Catlike, con il suo casco Mixino Evo Mips, ha una tradizione di lunga data nel ciclismo. Solo per restare ad un recente passato, hanno gareggiato con i caschi Catlike gli atleti del Movistar Team ed in particolare campioni del calibro diNairo Quintana, Alejandro Valverde. Negli anni le collaborazioni si sono susseguite in maniera continua ed ognuna di queste ha donato qualcosa al marchio Catlike. Dal punto dell’estetica e della tecnologia, ma anche e soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo. Nel 2023 la collaborazione si è spostata in America, Catlike, affianca infatti gli atleti del Team Novo Nordisk.
Catlike, con il suo casco Mixino Evo Mips, è accanto al team statunitense Novo NordiskCatlike, con il suo casco Mixino Evo Mips, è accanto al team statunitense Novo Nordisk
Un prodotto sempre nuovo
Negli anni i ritocchi e i miglioramenti tecnici sono stati molti, ma la base di partenza del Mixino Evo Mips è sempre stata solida. Si tratta di un casco leggero, con un’ottima ventilazione, confortevole e che garantisce una grande sicurezza.
Il Mixino Evo Mips è costruito con ben 39 fori e con più del 40% della parte frontale aperta, sono proprio questi numeri a fornire la miglior ventilazione possibile. Caratteristica rafforzata anche dalla tecnologia Dual Flow, che permette di mantenere l’interno del casco sempre fresco: la posizione dei fori è infatti progettata per creare un flusso aerodinamico che porta l’aria calda dalla parte frontale fino a quella posteriore, espellendola.
I supporti imbottiti sulla parte frontale permettono di bloccare la discesa del sudore quando ci si trova in posizione bassa.I supporti imbottiti sulla parte frontale permettono di bloccare la discesa del sudore quando ci si trova in posizione bassa.
Regolabile e comodo
La comodità è una di quelle qualità fondamentali nel momento in cui si passano tante ore in sella. Le imbottiture interne del Mixino Evo Mips sono morbide e non stringono eccessivamente la testa. La fascia di ritenzione posteriore è regolabile in tutte le direzioni tramite un rotore.
Le regolazioni sono millimetriche e asimmetriche, il lato destro e quello sinistro sono infatti liberi di essere sistemati in maniera indipendente. Nella parte occipitale si trovano due supporti imbottiti, regolabili longitudinalmente, che permettono di trovare il fit corretto. Due soluzioni che alzano ancora di più il livello di comodità di questo casco.
Più del 40 per cento della parte frontale del Mixino Evo Mips è apertaI 39 fori presenti sono studiati per garantire un flusso d’aria continuo, mantenendo così la temperatura interna stabilePiù del 40 per cento della parte frontale del Mixino Evo Mips è apertaI 39 fori presenti sono studiati per garantire un flusso d’aria continuo
Sicurezza
La sicurezza, soprattutto quando si va in bici, è un argomento fondamentale e Catlike lo sa. Il casco Mixino Evo Mips non fa eccezione, grazie anche alle sue grandi qualità tecniche. Tutti i 39 fori sono progettati con tecnologia Hexagon, ovvero disegnati con forma ad alveare, così da avere sempre due parti strutturali solide in caso di impatto.
L’interno della calotta vede l’inserimento di una rete in kevlar, lo stesso materiale utilizzato dai giubbotti antiproiettile. Come suggerisce anche il nome questo casco vede l’utilizzo della tecnologia Mips nella sua nuova versione: la Mips Air Node.
Il Mixino Evo Mips è in vendita al prezzo di 200 euro, la versione senza Mips costa invece 163 euro.
Alejandro Valverde sarà per quattro anni il tecnico della nazionale spagnola. Trovata l'intesa tra Federazione e Movistar. Il murciano continua nel gravel
Pablo Lastras sull’ammiraglia studia l’allenamento del mattino. E’ tutto nel tablet in cui ha caricato i percorsi di gara, anche se poi spiegarlo ai poliziotti in moto che anche oggi devono scortare la Movistar è un’altra cosa. I corridori stanno arrivando alla spicciolata dal garage, nel piazzale ci sono meno tifosi di quanti ce ne fossero ieri. Un cartello nella hall dell’albergo illustra i piani di allenamento delle squadre. La Movistar dovrebbe partire alle 10,30, ma la sensazione è che tarderanno.
L’uscita di Valverde e l’arrivo di Gaviria fanno capire che la squadra spagnola ha cambiato direzione. Fernando è l’uomo da scoprire e per ora appare super entusiasta dell’ambiente e della nuova bici. Il suo arrivo ha comunque spinto il team a cambiare atteggiamento, come ha già raccontato Sciandri all’inizio dell’anno. Ma qui siamo alla prima stretta, domani ci sarà la prima volata e Lastras inizia a sentire la tensione della corsa.
Fernando Gaviria ha 28 anni, colombiano di Medellin. E’ alto 1,80 e pesa 71 chiliFernando Gaviria ha 28 anni, colombiano di Medellin. E’ alto 1,80 e pesa 71 chili
Com’è avere un corridore come Gaviria in squadra?
Una bella cosa, avevamo bisogno di un corridore così. Dovremo cambiare strategia in corsa, almeno in alcuni giorni. Ovviamente, senza avere un treno. Per una squadra come noi è molto difficile. Abbiamo la cultura dei Giri lunghi, dei Giri piccoli, è questa la filosofia da cambiare. Ma allo stesso tempo Fernando ci ha detto quello di cui ha bisogno.
Di cosa?
Di avere un uomo con lui per gli ultimi 5 chilometri, uno e basta, e quello non abbiamo avuto problemi a metterglielo a disposizione. Il ciclismo cambia. Guardate la Soudal-Quick Step, che ha sempre vissuto con le classiche e gli sprint e ora si ritrova a fare le classifiche dopo la grande vittoria alla Vuelta con Evenepoel. Noi vogliamo cambiare e Fernando ci darà quel cambiamento.
Nella hall dell’hotel Del Bono ogni mattina le squadre affiggono gli orari e i percorsi degli allenamentiNella hall dell’hotel Del Bono ogni mattina le squadre affiggono gli orari e i percorsi degli allenamenti
E’ una nuova Movistar quest’anno, senza Alejandro Valverde?
C’è stata una staffetta, che soprattutto l’anno scorso è stata un po’ frettolosa, con la questione della possibile retrocessione. Da fine luglio, tutto agosto, settembre e tutto ottobre, fino al Tour of Langkawi, la squadra ha superato se stessa. E’ questo tipo di impegno ciò che vogliamo.
Prima del Lombardia, Eusebio disse che senza Alejandro si sarebbero aperti spazi per altri corridori.
Totalmente vero. Questa mancanza di Alejandro sarà la stessa di quando se ne è andato Bettini, una similitudine per far capire agli italiani. Ovviamente gli altri corridori devono fare più passi. Siamo stati per tanti anni tutti sotto l’ombrello di Alejandro, anche i direttori sportivi. Con Alejandro le tattiche erano facili, ora dobbiamo avere più creatività per essere più bravi.
Gaviria è arrivato alla Movistar quest’anno, dopo le ultime stagioni alla UAE EmiratesGaviria è arrivato alla Movistar quest’anno, dopo le ultime stagioni alla UAE Emirates
Avere Alejandro ancora in squadra è un vantaggio per i corridori?
E’ una garanzia totale, per insegnare tutto quello che sa. Alejandro resta una grande star e ora può restituire tutta quella conoscenza alla squadra e allo sport in genere. Sta già facendo tanto con la sua Academy. Ha le sue squadre, mandate avanti da suo fratello, ma a livello professionistico può e deve darci molto. Alejandro è un libro che va letto lentamente, con un bicchiere di buon vino.
La tua stagione sarà divisa fra uomini e donne?
In questi anni ho cambiato molto, ovviamente, visto che anche il ciclismo femminile è molto forte. Ricevere e restituire. E’ quello che mi ha insegnato Eusebio Unzue e prima di lui Echávarri ed è quello che ho fatto. L’ho fatto inizialmente con la squadra delle ragazze, che ora sono strutturate per andare avanti da sole.
Hai parlato di Echavarri: questa è ancora la sua squadra?
Alla fine le radici non si devono dimenticare, dobbiamo ricordare da dove veniamo. Quindi, c’è una storia da cui veniamo. Il duo José Miguel Echavarri ed Eusebio Unzue. Poi solo Eusebio e ora con lui c’è suo figlio Sebastián. E’ sempre bello avere al comando due persone che si fidano l’uno dell’altro, perché la piena fiducia è la chiave per far funzionare tutto.
Pablo Lastras ha 47 anni ed è stato pro’ dal 1998 al 2015, sempre nella stessa squadra, che da Banesto è oggi MovistarPablo Lastras ha 47 anni ed è stato pro’ dal 1998 al 2015, sempre nella stessa squadra, che da Banesto è oggi Movistar
Un’ultima domanda: perché a fine 2021 Villella non è stato confermato alla Movistar?
Non lo so, forse abbiamo preteso troppo da lui. E’ un ragazzo molto bravo, molto serio, laborioso. Non sappiamo cosa sia successo.
Sai che si è ritirato?
Non rimane con la Cofidis? Che peccato…
Lastras scuote il capo. Solleva lo sguardo, come per qualcosa che proprio non si aspettava. I corridori sono arrivati ormai tutti. I poliziotti sono in sella alle moto. Si può partire. Domani inizia la Vuelta a San Juan 2023.
Trent’anni fa Sergio Neri scrisse un testo dedicato ai corridori, tracciando la linea guida del loro mestiere. Era denso di valori come viaggio, scoperta, ispirazione, carattere, dedizione, impegno, gusto per la fatica, rinunce fatte per sostenere l’impegno di uno sport che non è gioco, ma la perfetta metafora della vita. Il mestiere del corridore.
«Quando penso agli anni in Belgio con Ballerini – ha ricordato Andrea Tafi – ricordo il tanto tempo passato insieme a parlare. A spiarci fra noi per capire le scelte tecniche che facevano gli altri corridori. Era bello. Non avevamo lo stress di oggi. Ogni volta che parlo con Bettiol, me lo conferma. Devi essere super concentrato e non basta. E’ cambiato il modo di allenarsi e di correre. Prima ci divertivamo di più, si aveva uno spirito diverso. Ormai però il ciclismo è cambiato, è andato avanti come il mondo».
Con la stagione 2023 in partenza da Australia e Argentina, vogliamo soffermarci su una somma di pensieri che si sono formati nelle ultime settimane, parlando di preparazione, punteggi, vincoli e vite di corridori.
Tafi ha messo a confronto il ciclismo romantico dei suoi anni con quello sfrenato di oggiTafi ha messo a confronto il ciclismo romantico dei suoi anni con quello sfrenato di oggi
Come Nibali e Valverde
La vita da corridore nel testo di allora era un fluire faticoso e poetico. E’ ancora così, oppure essere corridori è un asfissiante star dietro a tabelle e rigidità?
Madiot ha parlato del paradosso di Pinot, che ha rifiutato varistrumenti per andare più forte. Come i ritiri in altura cui si è rassegnato un paio di anni fa. Che pur professando la sua voglia di normalità, condivide gli allenamenti su Strava. E che, quando uno degli sponsor della squadra è andato a consegnargli l’orologio per monitorare il sonno notturno, lo ha guardato come fosse un marziano.
Chi ha smesso anzitempo probabilmente non è riuscito a tenere in mano il filo del discorso, lasciando che il mondo fuori si imponesse del suo mondo interiore. Lo ha raccontato benissimo Dumoulin, spiegando come da un certo punto abbia cominciato a perdere il controllo della sua carriera.
I corridori che invece sono durati di più, come ad esempio Nibali o Valverde, sono nati da una base più consapevole. Hanno imparato a dire qualche no. Condividevano la stessa genialità e hanno capito che le fondamenta del lavoro sono rimaste le stesse. Sono cambiati invece il contesto, le velocità, le esigenze e la visione dello sport.
Alla Vuelta del 2022, l’omaggio del gruppo per Valverde e Nibali, alle ultime corse della carrieraAlla Vuelta del 2022, l’omaggio del gruppo per Valverde e Nibali, alle ultime corse della carriera
La fase di passaggio
Se nascevi corridore un tempo, i valori raccontati da Sergio Neri li avevi cuciti addosso. Se sei nato corridore nella fase di passaggio, potresti esserti trovato nei guai. A metà fra il ritmo romantico raccontato da chi c’era e la spinta vertiginosa di chi è già allo step successivo.
E se nasci corridore oggi, preparati per una carriera ad alta velocità, non necessariamente lunghissima. Avrai tanti referenti e pochissimo tempo per ambientarti, ma ti sembrerà normale.
Le eccezioni si chiamano campioni. Evenepoel, Pogacar e Van Aert sembrano capaci di restare in sella senza togliere troppo alla loro normalità. Dipende tutto dalla velocità del processore, da quel che si considera normale e quello che non lo è, quello che è necessario e quello di cui si può fare a meno. Come dare in mano lo stesso smartphone a un sedicenne e insieme a un cinquantenne. Magari il più giovane non saprà spiegarti il perché di certe funzioni o da quali esigenze siano nate, ma è certo che saprà usarlo subito e meglio e con automatismi pazzeschi, senza bisogno del manuale.
Evenepoel e Pogacar: oltre al lato tecnico, la loro grandezza sta nella naturalezza con cui vivono lo sportEvenepoel e Pogacar: oltre al lato tecnico, la loro grandezza sta nella naturalezza con cui vivono lo sport
Il grosso errore è valutare il presente volendolo uguale al passato. Al massimo, a essere davvero bravi, si può ridisegnare il presente senza dimenticare il passato. Lasciarlo invece in mano agli interessi particolari significa non avere una progettualità e tantomeno il controllo della situazione.
L’interesse di chi?
La tecnologia serve, ma non è tutto. Anche parlando di posizione in sella, si è capito nei giorni scorsi che i sistemi di posizionamento sono utili, ma l’osservazione dell’atleta lo è di più. Se di questo è consapevole chi gestisce la formazione degli atleti più giovani e permette loro di crescere ascoltando la testa prima che i suoi stessi ordini, l’approccio con le loro carriere sarà di vera consapevolezza.
Per questo bisognerebbe stare attenti nel trasformare lo sport di base in un laboratorio al servizio del professionismo: ci sono anche altre esigenze. Gli interessi delle squadre (che puntano a monetizzare i punteggi dei propri talenti), gli interessi dei gruppi sportivi WorldTour (che fanno di tutto per accaparrarsi gli atleti migliori) e gli interessi degli agenti (che guadagnano sulla somma delle percentuali) non distolgano dall’interesse primario: quello del corridore.
Riparte dall’Australia anche Aleotti: talento italiano che corre alla Bora-Hansgrohe a metà fra gregariato e le sue chanceRiparte dall’Australia anche Aleotti: talento italiano che corre alla Bora a metà fra gregariato e le sue chance
Che siano destinati a vivere in un ciclismo romantico oppure matematico, il dato oggettivo che resta è uno solo: troppi passano, tanti smettono e altrettanti non hanno la carriera che avevano lasciato intuire. Villella è andato forte nell’italiana Liquigas, si è perso nelle squadre straniere in cui è andato dopo.
Il pretesto per cui ciò accade è il principio per cui sia giusto dare a tutti la possibilità di partire e di provarci.Guai pensare di porvi un freno. Ma ci siamo chiesti se davvero tutti siano pronti per riceverla o se ne abbiano davvero bisogno.
In un’intervista rilasciata in Spagna poco dopo il ritiro di Valverde, Luis Leon Sanchez ha raccontato che sua moglie Laura ha fatto per lui una previsione. Dato che è sulla bici da quando aveva cinque anni, il momento del ritiro per lui potrebbe essere davvero pesante. E adesso “Luisle”, il sorriso più buono del gruppo su un fisico ogni anno più scolpito e potente, abbassando lo sguardo ammette che potrebbe essere proprio così. Sono gli ultimi giorni del ritiro di Altea, dopo le Feste si ripartirà dal Tour Down Under.
«Quando ero giovane – dice – non mi aspettavo di arrivare a questa età ed essere ancora professionista. Sai, alla fine mi piacciono troppo questo sport e questa vita, ma devo vedere il mio ruolo e devo pensare alla famiglia. Mia moglie è da sola con tre bambini, per lei non è facile. Tanti mi dicono che quando scenderò dalla bici dovrei fare il direttore sportivo. Ma i direttori sportivi passano molti giorni fuori casa e se io smetterò di correre, sarà per stare più tempo a casa. Non so se cercherò un ruolo come quello…».
San Sebastian 2012, vince Sanchez. I complimenti di Vinokourov, suo compagno nel 2006 e oggi suo datore di lavoroSan Sebastian 2012, vince Sanchez. I complimenti di Vinokourov, suo compagno nel 2006 e oggi suo datore di lavoro
Sanchez è passato professionista nel 2004 ed è ancora qui. Vincente, gregario: qualsiasi sia stato il ruolo che gli hanno assegnato, ha saputo interpretarlo senza che qualcuno abbia potuto lagnarsene. Ha lavorato per Valverde, per Nibali e per Aru. Un metro e 86 per 74 chili, ha vinto per due volte la Clasica San Sebastian, 4 tappe al Tour, una Parigi-Nizza e il Tour Down Under. E oggi che è tornato alla Astana Qazaqstan Team dopo il breve passaggio alla Bahrain Victorious, il suo ruolo è quello di dare l’esempio e gli riesce benissimo.
Un anno di contratto e l’opzione per il secondo…
Sono fortunato ad avere l’appoggio della mia famiglia per cui quando sono in ritiro oppure in gara, la tranquillità è sapere che loro stanno bene, che i ragazzi stanno con la loro mamma. E’ la tranquillità che a volte manca al professionista e gli impedisce di fare il suo lavoro al 100 per cento.
Con Valverde (e Fuglsang) sul podio della Valenciana 2018: i due spagnoli sono cresciuti insiemeCon Valverde (e Fuglsang) sul podio della Valenciana 2018: i due spagnoli sono cresciuti insieme
Soffri di… longevità come il tuo amico Valverde?
Alejandro è un corridore che ho visto vicino a me per tutta la carriera. Si è fermato a 42 anni, ma lui è un grande campione che ha vinto più o meno tutto. Alla fine la sua vita è stata sempre quella di un atleta, anche quando andava in vacanza e mangiava solo riso e pollo. Io non riuscirei a fare sempre così, se non quando è necessario.
Vuoi dire che si può durare tanto senza essere attenti in modo maniacale?
Non ho detto questo. Mi prendo cura di me 365 giorni all’anno. Non mi rilasso per un mese, non me lo posso permettere. Preferisco andare in bicicletta tutti i giorni che posso, per muovermi. Cammino e gioco a tennis perché il mio corpo non si addormenti e tornare alla routine di allenamento non diventi pesante. Il fatto che gli atleti professionisti durino più a lungo ha a che fare con la loro professionalità. Ora sono di nuovo all’Astana, vedremo cosa potrò fare.
In fuga verso Sierra de la Pandera alla Vuelta 2022: Sanchez con Champoussin e LutsenkoIn fuga verso Sierra de la Pandera alla Vuelta 2022: Sanchez con Champoussin e Lutsenko
Che cos’è per te questa squadra?
Una famiglia, mi trovo troppo bene. E’ facile lavorare con loro. Se c’è qualcun problema, trovo subito la soluzione. Prendo il telefono e chiamo Martinelli, oppure Mazzoleni o Rachel, la dottoressa, o chiunque altro di cui abbia bisogno. Mi sono trovato bene sin dal primo giorno in cui ci sono arrivato, anche con Vinokourov che tanti anni fa è stato mio compagno alla Liberty Seguros. Sono contento di ritrovarlo nella sua squadra.
Infatti quando Vino fu allontanato, tu te ne andasti…
Andai via perché c’era una situazione diversa. Non c’era grande stabilità economica, tanto che partimmo in 15. Non era più la squadra di Vinokourov, ma la dirigeva una donna che si chiama Yana Seel. Era una situazione troppo diversa e alla fine, quando è finito quell’anno e Vinokourov è tornato, ha parlato anche con me. Ha detto che non era possibile rompere l’accordo con la Bahrain, per cui sono rimasto per un anno di là e ora sono di nuovo qui. Contento di esserci.
Con Landa alla Vuelta in maglia Bahrain: i due avevano già corso insieme all’AstanaCon Landa alla Vuelta in maglia Bahrain: i due avevano già corso insieme all’Astana
I corridori più giovani ti vedono come un punto di riferimento.
Sono contento. Lo so che non sono giovane, ormai sono quasi il più vecchio del gruppo. Per cui sono contento di essere un uomo di riferimento per loro e di poter fare qualcosa per aiutarli. Sono qua anche per questo, per riportare positività e far crescere la squadra.
TI guardi intorno e cosa vedi?
Un ciclismo diverso, come il resto del mondo. Le velocità sono più alte, sono cambiati i rapporti e anche le ruote sono più veloci. Sono dovuto cambiare anche io. Una volta i massaggiatori preparavano il riso o i cereali per dopo la gara. Ora è tutto molto diverso, anche la pasta viene pesata, i carboidrati vengono dosati e si fa tutto perché il corpo possa dare di più. Per questo i corridori giovani hanno numeri incredibili, delle velocità molto alte. Io ricordo di quando sono passato professionista e i primi due mesi andavamo in gara per prendere un po’ di ritmo. Invece adesso arriviamo al Down Under o a Mallorca o in Argentina e si va subito tutti a tutta dal primo giorno.
Al Beghelli del 2017 vince e dedica la vittoria a Scarponi, scomparso pochi mesi primaAl Beghelli del 2017 vince e dedica la vittoria a Scarponi, scomparso pochi mesi prima
Non avere un grande capitano cambia qualcosa?
La squadra è diversa. In passato il nostro obiettivo è sempre stato vincere un grande Giro con Nibali, con Fabio. Ci siamo arrivati vicino con Landa, con Miguel Angel Lopez. Ora non abbiamo grandi campioni da difendere, vediamo dove arrivano Lutsenko e qualche giovane. Ma il nostro ruolo deve cambiare e un po’ anche la mentalità.
Hai parlato di Nibali e di Aru che ti ricordi di loro?
Sono stati due corridori diversi. Nibali dava la tranquillità di un uomo che ha vinto tutto. E tu accanto stavi tranquillo perché sapevi che quando lui si metteva una gara in testa, si vinceva o si andava vicini a vincerla. Fabio invece era impulsivo, un corridore con cui non era facile stare calmi. Quando ha vinto la Vuelta si è tranquillizzato un po’, ma per il resto erano due mondi completamente diversi.
Alla Vuelta del 2015, con Landa scorta Aru alla vittoria finaleAl Giro 2017, Nibali è passato alla Bahrain Merida, Sanchez è ancora all’AstanaAlla Vuelta del 2015, con Landa scorta Aru alla vittoria finaleAl Giro 2017, Nibali è passato alla Bahrain Merida, Sanchez è ancora all’Astana
Ti aspettavi che Fabio smettesse così presto?
No e neanche saprei dare una spiegazione. Alla fine è stata una decisione sua e della sua famiglia, sua e di sua moglie. Ha deciso e ne sarà felice. Io non so se ci riuscirei, ma è la mia mentalità. Io continuo perché ho voglia di farlo, mentre lui ha deciso fermarsi. E’ vero però, come dicevo, che quando smetterò probabilmente non farò il direttore sportivo per stare a casa con la mia famiglia.
Da dove cominci?
Cominciamo in Australia, mi piace cominciare presto. Vivo vicino a Murcia e sono fortunato che il tempo è buono, non piove troppo. Così riesco ad allenarmi bene per cominciare forte l’anno. E se comincio forte, magari non mi peserà essere il nonno del gruppo.
Se Nibali ha ammesso di aver seguito la presentazione del Giro con occhi da corridore, figurarsi che cosa avrebbe potuto dire Alejandro Valverde che da lunedì sarà in ritiro con la Movistar, prima di andare in Giappone per correre i circuiti del Tour e poi finalmente in vacanza.
«Mi sto riposando per quello che mi lasciano – racconta con voce rauca dalla Spagna – non mi fermo mai. Si va di qua e di là, tanti impegni. Non ho ancora capito di aver smesso, perché come è iniziata, la stagione poi è finita e uno non lo nota. Quando comincerà il prossimo anno, allora forse me ne accorgerò…».
Tre Valli Varesine, un Valverde pimpante per le ultime corse in ItaliaTre Valli Varesine, un Valverde pimpante per le ultime corse in Italia
Bottino di 144 vittorie
Alejandro Valverde, spagnolo di Murcia, 42 anni. Alto 1,77 per 61 chili. Professionista dal 2002 al 2022, con 144 vittorie al suo attivo, fra cui 4 Liegi, 5 Freccia Vallone, la Vuelta e un mondiale. Alla fine ha scelto di ritirarsi, come Nibali che ha 4 anni in meno e di Rebellin che ne ha 9 di più.
«Era tempo di fermarsi – ammette – perché non aveva senso aspettare ancora. Però è certo che interiormente mi sento capace di correre ancora almeno per un altro anno. Il fatto è che non è necessario. Ci sono quelli che non riescono a smettere. Io credo che continuerò a fare sport, non voglio cambiare. Continuerò a vivere come ora, ma senza gare e senza stress. Magari non avrò un obiettivo da raggiungere, però la mia routine sarà molto simile a quella di adesso».
Per Valverde e Nibali, l’omaggio dei corridori della VueltaPer Valverde e Nibali, l’omaggio dei corridori della Vuelta
Il sesto posto al Lombardia è stato una vittoria mancata o un bel modo per salutare?
Il miglior modo per salutare. In generale, in tutte le corse fatte in Italia, tutta la settimana che siamo stati da voi è stata buona per me e per la squadra. Ce la siamo goduta molto. Il verbo “disfrutar” è sempre stato la mia regola.
Ci sei sempre riuscito?
Quasi sempre. E’ certo che sulla bici si soffre e a volte non la vivi come vorresti, perché magari non ti trovi bene e il tempo non ti passa come vorresti. Però in generale, il 95 per cento della mia carriera me la sono goduta.
Tanti corridori a fine carriera smettono di vincere perché non riescono più a fare le necessarie rinunce. Come è stato pe te?
Il ciclismo è stato sacrificio, però è certo che non mi è mai costato tanto. Lo sopportavo abbastanza bene. Il fatto di curarmi mi faceva stare bene, semmai stavo male quando non ci riuscivo. Mi dava piacere perché stavo facendo le cose nel modo giusto e poi non restava che dimostrarlo sulla strada. Il fatto di riguardarmi a tavola, per esempio, mi piaceva.
Il Giro di Lombardia è stato l’ultima corsa di Valverde a 42 anniIl Giro di Lombardia è stato l’ultima corsa di Valverde a 42 anni
Unzue ha parlato di un ruolo per te nella Movistar del futuro: tu cosa pensi?
Per ora abbiamo il ritiro a partire da lunedì e ci sarò anche io. Definiremo quale sarà il mio ruolo nella squadra. Vedremo. Credo che sia importante il fatto di esserci, seguire le corse. Potrei occuparmi dell’immagine all’interno della squadra per il gruppo Telefonica, staremo a vedere.
SI dice che Mas al Tour abbia pagato la tua assenza, pensi sia possibile?
Di Mas me lo hanno detto tanti, anche Eusebio Unzue. Il fatto di avermi accanto può essere che gli portasse tranquillità, non solo a lui, ma a tutta la squadra. Non so di preciso cosa gli sia successo perché non ero lì. Ma è certo che ha avuto un cambio di chip molto buono. Dopo il Tour era già un altro Enric.
Hai vinto tutte o quasi le grandi classiche e anche una Vuelta. Significa che se avessi voluto, saresti potuto essere un uomo da Giri?
La Vuelta mi è sempre piaciuta molto. Il fatto di averla vinta mi ha permesso di dimostrare che potevo essere un corridore di tre settimane. Non solo perché l’ho vinta, ma perché ho anche fatto dei secondi posti, un terzo, il podio al Tour, varie volte quarto, terzo al Giro. Sono stato un corridore da classiche, ma anche da grandi Giri, per il fatto di essere sempre stato nei primi dieci.
Nel 2009, Valverde vince la Vuelta su Sanchez ed EvansNel 2009, Valverde vince la Vuelta su Sanchez ed Evans
Avresti mai potuto per un anno puntare tutto su un Giro e non pensare ad altro?
Mai. Non avrei potuto rinunciare a tutto per un solo Giro. Sarebbe stato difficile non provare a vincere altre corse come le classiche. Non mi sarebbe piaciuto puntare su un solo obiettivo tutto l’anno. Non mi piace, ho sempre preferito lottare su più traguardi. Una sola corsa all’anno non è per Alejandro.
Ti ha dato più allegria la Liegi o il mondiale di Innsbruck?
Più il mondiale della prima Liegi. Il mondiale è la vittoria che mi ha dato più felicità, che mi sono goduto di più.
Pozzovivo ha detto che per confrontarsi con i giovani fortissimi di adesso è stato costretto a lavorare molto di più…
Io come lui. Il ciclismo è molto più esigente di quanto fosse prima. Il livello al top si è alzato, ma anche quello intermedio. Se vuoi essere competitivo, devi curarti molto di più, devi allenarti di più e riposarti di più. Devi fare tutto più di prima.
Per il Bala il mondiale è la vittoria più bella, giunta dopo 6 podiAl mondiali di Innsbruck lo premia Peter Sagan, iridato nei tre mondiali precedentiPer il Bala il mondiale è la vittoria più bella, giunta dopo 6 podiAl mondiali di Innsbruck lo premia Peter Sagan, iridato nei tre mondiali precedenti
Ed era meglio prima oppure adesso?
Prima il ciclismo era diverso e mi piaceva. Ora è diverso, però mi piace più quello di adesso.
Sul traguardo della quarta Liegi, indicasti il cielo dedicandola a Scarponi. Pochi anni prima la tua squadra aveva salutato Xavi Tondo. Com’è stato lasciare lungo la strada degli amici?
La verità è che è difficile quando perdi compagni e amici così buoni, è molto triste. Però questa è la vita, a volte viene il meglio e a volte il peggio. Devi affrontarla come viene. Mi sono divertito molto con loro, abbiamo passato un buon tempo insieme e spero, dovunque siano, che seguitino a volerci bene e a divertirsi guardandoci.
Farai un po’ di vacanze dopo il ritiro della prossima settimana?
Abbiamo un viaggio a Singapore, quindi a Tokyo per i criterium e andremo solo io e Natalia. Poi andremo in Costa Rica e al Giro de Rigo con tutta la famiglia. Tutti meno Alejandro, che ha una partita. Il calcio gli piacemolto.
La quarta Liegi, nel 2017, è un tributo per Michele Scarponi: dita al cieloLa quarta Liegi, nel 2017, è un tributo per Michele Scarponi: dita al cielo
Piuttosto, cosa dicono a casa della tua scelta di ritirarti?
I miei figli vorrebbero che corressi ancora. Però sono contenti che finisco e sono contento di passare più tempo con loro.
Continuerai a raderti le gambe?
Non mi farò mai crescere i peli. Continuerò a depilarmi, non riesco a immaginare le gambe con i peli lunghi. E’ brutto vedere un ciclista con i peli.
Sarà strano andare alle corse e non trovare più Nibali e Valverde.
Sarà strano anche per noi, ma dobbiamo tutti abituarci alla novità. Ce la faremo, alla fine ci abituiamo a tutto
Ultimo massaggio della carriera e ringraziamento su Instagram per l’amico Escamez (foto Instagram)Ultimo massaggio della carriera e ringraziamento su Instagram per l’amico Escamez (foto Instagram)
Te ne vai con un buon sapore in bocca?
Gli ultimi giorni mi hanno dato tanta allegria. Perché come ho detto prima, le sensazioni erano molto buone. Le mie e anche quelle della squadra. Quando uno sta bene e si diverte, va tutto bene. Mi dico: «Cavoli mi ritiro con un grande livello e potrei fare un anno in più». Però è meglio ritirarsi così e la gente ti ricorda come uno che si è ritirato quando era ancora in cima, piuttosto che ti ricordi perché non andavi più avanti.
Una risata. L’appuntamento alle prossime corse. Poi in sottofondo le voci dei ragazzi lo richiamano in modo fragoroso. Benvenuto nella tua vita normale, grande “Bala”, sarà sempre un piacere parlare con te.
Allarme dalla Spagna: a causa dei punti, alcuni dei big rischiano di restare a casa dai mondiali. Per l'UCI una beffa causata dal perverso sistema dei punti
Unzue accavalla le gambe, sorride e annuisce ascoltando la domanda, poi inizia a parlare seguendo il filo di un discorso che nasce da lontano. Il manager del Movistar Team ha l’alone di saggezza che in precedenza fu di Josè Miguel Echavarri, il mentore di Indurain, che parlava con il carisma di un oracolo o un sacerdote del ciclismo.
L’argomento è il momento della squadra, che da un lato dice addio a Valverde e dall’altro ha ritrovato Enric Mas a livelli insperati.
Abbiamo incontrato Unzue al Giro di Lombardia, ultima corsa di ValverdeAbbiamo incontrato Unzue al Giro di Lombardia, ultima corsa di Valverde
Lo stupore di Unzue
Del mallorquino avevamo parlato con Piepoli che lo allena. E proprio il pugliese ci aveva parlato delle difficoltà di Mas nei giorni del Tour, terrorizzato dalle discese e da altri fattori difficili da decifrare. Invece alla Vuelta, dopo quattro settimane di lavoro certosino, la svolta netta e inattesa.
«Incredibilmente e felicemente aggiungerei – dice Unzue – dopo le tante cose che sono successe quest’anno, il fatto che sia stato capace di fare quella Vuelta e poi il finale di stagione in Italia era sinceramente impensabile. Che questo fosse il suo livello me lo aspettavo. Ma dopo tanta disgrazia, il fatto che sia stato capace di reagire… Al Tour si è ritirato a tre tappe dalla fine per il Covid. In più c’era questo problema delle discese. Non riesco a capire cosa sia cambiato per rivederlo così alla Vuelta. Mi ha stupito più per il suo recupero mentale, che del livello sulla bici. Quello era già così alla Tirreno-Adriatico, dove però sono iniziati tutti i problemi…».
La caduta di Mas nella 5ª tappa del Delfinato secondo Unzue ha bloccato del tutto il povero MasSecondo Unzue, la caduta di Mas al Delfinato lo ha bloccato del tutto
Che cosa è successo?
Non lo sappiamo, sono cose difficili da capire. Ha cominciato con la caduta alla Tirreno. Poi quella ai Paesi Baschi e anche al Delfinato, dove la sua fiducia si è distrutta del tutto. Aveva iniziato il Tour molto bene. Si è salvato nelle tappe più rischiose. Siamo andati verso le salite e nelle discese ha iniziato a bloccarsi. In 50 anni di ciclismo non avevo mai visto una cosa così, ve lo dico sinceramente. Ma avevamo sempre la fiducia che come era arrivato, il problema sarebbe potuto passare. Ed è stato così veramente.
Piepoli ci ha parlato del gran lavoro fatto con lui.
Leo lo conoscete bene, sapete come si impegna. E lui ha fatto un lavoro incredibile per restituirgli la fiducia. Bravo anche il tecnico che lo ha accompagnato a fare le discese. Ci hanno lavorato un po’ tutti ed è stato veramente importante, perché lui è ripartito. E’ stato incredibile come abbia perso la fiducia in un momento e incredibile come l’ha recuperata e tutto sia cambiato di nuovo.
La scoperta disarmante del Tour: Mas bloccato in discesa, poi il ritiro causa CovidLa scoperta disarmante del Tour: Mas bloccato in discesa, poi il ritiro causa Covid
Potrebbe aver pagato l’assenza di Valverde?
Potrebbe essere, ma non so se sia stato per questo. Sono convinto che avere vicino Alejandro gli regali la tranquillità per rendere meglio. Questa è una realtà. Alla fine come tutti questi giovani, c’è bisogno di un tempo per essere capaci di guidare un progetto che richiede grande responsabilità. Io credo che questa esperienza sia stata molto importante e credo che lui sia già a posto per essere uno dei grandi.
Anche perché alla fine Valverde ha detto basta…
E io sono felice perché lo vedo felice. Si gode la bici, dopo 21 stagioni da professionista in cui ha cominciato al top, ha continuato al top e dopo tutto questo tempo è ancora al top. E’ partito come uno dei favoriti per il Lombardia, vuol dire che per 21 anni abbiamo avuto il privilegio di vivere accanto a uno come lui.
Mas ha chiuso il Lombardia al 2° posto, perdendo in volata da PogacarDopo la Vuelta , chiusa pure al secondo posto, è arrivata la vittoria al Giro dell’EmiliaMas ha chiuso il Lombardia al 2° posto, perdendo in volata da PogacarDopo la Vuelta , chiusa pure al secondo posto, è arrivata la vittoria al Giro dell’Emilia
Come lui?
Uno che non ha mai parlato di momento di forma, che vinceva a gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio al Giro, luglio al Tour, il mondiale a fine anno… Vinceva tutto l’anno. Alejandro ci ha fatto sembrare normali le cose eccezionali che ha fatto. Però intanto il suo palmares si è riempito di corse totalmente diverse. E allora capisci la qualità di questo uomo. E poi è incredibile che sino alla fine abbia continuato a divertirsi. Gli piace allenarsi, mangiare bene, fare i sopralluoghi dei percorsi. Sono cose che ai giovani a volte pesano, ma probabilmente fanno parte della sua grandezza.
Non si dura tanto senza i giusti sacrifici…
Ma lui li ha sempre affrontati con un livello di professionalità incredibile. Sempre disposto a fare bene nella corsa dove lo mandavi. Abbiamo avuto tanti grandi corridori nella squadra. Ma senza dubbio uno che come lui ci abbia permesso di vincere dovunque vai… Lo abbiamo visto vincere a cronometro, battere Petacchi, lo abbiamo visto in corse di una settimana, nei grandi Giri, podi al mondiale, le classiche… Ha fatto di tutto e le ha vinte tutte!
Il Giro di Lombardia è stato anche l’ultima corsa di Valverde a 42 anni, 21 dei quali alla corte di UnzueIl Giro di Lombardia è stato anche l’ultima corsa di Valverde a 42 anni, 21 dei quali alla corte di Unzue
E adesso, secondo Unzue come cambia la storia del team?
Abbiamo visto smettere Indurain. Credo che la storia degli uomini che ci hanno preceduto ci insegni molto. Confido che quelli che arrivano dietro siano capaci di sostenere la storia di questa squadra. Ho tanta fiducia in questi giovani. Per loro la partenza di Alejandro significherà avere più opportunità. Se c’era Alejandro, si correva perché vincesse. D’altro canto, vedendo il livello di Enric, credo si stia consolidando come un grande leader.
Cosa farà da grande?
Abbiamo un contrato per i prossimi due anni. L’ho fatto con l’idea che lui semplicemente non dovesse pensare al suo futuro mentre correva. Ha un accordo per consentirgli di scoprire il ciclismo da quest’altro punto di vista, perché trovi il suo posto e possa trasmettere la sua esperienza. E dove può sentirsi felice una volta di più nell’ambiente della bicicletta.
I cari amici dell’UCI rischiano di prendersi il boomerang dritto in faccia. E un po’ gli starebbe anche bene! Il sistema dei punti messo a punto e approvato anche dalle squadre (sarebbe curioso scoprire quanti in realtà a suo tempo abbiano letto attentamente i termini della riforma) rischia di danneggiare seriamente i mondiali. E i mondiali, come ben noto, sono la principale fonte di guadagno per la federazione internazionale.
Le squadre impegnate nella lotta per la salvezza infatti hanno alzato le spalle e deciso di non mandare i loro corridori in nazionale. Che cosa vuoi dirgli? Così se già la collocazione agli antipodi delle gare iridate ha fatto fuori la piccola Irlanda (alle prese con problemi di budget), adesso si rischia di avere un mondiale senza alcuni grandi nomi.
La denuncia di Pascual Momparler ha descritto in modo netto la situazione spagnola (foto Marca)La denuncia di Pascual Momparler ha descritto in modo netto la situazione spagnola (foto Marca)
Valverde a casa?
L’allarme lo ha dato Pascual Momparler, tecnico della Spagna. «Al momento – ha dichiarato a Marca – degli otto corridori che avevo in mente, possono venire solo in due: Juan Ayuso e Marc Soler».
A causa della battaglia per i punti, la Movistar ha detto che non manderà Mas, AranburueValverde (in apertura Alejando con Nibali, nell’ultima Vuelta della loro carriera). La Cofidis preferisce tenersi stretto Herrada e la Ineos non manderà Rodriguez (probabilmente per motivi diversi, visto il ranking del team britannico).
La Spagna si ritrova senza un leader spendibile, al punto che durante una riunione presso la sede della RFEC, la Real Federacion Española de Ciclismo, si è persino ragionato se valesse la pena di annullare la trasferta dei professionisti.
«Poi – ha spiegato il tecnico – abbiamo pensato di fare comunque le convocazioni e di sanzionare chi non risponderà. Però a questo punto il presidente Cerron si è opposto, dicendo che in ogni caso a pagare sarebbero i corridori. La sanzione infatti prevede che non possano più partecipare ad altri eventi e questo li porterebbe a inevitabili tensioni con le loro squadre».
Herrada ha vinto la tappa di Cistierna alla Vuelta: la Cofidis non vorrebbe mandarlo ai mondialiHerrada ha vinto la tappa di Cistierna alla Vuelta: la Cofidis non vorrebbe mandarlo ai mondiali
Riformare la riforma
Probabilmente per il futuro l’UCi dovrà rivedere il sistema nell’assegnazione dei punti e il cervellotico passaggio per cui a portarli siano soltanto i migliori 10 di ogni squadra. Questo taglia le gambe a tutti gli altri, condiziona negativamente l’approccio tattico con le corse, impedisce ai giovani di farsi vedere e soprattutto falsa i reali valori in campo.
Quello che sta accadendo in Spagna, dove si spera in un ravvedimento dell’ultima ora (lo speriamo tutti), potrebbe estendersi a macchia d’olio. La EF Education-Easy Post, ad esempio, è piuttosto bassa nel ranking e potrebbe decidere di non dare Bettiol all’Italia. E a quel punto anche per noi si creerebbe un bel problema. Anche perché nel frattempo, stando a L’Equipe, Mauro Gianetti avrebbe chiesto gentilmente a Bennati di non considerare Diego Ulissi, di cui la UAE Emirates, che già tanti corridori presta alle varie nazionali, avrebbe bisogno per il finale di stagione.
Il boomerang è in volo. Resta da capire se per schivarlo, l’UCI si farà portavoce del problema presso le società o lascerà tutto in mano alle Federazioni.
Bettiol, leader azzurro ai mondiali, milita nella Ef Education, il cui ranking UCI non è dei miglioriBettiol, leader azzurro ai mondiali, milita nella Ef Education, il cui ranking UCI non è dei migliori
Un silenzio che parla
A proposito di Federazioni… Nel nostro cercare di scrivere sempre e comunque di ciclismo, riscontriamo purtroppo che il tanto parlare, indagare e speculare sulle vicissitudini fiscali ed economiche della nostra FCI ha raffreddato gli animi del pubblico.
Apprezziamo la sensibilità del presidente spagnolo, preoccupato di non far pagare ai corridori il prezzo dei disguidi burocratici e delle beghe. Qui s’è deciso di tenere un altro profilo. E se è vero che l’attività è proseguita regolarmente, resta il fatto che il silenzio ha alimentato le voci e portato via l’attenzione dai veri protagonisti.
Intendiamoci, anche i media (alcuni) hanno la loro parte di responsabilità, avendo scelto di raccontare soltanto il fango senza accorgersi dei fiori. Tuttavia, in questo Paese che disconosce l’equilibrio, sarebbe stato ingenuo aspettarsi qualcosa di diverso.
Per gli appassionati di ciclismo il nome Canyon rimanda immediatamente al WorldTour. L’azienda tedesca è partner tecnico del team Movistar e della Alpecin-Deceuninck. In questi anni ha accompagnato campioni del calibro di Valverde e Van der Poel alla conquista di prestigiosi traguardi.
Non tutti però sanno che Canyon è da molti anni una presenza significativa nel mondo del triathlon. Atleti di fama mondiale come Jan Frodeno, Patrick Lange, Daniela Bleymehl e Laura Philipp hanno gareggiato e vinto su bici Canyon.
Ecco la Canyon Aeroad CFR con grafica personalizzata e dedicata a Valverde Ecco la Canyon Aeroad CFR con grafica personalizzata e dedicata a Valverde
Una partnership di prestigio
A conferma del forte legame tra Canyon e il mondo del triathlon ecco oggi arrivare una partnership di assoluto prestigio con la Professional Triathletes Organization. Per i prossimi tre anni l’azienda fondata da Roman Arnold sarà accanto alla neonata organizzazione voluta dagli stessi triatleti. L’obiettivo comune non è solo quello di rafforzare l’interazione fra gli atleti professionisti. Con questo nuovo accordo si vuole infatti far crescere a livello mondiale il numero dei praticanti, attraverso una combinazione di iniziative e servizi fino ad oggi riservati solo agli atleti professionisti.
Dopo il 4° posto nel campionato del mondo 2019, Laura Philipp resta una delle triatlete più fortiDopo il 4° posto nel campionato del mondo 2019, Laura Philipp resta una delle triatlete più forti
L’esperienza di Canyon
Canyon porta in dote alla neonata Professional Triathletes Organization un’esperienza e un know-how senza pari, come ha voluto sottolineare fin da subito Tim Godfrey, Chief Marketing Officer di PTO.
«Questa è una partnership prestigiosa per entrambe le parti a diversi livelli. Canyon e PTO – spiega – condividono una filosofia e un impegno molto simili nel portare lo sport al livello più alto. L’esperienza, il know-how e la collaborazione con atleti di spicco come Jan Frodeno e Laura Philipp da parte di Canyon garantiranno da subito un valore significativo alle proposte della PTO Professional e Age Grouper volte a coinvolgere e far crescere la base di appassionati di triathlon in tutto il mondo».
«Siamo entusiasti – ha commentato invece Simon Summerscales, Global Head of Marketing di Canyon – di ciò che la PTO sta cercando di ottenere con il suo modello di business di proprietà degli atleti. La PTO sta portando avanti un approccio innovativo alla crescente partecipazione all’interno dello sport, sia per gli atleti professionisti che per i non professionisti. Questi ultimi hanno l’opportunità unica di guardare le prestazioni dei professionisti nel nuovo PTO Tour e poi gareggiare sugli stessi percorsi. Tutto ciò è in linea con la nostra mission di ispirare più persone a salire su una bicicletta. Lo faremo insieme attraverso interazioni divertenti e innovative come contenuti educativi, premiazioni e attivazione di eventi».
il 3 volte campione del mondo di lunga distanza Jan FrodenoQuesto, invece, è il due volte campione del mondo Patrick Lange su Canyon Speedmail 3 volte campione del mondo di lunga distanza Jan FrodenoQuesto, invece, è il due volte campione del mondo Patrick Lange su Canyon Speedma
Partenza dal Canada
Il nuovo PTO Tour ha debuttato lo scorso 23-24 luglio in Canada con il primo PTO Canadian Open. La seconda tappa è coincisa con la seconda edizione della Collins Cup da 1,5 milioni di dollari in stile Ryder Cup che si è svolta lo scorso 20 agosto e che ha visto il Team Europe affrontare il Team USA e il Team International. Il prossimo appuntamento è in programma il 17-18 settembre negli Stati Uniti con il PTO US Open. Ogni Open prevede un montepremi minimo di 1 milione di dollari e si correrà su 100 km (2 km di nuoto, 80 km di bici e 18 km di corsa).
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Dove c’è Valverde, di sicuro c’è Escamez. Un po’ come Pallini quando c’è Nibali. Juan Carlos Escamez ha un anno meno di Alejandro ed era a sua volta un corridore. Solo che, arrivato sulla porta di uno stage con la Kelme, vide finire tutto a causa dell’Operacion Puerto. La squadra chiuse e tanti corridori si ritrovarono a piedi. Quando gli ricordi che il suo amico Valverde è stato a lungo un rivale, lui fa un sorriso con una punta di nostalgia.
«Sono al Movistar Team con lui dal 2012 – dice – ormai dieci anni. Prima siamo stati rivali, poi compagni nella stessa squadra da dilettanti, infine ci siamo ritrovati qui. Lui come ciclista professionista e io come massaggiatore. Qualche volte l’ho battuto. Poche volte, ma ci sono riuscito. Quando eravamo più piccoli, da esordienti e da allievi. Se arrivavi allo sprint con lui, eri finito. Era il rivale da battere e dovevamo staccarlo in anticipo. Alejandro a quel tempo aveva una fisionomia diversa, un po’ più pesante. Ancora oggi ci scherziamo, di base siamo amici. Ricordiamo le storie di allora e ridiamo…».
Escamez ha corso fino agli under 23: nelle giovanili era un vincente (foto Instagram)Escamez ha corso fino agli under 23: nelle giovanili era un vincente (foto Instagram)
Qual è il segreto di Valverde?
La sua classe innata, la mentalità e la passione per il ciclismo. Alla sua età, la testa conta molto più del fisico. Sono anni che gli dicono di abbassare le pretese, invece lui continua ad alzarle.
Com’è Valverde sul lettino dei massaggi?
Dipende dalla situazione. Ci sono momenti in cui devi andare a fondo, altri in cui puoi essere leggero. Quando arriva al massaggio, è come lo vedi. Alejandro è un uomo trasparente e capisco subito ciò di cui ha bisogno. E’ molto affabile, entriamo subito in sintonia, durante il massaggio passiamo veramente dei bei momenti.
Il Giro d’Italia 2022 è il secondo della carriera di Valverde: in Italia è molto seguitoIl Giro d’Italia 2022 è il secondo della carriera di Valverde: in Italia è molto seguito
Qual è stato il momento più bello di questi 10 anni?
Il mondiale. Senza dubbio fu l’esplosione di un sogno accumulato in molti anni. Una giustizia che il ciclismo gli ha concesso. Eravamo convinti di avere un’ottima opportunità, ci arrivava in un ottimo momento di forma. Il circuito era adatto. I compagni avevano tutti la stessa idea di gara e alla fine è riuscito tutto. E’ molto difficile che le cose vengano come le hai progettate, però ci riuscimmo.
Cosa hai pensato quando è venuto ad abbracciarti?
Orgoglio. Sono stato molto fortunato ad essere il primo. Ma dietro quell’abbraccio (foto di apertura, ndr) c’era quello di un intero Paese. Era qualcosa di molto atteso. Per me è stato eccitante.
Valverde ed Escamez dopo il podio alla Strade Bianche 2022 (foto Instagram)Valverde ed Escamez dopo il podio alla Strade Bianche 2022 (foto Instagram)
Ci sono stati brutti momenti?
Nello sport sai che vincere è difficile e non sempre le cose vanno bene. Però l’importante è che quando capitano i giorni storti, si abbia la capacità di dare la svolta. Continuare, pensando all’obiettivo successivo. I giorni storti ci sono, però si deve saperli gestire.
Nel 2017 ha avuto anche la frattura della rotula…
Perse molta massa muscolare e c’è voluto molto tempo per ritrovare l’equilibrio. Lui però ha accorciato molto i tempi. I medici dicono che ha fatto in un mese quello che altri avrebbero fatto in tre. Ha lavorato molto ed è stato tenace.
Sul telaio della Canyon di Valverde sono indicate le sue vittorie, fra cui spicca il mondiale 2018Sul telaio della Canyon di Valverde sono indicate le sue vittorie, fra cui spicca il mondiale 2018
Quando ti ha detto che si ritirava?
All’inizio di quest’anno. E’ una cosa di cui abbiamo sempre parlato. Evidentemente si tratta di una decisione sua. Uno deve ritirarsi quando è all’apice. E’ meglio chiudere quando la gente sa chi sei e non che ricordi chi eri.
Come sta in questi giorni al Giro?
Sta bene, nonostante i suoi 42 anni. Continua a porsi obiettivi. E’ arrivato qui trovando avversari diversi da quelli che aveva nelle Ardenne e continua a essere a un livello top. Sta molto bene. L’Italia gli vuole bene e lui lo sa.
Sul traguardo di Cuneo, Escamez con Rojas e SosaSul traguardo di Cuneo, Escamez con Rojas e Sosa
Uscite ancora insieme?
A volte sì (ride, ndr), quando lui va molto piano. E’ un privilegio. Quando esce a Murcia, di solito trova tanta gente che lo accompagna. Un gruppo abbastanza grande. Ma quando deve fare un allenamento importante o dei lavori, va da solo o con un gruppetto di gente selezionata. Io ho avuto la fortuna di seguirlo e spero di avere altre opportunità dopo che si sarà ritirato. Toglietevi dalla testa che smetta di andare in bici. Per lui è una passione, pedalerà anche più di adesso…
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