Due vittorie in una settimana, il mese di maggio ha visto Martina Fidanza salire sul gradino più alto del podio prima in Lussemburgo e poi in Belgio. I primi mesi della velocista bergamasca alla Visma Lease a Bike hanno mantenuto le attese riposte in lei dal team olandese. Quando ci aveva detto del suo approdo alla Visma aveva raccontato di come il suo profilo fosse entrato nei radar dello squadrone. In lei la Visma cercava una velocista da affiancare a Nienke Veenhoven.
«Vincere è bello – ci racconta Martina Fidanza – sono felice di averlo fatto presto. Dopo le Classiche ho avuto un calendario altalenante visto che alcune gare che avrei dovuto disputare sono state cancellate. Inoltre alla Dwars Door Vlaanderen ho preso un virus con il quale ho lottato un po’. Sono tornata in corsa il 3 maggio in Lussemburgo, al Festival Elsy Jacobs à Garnich e il giorno dopo al Festival Elsy Jacobs à Luxembourg (in apertura la foto del podio: al centro Martina Fidanza, a sinistra Valentine Fortin e a destra Barbara Guarischi».
Ti aspettavi di vincere?
Non subito dopo il rientro. Il secondo giorno in Lussemburgo avevamo tutte via libera per provare a fare la corsa. Io sono rimasta in gruppo e una volta arrivate nel finale le mie compagne si sono messe a disposizione e abbiamo lanciato la volata. Sono molto felice sia per il successo che per la fiducia riposta in me da tutti.
Il team ha creduto in te…
In tutte noi, direi. Perché di velociste chiamate a mettersi in gioco siamo in due. Fin dai ritiri di gennaio e febbraio ho sentito molto l’appoggio dello staff e dei tecnici. Al momento Veenhoven e io siamo chiamate in causa in gare di secondo piano, ma l’idea è di creare un treno forte per provare a fare bene anche nelle corse WorldTour. Infatti già a inizio anno al UAE Tour ci siamo testate. Eravamo nella gara di riferimento per tutte le velociste e devo dire che siamo partite bene con un terzo posto nelle prima tappa.
Cosa intendi dire che tutti hanno creduto in voi?
Nei primi mesi abbiamo fatto tanti meeting e ci siamo messe al lavoro in maniera mirata per avere un treno forte e funzionale alle nostre esigenze. Fin dai primi incontri la squadra ci ha chiesto quale tipo di treno volessimo e quale fosse la nostra idea di volata. Ci hanno lasciato lo spazio per esprimerci e ci hanno ascoltate.
Entriamo nel tecnico, tu cosa hai chiesto, come ti piace lo sprint?
L’esempio perfetto arriva dalla seconda gara vinta: il Trofee Maarten Wynants. Quella è stata la volata ideale come approccio ed esecuzione. A me piace quando il treno prende la leadership e si tiene una velocità elevata, in grado di far soffrire il gruppo. Il lead out deve essere fatto ai 200 metri dall’arrivo, meglio se presi davanti a tutti.
E’ cambiato qualcosa rispetto al passato?
Gli aspetti che stanno facendo davvero la differenza sono l’analisi e l’ascolto, sia prima che post gara. Parliamo, ci confrontiamo a riusciamo a migliorare subito. L’esempio giusto lo abbiamo avuto al UAE Tour. Era la prima volta che lavoravamo insieme, ma grazie agli allenamenti invernali siamo arrivate pronte.
Come ti trovi a condividere il posto da velocista con un’altra compagna?
Ognuna ha il suo spazio e ci mettiamo a disposizione quando l’altra sta meglio o quando la squadra dà indicazioni precise. Al UAE Tour, era Veenhoven la velocista di riferimento. Mentre nelle ultime gare ci siamo divise bene i ruoli.
Hai parlato di riunioni e analisi, ma in bici è cambiato qualcosa per quanto riguarda la preparazione?
Avendo cambiato preparatore, si è presa la sua linea di lavoro. Non si discosta troppo da quella precedente, anche se in qualcosa è cambiato. Ad esempio durante le uscite cerco di tenere una base di endurance a bassa intensità. A volte davvero bassa. Mentre dal punto di vista della nutrizione ho aumentato le calorie assunte. All’inizio sembrava quasi assurdo, ma mi sono fidata al 100 per cento e i risultati si vedono.
Quanto bassa l’intensità della parte endurance?
Considerate che una volta, dopo un allenamento, mi hanno detto che avevo fatto una salita troppo forte. Dovevo abbassare ancora il ritmo. C’è anche un’altra differenza rispetto a prima: il doppio allenamento, ma personalmente sono già abituata a questo metodo facendo pista.
A proposito, la pista riesci a mantenerla?
Assolutamente. Oggi (mercoledì, ndr) avevo in programma di andare a Montichiari, poi non sono riuscita perché il velodromo era chiuso per lavori. Però la squadra asseconda sempre le mie richieste quando si tratta di girare sul parquet. E’ vero che siamo nell’anno post olimpico, ma a me piace mantenere il feeling con la pista.