Paul Magnier, Soudal Quick-Step

Raccagni Noviero: uno sguardo da dentro sul talento di Magnier

30.10.2025
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La prima stagione nel WorldTour per Andrea Raccagni Noviero si è conclusa in Cina, dall’altra parte del mondo. Una trasferta che ha visto i ragazzi della Soudal Quick-Step conquistare cinque delle sei tappe previste, tutte con l’autografo del giovane talento francese Paul Magnier.

Il mese di settembre è stato il periodo di maggior raccolta per il velocista classe 2004, in diciotto giorni di corsa ha conquistato quattordici successi. Dalla Francia alla Cina, passando per Slovacchia e Croazia, Paul Magnier non ha lasciato praticamente nulla agli avversari. Solamente qualche briciola.

Paul Magnier, Soudal Quick-Step, Tour of Guangxi 2025
Tour of Guangxi, Magnier infila il quinto successo in sei tappe
Paul Magnier, Soudal Quick-Step, Tour of Guangxi 2025
Tour of Guangxi, Magnier infila il quinto successo in sei tappe

Ricalibrare

Andrea Raccagni Noviero si sta godendo le vacanze in Repubblica Ceca dove da qualche tempo ama passare i periodi di stacco insieme alla fidanzata, atleta di biathlon, e fa il punto su questa prima esperienza tra i grandi del ciclismo mondiale. Una stagione lunga, partita a gennaio dalla terra dei canguri e terminata dieci mesi dopo in Cina

«Come primo anno era iniziato abbastanza bene – racconta – ma non al meglio, nelle gare più impegnative facevo più fatica del previsto. Questo perché a inizio anno la squadra mi aveva consigliato di rallentare un pochino con i carichi e le ore in vista dei tanti impegni. Però abbiamo capito che per performare mi serviva qualche ora di allenamento in più, così nel mese di aprile, dopo la Roubaix, ho cambiato qualcosa. Maggior volume e lavori ad alta intensità per migliorare i valori fuori soglia. In questo modo ho visto un cambio di passo notevole e sono fiducioso in vista del prossimo anno. Dovrei ripartire dall’Australia, dove avrò qualche chance per provare a mettermi in mostra».

La stagione 2026 di Raccagni Noviero dovrebbe partire dall’Australia, come fatto quest’anno all’esordio nel WT
La stagione 2026 di Raccagni Noviero dovrebbe partire dall’Australia, come fatto quest’anno all’esordio nel WT
Torniamo un attimo indietro sul finale da record di questo 2025…

L’ultima parte di stagione l’ho corsa spesso accanto a Paul Magnier, prima in Slovacchia e poi in Cina. Sulle undici tappe a disposizione ne ha vinte nove, direi che il bilancio è più che positivo. Non c’è stato solo lui, anche perché mentre noi in Cina festeggiavamo con Magnier la squadra ha raccolto successi anche con Tim Merlier ed Ethan Hayter

La cosa impressionante di Magnier è stata la costanza e la facilità nell’inanellare vittorie. com’è correrci insieme?

E’ un ragazzo molto simpatico, ma anche uno capace di trascinare il gruppo. Quando si corre con lui si respira un’aria buona in squadra, certo che vincere aiuta a distendere gli animi ed essere sereni. 

Paul Magnier, Andrea Raccagni Noviero Soudal Quick-Step
Magnier e Raccagni Noviero festeggiano la terza vittoria di tappa consecutiva in Slovacchia
In corsa è un leader?

Pur avendo solamente ventuno anni è molto sicuro e determinato, quando c’è lui la strategia è chiara: stare davanti, tenere chiusa la corsa e portarlo allo sprint. In tutto questo Magnier è uno che parla e si fa sentire tanto anche attraverso la radio. Inoltre è sicuro e determinato, ci aiuta a posizionarci e a farci capire quello di cui ha bisogno. Chiaro che non si corre sempre in gestione.

Ci fai un esempio?

Quello che ho descritto prima è la situazione ideale, gara adatta alle sue caratteristiche e che finisce sicuramente allo sprint. Nelle tappe più complicate, come l’ultima al Tour of Guangxi, abbiamo corso in difesa. Il percorso prevedeva uno strappo impegnativo da fare cinque volte, noi abbiamo lavorato per tenere chiusa la gara ma quando la strada saliva dovevamo tenere il suo passo. Nell’ultimo giro si è staccato, io gli sono rimasto accanto e in pianura siamo rientrati. E’ stata una grande fatica, ma poi ha vinto la volata…

Paul Magnier, Andrea Raccagni Noviero Soudal Quick-Step
Il clima in squadra è sempre sereno alle corse, complici i grand successi di questo finale di stagione
Paul Magnier, Andrea Raccagni Noviero Soudal Quick-Step
Il clima in squadra è sempre sereno alle corse, complici i grand successi di questo finale di stagione
Un segnale forte.

Fa capire che non è solo uno sprinter, ma anche un corridore estremamente resistente. Infatti potrebbe essere adatto alle classiche del pavé, magari non quelle dei muri ma una Omloop Het Nieuwsblad, la Gent-Wevelgem o la Roubaix addirittura. E comunque come velocista Magnier ha dimostrato di essere tra i migliori al mondo, non tra i primi tre, ma non è molto lontano.

Uno di quei tre, Merlier, lo ha in squadra…

Per questo ho detto che Magnier può essere da classiche, in quelle corse Merlier fa fatica, mentre lui no. Allo stesso modo credo che per arrivare al livello dei primi al mondo (Philipsen e Milan, ndr) gli manchi solamente la costanza nello sfidarli. Deve mettersi alla prova. 

Per Boonen, Paul Magnjer è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche
Magnier è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche?
Per Boonen, Paul Magnjer è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche
Magnier è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche?
Tu come ti trovi con lui?

Bene, molto bene. Poi come detto prima, quando si vince così tanto è difficile trovarsi male. Mi piace anche il mio ruolo in gara, che all’inizio doveva essere quello dell’ultimo uomo, poi con il cambio di dieta e ritmo sono diventato il penultimo o anche qualche posizione prima. Magnier ha il suo ultimo uomo di fiducia che è Dries Van Gestel, ma in alcune gare si sono aggiunti al gruppo Lampaert e l’ultimo uomo di Merlier.

Com’è vederli all’opera?

Incredibile, abbiamo tanto da imparare. Alla fine quando conta sono capaci di fare un’accelerazione ai 700 metri dall’arrivo per portare fuori il velocista dal gruppo. Ti chiedi come fanno, ma la risposta è facile: sanno limare benissimo. Noi magari nel finale facciamo dieci minuti di fuori soglia, mentre loro giocano con le posizioni e risparmiano tantissime energie. 

Paul Magnier, Soudal Quick-Step, Jasper Philipsen, Alpecin Deceuninck
Elfstedenronde Brugge, Magnier guarda Philipsen, arrivo al fotofinish, ma la spunta il giovane del Wolfpack
Cosa manca a Magnier per lottare contro i migliori velocisti al mondo?

Pochissimi dettagli, ha dimostrato di avere potenza e forza a volontà. Forse, se devo trovare qualcosa, una posizione più aerodinamica in volata. Se si guarda a uno sprinter come Philipsen, si vede tanta differenza, lui è molto più schiacciato sulla bici rispetto a Magnier. Anche se una volta lo ha battuto, alla Elfstedenronde Brugge a giugno. Quindi penso sia proprio una questione di abitudine.

Raccagni Noviero, chili in meno e tanta voglia di emergere in più

Raccagni Noviero, chili in meno e voglia di emergere in più

11.10.2025
5 min
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C’è chi le classiche italiane le colleziona, come Isaac Del Toro e chi le corre comunque da protagonista, come Andrea Raccagni Noviero. Non sono tanto i risultati colti dal genovese, che pure ha sfiorato il podio alla Coppa Bernocchi, quanto alla maniera autoritaria con cui le ha interpretate, dando seguito a una seconda parte di stagione nel complesso molto positiva, nella quale sta mostrando confortanti progressi.

In partenza per la Cina, dove disputerà il Tour of Guangxi con in tasca già il contratto per la prossima stagione, Raccagni Noviero ammette che qualcosa è cambiato: «Diciamo che rispetto soprattutto alla prima metà stagionale, adesso sono molto più nel vivo della corsa. Ho raccolto negli ultimi due o tre mesi un bel po’ di top 10, molto meglio rispetto a prima».

Andrea Raccagni Noviero è al suo terzo anno alla Soudal ed ha il contratto fino al 2027
Andrea Raccagni Noviero è al suo terzo anno alla Soudal ed ha il contratto fino al 2027
Ti sei sbloccato col quarto posto nella tappa al Giro di Polonia?

Io andrei anche oltre, a dopo la Roubaix. L’avevo finita anche se non come avrei voluto e poi ho avuto qualche giorno più tranquillo e un periodo un po’ più lungo per prepararmi. Avevo in mente già da un po’ di cambiare. Avevo sempre la sensazione che quel tipo di gare, le classiche dove tirare e fare l’ultimo uomo non fosse lo schema ideale per me, dove poter dare il 100 per cento e quindi anche parlando col preparatore, col nutrizionista, da lì abbiamo iniziato a lavorare su un altro tipo di caratteristiche. Quelle appunto delle gare italiane, delle corse a tappe di una settimana. Ho iniziato a maggio a perdere un po’ di peso, a fare intervalli un po’ più lunghi di allenamento, a lavorare più sulla soglia invece che sulle volate.

Questo a che cosa ti ha portato?

Innanzitutto ho avuto bisogno di tempo, sono andato in altura a San Pellegrino con la squadra e già vedevo che lavoravo meglio. Poi sono andato in altura da solo e sono arrivato al Giro di Polonia che ero già, rispetto alla Roubaix, un altro corridore, con qualche chilo in meno. Le sensazioni, soprattutto in salita, erano completamente diverse.

Il genovese si è messo bene in luce nelle classiche italiane, andando spesso in fuga, con 2 Top 10
Il genovese si è messo bene in luce nelle classiche italiane, andando spesso in fuga, con 2 Top 10
Tu hai mantenuto poi quel regime alimentare e quel peso da allora?

Sì, ho lavorato su quella base. C’è voluto un po’ di tempo. Ho avuto i miei periodi dove ero un po’ più tranquillo, ho perso peso ma non mi è mai pesato troppo. Anche ora che siamo a fine stagione ho sempre un’alimentazione molto controllata. Il mio peso forma ora è di 70 chilogrammi, almeno 5 meno di prima.

In questa seconda parte di stagione si sono visti due Andrea diversi. Il primo che faceva classifica e che si è piazzato bene anche nelle classifiche, come per esempio in Slovacchia, il secondo che attaccava a tutto spiano nelle classiche di un giorno. Qual è quello che ti rispecchia di più?

Diciamo che è ancora un po’ presto per dirlo perché sto lavorando su questi aspetti da pochi mesi. Sicuramente per fare classifica devo crescere ancora tanto, adesso posso limitarmi a farla in queste gare un po’ di secondo livello come appunto in Slovacchia, ma credo che se non se non fossi ritirato perché avevo il Covid anche in Polonia avrei potuto fare bene e già era un livello molto più alto. Comunque per il tipo di caratteristiche che ho, credo che gli sforzi un po’ più lunghi e controllati mi favoriscano un pochettino rispetto per esempio alle gare italiane che sono molto nervose e quindi a livello di muscolatura le soffro un po’ di più, soprattutto se sono tanti giorni attaccati come adesso.

In Slovacchia Raccagni Noviero si è scoperto uomo da classifica, finendo 7° e 2° tra i giovani
In Slovacchia Raccagni Noviero si è scoperto uomo da classifica, finendo 7° e 2° tra i giovani
All’Agostoni e alla Bernocchi hai fatto due Top 10 attaccando da lontano e la cosa colpisce perché rispecchia un po’ il nuovo spirito che la Soudal dovrebbe avere dal dal prossimo anno…

Sì, la squadra perdendo Remco ha l’intenzione di tornare alle origini, anche con gli acquisti che hanno fatto, come Stuyven e Van Baarle. L’intenzione è quella di puntare forte sulle classiche, anche perché abbiamo Paul Magnier che è sicuramente uno dei più grandi prospetti per quel tipo di corse. Io cercherò di specializzarmi un po’ di più su questo tipo di percorsi, dove dobbiamo attaccare perché quando ti confronti con squadre come la UAE che hanno sempre un leader molto forte, devi inventarti qualcosina di diverso.

D’altronde il discorso classiche si sposa un po’ a te. Tu lo scorso anno sei stato addirittura sul podio alla Gand-Wevelgem di categoria. E’ un teatro di gara che a te piace?

Cercherò di valutare il prossimo anno perché quest’anno ho fatto tanto pavé a inizio stagione, ma era anche un periodo che non andavo fortissimo, per cui non mi sono trovato molto bene. Avrò l’occasione di riprovarci l’anno prossimo, spero con una gamba diversa come ho in questo finale di stagione, per capire appunto se posso dire la mia o magari provare anche qualche gara nelle Ardenne dove non ho mai corso.

Il ligure sarà impegnato al Tour of Guangxi, dove vorrebbe mettere a frutto la sua ottima forma attuale
Il ligure sarà impegnato al Tour of Guangxi, dove vorrebbe mettere a frutto la sua ottima forma attuale
Tu adesso parti per la Cina, vista la gamba che hai avrai libertà di movimento?

In Cina su sei tappe, almeno in quattro si prospetta la volata e noi abbiamo Magnier, per cui si lavorerà per lui, per provare a vincere più tappe possibili. Nelle due un po’ più impegnative dovrei avere la possibilità di muovermi come voglio. Sono in una buona condizione da tanto tempo, quindi spero di non calare e trovare degli altri risultati, ma se non dovesse accadere sono abbastanza tranquillo e non vedo già l’ora di potermi preparare al meglio per la prossima stagione.

In viaggio da Parigi a Roubaix: due debuttanti sul pavé

19.04.2025
6 min
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La prima Parigi-Roubaix è come il primo amore, non si scorda mai. L’emozione dell’esordio, la presentazione delle squadre il giorno prima, la ricognizione del percorso, i momenti concitati in gara e, ovviamente, i tratti di pavé. L’inferno del Nord è una corsa unica, come ognuna delle cinque Classiche Monumento, ed esordire non è affatto banale. Sia per i meriti sportivi che per il significato che questa corsa riesce ad avere nei cuori degli spettatori e dei ciclisti stessi. 

Tra i giovani italiani che hanno solcato per la prima volta le pietre della Parigi-Roubaix ci sono Daniel Skerl e Andrea Raccagni Noviero. I due sono arrivati nel velodromo tra gli ultimi, rispettivamente 114­° e 115° ma non per questo la loro cavalcata assume un valore differente. A qualche giorno di distanza andiamo da loro per farci raccontare questo incontro ravvicinato con l’Inferno

SKERL: «Tutto a posto. Poco alla volta io e la mia schiena abbiamo recuperato. Il giorno dopo mi faceva davvero male, anche le gambe ma a quello sono abituato (ride, ndr). Lunedì ho riposato, mentre martedì ho fatto un’uscita di un’oretta».

RACCAGNI: «Ho avuto per qualche giorno dolore al soprasella e alle gambe. Per il resto tutto bene. Mi sono preso un paio di giorni per recuperare, anche se ieri (mercoledì, ndr) sono salito in bici e avevo ancora un po’ di dolore».

Andrea Raccagni Noviero è arrivato sfinito a Roubaix, l’ultima ora e mezza è stata una sofferenza (foto Instagram)
Andrea Raccagni Noviero è arrivato sfinito a Roubaix, l’ultima ora e mezza è stata una sofferenza (foto Instagram)
Com’è andato l’esordio?

SKERL: «La mattina della gara avevo un po’ di ansia perché c’era l’incognita del meteo. Andando alla partenza avevo visto che alcuni tratti erano pieni di fango, non proprio il massimo. Con l’andare delle ore e delle gare che ci hanno preceduto (juniores e U23, ndr) la situazione è migliorata. 

RACCAGNI: «E’ la gara più dura a cui ho preso parte. Si tratta di uno sforzo diverso, non intenso ma a sfinimento. Poi è lunghissima, l’ultima ora e mezza ero devastato. Non so come ho fatto ad arrivare a Roubaix».

Che ruolo avevi in corsa?

SKERL: «Dovevo stare accanto a Fred Wright. All’inizio ho preso i tratti di pavé anche in posizioni decenti, poi mi sono staccato poco prima della Foresta di Arenberg. All’uscita di quel settore mi sono trovato da solo con Declercq, in quel momento ho capito che raggiungere il traguardo sarebbe stato difficile. Per fortuna da dietro è rientrata gente e insieme siamo andati all’arrivo

RACCAGNI: «Fino alla Foresta di Arenberg ero a supporto di Tim Merlier. Siamo entrati un po’ dietro e mi sono dovuto spostare sulla sinistra perché era pieno di corridori fermi a bordo strada. Nello spostarmi ho bucato e lì ho perso una marea di tempo. Sono uscito insieme ad altri quattro corridori, mancavano novanta chilometri all’arrivo e c’era sempre vento contro o laterale. A un certo punto ci ha raggiunto un gruppo grande, ma prendeva i settori a tutta e mi sono staccato. Ho fatto gli ultimi venticinque chilometri da solo. 

Uno dei pochi accorgimenti tecnici della Bahrain Victorious è stato montare copertoni da 35 millimetri
Uno dei pochi accorgimenti tecnici della Bahrain Victorious è stato montare copertoni da 35 millimetri
Emozioni particolari?

SKERL: «Quando ho saputo della convocazione, mi sono detto che sarebbe stata una gara come un’altra. Poi nella settimana prima mi è salita un po’ di tensione, inizi a pensare che sono 270 chilometri, che si corre a 47 di media, nella ricognizione vedi cosa vuol dire pedalare sul pavé. Poi il primo tratto di pietre lo prendi a 160 chilometri dall’arrivo, tra l’altro quei quattro settori all’inizio li ho fatti a ruota di Van Aert. Ammetto che mi ha dato un po’ di energia in più. La cosa impressionante è che mi staccava sui tratti d’asfalto, lima in maniera incredibile. In due pedalate risaliva cinque o sei posizioni. 

RACCAGNI: «In squadra si parlava da un po’ di farmi fare questa corsa. Le carte si erano un attimo rimescolate, poi il mercoledì prima del Fiandre mi hanno detto che sarei andato alla Roubaix. Così quella domenica mi sono fatto un bel lungo di 230 chilometri per prepararmi. L’emozione più grande, oltre ai settori di pavé, l’ho vissuta durante la presentazione delle squadre il giorno prima. Non avevo mai visto così tanta gente». 

Qual è il settore che più ti ha impressionato?

SKERL: «Il Carrefour de l’Arbre. Lì il pubblico è qualcosa di incredibile. A bordo strada era colmo di gente, tutti che urlano e ti incitano, anche a me che sono passato un quarto d’ora dopo i primi. Ero sfinito ma il calore del pubblico ti spinge avanti».

RACCAGNI: «La Foresta di Arenberg. Un po’ perché è la cosa che guardi in tv da bambino e poi perché quando esci realizzi che ti mancano ancora diciotto settori di pavé e sei disperso nelle retrovie che pedali a tutta. Quando ho bucato per fortuna non è andata giù subito la pressione ma è rimasta a un bar, un bar e mezzo. Nel momento in cui entri la corsa esplode, trovi corridori con le ruote distrutte e poi il pubblico batte le mani contro le barriere di plastica e fa un frastuono infernale».

Il sostegno del pubblico è per tutti…

SKERL: «Ti vedono un po’ come un eroe. Nonostante fossi tra gli ultimi il tifo era ugualmente caloroso. C’è una passione così grande per il ciclismo che ti senti parte di qualcosa di grande. Quando ero a ruota di Van Aert sentivi proprio l’amore del pubblico per un campione del suo calibro». 

RACCAGNI: «Tutti quelli che erano lungo la strada urlavano e ti sostenevano. Comunque tra Van der Poel e me saranno passati più di quindici minuti, avrebbero potuto guardare la corsa sul telefono o andare via. Invece erano lì, a bordo strada, ad aspettare gli ultimi e dare loro supporto».

Quando hai capito di aver compiuto la tua impresa personale?

SKERL: «Nel viale alberato di Roubaix. Mancava l’ultimo settore (200 metri proprio in quel viale, ndr) poi sono arrivato nel velodromo. Pensavo che quel giro e mezzo fosse più corto, devo ammetterlo. Con il suono della campana ho capito di aver terminato la mia prima Classica Monumento. Un giorno da non dimenticare, anche perché sono partito alle 11 del mattino da Compiègne e sono arrivato alle 17 a Roubaix». 

RACCAGNI: «Nel velodromo, lì ho pensato a tutta la fatica che ho fatto per finire la gara. Non so con quali forze sono andavo avanti. Ho anche pianto, più per la fatica fatta in bici, non sentivo più nulla. Un’altra cosa che mi ha impressionato è la dimensione del velodromo. E’ piccolo, sembra una pista che abbiamo anche noi vicino a Genova. Dalla tv sembra grande il doppio».

Il sostegno del pubblico è uguale dall’inizio alla fine, anche per l’ultimo del gruppo (foto Instagram)
Il sostegno del pubblico è uguale dall’inizio alla fine, anche per l’ultimo del gruppo (foto Instagram)
Scelte tecniche particolari?

SKERL: «L’unica novità sono stati i copertoni, abbiamo usato quelli da 35 millimetri. Quando sono salito in bici durante la ricognizione mi sembravano quasi ridicoli, invece mi hanno salvato perché sul pavé mi hanno dato una grandissima mano». 

RACCAGNI: «Nessuna. Avevamo gli stessi materiali che utilizziamo nelle altre corse. I copertoni erano da 32 millimetri gonfiati a 3,5 e 3,6 bar».

Ti sei concesso un premio per la tua prima Monumento? 

SKERL: «Nulla di particolare. La cosa che mi ha sorpreso sono stati i messaggi ricevuti a fine gara da amici e conoscenti. Questo è stato il mio regalo più grande, aver dato a tutti quelli che mi vogliono bene un motivo per essere orgogliosi di me mi ha reso felice». 

RACCAGNI: «Festeggiare nel nord delle Francia non è semplice. C’era la mia famiglia, è venuta anche la mia ragazza dalla Repubblica Ceca. La sera ci siamo presi una pizza e l’abbiamo mangiata in hotel. Comunque una cena premio me la sono meritata».

La fuga solitaria di Raccagni Noviero: tra sole, vento e fatica

12.02.2025
6 min
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Nell’ultimo appuntamento australiano del calendario WorldTour, la Cadel Evans Great Ocean Road Race, abbiamo assistito a una fuga solitaria di Andrea Raccagni Noviero (in apertura foto Chris Auld). Il ragazzo cresciuto del devo team della Soudal Quick-Step che da quest’anno è arrivato nel professionismo, sempre con la stessa maglia. Il debutto tra i grandi è arrivato in Australia, dalla quale è rientrato qualche giorno fa. Ora sta facendo i conti con il clima italiano, che di certo non gli permette di allenarsi in pantaloncini corti.

«Speravo che oggi non piovesse – ci dice al telefono la mattina presto – invece dovrò aspettare ancora per uscire in bici. Anche nei giorni scorsi allenarsi non è stato semplice, direi che in Australia si stava meglio».

Appena lanciata l’azione Raccagni Noviero cerca il contatto con l’ammiraglia, ma la radio è già fuori portata
Appena lanciata l’azione Raccagni Noviero cerca il contatto con l’ammiraglia, ma la radio è già fuori portata

Anticipare

La Cadel Evans Great Ocean Road Race è stata vinta da Mauro Schmid, campione nazionale svizzero, che ha coronato un inizio di stagione affrontato con coraggio e sempre all’attacco. La corsa, prima di entrare nella fase finale, ha avuto come protagonista Andrea Raccagni Noviero. Il ligure si è messo in mostra con una fuga solitaria di 115 chilometri, un lungo viaggio vissuto da solo tra la costa e l’entroterra australiano.

«Non era l’idea della giornata – racconta il protagonista dell’azione – partivamo con gli stessi corridori del Tour Down Under, come tutte le altre squadre. Sapevamo che su un percorso del genere avremmo fatto fatica a imporci, la decisione era quella di trovare altre soluzioni per andare all’arrivo. Eravamo consapevoli che sarebbe uscita una corsa dura nel caso in cui fosse si fosse alzato il vento, volevamo stare davanti per fare selezione. Arrivare ai piedi della salita finale ci avrebbe condannati, infatti Schmid si è dimostrato il più forte ma lo si era visto dai giorni prima».

Quando si è in fuga da soli tutto conta, eccolo alla ricerca della posizione più aerodinamica possibile
Quando si è in fuga da soli tutto conta, eccolo alla ricerca della posizione più aerodinamica possibile
Ti sei lanciato in fuga, da solo…

Appena partiti avevamo davanti 120 chilometri totalmente piatti e il gruppo aveva preso un ritmo davvero blando. Così io ho provato un allungo, ho spinto un po’ e dopo un minuto mi sono girato e già c’era il vuoto, avrò avuto una trentina di secondi sul gruppo. Il problema era che non avendo dietro le nostre ammiraglie le radio erano diverse, avevano una portata ridotta. Già dopo il primo allungo non sentivo più l’ammiraglia.

Così hai tirato dritto?

Sapevo di avere davanti una quindicina di chilometri su uno stradone larghissimo e con vento laterale. Mi sono detto: «Mal che vada se partono dei ventagli mi trovo già in buona posizione». Ho continuato a tenere il mio ritmo, che non mi sembrava essere troppo alto. La prima volta che la motostaffetta mi ha raggiunto e mostrato la lavagna con i distacchi avevo due minuti e mezzo sul gruppo. 

Diciamo che nessuno in gruppo aveva raccolto il tuo invito.

No, direi di no (ride, ndr). All’inizio stavo bene, ho fatto gare con valori medi ben più alti. La cosa che mi ha fatto penare di più è stato il caldo, non avevo mai corso con certe temperature. Il termometro non è mai sceso sotto i 40 gradi centigradi. Alla fine ho colto la sfida con l’obiettivo di arrivare fino al circuito finale.

Dopo 115 chilometri la fatica e il caldo hanno spento l’azione di Raccagni Noviero (foto Chris Auld)
Dopo 115 chilometri la fatica e il caldo hanno spento l’azione di Raccagni Noviero (foto Chris Auld)
E invece?

A 10 chilometri dall’inizio del circuito mi si sono bloccate le gambe, totalmente. Da quel momento sono naufragato e il gruppo mi ha inghiottito. 

Com’è stato essere in fuga da solo, tra l’altro senza contatti radio?

All’inizio sulla costa il vento era a favore. Prima di entrare nell’entroterra si passava da piccole cittadine con tanta gente che si fermava a guardare, quindi è stato piacevole. C’erano anche tante persone che salivano dalla spiaggia in costume per vedere il passaggio della gara. Ammetto che un po’ li ho invidiati viste le temperature!

La cosa che più ha colpito l’atleta ligure sono le spiagge immense e con poche persone
La cosa che più ha colpito l’atleta ligure sono le spiagge immense e con poche persone
Poi hai abbandonato la costa.

Una volta girato verso l’entroterra tutto è diventato meno piacevole, il vento contrario era forte e inoltre sembrava di stare dentro un forno. Continuavo ad andare alla moto dell’assistenza per prendere borracce, mi versavo l’acqua addosso per rinfrescarmi e dopo cinque minuti ero di nuovo asciutto. 

Hai avuto modo di alzare lo sguardo e guardarti intorno?

Avevo già visto quelle strade durante gli allenamenti perché siamo stati in hotel sulla costa per una settimana, tutte le squadre erano nella stessa struttura. Il paesaggio è esattamente come te lo immagini, bellissimo ma molto diverso da qui. Una cosa che ho notato, visto che sono abituato a vedere il mare, è che noi siamo abituati a spiagge piccole con tanta gente mentre da loro ci sono spiagge immense e con poche persone. 

Ad aggiudicarsi la Cadel Evans Great Ocean Road Race è stato poi Mauro Schmid, campione nazionale svizzero
Ad aggiudicarsi la Cadel Evans Great Ocean Road Race è stato poi Mauro Schmid, campione nazionale svizzero
Mentalmente quanto è stato difficile pedalare da solo per tutto quel tempo, o era come essere in allenamento?

No no completamente diverso. Per la testa ti passano meno pensieri personali e sei concentrato sulla gara, anche se pedalavo a ritmi sostenibili dovevo rimanere concentrato e motivato. Cercavo di stare concentrato e di curare ogni dettaglio, ad esempio provavo a trovare la posizione più aerodinamica possibile. 

Che watt hai tenuto?

Normalmente so che riesco a tenere una media di 300 watt in gara, anche qualcosa in più. Così mi sono tarato su quei numeri. In pianura stavo intorno ai 300 watt, mentre strappi e salite spingevo fino a 400 watt. La cosa strana è che non sono “esploso” ma mi si sono consumato lentamente. Ad un certo punto le gambe si sono bloccate. A fine giornata, in hotel, mi è venuto a parlare il dottore della squadra e mi ha detto che avrei dovuto abbassare i watt di almeno il 20 per cento. Mi sarà utile per il futuro.

Com’è stato vivere tutte le corse in Australia, soprattutto per te che sei neo professionista. 

Bello perché comunque si parte a correre a metà gennaio e per due settimane si vedono sempre gli stessi corridori. Poi con il fatto che l’ultimo periodo eravamo tutti nello stesso hotel vuol dire essere abituati a vedersi ovunque: in ascensore, a cena, nel tendone dei meccanici. Ne parlavo anche con i miei compagni, dicevo loro che forse in gara per me è stato più noioso perché non sapevo con chi parlare, non c’erano tanti 2004 neo professionisti. 

«Ti sei divertito?» Con questa battuta Mosca ha accolto Raccagni Noviero una volta ripreso
«Ti sei divertito?» Con questa battuta Mosca ha accolto Raccagni Noviero una volta ripreso
Hai scambiato qualche battuta con qualcuno?

Con Jacopo Mosca, anche durante il viaggio di ritorno. Lui ha la casa in Liguria ed è amico di alcuni ragazzi che si allenano con me. 

Ti ha detto qualcosa sulla fuga solitaria? 

Quando il gruppo mi ha ripreso lui era davanti a gestire l’andatura, mi ha chiesto: «Ti sei divertito?». Gli ho risposto di sì, ma non era vero (ride, ndr). 

Lo hai tenuto allenato per la Sanremo, un panorama diverso però sempre tra mare e costa…

Vero! Anche se per la Sanremo deve aggiungere qualche chilometro ancora.

Raccagni: debutto okay. In Australia il motore gira subito bene

23.01.2025
5 min
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CALPE (Spagna) – Andrea Raccagni Noviero ha iniziato il grande salto nel WorldTour. Dopo aver chiuso una promettente esperienza con il team di sviluppo della Soudal Quick-Step, il giovane talento ligure ha iniziato la sua prima stagione tra i grandi, debuttando in questi giorni al Tour Down Under in Australia. L’opportunità di partire per l’altro emisfero è arrivata all’ultimo momento a causa dell’infortunio di un compagno, ma Andrea non ci si è buttato corpo ed anima senza farsi trovare impreparato.

Anzi, proprio ieri ha colto un ottimo dodicesimo posto, primo degli italiani, sull’arrivo di Tanunda, dove Welsford ha firmato il bis. Noi lo avevamo sentito giusto poco prima che spiccasse il volo per l’Australia. La nuova avventura portava con sé emozione, aspettative e la consapevolezza che il livello, molto più elevato dei professionisti, può essere comunque alla sua altezza.

Andrea ci è parso davvero maturo. Parlava con calma, ma al tempo stesso con determinazione. «Non sono d’accordo con chi dice che è solo un nuovo inizio – aveva scritto sulle sue pagine social allo scoccare del primo gennaio – ogni atleta lavora tutta la sua adolescenza per diventare professionista, quindi penso che questo sia già uno sprint intermedio». Non è così scontato che queste parole possano attribuirsi ad un ragazzo del 2004.

Raccagni Noviero al termine della tappa di ieri al Down Under (foto Getty Sport)
Raccagni Noviero al termine della tappa di ieri al Down Under (foto Getty Sport)
Andrea, un bel salto, siamo nel WorldTour finalmente!

Sì, la presentazione della squadra posso dire che è stata la consacrazione. Questo è il secondo ritiro che ho fatto con la prima squadra e per me è più breve del primo, perché appunto l’Australia mi aspetta. Mi sto ambientando bene, anche se facevo già parte della famiglia Soudal, tuttavia questo gruppo è ancora un po’ diverso rispetto al devo team. È molto piacevole stare qui con la squadra.

Già l’anno scorso avevi fatto un ritiro con loro?

Non precisamente. L’anno scorso non avevo partecipato ai ritiri, ero stato qui solo per un controllo al ginocchio a dicembre, visto che ho un problema ricorrente ogni anno a quanto pare: anche quest’anno mi ha dato noie. Ho incontrato dottori e staff, ma non feci nessun ritiro ufficiale con loro.

Quando hai saputo ufficialmente che saresti passato nel WorldTour?

L’ho saputo dopo il Tour di Slovacchia, quindi intorno ad agosto. Però poi ho firmato più in là, all’ultima tappa del West Bohemia Tour. Il contratto è arrivato via e-mail mentre ero sul camper, a fine gara. L’ho firmato subito: viva la firma digitale!

Come hai gestito la preparazione sapendo dell’Australia?

All’inizio ero riserva, quindi non ero sicuro di partire. Poi, a causa dell’infortunio di Lamperti (operato ad un ginocchio, ndr), sono stato inserito nella squadra poco prima di Natale, in pratica al termine del primo ritiro. Però a quel punto la preparazione è rimasta quella prevista per la mia prima gara stagionale, che sarebbe avvenuta all’Etoile de Besseges.

Andrea Raccagni Noviero poche ore prima di partire per l’Australia. Ha un contratto che lo lega alla Soudal fino al 2027
Andrea Raccagni Noviero poche ore prima di partire per l’Australia. Ha un contratto che lo lega alla Soudal fino al 2027
E ti preoccupa questa cosa?

Non troppo dai… Essendo la prima gara per tutti, il livello sarà alto, ma non sarà ancora quello del Tour de France! Non tutti insomma saranno al top. Immagino che gli australiani e i neozelandesi andranno forte, ma la maggior parte del gruppo è in una fase di costruzione.

Che impressioni hai avuto dal primo ritiro nel WorldTour?

Ho pedalato poco a dire il vero nella prima parte di gennaio, per i problemi al ginocchio di cui accennavo. Ho lavorato bene con gli esercizi a secco. Quindi allenamenti controllati e le salite vengono affrontate con cautela, almeno nel gruppo in cui sono stato inserito io, quello degli uomini veloci e delle classiche.

Con chi hai legato di più nella squadra?

Con gli italiani. In aeroporto mi sono ritrovato con Cattaneo, per esempio, e anche Bramati che è il diesse di riferimento per noi italiani. Poi devo dire di aver legato parecchio con il mio compagno di stanza Pascal Eenkhoorn, con cui ho costruito un bel rapporto: tra l’altro è molto simpatico. Essere in 29 non facilita la conoscenza approfondita con tutti, il tempo per parlarsi è poco.

Ecco Andrea, a destra, in allenamento con Ethan Hayter (foto Wout Beel)
Ecco Andrea, a destra, in allenamento con Ethan Hayter (foto Wout Beel)
A proposito di Bramati, lui ti ha paragonato a Ballerini, altro italiano passato dalla Soudal-Quick Step, ti ritrovi in questo paragone?

Non lo so, spero di poter seguire il suo esempio. Il Ballero ha già ottenuto ottimi risultati. Io per ora so di essere bravo come lead-out man tra gli under 23, ma il professionismo è un altro mondo e dovrò scoprire le mie vere caratteristiche.

Prima hai detto che il gruppo dei pro’ è un po’ diverso: come ti stai trovando con questa grande l’organizzazione?

È tutto molto più dettagliato rispetto al team di sviluppo. Ogni giornata è programmata minuto per minuto, con appuntamenti con nutrizionista, psicologo… giornalisti! Noi corridori dobbiamo solo seguire il programma. Basta presentarsi a quell’ora in quella stanza! Alla fine è anche comodo. Per il resto quando si è bici, cambia relativamente poco.

L’Australia è una novità per te…

Sì, è una bella emozione. E’ la prima volta che ci vado, sia in bici che “in vacanza”da turista” diciamo così. Mi piace il caldo, quindi sono contento di iniziare qui piuttosto che in un posto freddo. Abbiamo una squadra competitiva, speriamo di fare bene.

Soudal-Quick Step: un’evoluzione costante. Parla Bramati

13.01.2025
5 min
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CALPE (Spagna) – Davide Bramati non è solo uno degli uomini chiave della squadra belga, ma anche uno dei testimoni più diretti della sua evoluzione. Con 23 anni di esperienza nel gruppo, prima come corridore e poi come direttore sportivo, il “Brama” ha vissuto ogni fase della trasformazione della Soudal-Quick Step, oggi una formazione costruita attorno a quel prezioso gioiello che è Remco Evenepoel, capace col suo nome, il suo appeal e le sue vittorie di rilanciare una squadra che addirittura si pensava potesse sparire solo un anno fa quando si parlava di fusioni o di una sua stessa cessione da parte dello storico manager Patrick Lefevere (in apertura foto Instagram-Soudal Quick Step).

Niente di tutto ciò. La Soudal è forte e viva, anche se diversa. E Bramati ci racconta i cambiamenti avvenuti nel team, le sfide affrontate e le prospettive future, sottolineando come la squadra cerchi di adattarsi alle esigenze di un ciclismo sempre più competitivo e specializzato.

Il mercato è stato importante quest’anno, anche quello ai vertici. Via Lefevere dentro Jurgen Foré alla guida come team manager. E poi l’arrivo di Ethan Hayter su cui investire per le classiche, tanti giovani dal devo team, ma anche scalatori di esperienza come Maximilian Schachmann, profilo impensabile per il Dna di questa squadra fino a solo due o tre anni fa.

La Soudal-Quick Step si presenta alla stampa: obiettivo Tour con Evenepoel, ma sempre con le classiche in testa
La Soudal-Quick Step si presenta alla stampa: obiettivo Tour con Evenepoel, ma sempre con le classiche in testa
Brama, ormai sono un bel po’ di anni che sei in questa squadra?

Ne sono passati ben 23 da quando ho iniziato il mio cammino in questo gruppo: dal 2003 al 2006 come corridore e dal 2006 ad oggi come direttore.

E quanto è cambiata la Soudal? Una volta eravate “la squadra delle classiche”, adesso è evidente questa evoluzione, l’ha detto anche Lampaert durante la presentazione.

Abbiamo perso corridori importanti negli anni. Adesso ci sono altri nomi e uno di questi fa parte di quei cinque o sei atleti che, quando sono alla partenza di una gara, al 90 per cento sono i favoriti. Questo è il ciclismo e la sua evoluzione e noi ci siamo adattati. Anche se è cambiato tanto, però ricordo che la bici è sempre fatta da un telaio, due ruote, un corridore e la sua testa: certi dogmi perciò non cambiano mai.

Anche nel modo di lavorare è cambiato tanto rispetto alla Quick Step di Boonen, tanto per citare un totem del vostro gruppo?

Chiaro, come dicevo l’evoluzione è evidente: materiali più veloci, abbigliamento, nutrizionisti, cuochi, preparatori. Non che prima non fosse così, in qualche modo un certo tipo di ricerca a fare meglio c’era, ma oggi c’è più lavoro specifico su ogni persona e da parte di ogni persona. Ognuno ha il suo ruolo e deve cercare di ottenere e far ottenere il massimo.

Quest’anno avete dato un colpo definitivo: non siete più solo una squadra da classiche. Le partenze di Asgreen e Alaphilippe lo confermano.

Sì, sono partiti due corridori che hanno fatto tanto per questa squadra, ma anche altri in questi anni. Julien ha vinto tanto e anche Asgreen, il nostro ultimo vincitore del Giro delle Fiandre. Sono arrivati Paret-Peintre, Schachmann, Hayter, ottimi corridori. Ma come ho detto, avere uno di quei cinque o sei talenti che dominano oggi è fondamentale. Penso a Van der Poel, Van Aert, Pidcock, Vingegaard: corridori che le squadre vogliono tenersi stretti. Ed è giusto, è normale insistere su questi.

Bramati (classe 1968) con Alaphilippe: i due hanno condiviso moltissime battaglie insieme
Bramati (classe 1968) con Alaphilippe: i due hanno condiviso moltissime battaglie insieme
Con Alaphilippe ci scherzavi tanto, era un po’ un “tuo” corridore. Ci ricordiamo quando proprio qui a Calpe ti rubava le chiavi dallo scooter (mentre si era in marcia) con il quale li seguivi in allenamento…

Eh sì mi ricordo! “Giuliano” l’ho sentito di recente. Mi ha detto che sta bene. Per lui inizia una nuova avventura dopo tanti anni. È andato in una squadra con potenzialità per crescere. Gli auguro di tornare a vincere qualcosa di importante.

Capitolo Evenepoel: come procede il suo recupero? Te lo immagini competitivo per le Ardenne?

Ha avuto un incidente a dicembre, sta facendo gli ultimi controlli. Aspettiamo che i medici ci informino e vediamo. Se sarà pronto per le Ardenne? Io credo di sì, poi non è facile vincere quelle corse. Ma penso una cosa riguardo a Remco, e gliel’ho anche detta: le forze che non sta spendendo adesso se le ritroverà durante l’anno. Sono sicuro che tornerà a un altissimo livello.

Da ex corridore, come vedi Evenepoel dopo la stagione passata? Nel senso: come si trovano gli stimoli per cercare di chiudere il gap in salita con Pogacar e Vingegaard?

L’anno scorso, alla partenza del Tour, non in tanti credevano che potesse arrivare sul podio. Mentre noi abbiamo sempre corso con quell’obiettivo e lo abbiamo raggiunto. Remco ha dimostrato una crescita importante anche sulle grandi salite. Tuttavia sa che deve migliorare ancora per competere con i due che gli sono arrivati davanti, ma è giovane e rispetto a quei due ha il tempo dalla sua parte per crescere.

Remco sarà chiamato ad un grande impegno per ridurre il gap in salita nei confronti di Vingegaard e Pogacar, ma Bramati è fiducioso
Remco sarà chiamato ad un grande impegno per ridurre il gap in salita nei confronti di Vingegaard e Pogacar, ma Bramati è fiducioso
A proposito di giovani, i due ragazzi italiani, Garofoli e Raccagni, che impressioni ti hanno dato?

Andrea Raccagni era nel nostro devo team, Garofoli era già in Astana e ha fatto qualche esperienza in più, è anche un pelo più grande. Arrivano in un gruppo dove avranno gli occhi addosso in ogni gara, ma non devono avere fretta. Gliel’ho detto: «La stagione è lunga, arriverà anche il vostro momento», anche se spesso saranno chiamati ad aiutare. Ma prima o poi tra situazioni di gara, calendari, assenze di qualcuno… avranno spazi personali.

Li vedremo al Giro d’Italia?

Sicuramente Raccagni no. E’ al primo anno, deve migliorare e deve mettere chilometri di gara con i pro’ nelle gambe. Garofoli invece è nella nostra lista lunga. Decideremo dopo i primi due mesi chi saranno gli otto effettivi e le quattro riserve per il Giro d’Italia.

Raccagni lo vedi adatto per le classiche?

Fisicamente mi ricorda un po’ il “Ballero”. Ha 20 anni, è giovane e deve fare le cose con calma, ma ha potenzialità. Una stazza giusta e parecchia potenza. Lo vedremo già quest’anno.

I giovani di oggi guardano alla storia del ciclismo o no? Ti hanno mai fatto domande magari su Boonen, sui corridori dei tuoi tempi…

Troppe domande no, ma sono sicuro che guardano la storia di questo sport. Per esempio, Raccagni è in camera con Pascal Eenkhoorn, che ha esperienza. Ma bisogna lasciar loro il tempo per maturare. Il livello si è alzato tantissimo e il ciclismo di oggi non è facile.

Raccagni Noviero nel 2025 sarà WT: aspettative e speranze

10.10.2024
6 min
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Andrea Raccagni Noviero ce lo aveva detto alla fine della stagione 2023 che il suo obiettivo sarebbe stato quello di meritarsi la promozione nel WorldTour, sempre con i colori della Soudal Quick-Step. Alla fine è riuscito a raggiungere questo traguardo proprio nel finale di questa stagione. Un modo per coronare una crescita costante, il premio è un contratto triennale con la squadra guidata da Patrick Lefevere.

Lo raggiungiamo telefonicamente mentre è in Repubblica Ceca e si gode il riposo di fine stagione. Il suo 2024 è terminato con la partecipazione alla Coppa Bernocchi, ora ricarica le batterie in vista degli impegni futuri. 

«Sono a casa della mia ragazza – ci racconta – fa freddo ma sicuramente sono più all’asciutto che in Italia. L’ho raggiunta dopo la Bernocchi, ho lasciato la bicicletta al team e mi sono messo in macchina. Ci siamo conosciuti proprio in Repubblica Ceca, durante la Corsa della Pace disputata con la nazionale. Era a vedere una tappa, mi ha scritto su Instagram e ci siamo conosciuti così. Starò qui da lei una ventina di giorni, nel mezzo andrò in Belgio per fare una prima riunione con il team, poi torneremo in Italia per andare in vacanza insieme. Sfruttiamo questo periodo per stare insieme, lei è una biatleta, quindi a breve inizierà la stagione».

Uno dei migliori risultati di stagione è stato il terzo posto alla Gand U23 (foto Wielerspiegel)
Uno dei migliori risultati di stagione è stato il terzo posto alla Gand U23 (foto Wielerspiegel)
Come arrivi all’incontro con la squadra sapendo che sarai parte del team WorldTour?

Felicissimo. Dal 2024 abbiamo avuto un contatto più forte con il team maggiore, Lefevere ce lo aveva detto e così è stato. Conosco bene lo staff e qualche compagno di squadra. Nei giorni in Belgio avremo una cena con lo sponsor Soudal e faremo dei test in pista.

In che modo si è manifestato questo maggior “contatto” tra il team U23 e quello WorldTour?

La prima grande differenza è stata che la squadra ha acquistato il magazzino accanto a quello riservato ai professionisti. Quindi dal 2024 i service course erano nello stesso posto. Banalmente se a un meccanico del team U23 mancava un pezzo apriva la porta accanto e lo prendeva dal team professionistico. Penso che per lo staff sia stato un bel passo in avanti. Come seconda cosa sono cambiati i mezzi alle corse. Quest’anno abbiamo avuto spesso il bus del team femminile con noi, oppure il camion dei pro’ con l’autista. Al Giro Next Gen eravamo super organizzati.

E con i compagni?

Ad esempio, sempre al Giro Next Gen ha corso con noi Paul Magnier che aveva un contratto con il team WorldTour. Questo fa capire la concreta evoluzione del team. Ciò che ha fatto lui sarà quel che farò anche io nel 2025, accumulare esperienza con i professionisti ma anche andare a correre qualche appuntamento di spessore tra gli under 23. Mondiale ed europeo non saranno più accessibili per me, ma le gare 2.2 o le Classiche come la Parigi-Roubaix Espoirs (in apertura l’edizione 2023, foto Freddy Guérin/DirectVelo) o la Gent U23 sì.

A tuo modo di vedere qual è stata l’evoluzione che ti ha portato a meritare la promozione tra i pro’?

Nei numeri non sono migliorato tanto, o almeno non tanto quanto fatto nel passaggio da juniores a under 23. E’ stato un progresso più “leggero” ma credo di aver fatto un passo in avanti nella prestazione secca. Certi carichi di lavoro fatti nel 2023 me li sono trovati quest’anno. 

Raccagni Noviero ha corso nelle gare più importanti dedicate agli U23, qui alla Parigi-Roubaix (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Raccagni Noviero ha corso nelle gare più importanti dedicate agli U23, qui alla Parigi-Roubaix (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Hai anche avuto modo di correre già con il team WorldTour, com’è andata?

L’ho fatto prima al Giro di Slovacchia e poi proprio alla Bernocchi. Nel primo caso i team WorldTour in gara erano pochi, compresi noi erano tre. Poi c’erano parecchie professional e continental. Però mi sono trovato bene, le tappe erano tanto controllate e io mi sono messo a disposizione dei compagni lavorando per ricucire sulle varie fughe. Alla Bernocchi, invece, il livello era più alto. Le WorldTour presenti erano 14 e la differenza si è notata. 

In che senso?

Che fino a quando siamo stati noi a gestire la corsa tutto era sotto controllo. Poi è arrivata la UAE e ho visto cosa vuol dire seguire quei ritmi. Sono bastati pochi minuti per subire il ritmo alto e la fatica. Da un lato ho potuto ammirare anche la loro dedizione alla causa, nonostante fosse una gara di fine stagione erano tutti pronti e concentrati per fare il loro massimo. 

Il primo confronto con i professionisti ha fatto capire che a certi sforzi ci si deve abituare
Il primo confronto con i professionisti ha fatto capire che a certi sforzi ci si deve abituare
Dove pensi di dover migliorare ancora nel 2025?

In allenamento devo imparare a gestirmi bene. Nell’inverno passato ho esagerato con la preparazione e sono arrivato nel finale di stagione stanco anche mentalmente. Dal punto di vista fisico aggiungerò la palestra per fare un ulteriore step in avanti. Ma lo spartiacque principale penso sarà correre con costanza nel WorldTour. Fare delle gare di una settimana ai loro ritmi potrà dare qualcosa di diverso al mio motore. 

Il preparatore sarà lo stesso?

Sì. Lavoro con lui da quando sono qui e questo è un plus. Mi conosce, anzi ci conosciamo molto bene. A livello mentale è un aiuto perché sappiamo entrambi come comunicare tra di noi e lui è in grado di dirmi quali sono le cose da fare. 

Qui alla Bernocchi corsa il 7 ottobre, Raccagni Noviero è a destra di Evenepoel, i due dal 2025 saranno compagni di team
Qui alla Bernocchi Raccagni Noviero è a destra di Evenepoel, i due dal 2025 saranno compagni di team
Aumenterai le ore di lavoro?

Probabilmente sì. Ora ne faccio 20 a settimana di media. Quando sono in preparazione arrivo a 26 o 27 ore, mentre se devo recuperare tra una gara e l’altra ne faccio 11 o 12 di ore. Penso cambieranno anche gli allenamenti, perché da under 23 per fare carico mettevo insieme delle triplette da 11 ore. Divise magari così: 3 ore e mezza, il giorno dopo quattro ore e mezza e l’ultimo tre ore. Da professionista dovrò abituarmi a gare con tante ore, come nelle Classiche. Quindi penso passeremo a doppiette con cinque ore e poi sei. 

Per finire, hai corso ai mondiali di Zurigo e hai espresso un bel pensiero sui social nei confronti della ragazza che è venuta a mancare: Muriel Furrer

Ho pensato che non sarebbe stato giusto far finta di niente. Probabilmente io non cambierò nulla, però magari potrò essere d’aiuto. Alla Tre Valli Varesine i corridori sono stati fermati per il maltempo, a Zurigo no. Bisogna cercare di connettere, se una corsa diventa troppo pericolosa la si deve fermare. C’è chi dice che il ciclismo eroico è finito e che 50 anni fa si correva sui passi di montagna spingendo la bici a mano. Lo sport però si è evoluto, trovo giusto fermare una gara per la pioggia eccessiva o altre condizioni estreme. Siamo persone non macchine e il rischio è di pagare certe scelte con la vita. Mi piacerebbe portare avanti questo pensiero, dargli continuità e fare qualcosa di concreto. Non so cosa, ci penserò a fondo. 

Velo lancia il team relay, e sugli U23 ha qualcosa da dire

24.09.2024
6 min
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ZURIGO (Svizzera) – I campionati del mondo per le prove contro il tempo termineranno ufficialmente domani con il mixed team relay. Una prova difficile, resa ancor più tosta dal percorso e dal livello molto alto dei contendenti all’oro. Dopo il successo dell’europeo gli azzurri si approcciano ad un’altra sfida nei panni della favorita. Dell’ossatura che ha dominato in Belgio rimangono i soli Affini e Cattaneo, gli altri quattro interpreti cambieranno. Nel trio maschile ai due alfieri d’oro si aggiunge Filippo Ganna. Per le tre ragazze, invece, il terzetto si compone dell’esperta Longo Borghini, affiancata da Soraya Paladin e Gaia Realini

«La gara – attacca subito a parlare il cittì Marco Velo – è parecchio dura. Direi un po’ insolita per una cronometro, soprattutto a squadre. Somiglia più a una cronoscalata, credo che in tre il percorso sia abbastanza proibitivo. Non tanto per la salita, che comunque va a snaturare quello che è il gesto di una cronometro, ma per le tante discese e i diversi tratti pericolosi. Le squadre incontreranno parecchie strade strette, quindi non si riuscirà a lanciare bene il terzetto. Detto questo siamo qua per lottare e provare a far bene, non lo nego, ho tre corridori uomini e tre atlete donne che sono di altissimo livello».

Un percorso del genere ha creato qualche difficoltà in più nel comporre le due squadre?

Non è un percorso ideale a Ganna o Affini, però sono fiducioso della loro condizione che è super (in apertura insieme a Marco Velo, foto Federciclismo / Maurizio Borserini). Mi piacerebbe rimarcare anche la voglia di due ragazzi come loro di mettersi a disposizione e nel prendere parte a questa gara. Quando ho iniziato a pensare ai vari nomi da includere nella lista dei papabili non ho ricevuto riscontri positivi dagli altri atleti. Soprattutto quando non ero sicuro della presenza di Pippo (Ganna, ndr) e della condizione di Edoardo (Affini, ndr). Ma nel team relay conta tanto lo spirito di squadra, i tre ragazzi sono dei fratelli mancati, sarà questo il nostro plus. 

Al loro si aggiunge Cattaneo.

Su di lui c’è poco da dire. Insieme a tutti gli altri è un super atleta che è in grado di fare molto bene domani. In salita alla Vuelta, quando si metteva a tirare, rimanevano agganciati in pochi alle sue ruote. Questo è un buon segno, significa che sta andando forte. 

Il team femminile ha delle caratteristiche atletiche praticamente perfette per questa prova.

Credo che le ragazze siano fortissime su questo tipo di percorso, La scelta di portare Realini è sicuramente dipesa dal tipo di percorso. Mi è piaciuta tanto la sua reazione alla chiamata, era molto felice e motivata nel mettersi alla prova. Longo Borghini e Paladin saranno due ottime pedine per un team relay impegnativo ma sul quale sono fiducioso. 

Facciamo un salto a ieri, concentrandoci sulla cronometro under 23, come giudichi i risultati? 

La scelta è ricaduta su Bryan Olivo e Andrea Raccagni Noviero. Penso che il primo non abbia fatto una super prova, si aspettava qualcosa in più, però usciva da un periodo lungo di stop. Mentre Raccagni Noviero è andato forte, considerando il percorso non adatto alle sue caratteristiche. Sono contento perché ha fatto una buona prova, fino all’ultimo intermedio era a 30 secondi da Romeo.

Noi avevamo in casa il campione iridato under 23, Milesi. Come mai non ha difeso il titolo?

E’ stato preso in considerazione, chiaramente, ma mi ha detto che non voleva partecipare al mondiale perché non ha usato la bici da crono ultimamente e non se la sentiva.

Sia Olivo che Raccagni Noviero hanno disputato poche cronometro durante la stagione, per motivi diversi. 

Sugli under 23 c’è un po’ di difficoltà nel mettere insieme tante prove contro il tempo. In Italia se ne corrono poche, ce n’è stata una, seppur breve, al Giro Next Gen. Da questo punto di vista dobbiamo imparare da Paesi stranieri nei quali, sia tra gli juniores che tra gli under 23, in qualsiasi tipo di corsa a tappe c’è comunque inserita una cronometro. Perché, alla fine, se si vuole crescere a livello di risultati serve curare questa disciplina, altrimenti non porti a casa nulla. 

Raccagni Noviero corre in un devo team, lì cambia qualcosa?

La fortuna è che le squadre development dei professionisti hanno una mentalità diversa, quindi forniscono a questi ragazzi le bici da crono. In questo modo le usano per allenarsi almeno un paio di volte durante la settimana. Guidare una bici da cronometro non è la stessa cosa di guidare quella da strada, serve allenare il gesto.

Podi in serie, per Raccagni Noviero il sogno è più vicino

27.04.2024
5 min
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In questi giorni Andrea Raccagni Noviero è in Francia, al Tour de Bretagne, con l’aspirazione di continuare nella positiva serie di risultati che ha ottenuto in questa prima parte di stagione. Il corridore genovese si sta mettendo sempre più in luce nel team devo della Soudal Quick Step e viene da un podio di grande spessore, alla Gand-Wevelgem di categoria che ha confermato come l’investimento fatto dalla multinazionale belga sia stato lungimirante.

Sul podio della Gand U23, Noviero Raccagni è terzo dietro Artz e Pedersen (foto Wielerspiegel)
Sul podio della Gand U23, Noviero Raccagni è terzo dietro Artz e Pedersen (foto Wielerspiegel)

Artz, in fuga di nascosto

A fine gara il ligure, battuto nella volata per il secondo posto dal danese Pedersen, non ha avuto grande rammarico per la vittoria sfuggita ben prima, quando l’olandese Artz ha preso il coraggio a due mani lanciando la fuga rivelatasi poi decisiva.

«Quando vince uno così, con un curriculum di tutto rispetto – dice – c’è solo da accettare il verdetto della strada, io sono più che contento della mia terza piazza. Venivo da un periodo di scarsa brillantezza, questa corsa era un obiettivo e averlo parzialmente centrato è motivo di orgoglio. Io tra l’altro non sapevo fosse in fuga e dall’ammiraglia mi hanno poi avvertito che era all’attacco con Harteel, un compagno di squadra, quindi non potevo muovermi. Quando quest’ultimo è stato ripreso, ho sperato che il vento ci desse una mano per riprendere il fuggitivo, ma io dovevo anche pensare alla volata».

L’olandese Huub Artz, già 7° a Liegi e Roubaix, vincitore a Wevelgem, un talento da seguire (foto organizzatori)
L’olandese Huub Artz, già 7° a Liegi e Roubaix, vincitore a Wevelgem, un talento da seguire (foto organizzatori)
Finora hai corso 15 giorni, come sono andati nel complesso?

Il giudizio è positivo, anche se quando non vinci hai sempre un po’ d’amaro in bocca. La prima parte era stata buona con 3 podi su 4 giornate di gara, poi prima della Roubaix di categoria alla quale tenevo molto ho avvertito brutte sensazioni, anche se continuavo ad andare forte. Dopo la Roubaix (chiusa al 35° posto, ndr) ho iniziato a sentirmi meglio e a quel punto aspettavo la mia occasione.

Visti i tuoi risultati, vieni sempre più identificato come un velocista, ma questa definizione ti rispecchia?

A me non piace molto, io sono convinto di non esserlo o almeno non essere solo quello. Sono più un passista con buono spunto, che combatte anche nelle volate affollate, ma da questo a essere un velocista di spicco ce ne passa. Io sui 5” fatico ad andare oltre i 1.350 watt e questi numeri dicono che per vincere serve di più. Questo si rispecchia anche in allenamento, dove dovrei fare volate di prova, ma spesso ho un po’ di rigetto verso certi lavori.

Sul pavé Raccagni Noviero ha mostrato di avere una buona propensione, sulla quale lavorare (foto organizzatori)
Sul pavé Raccagni Noviero ha mostrato di avere una buona propensione, sulla quale lavorare
E quali preferisci?

Mi piace di più far fatica in salita, anche se so che non potrò mai emergere su quei terreni perché ho troppo peso da portare dietro, essendo oltre i 75 chili. Io credo che la definizione più giusta sia corridore da classiche, forte sul passo e capace di emergere anche su percorsi complicati, in grado di fare la differenza allo sprint quando il gruppo è ristretto.

Questi risultati sono comunque importanti per il progetto che avevi già annunciato: guadagnarti un contratto da pro’ a fine anno…

Io a dir la verità mi aspetto una risposta anche prima. Quand’ero junior ero convinto che tre anni nella categoria superiore sarebbero stati necessari per trovare la mia dimensione e imparare quel che era necessario, ma poi ti accorgi che questo mondo va tremendamente di fretta e al secondo anno già senti il tintinnio dell’orologio. E’ chiaro che tutti questi risultati sono fieno in cascina, servono per farsi vedere, ma per me è necessario trovare quel benedetto contratto per avere più sicurezza. Qualche giorno fa ragionavo sul futuro: potrei anche passare in una continental, ma quelle sicurezze economiche non ci sarebbero, anzi. La differenza secondo me è proprio in questo, in una struttura WorldTour hai le spalle coperte per un bel periodo.

Esordio stagionale e subito un podio alla Bruxellles-Opwijk, terzo nella gara vinta da Joshua Giddings (GBR)
Esordio stagionale e subito un podio alla Bruxellles-Opwijk, terzo nella gara vinta da Joshua Giddings (GBR)
Che cosa dicono nel team?

C’è molta sensibilità nei miei confronti, i miei risultati stanno anche portando a rivedere i programmi. Dopo il Bretagne dovevo fermarmi e fare altura per il Giro Next Gen, ma vogliono portarmi con la squadra maggiore alla 4 Giorni di Dunkerque dove su almeno 4 tappe sarei anche l’uomo deputato alla volata. E’ una grande attestazione di fiducia anche se ancora non c’è nulla di certo.

Obiettivamente rifaresti la scelta di andare all’estero?

Senza alcun dubbio, anche se devo dire che, rispetto a quando sono passato, vedo che alcune squadre italiane sono attrezzate sempre meglio, lavorano bene e crescono di livello. C’era un divario che stanno accorciando, ma essere in un team devo fa ancora la differenza.

Per il ligure le prime uscite in Belgio sono state incoraggianti. Basteranno per promuoverlo in prima squadra?
Per il ligure le prime uscite in Belgio sono state incoraggianti. Basteranno per promuoverlo in prima squadra? (foto Guerin/DirectVelo)
Nel vostro gruppo sentite l’influsso di quanto avviene “ai piani alti”, ossia nel team maggiore che certamente non ha ottenuto nelle classiche risultati di spicco?

La divisione fra le due entità è molto forte, a dispetto del fatto che si possa passare episodicamente nell’altro gruppo. Non ci fanno pesare la situazione, vogliono che continuiamo a lavorare tranquilli e a pensare alle nostre gare. Abbiamo la sensazione che vogliano rimpolpare la squadra con i migliori del nostro team, farne l’ossatura del domani e infatti ci dicono che se abbiamo qualità avremo spazio per metterci in mostra ed emergere. Noi continuiamo a darci da fare, speriamo che ciò porti quello che desideriamo, io in primis…