Primo grande Giro: cosa cambia nel motore?

16.03.2023
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Le parole di Andrea Fusaz su Milan, scritte ieri a proposito della partecipazione di Jonathan presto o tardi a un grande Giro, hanno acceso la luce su un tema molto interessante. Che cosa cambia nel motore di un atleta dopo la corsa di tre settimane? A leggere le tante interviste, si tratta di uno snodo cruciale della carriera, quello che fa diventare grandi (in apertura, il primo Giro di Vincenzo Nibali, nel 2007, a 22 anni). Però che cosa succede effettivamente nell’organismo del corridore? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Morelli, Responsabile Laboratorio Analisi del Movimento presso Mapei Sport, che nella sua carriera ha seguito e segue ancora svariati professionisti alle prese con simili passaggi.

Andrea Morelli è il Responsabile Laboratorio Analisi del Movimento presso Mapei Sport
Andrea Morelli è il Responsabile Laboratorio Analisi del Movimento presso Mapei Sport
Quali sono i condizionamenti che si attuano nel corpo dell’atleta?

Prima di tutto hai un aumento impressionante del carico di lavoro, perché una corsa a tappe breve, piuttosto che dei blocchi di lavoro in allenamento non permettono di produrre un carico di lavoro tanto elevato. Quindi una sequenza di giorni così lunga come quella che si ha in una corsa di tre settimane, non riesci a simularla. Quando magari fai 2-3 settimane di altura, comunque devi gestire il carico e lo scarico. Attui una programmazione che arriva a fare un certo numero di ore alla settimana, ma non ai livelli di un grande Giro.

Dove avvengono i cambiamenti più significativi?

In una corsa a tappe, lo stimolo che hai a livello centrale, quindi a livello del sistema cardiocircolatorio e respiratorio, è molto alto. Soprattutto le intensità che sviluppi in gara non sono mai quelle che riesci a fare in allenamento, anche se sei molto motivato. Quindi la sequenza elevata di giorni, mettendo insieme anche i livelli di intensità che produci, danno uno stimolo molto grosso dal punto di vista centrale.

Basso ha debuttato al Giro nel 1999 a 21 anni: è stato fermato dopo 7 tappe. Qui è con Boifava, suo team manager alla Riso Scotti
Basso ha debuttato al Giro nel 1999 a 21 anni: è stato fermato dopo 7 tappe. Qui è con Boifava, suo team manager alla Riso Scotti
Di cosa parliamo?

Di massimo consumo di ossigeno, che è legato sia a delle caratteristiche di scambio dell’ossigeno a livello muscolare, sia dal punto di vista della gittata cardiaca. Quindi gli adattamenti che tu puoi portare a livello del cuore sono molto elevati. Poi c’è la parte muscolare. Il fatto di produrre dei livelli di potenza e quindi di forza a livello periferico produce degli adattamenti anche sul piano nervoso e cellulare, per quanto concerne il muscolo. Quindi il discorso si può inquadrare in diversi aspetti.

Ti seguiamo, fai strada…

Dal punto di vista fisiologico c’è quello che abbiamo appena detto. Dal punto di vista antropometrico ci sono degli adattamenti legati al fatto che la corsa produce un dimagrimento di un certo tipo, quindi lavori anche sul discorso massa magra e massa grassa. Un dispendio energetico così elevato porta il corpo a lavorare in riserva. Quindi svuoti le riserve energetiche, poi le riempi. Infine c’è un discorso legato anche all’aspetto mentale, alla fatica mentale.

Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020, Valdobbiadene
Ganna ha corso il primo Giro nel 2020 a 23 anni: ha vinto le 3 crono e l’arrivo di Camigliatello senza grossi cali
Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020, Valdobbiadene
Ganna ha corso il primo Giro nel 2020 a 23 anni: ha vinto le 3 crono e l’arrivo di Camigliatello senza grossi cali
Legato alla sopportazione della fatica?

In quelle tre settimane, produci una fatica acuta. C’è anche quando fai un allenamento duro, una tappa dura o una gara dura. Però in un Giro questo carico si ripete e quindi ti abitui a stressare il corpo in modo continuativo. E quindi anche dal punto di vista motivazionale, al termine di una corsa a tappe, puoi dire: «Cavoli, sono riuscito a finire tre settimane di gara». Che magari prima, soprattutto se sei giovane, ti ponevi una serie di dubbi sulla tua capacità di farlo. Riuscire a reggere quel carico di lavoro ti fa sentire di essere migliorato. E’ una consapevolezza importante.

Torniamo al motore, adesso…

C’è il discorso del recupero. Tenendo presente la supercompensazione, per cui quando applichi un carico, poi lo recuperi e ti porti a un livello successivo, se assimili un carico di lavoro così importante, sei già un passo avanti. Il problema grosso rispetto alla periodizzazione corretta di un programma di allenamento, è che in corsa non puoi gestire facilmente questo aspetto. Anzi normalmente sei sopraffatto dal lavoro che fanno anche gli altri, quindi sei obbligato a subirlo e poi il tuo corpo dovrà cercare di recuperarlo. Sicuramente c’è una serie di aspetti che portano dei miglioramenti. Poi può anche darsi che uno al primo giro a tappe non riesca ad assimilarlo e vada incontro a degli effetti negativi. Bisogna valutare entrambi gli aspetti.

Edoardo Zambanini ha debuttato nel 2022 alla Vuelta a 21 anni: avremo quest’anno i primi riscontri?
Edoardo Zambanini ha debuttato nel 2022 alla Vuelta a 21 anni: avremo quest’anno i primi riscontri?
E’ davvero impossibile gestire la fatica nell’arco di un grande Giro e magari mollare in cerca di recupero?

E’ naturale che se noi ragioniamo in nell’economia della corsa, ci sono delle fasi in cui ti trovi puoi gestire un pochino lo stress, nel senso che se stai nella pancia del gruppo e non devi mantenere le posizioni, puoi stare un po’ più coperto.

E’ un risparmio quantificabile?

Ci sono degli indici misurabili con certi strumenti per vedere in modo abbastanza preciso quanto tempo in corsa hai passato alle varie intensità. Puoi valutare se nella tale tappa sei riuscito a stare senza pedalare, tra virgolette, per quanti minuti. Quindi più sei bravo a sfruttare il lavoro degli altri, restando coperto, più risparmi energie. La stessa cosa vale nell’economia della tappa. Se devo arrivare ai piedi della salita nelle migliori condizioni e senza spendere energie, più riesco a stare coperto e meglio è. Sfruttare il lavoro della squadra, è importante anche per quello. Uno da solo può essere fortissimo, però in certe situazioni è la squadra che lo aiuta.

Ayuso ha debuttato lo scorso anno alla Vuelta a 19 anni, arrivando terzo. Ora è fermo per una tendinite
Ayuso ha debuttato lo scorso anno alla Vuelta a 19 anni, arrivando terzo. Ora è fermo per una tendinite
Quindi c’è la possibilità di gestire il lavoro?

Sicuramente puoi cercare di gestirlo, ma ti trovi a subire un carico che comunque è elevato. Un ritiro di tre settimane lo gestiresti in modo diverso. Il giorno che non stai bene, magari un po’ molli. In corsa non puoi fare questi calcoli. Devi essere in grado di portare a termine la tappa entro un tempo massimo e quindi devi gestire anche le giornate critiche. In una corsa incidono anche le forature. Non tanto per il tempo che perdi, ma per le energie che spendi per rientrare.

Esiste un’eta minima per debuttare in un Giro?

Tema attuale, dato che le cose stanno cambiando. Ci sono stati dei passi avanti per tantissimi aspetti: dal punto di vista della nutrizione, dal punto di vista del recupero, dal punto di vista della gestione della corsa, però dobbiamo sempre pensare che il fisico ha bisogno di tot anni per raggiungere e stabilizzare la sua condizione. Secondo me il fatto di anticipare troppo può portare a effetti negativi. Fisicamente, ma soprattutto perché si creano anche situazioni psicologiche abbastanza critiche nella gestione dello stress.

Germani e Gregoire, entrambi neopro’ alla Groupama-FDJ: si sta ragionando su un debutto alla Vuelta
Germani e Gregoire, entrambi neopro’ alla Groupama-FDJ: si sta ragionando su un debutto alla Vuelta
Legato a quali aspetti in particolare?

Devi diventare maniacale soprattutto sul fronte dell’alimentazione. Nella corsa di un giorno puoi non essere al top per quanto riguarda la gestione del peso. Nelle corse a tappe, dove ci sono dei volumi di salita così elevati, sicuramente il fatto di essere perfetti dal punto di vista del peso può fare la differenza. Reggerlo mentalmente non è scontato.

Il primo grande Giro fa crescere, ma fino a quante volte si ripete l’effetto?

Non puoi continuare a crescere nel tempo, casomai inizia una serie di cambiamenti. Ci sono dei limiti fisiologici che non si riesce a oltrepassare e negli anni i miglioramenti diventano sempre più difficili, fino a raggiungere uno stato di maturazione. Sarebbe troppo facile e bello che ad ogni Giro si migliorasse a tempo indeterminato, no?

Skerl: con Boscolo e Fusaz scopriamo il nuovo talento del CTF

16.03.2023
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Daniel Skerl in pochi giorni sale a quota tre successi stagionali, il 2023 del ragazzone di Opicina è iniziato con il botto. Il velocista multietnico conferma di essere uno dei profili più interessanti del CTF Friuli. La parabola di Skerl con la squadra friulana parte da molto lontano, con Renzo Boscolo scopriamo tutte le qualità e la storia del velocista diciannovenne

Skerl, a sinistra, ha mosso i primi passi in bici su una mountain bike
Skerl, a sinistra, ha mosso i primi passi in bici su una mountain bike

Neroarancio fin da piccolo

Lo stesso Skerl ci aveva raccontato come fosse entrato nell’orbita del CTF fin da piccolo. Uno dei pochi corridori ad aver fatto tutta la trafila con la squadra di casa. 

«Vero – conferma Boscolo – ha iniziato con noi da esordiente, però correva in mountain bike. Poi solamente da allievo di primo anno abbiamo deciso di fargli provare il ciclismo su strada. Per essere il suo primo anno ha iniziato bene, arrivando a vincere due o tre gare, ma è l’anno successivo che si è davvero consacrato, per quanto sia possibile farlo al secondo anno allievi. Ha vinto ben sette corse, con alcuni arrivi in salita abbastanza impegnativi.

«Da junior è andato al Pordenone, noi del CTF non copriamo la categoria, in quegli anni ha fatto fatica. Una spiegazione che mi sono dato è che ha subito il passaggio di categoria e il fatto di correre in una squadra nuova. Lui appartiene all’ultima generazione che ha corso con il blocco dei rapporti, cosa che potrebbe aver limitato tutta la sua forza. Skerl è un ragazzo molto sensibile ed estremamente intelligente, così anche dopo una parentesi non felice tra gli juniores abbiamo deciso di fargli proseguire il cammino con noi. Anche perché i test continuavano a far vedere grandi cose».

In ordine da sinistra: Daniel Skerl, Manlio Moro e Alberto Bruttomesso prima della Coppa San Geo
In ordine da sinistra: Daniel Skerl, Manlio Moro e Alberto Bruttomesso prima della Coppa San Geo

Primo anno under 23

La scorsa stagione è stata per Skerl la prima da under 23, un salto che ha sentito meno, forse per la serenità che gli dà correre con la maglia del CTF, una seconda pelle per lui. 

«Com’è giusto che sia – riprende Boscolo – il primo anno da under 23, Skerl lo ha corso con l’obiettivo di fare esperienza. Lui sulla carta è un velocista puro, aver corso in appoggio ai compagni più grandi tirando loro le volate gli ha insegnato molto. Devi vedere le dinamiche di corsa in prima persona, così poi quando sarai tu ad essere il capitano saprai esattamente cosa chiedere. Dico che è un velocista puro sulla carta, perché in corsa ha dimostrato di essere polivalente.

«Nel 2022 al Giro di Slovacchia, ha ottenuto due top 10, si tratta di una corsa 2.1. Non di certo una banalità per un ragazzo appena maggiorenne, bisogna dare un peso specifico ai risultati. Le tre vittorie ottenute quest’anno fanno morale, ma per dimostrarsi forte Skerl deve vincere in corse di ben altro livello. Per questo i due piazzamenti al Giro di Slovacchia o quelli al Szeklerland Tour fanno più eco».

Davanti all’hotel di Noto durante il ritiro della nazionale in compagnia sempre di Moro, a sinistra, e Olivo a destra
Davanti all’hotel di Noto durante il ritiro della nazionale in compagnia sempre di Moro, a sinistra, e Olivo a destra

Multidisciplina

Daniel Skerl, come raccontato da Renzo Boscolo, ha iniziato con la mtb, poi è passato alla strada. E’ cosa recente, però, la sua partecipazione al ritiro della nazionale di pista a Noto, quest’inverno.

«Lui – spiega il diesse – ha iniziato a fare pista giovanissimo, ma non gli piaceva. Una volta arrivato da noi lo abbiamo convinto a riprovare ed è stato segnalato a Villa, insieme ad un altro nostro atleta: Olivo. Entrambi hanno partecipato al ritiro di Noto e possono essere due ragazzi di grande futuro in quella specialità. Lo stesso Skerl ha provato a fare anche qualche gara di ciclocross, ha una grande capacità di guida del mezzo e questo fa un’enorme differenza».

«Skerl – aggiunge Fusaz, suo preparatore al CTF – è un velocista puro. Forse gli manca quel picco di potenza massima, ma su sprint da un minuto o due ha una potenza impressionante. Fa una certa fatica ad esprimere al meglio la propria esplosività a breve termine, ma quando deve ripartire da fermo è una forza della natura. Nello sprint va più “duro” degli altri riuscendo ad esprimere una grande velocità con frequenze minori: lui fa a 110 rpm quello che gli altri fanno a 120».

Pista e mtb

A Noto Skerl ha lavorato con i ragazzi della pista, l’ovale per lui è una discreta novità, anche se già con il CTF ha fatto esperienza in qualche gara, come la Sei giorni di Pordenone.

«L’abbiamo segnalato a Bragato – dice Fusaz – e guardando ai suoi valori posso affermare che potrebbe dire la sua nel quartetto, magari come primo uomo. La sua specialità sono le discipline di media durata, ma che richiedono una grande potenza. Ha provato a misurarsi con il chilometro, ma non è esattamente la sua prova, visto che gli manca lo spunto massimo di potenza. Lavoro con lui da quando ha 15 anni, lo allenavo in palestra insieme ai suoi coetanei. Skerl era in grado, con una gamba, di fare esercizi che gli altri non riuscivano a fare con due.

«Con atleti del genere la genetica gioca sicuramente un ruolo importante. Anche l’aver corso in mtb gli ha dato una mano, grazie a questo Daniel è abituato a fare esercizi di durata minore ad un’alta intensità. Nel suo percorso da atleta dovremo essere bravi a trovare il giusto equilibrio tra endurance e sprint, un obiettivo delicato, ma che se ben curato può aiutare a creare un grande corridore».

Milan, il motore e il grande Giro. Sentiamo coach Fusaz

15.03.2023
4 min
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Parliamo spesso di Jonathan Milan, del suo grande motore, del suo talento. Il corridore della  Bahrain Victorious è uno dei giovani italiani più promettenti. Per questo, ma soprattutto per le sue attitudini, spesso lo si paragona a Filippo Ganna.

Entrambi sono alti, entrambi sono passisti sopraffini, entrambi sono campionissimi della pista… Ma in quanto a tenuta forse – pensiamo alle crono per esempio – Pippo ha ancora qualcosa di più. Il che è anche legittimo, visto che Jonathan è più giovane di Pippo.

Milan
Fusaz e Milan ai tempi del Cycling Team Friuli
Milan
Fusaz e Milan ai tempi del Cycling Team Friuli

Parola a Fusaz

A detta di alcuni tecnici, la differenza tra i due è il grande Giro, che Ganna ha già fatto (in realtà ne ha inanellati tre) e Milan ancora no. Questo tema lo abbiamo sottoposto al coach di Milan stesso, Andrea Fusaz: «Parliamo di due atleti simili, ma anche un po’ diversi. Jonathan comunque è passato molto giovane e se ancora non ha fatto il grande Giro è perché ha bisogno di un rodaggio».

Se guardiamo indietro, anche Pippo qualche anno fa non era il tipo che conosciamo adesso. Hanno due età diverse e ognuno ha i suoi tempi di crescita, i suoi tempi di evoluzione fisica e anche mentale, direi. Se Jonathan non ha ancora fatto un grande Giro è perché vogliamo trovare la strada più in equilibrio con le sue esigenze a livello fisico».

Il friulano Jonathan Milan (classe 2000) è alla sua terza stagione tra i pro’
Il friulano Jonathan Milan (classe 2000) è alla sua terza stagione tra i pro’

Jonathan al Giro?

Sia Ganna che Milan sono passati quando avevano 21 anni e in effetti, come dice Fusaz, i tempi di crescita vanno rispettati. Sembra una vita che Milan è un pro’, ma è solo all’inizio della sua terza stagione nel WT. E anche Ganna alla fine ha preso parte al suo primo grande Giro nel 2020, nel famoso Giro d’Italia di ottobre, quando era al quarto anno da pro’.

E poi bisogna considerare anche un altro aspetto: quello dei calendari. Milan e Ganna hanno di mezzo anche la pista e trovare spazio per tutto non è facile. Anche perché, come accennato, hanno caratteristiche simili, ma non uguali. Consideriamo che Milan ha già come obiettivo le classiche del Nord e ce le ha con determinate aspettative, cosa che per Ganna non si è verificata.

Stando alle statistiche, Milan potrebbe debuttare in un grande Giro proprio quest’anno: Fusaz non smentisce, né ammette. Magari questo è l’anno buono per esordire nelle tre settimane, anche perché tutto sommato i mondiali (sia pista che strada) ci sono ad agosto e la Vuelta in quel caso potrebbe essere il banco di prova ideale.

«Sicuramente – prosegue il tecnico del Cycling Team Friuli, che è anche preparatore della Bahrain Victorious – se Jonathan non farà il grande Giro quest’anno lo farà il prossimo. Ripeto, bisogna vedere come evolve, come sta e come procede la sua preparazione sul momento. Bisogna valutare non dico ogni settimana, ma almeno di mese in mese, ricordiamoci che parliamo di un ragazzo che ha 22 anni.

«Direi che il Tour è da escludere, poi vedremo. Magari gli altri due possono essere nelle corde di Jonathan».

Paragoni da equilibrare

Fusaz ha detto che se non è quest’anno, sarà il prossimo. Ma il prossimo è l’anno olimpico e magari inserire il grande Giro prima delle Olimpiadi potrebbe incidere parecchio, magari è una mossa azzardata.

«Ci sono un sacco di variabili effettivamente – spiega il coach – ma dipende da quale grande Giro scegli, come lo alleni, come lo gestisci nell’insieme della preparazione. Chiaro che per qualsiasi atleta è un’esperienza da provare e anche Jonathan vorrà farla. Provare a cimentarsi in una gara di tre settimane è un punto di partenza. Ma magari dopo che ha fatto due Giri, dice che non gli piacciono!».

Il riferimento di Ganna ci accompagna in questa disamina. E Fusaz giustamente fa notare che nella sua evoluzione, Milan si è incontrato anche con un anno di pandemia di mezzo. Un anno quasi perso del tutto e che incide non poco sulla formazione di un atleta giovane. A 19-20 anni si è in piena evoluzione. E comunque se il friulano dovesse farne uno quest’anno, esordirebbe nelle tre settimane con un anno di anticipo rispetto a Ganna.

«Secondo me – conclude Fusaz – ogni volta che facciamo una comparazione tra i due, ci si dovrebbe riferire al Ganna di quattro anni fa, ricordando che Jonathan si è trovato una pandemia nel momento del passaggio e un’età più giovane».

In gara sempre al top? Il dietro motore fa la differenza

01.03.2023
6 min
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Non puoi presentarti in gara senza essere al massimo. Come abbiamo scritto qualche giorno fa parlando con Paolo Artuso, questa esigenza di massima condizione ha fatto sì che si corra meno e si calibrino al meglio le competizioni. Una volta si andava in gara per rifinire la condizione, ora non è più possibile. E allora come si fa ad essere brillanti? Quanto incide il vecchio dietro motore?

Andrea Fusaz, preparatore del CFT, che tra i tanti corridori segue anche Jonathan Milan il quale è anche un pistard, di dietro motore se ne intende. Questa pratica è del tutto parte integrante della preparazione. Oggi lo è, forse, più che mai.

Andrea Fusaz, preparatore del Cycling Team Friuli
Andrea Fusaz, preparatore del Cycling Team Friuli
Andrea, il dietro motore incide di più che in passato, visto che non si può più andare alle corse per fare ritmo a quanto pare?

Sicuramente è fondamentale per fare il ritmo gara. Il colpo di pedale è molto più simile appunto a quello della gara. Invece di metterti ad una potenza costante, che è quella che solitamente si eroga andando via regolarmente, dovendo seguire una moto che ha una sua scia ci sono un sacco più di variazioni di potenza e un sacco di variazioni di velocità. Oscillazioni che altrimenti non ci sarebbero. E sono queste che ti fanno prendere il classico colpo di pedale da gara.

Quindi, tra virgolette, il dietro motore è un po’ il sostituto della corsa? Almeno quello della corsa che serviva per rifinire?

Direi di sì, prima limavi la preparazione semplicemente andando alle corse, magari stando in scia nei finali di gara dove si spingeva forte. Nel ciclismo attuale non c’è spazio per questo tipo di lavoro, visto quanto si va forte nel complesso, perciò si tende a fare il dietro motore appunto.

Quante volte si fa a settimana?

In prossimità delle gare, soprattutto per i velocisti, almeno un paio di volte. Due sessioni alla settimana sono un buon punto di partenza, ma si può arrivare anche a tre. Ma già due è la quantità giusta di stimolo per avere dei risultati, in quel paio di settimane che precedono la gara.

In una sorta di telemetria, anche il coach sullo scooter può osservare i dati espressi dal corridore a ruota
In una sorta di telemetria, anche il coach sullo scooter può osservare i dati espressi dal corridore a ruota
Si fa un allenamento specifico o si va regolari? O meglio, una volta il dietro motore si faceva il venerdì (correndo la domenica) oppure nell’ultima ora della distanza…

Dipende dall’obiettivo che vuoi raggiungere. Se vuoi semplicemente velocizzare e fare un lavoro neuromuscolare per cui abituare il corridore ad avere un colpo di pedale diverso, più pronto, si può fare anche a inizio allenamento o nella fase centrale. Magari si possono inserire delle progressioni ad intensità più alte. In questo modo si va a stimolare anche il metabolismo. Ed è diverso dal dietro motore che si fa a fine distanza, per velocizzare o sciogliere un po’. Lì sei semplicemente dietro moto, ti metti a ruota e la moto ti porta a casa dopo le cinque o sei ore. Oppure spingendo un po’ di più vai a simulare il finale di corsa con la gamba che gira più veloce. Dipende dalle finalità che hai.

Andrea, hai parlato del velocista, se invece c’è in ballo uno scalatore? Ha senso fare del dietro motore in salita?

Sì, ha senso. Ci sono degli allenamenti impegnativi che vanno a simulare le intensità di gara. E’ utile per i ragazzi avere un riferimento davanti, che poi è quello che ti fa fare il famoso ritmo. Chiaramente in quel caso bisogna che sul manubrio della moto, l’allenatore abbia un riferimento della potenza che sta sviluppando l’atleta. In questo modo gestisce la potenza come se fosse in gara.

Davide Martinelli dietro suo padre Giuseppe in una foto di qualche anno fa. Il rullo evita il contatto fra bici e scooter (foto Instagram)
Davide Martinelli dietro suo padre Giuseppe in una foto di qualche anno fa. Il rullo evita il contatto fra bici e scooter (foto Instagram)
Abbiamo parlato di scalatori, di velocisti e tu segui anche Jonathan Milan che è anche un pistard, con lui è diverso ancora?

Con lui bisogna stare attenti alla scelta della moto, perché se è un motorino si rischia che non sia sufficiente! Scherzi a parte, Jonathan, essendo comunque un passista veloce, tende ad essere molto veloce di suo. Ma anche in questo caso dipende dagli obiettivi che deve perseguire. Può fare dietro motore per velocizzare un po’ la gamba o per affinare la preparazione magari inserendo degli sprint.

Tu che li hai seguiti entrambi, c’è tanta differenza di velocità fra uno scalatore piccolo come Matteo Fabbro e un passista veloce e grosso come Milan?

Non tantissima, anche perché poi fanno lavori diversi dietro la moto. Jonathan, per esempio, faceva delle volate partendo da dietro la moto e uscendo di scia, mentre Matteo non le faceva. In realtà poi quando si fa dietro motore cerchi di fare un ritmo che può essere quello che fanno in gara ed è la velocità che comanda (55, 60, 65 chilometri orari, ndr), quindi è chiaro che guardando i file a fine seduta, anche a seconda di che moto stai usando (più o meno grande, ndr) cambiano i wattaggi tra gli atleti.

Chiaro, è un po’ il discorso di Evevepoel a crono…

Matteo, per esempio, era talmente piccolo e talmente sottile a livello aerodinamico, che dietro la moto era molto, molto efficiente. Ed anche se non aveva una grande potenza, dietro la moto a certe velocità ci stava “comodo”. Jonathan invece magari doveva fare molti più watt per stare alla stessa velocità. Però aveva una potenza tale per cui comunque non veniva infastidito troppo dall’alta velocità stessa.

Una curva ad U, il gruppetto che scappa davanti, un rilancio… Sono questi i momenti in cui serve il ritmo gara
Una curva ad U, il gruppetto che scappa davanti, un rilancio… Sono questi i momenti in cui serve il ritmo gara
Quanto conta la sensibilità nell’accelerare e fare certi ritmi da parte del pilota, in questo caso del preparatore?

Abbastanza ed è importante avere i dati dell’atleta sott’occhio. Non è facile gestire la potenza della moto, perché comunque devi prestare attenzione alla velocità più che alla manetta del gas. E’ un adattamento continuo. Per esempio, se c’è una leggera salita bisogna mantenere la velocità all’inizio per farla scendere appena un po’ poco alla volta. Devi fare un po’ come se fossi in bici, come se il motore del mezzo fossero le tue gambe. Non è facile riuscire a interpretare questo allenamento, specie se si fanno percorsi ondulati. Saper interpretare bene il percorso è veramente molto importante per realizzare l’allenamento che sulla carta volevi fare.

Appunto, accelerate troppo brusche e umanamente oltre i limiti fisici, rovinano l’allenamento. Senza contare che poi c’è anche una questione di sicurezza, come anche suonare il clacson per evitare buche o auto…

E infatti quando devi fare questi lavori cerchi strade poco trafficate, che ti permettano di non disturbare troppo gli altri e di stare in sicurezza.

Una volta il dietro motore si faceva anche con la macchina, oggi quasi non si usa più. E’ così?

Attualmente con la macchina non si fa più. Ormai con il livello aerodinamico che si è raggiunto ci sarebbero velocità in ballo eccessive, dai 60-70 all’ora in su. Non avrebbe senso e sarebbe troppo pericoloso.

Fidanza oro bis nello scratch, ma che fatica…

13.10.2022
6 min
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Quanto è difficile ripartire ogni volta da zero? Tenere a bada la testa che dice basta. Sentir crescere il corpo e poi fermarsi di nuovo e alla fine arrivare ugualmente a vincere un campionato del mondo? A Martina Fidanza è successo tutto questo, per tre volte. Per cui la sua vittoria di ieri a Saint Quentin en Yvelines nello scratch vale triplo. Una maglia iridata per ogni volta che quest’anno è stata costretta a fermarsi e poi ripartire.

«Tutte le volte che cercavamo di fare un po’ di fondo e recuperare la condizione – conferma – mi succedeva sempre qualcosa. Quindi dovevamo sempre ricominciare. E’ stato veramente duro perché non trovi mai la forma che vorresti. Ma qui non sono arrivata con la voglia di far vedere chissà cosa, almeno non nello scratch. Mentre per il quartetto è diverso. Ho ancora la voglia di dimostrare perché è il mio obiettivo principale per questo mondiale». 

Il suo preparatore Andrea Fusaz lo sa bene e accetta di parlarne, in questa fase di fine stagione in cui si gettano le basi per la prossima, a metà fra il CTF Lab che dirige e l’impegno con la Bahrain Victorious, che dopo la partenza di Paolo Artuso in direzione della Bora-Hansgrohe potrebbe rivelarsi più importante.

Secondo oro nello scratch, dopo il successo di Roubaix 2021
Secondo oro nello scratch, dopo il successo di Roubaix 2021

Un anno contorto

Con Fusaz avevamo parlato lo scorso anno dopo il primo oro di Martina nello scratch. Ci aveva raccontato che la bergamasca ha doti anaerobiche innate, mentre il suo limite era la parte aerobica del discorso, per cui il grosso del lavoro era stato fino a quel punto aumentare il wattaggio alla soglia aerobica, per consentirle di arrivare meno stanca e di conseguenza più lucida nei finali importanti. Ma come cambia il lavoro se l’atleta è costretto a infiniti arresti?

«Raggiungere la condizione quest’anno – spiega Fusaz – è stato un parto. Ogni volta che si riusciva a mettere 40 giorni di allenamento di fila, succedeva qualcosa. Una caduta. Un tampone positivo. Un’influenza… C’era sempre qualcosa che interrompeva il percorso. Abbiamo fatto un sacco di fatica a portare avanti la stagione. Anche dal mio punto di vista, è stato veramente difficile anche interpretare i dati, perché eravamo sempre a inseguire. Mentre per Martina è stato duro soprattutto a livello mentale. Perché quando la sfortuna ti colpisce per così tante volte, anche a livello emotivo serve avere davvero un martello pesante per raddrizzare la stagione».

Subito dopo l’arrivo, Fidanza ha festeggiato il primo mondiale fra le elite della gestione di Marco Villa
Subito dopo l’arrivo, Fidanza ha festeggiato il primo mondiale fra le elite della gestione di Marco Villa

Tre ripartenze da fermi

La testa prima delle gambe. E non è certo per caso che nelle prime parole dopo la vittoria, Fidanza abbia ringraziato Andrea: suo allenatore e motivatore.

«Il coach fa anche questo – spiega Fusaz – e lei quest’anno a livello mentale ha speso tanto. Ha ricominciato la preparazione da capo per tre volte. Ogni volta arrivavamo a tre/quarti dell’obiettivo e si resettava praticamente tutto. Quindi dovevamo ripetere la fase che per lei è fondamentale, in cui si deve rimettere un certo tipo di lavoro nelle gambe. E se a livello fisico può essere fattibile, a livello mentale per una come lei è devastante. Per fortuna da agosto siamo riusciti a fare una bella base. Nelle gare su strada magari con un livello un po’ più basso, riusciva a dire la sua, perché è un’atleta di un certo livello. Però ogni volta che si confrontava con atleti WorldTour faceva un sacco di fatica e non è semplice sapere di andare a una corsa per lavorare, con la certezza che passerai due ore pesanti e brutte. A inseguire e a fare solo tanta fatica. Ha fatto gare in Francia abbastanza rognose, solo saliscendi e percorsi nervosi. E in questo a livello mentale è stata molto forte».

Alla partenza, sorretta da Diego Bragato: Fusaz e il padovano hanno studiato insieme all’Università e c’è grande feeling
Alla partenza, sorretta da Diego Bragato: Fusaz e il padovano hanno studiato insieme all’Università e c’è grande feeling

Inverno da decidere

Un anno così ha rallentato il percorso di crescita. E se le doti di Martina le hanno consentito di essere ugualmente prestante in pista, è chiaro che dal punto di vista della globalità qualcosa sia mancato.

«Con quello che ha nelle gambe – spiega Fusaz – è riuscita a vincere in maniera indiscutibile lo scratch. Quindi immagino che se fosse riuscita a fare l’anno intero, con la giusta tranquillità, probabilmente avrebbe vinto allo stesso modo, mentre nel quartetto sarebbe ancora più solida e magari si sarebbe tolta anche delle soddisfazioni su strada. Per questo vedremo che inverno fare.

«Martina avrebbe la possibilità di partecipare a delle competizioni in pista, però dobbiamo aspettare la fine dei mondiali per valutare. Tirare dritti, con la convinzione che a febbraio avrà le energie per cominciare, oppure puntare sul recupero. Se a livello fisico posso tranquillamente dire che avrebbe la possibilità di farsi anche l’inverno dritto, a livello mentale lo dobbiamo capire. Sono equilibri che vanno valutati».

Il cuore è un regalo del compagno Stefano e racchiude i momenti difficili superati insieme. Il quadrifoglio porta bene e viene da un amico di famiglia
Il cuore è un regalo del compagno Stefano e racchiude i momenti difficili superati insieme. Il quadrifoglio viene da un amico di famiglia

Voglia di rivalsa

E Martina cosa dice? La vittoria è il balsamo migliore. E scavando capisci che la voglia di rifarsi contro la iella c’era, eccome. E probabilmente è stata la molla che l’ha spinta a tenere i nervi saldi e fare quella volata pazzesca alla fine della corsa.

«Ero anche più tranquilla – dice Fidanza – perché lo scratch è una gara di situazione e l’avevo già vinta. Se ci fossi riuscita per la seconda volta, avrei fatto qualcosa di straordinario. Però c’era sempre quel senso di rivalsa che avevo anche nel 2021, perché quest’anno è andato un po’ storto e quindi avevo voglia di dimostrare. Il mio motto è che tutto torna e ai mondiali per due anni di fila mi è tornato tutto quello che ho passato e che ho dovuto superare. Solo che a Roubaix sono andata via a sei giri dalla fine, che non è il mio terreno. Mentre quest’anno ho vinto secondo i miei standard.

«Almeno adesso al quartetto ci arrivo con i nervi a posto. Ero tanto tesa ieri, perché il giorno prima le prove gara non erano andate benissimo e quindi c’era sempre la tensione dell’imprevisto. Invece il fatto che sia riuscita raggiungere una vittoria individuale mi mette più tranquillità».

La firma delle maglia iridate è il modo di capire che è tutto vero: «Anche se ancora – dice Fidanza – non ho ben realizzato»
La firma delle maglia iridate è il modo di capire che è tutto vero: «Anche se ancora non ho ben realizzato»

L’ora del quartetto

L’appuntamento è per stasera a partire dalle 18,30, quando Martina Fidanza lancerà il trenino azzurro nel primo round della sfida a squadre.

«Io soffro meno a partire – dice – che magari a stare in altre posizioni. Però serve la sensibilità giusta per far partire il quartetto in tabella e senza far sforzare troppo le ragazze che ci sono dietro. Se parti troppo forte, poi magari Guazzini non riesce a tirare come dovrebbe. Però sono abbastanza brava in questo lo riconosco, penso sempre al meglio per la squadra e quando parto cerco sempre di mantenere la lucidità».

Cycling Team Friuli profeta in patria: inizia così il Giro di casa

01.09.2022
4 min
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Siamo a Lavariano, nel cuore del Friuli Venezia Giulia, dove oggi i 150 partenti hanno corso la prima tappa del Giro regionale. Siamo in un piccolo paese, con poco meno di mille abitanti, attorniati, da una parte, dalle montagne, dall’altra, dal mare, e sullo sfondo, la festa del paese. Un clima festoso, allegro, come nella migliore delle storie del ciclismo. Una crono a squadre di 20,1 chilometri, essenza del ciclismo, con il lavoro di squadra al centro degli obiettivi. Sono trenta le squadre che ogni due minuti hanno preso il via: ultimi a sfilare maestosamente tra le vie cittadine, la squadra di casa, il Cycling Team Friuli, di Roberto Bressan.

Al via anche la Maloja Pushbikers, la squadra in cui corre anche Liam Bertazzo
Al via anche la Maloja Pushbikers, la squadra in cui corre anche Liam Bertazzo

Colpo di coda

Un inizio tranquillo: squadre che partono, altre che arrivano e le prime classifiche provvisorie che si iniziano a stilare. Tifosi che si spostano da un lato all’altro della strada per seguire sia le partenze, che gli arrivi. Il primo miglior tempo è quello della WAS KTM Graz p/b Leomo, che ferma il cronometro a 22’43”37. Nemmeno il tempo di segnare qualche altro risultato, che arriva un nuovo  miglior cronometraggio: è la Biesse-Carrera, che forte di quattro atleti, chiude la crono in 22’25”63.

Una vittoria che la squadra di Marco Milesi, con Belleri, Foldager, Garosio, Giordani e Villa, si vede in pugno fino alla fine, quando arrivano però i ragazzi del CTF al traguardo di Lavariano: un tempo semplicemente incredibile. Con una media di 55,543 km/h e un tempo di 21’42”98, il Cycling Team Friuli è l’unico a scendere sotto la soglia dei 22’. Seguono la Biesse-Carrera, appunto, con un ritardo di 42” e la Zalf Euromobil Fior, con un distacco di 47”.

Così il Cycling Team Friuli è piombato sul traguardo alla media di 55,543 (foto Bolgan)
Così il Cycling Team Friuli è piombato sul traguardo alla media di 55,543 (foto Bolgan)

Friuli, tutto studiato

Un successo in casa, acclamato da grandi e piccini che assistono alla corsa. Al loro arrivo le richieste di foto e autografi si moltiplicano, mentre lo staff della squadra friulana esplode in un abbraccio di gioia. Continua insomma il grande momento del CTF, che forte delle tre vittorie di Nicolò Buratti del mese scorso, archivia ora anche questa cronometro a squadre, dal valore, anche, simbolico.

«L’abbiamo provata – commenta il DS Andrea Fusaz – conoscevamo ogni singola curva e sapevamo di poter far bene. L’unica incognita era il meteo, temevamo potesse alzarsi il vento, cosa che per fortuna non è successa, permettendoci di correre tutti nelle stesse condizioni. Sono molto soddisfatto del risultato e anche dei secondi di vantaggio che siamo riusciti a prendere rispetto ai secondi classificati».

La prima maglia di leader del Cycling Team Friuli la veste Buratti, l’uomo del momento
La prima maglia di leader del Cycling Team Friuli la veste Buratti, l’uomo del momento

Orgoglio Buratti

Orgogliosissimo invece Nicolò Buratti, che passando per primo sulla linea del traguardo, è la prima maglia gialla del Giro della Regione Friuli Venezia Giulia.

«E’ stato un grande gioco di squadra – racconta – e vestire la maglia da leader qui a casa è una grande emozione. Al Giro del Friuli voglio fare bene: corro sulle strade dove mi alleno tutti i giorni, sono davvero contento. Tra qualche settimana andrò in Australia e questi giorni di corsa saranno sicuramente utili in ottica mondiale».

Domani non si scherza

Doppia maglia per il CTF che oltre a quella del leader della classifica generale, conquista anche la leadership nella classifica riservata ai giovani, con la maglia bianca sulle spalle di Bryan Olivo. E’ di Anders Foldager, in forza alla Biesse-Carrera, la maglia azzurra della classifica a punti; Matteo Zurlo, (Zalf Euromobil Fior), è il re dei GPM con la maglia verde, mentre Davide Dapporto (inEmiliaRomagna Cycling Team) veste la maglia rossa riservata ai traguardi volanti. 

Foldager della Biesse-Carrera ha conquistato la maglia della classifica a punti
Foldager della Biesse-Carrera ha conquistato la maglia della classifica a punti

Domani sarà la volta di una tappa molto interessante, e a raccontarcela è proprio Andrea Fusaz, DS del Cycling Team Friuli, che i posti li conosce bene.

«Domani – dice – sarà una tappa divertente. Tutti guarderanno l’altimetria, credendo che sarà una tappa facile, quando in realtà i vari strappetti potrebbero trasformarsi in insidie non indifferenti».

Un Giro del Friuli Venezia Giulia iniziato nel migliore dei modi, che sembra promettere quattro giorni di grande divertimento.

Giorno di riposo al Giro U23: sgambate e carboidrati da gestire

15.06.2022
6 min
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Il Giro d’Italia U23 ha osservato oggi il suo giorno di riposo. La carovana si è spostata dalla zona di Chiavenna, sede di arrivo di ieri, a quella di Cuneo. La “Provincia Granda” ospiterà il finale della corsa rosa. 

E come per i pro’, anche per gli under 23 questo è un giorno particolare. Un giorno che va gestito con cura, specie per quel che riguarda l’alimentazione e la sgambata.

Due opzioni

Le scelte sono state sostanzialmente due. La prima: partire dalla Lombardia, fare il grosso del trasferimento in macchina e concludere il viaggio in bici. In questo modo ci si allenava nella tarda mattinata o comunque a cavallo dell’ora di pranzo per fare poi una “merenda” al rientro. La seconda: fare tutto il trasferimento in auto, pranzare nel nuovo hotel e uscire al pomeriggio.

Colpack-Ballan e Astana, per esempio, hanno optato per la prima opzione. Mentre il Cycling Team Friuli ha scelto la seconda. La Hopplà-Petroli Firenze invece ha fatto un ibrido (più vicini alla prima scelta). Si è svegliata presto. Ha affrontato subito il trasferimento e i suoi ragazzi hanno pedalato poco prima di pranzo direttamente nel cuneese.

E proprio con il diesse della squadra friulana, Andrea Fusaz, che è anche un preparatore, analizziamo la gestione del giorno di riposo.

Sin qui i ragazzi hanno corso a tutta. Non si sono mai risparmiati. Nella tappa di Santa Caterina Valfurva hanno speso tantissimo e anche ieri hanno impiegato 2 ore 14′ per fare 101 chilometri, tre quarti dei quali con il vento contro. Un dispendio energetico pazzesco. Il riposo è più che meritato.

Andrea Fusaz è diesse e preparatore del CTF
Andrea Fusaz è diesse e preparatore del CTF

Andrea, due scelte diverse dicevamo: chi è uscito all’ora di pranzo o in tarda mattinata ha mangiato di più a colazione. Mentre chi è uscito dopo pranzo ha mangiato di meno.

Due scelte diverse ma uno stesso obiettivo: ridurre l’apporto calorico e dei carboidrati soprattutto. Assumere tanti carboidrati senza consumarli infatti significa assumere tanto glicogeno che si lega all’acqua. Alla fine risulta che i ragazzi s’ingolfano, si appesantiscono. C’è l’esigenza di “buttare fuori” l’acqua, prima di tornare a sentirsi performanti. E non è facile questa gestione perché i ragazzi hanno fame. Mangerebbero di tutto: glielo chiedono la loro testa e il loro fisico.

Però nella prima scelta, quella di uscire a cavallo o un po’ prima dell’ora di pranzo si mantiene la routine dei giorni precedenti e di quelli successivi quando c’è la tappa…

Sì, ma l’obiettivo primario come detto è quello di non farli arrivare ingolfati domani. Come di fatto succedeva qualche tempo fa anche tra i pro’. C’è chi superava meglio il giorno di riposo e chi invece aveva bisogno di una tappa, nella quale soffriva, per riprendersi.

Come mai hai scelto di far uscire i tuoi ragazzi nel pomeriggio?

Noi abbiamo prediletto il discorso di farli dormire un po’ di più. Sveglia alle 8:30, colazione e siamo partiti. Il trasferimento era di quattro ore. Siamo arrivati verso le 13 e hanno subito mangiato. Non hanno atteso le canoniche due ore, due ore e mezza prima di uscire, ma non ce n’era neanche tutta questa necessità, perché si è trattato di un allenamento tranquillo. In più avevamo gestito il carico alimentare anche tenendo conto della colazione.

Non è stato facile rispettare il bilancio energetico. Solo nel tappone del Mortirolo spese oltre 5.000 calorie. Giorno di riposo fondamentale
Non è stato facile rispettare il bilancio energetico. Solo nel tappone del Mortirolo spese oltre 5.000 calorie. Giorno di riposo fondamentale
Cosa hanno mangiato a colazione?

Rispetto a coloro che sono usciti prima di pranzo, i mei ragazzi hanno ridotto fortemente l’apporto dei carboidrati. Meno pane, meno fette biscottate, meno cereali. Mentre hanno aumentato la quantità di uova e prosciutto, le proteine insomma. Caffè e latte non li abbiamo modificati. Non c’è bisogno di arrivare a tanto. Già è un bel cambio così.

E a pranzo? Gli altri in questo giorno di riposo hanno fatto un pasto veloce e molto piccolo per arrivare a cena. Voi?

Un pranzo classico, ma con dosi di carboidrati ridotte. Un piatto di pasta da 120-130 grammi, anziché i canonici 200-250 grammi. Un po’ di prosciutto e di mozzarella ma senza pane.

In allenamento, gli altri hanno fatto due ore. Voi uscendo dopo pranzo quanto avete fatto?

Un’ora e mezza. Un’ora e 40′ per la precisione. Un’uscita tranquilla, sui 30 di media forse meno. Qualcuno ha voluto dare una piccola sgasata, altri neanche quella.

Però, Andrea, uscendo di pomeriggio non si riduce il tempo d recupero?

Osservazione corretta, ma bisogna fare anche i conti con la logistica. Però è anche vero che sono andati molto tranquillamente e comunque avevano riposato un po’ di più al mattino. In più c’era il tempo per i massaggi.

L’importanza del dopo corsa inizia dall’integrazione dei liquidi, anche con bevande zuccherate
L’importanza del dopo corsa inizia dall’integrazione dei liquidi, anche con bevande zuccherate
Dicevamo all’inizio, che è stato un Giro corso al massimo sin qui. Quanto è stato il dispendio energetico?

Molto elevato. Specie nella tappa di Santa Caterina Valfurva. Solo in quella uno come De Cassan, che è sui 60 chili, ha speso 4.700 calorie. Miholjevic, che è oltre i 70 chili, è arrivato a 5.500.

E si recuperano, tra gara, metabolismo basale e vita normale?

In gara no, nel complesso sì… certo sono molto “tirati”. Essere pronti per un Giro a tappe significa anche questo. Essere in grado di recuperare anche dal punto di vista alimentare. Avere il fisico in grado di recepire i carboidrati. Il problema, semmai è non esagerare. Più si riesce ad avere un certo approccio alimentare e più si riesce ad assorbire i carboidrati senza sovraccarico. I ragazzi vorrebbero una fetta di torta, quando magari gli servirebbe la pasta che dà meno picco glicemico.

Domanda scontata a questo punto, ma anche gli under 23 nell’immediato post gara hanno lo stesso protocollo dei pro’?

Sì. Cerchiamo di sfruttare al meglio quella “finestra” temporale di 10′-15” dopo lo sforzo entro la quale recepiscono meglio gli zuccheri: in pratica non si alza la glicemia perché il glucosio va direttamente nei muscoli. Per questo prendono subito una bevanda molto zuccherata tipo una Coca Cola o, meglio ancora, una Fanta che contiene più zuccheri. Poi dopo 30′-40′ si passa alla razione di riso e successivamente agli shaker di sali, aminoacidi e proteine.