Due passi sulla spiaggia con Zambanini che racconta…

12.12.2023
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ALTEA (Spagna) – Fare due passi sulla spiaggia è uno dei modi migliori per parlare. Il suono dei ciottoli trascinati dalla risacca è rilassante e crea decisamente la giusta atmosfera perché Edoardo Zambanini metta in ordine le idee ai nostri “microfoni”.

Il corridore della Bahrain-Victorious si appresta ad affrontare la terza stagione da professionista. E quasi non se ne rende conto. «Il tempo – dice il trentino – sta veramente volando. Dico davvero, c’è da pensare: sono già all’inizio del terzo anno. Almeno posso dire che questi due anni sono passati come un fulmine, forse per l’emozione, forse perché mi sono divertito molto. Insomma l’ho vissuta in un bel modo».

Prima del ritiro e della totale ripresa, Zambanini si è goduto la neve dei suoi monti con lo sci alpinismo (foto Instagram)
Prima del ritiro e della totale ripresa, Zambanini si è goduto la neve dei suoi monti (foto Instagram)
Come archivi il tuo 2023?

E’ stato un anno di alti e bassi anche dal punto di vista fisico. Ho preso due volte la bronchite: la prima poco prima della Tirreno e poi nel finale di stagione. Quella prima della Tirreno ha scombussolato il programma per il Giro d’Italia. Ho saltato l’altura e ho fatto i Baschi anziché la Tirreno appunto. Però dai, alla fine è stata una stagione d’esperienza che mi ha fatto crescere. 

E cosa hai capito?

Che non è sempre tutto come si pensa. Bisogna mettere in conto anche qualche difficoltà. Diciamo che nel mezzo del viaggio, non ci sono solo i programmi e la bici, ma anche altri fattori.

Quest’anno da dove riparti?

Riparto da un passo più avanti. Difficile magari dire in percentuale quanto sia migliorato. Ma credo che in questi due anni abbia accumulato quell’esperienza che solo il correre con i pro’ ti dà. Sapere quando è il momento di stare più coperti, il momento in cui bisogna osare, quando bisogna aiutare la squadra… 

Zambanini (classe 2001) ha buone doti da scalatore e di recupero, caratteristiche ideali per i GT
Zambanini (classe 2001) ha buone doti da scalatore e di recupero, caratteristiche ideali per i GT
C’è qualcuno che ti ha tirato un po’ le orecchie in corsa? Qualche maestro?

Dopo le tappe facciamo sempre un breve “recap” e analizziamo il tutto. Ma avendo visto sempre il mio massimo impegno, le orecchie non me le hanno tirate! Ho sempre cercato di stare il più possibile vicino ai capitani e alla squadra. Poi magari qualcosa è andato anche storto, ma non mi sembra di aver fatto grandi errori.

Quale sarà il tuo programma per il 2024?

Di preciso ancora non lo so, ma spero più o meno un programma simile a quello del 2023: mi sono trovato bene. Sono partito alla Ruta del Sol, Paesi Baschi, Tour of the Alps, una gara che mi piace molto, e il Giro. Ricordo dopo il Giro non sono neanche tornato a casa, sono stato 4-5 giorni, da mia nonna a Padova e sono filato al Delfinato.

Poi però d’estate hai tirato il fiato?

Sì, ho ripreso a luglio con l’altura a Livigno, quindi Burgos, Plouay e Canada. Il Canada mi è piaciuto tantissimo. E’ stata una trasferta bellissima in cui mi sono divertito molto. Era la prima volta che andavo lì. Poi erano corse di un giorno e non sapevo bene cosa aspettarmi. Da lì, poi ho concluso la stagione con le classiche italiane e la Japan Cup.

Al Giro il trentino si è goduto l’abbraccio della sua gente, specie nella tappa del Bondone
Al Giro il trentino si è goduto l’abbraccio della sua gente, specie nella tappa del Bondone
E quindi questo è quel che ti piacerebbe fare l’anno che verrà. E alle Ardenne non ci pensi?

Sì, quello sarebbe un altro passo in avanti. E infatti coi diesse ho “alzato il braccio”! Non so se ci andrò quest’anno, ma nei prossimi mi piacerebbe. Quelle delle Ardenne sono gare belle e che mi si addicono. Sono anche per gli scalatori.

Scalatori: dopo due anni da pro’ sapresti definire meglio che corridore è Zambanini?

Un corridore da corse a tappe, quelle di una settimana ma anche per un grande Giro. L’anno scorso alla Vuelta, per esempio, mi sono trovato bene. Ero al primo anno e non pensavo di finirla. E invece non solo l’ho finita ma anche bene, specie negli ultimi giorni. E anche quest’anno al Giro è stato simile. Sono partito così, così per via di quell’avvicinamento non ideale, ma l’ultima settimana è stata quella in cui mi sono divertito di più. Quando sono arrivate le tappe alpine mi sentivo in forma. Ero in crescita.

Quale potrebbe essere un obiettivo concreto per il prossimo anno?

Cercare qualche buon risultato, strappare un podio o comunque avvicinarmi alla vittoria.

Magari al Tour of the Alps che è la corsa di casa…

Eh sì! Ci punterei molto. Essendo in casa ho anche quello stimolo in più. Ad esempio quest’anno al Giro d’Italia, la tappa del Bondone è stata un’emozione immensa. Io sono nato lì e a partire dalla prima salita ho avuto persone che mi hanno urlato, tifato. Ho un fans club, con amici, familiari, che sul Bondone ha fatto un “casino” micidiale. Salivo con la pelle d’oca. 

A Benidorm con i ragazzi di Reverberi. Ripetute e progetti

11.12.2023
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BENIDORM (Spagna) – Sono le 7,30 quando suona la sveglia dei ragazzi della Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè (dal prossimo anno la squadra si chiamerà VF Group-Bardiani-Faizanè). I corridori dei Reverberi sono alloggiati in uno dei grattacieli della cittadina balneare della costa valenciana. Come molti altri team del resto. La “BIA” prima della colazione, prevista alle 8, e alle 10 tutti in sella sulle nuove De Rosa, presentate giusto qualche giorno fa.

Si pedala in gruppi da nove, non di più. Altrimenti scatta la multa. Qualche squadra l’ha già presa. Lampeggiante sull’ammiraglia, cartello “atención ciclistas” ben in vista e si va. Il menù di oggi prevedeva quasi 5 ore con dei lavori (in apertura foto di Gabriele Reverberi).

Col piede giusto

Fiorelli guida in sella il gruppo che seguiamo noi. L’altro, seguito da Alessandro Donati, è già partito. Noi seguiamo l’ammiraglia di Roberto e l’altro direttore sportivo, Luca Amoriello. Durante l’avvicinamento al Col de Rates si fa il riscaldamento. A turno i ragazzi fanno delle volate.

L’atmosfera sembra buona, così come il piglio dei ragazzi. La Green Project-Bardiani è cambiata pochissimo, solo quattro arrivi e tutti giovanissimi.

«I nostri senatori – dice Reverberi – ormai sono Tonelli e Gabburo. Siamo partiti abbastanza bene, credo. Vedo un bel gruppo, sono tutti ragazzi abbastanza giovani. Così come sono giovani e molto preparati anche i nostri medici, i preparatori… Anche loro sono fiduciosi: hanno visto che gli atleti si sono presentati in ottime condizioni rispetto all’anno scorso.

«Questo anche perché dopo un anno che lavoriamo con questo staff, i ragazzi hanno preso fiducia. Hanno capito che lavorano bene e quindi li seguono. E’ uno staff da WorldTour».

La squadra emiliana ha programmato anche un ritiro per gennaio, sempre qui. «Perché vogliamo davvero partire bene». Anche la scelta di venire in Spagna non è stata casuale. I “Bardiani” erano degli habitué del Cicalino in Toscana, posto al quale sono tuttora legati, ma certo il clima non è lo stesso. Oggi si sono toccati i 27 gradi, per dire…

Ripetute a go-go

La destinazione era il Col de Rates, dal versante di Altea. Roberto Reverberi, team manager, come tutto il resto dello staff è a bordo strada. Osserva i suoi atleti fare le ripetute: serie da 5′ ognuna con wattaggio crescente.

E’ un continuo saliscendi e non solo dei suoi ragazzi. Anche gli Uno-X stanno facendo lo stesso lavoro. Passano Kristoff, Magnus Cort… e così tante altre squadre. Oldani, ormai alla Cofidis, lancia un saluto. 

In questo giovane gruppo c’è anche qualche diamante, magari non ancora grezzo, ma certamente di valore. Pensiamo soprattutto a Pellizzari, Marcellusi che sono giovani, ma anche a certezze, tipo Fiorelli, Zoccarato… che garantiscono buoni rendimenti.

«Da questi ultimi due atleti ci si aspetta molto – va avanti Reverberi – a mio avviso sono atleti che non si sono mai espressi al loro massimo. Però vedo che quest’anno l’hanno presa con più serietà, come tutti. Mi sembra quasi che, contrariamente a quanto ci si possa aspettare, siano loro ad essere spronati dai più giovani. Oggi i giovani arrivano velocemente e vanno forte, sono nati con certe metodiche di allenamento».

Quasi per tutti il peso era buono, come si diceva, e anche la fase di lavoro che stanno svolgendo sul Col de Rates è stata redatta dai coach interni. Nessuno quest’anno ha protestato o ha detto la sua perché in contrasto con la preparazione indicata dal proprio coach. Sono tutti piuttosto allineati.

«E’ cambiato l’approccio dei corridori allo staff tecnico – sottolinea Roberto – hanno più convinzione e cognizione, soprattutto per quel che concerne i tempi di recupero in questa fase».

Verso il Giro

Si lavora e si programma pensando al Giro d’Italia, il grande obiettivo. La Green Project-Bardiani non è certa della partecipazione, però è anche vero che una professional italiana dovrà esserci per regolamento.

E la programmazione in vista del Giro è forse la novità maggiore. Non avendo un uomo da classifica o un velocista, si portavano gli uomini più in forma, con la conseguenza che per andare al Giro si scatenavano una sorta di trials interni. Una lotta che portava i ragazzi a dare tutto prima della corsa rosa e poi magari a non essere al top quando contava veramente. Le cose sembrano essere cambiate.

«Che dire – prosegue Reverberi – noi il Giro l’abbiamo sempre fatto. Non è mai scontato, però siamo stati la prima squadra italiana nella classifica mondiale e ci siamo da più di 40 anni. Abbiamo lanciato molti corridori nel WorldTour e credo che un po’ di riconoscenza dal mondo del ciclismo ci dovrebbe essere.

«Riguardo alla programmazione per il Giro, abbiamo 22 corridori in organico e all’85 per cento già sappiamo chi lo farà. O comunque chi è più papabile. E infatti per questi atleti abbiamo già programmato sia i ritiri qua in Spagna, che in altura, ma è anche vero che la convocazione è aperta a tutti. Abbiamo tanti giovani, ma se si dimostrano attrezzati siamo pronti a buttarli dentro.

«Sia per fargli fare esperienza che, magari, per portare a casa una tappa. Anche se siamo consapevoli che vincerne una è difficilissimo. Oggi nelle fughe da lontano ci sono nomi importanti o gente che è uscita di classifica. Insomma, alla Vuelta in fuga ci andava Evenepoel».

Reverberi e una suggestione

Si torna in hotel. La sala da pranzo è chiusa, ma non per i corridori. Patron Bruno brontola un po’, giustamente, per il ricco buffet di dolci che viene proposto sul banchetto della sala. Una tentazione forte per i ragazzi.

Si mangia. Poi riposo e tempo libero, tra massaggi, stretching. L’importante è che alle 19,30 ci si ritrovi puntuali per la cena.

«La classifica al Giro – prosegue Roberto – non l’abbiamo mai curata particolarmente. Però c’è Covili che ogni anno cresce un po’ e magari potrebbe arrivare tra i primi 10-12».

A questo punto, parlando di classifica, lanciamo una suggestione a Reverberi. C’è un certo Domenico Pozzovivo che è ancora libero e a 41 anni sogna di prendere parte alla corsa rosa.

Sarebbe un ritorno storico: il lucano che termina la carriera nella squadra che lo ha lanciato. 

«Credo – dice Reverberi – di aver conosciuto pochi corridori seri a livello atletico e tecnico come il Pozzo. Però noi siamo la squadra dei giovani. Vero, uno come Domenico potrebbe aiutarli comunque. Se n’è parlato, ma non credo verrà. E chiaramente non è per la persona, figuriamoci, ma appunto per il nostro progetto».

Agostinacchio e la sua Factor LS, una gravel nel cross

11.12.2023
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VERMIGLIO – Abbiamo incontrato Filippo Agostinacchio subito dopo il bel podio di Faé di Oderzo e alla vigilia della prova di Vermiglio. Con lui abbiamo scambiato due battute sulla nuova maglia della nazionale, sul percorso della Val di Sole e sulla Factor LS del Team Beltrami-TSA.

La Factor LS è di fatto la gravel racing bike di riferimento. Grazie alle sue geometrie (una bici con passo molto corto) e ad una altezza da terra in puro stile ciclocross è apprezzata anche dai crossisti tecnici come il giovane valdostano.

La bici numero 2 pronta per Vermiglio
La bici numero 2 pronta per Vermiglio
E’ la bici per la tua stagione di ciclocross?

La bici è questa a prescindere dal tracciato e dalle condizioni del terreno. Factor LS, tutta in carbonio, forcella compresa e utilizzo una taglia 54. Diciamo che la variabile più grande sono i tubolari che sono Challenge, ma che ovviamente cambiano l’impronta a terra in base al fango o ad un terreno duro.

Quali tubolari hai usato sulla neve?

I Grifo da 33. Abbiamo adeguato la pressione, leggermente inferiore rispetto agli standard, diciamo di 0,2 inferiore. Nelle prove ho girato con 1,3 davanti e 1,35 dietro.

Le Corima da 47 per i tubolari
Le Corima da 47 per i tubolari
Una 54? Sembra più piccola!

E’ davvero corta e compatta, una bicicletta agile e guidabile, molto veloce nei cambi di direzione.

Come è allestita?

Ruote Corima con cerchio in carbonio da 47 di altezza. La trasmissione è un mix tra Sram Rival, per pignoni e cambio posteriore, mentre la corona è Red da 46 denti. 170 per la lunghezza delle pedivelle. La scala dei pignoni è 10-36. Manubrio, pipa e reggisella sono Zipp, mentre la sella è una Repente Quasar, che è un modello stradale e che uso anche sulla bici da strada.

Quale è la larghezza della piega? Sembra largo se consideriamo gli standard attuali!

Uso un 42 centro/centro, mi trovo bene soprattutto per quello che concerne la stabilità e l’essere aggressivo nella guida.

Nella stagione del cross, quando ti alleni su strada usi la Factor LS, oppure una bici da strada?

Preferisco usare la bici da strada, una Argon18.

Due bici diverse. E per quanto riguarda il setting?

La Factor e la Argon18 hanno due settaggi completamente differenti, pensate che quella strada è una 52. Vi dico un particolare su tutti, sulla Argon ho il manubrio largo 40. Riesco a saltare da una bici all’altra senza alcun problema.

Quindi hai una biomeccanica più raccolta sulla bici da strada?

Ho il telaio che è decisamente più corto, ma utilizzo l’attacco manubrio da 130. E’ comunque difficile fare delle sovrapposizioni tra i due telai, perché la concezione geometrica è completamente differente.

EDITORIALE / Il caso Uijtdebroeks ha spaccato il gruppo

11.12.2023
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«Mi chiedo come sia possibile – scrive Brent Copeland su Twitter a proposito del caso Uijtdebroeks – che qualcosa del genere possa accadere ai nostri giorni, alla nostra epoca e al livello del nostro sport, eppure ci troviamo ad affrontare esattamente qualcosa del genere. E’ avidità? Disperazione? O semplicemente non sono consapevoli del futuro degli atleti e di chi sia la persona che effettivamente paga le conseguenze di una scelta poco felice! Imbarazzante è un eufemismo».

Brent Copeland, manager della Jayco-AlUla, qui con Groenewegen: la sua posizione è parsa molto critica
Brent Copeland, manager della Jayco-AlUla, qui con Groenewegen: la sua posizione è parsa molto critica

Team manager contro

Sono le 8,58 di sabato mattina, quando il team manager del Team Jayco-AlUla posta questo commento, ispirato a un articolo di Cyclingnews. Sul sito britannico, si riassume la vicenda legata all’annunciato passaggio del belga Cian Uijtdebroeks dalla Bora-Hansgrohe alla Jumbo-Visma.

La sintesi vuole prima l’annuncio del team olandese: il belga sarà con loro dal 1° gennaio. Poi la frenata del team tedesco, secondo cui il corridore è sotto contratto per un anno ancora. Quindi c’è la presa di posizione dei suoi agenti tramite Alex Carera, secondo cui c’è in corso una procedura per l’interruzione del contratto.

«L’accordo tra Cian Uijtdebroeks e Bora-Hansgrohe – si legge – è terminato il 1° dicembre 2023. Cian ha già avviato un procedimento legale e l’UCI è a conoscenza della risoluzione dell’accordo. Cian è fiducioso sull’esito della procedura pendente e per il momento si asterrà da ulteriori commenti (…)».

Cian Uijtdebroeks compirà 21 anni il prossimo 28 febbraio. E’ pro’ dal 2022 (foto matthispaul)
Cian Uijtdebroeks compirà 21 anni il prossimo 28 febbraio. E’ pro’ dal 2022 (foto matthispaul)

Levata di scudi

Eppure il passaggio non lascia indifferente il mondo del ciclismo. Sullo stesso social (che si fa fatica a chiamare con il nuovo nome X), si pronunciano John Lelangue e Patrick Lefevere.

«E’ uno sport professionistico – scrive l’attuale direttore del Tour Pologne in risposta al post di Copeland – è anche business, ma il ciclismo ha bisogno di UNITA’ tra tutti i soggetti interessati e ancor di più tra le squadre che sono concorrenti ma anche attori della stessa storia. L’unità e il rispetto reciproco sono la chiave per rendere più forti il nostro sport e le nostre squadre».

«Secondo me – scrive il manager della Soudal-Quick StepCian Uijtdebroeks ha un accordo fino alla fine del 2024. Ha preso per agente Alex Carera che conosceva la situazione. L’UCI deve far rispettare le proprie regole. Solo se le tre parti sono d’accordo, ci può essere un trasferimento con l’autorizzazione dell’UCI».

Roglic ha lasciato la Jumbo-Visma un anno prima della scadenza del contratto, dopo 94 vittorie
Roglic ha lasciato la Jumbo-Visma un anno prima della scadenza del contratto, dopo 94 vittorie

Fra Roglic e Uijtdebroeks

Intanto da Wielerfits trapela che, a fronte della volontà del corridore di andarsene, la Bora avrebbe chiesto un milione di euro alla Jumbo allo stesso modo in cui ha dovuto a sua volta pagare per prendere Roglic. Sono casi paragonabili?

Lo sloveno che lascia la Jumbo-Visma a ottobre è un corridore di 34 anni, che con la squadra olandese ha vinto tre Vuelta e un Giro (94 in tutto le sue vittorie con quella maglia). L’investimento è stato ampiamente ripagato.

Quando a partire invece è Uijtdebroeks, che ha vent’anni e ha vinto “solo” il Tour de l’Avenir, si capisce che sia meno facile lasciarlo andare. La squadra lo ha preso giovanissimo, ha investito su di lui. E proprio nel momento in cui potrebbe cominciare a ripagarla, lui chiede di risolvere il contratto e per giunta a dicembre.

Qualche dissapore a fine stagione c’è stato. La polemica della Vuelta per essere stato sopravanzato in classifica dal leader Vlasov. E dopo la Crono della Nazioni, per la bici di scorta non al livello della prima. Ci sono sotto questioni più gravi, come lascerebbe intendere l’azione legale citata da Carera, per chiedere la rescissione del contratto?

Lorenzo Milesi (classe 2002) in maglia roja in avvio della Vuelta. La DSM lo ha preso ancora da U23
Lorenzo Milesi (classe 2002) in maglia roja in avvio della Vuelta. La DSM lo ha preso ancora da U23

Contratti da rispettare

Sembra di rivedere in parte quel che sta accadendo a Lorenzo Milesi, campione del mondo U23 della crono e contratto fino al 2025 con il Team DSM. Al momento di partire per le vacanze, è stato accostato alla Ineos Grenadiers. Il suo agente Giuseppe Acquadro pareva sul punto di stringere, poi qualcosa non ha funzionato e la trattativa è naufragata. A quel punto si è iniziato a dire che fosse in atto il tentativo di portarlo alla Bora-Hansgrohe, dove stava per liberarsi il posto di Uijtdebroeks, ma anche su questo fronte è calato un velo di silenzio.

Così, mentre si sussurra che il bergamasco vista la situazione abbia cambiato agente, ci è venuto un dubbio. La squadra che lo ha fatto passare, portandolo dal devo team alla WorldTour, sarà contenta di sapere che sta facendo di tutto per andarsene? Se dovesse infine rimanere lì, quali sarebbero i rapporti? Non sarebbe forse il caso di rispettare i contratti, a meno di clamorose inadempienze da parte delle squadre?

Uijtdebroeks andrà sicuramente alla Visma-Lease a Bike (denominazione dal 2024 dell’attuale Jumbo-Visma) e il tutto si risolverà in una questione di soldi. Finirà come con Van Aert preso… con la forza dalla Verandas Willems-Crelan. Richard Plugge sa fare i suoi affari, anche se i suoi metodi non piacciono a tutti.

La morale però è che i contratti rischiano di diventare carta straccia e che di questo passo il fairplay fra squadre andrà a farsi benedire. Se tre team manager si espongono in modo così esplicito, è evidente che qualche regola non scritta sia stata violata. Ma soprattutto sarebbe opportuno, in questo mettere in mezzo ragazzi di vent’anni, pensare a loro e con una prospettiva più lunga. A quello che hanno ancora da imparare e quello che da tutto questo riceveranno in cambio. E non parliamo di soldi.

Decathlon nel WorldTour, opportunità da non perdere

11.12.2023
5 min
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LISSONE – Nei giorni scorsi Decathlon e AG2R La Mondiale hanno ufficializzato in grande stile la loro nuova partnership, che partirà dal primo gennaio. L’accordo fra i due “colossi” francesi era nell’aria da tempo. Tanti infatti erano i rumors che si erano susseguiti negli ultimi mesi e che avevano al centro la formazione transalpina e Van Rysel, il marchio per il ciclismo su strada di alta gamma del gruppo Decathlon.

Tutti però pensavano ad una semplice partnership tecnica, che avrebbe esclusivamente riguardato le bici in dotazione alla squadra francese con il passaggio da BMC a Van Rysel. Ecco invece la grande sorpresa arrivata dalla presentazione ufficiale che si è tenuta lo scorso 27 novembre a Lilla, città del Nord-Nvest della Francia dove ha sede Van Rysel. Dal primo gennaio Decathlon diventa primo nome della formazione transalpina che dal prossimo anno si chiamerà: Decathlon AG2r La Mondiale. Le novità non finiscono però qui. I ragazzi diretti da Vincent Lavenu gareggeranno infatti anche con caschi e occhiali firmati Van Rysel.

La firma dell’accordo tra Decathlon e il team AG2r La Mondiale
La firma dell’accordo tra Decathlon e il team AG2r La Mondiale

Ritorno in grande stile

Per Decathlon non si tratta di un debutto assoluto nel mondo del professionismo. L’azienda francese era già stata partner tecnico del team AG2R dal 2000 al 2007. Oggi ritorna fra i professionisti e lo fa in maniera “decisa”, con il proprio nome e con un nuovo brand, Van Rysel, che ha programmi decisamente ambiziosi, come ci ha confermato Rosario Cozzolino, Category Manager Ciclismo di Decathlon Italia, che abbiamo incontrato nei suoi uffici di Lissone in attesa di trasferirsi presto nel nuovo store di Milano Merlata.

Che importanza ha per Decathlon essere tornati nel mondo del ciclismo professionistico dopo una assenza così lunga?

Direi che ha un’importanza fondamentale. Decathlon ha individuato di recente tre segmenti sportivi: road running, arrampicata, road cycling. Per ciascuno di questi segmenti l’obiettivo è quello di diventare un riferimento per i cosiddetti sportivi “competitivi” o più in generale agonisti. Si tratta di sportivi evoluti, che magari fino ad oggi potevano essere in qualche modo “prevenuti” su tutti quei prodotti che arrivano da Decathlon. Focalizzandoci sul mondo del road cycling, Van Rysel è il brand che può permettere a Decathlon di intercettare questo particolare target di utenti che praticano ciclismo. L’essere già stati il partner tecnico a livello di abbigliamento del Team Cofidis è già di per se una conferma del “valore” del brand e della qualità dei prodotti firmati Van Rysel. 

Ora però sembra esserci un ulteriore passo avanti. E’ corretto?

Assolutamente. L’obiettivo di Decathlon è quello di portare Van Rysel ad essere un top bike brand a livello mondiale. Anche per questo l’accordo con il team ha durata di cinque anni.

Questo è il team per la stagione 2024, la prima nel WorldTour per il marchio francese
Questo è il team per la stagione 2024, la prima nel WorldTour per il marchio francese
Venendo al mercato italiano, quali sono le vostre aspettative?

Siamo consapevoli del fatto che il mercato italiano è diverso da quello degli altri Paesi, Francia in particolare dove Decathlon è nata e l’accordo con AG2R La Mondiale è stato accolto come qualcosa di naturale, così come l’arrivo del marchio Van Rysel. L’Italia è da sempre una culla del ciclismo e qui sono nati marchi che hanno fatto la storia di questo sport. Nonostante questo, siamo sicuri che Van Rysel potrà affermarsi come marchio di riferimento per chi vuole acquistare una bicicletta da corsa di livello top. Questo permetterà a Decathlon di affermarsi sul mercato italiano come una realtà capace, anche nel mondo ciclo, di offrire prodotti di alta qualità e nello stesso tempo di fornire un’assistenza post vendita all’altezza.

Quello dell’assistenza è un tema che spesso torna in ballo quando si parla di Decathlon. Cosa possiamo dire in merito?

Decathlon crede sempre più nell’importanza della formazione del proprio personale, come dimostra il mobility store di Parma, da poco inaugurato con al suo interno personale altamente preparato. Di recente presso il nostro store di Torri di Quartesolo, in provincia di Vicenza, abbiamo inaugurato un servizio di consulenza personalizzata per le biciclette a pedalata assistita. Il cliente prende un appuntamento online, successivamente si reca nel punto vendita e qui trova una persona che si dedica completamente a lui. Al momento è un progetto in fase di sperimentazione. Se tutto andrà come ci aspettiamo, questo servizio sarà allargato a prodotti di alta gamma, come appunto le biciclette Van Rysel

I corridori indosseranno prodotti firmati Van Rysel
I corridori indosseranno prodotti firmati Van Rysel
Il prossimo anno si annuncia per Decathlon Italia estremamente cruciale con il debutto della squadra al Giro e soprattutto con la partenza del Tour dal nostro Paese. Avete in mente qualcosa per sfruttare questa doppia opportunità?

Al momento si tratta di idee che vorremmo presto tradurre in progetti concreti. Prossimamente avremo un incontro con i responsabili di Van Rysel per capire insieme a loro e alla squadra quali azioni mettere in campo. Quello che è certo è che il prossimo Giro d’Italia rappresenterà una grande opportunità per far conoscere attraverso il team il marchio e i prodotti Van Rysel. Il 2024 sarà comunque per noi un anno di studio per capire meglio le potenzialità del marchio e creare tutta una serie di sinergie e iniziative da sviluppare nei prossimi anni.

Un’ultima domanda. Quando saranno disponibili in Italia le biciclette Van Rysel utilizzate dal team Decathlon AG2R La Mondiale?

Nei negozi saranno disponibili da marzo, online anche prima. E’ però importante sottolineare che le biciclette, ma anche i caschi e gli occhiali utilizzati dal team, saranno disponibili solo all’interno di alcuni punti vendita Decathlon selezionati, i cosiddetti “Pro Shop”, con personale altamente qualificato in grado di assistere al meglio l’utente nel suo acquisto. Partiremo con una decina di punti vendita, un numero destinato comunque a crescere. Mi preme poi ricordare che Van Rysel è oggi l’unico brand al mondo che “firma” biciclette, abbigliamento, caschi, occhiali e scarpe.

Decathlon

E’ arrivato il momento di arginare il talento di Pidcock?

11.12.2023
4 min
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Chissà come l’avranno presa i capi dell’UCI e segnatamente il presidente Lappartient, scoprendo che i tre più grandi crossisti del gruppo non prenderanno parte (volontariamente) al mondiale di specialità? La sensazione è che la scelta che non sono stati in grado di fare Van der Poel, Van Aert e Pidcock sia venuta dai team e sia stata affidata agli allenatori. Così se Van Aert si è concesso il rientro (con vittoria) a Essen, ma ha già inquadrato con Mathieu Heijboer il giusto avvicinamento per le classiche, il programma di Pidcock l’ha preso in mano Kurt Bogaerts. E il primo punto fermo è stato volere che il folletto britannico, campione del mondo di mountain bike a Glasgow, partecipasse al ritiro del Team Ineos Grenadiers, rinviando così il debutto nel cross al 16 dicembre. Gara di Herentals, casa Van Aert.

Bogaerts allena da anni Pidcock, seguendolo nelle tre specialità (foto Sporza)
Bogaerts allena da anni Pidcock, seguendolo nelle tre specialità (foto Sporza)
Come mai?

Perché sarebbe un peccato se Tom perdesse l’inizio del ritiro. A differenza dello stage di gennaio a Denia, adesso ci sono tutti. Insieme a Thomas, Carlos Rodriguez, Bernal e Ganna, Tom è un uomo importante per la squadra. In più ha concluso la stagione il 9 ottobre con la Coppa del mondo di mountain bike in Canada. Questo però significa che Tom debutterà nel cross senza la minima preparazione specifica, perché il ritiro in Spagna termina il 15, ma ci teneva a cominciare per avere un rodaggio prima della Coppa del mondo di Namur, che si corre il giorno dopo Herentals.

Quel giorno ci sarà il primo confronto con Van der Poel e Van Aert: può condizionarlo nella preparazione?

Non dal mio punto di vista. Per Tom il ciclocross è soprattutto un valore aggiunto verso la stagione su strada. Un bel cambiamento. Herentals interrompe il primo blocco di preparazione alle gare su strada, ma sviluppare un po’ di resistenza al freddo e alla pioggia non può far male. Quando arriverà il momento di fare sul serio, anche su strada si deve essere pronti per ogni tipo di tempo.

Questo in teoria, cosa succederà poi quando saranno in griglia?

Tom è uno cui piace vincere, ma è in una fase diversa rispetto allo scorso anno. Sarà in discrete condizioni, ma partirà dalla terza fila o anche più indietro. Poi bisognerà vedere il livello degli altri due, che in realtà abbiamo già intuito. L’anno scorso sono stati forti già al debutto e si sono resi la vita difficile.

Lo scorso anno Pidcock ha corso l’avvio di stagione del cross in maglia iridata, vinta a Fayetteville 2021
Lo scorso anno Pidcock ha corso l’avvio di stagione del cross in maglia iridata, vinta a Fayetteville 2021
In realtà anche loro sembrano più focalizzati sulla strada.

E’ quello che sembra, se non atleticamente di certo mentalmente. Dopo aver sbagliato il Fiandre e la Roubaix, credo che ad esempio Van Aert non voglia sprecare energie mentali e fisiche nel cross. Mathieu continuerà a fare quel che ha già avviato con grande successo quest’anno. E Tom nel mezzo potrebbe dare un bell’impulso al movimento.

Perché saltare nuovamente il mondiale?

Perché il prossimo anno Tom dovrà iniziare la stagione su strada ben preparato. Non sappiamo ancora se all’Algarve o al Gran Camiño. Certo è che la Parigi-Nizza e la Tirreno arrivano subito dopo i mondiali di ciclocross e questo non va molto bene per la preparazione. Per questo abbiamo optato per fare un bel blocco di allenamento, concentrandoci sulla Coppa del mondo, dato che due giorni dopo la prova di Benidorm inizierà il secondo ritiro della squadra a Denia.

E’ vero che non vedremo Pidcock nelle classiche del pavé?

Questa è l’intenzione, anche se non ancora confermata. La direzione è quella delle classiche delle Ardenne. Se partecipi alle gare fiamminghe, puoi fare meno corse a tappe in primavera. Se invece vuoi fare anche una Parigi-Nizza, allora devi modificare il programma.

L’esplosività della Mtb può essere utile a Pidcock in avvio di Tour e alle Olimpiadi
L’esplosività della Mtb può essere utile a Pidcock in avvio di Tour e alle Olimpiadi
Programma di cui però fa parte la mountain bike.

Ancora per il prossimo anno, certamente, poi faremo una valutazione. Comunque dopo le classiche, penseremo al Tour de France. Dopo il Delfinato, valuteremo se partecipare alle due prove di Coppa del mondo di mountain bike in Val di Sole e a Crans-Montana. Suona strano, ma potrebbero rivelarsi un valore aggiunto per un Tour che parte subito forte, con occasioni per lui già nella prima settimana.

L’obiettivo olimpico sovrasta tutto il resto?

L’intenzione è che Tom partecipi sia alla mountain bike che alla corsa su strada. La sua ambizione è di nuovo l’oro olimpico. La prova su strada è un po’ più complicata, ma per fortuna si corre dopo la mountain bike e l’esplosività del fuoristrada può tornargli utile nella seconda sfida.

Damiano Caruso: parole da veterano, voglia da ragazzino

11.12.2023
6 min
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ALTEA (Spagna) – Un sole, che non diresti proprio essere di metà dicembre, scalda i lettini e la piscina dell’hotel dove alloggia la Bahrain-Victorious. Il riverbero è forte e spesso mentre Damiano Caruso parla dobbiamo chiudere gli occhi. Semmai ce ne fosse stato il bisogno, è facile capire perché le squadre vengono qui in ritiro.

Anche se proprio il siciliano, come vedremo, ci dirà che dalle sue parti, Ragusa, non è che le cose siano peggiori. Anzi…

Damiano Caruso, 37 anni, parlotta con il nuovo direttore sportivo, Sonny Colbrelli che, ironia della sorte, è anche più giovane di lui. Ma sappiamo come è andata. Sul volto e nel tono di Caruso quel che regna è la serenità. Lo stato di grazia di chi è qui e apprezza il fatto di esserci.

Caruso (classe 1987), si appresta ad affrontare la sua 16ª stagione da professionista
Caruso (classe 1987), si appresta ad affrontare la sua 16ª stagione da professionista
Damiano sedicesima stagione da pro’, se non erriamo…

No, non sbagliate. E’ proprio così!

Dal tuo primo ritiro nel dicembre 2008 ad oggi cosa è cambiato?

L’approccio. Ai miei inizi, il primo ritiro era più un incontro per conoscere i compagni, i nuovi membri dello staff. Adesso è un ritiro più curato, anche dal punto di vista atletico. E infatti ci si arriva più preparati. Ma questo è normale, è conseguenza del fatto che bisogna arrivare alle gare se non proprio competitivi, con una base più che buona. Una base che ti permetta di crescere durante la stagione, altrimenti il rischio è di dover inseguire per tutto l’anno.

Per esempio tu arrivi qui ad Altea con quanti chilometri e quanti giorni di allenamento?

I chilometri precisi non li so. Ho chiuso la stagione praticamente subito dopo la Vuelta. Ho continuato a pedalare per 15 giorni, poi mi sono fermato tre settimane del tutto. Avevo bisogno di staccare, di rigenerarmi perché ho finito con 30.000 chilometri. Ora sono di nuovo in preparazione e quindi chiuderò l’anno solare con 33-34.000 chilometri.

Che di questi tempi non sono pochi…

Ho cominciato a riprendere seriamente a metà novembre, anche aiutato dal fatto che abito in un posto che non ha niente da invidiare alla Spagna. Di maltempo, per esempio, non ne ho mai preso. Esco con la divisa primaverile e in salita, quando salgo verso Ragusa, metto le maniche corte. Ho lo smanicato per le discese perché si suda. La scorsa settimana è stato incredibile: soffiava scirocco pieno e mi sono dovuto fermare 2-3 volte a prendere l’acqua. Era veramente caldo.

I quasi 70 chilometri a crono del prossimo Giro non dispiacciono affatto al siciliano…
I quasi 70 chilometri a crono del prossimo Giro non dispiacciono affatto al siciliano…
Insomma procede tutto bene?

Sì, ho fatto anche un po’ di palestra quest’anno per mantenere il fisico più tonico. Sin qui tutto sereno e senza particolari intoppi. In questo periodo basta un banale raffreddore, che perdi delle settimane importanti. E il rischio è di ritrovarsi ad inseguire a lungo.

E che stagione sarà quella di Damiano Caruso?

Una stagione che voglio vivere con la massima serenità. Chiaro, comincia una fase della mia carriera in cui bisogna navigare un po’ a vista. Ho già in mente dei periodi in cui mi piacerebbe essere competitivo. E non è un segreto, se dico che voglio farli corrispondere al Giro d’Italia. Ma  devo fare i conti anche con la mia età. Insomma, prima o poi il fisico chiederà il conto. Però di questa stagione mi piace anche il ruolo che sto avendo con i compagni giovani. Non tanto per insegnargli qualcosa, non sono un maestro, ma magari per trasmettergli la mia esperienza. Se qualcuno ha voglia di ascoltare o di avere punti di vista differenti, lo faccio volentieri.

Hai parlato di Giro. Noi l’abbiamo già scritto: Tiberi – Caruso è una è una gran bella coppia per la corsa rosa…

Ho avuto modo di conoscere Antonio durante l’estate e questo inverno abbiamo ricominciato. Ha tutte le carte per ambire a traguardi importanti. Non dobbiamo dimenticare però una cosa fondamentale: ha solo 22 anni. Qualche giorno fa ho letto un articolo così titolato: “Antonio, lo vedremo al Giro, ci dirà se è un campione o meno”. Questo non va bene. Perché mettere così tanta pressione a un ragazzo? Magari in quell’appuntamento dove tutti lo aspettano, per un motivo o per un altro, non va bene e cosa facciamo? Lo demoralizziamo.

Caruso in testa alla “sua” Bahrain (con le nuove divise e le nuove bici) e al suo fianco c’è già Antonio Tiberi (foto Instagram Bahrain)
Caruso in testa alla “sua” Bahrain (con le nuove divise e le nuove bici) e al suo fianco c’è già Antonio Tiberi (foto Instagram Bahrain)
Chiaro, serve il giusto equilibrio.

E noi abbiamo trovato un buon feeling. Ho cercato di spiegargli che il percorso di crescita, a meno che non sei Pogacar, più è regolare e meglio è. Gli servirà per la carriera, nel lungo periodo. Non deve avere l’assillo del risultato. Pensiamo a fare le cose per bene, poi eventualmente analizziamo gli errori e tutto il resto.

Damiano, parli proprio come un veterano e soprattutto con naturalezza. E allora ritorniamo al punto di partenza: chi era il Caruso di 16 anni fa al primo raduno? Come si sentiva dentro quel ragazzino?

Anch’io, come oggi tanti giovani, arrivavo al primo ritiro un po’ teso, ansioso, in punta di piedi. Ma anche con la voglia di far vedere che se ero lì, era perché avevo le qualità. Il mio primo ritiro da pro’ fu con la Lpr di Bordonali a Terracina. La sensazione era quella di un bambino che va al Luna Park. Cercavo di rubare con gli occhi. Oggi per me questo effetto sorpresa va a scemare. Però la voglia di venire al primo ritiro, di ricominciare, di conoscere i compagni… quella è identica. E poi anche perché questo primo ritiro ti lascia margine per fare due battute più del del normale. Questo fa sì che si senta meno il fatto che è il nostro lavoro. 

Capitolo Giro d’Italia. Si profila una gran bella occasione. Hai dato uno sguardo al percorso?

Mi piace. Per il corridore che sono, che ha sempre pagato nelle salite estreme, è un Giro che mi si addice e mi stuzzica. E infatti questo inverno ero indeciso col Tour. Sapete che a me piacerebbe entrare nel club dei corridori che hanno vinto al Giro, al Tour e alla Vuelta. Mi manca appunto la tappa in Francia. Ma sono consapevole del fatto che non posso andare al Tour avendo corso il Giro: non sarei abbastanza competitivo. Pertanto mi sono trovato a scegliere. La squadra è stata super onesta con me. Mi ha detto: «Damiano è una tua decisione, sentiti libero di prenderla». Alla fine ho optato per il Giro perché sento che il progetto che c’è mi può dare di più sia a livello personale che di crescita delle nuove leve.

Al Giro 2021 Caruso fu secondo alle spalle di Bernal e davanti a Simon Yates
Al Giro 2021 Caruso fu secondo alle spalle di Bernal e davanti a Simon Yates
E poi comunque sei il nostro miglior uomo per le corse a tappe…

Col Giro c’è un feeling speciale. E’ la corsa di casa e riesco a tirare fuori il meglio di me. Ad avere la giusta motivazione e la giusta cattiveria. Vedremo se la mia scelta pagherà. Ma a prescindere dal risultato, torno a dire che a 37 anni quello che verrà, sarà tutto di guadagnato. Per esempio quest’anno ho fatto ancora quarto e per me è stato un ottimo risultato. Non potevo chiedere di più, anche perché i tre corridori davanti a me erano palesemente più forti.

Discorso chiaro…

Non è una scusa, ecco. E’ consapevolezza. Io darò il massimo. Sono nella situazione che se Caruso va forte, bene. Se Caruso va piano, io in primis magari sarò dispiaciuto, però è una cosa che devo accettare, perché prima o poi la parabola comincia. Ma questo non significa che mi senta già battuto o appagato. Fosse così, smetterei subito. E invece sento che ho ancora qualche cartuccia da sparare.

Perché la gente vuole così bene a Caruso?

Forse perché ho questo brutto vizio di dire sempre quello che penso. La gente non è scema, la gente percepisce quando una persona mente o parla col cuore. Quindi immagino sia per questa franchezza. Ed è così nelle interviste e nel quotidiano con chi mi sta attorno. Raramente in questi 15-16 anni ho avuto qualche problema con qualche compagno. Mi piace vivere sereno e mi piace pensare che riesco a trasmettere questa serenità.

Nieuwenhuis-Bakker, il ciclocross olandese domina in Val di Sole

10.12.2023
7 min
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VERMIGLIO – Val di Sole Bikeland, provincia d’Olanda. Sulla neve della Uci World Cup di ciclocross va in scena il dominio degli atleti orange in entrambe le categorie. Manon Bakker e Joris Nieuwenhuis hanno dimostrato di avere un particolare feeling con la neve, conquistando le rispettive gare con sviluppi diametralmente opposti e facendo poi suonare forte sul podio l’Het Wilhelmus, il più antico inno nazionale in uso.

Se tra le donne la ventiquattrenne della Crelan-Corendon ha allungato il monopolio olandese, in atto fin dalla prima edizione (Van Empel nel 2021 e Pieterse l’anno scorso), nella prova maschile il barbuto ventisettenne della Baloise Trek Lions ha interrotto quello belga un po’ a sorpresa, considerando quello che ci aveva detto ieri a fine ricognizione.

Nieuwenhuis tra Vandeputte e Wyseure. Un podio non pronosticato alla vigilia di Vermiglio
Nieuwenhuis tra Vandeputte e Wyseure. Un podio non pronosticato alla vigilia di Vermiglio

L’assolo di Joris

Avete presente quando si dice fare il pronti-via? Ecco, Nieuwenhuis al termine del breve tratto in asfalto ha preso in testa la prima curva dell’innevato percorso di Vermiglio con una manciata di metri ed ha proseguito nella sua marcia. Dietro di lui si è creato un ingorgo da traffico di ora di punta, nel quale molti dei più accreditati della vigilia – Iserbyt, Vanthourenhout e Sweeck – sono stati costretti a fare fin da subito un pezzo a piedi anziché sui pedali. Nieuwenhuis è apparso imprendibile per tutti già alla fine del primo giro. L’unico che ha provato a tenere la ruota dell’olandese è stato Niels Vandeputte, pagando dazio col passare dei minuti, mentre alle sue spalle si lottava caoticamente per la terza piazza. Alla fine sull’ultimo gradino salirà il ventiduenne belga Joran Wyseure, felicissimo il suo primo podio in Coppa del Mondo. Ma anche Joris lo era tanto

«Questa vittoria è davvero fantastica – spiega Nieuwenhuis in mixed zone – perché sorprende anche me. La gara l’avevo vista in televisione gli anni passati e avevo deciso di correrla prima o poi perché mi era piacuta subito. Era la mia prima volta sulla neve nel ciclocross. L’avevo trovata da junior, non in queste condizioni però. E’ stata una gara dove ci voleva molta tecnica e molta potenza. Forse, vedendola da fuori, vi è sembrato che per me sia stato facile, ma non è stato così. Ho dovuto controllare bene la bici perché si muoveva molto. In quei momenti ho pensato solo a stare calmo e fare le cose facili. Alla fine è andata molto bene, anzi molto meglio delle mie previsioni».

Nieuwenhuis durante la ricognizione del sabato per scegliere il miglior set up della bici
Nieuwenhuis durante la ricognizione del sabato per scegliere il miglior set up della bici

Mai più strada

Nel passato di Nieuwenhuis ci sono cinque stagioni da U23 tra i devo team della Rabobank e della Sunweb (diventata poi DSM), prima di entrare nel team WorldTour nel 2019, dove è rimasto fino a settembre 2022. Ha corso una Vuelta, due Tour de France e tante altre corse, ottenendo come miglior risultato il terzo posto alla Parigi-Tours del 2020, vinta dall’allora suo compagno di squadra Casper Pedersen. Insomma, l’ennesimo atleta che unisce ciclocross e strada. O forse è meglio dire che univa. Già, perché è decisamente risoluto mentre ci motiva la sua scelta.

«Non tornerò mai più a correre su strada – dice Joris divertito senza nemmeno farci completare la domanda – perché sono troppo legato alla mia vera passione, che è il ciclocross. Devo dire la verità che non mi piace più stare troppo tempo lontano da casa. Ad esempio, quando prepari un grande Giro devi anche fare un lungo ritiro con la squadra. Ormai è così anche per le piccole corse a tappe o per le campagne del Nord. Iniziava a pesarmi questa situazione. Questa è la ragione principale, ma ce ne sono state anche altre più piccole che hanno contribuito».

L’olandese ha fatto subito il vuoto e poi ha gestito la sua gara con grande abilità, da specialista del ciclocross
L’olandese ha fatto il vuoto e poi ha gestito la gara con grande abilità, da specialista del ciclocross

«Resto convinto di aver preso la scelta più giusta per me – conclude Nieuwenhuis, prima di concedersi con estrema disponibilità ad una marea di foto e selfie col pubblico – oggi ne ho avuto la prova. Mi diverto. Gli obiettivi adesso per me nel ciclocross sono quelli di vincere gare su gare quando possibile. Voglio diventare un buon crossista, alzando il mio livello anno dopo anno e poi cercare di mantenerlo tale. All’inizio di questa stagione di cross ho fatto buoni risultati e ora punto ad entrare stabilmente nei migliori cinque tutte le volte che attacco il numero sulla schiena.

«Ora come ora – ammette onestamente – il mondiale di Tabor non è un mio obiettivo perché non credo di essere ancora nella condizione giusta per vincere. I miei rivali li reputo più preparati, però nel futuro punterò ai grandi appuntamenti, proprio per quello che dicevo prima. Cercando di migliorarmi ogni anno, potrò essere più competitivo in tutte le gare».

Bakker ha messo nel mirino Alvarado e l’ha cucinata a fuoco lento, arrivando da sola
Bakker ha messo nel mirino Alvarado e l’ha cucinata a fuoco lento, arrivando da sola

La perla di Manon

Cambiando l’ordine dei fattori, il risultato… cambia. Nella prova femminile della Coppa del Mondo della Val di Sole, le prime tre dell’anno scorso si ripresentano sul podio (tutto rigorosamente olandese), ma con un paio di posizioni invertite. Manon Bakker, terza nel 2022, trionfa in rimonta su Ceylin del Carmen Alvarado, seconda l’anno scorso, mentre Puck Pieterse chiude terza dopo il successo di dodici mesi fa. La gara si decide nell’ultimo giro. Bakker cucina a fuoco lento Alvarado, rendendole la neve bollente nella seconda metà del tracciato.

«Amo questa gara e questi posti – racconta Bakker, alla sua prima vittoria in Coppa del Mondo – sono davvero contenta. Oggi sono riuscita a stare calma malgrado una brutta partenza. Ho recuperato posizioni in questo modo. Mi reputo un’atleta molto tecnica e mi piacciono i percorsi in cui bisogna saper guidare esprimendo potenza. Vorrei che ci fossero più gare del genere. Questo successo per me significa molto. Ho avuto tanti alti e bassi, ma la prestazione di oggi dimostra che ho tutto quello che serve per stare davanti».

Selfie olandese. Bakker, Alvarado e Pieterse sono le stesse atlete che formavano il podio del 2022
Selfie olandese. Bakker, Alvarado e Pieterse sono le stesse atlete che formavano il podio del 2022

Duello olandese

Alla vigilia i pronostici erano tutti per Pieterse, vincitrice uscente, ed Alvarado, leader di Coppa del mondo e già forte di cinque sigilli, contando anche il Superprestige. Entrambe attraversano un buon momento di forma, con la seconda leggermente avvantaggiata. Il duello però sarà un altro. Alvarado guadagna la testa della corsa dopo un avvio lento, mentre Bakker mette nel mirino la connazionale.

«Ho capito che potevo vincere – dice Bakker – all’inizio dell’ultimo giro. Sono rimasta concentrata su di me senza preoccuparmi di come stesse andando Ceylin. Poi quando mi sono avvicinata, ho accelerato e l’ho attaccata».

«Ho capito che potevo perdere – replica Alvarado mantenendo il sorriso sulle labbra – quando alla fine del terzo giro ho iniziato a fare troppi errori ravvicinati. Sul ponte che si attraversava per la parte finale ne ho commesso un altro e ho salutato la vittoria. Nel finale ero molto stanca e diventava tutto difficile. Tuttavia è stato un bel duello quello con Manon. Resto soddisfatta e concentrata sia sulla Coppa del mondo che sul mondiale».

Valentina Corvi a Vermiglio è stata la miglior italiana. Sesta assoluta e seconda tra le U23
Valentina Corvi a Vermiglio è stata la miglior italiana. Sesta assoluta e seconda tra le U23

Brava Corvi

A tenere alta la bandiera italiana nella prova di Vermiglio ci hanno pensato le ragazze. Corvi, Baroni e Casasola chiudono rispettivamente sesta, settima e nona, portando a termine con grinta una gara tosta. Tra gli uomini Federico Ceolin finisce diciottesimo.

«E’ stata una bellissima gara – analizza Valentina Corvi, seconda classifica tra le U23 – molto difficile per via del terreno e difficile da leggere tatticamente. Il calore del pubblico di casa l’ha resa speciale. Ho cercato di partire forte e poi gestire, anche perché qui sbagliare è molto facile. Sono felicissima, anche per aver raggiunto il podio fra le under 23, che per me è molto importante. Grazie a tutta la squadra azzurra, e grazie a Val di Sole per aver organizzato una gara tanto unica».

La bici di Manon Bakker, signora di Vermiglio

10.12.2023
5 min
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VERMIGLIO-Analizziamo ed entriamo nel dettaglio della bicicletta di Manon Bakker, che ha conquistato la gara al femminile in Val di Sole.

Stevens Superprestige, una taglia 58 per la altissima atleta del Team Crelan-Corendon, forse meno tecnica nella guida rispetto a Pieterse e ad Alvarado, ma potente e costante, un’atleta molto solida anche per l’aspetto agonistico.

Rulli prima dell’ultima ricognizione sul percorso
Rulli prima dell’ultima ricognizione sul percorso

Quattro bici, quattro setting

Venti minuti di rulli prima di fare la ricognizione, due giri sul tracciato di gara e un paio di progressioni su asfalto prima di rientrare nel camper per cambiare il vestiario. Ancora una decina di minuti di rulli prima di incolonnarsi verso la partenza, così la Bakker ha strutturato le due ore che hanno preceduto l’inizio della prova al femminile.

Tre biciclette pronte per la gara, più una montata sui rulli e per il riscaldamento. L’unica variabile erano le gomme, ma Manon Bakker ha scelto di utilizzare quella con i tubolari intermedi, i Dugast Typhoon.

Una Stevens Superprestige in Coppa

Le caratteristiche della bicicletta rispecchiano quelle fisiche di Manon Bakker, alta un metro e 82 centimetri. Ovvero una posizione molto allungata e alta sull’avantreno. La bicicletta della atleta olandese è una Stevens Superprestige, taglia 58 e non è sloping. Ha un avantreno voluminoso nello sterzo (dove si notano anche diversi spessori tra il profilato e lo stem) e per quanto concerne la forcella, mentre è più sfinata nella sezione posteriore. Il diametro del reggisella è di 27,2 millimetri (non ha usato un Deda, ma uno Scope, sempre full carbon).

Bakker ha utilizzato due ruote DT Swiss Spline CRC per tubolare (Dugast da 33 per terreni veloci e mescola Monsoon), con mozzo Spline 240s. La piega è una Deda Superzero Carbon, mentre lo stem è il Superbox.

Doppia corona tra le donne, mono tra gli uomini

Volendo considerare il profilo strettamente tecnico è interessante sottolineare la vittoria di un doppio plateau in campo famminile e il dominio di una monocorona in quello maschile con Nieuwenhuis (corona da 44).

Per Bakker una trasmissione Shimano Ultegra con doppia corona anteriore (46-36 e pedivelle da 172,5 millimetri) e una scala pignoni 11-34. I due dischi freno con il diametro da 140 millimetri. Interessante il fatto che, al contrario di altre colleghe che usano la doppia corona, l’olandese non impiega il chain catcher. La sella è una Selle Italia SLR, senza canale centrale di scarico. I pedali, Shimano XTR.