Canyon e Valverde continuano a pedalare insieme

02.05.2025
3 min
Salva

Negli scorsi giorni Canyon ha comunicato con giustificato orgoglio la firma di un accordo di collaborazione di lunga durata con l’ex professionista Alejandro Valverde. Possiamo sicuramente considerare questo accordo come la naturale evoluzione di una collaborazione, quella tra il brand tedesco e il fuoriclasse spagnolo, che dura da ben 11 anni. Era infatti il 2014 quando il team Movistar, di cui Valverde era la stella indiscussa, iniziava la propria partnership tecnica con Canyon.

Valverde dal 2025 guida la nazionale spagnola di ciclismo
Valverde dal 2025 guida la nazionale spagnola di ciclismo

Il meglio con Canyon 

In oltre vent’anni di professionismo Valverde  ha saputo conquistare un campionato del mondo, una Vuelta a Espana, 5 Freccia Vallone e 4 Liegi-Bastogne-Liegi. Nella seconda parte della sua carriera, quella con i suoi successi più prestigiosi, il murciano ha gareggiato su biciclette Canyon, in particolare i modelli Aeroad e Ultimate. In sella a una Canyon sono arrivate 62 delle sue 133 vittorie. 

Terminata la carriera come ciclista professionista, Valverde non ha messo da parte il suo spirito da agonista passando al gravel, ottenendo anche qui risultati davvero prestigiosi. Negli ultimi tre anni sono arrivate quattro vittorie in gare dell’UCI Gravel World Series. Nel frattempo è arrivato anche l’incarico come commissario tecnico della nazionale spagnola di ciclismo su strada, a conferma del fatto che ci troviamo di fronte a un campione che non ama stare fermo.

Il murciano non ha mai lasciato del tutto la bicicletta e dal 2022 corre nel gravel, sempre con Canyon al suo fianco
Il murciano non ha mai lasciato del tutto la bicicletta e dal 2022 corre nel gravel, sempre con Canyon al suo fianco

Super tester

Durante la sua straordinaria carriera, Valverde è stato regolarmente in contatto con i team di ricerca e sviluppo di Canyon fornendo loro feedback importanti per lo sviluppo di nuovi modelli. Questa collaborazione è continuata anche in questi ultimi tre anni andando a coinvolgere il mondo gravel

Nicolas de Ros Wallace, CEO di Canyon, ha così commentato l’accordo raggiunto con il campione spagnolo: «Valverde non è solo uno dei ciclisti più stimolanti della sua generazione, ma la sua continua ricerca della vittoria rispecchia la mentalità orientata alla performance che abbiamo in Canyon».

Ecco invece le prime dichiarazioni dello stesso Valverde: «Dopo oltre un decennio di collaborazione con Canyon, ho visto in prima persona come si impegnano al massimo per sviluppare bici in grado di vincere gare ai massimi livelli. Canyon è pienamente in linea con il mio modo di intendere questo sport, sia come atleta che ora nel mio nuovo ruolo di allenatore. Sono convinto che possiamo continuare a costruire la nostra tradizione insieme».

Nei prossimi giorni Valverde sarà impegnato alla gara gravel The Traka a Girona, in Spagna. Gli appassionati italiani avranno presto l’occasione di poterlo ammirare dal vivo alla Nove Colli in programma il prossimo 18 maggio, segno che il richiamo della strada è sempre forte.

Canyon

Tra bici e nazionale, è iniziato l’affollato 2025 di Valverde

15.04.2025
5 min
Salva

Raggiungiamo Alejandro Valverde dopo una partita di calcio di suo figlio. Il campione di Murcia, che continua a vincere in gravel con la maglia Movistar (in apertura il successo per distacco alla Castellon Gravel Race, prova di UCI World Series) e che per soddisfare uno sponsor sarà presente alla Nove Colli, è diventato il tecnico della nazionale spagnola. Il passaggio non è stato proprio lineare, ma adesso che tutto si è posato sul fondo, siamo al suo cospetto per capire come gestirà la squadra e gli ultimi scampoli della sua carriera.

Perché il passaggio non è stato lineare? L’avvento di José Vicioso alla guida della spagnola RFEC (Real Federacion Española de Ciclismo) ha visto la chiusura del rapporto con Pascual Momparler e l’offerta del suo incarico a Oscar Freire. La ricostruzione fatta dal due volte iridato cantabro parla di una stretta di mano e della decisione di dare l’annuncio al suo ritorno dalle vacanze a Dubai. Solo che, rientrato in Spagna dopo una decina di giorni, Freire ha appreso dai media che il nuovo tecnico federale sarebbe stato Valverde e non ha gradito la sorpresa e le spiegazioni ricevute.

Valverde da tutto questo sta alla larga. E trovato l’accordo tra il Movistar Team e la RFEC, è arrivata anche la firma dell’ultimo spagnolo campione del mondo. Era il 2018, Alejandro diventò campione del mondo a Innsbruck.

Con questa foto il 19 marzo la Federazione spagnola ha annunciato l’incarico di Valverde (foto RFEC)
Con questa foto il 19 marzo la Federazione spagnola ha annunciato l’incarico di Valverde (foto RFEC)
Corridore, selezionatore della nazionale: com’è la tua vita in questa fase?

Continuo ad allenarmi praticamente ogni giorno. Fra due giorni sarò alla Vuelta a Ibiza di MTB e poi faccio anche strada e gravel. Un po’ di tutto. Nel frattempo seguo tutte le corse in televisione. La Volta a Cataluña, la Vuelta País Vasco, le Classiche. E quando saremo più vicini al campionato di Spagna, andrò a seguirlo. Non sarò in giro tutto l’anno.

Hai già iniziato a parlare con i corridori spagnoli?

Ho parlato con qualcuno, ma ancora non molto. La nazionale spagnola non corre nelle gare del calendario, partecipa solo a mondiale ed europeo. Non è come la vostra, che a volte partecipa alle corse. Per cui posso seguirli in televisione, ma sarò al Tour e alla Vuelta per vedere i corridori più da vicino.

Ti alleni ancora come prima?

No, meno. Continuo a farlo, ma non ho più le esigenze di un professionista. Mi piace ancora vincere, ma ogni volta è più difficile. Ogni volta costa più lavoro, perché per esempio il gravel si è professionalizzato molto. Anche per questo preferisco, le gare come The Traka. Solo che non scelgo le distanze estreme, vanno bene quelle da 200 chilometri, anche 150. I percorsi di 360 chilometri non fanno al caso mio. Non mi piacciono, sono troppo lente. Io preferisco fare 5 ore a tutta.

Valverde, classe 1980, è stato l’ultimo spagnolo a vincere un mondiale: accadde a Innsbruck 2018
Valverde, classe 1980, è stato l’ultimo spagnolo a vincere un mondiale: accadde a Innsbruck 2018
E continui anche a mangiare da corridore?

No, un pochino meno, anche se come corridore mangiavo cose che mi piacevano. Mi concedo qualche capriccio più di prima. Insomma, anche a me piace vivere.

Che cosa ti pare di queste classiche e dei campioni che stiamo vedendo?

Mi piace, è uno spettacolo seguirli. Ci sono rivalità molto belle e tra loro si motivano. Credo che per gli spettatori sia molto buono. Mi è piaciuto vedere Pogacar alla Roubaix. Io ho fatto una sola volta il Fiandre e ricordo che mi piacque molto. Per questo pensai che sarebbe stato bello fare una Roubaix, anche solo per l’esperienza, ma non erano anni in cui ci lasciavano rischiare. Tadej è andato forte, ma se anche fosse arrivato in volata con Van der Poel, penso che avrebbe perso lo stesso. 

Tadej è un fenomeno, ma forse per lui è stato più facile perché le bici di adesso hanno ruote che rendono il pavé meno doloroso?

Non voglio dire che siano come le gravel, però è certo che il tema degli pneumatici fa la grande differenza. Prima si correva con tubolari da 28, mentre ora con il tubeless si usano i 32 e con meno pressione. Qualche anno fa ti avrebbero preso per matto, invece adesso hanno scoperto che la prestazione non diminuisce, anzi. In più il tubolare più grande ha una migliore presa sul terreno e si rischiano meno cadute. Il rischio resta, ma la bici è più comoda e sicura.

Nel 2023, Valverde è stato quarto ai mondiali gravel vinti da Mohoric
Tornando alla nazionale, il percorso del mondiale in Rwanda è molto duro: cosa te ne pare?

L’ho guardato e confermo che è un percorso tremendamente duro. Sono 5.400 metri di dislivello e poi si corre per tutto il tempo tra 1.300 e 1.500 metri di altitudine. Non siamo a 1.800, ma a 1.500 il corpo soffre ugualmente. In più aggiungiamo che la salita più impegnativa è in pavé.

Quasi l’ideale per voi?

Con i corridori che abbiamo, un percorso esigente è sempre meglio di uno veloce. Abbiamo atleti che vanno molto bene in montagna e media montagna, come Ayuso. Il problema è che ci sono 5 o 6 rivali molto buoni.

E’ duro anche l’europeo, no?

Esatto, si corre a Drome-Ardeche, nel posto in cui Ayuso ha già vinto all’inizio dell’anno e lo conosce bene. In pratica mondiale ed europeo sono molto vicini, appena una settimana. Si torna da Kigali e si riparte per la Francia, per cui dovremo fare due squadre, non credo che tanti dal mondiale faranno l’europeo.

La prima sfida iridata di Valverde come cittì sarà quella di Kigali, poi verrà l’europeo in Francia (foto KT Press Rwanda)
La prima sfida iridata di Valverde come cittì sarà quella di Kigali, poi verrà l’europeo in Francia (foto KT Press Rwanda)
Ayuso può essere capitano?

Sì, può essere capitano. E’ un corridore che ha la mentalità di leader e di vincitore, almeno nelle corse di un giorno. Per il Giro d’Italia di quest’anno forse è ancora presto, c’è da capire. Ma è chiaro che in un futuro molto prossimo sarà un corridore capace di vincere anche i Grandi Giri.

Come prosegue la tua stagione?

Dopo Ibiza, andrò alla Mallorca 312, poi The Traka e a seguire la Nove Colli. Sarà una festa della bicicletta e Gobik, che è nostro sponsor, lo è anche per la gara. Vedremo come correrò, ma lo sapete che sono competitivo, per cui se posso vincere, tanto meglio.

Valverde cittì spagnolo, ma continua a correre nel gravel

08.02.2025
4 min
Salva

La scelta del cittì della nazionale spagnola ha lasciato strascichi polemici e amari. Dalle parole risentite di Freire, che dopo l’insolita sparizione dei giorni scorsi ha raccontato di essersi sentito trattato come un burattino, a quelle ben più grate e motivate di Alejandro Valverde (in apertura, alla presentazione della Vuelta 2025). “El imbatido”, ritirato alla fine del 2022, sarà il tecnico degli spagnoli per i prossimi quattro anni, rivestendo il ruolo che fu in Italia del suo rivale di sempre Paolo Bettini, che guidò gli azzurri dal 2010 al 2013.

Un accordo complicato

E come è stato in Italia tre anni fa per la nomina di Bennati, prima che il nome venisse tirato fuori dal cilindro è passato un sacco di tempo. Colleghi giornalisti spagnoli ci hanno confidato che la trattativa delicata non sarebbe stata quella di Valverde con la Federazione, bensì con la Movistar, per non mollare del tutto il suo ruolo di uomo immagine (ovviamente retribuito) e fare in modo che non interferisca con quello di selezionatore.

«Sono molto felice – ha detto Valverde a firme fatte, incontrando la stampa a Fitur, la fiera del turismo di Madrid – di continuare come ambasciatore nella struttura Abarca Sport. Alla fine, è la mia famiglia, la squadra di tutta la mia vita e per me è un orgoglio continuare un’altra stagione. Parteciperò alle gare gravel con la squadra e collaborerò alle attivazioni che verranno presentate con gli sponsor».

Valverde sarà tecnico della nazionale, ma continuerà a gareggiare in gravel (immagine Movistar Team)
Valverde sarà tecnico della nazionale, ma continuerà a gareggiare in gravel (immagine Movistar Team)

La svolta federale

Il neopresidente federale Josè Vicioso si è insediato promettendo riforme e una precisa svolta tecnica: una rifondazione federale dopo un paio di anni non esattamente entusiasmanti.

«Devono esserci dei cambiamenti – ha detto – dobbiamo lavorare sodo e solo il tempo dirà se raggiungeremo gli obiettivi che ci siamo fissati. La presenza di Alejandro alla guida della nazionale sarà un’ispirazione per tutti. La sua esperienza è inestimabile e ha dimostrato entusiasmo per il ruolo. Il successo verrà se sapremo lavorare bene giorno dopo giorno. Dobbiamo migliorare l’immagine della federazione per ottenere sponsorizzazioni più consistenti, perché è difficile ottenerle senza atleti di successo o un’immagine positiva. Per ora dipendiamo dai fondi pubblici, ma dobbiamo trovare il modo per attrarre investitori privati. Questo sarà essenziale per la stabilità finanziaria».

Neanche lui era certo che Valverde avrebbe accettato e che riuscisse a mantenere l’equilibrio con i suoi impegni con Movistar. Ma a sentir parlare adesso il diretto interessato, si ha la sensazione che tutto sia stato incastrato nel migliore dei modi.

Josè Vicioso è il nuovo presidente della Reale Federazione Spagnola di Ciclismo (immagine RFEC)
Josè Vicioso è il nuovo presidente della Reale Federazione Spagnola di Ciclismo (immagine RFEC)
Caro Alejandro, ce ne avete messo di tempo…

Ci lavoravamo da tempo e finalmente lo abbiamo reso pubblico. Abbiamo quattro anni di lavoro davanti a noi, ci sono grandi corridori: arrivo in un buon momento. Abbiamo una bella generazione di giovani.

Perché continuare con la Movistar?

E’ la mia squadra, da Eusebio Unzue al resto del gruppo. Sono entusiasta di essere ancora per un po’ il loro ambassador e poi l’idea di gareggiare nel gravel mi attira molto e non interferisce minimamente sul mio nuovo lavoro. Selezionerò i migliori che riterrò adatti per ciascuna gara che dovremo fare e tutti avranno identiche possibilità.

Non hai paura delle critiche?

Le critiche ci saranno sempre, io farò del mio meglio. Questo non significa che ci saranno più corridori Movistar in nazionale, anche se ce ne sono sempre stati molti, perché è la sola WorldTour spagnola e solitamente offre il meglio. Però è un fatto che ci sono spagnoli fortissimi anche in altre squadre.

Innsbruck 2018, Valverde vince il mondiale dopo sei podi: è l’ultimo iridato spagnolo
Innsbruck 2018, Valverde vince il mondiale dopo sei podi: è l’ultimo iridato spagnolo
Hai accettato subito di buon grado oppure hai fatto delle valutazioni?

L’ho subito trovato entusiasmante e lo affronterò con responsabilità, come quando ero un corridore. Certo, questa è una responsabilità diversa. Da corridore, davanti al prossimo mondiale, mi sarei fregato le mani. Ma guardando i corridori che abbiamo, penso che sarebbe bello se lo vincessimo nuovamente noi. Che sia il Rwanda o anche Martigny, sarà un mondiale impegnativo. Dovremo prepararci bene.

Hai già in mente qualche nome?

Di certo Ayuso, che è già nei piani. Anche Mas, Carlos Rodríguez e LandaQuesti i nomi di adesso, ma la stagione è lunga. E anche se loro sono i più rappresentativi, per andare al mondiale e avere un ruolo importante, dovranno arrivarci bene.

E’ vero che hai chiesto di poterti valere della collaborazione di altri corridori?

Vorrei avere attorno una buona squadra. So che Samuel Sanchez è un amico e si è detto disponibile a darmi una mano, se glielo chiedessi. Essendo io il tecnico, starà a me decidere, ma ho amici molto esperti che potranno darmi il loro punto di vista.

Un mondiale gravel illuminato da tante stelle. Si parte oggi

07.10.2023
5 min
Salva

PIEVE DI SOLIGO – Le ore che mancano all’inizio del secondo campionato del mondo gravel sono sempre meno. Ieri le strade di questo paesino si sono colorate delle maglie dei vari corridori che da oggi si daranno battaglia per la maglia iridata. Tanta polvere, tanti sorrisi ed altrettante salite aspettano i più di 1.000 iscritti tra master ed elite

Il primo ottobre Lorena Wiebes (al centro) ha conquistato l’europeo gravel. Terza Cecchini (foto UEC)
Il primo ottobre Lorena Wiebes (al centro) ha conquistato l’europeo gravel. Terza Cecchini (foto UEC)

La maglia della Wiebes

Si comincerà alle 10,30 con la prova femminile, che prenderà il via dalle Bandie. Le sfidanti sono numerose ed il parterre è di alta qualità, con la campionessa europea gravel, Lorena Wiebes, a guidare il gruppo con il suo nuovo simbolo del primato. 

«Mi sono organizzata – spiega la neo campionessa europea di specialità – per lasciare spazio a queste corse nel mio calendario stagionale. Sono partita dalle qualificazioni e devo dire che è una disciplina che mi piace molto. Ho usato per qualche volta in allenamento la bici da gravel ed è stato diverso, più divertente. Arrivo dalla strada e sono due modi di correre diversi. In corsa mi aspetto una partenza al massimo, saremo tante e non ci sarà spazio per tutte, quindi la lotta sarà serrata. Il finale di gara, invece, sarà molto selettivo con tante salite a fare da giudice».

Demi Vollering e compagne durante la ricognizione sul percorso del mondiale gravel
Demi Vollering e compagne durante la ricognizione sul percorso del mondiale gravel

Vollering guida la caccia 

Lorena Wiebes non è la sola atleta che dalla strada è passata in prestito al mondo del gravel. Infatti oggi al via c’era anche Demi Vollering, un nome che nel campo femminile attira sempre tante attenzioni. L’olandese della SD Worx, vincitrice del Tour de France Femmes, arriva con tante aspettative. Il suo palmares su strada, nel 2023, conta: Strade Bianche, Liegi-Bastogne-Liegi, Freccia Vallone e Amstel Gold Race. Vollering ha fatto anche incetta di corse a tappe, oltre alla Grande Boucle femminile ha vinto la Vuelta a Burgos e Tour de Romandie

«Penso che sia il finale perfetto di stagione – dice in sala stampa – era il 2019 quando ho preso in mano per la prima volta una bici gravel. La uso per allenarmi in alcune situazione e anche per fare qualche viaggio. Anche io mi aspetto una gara tosta, ma sono qui anche per godermi un modo diverso di correre».

Come detto la starting tlist femminile è ricca di tante atlete interessanti, su tutte Kasia Niewiadoma. Un mondiale gravel che si apre, come giusto che sia, anche alle esperte del fuoristrada, come Emma Norsgaard, Ashleig Moolman-Pasio e la campionessa austriaca gravel Sabine Sommer. Tra le italiane spiccano il nome di Persico e Realini: ragazze cresciute nel ciclocross, che ora sperimentano questa nuova disciplina. 

Gianni Vermeersche
Gianni Vermeersch rimetterà in palio la maglia di campione del mondo, conquistata nel 2022 sempre in Veneto

Il titolo di Vermeersch

Il belga Gianni Vermeersch metterà in palio domani la maglia iridata, conquistata un anno fa sempre in Veneto. I pretendenti sono tanti, su tutti il nome del gigante della Jumbo-Visma Wout Van Aert (foto di apertura Houffa Gravel): tre volte campione del mondo nel ciclocross.

«Il gravel, di fatto, lo pratico sin da piccolo – racconta Van Aert – quando con la mia bicicletta da ciclocross facevo uscite di lunghi chilometraggi. Ho cominciato però ad apprezzarlo nell’anno del Covid, mi ha permesso di fare percorsi e strade nuove in allenamento e ho seguito con curiosità la sua rapida ascesa. Quest’anno cercavo un bell’obiettivo per il finale di stagione e il Mondiale Gravel UCI mi è sembrato quello più interessante, così ho chiesto alla squadra il permesso di correrlo». 

Il belga alla sua prima apparizione nel gravel ha stracciato la concorrenza, ma domenica dovrà far ben più attenzione. 

Pro’, ex pro’ e specialisti

Non mancheranno i nomi di spicco nemmeno nella gara maschile riservata agli elite. Fin da inizio 2023 quella di Alejandro Valverde era una presenza quasi certa. L’embatido ha salutato il mondo dei professionisti al termine della scorsa stagione e si è lanciato nel gravel con la stessa fame di vincere. Oltre allo spagnolo ci saranno tanti ex professionisti, come Niki Terpstra, vincitore di una Parigi-Roubaix e un Giro delle Fiandre. Senza tralasciare il padrone di casa Sacha Modolo, o altri nomi di spicco del calibro di Nicholas Roche e Laurens Ten Dam. 

Tra i protagonisti della stagione su strada che si cimenteranno in questo secondo mondiale gravel c’è Matej Mohoric. Dopo una stagione che gli ha regalato anche una vittoria di tappa al Tour de France, lo sloveno si metterà alla prova fuoristrada. 

«Questo mondiale – dice Mohoric – era un mio obiettivo fin dall’inizio della stagione. E’ il modo migliore per finire il 2023, non sento alcuna pressione per performance o risultati. Il percorso disegnato è davvero bello e tecnico, ha tratti simili a quelli che si possono trovare su strada, ma anche sezioni impegnative. Chi è abituato a gareggiare in queste corse potrebbe essere avvantaggiato, anche se non credo che Wout (Van Aert, ndr) avrà tante difficoltà a staccare tutti (ride, ndr). Torno a correre in una regione che mi ha dato tanto fin da quando ero junior e ne sono super felice, perché mi tornano alla mente molti ricordi».

La giusta dose di esperienza in conferenza stampa, la porta Mattia De Marchi che tra polvere e strade bianche ha tanto da dire

«Pedalo tutti i giorni su queste strade – spiega – conosco il territorio a menadito. Ho tanti amici che praticano il gravel e tutti sono rimasti piacevolmente sorpresi dal percorso. In questa specialità conta la forza, ma anche tanto il saper reagire alle sfortune, ci sono molte zone “nere” dove un guasto può compromettere l’intera corsa. Il gravel non è una corsa di tattica, ma un all-in».

Professionista, piede e scarpa. Approfondiamo con Pallini

28.04.2023
5 min
Salva

Uno dei tre punti di contatto. Il piede rappresenta la “molla” dell’azione del ciclista. La parte degli arti inferiori che completa la trasmissione di potenza direttamente sul pedale. Nella biomeccanica dell’azione è la parte finalizzatrice di tutto il nostro motore.

Quando ci si allena però difficilmente si pensa a questa parte del corpo e così lo stesso per quanto riguarda la scelta delle scarpe, che spesso insegue gusto o semplici indicazioni dovute alla larghezza della pianta dopo una breve calzata. Quale universo si nasconde dietro al piede del ciclista? Per scoprirlo, ci siamo affidati al parere esperto del massaggiatore Michele Pallini

Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Partiamo da questo spunto. Per i corridori, i piedi, sono una parte delicata?

Ho collaborato con Vincenzo Nibali per diversi anni e lui per quanto riguarda le scarpe era un meticoloso, anzi fanatico. Aveva il problema di avere il piede fine e piccolo. Quindi aveva bisogno di una scarpa su misura. Era molto difficile fare una calzatura custom per una parte anatomica del corpo che in bici cambia la forma per tanti motivi. E’ multifattoriale il problema del piede. Trovare una scarpa adatta non è stato semplice. La scarpa quando viene studiata, viene provata non in condizioni di utilizzo e stress, ma a riposo. Quindi anche il piede non è nella condizione di comportarsi come quando è nello sforzo in bici. 

Utilizzare scarpe su misura è la soluzione?

Diventa un po’ un cane che si morde la coda. La provi e senti un dolorino, ma a riposo sembra ok. Se la provi in un periodo non ottimale di forma allora dà una sensazione, viceversa quando si sta bene. La scarpa ha una multifattorialità vastissima. E’ quasi impossibile trovare una scarpa che calzi a pennello

Quindi come ci si comporta?

La cosa più intelligente che si può fare è realizzare una scarpa leggermente più grande. In questo modo la stringi quando vuoi sentire più feeling con la bici e la allenti quando ci sono temperature più alte, come capita d’estate quando il piede si gonfia. 

Per fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioni
Per fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioni
I pro’ cercano solo la performance?

Il problema entra quando corridori come Valverde o anche Nibali, sono personaggi che hanno grande feeling con la bici e fanno come gli sciatori. Preferiscono avere una scarpa più piccola per sentire la bici al meglio. Poi però si arriva al problema appena citato. Qualsiasi scarpa tu prenda, non troverai mai la tua. Se ne può trovare una che si adatta maggiormente al piede. Ma per quanto si possa fare su misura, il cuoio, la tomaia cambiano e si trasformano in base alla stagione e quasi mai seguendo il piede. Inoltre c’è un altro problema.

Quale?

Tutte le suole sono molto rigide. Le aziende ormai lavorano quasi esclusivamente con il carbonio. Questo crea maggiori stress. Qualsiasi sconnessione o vibrazione la si sente ridistribuita sui tre punti di appoggio, tra cui il piede. 

A che dolori si va incontro?

Si passa dal banale dolore, ad avere un problema di conflitto femoro-rotuleo o anche infiammazione della bandelletta ileo-tibiale.

Quali possono essere le cause?

Oltre alle rigidità eccessive, il problema sta anche nel come vengono fatte le suole. Non sono più “piatte” ma gli viene dato un valgo. In modo tale da spingere con la pianta del piede inclinata di 30° circa. Non tutti recepiscono positivamente questa angolazione del piede e spesso però ci si imbatte nel problema. Un anno Vincenzo ha dovuto cambiare le scarpe in corso d’opera e utilizzare un modello precedente, proprio perché quel nuovo materiale gli aveva causato un conflitto femoro-rotuleo.

Le ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per persona
Le ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per persona
Che tipo di dolore è?

E’ un dolore che non è così localizzabile, ma precisamente lo si percepisce nella parte laterale del ginocchio. 

Realizzare delle solette o plantari su misura può aiutare?

Non sempre. Perché spesso si usano delle solette o plantari che portano ad una curvatura del piede dove il podologo di turno ti presenta dati di miglioramento effettivi solo sotto il punto di vista della potenza espressa, ma che ti distraggono dal comfort. Questo può portare a tendiniti della bandelletta tibiale. Se poi si insiste sopra, si arriva a degli stop anche di un mese. 

Non sempre il plantare rappresenta una soluzione…

Tu lo provi sul rullo e vedi tramite i sensori che esprimi più potenza, poi però ci possono essere come detto infiammazioni o infortuni dietro l’angolo. Questo però può essere causa anche dalle scarpe stesse. 

Dal punto di vista del massaggio, il piede è una zona che viene trattata?

Per me sì, molto. Nel massimo sforzo il piede va in “griffe”, è un termine tecnico che utilizzano i podologi. Nel senso che va in flessione plantare. E’ come se si volesse chiudere. Quando si spinge si pensa che il piede sia in iperestensione, mentre in realtà la spinta avviene con la pianta del piede in flessione. E’ come se le dita chiudessero. E’ un gesto naturale.

Qui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-Visma
Qui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-Visma
Il massaggio è quindi molto importante?

Nel ciclista meno, però il trattamento del muscolo soleo, del polpaccio e dei gemelli sono importanti per evitare problemi al fascite plantare (patologia comune ai maratoneti). Ha un meccanismo di retrazione sul calcagno. A livello fasciale è quasi una continuazione del tendine d’Achille. Quindi se si tiene in scarico tutta la fascia plantare si riesce a rilassare ed escludere problemi.

Insomma il rapporto che c’è tra piedi e performance è perennemente in conflitto ed evoluzione?

Che alcuni ciclisti professionisti abbiano dei problemi al piede è comune, anzi quasi tutti lo hanno. Mario Cipollini ne era soggetto per fare un esempio Se tu guardi i piedi dei ciclisti non sono martoriati come quelli dei calciatori, ma poco ci manca. Hanno dei calli sparsi qua e là. Questo è dovuto non solo alle molte ore in sella, ma anche a scarpe sbagliate. Fra tutte le squadre WorldTour, credo si contino sulla dita di una mano quelle che lasciano scelta al corridore su questo materiale.

Ogni ciclista sarà sempre alla ricerca del miglior compromesso tra performance e comfort?

Bisogna capire che la scarpa è un contenitore e non sarà mai come un guanto. 

Nel giorno della Liegi, Valverde fa sfracelli nel gravel

23.04.2023
7 min
Salva

Alle 8,30 del mattino, mentre i corridori della Liegi erano ancora a due ore dal via, Alejandro Valverde scattava tra i primi de La Indomable di Berja, provincia di Almeria, prima prova del circuito Trek Uci Gravel World Series. In lontananza la cima ancora innevata di Sierra Nevada e nei boschi un dedalo di sterrati. Tre ore e mezza dopo, il murciano ha vinto per distacco. Un minuto e mezzo il vantaggio al settimo chilometro. Tre e mezzo a metà salita. Quasi dodici sulla cima. Cinque al traguardo, dove è parso stanco e impolverato, ma non certo sfinito.

«Sono stato per tutto il giorno senza riferimenti – racconta – sapevo solo di dover guadagnare il più possibile in salita. Sono andato via dopo due chilometri e mezzo, ma la verità è che il percorso si è rivelato molto esigente. Mi sono divertito, ma ho anche sofferto, è stato un giorno molto duro, terribilmente duro. La discesa è stata impegnativa, sono andato a tutta. Diverso dal farla alla Strade Bianche, perché c’erano sezioni molto complicate. In effetti nell’ultimo tratto, che ieri avevo visto bene, per non correre rischi, sono sceso di bici e sono andato a piedi».

All’arrivo, Valverde è parso stanco ma non sfinito. Domani compirà 43 anni: è stato pro’ dal 2002 al 2022
All’arrivo, Valverde è parso stanco ma non sfinito. Domani compirà 43 anni

Vigilia della Liegi

E’ stato strano vivere la vigilia della Doyenne, che lo spagnolo ha vinto per quattro volte, a più di duemila chilometri dal Belgio. E strano è stato soprattutto rendersi conto che Alejandro avrebbe ancora le gambe e di certo la testa per schierarsi al via e infastidire Pogacar ed Evenepoel. Del resto lo scorso anno, con 42 anni ancora da compiere, arrivò secondo alla Freccia Vallone e settimo alla Liegi. Non si stenta a credere che sarebbe stato nuovamente il migliore del Movistar Team.

«Il gravel mi piace – racconta dopo essersi cambiato – perché significa fare qualcosa di diverso. Diverso dalla strada, soprattutto per la voglia di divertirsi. E’ chiaro che per me la salita è un punto di forza, mentre in discesa voglio solo limitare i rischi. Quando me l’hanno proposto mi è piaciuto il fatto di avere intorno una squadra, un gruppo che appartenesse al mondo Movistar. Sono contento, è una disciplina che crescerà molto».

Le gambe sono ancora quelle dei tempi migliori: Valverde si allena tutti i giorni
Le gambe sono ancora quelle dei tempi migliori: Valverde si allena tutti i giorni

Mancanza delle gare

Nel villaggio di partenza, nel pomeriggio di ieri, non sono mancate le facce note. “Dani” Moreno con l’inseparabile Losada. Il mallorquino Horrach, come pure Pujol, Vaitkus e Luis Mate. Poi quando è arrivato Valverde, è come se al giornata avesse preso un senso per i presenti, che si sono messi rispettosamente intorno, per fare una foto e un autografo. Non capita tutte le domeniche di avere accanto un campione del mondo con un simile palmares.

«Ho cominciato ad allenarmi in gravel da quattro settimane – spiegava Valverde – ma non tutti i giorni. Ho fatto la pratica più vera alla Strade Bianche, ma sono certo che in gara non troverò grossi punti di contatto. Mi alleno molto di più con la bici da strada, anche se questo un po’ mi penalizza per la tecnica. Ho cercato di stare vicino con le misure del telaio, anche se non si può copiarle del tutto, altrimenti non guidi la bici.

«E’ stato un po’ strano arrivare all’inizio della stagione senza poter correre. Mi sento strano. Mi sto allenando come prima, tutto quello di cui avevo bisogno era la competizione. Questa del gravel per certi versi lo è, ma soprattutto è divertimento. Ci sono stati colleghi che hanno smesso e non hanno più toccato la bici per 4-5 anni, a me questo non è successo. Può capitare il giorno che non ho voglia e non esco, ma se vuoi la verità, è successo una sola volta…».

Valverde ha lasciato la compagnia dopo due chilometri e mezzo: sapeva di doversi avvantaggiare in salita
Valverde ha lasciato la compagnia dopo due chilometri e mezzo: sapeva di doversi avvantaggiare in salita
E adesso di corsa a vedere la Liegi. Stai seguendo le corse?

Le vedo tutte. Ci sono quattro o cinque corridori che stanno battendo tutti i record, è una nuova generazione e io mi sto godendo lo spettacolo come gli altri spettatori.

L’altro giorno il tempo di scalata sul Muro d’Huy non è stato inferiore al tuo…

Ogni anno è diverso, ogni gara ha la sua storia. Nella Freccia Vallone devi essere al cento per cento in quel giorno. Tutti sapevano benissimo che ero molto adatto per quel tipo di traguardo. Alcune volte siamo saliti allo stesso modo, altre anche più velocemente, ma ogni volta fa storia a sé.

Il gravel non ha strategie oppure l’esperienza della strada ti torna utile?

La sola strategia è andare a tutto gas per due ore e mezza della tua vita. Devi avere testa, ma soprattutto nel mio caso, se voglio stare davanti, devo fare la differenza in salita e poi scendere un po’ più tranquillo, sperando che non tornino sotto. Oggi ho fatto così ed è andata bene.

Cosa pensi di Pogacar ed Evenepoel?

Credo che nei prossimi anni Remco sarà un avversario molto difficile per Pogacar. Credo siano corridori molto simili. Quando meno te lo aspetti, partono a 80-100 chilometri dall’arrivo. Non saprei dire le vere differenze. Forse Pogacar resta più forte nei grandi Giri. Anche Remco potrà vincerne altri, ma ho la sensazione che sia destinato a soffrire di più sulle grandi salite.

Ti piacerebbe essere ancora lì con loro?

Certo che mi piacerebbe, ma ho capito di aver fatto il mio tempo…

Com’è il tuo livello adesso?

Non è un livello come quando gareggiavo, ma neanche tanto male, mi sento bene. Noto che senza lo stress delle corse ripetute, certi giorni ho numeri migliori di prima. Poi certo, correre è un’altra cosa. Mi piace la vita che faccio adesso, semplicemente mi sono reso conto che era arrivato il mio momento.

L’ultima domenica di aprile è la “domenica Valverde”. Nel giorno in cui per quattro volte ha festeggiato a Liegi (l’ultima nel 2017, con le dita al cielo ricordando Scarponi, morto il giorno prima: ieri il sesto anniversario), El Imbatido ha dominato la sua prima gara di gravel ufficiale. L’obiettivo del mondiale di ottobre è tutto fuorché campato in aria. Scambiando messaggi con Pozzato prima dell’arrivo, il vicentino ha detto che presto lo chiamerà per invitarlo, perché uno così darebbe lustro a qualsiasi manifestazione. La giornata volge al termine. Gli arrivi si succedono. Valverde sorride, firma autografi e posa per foto. Così, semplicemente. Per quella grazia innata che lo ha reso uno dei più grandi di sempre.

Valverde, il signore della Freccia raccontato da Visconti

18.04.2023
7 min
Salva

Domani la Freccia Vallone porterà sul Muro d’Huy tifosi e storie da raccontare. Quel budello ripido e silenzioso, che si inerpica lungo le Chemin de Capelles, per un giorno diventerà un’arena selvaggia. L’ultima vittoria italiana porta la firma di Rebellin: sembra ieri che lo intervistammo per parlarne, invece è passato più di un anno e nel frattempo quel dannato camionista, di cui non si sa più nulla, gli ha rubato la vita.

Oggi però vogliamo raccontarvi la Freccia e le Ardenne con gli occhi di Giovanni Visconti, che le ha vissute accanto a uno dei più grandi di sempre: Alejandro Valverde, che detiene il record di cinque vittorie a Huy e ha vinto quattro a Liegi.

Visconti e Valverde hanno corso insieme dal 2012 al 2016: l’anno successivo, Giovanni passerà al Bahrain
Visconti e Valverde hanno corso insieme dal 2012 al 2016: l’anno successivo, Giovanni passerà al Bahrain
Valverde lo conoscevi prima di andare alla Movistar nel 2012?

No, lo conobbi lì. Il primo approccio fu un messaggio Whatsapp. Chiesi il numero a Unzue, perché sapevo che Alejandro rientrava dalla squalifica e gli scrissi l’ammirazione che avevo e che ero strafelice di andare in squadra con lui.

E lui?

Più contento di me. Quell’anno rientrò con una vittoria al Tour Down Under, ma quando arrivammo ad Amorebieta ed eravamo in fuga noi due con Igor Anton, gli chiesi se potesse lasciarmi vincere e lui non fece neanche un’obiezione. Fu la prima vittoria in maglia Movistar.

Tu avevi già fatto le classiche con Bettini alla Quick Step, trovasti punti in comune?

Due situazioni completamente diverse. Paolo era molto meno metodico, Valverde sapeva cosa avrebbe fatto e cosa avrebbe mangiato ogni giorno fino alla gara. Bettini faceva le cose come gli venivano, anche perché in quegli anni il ciclismo era meno scientifico sul fronte della preparazione e dell’alimentazione. A colazione la Nutella non doveva mancare mai.

Il suo massaggiatore Escamez lo accoglie ogni giorno col suo bibitone proteico, poi sotto col riso e tonno
Il suo massaggiatore Escamez lo accoglie ogni giorno col suo bibitone proteico, poi sotto col riso e tonno
Invece Valverde?

Non era mai nervoso, però era schematico. Il suo massaggiatore Escamez, quando finivamo l’allenamento, gli faceva trovare un piattino di riso col tonno. Faceva così anche di pomeriggio. Intorno alle 17, si faceva portare lo stesso riso e lo faceva mangiare anche a me, che spesso ero suo compagno di camera. Mi diceva: «Come, come», mangia, mangia! E mi spiegava che me lo sarei ritrovato nelle gambe nel giorno della corsa. A tavola poi era anche più preciso.

Cioè?

Se nel piatto avevano messo più riso, lui lo scansava. Se doveva mangiare due pezzettini di pollo, il terzo lo scansava. Il bicchierino di birra, quello ci poteva stare. E spesso anche una pallina di gelato. Però se gliene portavano due, una la lasciava. Non c’era verso, non sbagliava mai. Ed era così anche a casa, perché sono stato da lui ad allenarmi. Io credo che in tutta la vita da corridore abbia mangiato solo riso bianco col tonno, oppure pollo. E anche in bici non scherzava.

In che senso?

Era maniaco dell’integrazione. Durante il giorno si prendeva i suoi 20 grammi di proteine, voleva la borraccia con le maltodestrine e gli aminoacidi. E anche in gara voleva che avessi le borracce identiche alle sue.

Com’era fare le ricognizioni sui percorsi?

Alejandro le faceva in maniera molto tranquilla. I primi tempi, ma questo riguarda la Liegi, sulla Redoute capitava di incontrare Florio (un italo-belga, grande tifoso di Giovanni, ndr) con la sua famosa torta di riso e un paio di volte ci siamo anche fermati. Negli ultimi tempi no, perché più passavano gli anni e più sapeva di non poter sbagliare neanche una virgola.

A livello di tensione, Freccia e Liegi per Valverde erano la stessa cosa? 

Uguale. Il suo programma era quello è lo stile di vita identico dalla mattina alla sera. Ci si distraeva solo la sera dopo la Freccia, magari si andava a mangiare fuori. Una volta che aveva vinto ci portò in un posto bello a Maastricht. Lui mangiò un piatto di riso o comunque cercò di avvicinarsi il più possibile alla sua alimentazione, mentre tutti noi ordinammo il sushi.

Sulla Redoute con Quintana: mancano tre giorni alla Liegi del 2015
Sulla Redoute con Quintana: mancano tre giorni alla Liegi del 2015
Si faceva anche la ricognizione sul Muro d’Huy?

Sempre. Col pullman ci fermavamo in basso, davanti a una scuola sulla sinistra con un muro molto alto, e lanciavamo le borracce ai bambini. Era un vero rituale, come pregare allo stesso modo tutti i giorni. Sempre la solita preghiera, che non cambiava mai.

Il Valverde della vigilia era nervoso?

Anche se era concentrato, il suo pregio era essere proprio un bambinone. Glielo dicevo sempre: «Tu sei capace solo di andare in bici». Infatti non riesce a smettere e lo ha sempre fatto col sorriso, perché è proprio quello che gli è piaciuto fino a 42 anni. L’ha fatto sempre seriamente, ma sempre con buon umore e scherzando. Sul pullman faceva lo scemo, certi scherzi è meglio non raccontarli (ride, ndr).

Si capiva dalla vigilia che avrebbe vinto?

Si capiva che avrebbe lottato per vincere, come in ognuno dei cinque anni che sono stato al suo fianco. Non c’era una sola gara in cui non volesse farlo. Si capiva casomai quando aveva una giornata storta, ma io penso che mi sarà successo al massimo due volte. 

In Belgio c’era spesso la sua famiglia…

La portava perché il 25 aprile è il suo compleanno e la Liegi è sempre in quei giorni. Nessuno gli ha mai fatto storie, anche perché Valverde era la squadra, quindi nessuno si permetteva di dire nulla. Forse per come è oggi, con le squadre tutte chiuse, anche lui avrebbe qualche problema.

Che ruolo avevi al Nord con lui? 

Gli stavo accanto, sempre. Ho partecipato a tre vittorie: una Liegi e due Freccia. Avevo capito da subito come voleva essere trattato e tante volte, anche se non era vero, gli dicevo quanto fosse tirato e che grande gamba avesse. Lui si girava e lo vedevi che era più motivato. Magari cavolate così gli davano l’uno per cento in più. Per il resto ho tirato tanto nei momenti decisivi della corsa dalla Freccia al Lombardia, passando per la Liegi e il Giro.

L’abbraccio a Sant’Anna di Vinadio, dopo il sacrificio che permise a Valverde di arrivare sul podio del Giro 2016
L’abbraccio a Sant’Anna di Vinadio, dopo il sacrificio che permise a Valverde di arrivare sul podio del Giro 2016
Che cosa hai imparato da Valverde in quegli anni?

Mi ha dato una grande lezione di umiltà. Io che ero super permaloso, da lui ho imparato anche a sapere arrivare secondo o essere d’aiuto ed essere ugualmente felice un compagno. A Sant’Anna di Vinadio nel Giro 2016, mi fermarono dalla fuga per aspettarlo e tirare 500 metri per lui: normalmente mi sarei stranito. Invece lui è arrivato, mi ha abbracciato e mi ha messo davanti agli occhi l’umiltà di un immenso campione. Quel gesto fu meglio di ogni ricompensa.

Gobik per Movistar Team Gravel Squad, stile offroad con Valverde

08.04.2023
4 min
Salva

Dallo spirito anticonformista di Gobik unito all’aurea del gravel, nasce il kit Movistar Team Gravel Squad. Il blu iconico della squadra si fonde con le tonalità della terra. Un design che rende onore allo spirito avventuroso e alla dedizione del ciclista gravel. A vestirlo saranno Iván García Cortina, Ana Dillana, Hayley Simmonds e Alejandro Valverde, nei principali eventi gravel del calendario internazionale.

Spirito avventuroso

E’ nato il Movistar Team Gravel Squad, un nuovo progetto in cui “il Bala” tornerà ad attaccare il numero sulla schiena. Gobik ha portato innovazione, sviluppo e design all’avanguardia in questo entusiasmante progetto.

La collezione per il Movistar Team Gravel Squad è composta da capi tecnici che rappresentano le performance e le caratteristiche tecniche appositamente studiate per la disciplina dal maglificio spagnolo. A partire dai pantaloncini Gritt e dalla maglia CX PRO 2.0, capi che hanno tutto ciò che serve per i percorsi di lunga distanza,combinando comfort e prestazioni professionali. La collezione comprende anche la maglia Volt, per le discipline off-road, il gilet e i calzini.

Le maglie

Un vero e proprio punto di riferimento nella gamma Gobik. La maglia a manica corta CX Pro 2.0 vanta una vestibilità snella che offre un buon equilibrio tra prestazioni e comfort. Questa versione 2.0 incorpora miglioramenti strutturali per un’aerodinamica avanzata e un look più sottile. Per migliorare le prestazioni aerodinamiche, la struttura è stata ridisegnata per dirigere il flusso d’aria verso la parte bassa della schiena. Il look è elegante e minimalista. Disponibile in sette taglie da 2XS a 2XL, ha un prezzo consultabile sul sito di 78 euro. 

Stile più rilassato per la t-shirt Volt. Per l’uso in discipline off-road, con un alto livello di traspirabilità, che garantisce un elevato comfort sui lunghi percorsi. Tipo Cargo, con un ampio spazio di stivaggio e un sistema di fissaggio supplementare con una cinghia interna regolabile. Il prezzo consultabile sul sito è di 80 euro. 

Infine il Gilet Plus 2.0, ultraleggero, aerodinamico e antivento. Completamente ripiegabile nella propria tasca laterale in rete. Ideale per la mezza stagione e giornate ventose. Protezione per le prime ore fredde del mattino o per la discesa da un passo di montagna. Un complemento perfetto per aumentare la gamma termica. Il prezzo consultabile sul sito è di 65 euro. 

I pantaloncini

A completare la nuova collezione Movistar Team Gravel Squad 23, ci sono i pantaloncini Gritt. Stile cargo, con ampio spazio di stivaggio grazie alle tasche laterali e posteriori. Per l’uso in discipline off-road come mountain bike, gravel, all-mountain, enduro, ebike e freeride. Sono ideali per lunghe pedalate senza assistenza. In queste sfide infatti, si ha bisogno di un grande comfort per le  molte ore in sella e soprattutto senza avere posti per rifornirsi. Questo modello consentirà di avere molto spazio in più per trasportare i gli effetti personali e i rifornimenti in tutta sicurezza.

Il fondello scelto è il K10, una delle migliori opzioni per le corse a lunga distanza, con due schiume a densità diversa con memoria elastica. Il canale centrale migliora il flusso sanguigno e riduce la pressione, mentre il tessuto EIT con filati di carbonio previene la crescita batterica e gestisce l’umidità in modo ottimale. Le gambe sono rifinite con un morbido nastro di poliammide con finitura a taglio laser. Vengono utilizzati inserti verticali minimalisti, che assicurano una vestibilità aderente alle cosce senza pressioni o fastidi. Le taglie selezionabili sono sette, da 2XS a 2XL. Il prezzo consultabile sul sito è di 115 euro. 

Chiudono la collezione i calzini Vortex, aerodinamici e leggeri, disponibili in due taglie S-M o L-XL ad un prezzo di 30 euro. 

Gobik

Mixino Evo Mips: storia, tecnologia e continua evoluzione

27.03.2023
3 min
Salva

Catlike, con il suo casco Mixino Evo Mips, ha una tradizione di lunga data nel ciclismo. Solo per restare ad un recente passato, hanno gareggiato con i caschi Catlike gli atleti del Movistar Team ed in particolare campioni del calibro di Nairo Quintana, Alejandro Valverde. Negli anni le collaborazioni si sono susseguite in maniera continua ed ognuna di queste ha donato qualcosa al marchio Catlike. Dal punto dell’estetica e della tecnologia, ma anche e soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo. Nel 2023 la collaborazione si è spostata in America, Catlike, affianca infatti gli atleti del Team Novo Nordisk.

Catlike, con il suo casco Mixino Evo Mips, è accanto al team statunitense Novo Nordisk
Catlike, con il suo casco Mixino Evo Mips, è accanto al team statunitense Novo Nordisk

Un prodotto sempre nuovo

Negli anni i ritocchi e i miglioramenti tecnici sono stati molti, ma la base di partenza del Mixino Evo Mips è sempre stata solida. Si tratta di un casco leggero, con un’ottima ventilazione, confortevole e che garantisce una grande sicurezza. 

Il Mixino Evo Mips è costruito con ben 39 fori e con più del 40% della parte frontale aperta,  sono proprio questi numeri a fornire la miglior ventilazione possibile. Caratteristica rafforzata anche dalla tecnologia Dual Flow, che permette di mantenere l’interno del casco sempre fresco: la posizione dei fori è infatti progettata per creare un flusso aerodinamico che porta l’aria calda dalla parte frontale fino a quella posteriore, espellendola. 

I supporti imbottiti sulla parte frontale permettono di bloccare la discesa del sudore quando ci si trova in posizione bassa.
I supporti imbottiti sulla parte frontale permettono di bloccare la discesa del sudore quando ci si trova in posizione bassa.

Regolabile e comodo

La comodità è una di quelle qualità fondamentali nel momento in cui si passano tante ore in sella. Le imbottiture interne del Mixino Evo Mips sono morbide e non stringono eccessivamente la testa. La fascia di ritenzione posteriore è regolabile in tutte le direzioni tramite un rotore. 

Le regolazioni sono millimetriche e asimmetriche, il lato destro e quello sinistro sono infatti liberi di essere sistemati in maniera indipendente. Nella parte occipitale si trovano due supporti imbottiti, regolabili longitudinalmente, che permettono di trovare il fit corretto. Due soluzioni che alzano ancora di più il livello di comodità di questo casco. 

Sicurezza

La sicurezza, soprattutto quando si va in bici, è un argomento fondamentale e Catlike lo sa. Il casco Mixino Evo Mips non fa eccezione, grazie anche alle sue grandi qualità tecniche. Tutti i 39 fori sono progettati con tecnologia Hexagon, ovvero disegnati con forma ad alveare, così da avere sempre due parti strutturali solide in caso di impatto. 

L’interno della calotta vede l’inserimento di una rete in kevlar, lo stesso materiale utilizzato dai giubbotti antiproiettile. Come suggerisce anche il nome questo casco vede l’utilizzo della tecnologia Mips nella sua nuova versione: la Mips Air Node

Il Mixino Evo Mips è in vendita al prezzo di 200 euro, la versione senza Mips costa invece 163 euro.

Catlike

Up-Downbikes