Come sarà il Tour di Remco? L’opinione di Giuseppe Martinelli

27.06.2025
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Remco Evenepoel ha chiuso lo scorso Giro del Delfinato al quarto posto, un risultato che non è sembrato soddisfarlo del tutto. Nonostante una vittoria di tappa e una classifica migliorata rispetto alla settima piazza dell’anno scorso, il bi-campione olimpico ha dovuto cedere il terzo gradino del podio a Florian Lipowitz.

Il corridore tedesco della Red Bull-Bora ha dimostrato di essere molto brillante in salita, sarà un suo concorrente anche al Tour de France? Che tattica dovrà mettere in atto Evenepoel per provare a confermare l’ottimo risultato del 2024 alla Grande Boucle?

Abbiamo raggiunto Giuseppe Martinelli per chiedergli, alla luce della sua grande esperienza, quali sono secondo lui le prospettive del campione belga per il prossimo Tour de France.

Da DS Giuseppe Martinelli ha vinto due Tour, con Pantani nel 1998 e con Nibali nel 2014
Da DS Giuseppe Martinelli ha vinto due Tour, con Pantani nel 1998 e con Nibali nel 2014
Giuseppe, come hai visto Evenepoel al Delfinato?

Lui è uno che non si accontenta mai, anche nelle interviste, non lascia trasparire la felicità. Pensa subito al giorno dopo, alla prossima gara. Forse è andato a casa un po’ demotivato, pensava di essere più avanti con la forma, ma non è andato piano, anzi. Sono gli altri due (Pogacar e Vingegaard, ndr) che hanno volato, basti pensare che hanno fatto tutti i record di salita.

Chiaro…

Certo che pensava di arrivare davanti a Lipowitz, invece ha pagato in salita e questo l’ha deluso. Però deve calcolare che le salite del Delfinato le hanno fatte tutte a blocco e non regolari come piace a lui. Credo che veda quel 4° posto più come una sconfitta che come un normale percorso di avvicinamento.

Ed è un errore?

Secondo me sì, perché Lipowitz aveva una forma straordinaria che non è detto riesca a tenere fino a luglio, e poi il tedesco è molto più scalatore. In ogni caso si tratta di un signor corridore che aveva già dato ottimi segnali la scorsa stagione.

Evenepoel ha vinto la crono del Delfinato, che è stata anche la 1000^ vittoria della Quick-Step. Ma non gli è bastato per raggiungere il podio
Evenepoel ha vinto la crono del Delfinato, che è stata anche la 1000^ vittoria della Quick-Step. Ma non gli è bastato per raggiungere il podio
Si è parlato molto di quel chilo e mezzo che Evenepoel ha perso rispetto all’anno scorso. Un aspetto forse sopravvalutato?

Il Delfinato e il Tour sono cose molto diverse. In primis il Delfinato dura solo una settimana, mentre Remco sa che in tre settimane può cambiare tutto molte volte, e ci si gioca la classifica soprattutto nelle salite degli ultimi giorni. Non deve pensare ad arrivare per forza più magro, anche perché se al Delfinato gli mancava ancora qualcosa è anche vero che questa primavera ha perso più di un mese di preparazione per l’infortunio. E questo influisce sulla forma basale e quindi sulla resistenza. Inoltre al Tour farà molto caldo, quindi un chilo lo si può perdere in tre giorni.

Arriviamo al Tour. Ha ancora tempo per migliorare prima del via?

Credo proprio di sì. Deve arrivarci sereno e pensare giorno per giorno, iniziando dalla crono della 5^ tappa, 33 chilometri piatti in cui può già guadagnare sugli altri e magari anche prendere la maglia gialla. Però è un Tour durissimo che si vincerà sicuramente in salita, e lì appunto deve stare tranquillo e trovare il suo ritmo. Perché in una gara così impegnativa c’è sempre qualcosa che può andare storto, una foratura, o una caduta che può far perdere tempo a lui ma anche ai suoi rivali. Deve avere vicino la squadra e cercare di rimanere il più sereno possibile.

Nelle salite del Delfinato ha pagato dazio a Pogacar, Vingegaard e non solo. Sarà così anche al Tour?
Nelle salite del Delfinato ha pagato dazio a Pogacar, Vingegaard e non solo. Sarà così anche al Tour?
Ma credi possa davvero competere con Pogacar e Vingegaard?

Io credo che Remco sia uno dei più forti del panorama mondiale. Lui ha qualcosa in più nelle crono, gli altri in salita. Ma voglio dire ad alta voce che non ha nulla di meno degli altri campioni, ha solo delle caratteristiche diverse. E poi ha il carattere da vincente, sa di partire svantaggiato ma vuole comunque provare a vincere, non è persuaso di non poter competere. Ci prova e ci proverà sempre a mettere nel sacco gli altri, e questa è la mentalità del campione.

A proposito, se tu fossi in ammiraglia cosa gli diresti? Magari di cercare di fare quello che Yates ha fatto al Giro, cioè approfittare della rivalità degli avversari?

Se prendesse la maglia dopo la crono e riuscisse a tenerla per qualche giorno sarebbe una cosa bella per Pogacar e Vingegaard, che potrebbero far riposare la squadra. Poi quando arriveranno le salite vere devi solo difenderti e basta. Se gli altri due sono superiori, come credo, può provare ad inventarsi qualcosa, approfittando magari di un momento in cui si controllano. Ma la vedo dura perché hanno squadre fortissime, con 5-6 gregari che altrove sarebbero capitani. Poi è anche difficile che con la loro esperienza si guardino come Del Toro e Carapaz. Deve solo provare a stargli più vicino possibile. Forse dovrà guardarsi più dietro che davanti…

Florian Lipowitz sarà il vero capitano della Red Bull-Bora-Hansgrohe e il principale rivale di Remco alla Grande Boucle?
Florian Lipowitz sarà il vero capitano della Red Bull-Bora-Hansgrohe e il principale rivale di Remco alla Grande Boucle?
Iniziando dalla Red Bull?

Credo che con uno sponsor così vogliano puntare al massimo, essere protagonisti, al di là di chi sia il capitano.

Non credi sarà Roglic?

Se Roglic non è riuscito ad allenarsi bene, come credo, penso che faranno fare il capitano a Lipowitz. Nella mia esperienza è difficile recuperare dopo un Giro così, specie moralmente, ricominciare dopo lo stop, cambiare la preparazione… La caduta secondo me inficia tutta la preparazione al Tour, sia fisica che morale, e adesso se non arrivi al 100 per cento fai tanta, tanta fatica. Non sto dicendo che farà il gregario a Lipowitz, magari punterà alle tappe, ma non credo che punteranno su di lui per la classifica. Anche perché sono convinto che il tedesco, alla luce della crescita che ha dimostrato, farà un grande Tour.

Il podio del Tour 2024. Secondo Martinelli un bis del belga sarebbe un grandissimo risultato
Il podio del Tour 2024. Secondo Martinelli un bis del belga sarebbe un grandissimo risultato
Vedi altri corridori che potrebbero insidiare Evenepoel?

I francesi tirano fuori sempre qualcosa per le posizioni di rincalzo, e ora ce ne sono diversi di buoni. Poi qualcosa che stravolge i pronostici al Tour capita sempre, bisogna metterlo in preventivo. Un corridore che trova la forma della vita, una fuga che scappa via. Però il rivale più ostico per Remco credo rimanga Lipowitz. Il terzo posto secondo me se lo giocheranno loro due.

E il terzo posto sarebbe un buon risultato per il campione olimpico?

Lui vorrebbe sempre tutto e subito, ma è anche intelligente e sa che gli altri due sono fortissimi. Perciò se riuscisse a bissare il terzo posto, dopo la sorpresa dell’anno scorso, sarebbe la conferma che è davvero un grande campione. 

Guazzini vola e si conferma regina della crono

26.06.2025
5 min
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Dieci secondi di ritardo all’intermedio, sei secondi di vantaggio sulla linea del traguardo. A San Vito al Tagliamento Vittoria Guazzini si riconferma campionessa italiana a cronometro battendo (nuovamente) Elisa Longo Borghini grazie ad una seconda parte di prova decisamente di alto livello, mentre terza chiude Federica Venturelli, che vince il tricolore U23.

Se l’anno scorso la penalizzazione inflitta a Longo Borghini aveva assegnato il titolo a tavolino, stavolta la toscana delle Fiamme Oro (e della FDJ-Suez) lo ha conquistato sul campo, dando una bella iniezione di fiducia al proprio morale in vista dei prossimi impegni.

Vittoria Guazzini si riconferma campionessa italiana a crono battendo Longo Borghini e Venturelli
Vittoria Guazzini si riconferma campionessa italiana a crono battendo Longo Borghini e Venturelli

Ammiraglia azzurra

La rivincita Guazzini-Longo Borghini si rinnova sulle strade friulane, con gli occhi interessati dei tecnici azzurri. A seguire la loro sfida in ammiraglia ci sono Marco Velo (cittì delle nazionali femminili), Marco Villa (cittì degli uomini e delle crono) e Diego Bragato (responsabile del Team Performance della Federazione). Per entrambe prendono riferimenti cronometrici godendosi il finale thrilling, oltre che le loro prestazioni.

«Da Vittoria – dice Velo – ci si può aspettare di tutto e sappiamo quanto vada forte a crono su percorsi adatti a lei. Ha recuperato 16” dopo l’intermedio sfruttando una grande condizione, perché Elisa non è calata nel finale, come ci ha confermato anche suo marito Jacopo Mosca che la seguiva. L’anno scorso c’era stata una differenza di un secondo tra le due prima che intervenisse la giura. I tempi parlano chiaro anche se comunque assieme a Marco e Diego dovremo analizzarli con calma. Ho parlato con entrambe e sicuramente la cosa che ho apprezzato di più è averle viste col sorriso. Vittoria chiaramente per la… vittoria, se mi concedete questo gioco di parole. Elisa invece per la sua prestazione dopo essere scesa dall’altura.

«Prima di guardare il risultato – analizza Villa – ho fatto i complimenti ad Elisa perché ha disputato una grande crono su un percorso che non le si addice, onorando come sempre il campionato italiano. Vittoria sta curando la cronometro in modo maniacale su posizione e materiali. Per lei battere una campionessa come Longo Borghini è un valore aggiunto e questo è il più bel riscontro che potesse dare. Conosco bene Guazzini campionessa olimpica in pista e persona. Dovrebbe avere più convinzione nei suoi mezzi e otterrebbe ancora di più. In ogni caso è stato molto bello avere una sfida tra loro due a questo livello».

L’abbraccio di Martina Fidanza. Per Guazzini la serenità dell’ambiente delle Fiamme Oro ha prodotto un grande risultato
L’abbraccio di Martina Fidanza. Per Guazzini la serenità dell’ambiente delle Fiamme Oro ha prodotto un grande risultato

Il sigillo di “Arturita” Guazzini

Rintracciamo Guazzini al telefono nel lungo protocollo post gara. Il tono della sua voce è raggiante e non potrebbe essere altrimenti. Già solo vedere le foto di questo tricolore rispetto a quello del 2024 si capisce che c’è un sapore diverso. E’ una riconferma che vale molto.

«Lo si può dire serenamente – dice Vittoria – che questo è un titolo che mi rende più felice. Non che non la fossi l’anno scorso, ma fu una situazione bizzarra. Stavolta sono molto contenta della mia prova e me la sto godendo nel modo giusto, sicuramente diverso rispetto ad un anno fa. Farò il Giro Women e alla crono di apertura di Bergamo spero di arrivarci con lo stesso spirito di oggi.

La incalziamo con un po’ di spunti vari ispirati dalla sua verve. Villa le ripete sempre che se partisse più convinta, guadagnerebbe 30” in ogni crono. E poi il nickname “Arturita” con cui ormai è diventata famosa.

«Forse ha ragione Marco – risponde Vittoria, pronta a rilanciare – dovrei credere un po’ di più su me stessa, ma ci stiamo lavorando step by step. Il soprannome invece è diventato quasi il mio motto, tanto da tatuarmelo. Quando sono con amici o compagne chiamo tutti “Arturo” o “Artura” e ora mi chiamano così.

«Battute a parte – conclude Guazzini – credo che alla base di questo tricolore ci sia la serenità. L’ambiente in cui siamo stati in questi giorni Martina Fidanza ed io ha fatto la differenza. Ci siamo divertite, facendo le ricognizioni come volevamo noi con i nostri tempi e i nostri riferimenti. Per la serie, zero stress e massimo risultato. Questa vittoria la dedico alle Fiamme Oro, che ci hanno supportato, alla mia squadra FDJ-Suez (che dovrebbe modificare il nome nei prossimi giorni, come ci anticipa Guazzini, ndr), al massaggiatore Bertini, oltre che famiglia e amici».

Sorride Longo Borghini per il secondo posto. La sua bella prova in un percorso non adatto a lei è sinonimo di buona condizione
Sorride Longo Borghini per il secondo posto. La sua bella prova in un percorso non adatto a lei è sinonimo di buona condizione

In casa UAE

L’umore tra le atlete della UAE non è troppo diverso. Malgrado abbiano chiuso al secondo e terzo posto e contestualizzando tutto, Longo Borghini e Venturelli hanno di che essere soddisfatte.

«Penso di aver fatto una cronometro in linea con quello che doveva essere il mio ritmo – spiega Longo Borghini – Senza dubbio non era il mio terreno favorevole, ma ho disputato una buona prova. Ha vinto un’atleta che era più portata per questo percorso e arrivare così vicina a Guazzini mi dà la certezza di essere in una buona condizione di forma. Ora punto al tricolore in linea, che anche quello non ha un percorso molto adatto alle mie caratteristiche, però lotterò cercando di fare il meglio possibile assieme alla squadra».

Venturelli col terzo posto assoluto si conferma tricolore crono U23 davanti a Pellegrini e Cipressi (sul podio a parti invertite nel 2024)
Venturelli col terzo posto assoluto si conferma tricolore crono U23 davanti a Pellegrini e Cipressi (sul podio a parti invertite nel 2024)

Sia Velo che Villa invece hanno speso più di una parola anche per Venturelli, terza assoluta e nuovamente campionessa italiana U23. Entrambi hanno sottolineato che finora Federica non ha mai fatto una stagione con continuità a causa di infortuni, ma sanno che è il futuro del ciclismo italiano. Ci vuole solo tempo per continuare a farla crescere bene.

«Arrivavo a questo appuntamento – racconta in chiusura Venturelli, al sesto tricolore a crono consecutivo dopo quello della scorsa stagione e quelli conquistati da juniores e allieva – a cui tenevo tanto con una condizione incerta costruita all’ultimo minuto, a causa di problemi fisici nella prima parte di stagione. E’ stata comunque una bella sorpresa salire sul podio elite perché a livello personale sono molto soddisfatta della mia prestazione».

Crono perfetta e visiera nuova. Ganna indossa il sesto tricolore

26.06.2025
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Tutto facile? Tutto secondo programma? Apparentemente sì, se di mezzo c’è Filippo Ganna, che oggi a San Vito al Tagliamento ha conquistato il suo sesto titolo nazionale a cronometro. Il corridore della Ineos Grenadiers era sinceramente felice, ci ha raccontato il suo tecnico Dario David Cioni.

E lo era perché comunque il secondo posto nella crono del Baloise Belgium Tour non lo aveva lasciato del tutto soddisfatto. Sappiamo che Pippo è un perfezionista e, come ci aveva detto lui stesso qualche giorno fa, adesso potrà presentarsi al Tour de France con la maglia tricolore da sfoggiare.

Ganna, accaldatissimo dopo l’arrivo: per il piemontese si è trattato del sesto titolo… come Pinotti
Ganna, accaldatissimo dopo l’arrivo: per il piemontese si è trattato del sesto titolo… come Pinotti

Il potere di Ganna

Ma vediamo com’è andata. A San Vito al Tagliamento sono 18 i cronomen in lotta per la maglia di campione nazionale. Il caldo è tremendo: la temperatura balla sul filo dei 35 gradi. Parte la gara e si capisce presto che Filippo Baroncini mette a segno un’altra grande prestazione (anche lui ci aveva detto di un buon lavoro a cronometro) e che Mattia Cattaneo sta andando forte. Ma poi ecco che arriva Ganna.

«Gli intertempi – spiega Cioni – erano un po’ in là in effetti, però partendo per ultimi avevamo i nostri riferimenti e sapevamo di essere in vantaggio. Quelli da guardare erano soprattutto Baroncini, Cattaneo, e Sobrero. Cosa dire? Una bella crono, gli organizzatori sono stati bravissimi a creare un percorso veloce e anche molto sicuro. A mio avviso perfetto per una cronometro che assegna il titolo nazionale. Non era né corta, né eccessivamente lunga (era di 28 chilometri e 133 metri di dislivello, ndr)».

Ieri Ganna, così come tutti gli altri, aveva fatto la prova del percorso e le sensazioni dei giorni precedenti arrivate da Veloviewer si erano confermate.

«Abbiamo visto subito – riprende Cioni – che era una crono veloce. Tutto sommato anche facile da gestire, essendo così piatta e senza vento: bisognava solo spingere forte. L’unica incognita poteva essere il caldo, soprattutto per via dell’umidità e partire forte poteva essere rischioso. Pippo ha fatto dunque una crono molto lineare, con una progressione nel finale».

Il podio tricolore a crono 2025: 1° Filippo Ganna, 2° Filippo Baroncini a 46″ e 3° Mattia Cattaneo a 57″
Il podio tricolore a crono 2025: 1° Filippo Ganna, 2° Filippo Baroncini a 46″ e 3° Mattia Cattaneo a 57″

Quella visiera…

Con il caldo Ganna ha leggermente modificato la fase di riscaldamento. Al mattino ha fatto i rulli in camera sulla bici da strada, giusto per fare una “sudatina”, e poi si è recato al via. Stavolta il riscaldamento classico, visto che si sudava moltissimo, è stato un po’ più breve del solito. E quindi si è gettato al via di questa mezz’ora intensa di sforzo.

«Pippo è partito con la borraccia – racconta Cioni – peccato che l’abbia persa presto. Ma alla fine è andata bene e questo non ha comportato problemi. All’arrivo l’ho trovato davvero accaldato, ma anche molto contento».

«Novità tecniche? Guardate le foto!», dice e non dice Cioni.

E in effetti confrontando le foto con le ultime crono è balzata alla nostra vista la nuova visiera della Kask. Un dettaglio non da poco in vista del Tour per Pippo, dove magari anche un solo watt potrà fare la differenza… a cominciare dal duello con Remco Evenepoel.

Assetto perfetto, tutto invariato, tranne la nuova visiera Kask che dovrebbe garantire un vantaggio aero
Assetto perfetto, tutto invariato, tranne la nuova visiera Kask che dovrebbe garantire un vantaggio aero

Su filo dei 60 all’ora

Era importante dare un segnale di forza in vista del Tour. Non che uno come Ganna ne avesse bisogno, però per i tifosi vederlo con il tricolore in Francia sarà un motivo di orgoglio ulteriore. L’unico rischio era incappare in una giornata no e magari vedersi Baroncini e company lì a pochissimi secondi, ma tutto questo non è successo.

«In macchina, soprattutto dopo la seconda metà – racconta con orgoglio Matteo Cornacchione, meccanico ma anche primo tifoso di Ganna – vedevamo le velocità e Pippo andava sempre a 58, 59, 60 all’ora. Insomma, non poco: per batterlo bisognava andare almeno a 61! Si vedeva che mulinava bene il 64. In realtà, visto il percorso, poteva starci anche una corona da 68 denti, ma Pippo mi ha detto: “No, meglio il 64, mi conosco”. E infatti andava con la sua solita cadenza (sulle 100 rpm, ndr) e spingeva un 64×13-14 quasi sempre. Lo vedevo quando usciva dalle curve che c’erano ogni 4’-5’: tirava il fiato e ributtava subito giù il rapportone».

E gli altri?

Tra i 18 al via, c’erano anche Giulio Pellizzari e Gianmarco Garofoli, due (giovani) scalatori. Vedere due corridori, non certo specialisti delle cronometro, su un percorso del genere ci ha fatto piacere. Ci ha ricordato il giovane Pogacar che si presentava al via dei mondiali contro il tempo su piattoni infiniti sfidando Van Aert, Ganna e gente da 75 chili in su. E lo faceva con un preciso scopo: abituarsi alle crono, e a certi tipi di sforzo. Tutto questo lo abbiamo fatto notare a Cioni stesso.

«Condivido la scelta di Pellizzari di aver fatto questa cronometro – spiega Cioni – alla fine in stagione non ci sono 20 crono da affrontare ed è giusto che uno come lui, che punta alle classifiche generali, venga a fare certe esperienze. Mentre è stato ancora molto bravo Baroncini: si è confermato in grande forma dopo il Belgio».

«Vero, è stata una mia scelta partecipare a questa crono – dice Garofoli – un po’ perché dopo il Giro era ora di riattivarsi, di riprendere certi ritmi, e un po’ perché in chiave futura credo sia importante. Se un giorno magari mi giocherò una classifica di una corsa a tappe… Una prova così fa esperienza. E poi mi sono anche divertito!».

«La crono ho chiesto io di farla già a marzo – spiega Pellizzari – devo allenarmi a crono e più ne faccio e meglio è. Sarà un punto a mio favore in futuro. Poi oggi è andata un po’ così: erano tre settimane che non facevo molto, ma sapendo come è andata al Giro… sono fiducioso!»

Meeting per giovanissimi, la conquista “morale” del Gs Mosole

26.06.2025
5 min
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Quando si parla di ciclismo per giovanissimi, è normale prescindere dall’aspetto agonistico. Si guarda ad altro, alla partecipazione, all’entusiasmo, ma nel caso del Meeting per i più piccoli che la Federciclismo organizza ogni anno, un certo grado di competitività c’è sempre. Quest’anno, per la sua edizione numero 37 si è andati a Viareggio e a portare a casa la Coppa è stato il Gs Mosole, che ha interrotto un dominio di tre anni dell’UC Costamasnaga.

Una gioia molto grande per il team trevigiano, un’istituzione nel campo ciclistico visto che affonda le radici nel secolo scorso e che attraverso le sue fila sono passati tantissimi bambini che sarebbero poi diventati campioni, addirittura mondiali considerando Ballan e Chicchi. E non è un caso se poi tutti sono rimasti sentimentalmente legati alla creatura di Remo Mosole.

Il gruppo dei 27 ragazzini che ha regalato al Gs Mosole il suo primo trionfo tricolore
Il gruppo dei 27 ragazzini che ha regalato al Gs Mosole il suo primo trionfo tricolore

92 anni e l’entusiasmo di un ragazzino

Già, Remo, 92 anni e non sentirli perché il suo entusiasmo è quello di un ragazzino. La cosa che colpisce è che i bambini lo seguono con grande ordine e rispetto, «Remo ha detto di fare così…» «Remo vuole che facciamo in questa maniera» e così via: «Beh, mi vedono come il vecchio lupo del Piave – racconta ridendo – per noi quest’attività è fondamentale, noi abbiamo sempre fatto promozione, abbiamo sempre spinto i bambini a pedalare. Paradossalmente le difficoltà maggiori le troviamo con qualche madre che ha sempre paura che il figlio cada, che si sbucci un ginocchio… Invece devono capire che a quell’età i bambini hanno bisogno di sfogarsi, di scaricare energie e quale modo migliore di farlo che pedalando?».

A dispetto di oltre cinquant’anni di attività nel settore, per il gruppo trevigiano questa è la prima vittoria: «Siamo arrivati secondi, terzi, ma non ci eravamo mai riusciti a vincere e per me è una grande soddisfazione. Anche perché dimostra che i bambini non sono cambiati, che la bici piace ancora, diverte. Se ce ne sono meno – e nel nostro gruppo rispetto a qualche anno fa i dati numerici sono solo in leggero calo – è perché di bambini ne nascono meno. Quindi non è un problema che ha a che fare con il ciclismo».

I bambini sono stati impegnati in prove su strada, in mtb e anche nella gimkana
I bambini sono stati impegnati in prove su strada, in mtb e anche nella gimkana

Fra i bambini ci saranno futuri campioni?

Qualcuno di questi bambini proseguirà nella sua avventura ciclistica? «Io sono convinto di sì, perché si divertono e fanno fatica, questa è l’unica cosa che conta. Ma è una fatica sana, uno sfogo libero alle energie, poi chi mostrerà talento, chi avrà anche la testa per andare avanti lo farà, è sempre successo. Noi dobbiamo dare un’educazione a questi ragazzi, alla vecchia maniera, perché crescano sani fisicamente e psicologicamente. I bambini sono sempre bambini, devono solo essere guidati».

A Viareggio, a portare il gruppo di 27 bambini capace di conquistare il trofeo c’era Luca Pavanello, il presidente della società che ha vissuto la conquista passo dopo passo: «La formula del Meeting prevedeva che si conquistassero punti in varie prove: la gimkana, la prova su strada, quella per mountain bike, addirittura anche la sfilata del primo giorno dava un punteggio. Noi abbiamo toccato quota 1.295 punti, se non è un record poco di manca, lo scorso anno si vinse con oltre 200 punti in meno…».

La scelta di portare il Meeting a Viareggio si è dimostrata positiva, con presenze da tutta Italia
La scelta di portare il Meeting a Viareggio si è dimostrata positiva, con presenze da tutta Italia

Un Meeting veramente nazionale…

Pavanello non ha mancato di dare uno sguardo più ampio a tutto quel che è avvenuto nel lungo weekend toscano: «I partecipanti sono stati tantissimi, oltre 1.700 in rappresentanza di 195 team. La scelta di portare l’evento a Viareggio è stata quanto mai indovinata: lo scorso anno a Tarvisio c’erano molte società del Centro-Sud che avevano dovuto rinunciare per gli alti costi di trasferta, invece essendo un po’ a metà strada, a Viareggio sono venuti in tantissimi da tutte le regioni d’Italia, persino dalla Sardegna».

Eppure si parla sempre di un calo dei numeri dei praticanti a livello giovanile: «Io una risposta me la sono data, almeno relativamente alla mountain bike ed è data dai costi delle bici. Noi facciamo prevalentemente attività su strada e ai bambini tesserati diamo tutto, dalla bici al vestiario ma non tutti possono farlo. E chi opera nella mtb chiede alle famiglie di comprare bici che possono arrivare anche a 2.000 euro. Non ce la fanno, ecco perché mollano».

Anche la sfilata del primo giorno con le sue coreografie dava punti per la classifica finale
Anche la sfilata del primo giorno con le sue coreografie dava punti per la classifica finale

L’importanza di fare gruppo

C’è anche una motivazione legata alle diverse abitudini, a nuove generazioni che vivono molto in maniera “virtuale”? «E’ un problema che, parlando di bambini, è relativo perché sono pochi coloro che già hanno lo smartphone, chiaramente il discorso cambia dai 12 anni in su. Noi comunque siamo molto ligi su questo: quando si sta insieme, si sta insieme. Ad esempio prima c’era l’abitudine per i bambini di giocare sotto il gazebo mentre i loro compagni gareggiavano. Noi abbiamo imposto di non portare giochi almeno nelle giornate di gara, quando l’amichetto corre, si va a fare il tifo. E vedendo l’entusiasmo che tutti i bambini ci hanno messo, è stata la scelta giusta…».

DT Swiss cambia le carte in tavola e rinnova la famiglia ARC

26.06.2025
6 min
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La notizia era nell’aria e qualcosa si è visto al Giro del Delfinato, sulle Ridley che equipaggiavano il Team Uno-X Mobility. DT Swiss aggiorna in modo importante il segmento delle ruote ARC, con implementazioni importanti a tutti i livelli, anche per quello che concerne la lenticolare da crono.

Sempre due le categorie di riferimento, 1100 e 1400, entrambe con i mozzi della famiglia Dicut. Ancora una volta viene sottolineate una partnership strettissima con Swiss Side e con Continental. Entriamo nel dettaglio delle nuove DT Swiss ARC di terza generazione.

Forme riviste e tre profili, maggiorati rispetto al passato
Forme riviste e tre profili, maggiorati rispetto al passato

Famiglia DT Swiss al completo (o quasi)

In totale il processo di rinnovamento/aggiornamento riguarda 7 ruote del segmento ARC, quattro che rientrano nella categoria 1100 Dicut DB e tre per la 1400 Dicut DB. 55 e 65, 85 millimetri e lenticolare (la Disc DB), 55, 65 e 85 per le 1400. E qui il primo grande cambiamento, perché aumentano i profili dei cerchi. I numeri sono una sorta di acronimo che identifica anche l’altezza del cerchio.

La sigla 1100 con la bandella rossa sul cerchio, sancisce l’impiego dei cuscinetti con trattamento ceramico, mentre la categoria 1400 monta quelli in acciaio. Tra le due cambiano anche i raggi, DT Swiss Aerolite per le 1100, Aero Comp per le 1400. Nel nuovo lotto mancano le DT Swiss ARC 38, lanciate nel corso del 2024, ma sembra evidente l’obiettivo principale di aggiornare i prodotti aero concept più specifici.

Cosa cambia?

Rispetto alla versione precedente il cerchio fa una cura di muscoli, diventando più panciuto e grande. Viene aumentato il canale interno (a 22 millimetri), in modo da sfruttare meglio le potenzialità del binomio con le gomme dalla sezione allargata. Da notare che, la collaborazione con Swiss Side e Continental ha portato ad una ottimizzazione con l’interfaccia/pneumatico da 29 millimetri di larghezza.

Cambia ovviamente la forma del cerchio, con una sorta di disegno V maggiormente evidente nella sezione mediana e superiore. La forma così concepita, considerando i moderni canoni e l’utilizzo di gomme più grandi rispetto al passato, permette di portare a livelli bassissimi il cosiddetto “steering moment”, ovvero l’influenza negativa che la ruota alta può avere sull’avantreno della bici, quasi come una forzatura. Aumentano i profili dei cerchi, aumentano l’agilità e la facilità di guida del mezzo meccanico. Non in ultimo è stato migliorato il risparmio di watt a pari velocità (facendo un confronto con le ARC 50 della generazione precedente), considerando ogni singolo profilo dei cerchi. In termini di gestione del drag, ogni profilo diventa il riferimento sul mercato.

I valori alla bilancia dichiarati. 1.471, 1.511 e 1.669 grammi, rispettivamente per le 55, 65 e 85 ARC 1100 (senza pneumatici). 1.549, 1.619 e 1.772 grammi, rispettivamente per le ARC 1400 55, 65 e 85 millimetri.

Il disegno dei raggi per la versione 1100
Il disegno dei raggi per la versione 1100

ARC 1100 Dicut DB

Fanno parte della classe ASTM 1, quella sviluppata per ottenere le prestazioni più elevate. Volendo fare un ulteriore accostamento, le ERC sono di classe 2. Il cerchio è full carbon con predisposizione tubeless e tape interno (non è hookless). Portano in dote i mozzi Dicut 180 con il meccanismo interno Rachet EXP. I raggi sono in acciaio con incrocio in seconda per entrambe le ruote ed a prescindere dal profilo. Il numero dei profilati è differenziato, 20 per la ruota davanti, 24 per la posteriore.

La ruota libera è per Shimano oppure Sram XDR (non è prevista Campagnolo). I prezzi di listino sono: 2.699,80 euro senza coperture, 2.799,80 con le gomme Continental, Aero111 anteriore, GP5000 tubeless la posteriore (montate con camere in TPU).

DT Swiss 1400 Dicut DB

Sotto il profilo dell’impatto estetico non cambia nulla, se non la forma dei raggi. Stesse altezze e medesimi cerchi, uguale la tecnica di raggiatura con nipples interni e mozzi Dicut 240 che hanno lo stesso disegno dei 180. Stessa classe 1 di appartenenza, ma scendono i prezzi. 2.149,80 per le sole ruote, 2.249,80 per il sistema ruota/pneumatico.

Casper Von Folsach (a destra della foto) agli europei 2018
Casper Von Folsach (a destra della foto) agli europei 2018

Parola di Performance Manager

Per meglio contestualizzare le nuove DT Swiss, ecco alcune considerazioni di Casper Von Folsach, fortissimo ex pistard della nazionale danese e ora responsabile dei materiali al Team Uno-X Mobility.

«Non è stato facile migliorare un prodotto già performante -dice Von Folsach- perché la generazione precedente delle DT Swiss ARC ha fatto segnare un livello molto elevato di tecnologia applicata e di prestazioni. Eppure siamo riusciti a migliorare ulteriormente. C’è un cerchio diverso con un canale interno più largo che permette di sfruttare meglio le gomme più larghe. Le nuove ruote sono più leggere: fattore che conta. E poi c’è la qualità della guida, aumentata con una facilità di gestione che diventa un esempio. Il corridore – conclude Von Folsach – non deve pensare a come si comportano le ruote e come gestire le diverse fasi di guida, può concentrarsi sulla resa atletica».

Uno sguardo alla lenticolare

E’ una ruota con le due pannellature in carbonio, è tubeless ready (non hookless) e prevede una sorta di foam interno con densità e spessori ottimizzati. Il canale tubeless interno è largo 20 millimetri. La Disc si basa sul mozzo Dicut 180 con Rachet EXP 36. Anche in questo caso è possibile la doppia scelta, con o senza pneumatico (Continental GP5000s TR), rispettivamente a 2.399,90 e 2.449,90 euro.

DT Swiss

Martina Fidanza: il doppio (e triplo) allenamento su strada

26.06.2025
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La vedremo impegnata oggi sulle strade della prova a cronometro valida per il titolo nazionale e poi sarà al via anche della prova in linea sabato 28 giugno. Un doppio impegno che lancerà la seconda parte di stagione per Martina Fidanza, l’atleta bergamasca della Visma Lease a Bike Women volerà in Belgio per correre al Baloise Ladies Tour dal 16 al 20 luglio

Quando abbiamo chiamato la più giovane delle sorelle Fidanza, ieri (mercoledì) nel pomeriggio, stava ricaricando le energie in vista del campionato nazionale a cronometro che correrà con il supporto delle Fiamme Oro.

«E’ un percorso bello anche se non troppo adatto alle mie caratteristiche, sono qui di supporto  – dice con una risata – a Vittoria Guazzini. Siamo venute entrambe con le Fiamme Oro e correremo anche su strada sabato».

Martina Fidanza è tornata in gara al Copenaghen Sprint lo scorso 21 giugno dopo tre settimane
Martina Fidanza è tornata in gara al Copenaghen Sprint lo scorso 21 giugno dopo tre settimane

Tripla sessione

I metodi di allenamento per Martina Fidanza sono cambiati da quando è arrivata alla Visma Lease a Bike Women. La cosa che ci ha colpito è una storia su Instagram nella quale la velocista della formazione WorldTour olandese con scritto: “terza sessione completata”. 

«E’ stato un po’ un incrocio di fattori – racconta – e una scelta mia presa di comune accordo con la squadra e lo staff. Il giorno prima avrei avuto la sessione in palestra ma coincideva con il giorno di riposo. Ho preferito quindi recuperare totalmente e spostare l’allenamento in palestra al giorno successivo, solamente che questo coincideva con un doppio allenamento su strada. Da quest’anno sto facendo spesso doppia sessione in bici, una al mattino e l’altra al pomeriggio. E’ un metodo che già adopero con la nazionale su pista e mi trovo bene».

Fidanza era già abituata a svolgere doppie sessioni di allenamento, ma di solito lo faceva su pista nei ritiri con la nazionale (foto Instagram)
Fidanza era già abituata a svolgere doppie sessioni di allenamento, ma di solito lo faceva su pista nei ritiri con la nazionale (foto Instagram)
Andiamo con ordine e parliamo di come ti trovi con il doppio allenamento su strada?

Bene. Alla fine sono due allenamenti corti ma al termine della giornata il volume fatto è ottimo, intorno alle quattro ore. Poi a seconda dei lavori si può stare in bici una mezz’ora in più o in meno. 

Come dividi le sessioni?

Si tratta di fare un allenamento ad alta intensità e uno di endurance. Solitamente sono io a decidere come dividerli preferendo fare la sessione ad alta intensità al mattino e quella legata al fondo al pomeriggio. La doppia sessione serve perché sarebbe impossibile fare un allenamento unico per entrambe, in questo modo si riesce a fare tutto mantenendo un buon volume di lavoro. 

La doppia sessione di allenamento permette di fare ottimi volumi di lavoro e variare gli esercizi per avere una giornata completa (foto Instagram)
La doppia sessione di allenamento permette di fare ottimi volumi di lavoro e variare gli esercizi per avere una giornata completa (foto Instagram)
Gli allenamenti ad alta intensità in cosa consistono?

Variano spesso nell’arco delle settimane e delle sessioni, ma solitamente faccio gli stessi lavori che facevo anche gli anni precedenti: sprint oppure VO2Max o interval training con ripetute da trenta secondi, un minuto o cinque minuti. Con la Visma direi che la novità maggiore è l’aver inserito più VO2Max. 

In queste doppie sessioni inserisci anche la bici da cronometro?

Ultimamente sì. Visto l’impegno al campionato italiano e la doppia prova contro il tempo al Baloise Ladies Tour ho portato a casa la bici dedicata e mi sono allenata anche con quella. 

Il recupero e il reintegro sono gestiti con la nutrizionista tramite un’applicazione (foto Instagram)
Il recupero e il reintegro sono gestiti con la nutrizionista tramite un’applicazione (foto Instagram)
Come gestisci i tempi di recupero tra le due sessioni?

In inverno le ore di luce sono poche e ho orari “obbligati” mentre adesso che è estate preferisco uscire la mattina e poi il pomeriggio tardi, intorno alle 17 e avere un recupero più lungo. A livello di alimentazione mi affido alla nutrizionista della squadra, usiamo un’applicazione che si chiama Food Coach. Noi troviamo i macronutrienti da assumere in base a quello che consumi in allenamento. Cosa mangiare lo decidiamo noi. 

Per la giornata di triplo allenamento come hai diviso gli impegni?

Avevo in programma la doppia uscita in bici e la sessione in palestra. Allora per organizzarmi bene sono partita in bici da casa e sono andata in palestra, mi sono allenata e tornando a casa ho finito i lavori che mi mancavano in bici. Nel pomeriggio ho inserito l’ultimo allenamento su strada. Devo dire che mi piace fare attivazione in palestra, mi trovo bene anche nel pedalare dopo. Poi la sera ero un po’ più stanca. Diciamo che non lo farei sempre ma se capita si fa e si riescono a rispettare bene i tempi di recupero.

Chiara e Soraya al servizio della Canyon per puntare in alto al Giro

25.06.2025
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Prima la squadra, poi gli obiettivi personali. La mira della Canyon//Sram zondacrypto al Giro d’Italia Women sarà concentrata sulla classifica generale. Lo si evince dalla video-conferenza organizzata ieri dalla formazione tedesca direttamente dai 2.000 metri di Kuthai in altura nella quale Chiara Consonni e Soraya Paladin appaiono come “moschettiere” al servizio della loro leader Antonia Niedermaier (in apertura foto facebook Canyon//Sram zondacrypto).

I gradi di capitana infatti ricadranno sulla 22enne ex fondista di vertical race, già vittoriosa nella tappa di Ceres nel 2023 al termine di una lunghissima fuga. Niedermaier ha fatto un ulteriore salto di qualità negli ultimi anni. La tedesca avrà il compito di confermare e possibilmente migliorare il terzo posto finale ottenuto l’anno scorso da Neve Bradbury e sa che potrà contare sull’apporto anche delle due compagne italiane. Tuttavia sia Consonni che Paladin sanno che hanno un paio di frazioni adatte a loro per potersi giocare le proprie carte. Ed entrambe sabato 28 giugno correranno il campionato italiano di Darfo Boario Terme con differenti ambizioni.

L’emozione di Chiara

Solitamente questo genere di conferenze on-line sono anche l’occasione per fare un piccolo bilancio della stagione fin lì disputata. Consonni ha il volto sorridente come sempre. Si gode la giornata del suo 26esimo compleanno assieme alla squadra giusto ventiquattro ore dopo aver celebrato – lei che è stata oro a Parigi nella madison con Guazzini – l’Olympic Day.

«Quest’anno – spiega la velocista bergamasca – sono cambiate un po’ di cose, tra squadra nuova e nuovo preparatore. Non è mai facile adattarsi subito e alla luce di questo posso dire che è mancata solo la vittoria. Per il resto è andato tutto molto bene e sono contenta.

«Sono emozionata di correre il Giro Women con la Canyon – prosegue – perché inizia a pochissimi chilometri da casa e so che sarà speciale. Non vedo l’ora di iniziare e poter essere di supporto alle mie compagne».

Consonni, ma anche Paladin, stanno correndo con la Canyon Aerod. Proprio in vista del Giro e ancor più del Tour potrebbero arrivare delle sorprese in termini di colorazioni
Consonni, ma anche Paladin, stanno correndo con la Canyon Aerod. Proprio in vista del Giro e ancor più del Tour potrebbero arrivare delle sorprese in termini di colorazioni

Consonni e il lead out

La mente di Chiara però è proiettata al Giro d’Italia Women e su come affrontare questo impegno, prima eventualmente di correre anche il Tour de France Femmes, per cui saprà qualcosa più avanti.

«Al Giro Women ci sono due tappe per gli sprint – analizza Consonni correggendosi immediatamente – anzi forse solo quella di Monselice perché quella di Trento al terzo giorno prevede all’inizio il Passo del Tonale che potrebbe scombinare i piani. Io proverò a puntare a vincere una tappa (ne ha sempre vinta una negli ultimi tre anni, ndr), però prima di tutto cercherò di essere di aiuto alla squadra e ad Antonia».

La lista delle sue rivali in volata ancora non è ben definita, ma ci sarà sicuramente Lorena Wiebes. L’olandese della SD Worx è già a quota 11 successi e in tre occasioni Chiara le ha chiuso alle spalle. Il duello si rinnova.

«Lorena – dice facendo un sospiro – allo sprint ha quei tre secondi iniziali di potenza che fanno paura e la differenza. Le volate che ho fatto con lei ci hanno dato dei riferimenti. In ritiro abbiamo lavorato in funzione di questo allenando e perfezionando il nostro lead out. Una tattica potrebbe essere quella di anticipare il suo sprint. Vedremo come si metteranno le cose nelle tappe adatte a noi e cercheremo di cogliere il massimo risultato. Io sono pronta».

A Copenaghen Consonni chiude terza (qui podio invertito) dietro Wiebes e Balsamo, che non sarà al Giro Women
A Copenaghen Consonni chiude terza (qui podio invertito) dietro Wiebes e Balsamo, che non sarà al Giro Women

Soraya e un occhio al tricolore

Collegata accanto a Consonni c’è anche Paladin, alla quarta stagione alla Canyon. La 32enne trevigiana fa eco alla sua compagna, ma per lei prima c’è un tricolore in linea incline alle sue caratteristiche.

«Il percorso – risponde Soraya – è duro e può essere adatto a me. Non corro dall’Itzulia a metà maggio, però in altura in Austria ho lavorato bene quindi spero di aver belle sensazioni, anche se so che scendendo direttamente dal ritiro è sempre un punto di domanda. Poi so anche che il campionato italiano è una gara sempre strana. Se starò bene spero in una corsa abbastanza selettiva in modo da staccare le ruote veloci e giocarmi le mie possibilità in modo intelligente».

A maggio Paladin centra il secondo posto dietro Ferguson al Navarra’s Women. Ora punta a bel campionato italiano prima del Giro
A maggio Paladin centra il secondo posto dietro Ferguson al Navarra’s Women. Ora punta a bel campionato italiano prima del Giro

Garanzia Paladin

Soraya al Giro femminile ha sempre sfiorato il successo nelle frazioni più congeniali e dopo tanti anni meriterebbe un’affermazione personale importante per consacrare definitivamente il suo ruolo di donna-squadra.

«Guardando il tracciato – continua – potrebbero esserci diverse opportunità per le fughe. Con tante tappe dure si potrebbe correre in maniera più conservativa e pertanto bisognerà essere brave a entrare nelle azioni giuste. Io potrei ritagliarmi il mio spazio in un paio di occasioni, ma come ha detto Chiara la priorità resta quella di curare la generale con Antonia e aiutarla in ogni situazione. Gli ultimi tre giorni e l’ultima tappa non sarà certamente una passerella finale. L’altimetria della tappa di Imola potrebbe far succedere di tutto se i distacchi saranno minimi.

Sempre in Spagna Paladin finisce terza dietro Bredewold e Lipper nella seconda tappa dell’Itzulia
Sempre in Spagna Paladin finisce terza dietro Bredewold e Lipper nella seconda tappa dell’Itzulia

«L’esperienza mi ha insegnato – conclude Paladin poco prima dei saluti – che contano molto le energie mentali in una gara a tappe, specialmente se stai in un ambiente buono. Noi della Canyon siamo messe molto bene sotto questo punto di vista e ne siamo consapevoli. Poi personalmente anche a me dà molto morale avere una tappa vicino a casa. Anche questo aiuta ad affrontare meglio una corsa come il Giro Women».

Nuove ruote Deda SL7, test segreto all’Ironman di Amburgo

25.06.2025
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Abbiamo due nuove ruote da testare. Profilo da 70, ovviamente in carbonio: l’unica cosa è che non se ne potrà parlare fino al 25 giugno. Noi invece abbiamo un amico che andrà a correre l’Ironman di Amburgo: vogliamo chiedere a lui di allenarsi, provarle e poi usarle in gara? E’ iniziato così il test delle nuove ruote Deda SL7 (le sorelle maggiori della gamma SL) ed è andato avanti per un paio di mesi, dalla metà di aprile quando il corriere ha consegnato il voluminoso scatolone nello studio di fisioterapia di Alessio Parisi, alle porte di Roma.

Imperativo categorico, visto l’embargo: bocca chiusa, né foto né video. Fisioterapista, triatleta, ma anche coach e preparatore atletico di pallavolo, Parisi ha capito al volo. Le ha fatte montare e ha continuato la preparazione, cercando di capire se le nuove ruote girino nel verso giusto. Con i vantaggi che la lettura della scheda tecnica lascia intuire.

Il primo assaggio

I primi test sono esaltanti. Per quanto sia possibile confrontare il comportamento di ruote diverse su strada, considerando che le condizioni sono difficilmente ripetibili, sullo stesso giro di 100 chilometri, il suo profilo Garmin Connect evidenzia che a parità di media, le nuove ruote gli permettono un risparmio evidente di watt: 163 contro i 179 delle vecchie ruote.

«Le ho usate anche su alcune salite dei dintorni – spiega – con tornanti e a volte pendenze severe. Sono ruote leggere per avere profilo da 70 (1.470 grammi la coppia, ndr) e in salita sono anche belle reattive. In discesa bastavano due pedalate per ritrovarsi a 60 all’ora. Bisogna anche saperle guidare e in quel caso riesci a usarle su ogni tipo di pendenza. Inoltre avevo già visto che assorbono molto bene le buche, che qui abbondano». 

Alessio Parisi in allenamento alle porte di Roma con le nuove Deda SL7
Alessio Parisi in allenamento alle porte di Roma con le nuove Deda SL7

Il nuovo mozzo Allroad

Le ruote, come prima cosa. La nuova Deda SL7 in carbonio ha il cerchio alto 70 mm e larghezza interna di 23 mm (esterna di 28 mm). La fibra utilizzata è ad alto modulo con trama combinata UD e 3K, con la conseguenza che la spinta viene trasformata in accelerazione come si conviene a ruote per l’agonismo, però si mantengono anche comfort e sensibilità durante la guida.

Al centro c’è il nuovo mozzo Allroad di Deda, con corpo in alluminio AL7075, asse anteriore da 17 mm e posteriore da 15 mm. Sono dotati di un sistema a doppio ratchet da 40 denti, per l’innesto della ruota libera. Il ratchet più piccolo si trova nel corpo ruota libera mentre quello più grande si trova all’interno della flangia del mozzo. L’angolo di ingaggio è dimezzato rispetto alla generazione precedente, offrendo una risposta immediata alla pedalata. Il sistema è compatibile con rotori Shimano Center Lock e perni passanti moderni 12×100 mm / 12×142 mm. In pratica la SL7 e pronta per qualsiasi bici da strada con freni a disco. Nel caso di Alessio Parisi, parliamo di una Canyon Speedmax CF 7 Di2 del 2025.

Si corre nella tempesta

Torniamo al racconto, perché le cose si complicano: l’Ironman di Amburgo stava per essere cancellato per maltempo. Pensate che colpo per chi ci aveva investito tempo, soldi e sudore con l’obiettivo di restare sotto le 11 ore. Il viaggio della spedizione italiana era stato già avventuroso in partenza, dato che per una coincidenza troppo stretta, all’arrivo ad Amburgo si è scoperto che i bagagli – biciclette comprese – erano rimasti nell’aeroporto precedente.

«La vigilia di una gara così – racconta Parisi – richiede che ci si muova il meno possibile, invece è stato un continuo andirivieni fra l’aeroporto e l’hotel, per recuperare le bici. Alla fine abbiamo fatto giusto in tempo a montarle e fare un rapido check, prima di consegnarle il giorno dopo. Fino a quel momento le condizioni meteo erano accettabili, invece in serata è arrivato il messaggio dell’organizzazione. Per il giorno dopo, quello della gara, la previsione parlava di thunderstorm, una tempesta di fulmini, vento forte oltre i 30 nodi e condizioni avverse. Non si sapeva neanche se la gara si sarebbe fatta».

Rotta la borsa dei gel

Ma la gara per fortuna si è fatta. Per cui sveglia alle 4,15, colazione alle 4,30 in tempo per scoprire che la partenza sarà spostata vanificando tutti i conteggi legati alla tempistica dell’alimentazione. 4,26 chilometri di nuoto nel lago. 180 chilometri di bici fra città e campagna. 42,195 chilometri di corsa a piedi: una maratona. L’Ironman è fatto così.

«SUl fronte dei tempi – spiega Parisi – era tutto sfasato. In più l’Ironman ha un sistema di partenza che si chiama rolling start, quindi nel nuoto partono 5 atleti ogni 10 secondi per non creare la calca. Quindi se la partenza è fissata per le 7, tu potresti anche partire alle 7,45. Tante attese che si sommano. In più ci siamo accorti che la zona cambio era devastata dopo l’alluvione. Abbiamo trovato le bici sbattute per terra dal vento. Sulla mia si era rotta la bento box, la borsa sopra al tubo orizzontale, dove di solito tengo i gel. Aveva una crepa, traballava, però tutto sommato si reggeva».

Dopo la prova di nuoto, è arrivato il vento quasi sempre contrario e trasversale (foto sportograf.com)
Dopo la prova di nuoto, è arrivato il vento quasi sempre contrario e trasversale (foto sportograf.com)

180 chilometri contro vento

Quindi si nuota, con l’uscita dall’acqua resa complicata dalle correnti sotto degli archi, provocando il super lavoro degli addetti preposti a tirare fuori dall’acqua i concorrenti. E a quel punto finalmente è iniziata la frazione in bicicletta.

«Siamo partiti con la bici – racconta Parisi – per fare 180 chilometri di vento contro o laterale, sembrava di avere un ventilatore che si spostava davanti o di lato. Non tanto in città, ma appena uscito in campagna. A un certo punto sembrava di essere alla Roubaix, perché ci hanno fatto correre su un lastricato di sassi belli grandi e su stradine strette. Eppure non ho perso tanti watt, come quando non hai più la regolarità della spinta. Solo che essendoci l’impossibilità di sorpassare e insieme il divieto di scia, avevamo i giudici sempre sul collo. Con il profilo delle nuove ruote sono riuscito ad andare molto bene rispetto ad altri che usavano la lenticolare posteriore e le tre razze davanti. Nonostante vento e pioggia, sono riuscito a chiudere i 180 chilometri in 5 ore 22’23” a 33,3 di media e con 153 watt medi, quindi con un filo di gas. Era studiato. Volevo fare una frazione di bici in controllo, perché con quel vento era impossibile fare tanto meglio, e poi dare tutto nella corsa».

Per la corsa invece ha ripreso a piovere. A tratti anche grandine e temperature rigide (foto sportograf.com)
Per la corsa invece ha ripreso a piovere. A tratti anche grandine e temperature rigide (foto sportograf.com)

Con i tubeless da 28

Di come finirà la sfida vi diremo alla fine. Ora passiamo al comportamento delle Deda SL7, che in condizioni meteo così estreme si potrebbe pensare cha abbiano sofferte e si sono invece rivelate delle preziose alleate.

«Durante la preparazione – spiega Alessio – ho fatto le prove con tre tipologie di ruote. Le prime erano quelle di serie sulla bici, le DT Swiss da 30 in alluminio. Poi ho usato le Giant SLR2, con profilo differenziato. Infine le SL7. La differenza l’ho notata innanzitutto in discesa: i miei compagni dovevano pedalare per starmi dietro. Una volta che prendono velocità, le ruote vanno da sole. Sulle salite sono sufficientemente leggere da poterci fare tutto. E’ una ruota abbastanza universale. E anche con delle raffiche forti, una volta che… agganciano il vento e ci si è lancia, tutto sommato riesci a mantenere la velocità. In più ho fatto montare un tubeless da 28 che dà stabilità e comfort. Per la gara ho gonfiato a 5,30 e 5,80. Non c’erano curve tecniche o discese, Amburgo è piatto. Non serve un’aderenza particolare, serve essere veloci».

Amburgo, 1° giugno 2025: Alessio Parisi al traguardo in 10 ore 49’35” (foto sportograf.com)
Amburgo, 1° giugno 2025: Alessio Parisi al traguardo in 10 ore 49’35” (foto sportograf.com)

Effetto volano a 32 orari

Serve essere veloci, ma anche saper rilanciare bene nei giri di boa, dato che il percorso si svolgeva su un circuito da ripetere più volte. Racconta Parisi che rispetto alla lenticolare che aveva usato negli anni scorsi, in questo caso bastavano tre pedalate per rilanciar la bici: già a 32-33 chilometri all’ora si godeva dell’effetto volano, in cambio di appena un paio di watt in più da spendere nell’accelerazione e poi del loro calo una volta che la bici è lanciata.

Nella corsa, Parisi ha recuperato parecchi di quelli che lo avevano sopravanzato nel nuoto e poi in bici. La lezione secondo cui occorre usare la testa e non spendere tutto perché poi nella maratona conclusiva si paga un conto pesante ancora una volta è stata rispettata. E si può proprio dire che le Deda Sl7 abbiano svolto alacremente il loro servizio. Leggere, veloci, guidabili e comode: test superato a pieni voti. Lo provochiamo dicendogli che vorremmo vederlo all’opera in condizioni di asciutto. E lui con lo sguardo e qualche anticipazione butta lì che per settembre qualcosa potrebbe già bollire in pentola.

Agostinacchio è maturo e il Giro Next Gen ce lo ha confermato

25.06.2025
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BRA – La prima vittoria italiana, tra l’altro l’unica, al Giro Next Gen porta il nome di Filippo Agostinacchio . Il corridore che da quest’anno corre con la Biesse Carrera Premac ha cambiato marcia e si vede, parlano i numeri e i risultati. E’ arrivata la maturazione fisica e mentale che si aspettava ed è arrivato il momento di cogliere i frutti di un lavoro lungo e iniziato quando ancora la strada non era nei suoi pensieri. Il maggiore dei due fratelli, l’altro, Mattia, è al secondo anno juniores, ha trovato un percorso che lo ha portato a trovare un equilibrio ottimo tra ciclocross e strada

«E dire che sono arrivato su strada – racconta a pochi minuti dal via della settima tappa del Giro Next Gen – perché la squadra di mountain bike con la quale avrei dovuto correre ha “ritirato” l’offerta. Così nell’inverno del 2022 mi sono trovato un po’ spiazzato ed è arrivata la Beltrami a darmi una chance proponendomi di correre anche su strada. Ho iniziato la preparazione in vista della stagione 2023 prendendo un po’ le misure nei due mondi».

Filippo Agostinacchio ha vinto la quinta tappa del Giro Next Gen con un’azione di forza notevole (foto La Presse)
Filippo Agostinacchio ha vinto la quinta tappa del Giro Next Gen con un’azione di forza notevole (foto La Presse)
Un progresso rapido considerando che hai saltato il primo anno under 23…

Proprio perché la strada non era nei miei piani, alla fine il 2022 è stata una sliding door importante ma quasi involontaria nella mia carriera.

Come hai trovato l’equilibrio tra strada e cross?

Il 2023 è stato un anno di approccio, dove ho corso meno su strada. Infatti a luglio ci eravamo fermati per non tirare troppo la corda. Quella scorsa è stata la prima stagione intera su strada e sento di aver fatto dei grandi progressi. 

Dopo l’arrivo di Acqui Terme Agostinacchio è scoppiato in lacrime, per lui si è chiuso un cerchio (foto La Presse)
Dopo l’arrivo di Acqui Terme Agostinacchio è scoppiato in lacrime, per lui si è chiuso un cerchio (foto La Presse)
Quest’anno con la Biesse Carrera come stai lavorando?

Molto bene. Grazie alla squadra sono riuscito anche a stare un po’ più tranquillo. Ho fatto quello che devo fare a casa senza nessun problema, l’ambiente in squadra mi ha permesso di stare sereno e concentrarmi solo su allenamento, alimentazione e riposo. Da un paio d’anni curo la mia preparazione e mi alleno da solo, ho il supporto di Pierantozzi che lavorava con me quando ero alla Beltrami.

Come mai ti alleni da solo?

Sto studiando Scienze Motorie all’università. Fino a due anni fa mi allenava mio padre, poi ho pensato che “emanciparmi” mi potesse fare bene. Alla squadra questa cosa sta bene e i risultati stanno arrivando. Il binomio con il cross funziona bene e non ho intenzione di mollarlo a breve. L’unico problema che ho avuto quest’anno è stato un infortunio alla schiena che mi ha fatto concludere in anticipo la stagione sul fango. Poi sono andato in ritiro con la Biesse a Denia ed è andata meglio.

L’arrivo alla Biesse Carrera Premac ha permesso al più grande dei fratelli Agostinacchio di fare un salto di qualità notevole
L’arrivo alla Biesse Carrera Premac ha permesso al più grande dei fratelli Agostinacchio di fare un salto di qualità notevole
Qual è la differenza rispetto agli anni scorsi?

Probabilmente il fatto che gareggio di più su strada. Anche questo dettaglio ha fatto in modo che migliorassi a vista d’occhio. 

Hai vinto la tua prima corsa su strada saltando degli step intermedi…

Il successo della quinta tappa, ad Acqui Terme, dà una grande consapevolezza soprattutto se pensiamo al livello degli altri corridori. Adesso vediamo quali potranno essere gli altri obiettivi. Visto che sto andando bene non ho paura di dire che il campionato italiano può essere uno di questi. 

I progressi del valdostano si erano già visti in primavera, qui sul podio di San Vendemiano, dove ha conquistato il terzo posto (photors.it)
I progressi del valdostano si erano già visti in primavera, qui sul podio di San Vendemiano, dove ha conquistato il terzo posto (photors.it)
E’ solo la tua terza stagione su strada ma sei al quarto anno da under 23, hai mai sentito la pressione?

In generale no, magari quest’anno qualche giorno ci ho pensato a questo fatto di dover dimostrare qualcosa. Ma devo ammettere che la maggior parte del tempo sono rimasto tranquillo, sapevo quello che dovevo fare e come farlo. 

E il prossimo anno?

Vedremo, non si sa ancora nulla.