Un passo dopo l’altro, Venturelli andrà lontano

10.08.2023
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STIRLING – Come ieri avevamo tutti lo spauracchio di Segaert, oggi solo Kate Ferguson poteva scalzare Federica Venturelli dal podio. Ma la britannica delle meraviglie ha subito la pressione ed è crollata dopo l’arrivo sotto il peso di un passivo inaspettato. A quel punto, Felicity Wilson-Haffenden ha avuto la certezza di aver vinto l’oro, Izzy Sharp ha tenuto l’argento e l’azzurra ha conquistato una medaglia di bronzo che parla di un altro pezzetto di crescita.

Vigilia serena

A Stirling fa caldo, quasi piove. Il meteo è asincrono rispetto alle stagioni e in questi giorni abbiamo capito che anche gli scozzesi ne hanno le scatole piene. Il mattino nella zona del pullman Vittoria che fa da base alle squadre azzurre è trascorso in relativa tranquillità. Vedere Venturelli riscaldarsi ha ricordato le scene di dolore dello scorso anno, quando cadde alla vigilia della crono e nel giorno di gara quasi non riusciva a salire sui rulli. Questa volta l’avvicinamento è stato buono, la gara su strada ha dato sicurezza. Stamattina Federica rideva.

Velo si è avvicinato, agitandole un computerino sotto al naso: «Adesso lo sincronizzo, così dalla macchina vedo come vai e ti dico di aumentare!».

Federica si è voltata a sua volta: «Non voglio che vedi i miei watt – gli ha risposto – poi mi sento spiata!».

L’occhio di Diego Bragato sul riscaldamento di Venturelli: lo stesso protocollo delle gare in pista
L’occhio di Diego Bragato sul riscaldamento di Venturelli: lo stesso protocollo delle gare in pista

La cronaca dice che Federica Venturelli è partita molto forte e ha pagato pegno sulla salita finale. Si poteva pensare di impostare una tattica diversa, ma in una crono di appena 13,5 chilometri non c’è troppo spazio per il ragionamento. Si va sempre a tutta e si corre il rischio di piantarsi nel finale.

E’ andata così?

E’ andata così. In un campionato del mondo, partire piano è sempre un rischio, perché potresti non riuscire a recuperare nel finale. Conoscendomi, so che anche partendo piano, alla fine sarei stata comunque stanca. Quindi ho preferito giocarmi le mie carte in questo modo e alla fine nel complesso è uscita una prestazione molto soddisfacente. Perciò sono contenta.

Quanto è duro questo muro finale?

E’ più di quello che pensassi, soprattutto gli ultimi 500 metri in ciottolato sembrano più lunghi di 500 metri. Però quando sei lì, devi spingere sino alla fine e non mollare, perché è un campionato del mondo che si gioca sul filo dei secondi ed è importante spingere sino alla linea finale.

Ricordiamo tutti con dolore la vigilia dello scorso anno, come è andata invece questa volta?

Fisicamente sono in una forma migliore ed ero anche più tranquilla. Sicuramente avevo delle aspettative dopo il quarto posto della gara su strada, però questo non mi ha impedito di rimanere tranquilla. Ho dormito bene, ho riposato e mi sono presentata nelle migliori condizioni.

La nazionale ti ha creato attorno una bella struttura. Stamattina avevi vicino Bragato, Velo, si è affacciato anche Villa e c’è sempre Eisabetta Borgia.

Essendo anche coinvolta anche nella pista, sono sotto gli occhi di tutti (sorride, ndr). Quindi lo staff mi segue, perché ha puntato molto su di me in questa categoria. D’altra parte so che il progetto di questa nazionale prevede di continuare il percorso di crescita anche nei prossimi anni e questo è quello che mi fa stare un po’ più tranquilla.

Diciamo che la nazionale è il riferimento fisso, mentre quest’anno sei passata alla Valcar: come sta andando con loro la tua crescita?

Mi sono trovata molto bene e sono passata comunque in una squadra con delle buone compagne (la Valcar-Travel&Service, ndr), che mi possono aiutare sia nelle gare sia anche mentalmente. Mi sono sempre vicine quando ho dei momenti cattivi e quindi secondo me l’importanza della squadra è anche questa. Il fatto di avere delle compagne che mi supportano qualunque cosa succeda, anche quando capita di fare dei quarti posti, dato che questa stagione ne ho fatti tanti…

Il bronzo è un altropasso avanti nella sua progressione personale, psicologica e atletica
Il bronzo è un altropasso avanti nella sua progressione personale, psicologica e atletica
Ti rendi conto che ad ogni appuntamento sali un gradino?

Si, più mentalmente che fisicamente. Quest’anno sento di essere maturata tanto rispetto all’anno scorso, quando prima delle gare ero così agitata, quasi da mettermi a piangere. E invece questi mondiali li ho vissuti bene, sono riuscita a risparmiare anche delle energie dal punto di vista mentale, che poi mi sono tornate utili in gara.

Se ne va, con i capelli sciolti e leggermente commossa, in direzione dell’antidoping, poi la sua giornata sarà finita e potrà pensare anche di far festa. La campionessa del mondo nel frattempo ha raccontato di essere salita per la prima volta su una bici nel 2021 e di sentirsi a suo agio solo nelle crono, perché in gruppo è un disastro. Dice che non crede di essere la campionessa del mondo e racconta l’orgoglio di aver fatto ben figurare il suo paese e il suo coach Matthew Hayman. Noi che siamo fedeli alla politica dei piccoli passi, ci mettiamo a scrivere ben orgogliosi di raccontare la giornata di Federica Venturelli, contenti che sia italiana e sicuri che là in alto presto o tardi ci arriverà anche lei.

Milan “poco brillante”? Fusaz ci spiega perché

10.08.2023
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Ne avevamo parlato direttamente con Jonathan Milan e lo stesso friulano ha ribadito il concetto dopo l’inseguimento iridato: «Sono stanco. Ho fatto fatica a recuperare dopo il Giro d’Italia». Il tutto con un bronzo al collo! Il che non può che farci ben sperare. Pensiamoci un po’: se a 23 anni, dopo aver preso parte al tuo primo grande Giro, con giusto una manciata di giornate in pista per allenarti arrivi terzo in un mondiale, il bicchiere è decisamente mezzo pieno.

Tuttavia con il suo coach, Andrea Fusaz abbiamo voluto analizzare meglio la situazione del “Jonny nazionale” e capire meglio il perché di questo recupero lento e di questa stanchezza latente rimasta nelle sue gambe.

Jonathan Milan (23 anni da compiere) bronzo iridato nell’inseguimento individuale
Jonathan Milan (23 anni da compiere) bronzo iridato nell’inseguimento individuale

Il primo GT

Fusaz fa un discorso semplice, ma al tempo stesso importante, che lega il grande Giro alla stanchezza delle gambe, ma anche a quella mentale. E c’è un aspetto che in tutto questo discorso resta sempre centrale. E questo aspetto non è tanto il grande Giro, quanto il primo grande Giro. Una differenza fondamentale.

«Sicuramente – spiega Fusaz – Milan non aveva la stessa brillantezza che si può avere prima di un grande Giro, ma tutto ciò per me è normale, tanto più alla sua età. Jonathan è partito per la corsa rosa senza pressioni, nessuno gli ha chiesto nulla. Poi è stato lui stesso a mettersele a suon di risultati, con la vittoria, la maglia ciclamino… tutto ciò lo ha portato a tirare un po’ troppo la corda non solo fisicamente». Gli mancava cioè quel guizzo che ti fa andare oltre i tuoi limiti.

Giro d’Italia 2023, Milan vince la seconda tappa a San Salvo
Giro d’Italia 2023, Milan vince la seconda tappa a San Salvo

Calo fisiologico

Secondo Fusaz la stanchezza mentale incide quando non si “performa” – come si dice adesso – o almeno non lo si fa a livelli che vanno oltre certi limiti. Perché comunque va ricordato che Milan non è andato piano. A Glasgow si è espresso su standard molto alti ed importanti. E parlano i risultati: terzo con un 4’05″868.

«A volte – riprende Fusaz – ci si dimentica che siamo di fronte a degli esseri umani e non a delle macchine. Tecnicamente Milan non era stanco, altrimenti non sarebbe riuscito a fare ciò che ha fatto. Come ho detto, era meno brillante.

«Non cambierei nulla del suo post Giro. Abbiamo rispettato le tempistiche necessarie. Dopo il tempo di recupero bisognava riprendere a lavorare per gli obiettivi successivi, però è chiaro che se esci stanco ci metti un po’ di più a ritornare al top. Ma torniamo al solito discorso, al punto di partenza: Milan era al primo grande Giro. In più bisogna considerare che a metà stagione è più difficile recuperare. Non è come lo stacco d’inverno in cui puoi stare davvero due settimane senza fare nulla totalmente.

«E’ fisiologico per un ragazzo della sua età, al primo grande Giro pagare un po’. Non stiamo parlando di un ragazzo di 28-30 anni che di Giri ne ha fatti già due, quattro o sette… Jonathan si è ritrovato di fronte ad un carico di lavoro enorme per 20 giorni per la prima volta e per di più con degli obiettivi importanti». Non poteva mollare, come invece hanno potuto fare altri “girini”».

Milan ha sofferto in qualifica, mentre è cresciuto nella finale ed è arrivato il bronzo
Milan ha sofferto in qualifica, mentre è cresciuto nella finale ed è arrivato il bronzo

Guardando avanti

Questo non vuol essere un processo. Il ricordo va ai mondiali di Roubaix 2021 quando Ganna fu terzo nell’inseguimento individuale e tutti restammo scioccati. Lo stesso Villa ha ricordato quell’episodio. Tra l’altro a giocarsi l’oro ci andò proprio Jonny!

«Sento parlare di certi risultati quasi come se fossero negativi – dice Fusaz – ma alla fine siamo stati secondi al mondo nel quartetto, primi e terzi nell’individuale. La Danimarca aveva atleti che fanno solo pista. I nostri vengono dalla strada e questo conta… Siamo ad eventi di portata mondiale: qualcuno che ti mette la ruota davanti lo puoi anche trovare».

Il quadro di Fusaz va a braccetto con le parole del cittì Marco Villa, il quale pensando alle Olimpiadi del prossimo anno ha già indicato la via: dopo il Giro tutti all’appello da lui. E’ chiaro che il tutto rientra in un programma più generale. In cui si progettano con ampio anticipo certi “macrocicli” di lavoro. Queste esperienze, vedi il Ganna sfinito a fine 2021 o il Milan poco brillante dopo il Giro di quest’anno, non fanno altro che tracciare la via. Quella giusta chiaramente.

Il mondiale in panchina di Pasqualon, utile alla causa

10.08.2023
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Una domenica diversa, quella vissuta da Andrea Pasqualon. Sicuramente diversa da quella che si era immaginato fino a pochi giorni prima. Il veneto doveva far parte del team azzurro in gara ai mondiali di Glasgow, invece si è ritrovato a fare la riserva, ma non per questo si è tirato indietro. Non sarebbe stato da lui. Andrea si è messo a disposizione, ha lavorato per tutto il tempo con Bennati e il suo staff, era ai box o in altri punti concordati del percorso a rifornire i ragazzi o a dare consigli.

Le premesse erano diverse. Bennati contava su di lui, sulla sua esperienza per dare una mano in gara alle punte Bettiol e Trentin, poi che è successo?

«Era già stato stabilito – racconta Andrea – che partecipassi al Giro di Polonia, Bennati si era raccomandato che mi ritirassi un paio di giorni prima per raggiungere la squadra. Solo che Mohoric era in lotta per la vittoria finale e io, in qualità di ultimo uomo, non potevo lasciarlo solo. I dirigenti della Bahrain Victorious mi hanno detto che era necessario tirassi dritto, così i miei sogni azzurri sono stati riposti in un cassetto…».

Il momento topico del Polonia: Pasqualon tira la volata di Mohoric che batte Almeida e vince il Giro
Il momento topico del Polonia: Pasqualon tira la volata di Mohoric che batte Almeida e vince il Giro
Un dolore, soprattutto considerando che hai 35 anni e tante altre occasioni non ci saranno…

Sì, ma non ho nulla da recriminare. Era giusto che restassi, la mia presenza si è rivelata fondamentale. Se guardate la classifica e l’andamento dell’ultima tappa, tutto il Polonia si è giocato in un traguardo volante, noi lo sapevamo e soprattutto sapevamo che dovevamo giocare d’anticipo nei confronti di Almeida. Io ho pilotato Matej fino alla fine e i risultati ci hanno dato ragione. Quella vittoria, quella maglia la sento anche un po’ mia.

Che mondiale è stato personalmente?

Messo da parte il dispiacere per non essere della partita, mi sono messo a disposizione e devo dire che è stata un’esperienza molto interessante. Ho capito innanzitutto che il lavoro è enorme, anche e soprattutto nella vigilia. Io ho cercato di parlare molto con i ragazzi, di motivarli, di dare indicazioni in corsa. Non ho certo avuto tempo per pensare che non ero io a correre.

Andrea ha fatto la ricognizione del sabato con i compagni, traendo molte indicazioni (foto Maurizio Borserini)
Andrea ha fatto la ricognizione del sabato con i compagni, traendo molte indicazioni (foto Maurizio Borserini)
Il percorso ti sembrava adatto alle tue caratteristiche?

Sì, decisamente, era un tracciato “cattivo”, per velocisti abituati a limare. Per emergere serviva avere una grande condizione, capisco Bennati che voleva gambe fresche al via. Dopo le fatiche del Polonia fino all’ultimo giorno, non c’era la possibilità di esserci e dare una mano, soprattutto quando la corsa fosse entrata nel vivo.

Che cosa dici della condotta dei tuoi compagni?

A freddo si può pensare che, se Bettiol non avesse attaccato da solo poteva anche entrare nei primi 5 vista la condizione che aveva, ma ha fatto bene a provarci. E’ stata per lui un’esperienza più che positiva. Magari se un paio di corridori gli si fossero attaccati e avessero dato cambi, potevano arrivare anche più avanti. Va comunque detto che la nostra nazionale è stata grandiosa, anche se non ricompensata dal risultato.

L’unica apparizione in azzurro del veneto è agli europei del 2019. Dopo 4 anni ci sarà un bis?
L’unica apparizione in azzurro del veneto è agli europei del 2019. Dopo 4 anni ci sarà un bis?
Pensi che se Bettiol fosse stato seguito sarebbe finita diversamente?

Non credo, sono emersi i veri valori in campo e in un mondiale non succede sempre. Gli strappi duri hanno messo in evidenza chi ne aveva di più, di talento prima di tutto. Inoltre, se ci fate caso, i primi 4 venivano tutti dal Tour, segno che la corsa a tappe li aveva rodati al meglio.

Ora che cosa ti aspetta?

Dopo il Polonia e la trasferta scozzese, ho due settimane di riposo attivo a casa, poi si parte per il Giro del Benelux che è una corsa che mi piace molto e nella quale sarò ancora ultimo uomo a favore di Mohoric per provare a replicare il risultato polacco. Poi si andrà a Plouay e la lunga trasferta canadese per le classiche del WorldTour.

Pasqualon ha un altro anno di contratto alla Bahrain. Intanto la sua agenda è fitta d’impegni
Pasqualon ha un altro anno di contratto alla Bahrain. Intanto la sua agenda è fitta d’impegni
Poi c’è l’europeo…

Sì, in Olanda, su un percorso che mi favorisce. Vorrei esserci, ma perché ciò avvenga dovrò farmi vedere nelle settimane precedenti. Con Bennati non abbiamo avuto occasione di parlarne ma lo faremo, io intanto vado avanti un gradino alla volta e voglio essere all’altezza di un’eventuale convocazione.

Tu hai già il contratto per il prossimo anno?

Avevo firmato un biennale con la Bahrain, mi trovo davvero molto bene, è un gruppo affiatato con un’atmosfera positiva e i risultati sono la logica conseguenza.

Insieme a Milan, un binomio che poteva costruire qualcosa d’importante anche in proiezione Parigi 2024
Insieme a Milan, un binomio che poteva costruire qualcosa d’importante anche in proiezione Parigi 2024
Alla vigilia dei mondiali, dopo l’ufficializzazione dei percorsi olimpici, si era notato come ci fosse una somiglianza. Un pensierino a una convocazione olimpica per finire in bellezza lo fai?

Sinceramente – ammette Pasqualon – quando è uscito il percorso, ci ho pensato. Io penso che sia un tracciato dove Milan può recitare un ruolo importante e con lui mi sono trovato bene, mi dispiace che cambi squadra perché altre esperienze insieme sarebbero state utili. D’altronde si è visto anche al mondiale come correre senza radioline cambi molto nella gestione di una gara.

Tu sei di una generazione che sa come si correva senza radio: cambia davvero così tanto?

E’ proprio questo il punto: i più giovani non sono abituati a correre senza sapere dal di fuori com’è la situazione e che cosa fare. Puoi comunicare dai box, con le lavagne se si corre in circuito, ma non è lo stesso. In quei casi un regista in corsa che piloti la squadra è davvero fondamentale.

Ganna a cuore aperto a due giorni dalla crono

10.08.2023
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STIRLING – Traduci cosa intendi per dover sopportare le pressioni dei media? Ganna ci pensa un istante e a guardarlo da qua sotto sembra ancora più alto.

«Sai, quando comunque dici sempre – spiega – che Ganna deve dimostrare, fare, aspettiamo lui. L’ho detto un paio di anni fa, non la sento più così tanto, però ovviamente cerchi sempre di non deludere, perché deludere qualcuno è la parte forse più brutta. Però lo ripeto, non sempre si può fare la performance della vita e magari quel giorno c’è qualcuno più forte. Forse questo non tutti lo capiscono e sono quelli che poi puntano il dito. Ed è la parte peggiore, perché dici: “Caspita, non è che sono andato piano perché volevo andare piano, perché chiunque vuole andar forte!”. Quindi a volte è questo che la gente non capisce».

Thomas con il 64

Ganna e Cattaneo sono appena rientrati da un doppio giro sul percorso della crono che correranno venerdì, lungo un anello di quasi 48 chilometri che dai prati alla base del castello li condurrà fra le mura della fortezza più grande e importante di Scozia, costruita a partire dal quindicesimo secolo. Per il piemontese in maglia azzurra, si tratta del secondo assalto al terzo titolo mondiale, dopo quello andato a vuoto dello scorso anno. E’ mercoledì 9 agosto, il giorno in cui Milesi conquisterà la maglia iridata degli U23.

«La voglia – dice – viene forte ogni anno, non è legata a episodi particolari. La maglia iridata è una delle più belle da indossare, quindi voglio sempre provarci, sperando che vada bene. Nel primo giro abbiamo dato le indicazioni a Velo, il secondo l’ho fatto dietro Thomas che faceva i suoi lavori con il 64. Gli ho chiesto se non avrà problemi a spingerlo sulla salita finale, mi ha detto che non c’è problema…

«E’ una crono abbastanza lunga, ci saranno parecchi avversari. Nella parte centrale c’era un tratto con delle curve in discesa che al primo passaggio mi aveva un po’ preoccupato, invece dopo averla vista un paio di volte, già non è più un problema, ma le mani bisognerà comunque metterle sotto. Per il resto si fa tutto con le appendici».

Il finale preoccupa

La scelta dei rapporti è il nodo da sciogliere. Sulla nuova Bolide F azzurra, abbiamo visto montato un monocorona Dura Ace con 58 denti e dietro il pacco pignoni 11-30. La cosa stava bene a Pippo, finché ha visto Thomas e altri corridori Ineos usare la monocorona a disco della squadra, che gli ha fatto venire voglia di montarla a sua volta. Quanto al pacco pignoni, il tratto finale in salita non è affatto banale. In effetti, avendolo fatto a piedi, proprio nel finale propone pendenze superiori al 6 per cento della media. Per questo Ganna ha chiesto al meccanico un pacco pignoni con il 32 perché ha avuto la sensazione che sulla rampa finale con il 58×30 si perda troppa velocità.

«La bici è nuova solo per i colori – conferma Matteo Cornacchione – ma due novità ci sono. In primis le protesi sul manubrio, ugualmente stampate in 3D, fatte in settimana dopo l’ultimo test in galleria del vento a Milano 10 giorni fa. Hanno la parte terminale diversa. Gli appoggi sono uguali a quelli usati al Giro, la parte terminale ha cercato di ottimizzarla per riuscire a stare con le mani unite. E poi c’è il monocorona Shimano, che è arrivato».

Pronto per la Vuelta

Pippo annuisce, mentre Cattaneo viene giù dal pullman e presto torneranno verso l’hotel di Glasgow. Il cielo è grigio, il vento durante la prova si è sentito, ma era pià a favore che contro.

«L’altro giorno ho detto di non aver preparato l’inseguimento – dice Ganna – perché in realtà ho preparato la Vuelta. Ho fatto tanti metri di dislivello con Thomas e diciamo che le appendici le ho usate poco. Prima in prova abbiamo cercato di prendere le curve un po’ più forte, come si pensava di fare in gara. Quindi sono andato tranquillo nella parte diciamo dove dovrei spegnere normalmente e un po’ più aggressivo nelle curve. C’era anche Joshua Tarling, che è giovane, non ha paura, non ha bisogno di dimostrare niente e può andare alla garibaldina».

Cattaneo è stato secondo al campionato italiano della crono e ha appena vinto quella del Polonia: la forma c’è
Cattaneo è stato secondo al campionato italiano della crono e ha appena vinto quella del Polonia: la forma c’è

Una crono dura

Cattaneo invece punta tutto sulla leggerezza d’animo, anche se ha appena vinto la crono del Polonia e non potrà passare inosservato. Sembra che sia qui in vacanza, con niente da perdere, ma conoscendolo da quando era un ragazzino, siamo certi che dentro abbia il cuore pieno d’orgoglio. Dice che firmerebbe per un posto fra i dieci e che le sue crono migliori le ha fatte nelle corse a tappe, quindi la prova secca è un punto di domanda.

«E’ un percorso veloce – dice – però credo che dipenderà tanto dal vento. Dal punto di vista delle energie è molto dispendioso, perché comunque tratti di recupero ce ne sono veramente pochi. Sono 48 chilometri tutti da spingere. Quando si comincia a tornare indietro, ci sono degli strappetti che si sentono. Hai già fatto 25 chilometri di cronometro, per cui sarà molto più esigente di quello che sembra su carta, anche se la media sarà altissima.

«La strada è buonina, in alcuni pezzi è nuova, quindi super scorrevole, in altri non è super scorrevole (ride, ndr). Però tutto sommato non è malissimo. Io avrò il 60, non monocorona perché non me l’hanno dato, ma bloccherò la catena sul 60. Quanto alla ruota anteriore, dipenderà dal vento, finora però nel 90 per cento delle crono ho usato quella da 110».

Il furgone che li porta in hotel è pieno delle loro bici, si può partire. Il mondiale va avanti qui con la crono U23 e in serata nel velodromo di Glasgow con Letizia Paternoster nell’omnium e Scartezzini (davvero in difficoltà ieri della madison) nella corsa a punti.

Milesi, un iride storico. E Segaert mastica amaro…

09.08.2023
6 min
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STIRLING – Dice che è pazzesco e nel dirlo sorride come se dovesse scoppiargli la gioia da dentro il petto. Anche Vittoria Guazzini, sua compagna, ha dovuto ammettere che fare meglio di Lorenzo Milesi nella crono di domani sarà davvero dura, ma lui che ha gran cuore dice che farà di tutto per sostenerla.

Il riscaldamento iniziato alle 14,30. Cosa ti pare del percorso? «E’ una crono, bisogna spingere»
Il riscaldamento iniziato alle 14,30. Cosa ti pare del percorso? «E’ una crono, bisogna spingere»

L’erede di Malori

Sono le 18 del 9 agosto 2023 e un italiano ha vinto la cronometro degli under 23 quindici anni dopo Malori del 2008. E’ stata un’attesa quasi surreale, con lo spauracchio di Segaert che incombeva e avanzava. Così cattivo e forte da aver ripreso Bryan Olivo lungo la strada (abbiamo saputo poi che al friulano è iniziato un doloroso torpore alla gamba sinistra che gli impediva di spingere). Milesi a quel punto era sulla hot seat da tutto il giorno, ma quando la telecamera lo inquadrava ai vari intermedi del belga, le sue facce sembravano le smorfie di un fumetto.

Il percorso, simile a quello dei professionisti, prevedeva una discesina finale in cui prendere fiato prima di affrontare la salita al castello. E lì Milesi ha fatto il capolavoro, dopo averla studiata con Velo.

«Avevamo una buona strategia – racconta – che prevedeva proprio di fare questo, per andare davvero a tutta sulla salita finale. Ha funzionato, ma sul momento non ero così sicuro. Diciamo che anche la curva per prendere il muro non l’ho fatta fortissimo, ho frenato un po’ troppo, quindi non ero così sicuro di essere salito così forte. Ho provato vero dolore fisico in quell’ultimo tratto…».

Nel muro che conduce al castello di Stirling, Milesi ha fatto la vera differenza su Segaert
Nel muro che conduce al castello di Stirling, Milesi ha fatto la vera differenza su Segaert

Volava sullo strappo

Chi la salita l’ha fatta anche più forte di Milesi è Marco Velo, che lo seguiva sull’ammiraglia. Il cittì delle crono è arrivato nella zona podio trafelato ed entusiasta e gli è servito qualche secondo per riprendere il controllo.

«E’ un risultato inaspettato – dice – nel senso che sapevo che poteva fare un’ottima cronometro. Sarei stato stra-soddisfatto se fossimo arrivati in una top 5. Poi sinceramente, come si dice, l’appetito vien mangiando. Quando ho visto che aveva 10 secondi solo da Segaert, ho cominciato a prendere fiducia, perché comunque ci stavamo avvicinando a una possibile medaglia. Al secondo intermedio pagava solo 3 secondi e mezzo, poi è andato in vantaggio. A quel punto ho pensato: impossibile che la perda, perché l’ho visto volare sull’ultimo strappo».

Velo arriva di corsa: ecco l’abbraccio per l’oro nella crono 15 anni dopo Malori
Velo arriva di corsa: ecco l’abbraccio per l’oro nella crono 15 anni dopo Malori

Spauracchio Segaert

Milesi sta su una nuvola e continua a sorridere. Ha ragione Ganna quando dice che questa maglia è la più bella, anche se Milesi non potrà indossarla troppe volte. Al mondiale c’è arrivato passando per il Tour de Pologne, come lo scorso anno Fedorov sbancò Wollongong passando per la Vuelta. Se i mondiali si vogliono vincere, vanno scelti corridori che possano farlo: la promozione dell’attività giovanile in questo ciclismo ha altre sedi deputate.

«Al Polonia però non ho avuto grosse sensazioni anche nella crono – dice – perché era la sesta tappa ed ero sceso da poco dall’altura. Qui invece sapevo di poter competere per il podio ma vincere è un’altra cosa. Non credo che aver fatto crono più lunghe e corse nel WorldTour sia stata la chiave della vittoria, perché in una crono contano soprattutto le gambe in quel giorno. E io sapevo che Segaert poteva battermi. Ho pensato solo a lui mentre aspettavo seduto, ma anche durante la crono. Pensavo solo a spingere. Sapevo di essere primo, ma non importava. Sapevo che lui doveva ancora arrivare».

La strategia era di dare tutto fino all’ultima discesa e lì recuperare per affrontare forte la salita
La strategia era di dare tutto fino all’ultima discesa e lì recuperare per affrontare forte la salita

Investire sulla crono

Velo ha spostato una transenna per andare a vedere il podio e scattare foto col suo cellulare. Accanto a Milesi sul podio Alec Segaert aveva la faccia di un funerale, al pari dei suoi tifosi e dei familiari ai piedi del podio. A giudicare dai numeri della trasferta, il clan belga era pressoché sicuro di sbancare e perdere per 11 secondi è comunque un colpo difficile da digerire.

«Se la merita tutta – prosegue Velo – è un ragazzo d’oro. Gli dico che è matto, perché è molto estroverso, però questa è la qualità dei grandi campioni. E’ sempre stato un ottimo cronoman. Ha curato tantissimo questa specialità e questo sia di insegnamento a tanti altri suoi colleghi, anche più giovani. E’ la dimostrazione che anche curando questa attività, ci si possono togliere tante soddisfazioni come questa. E quindi complimenti a Lorenzo e a tutto lo staff. Su questa scelta, mi sono confrontato con Marino Amadori, che lo segue anche su strada e abbiamo condiviso di portarlo. Adesso Lorenzo farà anche il mondiale su strada e sono sicuro che farà bene anche lì».

Sul podio, Segaert (Belgio), Milesi (Italia), McKenzie (Australia)
Sul podio, Segaert (Belgio), Milesi (Italia), McKenzie (Australia)

Mondiale e Vuelta

Adesso infatti Milesi mette in ordine gli obiettivi. Sarà pure matto, come dice Velo, ma ha la grande lucidità di affrontare un obiettivo per volta.

«Il mondiale della crono – racconta – era uno degli obiettivi dell’anno, abbiamo lavorato tanto anche con la squadra. Abbiamo fatto un ottimo fitting all’inizio della stagione che ora mi è tornato molto utile. Era un obiettivo di cui probabilmente si è anche cominciato a parlare dallo scorso anno, anche se Wollongong aveva un percorso completamente diverso e anche io non ero lo stesso corridore. Ora ci saranno i campionati del mondo su strada, poi andrò alla Vuelta: il mio primo grande Giro. Si comincia con una cronosquadre, spero di riuscire a tenere la forma per dare il mio contributo».

Forse Segaert pensava di avere già la vittoria in tasca, invece su muro finale è crollato
Forse Segaert pensava di avere già la vittoria in tasca, invece su muro finale è crollato

Malinconia belga

Segaert arriva nella sala stampa dopo parecchio tempo. I giornalisti belgi, al pari dei suoi tifosi, erano pronti per fare festa e gli chiedono se si aspettasse di essere battuto da Milesi. Lui risponde di no. Che Lorenzo lo ha già battuto lo scorso anno in un tappone del Tour de l’Avenir e per soli due secondi anche in una crono de Le Tryptique Le Mont et Chateaux, ma che a sua volta era stato molto superiore in altri appuntamenti.

«Però è un corridore super forte – dice – uno di quelli che può dare la svolta alle corse e ha meritato di vincere. Io sono arrivato alla salita finale ormai vuoto, evidentemente ha fatto lì la differenza».

Si respira lo stesso clima della piazza di Bruges in cui nel 2021 Ganna mise a tacere i tifosi di Evenepoel e Van Aert. Loro non erano contenti, noi sì. Anche oggi è suonato l’Inno di Mameli e anche oggi noi eravamo lì sotto a cantare.

Labous, il ritratto di un’atleta serena e in crescita costante

09.08.2023
8 min
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Tra le francesi che ieri pomeriggio hanno conquistato l’argento mondiale nel mixed relay c’è anche una ragazza che sta alzando la propria asticella ogni stagione che passa. Juliette Labous è arrivata a Glasgow reduce prima dal secondo posto nella generale del Giro Donne e poi dal quinto al Tour Femmes.

La scalatrice del Team DSM-Firmenich è ancora giovane – farà 25 anni a novembre – e molto costante, ma finora in carriera ha raccolto meno di quello che avrebbe potuto. Quest’anno è una delle poche atlete ad essere riuscita a fare classifica sia in Italia che in Francia, riaprendo il tema sulla fattibilità ad alto livello di entrambe le corse. Fatte le debite proporzioni e vista come si è sviluppata la corsa degli uomini, Labous domenica per la prova in linea femminile è una da tenere sotto osservazione.

Labous ai mondiali di Glasgow ha conquistato l’argento nel mixed relay. Ora correrà sia la crono che la prova in linea
Labous ai mondiali di Glasgow ha conquistato l’argento nel mixed relay. Ora correrà sia la crono che la prova in linea

Prodotto della Borgogna

Juliette è nata nel 1998 in Borgogna a Roche lez Beaupré sulle colline attorno a Besançon e bagnate dal fiume Doubs. Nel suo paese si producono vini etichettati come “Franca Contea” (che è l’altra parte del nome completo della sua regione), ma quella annata è indicata dagli esperti vignaioli solo come “molto buona”. Labous vuole scalare i gradi diventando come un vino da annata eccezionale. Chissà se da giovanissima, quando faceva ginnastica ed altri sport a Besançon, uno spunto per diventare ciclista glielo abbia dato “la boucle”, il meandro disegnato dal fiume attorno alla parte vecchia della città. Ovvero lo stesso appellativo del Tour de France.

«Da piccola ho praticato anche tennis tavolo – spiega Juliette, scherzando inizialmente – ma la ginnastica mi è tornata utile nel ciclismo in termini di equilibrio e perché mi permette di atterrare abbastanza bene in una caduta. Da bambina ho anche vinto dei concorsi di disegno però le mie abilità non sono migliorate tanto rispetto a quando avevo otto anni. Insomma, il ciclismo non era nei miei programmi benché fossi influenzata da amici dei miei genitori. Uno di loro è stato un buon corridore di BMX. Poco per volta ho iniziato con quella disciplina, aggiungendo anche la Mtb, fino al ciclocross in cui non corro più da inizio 2019. Ancora adesso amo prendere la mountain bike e fare alcuni percorsi a stagione finita col mio fidanzato Clément (il 26enne Berthet della AG2R Citroen ed ex biker fino al 2020, ndr)».

Il compagno di Labous è Clement Berthet, ex biker che corre con la AG2R Citroen (foto Jacquemet)
Il compagno di Labous è Clement Berthet, ex biker che corre con la AG2R Citroen (foto Jacquemet)

Italia nel destino

Nel 2015 Labous si fa conoscere a Cittiglio al Piccolo Trofeo Binda da primo anno junior, arrivando seconda dietro a Bertizzolo (quell’anno campionessa europea in carica) in uno sprint a due. Curiosamente qualche mese dopo all’europeo paga ancora dazio in volata contro le italiane Quagliotto e Barbieri, chiudendo quarta. L’anno successivo centra le prime medaglie internazionali con i bronzi nelle crono europea e mondiale avendo già in tasca il contratto con la sua attuale squadra, all’epoca Sunweb.

Nel 2018 l’Italia riappare nel suo destino. Vince la cronosquadre d’apertura al Giro Donne mentre dodici mesi dopo conquista la maglia bianca. Il cerchio con la corsa rosa si chiude l’anno scorso quando si mette in proprio trionfando sul Passo Maniva al termine di una lunga fuga. E’ il suo sesto centro in carriera (ed anche l’ultimo ottenuto finora). Un altro passo in avanti è poi arrivato col podio finale nella recente edizione.

Da un Giro all’altro

«Avevo già vinto nel WT con la generale della Vuelta a Burgos – commentò Juliette in quel 7 luglio del 2022 – ma il giorno più bello l’ho vissuto qui al Giro Donne. Non solo per la vittoria, ma per come è stata pensata e voluta. Ero delusa dalla mia prestazione nella tappa di Cesena in cui ho accusato il gran caldo ed un grosso distacco (oltre undici minuti, ndr), perdendo le speranze di entrare nelle prime cinque. Volevo riscattarmi ed insieme alla squadra avevamo pianificato un attacco in una delle frazioni di montagna. Sapevamo che una fuga poteva arrivare e ho temuto di non farcela quando il gruppo ha iniziato a guadagnare, riprendendo tutte le mie ex compagne di avventura. Ho rischiato, ho resistito e ho rilanciato nei pezzi più duri. Avevo ancora gambe buone. E’ stato come giocare al computer ma è stata la vittoria di tutte noi. Una gioia per la nostra squadra».

«Sono molto contenta di questo secondo posto nella generale – ha dichiarato invece orgogliosamente Juliette a Olbia lo scorso 10 luglio – se me lo avessero detto prima della partenza, sarei rimasta sorpresa perché avevo dubbi sulla mia condizione, anche se nessuno all’interno del team aveva dubitato su di me. Non è solo un piazzamento mio, ma di tutta la squadra, che ha fatto un lavoro davvero fantastico. Ringrazio tutti per questo risultato, anche le persone che solitamente stanno al nostro quartier generale».

Vista da Francesca e Eleonora

Malgrado abbia sofferto nuovamente il caldo nella prima tappa, al Tour Femmes Labous ha saputo recuperare il terreno perso, soprattutto nelle ultime due giornate. Ha chiuso al quinto posto nella generale (il podio le è sfuggito per quarantanove secondi), dopo il quarto registrato nel 2022. Risultati che la certificano come leader per classiche e gare a tappe. Una leader a cui tutti vogliono bene come testimoniano al telefono le sue compagne Francesca Barale ed Eleonora Ciabocco.

«Juliette ed io – ci racconta Barale, alla DSM dall’anno scorso – abbiamo iniziato ad essere un po’ più vicine da questa stagione. Sapendo che avrei fatto diversi ritiri con lei a Tenerife, hanno iniziato a metterci in camera assieme, cosa che non era mai capitata prima. Ho iniziato a vedere com’è da più vicino. Lei mi è sempre piaciuta tanto perché è una molto tranquilla. Se hai bisogno le puoi chiedere qualsiasi cosa. Considerando i risultati che ha fatto, non ho mai avuto paura a farle domande perché è sempre stata estremamente disponibile.

Ogni giorno la sua routine

«Ha un bel carattere – prosegue Barale – personalmente la rispetto tanto anche per questo suo bel modo di porsi. Credo che nella nostra squadra pensino la stessa cosa. Juliette è molto metodica. Tutti i giorni ha la sua routine, con il suo ordine. In testa ha sempre ben presente tutto quello che deve fare. E se qualcosa va un po’ storto, lo gradisce poco (sorride, ndr). Anche in corsa valgono le stesse cose più o meno. Ti sa guidare bene o quando ha bisogno ti chiama con calma e senza agitarsi. In gara non è stressata e sa tenere le posizioni. Soprattutto sa quando muoversi e legge molto bene la corsa. La ammiro tanto per queste caratteristiche che spero di avere anch’io un giorno».

«Con Juliette ho un bel rapporto – dice Ciabocco – come con tutte le compagne. Lei in gara è un ottimo capitano. Non è una che ha pressioni. Ti trasmette molta tranquillità e grazie a questo anche noi possiamo correre bene. Fuori dalla bici è una ragazza con cui si sta bene. E’ la prima che scherza o che canta se capita l’occasione. Sono stata in camera con lei due volte, di cui una alla Freccia Vallone. La sera prima, ad esempio, ci siamo ritrovate a guardare dei programmi leggeri. Per farvi capire quanto sia serena e rilassata prima delle gare. Oppure alle Strade Bianche ricordo che Juliette mi aveva scritto scusandosi perché non si era sentita bene e avrebbe voluto fare di più. Questo invece per capire la sua umiltà.

Barale e Ciabocco hanno un bel rapporto con Labous, sempre disponibile a dare consigli in gara e brava a fare gruppo
Barale e Ciabocco hanno un bel rapporto con Labous, sempre disponibile a dare consigli in gara e brava a fare gruppo

Leader alla DSM

«Al primo ritiro – ricorda Ciabocco e conclude – arrivai con un giorno di ritardo perché mi avevano cancellato il volo e Juliette fu la prima che venne a parlarmi. Mi tranquillizzò riguardo all’inglese e mi introdusse alle altre compagne. Anzi, quando era uscita la notizia del mio ingaggio alla DSM mi avevano scritto subito sia Charlotte (Kool, ndr) che lei dicendosi felici del mio arrivo. Pur avendo solo 24 anni, è una delle più grandi della squadra. E’ sempre la prima che ti fa i complimenti se hai fatto bene il tuo lavoro. Per ora non mi ha mai criticato nulla, né in gara né fuori, ma è una ragazza che è sempre pronta a darti consigli. Dopo i meeting pre-gara non ci mette ansia. Se non riusciamo a darle una mano in corsa, preferisce che glielo si dica e fa da sola. E’ bravissima, fantastica».

Martinez, Germani, Gregoire… la “banda Gigì” fa rotta sulla Vuelta

09.08.2023
4 min
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Loro sono i ragazzi di “Gigì”, di Jerome Gannat. Parliamo delle giovani perle della Groupama-Fdj che dalla continental sono passati in prima squadra. Ragazzi che ora sono impegnati nelle gare più importanti del WorldTour e che si apprestano ad affrontare il loro primo grande Giro: la Vuelta.

Tutto è nato con una battuta scambiata al Giro della Valle d’Aosta proprio con Gannat, il diesse della continental francese. Gli avevamo chiesto dove fossero i suoi ragazzi, quelli con cui ha vinto tante gare, con cui dominava lo stesso Valle d’Aosta e tante altre corse di primo piano e lui: «Eh – sospirando – i miei ragazzi sono alla Vuelta!». La frase si era conclusa però con un sorriso e una “coda” d’orgoglio.

La sua Equipe Groupama-Fdj è stata forse la continental più forte di sempre. Reuben Thompson, Lorenzo Germani, Romain Gregoire, Lenny Martinez molti di loro li rivedremo in Spagna. E la lista non è finita: pensiamo a Watson, Davy e Askey.

Gannat (il secondo da sinistra) era il diesse del forte gruppo della continental, passato quasi tutto in prima squadra
Gannat (il secondo da sinistra) era il diesse del forte gruppo della continental, passato quasi tutto in prima squadra

Martinez sogna

In Polonia c’erano Germani e Martinez: ormai due fratelli. Come del resto anche gli altri. Questo è un punto forte del gruppo di Madiot che fa leva sul centro di Besançon, sulla formazione tutti insieme sin da giovani.

«Io – spiega Martinez – sapevo che avrei dovuto fare la Vuelta sin da gennaio. Per me non è stata del tutto una sorpresa, ma sono ugualmente molto felice di andarci. E’ una vera emozione. Sarà una grande esperienza. E’ tutta la squadra che è giovane. E credo sia super!».

«Gannat? E’ il mio diesse e mi manca. A lui sono affezionato, ma ora siamo qui».

Al Polonia Martinez ha chiuso 12° nella generale. Bene anche Germani che lo ha aiutato (foto Instagram – @gettysport)
Al Polonia Martinez ha chiuso 12° nella generale. Bene anche Germani che lo ha aiutato (foto Instagram – @gettysport)

Vuelta guadagnata

Rispetto a Martinez e Gregoire, Germani non era certo di andare in Spagna. In qualche modo doveva guadagnarsela. Magari non per forza a suon di risultati, ma dimostrando che era pronto fisicamente e mentalmente. Il primo anno del WorldTour può essere molto complicato. Ma il laziale, e anche i suoi compagni, ha mostrato a Madiot di saper tenere, di avere le spalle abbastanza grandi per un grande Giro.

«E’ bello che siamo tutti insieme e tutti noi ci aiutiamo, ci conosciamo bene. Sarà una bella avventura», ha detto Germani.

«Della Vuelta ne parliamo tra di noi, non sempre… ma ne parliamo. E’ il nostro primo grande Giro. Siamo tutti emozionati. Sarà un’esperienza importante anche perché siamo cresciuti insieme. E’ un po’ come tornare ai vecchi tempi. E questo, immagino, rende l’approccio diverso per noi rispetto ai ragazzi delle altre squadre che arrivano ad un grande Giro per le prima volta. Siamo noi, siamo il “solito” gruppo».

«E’ bello questo passaggio – aggiunge Martinez – dal “baby Giro”, al Valle d’Aosta e ora alla Vuelta». 

All’arrembaggio

I giovani della Groupama-Fdj sono quindi pronti a dare assalto alla Vuelta. Battitori liberi, senza pressione, ma con tanta classe. «L’affronteremo giorno per giorno», ci dicono. Il che sa di un attacco annunciato.

Per questo appuntamento non hanno cambiato allenamenti, né fatto qualcosa di specifico. Hanno seguito un approccio “normale”, inserito in un più generale programma di lavoro, di crescita naturale. Quindi: altura, gare di preparazione e nessuna uscita particolarmente lunga. Semmai di diverso c’è stata la prova della cronosquadre durante l’altura.

«Abbiamo fatto un avvicinamento molto standard – dicono in coro i ragazzi – tre settimane in altura e nulla di particolare. Non abbiamo visto nessuna tappa, però abbiamo fatto una riunione per conoscere a grandi linee il percorso. Abbiamo studiato i profili, ma non abbiamo fatto nessuna ricognizione in bici».

I ragazzi della “banda Gigì” qualcosa s’inventeranno. Tra gli under 23, speso facevano il bello e il cattivo tempo. Magari sbagliavano anche, ma la corsa passava da loro. Mai passivi. Sempre col coltello tra i denti. 

Nel WT dei grandi non sarà facile ripetersi, ma siamo pronti a scommettere che non staranno sulle ruote. Neanche alla Vuelta.

Bicarbonato, i pro’ lo usano ancora: serve davvero?

09.08.2023
4 min
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Due indizi fanno una prova. Così, dopo averne sentito parlare da Malori e averlo sentito ancora ieri dalle parole di Bragato, si sono riaccese le luci sull’uso del bicarbonato.

I meno giovani ricordano di certo i dilettanti degli anni 80-90 che ne bevevano un’intera borraccia prima delle corse, dato che, per convinzione generale, aiutava a prevenire i crampi. La soluzione era così satura, che l’effetto immediato erano dei veri… ruggiti, seguiti a volte da violenti attacchi di vomito. A quel punto si partiva per le corse, convinti di avere in corpo tutto il necessario. Pertanto, quando la moderna nutrizione prese il sopravvento, si smise di farne uso bollandolo come pratica primitiva. A ben guardare però, il bicarbonato non è mai sparito del tutto.

Ne abbiamo chiesto ragione a Laura Martinelli, nutrizionista del Team Jayco-AlUla, ma anche docente di Nutrizione Sportiva e Fisiologia dell’Esercizio presso la Scuola di Nutrizione e Integrazione nello Sport di Padova. Entriamo pertanto (in punta dei piedi) nel suo terreno.

«L’interesse per il bicarbonato – conferma Laura – è nato 30-35 anni fa. Il fatto che funzioni è indubbio, però da sempre c’è stata una problematica gastrointestinale. E’ ancora oggi un supplemento efficace, però difficilmente utilizzabile. Per cui si sta cercando di applicare la tecnologia moderna per risolvere le problematiche che lo rendevano poco pratico».

Al Giro, opportunamento dosato, il bicarbonato era nelle borracce del Team Jayco-AlUla
Al Giro, opportunamento dosato, il bicarbonato era nelle borracce del Team Jayco-AlUla
Che cosa significa che il bicarbonato funziona?

Il bicarbonato è il sistema tampone per eccellenza. Anche il nostro corpo lo produce, nel principale meccanismo grazie al quale l’organismo mantiene un determinato livello di PH nel sangue. Quindi a livello sportivo, si può dire che tampona l’acidosi, ritardando l’insorgenza della fatica. E’ come se, in qualche modo, permettesse di alzare un po’ l’asticella della soglia. Si è visto che mediamente può portare a miglioramenti della performance di circa un 2-3 per cento, che a certi livelli è comunque tanto.

Esiste un dosaggio ottimale o i benefici sono direttamente proporzionali alla quantità assunta?

Esiste un dosaggio, assolutamente, oltre il quale si rischiano problemi gastrointestinali, senza un reale beneficio. Di base se ne calcolano 0,3 grammi per chilo di peso corporeo.

Sembra di capire che non sia mai stato abbandonato del tutto…

Qualcuno l’ha sempre usato, però si trattava di una mosca bianca, proprio perché pochi riuscivano a tollerarlo dal punto di vista gastrointestinale. So ad esempio che Rohan Dennis lo usava in quantità importanti prima delle crono. Insomma, qualcuno che lo usava c’era, ma adesso hanno trovato delle modalità per renderlo più tollerabile.

Rohan Dennis lo ha sempre usato, senza avere problemi di stomaco
Rohan Dennis lo ha sempre usato, senza avere problemi di stomaco
In che modo?

Utilizzandolo in determinati dosaggi e con determinate tempistiche oppure associandolo ad alcuni alimenti per esempio ricchi in carboidrati. Per renderlo più tollerabile, ci sono delle strategie nutrizionali a disposizione fondamentalmente di tutti. Basta avere la necessaria competenza.

Quando si prende: prima o durante la gara?

Dipende dalla tipologia di prova. Se è molto corta, tipo una crono, ovviamente lo prendo solo prima. Se invece ho una gara in linea, posso prenderlo anche durante, perché comunque l’effetto tampone si esaurisce mediamente entro le tre ore. Magari per le donne il discorso è diverso, perché le corse sono più corte. Gli uomini prendono il bicarbonato anche durante la corsa.

Al Giro d’Italia lo avete usato?

Sì, chi più chi meno e sempre in stretta collaborazione con il team medico, guidato da Carlo Guardascione. Lo usiamo regolarmente. Si tratta di un supplemento che, al pari dei nitrati, deve essere concepito come funzionale. Non importa che sia buono, deve funzionare. I corridori sono abituati a prendere cose che non hanno un buon sapore e forse anche questo in qualche misura li fa sentire più forti. Comunque la tolleranza migliora quanto più viene diluito e più aggiungo una buona quantità di carboidrati. Si vanno a ridurre le problematiche gastrointestinali e se ne migliora la stabilità. Però da qui a dire che sia buono, il passo è lungo…

Gli atleti lo usano anche durante le gare su strada, dato che l’effetto decade dopo circa 3 ore
Gli atleti lo usano anche durante le gare su strada, dato che l’effetto decade dopo circa 3 ore
Esiste la borraccia del bicarbonato?

Meglio due. Quei famosi 0,30 grammi per chilo di peso di solito si dividono in due borracce da mezzo litro, quindi in totale si ha un litro che l’atleta sorseggia nelle tre ore che precedono la partenza. Questo è il protocollo classico e ci aggiungo più o meno 20-30 grammi di carboidrati per borraccia.

Che cosa succede prendendone troppo?

Ecco, diciamolo chiaramente a uso degli amatori. C’è il rischio che se ne abusi e, se succede, si può anche morire. E’ importante che il messaggio passi: ci sono dei dosaggi definiti e non è vero che, se abbondo, faccio meglio.

Dal buio a tre medaglie: la devozione di Cretti per la bici

09.08.2023
7 min
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GLASGOW – Tre medaglie in un ciclismo che raramente ci capita di raccontare e spesso vive nell’ombra. Bronzo nell’inseguimento, argento nello scratch e nell’omnium. Forse l’unica nota positiva di questo mondiale caotico e sovrapposto è la possibilità di vedere all’opera i ragazzi della nazionale paralimpica, che solitamente si sfidano lontano dai riflettori dei grandi. Potremmo discutere a lungo su cosa sia veramente grande, ma così vanno le cose. Perciò quando ieri pomeriggio mi sono seduto con Claudia Cretti nella hall del velodromo, non nascondo di essermi sentito un po’ emozionato e anche un po’ in colpa.

Scusate la prima persona: di solito non si usa, ma quando si parla di emozioni è inutile girarci attorno. Claudia non la conoscevo prima del suo incidente al Giro d’Italia. Era il 2017, settima tappa da Isernia a Baronissi. Cadde, finì in coma e le notizie che uscivano sui giornali non autorizzavano a sperare in nulla di buono. Invece il destino aveva in serbo altre strade. Si risvegliò e quando tornò a casa chiese ai suoi di rimetterla in bicicletta. Ricordo di aver letto un’intervista in cui riferiva di una frase sentita dalla bocca di Alex Zanardi: «Non guardare la metà che non hai, ma quella che ti è rimasta». Serve tanta forza per dire certe parole, crederci davvero e rialzarsi. Osservando le sagome degli atleti in gara, ho pensato a tutte le scuse che trovo per non uscire in bicicletta e mi sono sentito un po’ piccolo.

Nella volata dello scratch, fuggita l’australiana, ha regolato facilmente le altre
Nella volata dello scratch, fuggita l’australiana, ha regolato facilmente le altre
Torni a casa con tre medaglie, te l’aspettavi?

No, soprattutto non pensavo mai di arrivare sul podio nell’omnium. L’emozione più grande è stata fare il terzo posto nell’inseguimento: pensavo di essere la più scarsa del mondo, invece ho dimostrato il mio valore. Poi nello scratch ho fatto notare a tutti la mia volata. Se avessi avuto il guizzo per andare dietro all’australiana, avrei vinto sia lo scratch sia l’omnium e sarebbe stato un passo in più.

Eppure quando l’australiana è partita, sembravi avere tutto sotto controllo…

Stavo anche per partire, in effetti, però ho visto che le mie avversarie, che nell’omnium erano messe bene, mi controllavano a ruota. Allora mi sono detta: se le porto sotto, magari in volata riescono a battermi. Così le ho tenute d’occhio e ho pensato a fare la mia volata. Speravo di raggiungere l’australiana, invece ho vinto solo la volata alle sue spalle. Però me ne torno a casa con un’esperienza gigante per i prossimi mondiali.

Hai ripreso subito su strada, già nel 2019: volevi riprenderti quello che hai lasciato in quell’incidente?

Appena sono arrivata a casa, dopo quattro mesi in ospedale, volevo andare in bici. Nelle prime uscite, ho fatto fatica. Però la mia passione è stata da sempre il ciclismo, quindi passando i mesi e gli anni, ho dimostrato di migliorare. Noto che i risultati in Italia migliorano, per cui mi piacerebbe arrivare passo dopo passo al podio nelle Coppe del mondo e ai mondiali. Non guardo il passato, ma al presente: sono le prime medaglie di questo nuovo segmento della mia vita. Quindi sono orgogliosa e punterò a migliorare ancora.

Due medaglie nello stesso giorno che si sommano all’inseguimento: niente male
Due medaglie nello stesso giorno che si sommano all’inseguimento: niente male
Il settore pista ha adesso un tecnico come Silvano Perusini, come ti trovi?

Ci chiama spesso durante la settimana, ci dice cosa fare durante il giorno e ci siamo trovati spesso a Montichiari. E’ cambiato un sacco, in pista è nato anche il miglioramento nell’inseguimento rispetto a Parigi, facendo ripetute e tutti i lavori specifici. Anche prima ho ottenuto medaglie col quartetto e anche nello scratch, però nel paraciclismo è tutto nuovo. Ogni anno scopro cose nuove, per questo ora puntiamo ai prossimi mondiali a Rio, sapendo che essere più vicini ai migliori in pista diventa utile anche su strada. Sono contentissima di poter fare doppia esperienza, sia strada che pista.

In questi mondiali ci si lamenta perché ci sono troppi eventi e tutti insieme. Forse invece per voi è il modo di avere una vetrina superiore? 

Si, è vero. In Italia tre quarti delle persone non sanno cosa sia il paraciclismo. Invece questa visibilità, avendo i mondiali con normodotati e paraciclisti insieme, rende più appetibile anche il nostro settore. Ognuno degli atleti che è qui arriva da brutte cadute, brutti incidenti e così via. Però per tirarsi su nuovamente, contano la testa, alzarsi e riuscire a ottenere medaglie importanti.

Per te è stato più difficile ripartire o arrivare qui a vincere queste medaglie?

E’ stato un miracolo che sia riuscita a sopravvivere al mio incidente. Devo dare un ringraziamento gigante all’ospedale di Benevento e alla mia famiglia che mi è stata vicina sin dal primo giorno. E anche la nazionale para ciclistica che ci segue un sacco bene e a Luca Cecchini, che mi sono stati vicino sino alla partenza dell’inseguimento. Sono davvero soddisfatta.

Scusa la domanda, se si può chiedere: qual è la tua disabilità?

Il trauma cranico che mi è successo il 6 luglio del 2017, mi ha provocato dell’epilessia. Ho fatto diverse verifiche e visite mediche per capire in quale categoria fossi per il paraciclismo e l’anno scorso facendo i mondiali di Parigi mi hanno messo in C5 definitiva. Il paraciclismo ha tante disabilità. Mi hanno messo in categoria C5 e sarà quella, se sarà possibile e se crederò in me, con cui potrei partecipare alle Olimpiadi. E anche lì la mia testa va verso le medaglie, quindi ce la metterò tutta.

E’ il sogno più grande?

Effettivamente sì. Da quando ero piccola e ho iniziato ad andare in bici, le Olimpiadi erano un sogno gigante. Mi piacerebbe dimostrare quanto valgo.

Nella finale per il bronzo dell’inseguimento eri contro una britannica…

Facevano tutti il tifo per lei. Ma io a quel punto non pensavo a queste cose, pensavo a spingere a dare il massimo. E quando ho sentito lo speaker dire il mio nome, ho cominciato a esultare. E’ stata una bella esperienza.

L’abbraccio con il tecnico Perusini corona un periodo di duro lavoro
L’abbraccio con il tecnico Perusini corona un periodo di duro lavoro
Com’è stato in questi giorni il rapporto con gli altri atleti della nazionale?

Siamo stati nello stesso hotel e loro chiedevano a noi alcune cose specifiche, su come facciamo le gare. Loro a noi, capito? In teoria sarebbe il contrario. Ho visto Filippo Ganna parlare con Andrea Tarlao, chiedendogli alcune cose per fare la gara. C’è tanta sintonia facendo i mondiali insieme. 

Frequenti ancora le ragazze con cui correvi?

Ci sentiamo con le mie compagne della Valcar. Quando ci siamo viste qua in hotel, hanno detto che hanno pianto per me il giorno dello scratch, anche Martina Alzini, Miriam Vece. C’è tanta sintonia, l’amicizia continuerà. E se ho ripreso a correre, lo devo a Valentino Villa.

La sera del doppio argento, grande festa nell’hotel degli azzurri
La sera del doppio argento, grande festa nell’hotel degli azzurri
Torni a casa e come riprende la vita?

Bici, bici, bici, bici e bici. Voglio migliorare le cose in cui sono un po’ sotto tono, anche su strada. Ho fatto due Coppe del mondo quest’anno, ma sono andate male. Però l’anno prossimo faccio vedere alle altre quanto valgo.

Ci saranno altri grandi appuntamenti per quest’anno?

Vediamo se ci sarà la possibilità di fare gli europei, altrimenti parteciperò ai campionati italiani di ciclocross e forse di mountain bike fra settembre e ottobre. Non mi fermo di certo, questo ormai l’avete capito bene…