Il secondo posto di domenica al Giro delle Fiandre rappresenta per Pauline Ferrand Prevot la risposta che cercava. Non è arrivata la vittoria, ma essere stata lì, a lottare per una Monumento fino all’ultimo centimetro, dimostra che la sua scelta di mollare la mountain bike dopo il trionfo olimpico è stata quella giusta. Molti, al momento del suo annuncio, erano scettici: dopo 5 anni di pressoché totale lontananza dalla strada, sarebbe mai riuscita a tornare quella che era, quella che nel 2014 vinse la Freccia Vallone e poi conquistò addirittura il titolo mondiale? Ora la risposta c’è ed è positiva.
Come la stanno gestendo in casa Visma-Lease a Bike? Se la scommessa è stata vinta è grazie a loro, che hanno creduto nella transalpina anche se a 33 anni poteva sembrare un azzardo. Rutger Tijssen, direttore sportivo del team olandese, però non ha mai avuto dubbi e in vista della Parigi-Roubaix è pronto a rilanciare perché ormai manca un solo scalino, in fin dei conti.
Come avete trovato Pauline all’inizio della preparazione, quali differenze c’erano rispetto alle altre?
Difficile dirlo. Ho incontrato Pauline a ottobre e l’ho trovata davvero motivata per tornare ad avere successo nel ciclismo su strada. Si è rimessa in discussione, ha scelto di ricominciare lasciando una comfort zone per rimettersi in discussione. E da quel momento in poi, ha fatto tutto il necessario per diventare una brava ciclista.
Lei veniva da 5 anni dedicati solo alla mountain bike. Questo a tuo giudizio ha rappresentato un problema?
No, non è assolutamente un problema, ma è più una sfida che stiamo vivendo con lei giorno dopo giorno. Portarla da gare di un’ora e mezza, diciamo 2 ore, a gare come il Fiandre, di circa cinque ore è stato il nocciolo del discorso, la transizione che abbiamo dovuto fare partendo dall’allenamento. Lei si è adattata, ha accettato di ricominciare e di faticare, per raggiungere questo risultato.
Quando hai capito che la vecchia Pauline, la Pauline che ha vinto campionati del mondo e classiche, stava tornando?
A quel tempo non la conoscevo. Io mi posso basare su quel che vedo ora. L’elemento principale è che i suoi dati di allenamento, in uno o due mesi, erano già allo stesso livello delle ragazze che gareggiavano ai massimi livelli da anni. Quindi ha davvero fatto un passo avanti, può sembrare un passo abbastanza facile, ma non è così: è costato tanta fatica e applicazione mentale.
L’età può essere un problema o fisicamente e mentalmente la vedi più fresca, proprio per la lontananza da quest’ambiente?
Sì, credo che si possa dire così. Fisicamente, il corpo umano è molto forte. Soprattutto l’aspetto mentale è quello che si vede quando si hanno atlete più mature come lei, che ora ha 33 anni. Si vede che sono mentalmente più preparate a lavorare, si mettono davvero in discussione. Sei pronta a fare tutto il necessario per vincere? Per Pauline, ovviamente, la risposta a questa domanda è sì. Ha fatto e sta facendo tutto.
Lavorandoci insieme, quali sono le sue caratteristiche principali?
Quello che mi piace davvero di lei è che mi sfida sempre. Mi porta ogni volta a portare il limite un po’ più in là. Lei vuole migliorare, e con questo mi sfida. Mi fa domande. Discute con me quando si tratta di gare. Quando si tratta di allenamento. Quando si tratta di confrontarsi con cicliste straniere. Come allenatore, è bello lavorare con lei.
Lei ha detto lo scorso anno di sognare la maglia gialla al Tour de France: secondo te può raggiungerla già quest’anno?
Oh sì, penso che possa. Non sto dicendo che lo farà, ma penso che ci siano le condizioni per provarci. Se vedi come sta gareggiando ora, nelle ultime gare è arrivata terza alla Strade Bianche e quarta alla Sanremo. La giuria ha detto che è stata una volata irregolare a Sanremo: accettiamo la decisione, ma ci sarebbe molto da discutere. Poi è arrivato un secondo posto al Fiandre. Se riesci a tenere questo livello, oserei dire che puoi competere con le migliori anche nell’arco di un grande giro. Certo, dobbiamo confrontarci con gli avversari, fare i conti con la fortuna, ma ci siamo, questo è sicuro.
Viste le sue caratteristiche, meglio per lei la Roubaix di domani o le Ardenne?
A dire il vero, penso entrambe. Penso che possa emergere ovunque. Lei sa “sentire” il pavé e leggerlo, allora può essere molto brava. Tecnicamente è brava in bici, mentalmente è forte ed è quello che serve per vincere, ma d’altra parte è anche molto brava in salita, quindi direi che è molto completa e può emergere ovunque. Il punto è che vogliamo vedere dove è più adatta, ma per ora penso che sia così completa da poter fare entrambe le cose.
La francese ha detto di volersi concentrare solo sulla strada. Da quel che sai, la mountain bike è parte del passato o potrebbe tornare a correre entrambe, magari per le prossime Olimpiadi?
Non credo. Penso che la mountain bike sia qualcosa del passato. E il motivo per cui lo dico è che nella mountain bike lei ha conquistato tutti gli obiettivi, mentre ne ha raggiunti alcuni anche nelle gare di ciclismo su strada. E’ diventata campionessa del mondo. Ha vinto le classiche. L’unica cosa che le manca nel palmarès è il Tour de France. E’ per questo che sta lavorando: ci siamo dati tre anni per raggiungere l’obiettivo. Fino a quel momento non gareggerà più in mountain bike.
La sua esperienza che peso può avere nel vostro team e che legame c’è con le giovani più in vista come Wolf e Bunel?
Quello che porta con sé è la sua grande esperienza, ovviamente. Quello che si nota è che, come una biker, è davvero ben preparata quando si tratta di affrontare una gara. Quindi vuole fare una ricognizione. Vuole conoscere il programma di gara in tempo. E’ metodica. Discute e stabilisce una strategia di gara. E questo è qualcosa che si può davvero trasmettere ai giovani ciclisti, nella loro mente: se vogliono diventare dei buoni atleti, devono essere ben preparati per tutto ciò che li aspetta. E più lo si fa prima delle gare, meglio è. Ti racconto un aneddoto…
Dì pure…
Per 2 giorni ha percorso il tracciato della Roubaix su Strava. Due o tre settimane prima della corsa. Per accumulare sensazioni, esperienza, farsi un’idea. Ed è questa la differenza tra la mountain bike e le gare su strada: nella mountain bike vai a un evento. Vedi il percorso, lo riempi, analizzi i salti, analizzi tutti i rock garden e poi vai in gara. Su strada sta portando la stessa filosofia, anche attraverso i mezzi virtuali a disposizione. Nella nostra squadra è un esempio molto prezioso.