Cadute, ferite, infezioni: un cerotto spesso non basta

01.03.2024
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Chi corre in bici purtroppo si è trovato spesso a fare i conti con escoriazioni e ferite. Il questo periodo di strade bagnate e fondi sconnessi, fra strade bianche e pavé, le cadute sono all’ordine del giorno. L’asfalto è il nemico numero uno dei ciclisti e quando si cade, uscirne illesi è un utopia a cui nessuno davvero crede. Un pericolo da non sottovalutare quando si parla di abrasioni sono le infezioni. Una condizione che può colpire tutti, dai pro’ ai ciclisti occasionali.

Infezioni che possono essere figli di una sottovalutazione dell’entità, un errato trattamento oppure nessuno di questi. Le infezioni a volte possono farsi strada anche tra pomate e antibiotici. Per fare luce su questo pericolo, che purtroppo può far parte della vita di chi va in bici, abbiamo chiesto lumi al dottor Emilio Magni del team Astana Qazaqstan

Le cadute portano spesso a ferite ed escoriazioni
Le cadute portano spesso a ferite ed escoriazioni
Dopo traumi e cadute c’è il rischio da parte degli atleti di incorrere in infezioni?

Sì, direi che è il pericolo maggiore dal momento in cui avviene appunto un’abrasione, una ferita lacero contusa. Insomma tutto quello che comporta una soluzione di continuo della cute che è il nostro rivestimento e che quando è integra offre un ostacolo agli agenti infettanti. Quando invece, appunto per un motivo traumatico, avviene una interruzione della sua continuità, si apre un varco dall’esterno verso l’interno del nostro organismo. Quindi il pericolo più importante è proprio quello che si vada incontro a un processo di infezione.

In che modo si può sviluppare, qual’è l’iter che causa l’infezione?

L’iter, appunto è questa interruzione di continuità della cute e insieme la presenza di germi che sono nell’aria e a maggior ragione nel suolo. I germi sono ubiquitari e quindi possono impiantarsi nella ferita e questo è il primo pericolo da scongiurare. Purtroppo non sempre ci si riesce, però con un comportamento corretto e dei protocolli abbastanza semplici ma da attuare con grande attenzione, si cerca di ridurre la possibilità che la ferita possa infettarsi.

Le medicazioni si possono portare per giorni durante le settimane di corsa
Le medicazioni si possono portare per giorni durante le settimane di corsa
Quali sono questi questi protocolli?

Ci vuole un’attenzione quasi maniacale nei confronti delle ferite, soprattutto nei primi giorni, quando il pericolo dell’infezione si può subdolamente concretizzare. Anche se inizialmente la ferita non è oggetto di infezione, lo può diventare nel giro delle 48/72 ore successive al trauma. Per cui è proprio lì che bisogna agire. I protocolli da seguire sono quelli di osservare la ferita due volte al giorno. Si deve mettere in atto una somministrazione molto accurata di disinfettanti simili a quelli che si usano come preparazione nelle sale operatorie. Quindi il lavaggio della ferita, una disinfezione molto accurata e poi l’applicazione di creme, di trattamenti locali a base di antibiotici. Io cerco sempre di variare queste somministrazione nel giro di 2 o 3 giorni, proprio per ampliare un po’ lo spettro d’azione e cercare di coprire il più possibile l’incognita di vari germi che potrebbero essere interessati a infettare la ferita.

Se si dovesse sottovalutare questa condizione a cosa si va incontro?

Si va incontro a un’infezione o una suppurazione della ferita, si mettono in atto dei processi infettivi che possono portare alla formazione di pus. Non è altro che un liquido, che dimostra che i germi stanno infettando la ferita.

Si parla mai di setticemia in questi casi?

La setticemia è un passo oltre che va sicuramente scongiurato. Questa condizione corrisponde a un’infezione a livello generale dell’organismo. Vuol dire che la ferita non è stata ben trattata e ha dato origine a una quantità di infezione notevole. Il pus viene riassorbito a livello del sangue e poi, trasportato dal sangue stesso, può arrivare anche a organi importanti per la nostra sopravvivenza. E’ un caso molto raro che può mettere a rischio anche l’incolumità dell’individuo.

Arti superiori e inferiori sono i più predisposti
Arti superiori e inferiori sono i più predisposti
Per quanto riguarda le infezioni, ci sono delle parti più esposte del corpo?

Questo dipende molto dal tipo di attività che viene svolta. Per il ciclista, si sa, le parti più esposte sono quelle degli arti inferiori e degli arti superiori. Soprattutto a livello dell’anca, del ginocchio, della caviglia, dei malleoli che sono le parti più sporgenti. A livello dell’alto superiore, spalla, gomito, mano perché viene appoggiata come mezzo di difesa quando si cade.

C’è il rischio che nonostante si prendano tutte le precauzioni del caso, si possa comunque incorrere in infezioni, anche non così gravi, che però si protraggano nel tempo? 

Sì, nonostante l’attenzione, alcune ferite comportano la perdita di sostanza. Parliamo di ferite più profonde, che vanno a interessare i tessuti sottostanti la cute, pertanto diventa più difficile combattere la presenza dei microrganismi. Per cui purtroppo ci sono casistiche che si protraggono nel tempo: dipende appunto dall’entità della ferita.

Vale a dire?

Se si ha una semplice escoriazione, nel giro di qualche giorno si risolve. Se sono ferite, come ho detto, anche più importanti, più vaste e più profonde, è ovvio che il lavoro sia maggiore. Ricordo di casi di ragazzi caduti la prima o la seconda tappa di un grande Giro, che si sono dovuti sottoporre a medicazioni due volte al giorno per tutti i 20 giorni della corsa.

Le Samyn, De Lie cade e riparte. Dopo l’arrivo i medici hanno preso subito in mano la situazione
Le Samyn, De Lie cade e riparte. Dopo l’arrivo i medici hanno preso subito in mano la situazione
In questi casi il ciclista percepisce una debilitazione generale che si potrae?

Quando le ferite sono vaste e si parla quindi di perdita di sostanza, vengono interessati gli strati superficiali dei muscoli e fuoriescono sostanze che dovrebbero svolgere ben altra funzione. Anche sul piano generale l’atleta ne può risentire. Poi c’è tutta la problematica legata alla posturologia, nel senso che quando c’è una ferita, spesso e volentieri c’è anche una contusione. Quindi vuol dire che l’organismo e la postura dell’atleta ne risentono. L’organismo infatti mette in atto anche delle posizioni antalgiche per difendersi dal dolore, che poi vanno a riflettersi anche su una postura scorretta sulla bici.

La nuova scelta di Leone, meccanico a tempo pieno

01.03.2024
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Quando un corridore decide di smettere, l’amarezza e il rimpianto sono i classici sentimenti che emergono dalle sue parole. Non è questo il caso di Samuele Leone, che ad appena 22 anni ha deciso di porre fine alla sua carriera agonistica spesa fra ciclocross e mtb per seguire un’altra direzione e dedicarsi in toto alla sua professione di meccanico.

L’ultimo successo del lombardo, al Torun Cyclocross nello scorso novembre (foto Billiani)
L’ultimo successo del lombardo, al Torun Cyclocross nello scorso novembre (foto Billiani)

Lo aveva anticipato qualche giorno fa parlando della sua ultima (è davvero il caso di dirlo) stagione alla Fas Airport Services-Guerciotti-Premac, ma un caso così fuori dagli schemi meritava di essere approfondito e Leone lo ha fatto di buon grado, orgoglioso della sua coraggiosa scelta. «Non mi è pesato, l’ho fatto con convinzione pensando al mio futuro e seguendo la mia passione. E’ una scelta completamente mia, se volevo potevo trovare ancora spazio sia per l’attività estiva su strada, sia ancor di più cercarmi un team per il ciclocross, ma ho deciso di non porre tempo in mezzo e dedicarmi a quel che amo di più. So di essere una mosca bianca, ma non mi pento della mia scelta».

Dopo l’ultima buona stagione, la Guerciotti ti avrebbe confermato?

Molto probabilmente. Sono stato benissimo con loro come prima alla Merida, devo dire che la mia carriera è trascorsa fra grandi team. Avrei anche potuto continuare a fare come quest’anno, dividermi fra il lavoro e l’attività agonistica, ma a me non piace fare le cose a metà né espormi a brutte esperienze. Era tempo che mi dedicassi interamente a quella che può essere la strada della mia vita. Mi piace andare in bici e continuerò a farlo, ma per mio diletto, non più per competere.

La vittoria da junior ai campionati italiani di ciclocross, nel 2019 (foto Ghilardi)
La vittoria da junior ai campionati italiani di ciclocross, nel 2019 (foto Ghilardi)
Com’è nata questa tua passione?

Nel periodo del Covid, avendo più tempo libero a disposizione, mi sono avvicinato a questo bellissimo mondo e ho trovato un negozio, la Cicli Carreri di Mariano Comense, dove guardare e imparare, poi cominciare a dare una mano e infine ad essere assunto part time. Sono cresciuto piano piano, imparando in bottega alla vecchia maniera, con la gavetta, senza corsi particolari. Ma è e resta il modo migliore. Ora sono passato full time, 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì.

E nel weekend?

Posso dedicarmi a quel che mi piace di più, i miei hobby. Che comprendono la bici ma non solo, perché a me piacciono tutti gli sport e piace molto sperimentare. In questo modo posso fare altro alla domenica, libero la testa e mi dedico alla famiglia.

Samuele all’opera in negozio. Ha iniziato dividendosi con gli allenamenti, ora lavora 8 ore al giorno
Samuele all’opera in negozio. Ha iniziato dividendosi con gli allenamenti, ora lavora 8 ore al giorno
E proprio in famiglia che cosa hanno detto di questa tua coraggiosa decisione?

Mi hanno sempre supportato in tutto quel che facevo. Hanno capito che questa è la mia strada, anche per costruirmi un futuro e mi hanno dato pieno appoggio. Come detto avrei anche potuto mantenere una porta aperta per l’agonismo, ma non mi piace fare le cose a metà, senza crederci e investire tutto me stesso. Non fa parte del mio essere.

In che cosa consiste il tuo lavoro?

Ora mi occupo di qualsiasi tipo di bici, dalla superleggera alle mountain bike, ma anche a pedalata assistita, le city bike e bici da bambini. Vi posso assicurare che per la maggior parte sono bici da movimento e trasporto, perché la bicicletta è e resta innanzitutto un mezzo di spostamento per il lavoro e la vita quotidiana. Lavoro ce n’è sempre, ora con l’arrivo delle belle giornate ancora di più. Insomma, con le mani in mano non si sta mai…

Con Persico, Bramati e Toneatti sul podio iridato a Fayetteville nel 2022
Con Persico, Bramati e Toneatti sul podio iridato a Fayetteville nel 2022
Quali sono i ricordi più belli che ti porti dietro?

E’ difficile fare una cernita, perché dovrei dire tutta la mia carriera. Anche le giornate buie, quelle dove le cose non sono andate per il verso giusto sono alla fine bei ricordi perché mi hanno comunque insegnato qualcosa. Quel che si raccoglie non è sempre il risultato fine a se stesso. Poi, scavando, potrei dire la mia trasferta con la nazionale ai mondiali americani, la vittoria con la staffetta. E’ stata una grande emozione sentire l’inno nazionale sul podio… Ma non posso dimenticare la conquista del titolo italiano juniores all’Idroscalo.

E all’infuori del ciclocross?

Le trasferte con gli amici in camper, per le gare di mtb. Quelle sono esperienze che mi porterò sempre dietro. Non era facile affrontare trasferte da soli, forti solo della nostra gioventù, resistendo alla tentazione di lasciarsi andare. Essere invece seri, cercare di portare risultati, come il secondo posto ai campionati italiani dello scorso anno.

In nazionale Leone è stato 11° ai mondiali da junior nel 2019 e 13° da U23 nel 2022
In nazionale Leone è stato 11° ai mondiali da junior nel 2019 e 13° da U23 nel 2022
Tu lavori in un negozio. Ti è mai solleticata l’idea di lavorare in un team, o meglio ti sono arrivate offerte considerando la tua scelta?

Tantissime. Ne ho avute molte di più come meccanico che come corridore… Addirittura da un team di primo piano, che sta ora correndo l’Andalucia Bike Race di mtb, mi avevano chiesto di andare con loro in Spagna. Di offerte ne ho avute tante, ma per ora preferisco avere una vita più semplice, godermi la casa e la famiglia nel fine settimana, visto che per anni sono stato sempre via, d’inverno e d’estate. Non nascondo però che mi piacerebbe lavorare per un team di ciclocross, magari il prossimo inverno mi vedrete ancora in giro…

Saronni, vuoi fare l’arbritro tra Alaphilippe e Lefevere?

01.03.2024
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E’ stato un continuo crescendo. Prima le provocazioni legate ai risultati. Poi al fatto che stesse invecchiando. A seguire sulla scarsa voglia di allenarsi. Ma nessuno avrebbe immaginato che l’ennesima bordata di Lefevere all’indirizzo di Alaphilippe avrebbe riguardato la sfera privata, l’uso di alcol e le troppe feste con la moglie.

Facciamo una premessa: un team manager conosce vita, morte e miracoli dei suoi corridori. Può capitare che qualcosa non vada come dovrebbe e che sia necessario richiamare un atleta all’ordine. E’ raro che si facciano simili sparate. Verrebbe da pensare che sia l’unico modo per dare un ultimatum al campione, ma in ogni caso è il modo giusto?

L’associazione dei corridori si è schierata contro Lefevere. La moglie di Alaphilippe ha trovato modo di rispondere al manager e anche alla moglie di Philippe Gilbert che per qualche motivo si è schierata con Lefevere. L’unico a non aver detto una parola è stato proprio Julian, impegnato domani alla Strade Bianche. Accanto a lui si è schierato anche Geraint Thomas, definendo le parole di Lefevere roba da matti.

Giuseppe Saronni ha oggi 66 anni, ha vinto due Giri d’Italia. Dal 1992 al 2017 è stato team manager
Giuseppe Saronni ha oggi 66 anni, ha vinto due Giri d’Italia. Dal 1992 al 2017 è stato team manager

Alla porta di Saronni

Dopo l’intervista, pubblicata sul settimanale Humo, il team manager della Soudal-Quick Step ha fatto di tutto per smorzare la polemica. Ma siccome ha fatto e detto così ogni volta, in attesa che lo faccia ancora, noi abbiamo bussato alla porta di Giuseppe Saronni.

Il piemontese è stato corridore e team manager, magari avrà capito che cosa abbia spinto un dirigente d’azienda a gettare un atleta in pasto al gossip. Saronni si è prestato allo scambio di vedute, dicendo però (giustamente) che per poter avere un’opinione davvero completa bisognerebbe conoscere tutta la storia, di cui sono al corrente soltanto i diretti interessati.

Il 2024 di Alaphilippe è iniziato in Australia. Alla Het Nieuwsblad si è fermato per una caduta
Il 2024 di Alaphilippe è iniziato in Australia. Alla Het Nieuwsblad si è fermato per una caduta
Beppe, tu che ne hai viste tante, perché di colpo un team manager attacca pubblicamente un campione della sua squadra?

Non saprei, è da un po’ che non seguo. Però questa cosa è abbastanza strana. Solitamente se devi dire qualcosa a un corridore, qualsiasi corridore ma soprattutto in questo caso con uno di una certa importanza, lo fai all’interno della squadra. E’ sempre stato così, bisognerebbe conoscere le loro dinamiche interne. Poi sai, quando vai a quelle latitudini, ci sono sempre delle cose strane…

A te è mai capitato di gestire un problema a porte chiuse e poi, vedendo che non passava, pensare di renderlo pubblico?

No, direi di no, tantomeno su cose private e riservate. Non è mai bello. Magari a volte posso aver fatto qualche critica a livello sportivo, sui risultati e il modo di correre (vengono in mente quelle ad Aru nel 2018, ndr). Ma normalmente si evita sempre di parlare della propria squadra e dei propri corridori. Alla fine cerchi sempre di difenderli, anche perché sono con te, li hai voluti tu, li hai scelti tu e alla fine un po’ di colpe ricadono anche su di te. Insomma, mi sembra che Alaphilippe corra da tanti anni in quella squadra, Lefevere dovrebbe già conoscerlo. E se gli ha fatto e rinnovato i contratti, probabilmente è perché ha ritenuto che fosse un corridore valido. Quindi, è difficile dire cosa sia successo, non capita spesso di sentire queste cose. Bisognerebbe capire e conoscere la realtà.

Ha iniziato piano e ha finito andando sul personale. Alaphilippe non ha risposto, ma domani sarà il loro leader alla Strade Bianche, chissà con quale serenità…

Questi contrasti creano situazioni che non portano bene. Non c’è la tranquillità, il rapporto resta conflittuale. A meno che Lefevere conosca talmente bene il corridore e magari sa quello che noi non sappiamo. Che magari tutto questo serve per stimolarlo, per tirargli fuori un po’ di orgoglio. Non lo so, magari è così. A me non è mai capitato, però non conoscendo bene come stanno le cose, possiamo solo ipotizzare. Ma sicuramente troppa serenità non potrà esserci. Non è bello sentirsi dire quelle parole.

Tour de Wallonie 2022, tutto sembra filare bene. Alaphilippe vince a Huy, Lefevere fa un selfie per Instagram
Tour de Wallonie 2022, tutto sembra filare bene. Alaphilippe vince a Huy, Lefevere fa un selfie per Instagram
Se il tuo manager ti avesse attaccato così, tu saresti rimasto zitto come il francese?

Ma no, aspetta. Bisogna capire il carattere e la professionalità delle nostre latitudini. Lì è diverso, hanno un altro modo di fare. Credo che un tecnico italiano, un manager italiano avrebbe cercato di parlare di più con il corridore, ma in privato. Anche perché esternare queste cose, alla fine a chi fa bene?

Forse serve per giustificare davanti agli sponsor i tanti soldi che gli dai?

Se l’hai preso, l’hai tenuto e l’hai rinnovato, hai fatto anche tu la scelta. Però, non conoscendo i dettagli, non me la sento di fare queste valutazioni. Poi c’è da dire anche che questa è un’esternazione arrivata fino a noi, magari se ne sono dette delle altre, che non sono arrivate fin qua. Insomma, bisognerebbe conoscere bene la storia, come la conoscono loro.

Ti farai vedere alla Sanremo?

Solitamente si va alla partenza, che però non è più a Milano. Per noi che abitiamo qua, la Sanremo è una corsa fastidiosa, nel senso che devi prendere, andare in Liguria e poi tornare indietro. E quindi, se devo dire la verità, per come si vedono oramai le corse in tivù, capisco anche la mancanza di tanti tifosi sulle strade. Una volta ce n’erano di più, ma una volta o andavi sul percorso, sulle salite o in qualche trasferta, sennò certe cose non le vedevi. Allora alla televisione davano 30-40 chilometri, oggi vedi tutta la corsa e capisco anche la pigrizia del tifoso che va molto meno alle corse e le guarda in televisione. Insomma, ogni tanto bisogna abbassare i commenti, però la Sanremo dal divano è davvero una bella corsa…

I progetti della Grenke Auto Eder su Finn? Ce li racconta Schrot

01.03.2024
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MANERBA DEL GARDA – Al tavolo con noi, dopo Lorenzo Finn, si è seduto Christian Schrot, diesse del team juniores tedesco Grenke Auto Eder. Intorno all’arrivo di Finn (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel in apertura) si è accesa tanta curiosità, allora approfittiamo della disponibilità di Schrot per scoprire i progetti dietro l’arrivo del primo corridore italiano del team. Entrare in un mondo del genere non è facile, ma se riesci a ritagliarti lo spazio per entrare in uno degli otto posti disponibili qualcosa vorrà pur dire

«Lorenzo Finn ha corso molto bene l’anno scorso – attacca subito Schrot – e lo abbiamo visto in diverse gare. Solitamente ci piace prendere parte al calendario italiano, dipende però da anno in anno. Nel vedere Finn in azione abbiamo capito che avrebbe potuto completare il nostro team, portando le sue qualità di scalatore. Infatti quest’anno avremo una squadra molto ben bilanciata, abbiamo cercato e portato da noi i migliori talenti internazionali. Vogliamo far crescere corridori per ogni terreno, cosa che viene utile anche per il team WorldTour (Bora-Hansgrohe, ndr). La nostra squadra, proprio come un team professionistico, è composta da corridori forti nelle corse di un giorno, in salita, sul pavé e in volata».

Christian Schrot (in piedi con gli occhiali) è il diesse del team juniores Grenke Auto Eder
Christian Schrot (in piedi con gli occhiali) è il diesse del team juniores Grenke Auto Eder
Cosa avete visto in Lorenzo Finn?

Abbiamo visto molto di quello che può essere il suo processo di crescita. Siamo solamente all’inizio, lavora con noi da poco. Tuttavia siamo abbastanza sicuri che possa diventare un grande scalatore e un uomo da corse a tappe. Di questo abbiamo avuto conferma al Giro della Lunigiana nel 2023, ma avevamo già visto le sue qualità in altre corse in precedenza.

Dopo qualche mese con voi che ci dici di lui?

Stiamo lavorando insieme a lui da ottobre, ha passato un buon inverno, in salute. Durante il training camp è andato molto forte ed è cresciuto giorno dopo giorno. A Mallorca ha fatto un bel lavoro, poi i ragazzi si sono allenati anche in altre discipline, come lo sci di fondo. E’ stata una cosa nuova per lui, ma si è comportato molto bene.

Schrot ha costruito una squadra equilibrata, forte su ogni terreno (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel)
Schrot ha costruito una squadra equilibrata, forte su ogni terreno (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel)
Credete molto nella multidisciplinarietà?

Sì, crediamo molto in un approccio tra diversi sport. Non soltanto in campi legati al ciclismo, ma anche in altre discipline, che possono dare valore aggiunto. La cosa bella è che le qualità si mischiano tra ciclismo e sci di fondo, e questo fa bene ai ragazzi. Lorenzo non abita lontano dalle Alpi, quindi in futuro, se vorrà fare un diverso tipo di ritiro invernale potrà andare a sciare

Dai numeri dei vari test cosa avete visto?

Abbiamo fatto i test in estate, nell’area che ci ha dedicato Redbull, che come saprete entrerà nel team in futuro, diventando un grande partner. Ci ha già dato una mano nello scouting l’anno scorso, abbiamo messo in piedi il Redbull junior brothers program. Finn ha valori molto buoni soprattutto di resistenza. 

Quali saranno i suoi obiettivi durante la stagione?

Sicuramente le corse dedicate agli scalatori, come la Classic des Alpes e Valromey Tour. 

Si metterà alla prova anche in gare in altre Nazioni, come il Belgio, pensi che si possa adattare?

Al momento possiamo dire che potrebbe fare molto bene, vedremo nelle classiche di categoria come si comporterà. Lui stesso, però, è molto concentrato sulle corse di più giorni, dove può fare davvero bene. Non abbiamo l’assillo di correre tanto, la nostra squadra è strutturata per far crescere i ragazzi, soprattutto in ottica futura. 

Finn (a sinistra) ha dimostrato grandi qualità in salita e nelle corse a tappe (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel)
Finn (a sinistra) ha dimostrato grandi qualità in salita e nelle corse a tappe (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel)
Avete pochi corridori, solamente otto, una scelta dovuta a cosa?

Non ci piace prendere tanti ragazzi e poi scartarli, non ci sembra giusto. Ogni giovane ciclista ha un sogno, quindi non avrebbe senso prenderne tanti ogni anno e poi mandarli via. Ci sembra giusto, invece, prendere solamente coloro sui quali sappiamo di poter lavorare bene.

Hai già detto, in una nostra precedente intervista, che guardi molto alla personalità e al carattere dei ragazzi, cosa hai visto in Finn?

Lui è una persona tranquilla e con una mentalità molto adulta. Molto educato e con una mentalità aperta, che gli deriva dal fatto di avere una famiglia con un background inglese (il padre di Finn è inglese, ndr). Parla un inglese molto fluente, penso che sia una persona familiare, ma molto aperta, mi piace questo mix. E’ un ragazzo che ha una sua opinione e sa esprimerla nel modo giusto, con educazione. 

I ragazzi del team Grenke Auto Eder termineranno il loro ritiro italiano domenica 3 marzo
I ragazzi del team Grenke Auto Eder termineranno il loro ritiro italiano domenica 3 marzo
Come vedi il suo processo di crescita, difficile possa passare direttamente nel WorldTour?

Negli ultimi anni abbiamo lavorato con diversi team under 23, ai quali mandavamo i corridori per crescere e per poi passare nel WorldTour. Siamo convinti che i ragazzi abbiano bisogno di un passaggio tra gli under 23, per maturare ed essere pronti. E’ importante per noi che abbiano una carriera lunga, non veloce. 

Con l’ingresso di Redbull è possibile pensare ad un investimento e avere un team under 23 tutto vostro?

Per il momento non abbiamo ancora preso decisioni interne, nelle prossime settimane ci incontreremo e ne parleremo. Sicuramente la nostra ambizione è diventare i migliori, penso che il team juniores sia cresciuto tanto in questi ultimi anni. Le ambizioni in futuro è di avere una struttura di sviluppo anche negli under 23, ma per il momento dobbiamo aspettare per capire i programmi dei prossimi anni. Guardiamo sempre al futuro, ma dobbiamo allineare le nostre ambizioni con l’investimento di Redbull. 

Strade Bianche: nuovo percorso. L’analisi con Brambilla

01.03.2024
5 min
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SIENA – «Cosa ricordo di quel 2016? Che saltellavo troppo sui quei sampietrini dentro Siena»! E’ Gianluca Brambilla a parlare. Il veneto, ora in forza al Q36.5 Pro Cycling Team, ricorda appunto la Strade Bianche 2016, l’edizione che stava per vincere. Gli mancarono 300 metri. Cancellara e Stybar lo divorarono nel finale. Ma lui fu autore di un attacco memorabile da lontano. Fu ripreso da quei due, appunto, e da Sagan, ma scattò ancora.

Ieri, dopo una lunga giornata di ricognizione, Brambilla, nel resort sperso sulle colline toscane, ci spiega bene l’edizione che invece sta per arrivare. Un’edizione più che rinnovata nel percorso. Quasi 34 chilometri in più. Più sterrato e più dislivello.

Gianluca Brambilla è uno dei corridori più esperti del gruppo. Ha affrontato la Strade Bianche già otto volte, solo Salvatore Puccio, tra coloro che saranno in gara domani, ne ha fatte più: nove. Con lo sterrato, viste anche le sue ottime doti da biker, Gianluca ha un grande feeling. Lo ricordiamo anche al Giro d’Italia dello stesso anno, protagonista e vincitore della tappa di Arezzo, che prevedeva sterrato. Pochi, dunque meglio di Brambilla, sanno dirci delle condizioni del percorso.

Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca, quanto è cambiata la Strade Bianche in generale rispetto a quel 2016?

Quello che soprattutto è cambiato credo sia il modo di affrontarla da parte dei corridori. Una volta l’inizio era più tranquillo, adesso si va a spron battuto sin da subito. Si è visto anche l’anno scorso. La fuga è durata il tempo del rifornimento, penso 15 chilometri, sul Sante Marie erano già ripresi tutti. Ma questo vale per molte altre corse. Magari proprio quest’anno col fatto che è più lunga assisteremo ad una tattica più simile al passato.

Ora è più lunga e non di poco: 34 chilometri quasi…

Era già una corsa durissima. Si arrivava uno per cantone, quest’anno ancora di più. Il quindicesimo potrebbe già avere 10′. La Strade Bianche è famosa anche perché nel finale gli atleti arrivavano stremati. Insomma, Van Aert cadde sul muro finale!

L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
Oggi ti abbiamo visto impegnato durante la ricognizione: avevi un buon passo, mentre molti altri corridori erano meno concentrati. Perché?

Cerco di fare i tratti di sterrato con un certo impegno e una buona velocità per trovare il feeling con i materiali, soprattutto le gomme. Per capire il comportamento della bici e come guidare. E poi perché ogni anno comunque lo sterrato cambia un po’. 

E come lo hai trovato quest’anno?

L’ho trovato migliore: abbastanza battuto, compatto e con poco ghiaione sopra la base. Quindi era anche poco scivoloso e piuttosto veloce. E c’erano anche poche buche.

Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Veniamo proprio al nuovo percorso: quanto cambia? Cosa ci dici di questo anello di 31 chilometri nel finale: quanto incide nell’economia della corsa?

Tecnicamente, non è durissimo. E’ veloce, le strade sono belle larghe, i tratti di sterrato sono stati rimessi a nuovo. Per me forse è più impegnativa la parte in asfalto, visto che la strada sale per gran parte del tempo. Per quanto riguarda l’economia della corsa in generale, secondo me cambierà il modo di affrontare soprattutto lo sterrato di Monte Sante Marie.

Cioè?

Prima li si muovevano i big, magari adesso aspetteranno un po’. Prima questo segmento era a 50-55 chilometri dall’arrivo, ora sono 78. Ed è lunga a quel punto per andare all’arrivo. Dunque secondo me si muoveranno più tardi, magari sulle Tolfe, al primo passaggio. Anche se è un tipo di salita e di settore differente.

Spiegaci meglio…

Sante Marie dura 15′-20′, Le Tolfe sono uno sforzo più breve. Farà più differenza la fatica accumulata sin lì che non l’attacco. Immagino più una selezione da dietro, per sfinimento.

Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Prima, Gianluca, hai parlato di materiali. Oggi non abbiamo notato coperture al di sotto dei 30 millimetri, sia per uomini che per donne. Tu cosa scegli?

Vittoria ci ha consigliato la loro copertura tubeless da 32 millimetri, con l’inserto antiforatura all’interno e la pressione di 3.3 bar, almeno per me che sono 58 chili. Le ruote sono in carbonio, a basso profilo rinforzate.

Basso profilo e rinforzate: cosa intendi di preciso?

Profilo da 33 millimetri. Rinforzate, dato che con Zipp utilizziamo la versione per le classiche. Insomma non sono le Firecrest. Poi ricordiamoci che nonostante tutto la Strade Bianche è una corsa veloce. E la nostra bici (Scott Foil Rc, ndr) con il suo profilo aero è ottimale… Anche perché ci entrano le coperture da 32! Ma credo siamo proprio al limite.

Ormai, Gianluca, siete quasi dei computer voi corridori attuali, domani avrete 40′-45 in più di corsa: quanto cambia l’alimentazione?

In corsa non molto, anche perché oltre i 100-110 grammi di carboidrati l’ora non puoi andare. Cambia invece un po’ l’approccio il giorno prima. Di solito si fa un “carbo loading” solo dalla sera. Invece con il nostro nutrizionista abbiamo deciso d’iniziare già dal pranzo. Quindi più carbo anche a mezzogiorno.

In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
Il maltempo inciderà sulle scelte tecniche? Per esempio, con coperture troppo larghe, non c’è il rischio che lo sporco si scarichi con più difficoltà con spazi tanto al limite tra coperture e telaio?

Non credo che il meteo inciderà sulle scelte tecniche visto il terreno. Non è comunque uno sporco fangoso tipo mtb che si attacca. Questa polvere, questa ghiaia, si dovrebbero scaricare bene anche se dovesse piovere. 

I favoriti per Brambilla?

I soliti. Diciamo Pogacar?

Anche se Tadej è alla prima corsa?

Ma ormai conta poco. Soprattutto questi campioni, riescono ad arrivare super preparati anche senza corse. E’ fresco muscolarmente e in una corsa così non è poco. Poi anche la Visma-Lease a Bike corre sempre molto bene. Stanno in testa, spendono meno e hanno gente forte come Laporte.

Bft Burzoni, tre giorni in Olanda a casa della DSM

29.02.2024
8 min
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Un migliaio di chilometri da Piacenza verso il Limburgo, dove nella strozzatura della provincia olandese compresa tra Belgio e Germania c’è Sittard, la città del quartier generale del Team DSM-Firmenich PostNL. Le protagoniste di questo viaggio verso il proprio futuro sono tre juniores della BFT Burzoni VO2 Team Pink, società femminile emiliana che da quest’anno è diventata un development team della formazione WorldTour.

Per Eleonora La Bella, Linda Ferrari e Linda Sanarini (accompagnate dal team manager Stefano Solari) la destinazione finale del navigatore è stata l’Aqua-Step Keep Challenging Center, il campus in cui vivono tutti gli atleti della DSM e nel quale loro hanno soggiornato dal 21 al 24 febbraio insieme a ragazze di altri devo team esteri. Un mini-collegiale di tre giorni voluto da Hans Timmermans, capo dello scouting della squadra olandese (in apertura con le ragazze), per svolgere qualche test ed introdurre al mondo del professionismo i giovani talenti. L’esperienza però non si è limitata a questo e così ci siamo fatti raccontare dai diretti interessati le impressioni di questa trasferta.

Diario del giorno

L’evoluzione dell’accordo con la DSM l’abbiamo seguita fin dall’inizio, tenendo conto che a sua volta la BFT Burzoni è il riferimento per altre tre società giovanili (Gioco in Bici Oglio Po, Vangi Ladies e Valvasone) in una filiera ad ampio raggio nazionale. Pertanto quando abbiamo saputo della trasferta in Olanda, Solari si è proposto come una sorta di inviato speciale. Il diario del giorno era corredato da foto, informazioni e messaggi.

«All’andata abbiamo spezzato la trasferta a Digione – racconta il team manager piacentino – e l’accoglienza è stata subito molto calorosa. Ci hanno dato una delle casette del loro centro, ma le ragazze sono state subite divise e messe in camere con altre juniores, in modo da favorire l’integrazione e la conoscenza fra loro. E’ uno dei loro punti fermi. Alla sera del nostro arrivo abbiamo cenato con Francesca (Barale, ex junior della BFT Burzoni, ndr) che ha parlato molto chiaramente alle nostre atlete, dicendo loro che in DSM sta bene e quali obblighi ci sono quando sei una pro’. Le cose belle e quelle brutte».

Impressioni d’Olanda

Forse l’aspetto che ha colpito maggiormente il team manager Solari è di natura culturale. Per forza, dice lui, che saltino fuori tanti corridori. In Olanda c’è una fitta rete di piste ciclabili e tutti pedalano nella vita di tutti i giorni per andare a scuola, al lavoro o a fare la spesa. Proprio come Barale, che si è sistemata una vecchia bici che aveva a casa ed ora la usa quando è lassù. Ma l’impatto con la realtà olandese è stato formativo in modo trasversale.

«In questi tre giorni le ragazze hanno svolto dei test – prosegue Solari – mentre io ho potuto vedere da vicino come lavora la DSM. Innanzitutto mi ha impressionato il fatto di quanto siano persone di grande umanità, oltre che di professionalità, che non si atteggiano minimamente. Con Hans abbiamo instaurato un bel rapporto fin da subito. Durante le prove ha guardato sfaccettature poco tecniche. Tutte le ragazze si sono lavate da sole sia le bici che il vestiario. Si sono arrangiate con la cena. Voleva vedere come si comportavano.

«O ancora ad esempio – va avanti – Hans ha apprezzato quando in una simulazione di gara, Sanarini ha aiutato una canadese, a cui era scesa la catena, a rientrare in gruppo. Oppure quando durante la merenda le nostre ragazze hanno diviso i rimanenti pezzi di torta per tutte le altre ragazze. Lui lo ha fatto presente davanti a tutte nelle riunioni come una grande dote per il gruppo. Ci ha fatto i complimenti per come le stiamo facendo crescere e tutto ciò ci riempie di orgoglio e soddisfazione».

Esperienza di vita

Tutte e tre le atlete avevano già vissuto gare all’estero. Linda Sanarini, classe 2007 e l’anno scorso oro nella prova in linea ai Giochi della Gioventù Europea a Maribor, a Sittard era una delle juniores più giovani, anche se erano presenti alcune allieve olandesi (addirittura una del 2009).

«E’ stata una esperienza che mi ha arricchito – spiega la padovana – specie con l’inglese, che ho dovuto parlare con la mia compagna di stanza, una ragazza olandese che verrà a correre a Cittiglio. Devo dire che prima dei test ero piuttosto agitata, poi pedalando assieme alle altre mi sono distesa. E’ stato bello conoscere i tecnici della DSM che ci hanno spiegato tante cose. Ma più di tutto, sono felice che la mia squadra abbia voluto portare me. La ringrazio per questa opportunità. Per me è un bel segnale, molto stimolante».

Linda Sanarini alle prese con le faccende in cucina. I tecnici della DSM hanno voluto che le ragazze fossero il più possibile indipendenti
Sanarini alle prese con la cucina. I tecnici DSM hanno voluto che le ragazze fossero il più possibile indipendenti

Sotto con i test

Uno degli obiettivi di questo collegiale della DSM era reperire riscontri e valori da una serie di test. Per quello in salita ci si è dovuti spostare a Bèvercè, nel sud del Belgio, ad un’ora di auto da Sittard, in una zona lambita dalla Liegi-Bastogne-Liegi. Gli altri test invece sono stati fatti nell’ambito di un’uscita di quattro ore sulle strade della Amstel Gold Race partendo proprio dal campus della squadra.

«Prima di andare in Olanda – dice Linda Ferrari – avevamo ricevuto il programma che ci avrebbe atteso. Il nostro preparatore non ha stravolto gli allenamenti, abbiamo seguito il solito piano di lavoro. Anche perché credo che i tecnici olandesi preferissero valutarci per come siamo davvero. Lassù invece prima di uscire in bici, Timmermans ci ha spiegato tutto con riunioni in PowerPoint e particolare cura del dettaglio. Sono stati test che mai avevamo fatto prima.

Linda Ferrari ha fatto tutta la trafila nella BFT Burzoni fin da esordiente. Non aveva mai fatto test come quelli svolti in Olanda
Linda Ferrari ha fatto tutta la trafila nella BFT Burzoni. Non aveva mai fatto test come quelli svolti in Olanda

«Quello in salita – continua Ferrari al sesto anno tra le giovanili della BFT Burzoni – prevedeva un riscaldamento di circa mezzora sulla stessa strada per conoscerla, poi tornate indietro dovevamo fare venti minuti a tutta. Il giorno successivo abbiamo fatto una serie di piccoli test. Più sprint da dieci secondi, poi allunghi da uno e tre minuti, alcuni dei quali su strappetti in salita. Infine avevamo le simulazioni di gara dove eravamo tutte contro tutte. Ne abbiamo fatte sei da circa due minuti l’una. Sapevamo già dove era il traguardo virtuale e dovevamo giocarci le nostre carte. Alla fine ci hanno chiesto di poter accedere ai nostri dati su Training Peaks per una valutazione complessiva. In generale tutto il contesto è stato bellissimo».

Verso l’avvio di stagione

Per Eleonora La Bella è stato un ritorno a Sittard, dove lo scorso settembre aveva corso con la nazionale il Watersley Ladies Challenge in preparazione all’europeo, chiuso con l’oro nel Mixed Relay. Quelle emozioni sono riaffiorate, però stavolta ha respirato aria di professionismo. Lei sarà una delle capitane della BFT Burzoni ed è chiamata a confermare un 2023 davvero ottimo con entrambe le maglie.

«L’esperienza che abbiamo vissuto noi tre – commenta la 18enne scalatrice di Anagni – la riporteremo e condivideremo assolutamente con le altre nostre compagne. Oltre ad Hans abbiamo conosciuto anche Kelvin Dekker, uno dei diesse della DSM, e sono stati entrambi disponibili e alla mano. Ogni tanto ci dicevano qualche frase in italiano che hanno imparato da Barale, Ciabocco e Barbieri. Durante una riunione ci hanno coinvolto anche in una sorta di gioco a domande con le altre juniores per farci conoscere meglio.

Per La Bella è stato un ritorno a Sittard dopo averci corso al Watersley Ladies con la nazionale prima dell’europeo 2023
Per La Bella è stato un ritorno a Sittard dopo averci corso al Watersley Ladies 2023 con la nazionale

«Essere il devo team di una squadra importante come la DSM può portare delle pressioni – conclude La Bella – però credo che siamo attrezzate per affrontare la stagione. Abbiamo lavorato molto bene nei ritiri. Siamo una formazione abbastanza completa, in cui si è formata tanta chimica fra noi. Poi siamo supportate da uno staff molto preparato. Ringrazio Stefano che ci ha sopportate in questi giorni in Olanda (dice ridendo, ndr), ma ora siamo pronte per esordire domenica a Volta Mantovana».

Busatto e Gualdi: in corsa insieme tra Francia e Italia

29.02.2024
5 min
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Il viaggio di ritorno dal Trofeo Laigueglia, vinto da Lenny Martinez, porta verso strade diverse. Alcuni corridori viaggiano verso Siena e la Strade Bianche, mentre altri tornano a casa. Uno di quelli diretti in Toscana è Francesco Busatto, che si appresta a correre la prima gara WorldTour della stagione. Il corridore della Intermarché-Wanty ha però messo insieme due corse importanti, prima di andare alla Strade Bianche: Faun Drome Classic e Trofeo Laigueglia. 

«Ieri la gamba non era male, ma non era neppure la migliore – ci dice – domenica scorsa alla Faun Drome stavo molto bene. Evidentemente non ho riposato abbastanza tra le due corse e per questo non sono andato come speravo. Poco male, mi sto ancora conoscendo e si impara anche da queste cose. In vista della Strade Bianche, oggi farò la ricognizione ma solamente un’ora, il più piano possibile. Poi riposo completo e sabato sarà battaglia».

La Faun Ardeche Classic è stata la prima gara di Gualdi insieme a Busatto
La Faun Ardeche Classic è stata la prima gara di Gualdi insieme a Busatto

Due gare con Gualdi

Tra i compagni di squadra che hanno accompagnato Busatto in queste due gare c’era Simone Gualdi. Il bergamasco, appena passato alla formazione development, ha già messo insieme due esperienze importanti. L’occasione di correre tra i pro’ non si riserva a tutti, men che meno a un corridore appena passato under 23. Però l’Intermarché Gualdi lo ha portato e lo ha fatto correre, questo vuol dire che si sta comportando bene. Abbiamo chiesto a Busatto di fornirci uno sguardo d’insieme e raccontarci come si muove in gruppo il giovane Gualdi (i due sono in primo piano nella foto di apertura). 

«Sinceramente mi ha impressionato – racconta Busatto – va molto forte, si vede che ha motore. Già finire due corse come Drome e Laigueglia non è facile, riuscirci come ha fatto lui è tanta roba. Significa che sta lavorando bene. Dalla mia esperienza nel devo team posso dire che fare gare come queste ti dà una marcia in più tra gli under 23. Sono sicuro sarà così anche per lui, quindi deve vivere certe esperienze con tranquillità. E’ ancora lontano dalle gare importanti, come Ardenne e Giro Next Gen, quindi impressiona il fatto che vada forte».

Il 28 febbraio Gualdi ha corso il Laigueglia, la prima gara sopra i 200 chilometri
Il 28 febbraio Gualdi ha corso il Laigueglia, la prima gara sopra i 200 chilometri

Livello alto

Gualdi ha portato a termine entrambi gli impegni, entrando nei primi quaranta dell’ordine di arrivo. Non dei risultati eccellenti, ma che accendono una spia di interesse, se si proporziona il tutto al fatto che è appena arrivato dagli juniores. 

«L’ho visto molto bene- spiega Busatto – nonostante arrivi dagli juniores si è messo in mostra. Di solito le corse in quella categoria sono caotiche e difficili, invece ho visto Gualdi già messo bene tatticamente. E’ stato spesso davanti, senza sprecare, anche nelle fasi di corsa importanti. Questo vuol dire che sa limare bene. Ha superato due corse dure e lunghe (Faun Drome era 192 chilometri e il Laigueglia 202, ndr). E’ anche arrivato insieme ai primi, non primissimi, però si è difeso molto bene. Per me tutto questo vuol dire che negli juniores si va forte e il livello è alto. Vero che parliamo del campione italiano di categoria nel 2023, però va già forte, mi ha impressionato».

Gualdi nel 2023 si è laureato campione italiano juniores
Gualdi nel 2023 si è laureato campione italiano juniores

Sicurezza e tranquillità 

Gualdi e Busatto si sono già incrociati prima di Faun Drome e Laigueglia, ai ritiri del team. Si sono incontrati e un po’ hanno parlato, confrontandosi, così come hanno fatto in questi ultimi giorni. 

«Ci siamo incontrati la prima volta al team building – continua Busatto – ci siamo presentati. E’ un ragazzo molto umile e curioso, mi chiedeva già dei consigli. Io ho cercato di rispondere in base alle mie esperienze, che sono poche. Qualcosa ho imparato nel devo team ma ho ancora molto da vedere e da capire».

«Il percorso è lungo – spiega – e anche Gualdi lo sa. Alla fine i risultati che contano sono altri e lui ha la tranquillità di non doverne fare per forza. Ha già il contratto con il team WorldTour (dal 2026, ndr) quindi non ha pressioni. L’Intermarché e la Circurs-ReUz sono le squadre giuste per crescere e maturare».

Per Gualdi gli appuntamenti importanti saranno quelli in Belgio, dove vedrà un modo di correre completamente nuovo
Gli appuntamenti importanti saranno quelli in Belgio, dove ci sarà un modo di correre diverso

Profili simili

Nel parlare Busatto ha fatto capire come Gualdi abbia un profilo molto simile al suo. Per il bergamasco avere davanti l’esempio di un corridore capace di raggiungere il WorldTour passando proprio dal devo team può essere un grande stimolo.

«Sono sicuro che la squadra ha già notato le sue qualità – racconta Busatto – altrimenti non avrebbe fatto queste corse. Mescolare esperienze con i professionisti e gare under 23 è importante: da un lato cresci e dall’altro puoi già raccogliere risultati. Io stesso l’anno scorso, prima di vincere la Liegi U23, avevo fatto tante gare con i pro’.

«Secondo me – conclude – Rota, Gualdi e io abbiamo profili molto simili. In questa squadra ci sono molte corse adatte a noi. Simone (Gualdi, ndr) deve ancora correre in Belgio, la Faun Ardeche assomigliava molto a una gara belga. Per quelle corse, specialmente le U23 nelle Ardenne, serve tanta pazienza. Se non c’è una squadra che controlla si rischia l’anarchia, gli ho detto che non deve seguire tutti gli attacchi, ma correre davanti, controllare. La corsa si decide nel finale, deve muoversi il meno possibile. Il fatto di saper limare e stare nelle prime posizioni gli tornerà utile, sicuramente».

Le Samyn poi Montichiari: Guazzini va veloce

29.02.2024
6 min
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Martedì Belgio per correre (e vincere) Le Samyn des Dames. Mercoledì mattina casa, a San Marino, per sbrigare le mille cose di quando rientri e poi subito riparti. Mercoledì pomeriggio autostrada, per andare a Montichiari. Oggi e domani pista, con la testa alle Olimpiadi e poi di nuovo l’autostrada verso casa. Prossima corsa il 10 marzo, la Miron Ronde Van Drenthe. Questa l’agenda più immediata di Vittoria Guazzini, che due giorni fa a Dour, nella regione vallone dell’Hainaut, ha centrato la prima vittoria in linea da quando è elite. In più lo ha fatto su strade in pavé scivolose, che certamente nella sua testa hanno riacceso più di qualche allarme, visti gli incidenti delle ultime stagioni sulle strade della Roubaix.

«Cosa è scattato quel mattino nella testa di Vittoria? Quando mi sono svegliata – sorride – ho visto la storia che avevano pubblicato sulla pagina della gara e ho detto: ma dove andiamo? Poi per fortuna è migliorata. E’ giusto prendere la situazione di petto e alla fine è andata bene. Comunque il pavé l’ho fatto sempre con calma e la cautela necessaria nelle curve in cui era messo peggio. Non volevo prendere rischi. Un po’ sarà l’esperienza, ma anche che botta dopo botta, c’è sempre meno voglia di prenderne altre. E’ vero che succede di cadere, però non ho voluto prendere rischi inutili».

La corsa stregata

La Samyn des Dames, molto in breve, si corre dal 2012 e in 12 anni era stata vinta da un’altra italiana solamente: Marta Bastianelli, lo scorso anno. Per il resto e per qualche insolita maledizione, le italiane hanno sempre girato attorno al podio, sin da quando nella prima edizione il secondo posto se lo prese Noemi Cantele. Anche Guazzini c’era già andata vicina, con il terzo posto nelle due edizioni precedenti e questo un po’ iniziava a starle sullo stomaco.

Per questo quando ha messo nel mirino la prima fuga, portando con sé altre due cacciatrici, l’idea era proprio quella di prenderle e lasciarle lì senza aspettare la volata, con il timore che da dietro la DSM-Firmenich arrivasse a tutta birra per la volata di Charlotte Kool.

«E così non è andata – racconta – nel senso che non sono arrivate e io sono riuscita a vincere la prima gara in linea. Non lo so perché non ci sia riuscita prima, forse perché mi impanicavo un po’ nel finale. Ho fatto qualche piazzamento a destra e sinistra, però ne combinavo sempre una. Invece martedì ho detto a me stessa: sarà meglio se questa volta faccio le cose per bene!».

Sul podio di Le Samyn, con Vittoria Guazzini salgono Anniina Ahtosalo (Fin, Uno-X) e Christina Schweinberger (Aut, Fenix)
Sul podio di Le Samyn, con Vittoria Guazzini salgono Anniina Ahtosalo (Fin, Uno-X) e Christina Schweinberger (Aut, Fenix)

Tra la fuga e la Kool

Quando ci sei dentro, la corsa non è semplice come guardarla con il telecomando in mano, che se non capisci mandi indietro e poi la riguardi. Forse è quello che dovrebbero capire quei coach convinti che non serva allenare la mente e l’istinto, ma bastino i dati raccolti alla fine dei test. Quando ci sei dentro devi ragionare alla svelta e prendere la decisione giusta.

«Nel penultimo giro, prima di andar via sul pavé – racconta Guazzini – avevo provato a dare qualche accelerata, più che altro per riavvicinarci un po’ alla fuga. Il vantaggio era bello ampio e insieme volevo provare a stancare un po’ anche le compagne della Kool, perché se c’è una squadra che controlla poi è difficile andare via e per me non aveva senso aspettare la volata. Perciò siamo partite in tre, anche se Wilma Aintila della Lotto-Dstny è caduta quasi subito sul pavé e sono rimasta con Christina Schweinberger. Più che altro il mio pensiero era che non rientrassero da dietro, mentre il vantaggio di quelle davanti calava, quindi l’obiettivo era riprendere le fuggitive e sperare che dietro restassero lontane, come poi è andata».

A Montichari fra una corsa e l’altra, girando dietro la moto guidata questa volta da Ivan Quaranta
A Montichari fra una corsa e l’altra, girando dietro la moto guidata questa volta da Ivan Quaranta

Obiettivo Parigi

Il tempo di godersela è durato per tutto il viaggio di ritorno e l’arrivo a casa, poi è arrivato il momento di voltare la pagina e puntare il fuoco sulla pista e il grande obiettivo olimpico. Tutti gli azzurri, Ganna in testa, sanno che il 2024 potrebbe essere un anno molto importante per la storia personale e per le loro carriere e Vittoria non si discosta.

«Nella mia testa – spiega Guazzini – l’obiettivo principale è Parigi, in particolar modo la pista. E’ da tanto che ci giriamo intorno. Ora dobbiamo cercare di fare il massimo, però prima volevo anche essere in forma in questo periodo per le classiche. Senza puntare a qualcosa in particolare, ma convinta che se ho una buona condizione, qualche cosa arriva.

«E poi c’è anche la crono, che non è affatto marginale e ce l’ho sempre in testa. Mi piace, come può piacere una specialità in cui sei sempre al limite, però anche ieri mattina sono uscita con la bici da crono e cerco di dedicarle più tempo possibile. Spero in un futuro non troppo lontano di potermi togliere delle belle soddisfazioni, anche perché il percorso di Parigi mi piace. A differenza di Tokyo, il prossimo sarà un percorso per specialisti, non ci sono grandi asperità e quindi sicuramente c’è intorno un cerchietto rosso».

Dopo il passo falso di Glasgow, arriva l’oro agli ultimi europei. Da sinistra, Fidanza, Paternoster, Balsamo e Guazzini
Dopo il passo falso di Glasgow, arriva l’oro agli ultimi europei. Da sinistra, Fidanza, Paternoster, Balsamo e Guazzini

Le montagne russe

Il ricordo di Tokyo è ancora fresco e da quei giorni il quartetto azzurro ha vissuto sulle montagne russe: con l’oro ai mondiali del 2022, il blackout di Glasgow e di nuovo l’oro agli ultimi europei. Eppure nella storia personale di Vittoria ci sono anche medaglie nella madison con Elisa Balsamo e chissà se bruci ancora essere stata sostituita agli ultimi Giochi da Letizia Paternoster.

«L’anno scorso – dice – le cose sono andate come sono andate. Non siamo state fortunate, però non possiamo sempre cercare scuse. Potevamo fare le cose diversamente, ma è stata un’esperienza utile. A volte le cose si capiscono meglio con le cattive, per cui la batosta ci ha dato una scossa. Agli europei abbiamo dimostrato di aver fatto un’inversione e ora siamo tutte motivate per l’obiettivo. Abbiamo la fortuna di essere amiche e questo aiuta per lavorare in armonia. E’ ovvio che ognuna di noi vorrebbe far parte del quartetto, ma siamo abbastanza mature per capire che il posto sarà di chi andrà più forte. Quindi fino a quel momento si faranno le cose insieme, perché è importante anche avere la sicurezza di un gruppo con cui si può lavorare bene.

«Quanto a me, ci sarebbe anche la madison. Parlo del quartetto, perché da quando siamo piccoline ci giriamo intorno, però la madison mi piace molto. A Tokyo stavo abbastanza bene e ci speravo. Però sono state fatte altre scelte e qualcuno comunque deve rimanere fuori. Non abbiamo la sfera di cristallo di sapere come sarebbero andate le cose se avessi corso, per cui accettai la scelta e punto».

La pista la richiama. Dopo Le Samyn, per la strada ci sarà tempo la prossima settimana e da lì si farà rotta sul Trofeo Binda. Una risata di spirito toscano e tanti saluti. La sensazione è che il bello debba ancore venire.

Menghini vince a Empoli e lancia la sfida a Skerl

29.02.2024
5 min
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Alla Coppa San Geo Bryan Olivo metteva subito la sua firma sulla stagione tenendo fede alle promesse della vigilia. Intanto alla Firenze-Empoli, l’altra contemporanea classica nazionale di apertura della stagione U23, a svettare era Alessio Menghini. Un successo in volata, quello del portacolori della General Store, ma dietro c’è stata una corsa dai mille volti. Una vittoria che a un certo punto sembrava utopistica visto come si era messa la corsa. Un successo che per lui vuol dire molto, considerando il fatto che nel primo anno nella categoria gli era sempre sfuggita.

La vittoria nasce da lontano, da una preparazione invernale senza intoppi e impostata per andare subito forte: «Ho lavorato moltissimo perché volevo migliorare non solo la mia base, ma anche la mia tenuta sui percorsi duri. Avevo capito nello scorso anno che per emergere dovevo fare un salto di qualità nel mio rendimento. Un percorso come quello toscano è adatto alle mie caratteristiche, per questo tenevo a presentarmi pronto. Il ritiro che abbiamo fatto in Spagna è stato utilissimo in tal senso, anche perché abbiamo costruito subito una grande intesa fra noi compagni».

Menghini trionfa alla Firenze-Empoli. Baseggio, saltato sul rettilineo, è secondo (photors.it)
Menghini trionfa alla Firenze-Empoli. Baseggio, saltato sul rettilineo, è secondo (photors.it)
Tu hai cambiato squadra quest’anno, perché?

Innanzitutto ci tengo a dire che con la Solme Olmo non ho avuto alcun tipo di problema, mi hanno dato buone opportunità e ho ottenuto piazzamenti di rilievo nello scorso anno. Alla General Store mi hanno però fatto una buona offerta e proposto un calendario più adatto alle mie caratteristiche. Ho l’opportunità di crescere anche come concorrenza da affrontare, ad esempio potendo anche correre all’estero.

Veniamo alla gara, vissuta prevalentemente sulla fuga di Viviani e Novak, il corridore boemo nato tra l’altro il tuo stesso giorno. Hai temuto che la loro azione andasse in porto?

A un certo punto sì, soprattutto conoscendo le grandi qualità di Novak. Quando all’ultimo giro attraverso la radio mi hanno detto che avevano ancora un minuto e mezzo di vantaggio ho pensato che la gara fosse andata. Poi però le principali squadre, soprattutto Trevigiani, Biesse e Zalf si sono messe a tirare di brutto e il vantaggio si è progressivamente ridotto.

Il podio della classica toscana con Menghini fra Baseggio e Dati (photors.it)
Il podio della classica toscana con Menghini fra Baseggio e Dati (photors.it)
Voi avete contribuito all’inseguimento?

Abbiamo cercato di rimanere nascosti, per risparmiare energie per la volata finale visto che la corsa si stava mettendo bene per noi. Gli altri team stavano lavorando bene, l’andatura era molto forte, ma sapevamo che non si poteva tentare alcuna azione e dovevamo compattarci per lo sprint.

Come hai costruito la tua volata vincente?

Dopo che abbiamo ripreso la fuga, abbiamo provato a organizzarci. Dalla fine della discesa si è messo davanti a me Cirlincione, mentre Palomba mi teneva coperta la ruota. Così fino all’ultima curva quando ho agganciato la ruota di Baseggio saltandolo a 80 metri dal traguardo.

Con Menghini a Firenze erano Dal Cappello, Berasi, Cirlincione, Palomba e Pozza (Photors)
Con Menghini a Firenze erano Dal Cappello, Berasi, Cirlincione, Palomba e Pozza (Photors)
Primo anno senza successi, inizia la seconda stagione e sali subito sul primo gradino del podio. Che cosa è cambiato nel frattempo?

Il primo anno non è stato negativo, ma avevo molto da imparare. Mi sono accorto nel corso della stagione che andavo sempre più migliorando, me lo dicevano i numeri. E pian piano stavo maturando. Io credo che i miei risultati fossero nell’ordine delle cose, in attesa del salto di qualità che spero essere arrivato. Stavolta ero pronto, sentivo le gambe che giravano bene.

Ti ritieni un velocista puro?

Non proprio. E’ vero che ho un buon picco e che anche nelle volate di gruppo mi riesco a districare e far vedere, ma preferisco i finali più frastagliati, dove c’è selezione e si arriva con un gruppo più ristretto. Quella di Empoli è stata proprio la corsa ideale, con un gruppo scremato ma comunque con il nostro team pronto per favorirmi.

Il friulano Menghini ha buoni numeri da sprinter, ma vuole spiccare anche in salita (foto Instagram)
Il friulano Menghini ha buoni numeri da sprinter, ma vuole spiccare anche in salita (foto Instagram)
Le tue capacità allo sprint ti contrappongono idealmente a un altro velocista della categoria come Daniel Skerl, che tra l’altro ti ha risposto vincendo domenica il GP Misano 100. Credi che possa nascere una rivalità fra voi?

Non lo so, rispetto molto Skerl, domenica non ci siamo potuti confrontare per colpa di una caduta che mi ha tolto dalla corsa. Lui credo sia più un velocista puro, quindi nelle volate di gruppo lo vedo più forte. Sarà comunque divertente affrontarlo e una sportiva rivalità penso che possa far bene a entrambi. Staremo a vedere.

C’è qualche corridore al quale ti ispiri?

Non credo di discostarmi da quello che dice la maggioranza dei giovani. Siamo un po’ tutti intrigati dai campioni del momento, quelli da classiche come Van Aert e Van Der Poel. Io vorrei essere proprio come il campione del mondo. E’ un modello di riferimento per il suo modo di correre, anche se io ho un fisico un po’ diverso, sono alto 1,82 per 70 chili, non troppo pesante, per questo voglio diventare più forte negli strappi brevi.

Per Menghini un 2023 con 9 Top 10, anche al Giro Next Gen ma senza vittorie (foto Instagram)
Per Menghini un 2023 con 9 Top 10, anche al Giro Next Gen ma senza vittorie (foto Instagram)
I prossimi impegni?

Intanto le classiche di marzo in Italia come le due prove di San Pietro in Gu e la Popolarissima e poi la trasferta in Slovenia, su percorsi vallonati come piacciono a me. Saranno quelle gare il mio vero obiettivo, dove portare a casa il risultato.