’anno prima avevamo due o tre squadre WorldTour, quello dopo dieci.
Questo che conseguenze ha avuto?
Le medie orarie si sono impennate e di conseguenza anche il nervosismo in gruppo. Gare di minor rilievo si sono riempite di campioni ed è diventato più difficile mettersi in mostra. Questo è valso anche per il 2021.
La seconda difficoltà che dicevi?
Il calendario compresso. Ripartire e prendere il ritmo delle gare è stato complicato per tutti, pensate ad un neoprofessionista. Il Giro d’Italia è stato l’emblema di quel che sto dicendo. Non avevo mai fatto una corsa a tappe di tre settimane e farlo senza aver messo una base di preparazione adeguata non mi ha permesso di esprimermi al meglio.
Ai campionati italiani a cronometro del 2020 Simone Ravanelli ha conquistato l’ottava posizione Ai campionati italiani a cronometro del 2020 ha conquistato l’ottava posizione
Il 2021 può essere considerato il tuo primo vero anno da pro’?
In un certo senso sì. Anche se abbiamo avuto dei problemi di organizzazione della stagione legati al fatto di essere stati inizialmente esclusi dal Giro d’Italia. Abbiamo iniziato a correre tardi, a marzo e la prima parte di stagione è andata un po’ così e così, senza trovare il colpo di pedale giusto.
La seconda parte?
Decisamente meglio! E voglio, anzi vogliamo, ripartire da lì. Mi sono messo in mostra in Francia al Tour Poitou, dove ho ottenuto un secondo posto nell’ultima tappa. Anche il Giro di Sicilia è andato molto bene, anche lì ho raccolto un secondo posto nella tappa conclusiva e la decima posizione nella classifica generale.
Sei passato professionista a 24 anni, una rarità ora come ora…
Ho fatto il mio percorso, senza fretta. Negli under 23 hai la possibilità di sbagliare, sono concessi degli errori, nei professionisti no. Se non fai bene per una o due stagioni rischi di finire la carriera alla mia età se non prima.
Simone Ravanelli in maglia Biesse Carrera sul podio del Giro dell’Appennino 2019 accanto a Masnada e Cattaneo, al tempo in Androni Simone Ravanelli in maglia Biesse Carrera sul podio del Giro dell’Appennino 2019
E per la nuova stagione che programmi hai?
Domani (oggi per chi legge, ndr) torniamo a casa dal ritiro, continueremo a lavorare individualmentefino al 16 gennaio quando qualcuno di noi partirà per le prime corse. Mi fermerò solamente a Natale, Santo Stefano lo passo sui pedali…
Il tuo esordio quando sarà?
Il 26 gennaio e Maiorca. Ci saranno 5 gare tra il 26 e il 30, non prenderò parte a tutte, probabilmente a due o tre. Forse andremo giù qualche giorno prima per sfruttare il caldo e fare qualche allenamento tutti insieme.
Un desiderio per il prossimo anno?
Voglio continuare come ho concluso il 2021. Mi piacerebbe avere la certezza di correre il Giro d’Italia così da prepararlo bene insieme alla squadra (ma questo lo si scoprirà a gennaio quando verranno svelate le wild card, ndr).
All'Androni arriva Umba, corridore di Boyaca e pupillo di Quintana. Va forte in salita, attacca sugli strappi, vince in volata. Miglior giovane al Tachira
Il telefono squilla, Viel risponde. E’ in Sud Africa, a Johannesburg, città della sua compagna. Mattia si è fermato qui per staccare dal freddo di Torino e per ragionare sul suo futuro. Attualmente è senza squadra per il 2022, ma le idee e i progetti non mancano. Il pensiero di fondo è di rimanere su strada e proseguire l’esperienza tra i professionisti, tuttavia al giorno d’oggi in un mondo pieno di opportunità, il torinese sta guardando anche ad altre possibilità. Il gravel e la pista sono discipline che lo affascinano e che lo interessano a tal punto da intravedere un possibile futuro. «Pronto, Mattia!».
Finita la stagione ha deciso di proseguire gli allenamenti in Sud Africa (foto Instagram)Finita la stagione ha deciso di proseguire gli allenamenti in Sud Africa (foto Instagram)
Come va, sei in off season?
Sono in Sud Africa dalla mia ragazza che presto si trasferirà a Torino insieme a me. Sono venuto diretto dal Criterium del Giro d’Italia a Dubai e poi sono rimasto perché visto l’inverno rigido di Torino e la temperatura che c’è qua, ho preferito rimanere per allenarmi al meglio e ricaricare le pile.
Com’è la situazione Covid in Sud Africa, la nuova variante spaventa?
La situazione qua è molto più tranquilla rispetto all’Europa. E’ estate, quindi tutti gli eventi e la vita di tutti i giorni è vissuta all’aperto e quello aiuta. La variante Omicron ha sicuramente aumentato i contagi, ma il pericolo è che venga in Europa, perché qua sia io che la mia ragazza non abbiamo limitazioni nel quotidiano, salvo la mascherina e il coprifuoco da mezzanotte alle quattro del mattino.
Parliamo di te, sei senza squadra al momento per il 2022…
Non ho avuto proposte che potessero convincermi per il prossimo anno, dopo che ho fatto 3 anni e mezzo in Androni Giocattoli-Sidermec. Sono rimasto qua in attesa che qualcosa si muovesse. Nel frattempo porto avanti insieme alla mia compagna Carla Patrocinio l’attività online BikeKinetic.
Hai già ricevuto delle offerte?
Sì, sto valutando un po’ di cose. Perché quelle che ho avuto fino ad ora per una ragione o per l’altra non mi hanno convinto. Ma senza un fatto di pretese, più che altro è un mix di organizzazione e responsabilità. Attualmente c’è si la situazione Covid che ha dato una mazzata ai budget di tante squadre. Ma alcune con la scusa degli Evenepoel e Pogacar, che sono fenomeni, fanno il progetto giovane, ma sanno tutti che di Remco e Tadej ce ne sono pochi. Con i soldi che si darebbero a un corridore esperto si prendono tre o quattro giovani.
In Sud Africa è piena estate, ideale per fare un ritiro pre stagionale e schiarirsi le idee (foto Instagram)In Sud Africa è piena estate, ideale per schiarirsi le idee (foto Instagram)
Stanno investendo solo sui giovani quindi?
No, c’è sicuramente un discorso di scouting, però c’è da dire che conviene a livello economico. In italia ci sono tre professional: Androni Giocattoli-Sidermec, Bardiani-CSF-Faizanéed Eolo-Kometa. Con l’Androni sono fortunato di avere avuto il contratto, mentre la Bardiani ha fatto un mercato super giovane. Ha preso molti corridori U23. Tant’è vero che ci sono buonissimi corridori appiedati come Andrea Garosio.
Per un atleta nella tua situazione non ci sono tante alternative?
In Italia è difficile al momento. O uno vince ed è un talento cristallino e quindi entra nel circuito delle squadre WorldTour. Oppure bisogna saltare da una professional all’altra o scendere in continental.
Stai valutando questa possibilità?
Non ho detto che voglio rimanere per forza in professional. Sicuramente ho delle ambizioni, ma sono convinto di poterle raggiungere anche in una squadra continental ben organizzata. Il problema che sorge, è che come le professional soffrono, anche le continental fanno fatica a garantire uno stipendio minimo, visto che sono sollevate dalla regola del salario minimo a differenza delle categorie superiori. E alla fine, un corridore della mia età che va per i 27 anni ed ha investito in casa e attività, certi compromessi non può più permetterseli .
Quindi la continental è più che una possibilità?
Il problema delle continental è che ci possono essere massimo due fuori quota ex professionisti. Io ho avuto dei contatti con squadre che l’appoggio economico me lo avrebbero dato, ma purtroppo gli slot erano pieni. A livello federale sono bloccate. Anche perché ci sono delle continental, come per esempio Work Service, con un calendario che non ha niente da invidiare alle professional, tolto il Giro e un paio di classiche.
Al Tour Poitou-Charentes ha vinto la classifica degli sprint intermedi (foto Instagram)Al Tour Poitou-Charentes ha vinto la classifica degli sprint intermedi (foto Instagram)
Ti sei dato una spiegazione per il fatto di non avere una squadra per il 2022?
Credo che nel ciclismo moderno o vinci e sei un fenomeno o ti devi ritagliare uno spazio. Quando ho visto che un fenomeno non lo ero, ho iniziato a fare l’uomo squadra e ad andare sempre all’attacco. Sono andato in fuga al campionato italiano, alla Milano-Sanremo, alTour Poitou-Charentes, dove ho vinto la classifica degli sprint intermedi. Pensavo fosse un modo per farsi vedere, ma forse questo contava anni fa. Nel ciclismo di oggi, o vinci o sei un giovane. Questo è lo specchio crudele del ciclismo attuale.
La parola “ritiro” ti è passata per la testa?
No qualche contatto in evoluzione ce l’ho. Penso di poter dare ancora qualcosa al ciclismo.
Hai altri progetti in mente?
Ho studiato lingue, mi piace molto il marketing e la pubblicità dei brand. Infatti ho un progetto per il 2022, proprio per non pensare al ritiro. Di continuare nel mondo della gravel, prendendo spunto in Italia da Mattia De Marchi o all’estero da Ian Boswell che è stato un corridore che ha corso in Sky e Katusha, o ancora Peter Stetina che viene da esperienze in BMC e Trek-Segafredo. Un altro nome è Nathan Haas che ha corso in Cofidis e adesso si è buttato in questo mondo. Potrei essere un apripista in Italia, visto che qua non è ancora esplosa la cosa. Sto già contattando qualche sponsor per il mio chiamiamolo “Gravel Project” per il 2022 che in caso non arrivasse qualche proposta convincente, potrebbe essere una possibilità concreta altrettanto allettante.
Faresti una stagione ibrida?
Attualmente se non arriva nulla dalla strada che possa convincermi, farei solo gravel. Il discorso ha tanto potenziale visto che questa disciplina potrebbe diventare UCI. Con la scusa del gravel, una squadra WorldTour, continental o professional, potrebbe in accordo con il produttore della bici, Pinarello, Wilier, Bottecchia e molte altre, essere interessata a lanciare il modello gravel.
Viel è stato in fuga a inizio anno alla Milano-SanremoViel è stato in fuga a inizio anno alla Milano-Sanremo
In Europa si vendono gravel ma di gare ce ne sono poche…
E’ una situazione difficile, in Europa non si è ancora capito il potenziale del mondo gravel. Forse l’unico input è il calendario UCI. Negli Stati Uniti si è passati da zero corse a un calendario di 268 gare. Confermato da gravelcyclist.com. In Europa ci aggiriamo su una trentina di competitive. Un aspetto da non sottovalutare è che ci sono poche corse ma gli eventi in questo ambito stanno crescendo e stanno nascendo moltissime Gran Fondo per questa disciplina.
Potresti diventare oltre che atleta, un ambassador e tester?
Si potrei dare feedback dei materiali e partecipare allo sviluppo delle varie tecnologie. Alla fine stiamo parlando di una nuova specialità dove c’è tanto da testare. Sono tutte cose che con l’esperienza e la sensibilità del professionista, alle aziende potrebbero fare comodo. Una cosa importante è che non è un progetto che farei come ripiego. E’ una cosa che mi appassiona, ci sono messaggi importanti. Avvicinare persone al ciclismo che magari hanno paura della strada. Ho fatto due volte la Strade Bianche, e i paesaggi del fuoristrada sono straordinari.
L’ultima volta che ti abbiamo incontrato ci hai detto che avresti voluto rilanciarti anche sulla pista…
Se dovessi ritirarmi con la strada e dovessi iniziare con il gravel, di sicuro potrei affiancare la pista. Per esempio Ashton Lambie, il campione del mondo di inseguimento individuale, fa anche corse su gravel. E’ un ambiente che sta performando visto che molti ex professionisti si sono buttati a capofitto. Se mi guardo indietro è iniziato tutto con il campionato italiano dove ho battuto Ganna. Si certo eravamo ancora allievi è vero, ma è nel mio dna. Ho tante idee e non voglio chiudere ancora le porte al futuro e alle possibilità che si possono presentare. Si stanno pian piano concretizzando, vediamo quale sarà quella che mi permetterà di essere soddisfatto e di farlo come lavoro al 100 per cento.
Il 2022 sembra non essere troppo chiaro per le nazionali (maschile e femminile) di Marco Villa. Il cittì fa il punto di quello che sembra un vero tetris
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Al chilometro 172 di allenamento, Grosu si avvicina all’ammiraglia, chiedendo un panino e una borraccia. Sul sedile posteriore, Sergio Barbero che da corridore ha fatto sicuramente più fatica del rumeno e oggi è meccanico alla Androni, gli propone invece un’arancia.
«Se c’è frutta anche meglio, grazie» dice il velocista, che poi prende il frutto sbucciato dal piemontese, afferra la borraccia d’acqua e si riaccoda al gruppetto.
Sono in bicicletta da sei ore circa. Alcuni passaggi sterrati hanno sporcato le bici, ma i corridori della futura Drone Hopper marciano di buona lena. Alle loro spalle, staccati di circa 15 minuti, i compagni del secondo gruppo di lavoro stanno percorrendo la stessa strada.
Marengo e Spezialetti: il tema è un’app che permette di controllare il peso
Grosu si prepara le “malto” prima di partire. Il rumeno arriva dalla Delko
Marengo e Spezialetti: il tema è un’app che permette di controllare il peso
Grosu si prepara le “malto” prima di partire. Il rumeno arriva dalla Delko
Distanza e test
Oggi distanza (ieri per chi legge). Sull’ammiraglia in cui viaggiamo, Giovanni Ellena dirige le operazioni. Sul sedile posteriore ci sono appunto Barbero, professionista alla Carrera e alla Mercatono Uno, e il preparatore Borja Martinez Gonzales, portato in squadra dal dottor Giorgi. Viene da Burgos, dopo la laurea ha studiato in Gran Bretagna e ora vive a Bologna.
Partenza alle 9,45, con undici gradi, mentre Benidorm si metteva disordinatamente in movimento. All’appello manca soltanto Chirico, reduce da un malanno, che dopo due giorni sui rulli, uscirà su strada per una sgambata.
Sul cruscotto, il tablet mostra la schermata di VeloViewer: un bel passo avanti rispetto a quando si girava con carte stradali da interpretare e si perdeva la metà del tempo in cerca del giusto incrocio. Il programma giornaliero prevede 185 chilometri con 3.200 metri di dislivello e tre test. Uno dopo 85 chilometri: 15 secondi di sprint in leggera salita. Uno dopo 90 chilometri, con 3 minuti a tutta. Il terzo dopo 110 chilometri, facendo 12 minuti al massimo in salita.
Sulla schermata del tablet si visualizza l’attività di giornata
E poi anche il sommario degli allenamenti settimanali
Sulla schermata del tablet si visualizza l’attività di giornata
E poi anche il sommario degli allenamenti settimanali
Quando c’era il Chiappa
Il navigatore mostra la posizione della macchina e quella dei corridori, che nel display del computerino hanno le indicazioni di percorso.
«Il nostro Gps – ridacchia Barbero da dietro – era Chiappucci. Si metteva davanti, concordava la solita strada con Quintarelli e si seguiva tutti lui».
Durante i primi chilometri, Rojas si è lasciato sfilare ed è venuto all’ammiraglia. Il ragazzo di 19 anni è uno dei tre, assieme a Diego Alba e Marti Vigo, a essere stato investito da un’auto giovedì scorso. Il colombiano è stato sbalzato sul parabrezza e adesso ha male al ginocchio sinistro. Il consiglio è di sfilarsi, di aspettare semmai il secondo gruppo e casomai di tornare in hotel. Non c’è motivo di rischiare, la stagione non è nemmeno cominciata.
Rojas combatte con il dolore al ginocchio dopo l’investimentoRojas combatte con il dolore al ginocchio dopo l’investimento
Grosu già leader?
Stamattina anche Ponomar è andato al pronto soccorso per un dolorino al ginocchio. E intanto Ellena racconta delle mille precauzioni per far rientrare Tesfatsion dall’Eritrea e farlo vaccinare. E del fatto che a fine ritiro, Grosu rimarrà ad allenarsi qua. Farà venire la compagna e sta pensando di restarci fino alle corse di Mallorca, in cui potrebbe debuttare.
«Ha l’indole del velocista un po’ furbacchione – sorride con affetto il tecnico della Androni – ma quest’anno è motivatissimo e ci sta dando dentro alla grande. Lo vedo anche come un discreto trascinatore, perché gli altri mi pare che glielo riconoscano».
Ben 18 team in allenamento
Nel raggio di 5 chilometri incrociamo la Deceuninck, la Groupama, la Eolo, la Trek, la Cofidis e alcuni uomini della Ef. Ci mettiamo a contare e viene fuori che in questo periodo ci sono 18 squadre tra WorldTour e professional che si stanno allenando su queste strade.
Semaforo rosso prima del centro di uno dei tanti paesini dell’entroterra. Androni ferma lì!
Strade silenziose e prive di traffico, spesso in salita e al sole: perfette!
Semaforo rosso prima del centro di uno dei tanti paesini dell’entroterra
Strade silenziose e prive di traffico, spesso in salita e al sole: perfette!
Dopo 65 chilometri, sulla montagna davanti una serie di tornati arrampicati alla roccia lascia intravedere la salita su cui dovranno arrampicarsi. Speriamo che i corridori non se ne accorgano, diciamo, ma è tardi. Grosu davanti ha il dito puntato. Non gli sfugge niente.
«Venchiarutti l’avrei tenuto – dice Ellena mentre si parla dei corridori non confermati – perché sono convinto che dentro abbia dei numeri. Essere neoprofessionisti nel 2020 del Covid è stata una sfortuna per tanti. Poi si è un po’ abbattuto e alla fine non è stato confermato. Dovrebbe andare alla Work Service con cui abbiamo una collaborazione. E’ il modo di dire che non lo abbiamo mollato…».
Guance e gambe sudate
Arrivano sulla cima del Port la Valle d’Ebo, lungo la quale incontriamo i corridori della Eolo fare i test sul lattato. Per qualche secondo ci affianchiamo a Maestri, sudato e rosso in viso. Ricambia il saluto e si rimette a testa bassa.
Arrivati in cima, Borja scende per sentirli parlare. Nonostante l’aria sia fredda, gambe e guance dei ragazzi dell’Androni sono sudate.
Sosta sulla salita e prime sensazioni: da sinistra Benedetti, Grosu e Marengo
Borracce cercasi: così Grosu, Zardini e Ravanelli vanno all’ammiraglia
Super sete per Zardini: ora acqua dopo il pieno di maltodestrine
Sosta sulla salita e prime sensazioni: da sinistra Benedetti, Grosu e Marengo
Borracce cercasi: così Grosu, Zardini e Ravanelli vanno all’ammiraglia
Super sete per Zardini: ora acqua dopo il pieno di maltodestrine
A colazione hanno mandato già su sua indicazione 90 grammi di carboidrati. Le reazioni sono differenti e non tutte entusiasmanti.
«Mi sento così pieno – dice Bais – che non posso mangiare niente. Anzi, se ci penso sto male. Posso bere acqua, ma mi sento pieno».
«Ho anche io la stessa sensazione – conferma Marengo – tanto che mi viene da dire che potrei mangiare meno a colazione e cominciare a farlo subito in bici…».
Mentre prendono fiato e acqua, Sepulveda chiede notizie dei nuovi integratori. La squadra ha firmato con EthicSport e domani nel corso di una call, spiega Ellena, interverrà anche il responsabile dell’azienda, per spiegare i prodotti e le loro caratteristiche. Lo guardano con approvazione, poi ripartono…
La cura dei dettagli
Ravanelli ha una sporgenza sotto la manica sinistra. Chiediamo cosa sia, rispondono all’unisono Borja ed Ellena.
«E’ il rilevatore della glicemia – dice Ellena – il Super Sapiens. In corsa è vietato, ma è un bello strumento in allenamento».
Sulla salita, borracce e smanicati. All’ombra le temperature sono rigideSulla salita, borracce e smanicati. All’ombra le temperature sono rigide
Poi il tecnico racconta di uno studio già fatto un paio d’anni fa sulle ore di sonno. «Si trattava di mettere una sorta di orologio – racconta – che registrava la qualità del riposo. Alcuni corridori l’avevano presa male, quasi fosse una violazione di qualcosa. Così quando Borja l’ha riproposto, aveva quasi paura. Invece lo hanno spiazzato, chiedendogli se non potesse essere utile tenerlo anche di giorno. Ormai sono così attenti al dettaglio, che se non gliene proponi, passi per disorganizzato. Se invece hai mille attenzioni, loro ti seguono».
Ravanelli in panne
Ravanelli si ferma per l’ennesima volta e scherzando dice che a Bergamo per giornate come questa direbbero di starsene a casa. Questa volta c’è da sostituire la batteria del trasmettitore nella pedivella, perché non arriva segnale al computer. La prima volta invece gli sono spariti i dati. L’ammiraglia si ferma, Barbero inforca gli occhiali che ha cominciato a usare proprio oggi, scende ed effettua il pit stop.
Niente da fare, Ravanelli appiedato per un cambio di batteria
Dopo la sosta, per Ravanelli un rientro di fortuna, agganciato all’ammiralgia Androni
Niente da fare, Ravanelli appiedato per un cambio di batteria
Dopo la sosta, per Ravanelli un rientro di fortuna
«Il prossimo anno – dice Ellena – dovremmo cambiare computer e misuratori di potenza. Passiamo ai Dash di Stages Cycling con il rilevatore nella pedivella. Guarda però come si sta asciugando Ravanelli – aggiunge mentre seguiamo il corridore bergamasco – sta davvero crescendo bene. Il primo anno con noi ha avuto problemi, nel 2021 è andato molto meglio, speriamo nel prossimo».
Cattiveria Grosu
Dopo una grande discesa c’è spesso una grande salita, ma quello davanti è un vero muro. I corridori hanno spesso fra i piedi i dilettanti della Drone Hopper, squadra di under 23 sponsorizzata dalla stessa azienda. Grosu per i primi metri procede zigzagando, ma quando arriva il momento di iniziare il test sui 12 minuti, tira su il 53 e attacca. Dietro anche gli altri si mettono faticosamente in movimento, mentre l’ammiraglia segue il velocista rumeno in maglia Delko. Ha la bocca aperta e la pedalata cattiva. Sui tornanti si volta per guardare ed è un continuo rilancio. Solo in cima lo aggancia Sepulveda, ben più scalatore di lui.
Sepulveda fa il forcing, Grosu gli tiene la ruota
E alla fine la Androni rientra su Benidorm e i suoi grattacieli…
Sepulveda fa il forcing, Grosu gli tiene la ruota
E alla fine la Androni rientra su Benidorm e i suoi grattacieli…
Grosu prima lo tiene, poi cede, ma quando la strada spiana mette le mani sotto e lancia una volata. Sta per prenderlo, poi si siede di schianto. I 12 minuti sono finiti, ma la sua azione ha colpito Ellena, che lo affianca e glielo dice.
Domani scarico
E’ tempo di rientrare. Benidorm si staglia all’orizzonte con il suo profilo di grattacieli non proprio bellissimi. La città del secondo iride di Bugno in breve inghiotte i corridori della Androni, che guadagnano placidamente l’hotel soddisfatti del lavoro svolto. Domani (oggi per chi legge) ci saranno un giorno di scarico e la plicometria.
Giovanni Ellena è il diesse della Androni Giocattoli-Sidermec e ci racconta in che modo la squadra sia passata dall'esclusione al ripescaggio per il Giro