Donati azzecca lo sprint e diventa re di Caracalla

25.04.2024
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ROMA – Quello che conta in una giornata come questa è anche la dedica. E la dedica del team Biesse-Carrera, a partire dal vincitore Donati finendo con il direttore sportivo, va a Galimberti, vittima di una caduta drammatica al Giro di Romagna.

«Dedichiamo la vittoria a Francesco – dice a caldo il diesse Dario Nicoletti – che purtroppo ci segue da un letto d’ospedale. Anzi oggi non ha neanche potuto seguirci perché è in terapia intensiva. Ma domani quando si sveglierà saprà della vittoria».

Galimberti era lanciato nello sprint a Castrocaro Terme, quando ai 200 metri ha trovato ferma sulla sua traiettoria la moto di un fotografo che non avrebbe dovuto esserci. Il suo femore si è rotto in tre punti e male è andata anche allo spagnolo Mikel Iturria, che ha riportato varie fratture e una commozione cerebrale.

Uno dei tanti rilanci che rendono il Gran Premio della Liberazione una corsa a suo modo selettiva
Uno dei tanti rilanci che rendono il Gran Premio della Liberazione una corsa a suo modo selettiva

Dimenticare Glasgow

Davide Donati, under 23 di primo anno, ha vinto in volata la 77ª edizione del Gran Premio della Liberazione, che si è svolto seguendo il consueto copione nervoso e aggressivo alle Terme di Caracalla. Alle sue spalle il compagno di squadra Andrea Montoli e Federico Biagini del VF Group-Bardiani. Raramente si è visto un inizio di corsa così aggressivo, al punto che diversi direttori sportivi si sono messi a intimare ai propri ragazzi di andarci piano o non avrebbero finito la corsa. E così alla fine l’azione decisiva è nata da un allungo di Matteo Scalco e dal gruppetto che si è selezionato al suo inseguimento.

«Era una corsa cui tenevo – dice il vincitore – ma cerco sempre di non focalizzarmi troppo sugli obiettivi, perché poi vanno male (ride, ndr). Più invece la prendo con serenità e più riesco ad andare bene. Quindi con la dovuta calma e con la giusta preparazione, sono riuscito ad arrivare qui con una buona forma. E’ molto simile al mondiale dell’anno scorso di Glasgow, che io non ho fatto e mi era parecchio dispiaciuto. Però con tutte queste curve, mi sono trovato abbastanza bene. Pensavo di poter fare un buon risultato. Non conosco ancora bene gli avversari, però so le mie caratteristiche e quelle del mio compagno Montoli che è arrivato con me».

Cattani e Grimod sono rimasti per due giri allo scoperto: ripresi loro, il Liberazione è esploso
Cattani e Grimod sono rimasti per due giri allo scoperto: ripresi loro, il Liberazione è esploso

Gioco di squadra

Anche stamattina nella gara delle donne le prime appartenevano alla stessa squadra, ma questa volta per i due corridori della Biesse-Carrera il successo non era scontato. La squadra è rimasta sempre nelle prime posizioni e nel momento in cui si è formato il gruppetto che ha poi deciso la corsa, Donati e Montoli sono stati bravissimi a entrare e a dividersi con saggezza il lavoro. Dire che Donati fosse certo della vittoria è forse un azzardo, ma come conferma il suo direttore sportivo la gara di Roma era da tempo un suo obiettivo.

«Lui aveva cerchiato in rosso questa data – dice Nicoletti – ci teneva tantissimo. L’ha preparato, ma è un appuntamento comunque difficile da vincere. I ragazzi hanno corso benissimo, hanno fatto esattamente quel che avevamo stabilito. Peccato per D’Amato che è caduto subito, ma siamo sempre stati nel vivo della corsa. Poi Donati ha veramente qualcosa in più, perché comunque è veloce. L’ho visto stare bene negli ultimi giri. Eravamo partiti con lui, Arrighetti e D’Amato come fari, anche perché Grimod e Montoli hanno caratteristiche diverse. Anche se poi Montoli alla fine ci ha fatto una grandissima sorpresa, entrando nel gruppetto e centrando un secondo posto bellissimo».

All’inizio dell’ultimo giro, Donati non si è tirato indietro e ha fatto la sua parte in testa al gruppetto
All’inizio dell’ultimo giro, Donati non si è tirato indietro e ha fatto la sua parte in testa al gruppetto

Prima la scuola

Donati strappa l’applauso quando dal palco dichiara che in questo momento per lui il ciclismo è importante ma viene prima la scuola. E’ al quinto anno del liceo scientifico e racconta che non c’è nulla di semplice nel voler fare bene una scuola così impegnativa e uno sport come ciclismo che quanto ha impegno non è certo meno esigente.

«E’ una corsa che non avevo fatto neanche da junior – dice – però da quel che avevo capito era molto adatta alle mie caratteristiche, così piena di curve guidate. Sono un biker e so guidare bene la bici, perciò stamattina ero determinato a far bene. I miei obiettivi vanno davvero in base alla scuola e a come riesco a finirla, perché ho gli esami. Faccio lo scientifico, è abbastanza complicato. Un po’ riesco a conciliarla, ho qualche professore che mi aiuta, altri meno, però alla fine la stiamo gestendo abbastanza bene. Riesco a programmare bene le interrogazioni, però faccio parecchia fatica. Recupero poco, dormo poco, ma anche se alla fine tutto questo mi stressa molto, io non mi fermo».

D’Amato, Arrighetti, Montoli, Donati e il ds Nicoletti: la Biesse Carrera ha corso benissimo
D’Amato, Arrighetti, Montoli, Donati e il ds Nicoletti: la Biesse Carrera ha corso benissimo

Un vero talento

Nicoletti se lo mangia con gli occhi, ma in questo pomeriggio finalmente assolato di Roma, sta ben attento a coccolarsi l’intera squadra. Solo D’Amato, in un angolo durante le premiazioni, sembrava leggermente estraneo alla festa, ma essendo caduto c’era da capire che fosse un po’ abbacchiato.

«Donati non lo scopriamo ora – dice Nicoletti – l’anno scorso è stato uno dei talenti juniors del ciclismo italiano. Soprattutto nelle gare internazionali è sempre stato protagonista, sia a cronometro che in linea, e siamo riusciti a portarlo al nostro team. E’ forte, magari è prematuro ed eccessivo dire che sia un predestinato, ma di certo è un talento. Considerando anche che fa una scuola molto impegnativa e porta avanti bene entrambe le cose. Ha digerito bene il passaggio di categoria. Ha fatto subito secondo allo San Geo, poi ha proseguito con un inizio fortissimo. Ha avuto un leggero calo un mesetto fa, ma ci può stare essendo un primo anno».

Esami e tricolori

Eppure il salto dagli juniores agli under 23 non sembra così traumatico per questo ragazzo longilineo che ha sul volto tutta la soddisfazione di un lavoro portato in porto con successo.

«Da questo inverno – racconta – devo dire che sono migliorato parecchio rispetto all’anno scorso. Anche in ritiro ero andato bene rispetto ai miei compagni, non mi muovevo male. Però c’era sempre l’incognita della nuova categoria e comunque trovo le mie difficoltà in determinate corse. Soffro tanto gli scatti violenti sulle salite e spesso mi stacco perché sono più regolarista, però sta andando meglio del previsto. Adesso probabilmente farò un giro a tappe a fine maggio prima della fine della scuola e poi sicuramente dedicherò più spazio allo studio e meno a tutti gli appuntamenti. Mi dispiace perché proprio nel giorno degli scritti ci sono i campionati italiani a crono cui puntavo tanto e anche i campionati italiani in linea sono un po’ a rischio».

Se chi compila i calendari tenesse conto che ci sono atleti che studiano, forse capirebbero anche la necessità di andargli incontro. Ci hanno raccontato giusto oggi che qualche team manager si ostina a non prendere corridori studenti per non dovervi rinunciare in determinate occasione. E’ vero che ci sono anche altri aspetti su cui lavorare, ma davvero in certi casi non ci facciamo mancare nulla.

Liberazione, UAE Adq in parata: la prima di Consonni

25.04.2024
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ROMA – «Quest’anno sicuramente c’ero andata tante volte vicino – dice Chiara Consonni – non è sempre la sfortuna, però essere lì e non riuscire mai ad arrivare con le braccia al cielo… Questa vittoria è un po’ una Liberazione in tutti i sensi, scusa il gioco di parole. Non mi era mai capitato di arrivare in tre. Andare in fuga è stato durissimo, il misuratore parla di 270 watt normalizzati, non sono pochi. Però ci sta, dai. Abbiamo provato qualcosa di diverso, magari non quello che si aspettavano. Volevamo anche vedere come stavamo, quali sensazioni e ce l’abbiamo fatta».

Gruppo al via: 18 squadre, 96 chilometri di gara
Gruppo al via: 18 squadre, 96 chilometri di gara

Dominio di squadra

Il Coati-Liberazione Donne si è da poco concluso con lo strapotere del UAE Team Adq, finalmente in una giornata di sole. L’organizzazione di Claudio Terenzi è impeccabile, peccato che la politica romana sia così avara di slanci e certe volte sembra di essere ospiti indesiderati al cospetto degli imperatori di turno.

Scorrendo l’elenco dei partenti, appariva chiaro che il team emiratino guidato da Arzeni avesse poche rivali e proprio questo poteva diventare motivo di rischio. Quando è più facile vincere che perdere, non sai mai come va a finire.

«A volte queste gare che sembrano tanto facili – dice Eleonora Gasparrini, atleta più combattiva di giornata – in realtà sono più difficili di quello che si pensa. Siamo riuscite comunque a fare un lavoro di squadra straordinario, quindi grazie anche a tutte le altre compagne. Siamo contenti. Perché è passata prima Chiara? E’ giusto così. Io quest’anno ho già vinto, Silvia (Persico, ndr) aveva già vinto questa gara, quindi mancava la “Conso”. Per me è stata comunque una prima parte di stagione abbastanza buona. All’Amstel sono riuscita a ottenere anche un sesto posto, quindi sono molto contenta. La condizione sta crescendo e la stagione è ancora lunga. Ho diversi obiettivi e cerchiamo di continuare così».

Il UAE Team Adq ha preso in mano la corsa da subito e l’ha girata in suo favore
Il UAE Team Adq ha preso in mano la corsa da subito e l’ha girata in suo favore

Le azzurre a Parigi

Mentre le ragazze giravano sotto lo sguardo interessato e curioso di Marta Bastianelli, la vicinanza del cittì Sangalli è stata il modo per fare il punto sul movimento femminile. Fra una decina di giorni, un gruppo di otto atlete volerà a Parigi per provare il percorso olimpico. Fra loro anche Elisa Balsamo, chiamata a valutare e scegliere.

«E’ importante che un corridore veda il percorso – dice il cittì azzurro – perché io posso farmi un’idea, ma sta a loro poi valutarlo davvero. Sarà difficile sceglierne quattro, perché il livello anche in Italia è alto e quindi le scelte saranno fatte in parte per la condizione e anche un po’ per il passato, quello che uno ha dato in nazionale e le sicurezze che ti offre. Perché in una corsa senza radioline c’è bisogno di ragazze sveglie, che sappiano cogliere il momento o aiutare le capitane nel momento importante.

«Sono stato all’Amstel – prosegue – e mi è piaciuta la gara di Eleonora Gasparrini: arrivare e tenere sul Cauberg e dopo il Cauberg non è una cosa banale. Le elite del giro azzurro stanno confermando il loro valore, qualcuna anche al di sopra delle aspettative, vedi Longo Borghini e vedi Balsamo. Persico la stiamo aspettando. Non è stata fortunatissima nell’ultimo periodo perché ha perso sua nonna, cui era legatissima, e l’ha un po’ pagata nel momento in cui poteva fare la differenza. Aspettiamo, da qua ad agosto c’è tanto tempo. In Olanda ho parlato a lungo con Dannyy Stam, il team manager della SD Worx. Sono contento di questo, perché si riesce a programmare, altrimenti sarebbe impossibile fare attività. Loro hanno in squadra Cecchini e Guarischi: per lui Elena è fondamentale. Noi vediamo gli ordini d’arrivo, ma chi come me in questi anni segue le corse, vede che nei primi 100 chilometri, quando c’è da portare davanti la Kopecky o la Wiebes, ci sono loro».

Venturelli quarta all’arrivo del Liberazione viene accolta dalle tre compagne con grida e pacche
Venturelli quarta all’arrivo del Liberazione viene accolta dalle tre compagne con grida e pacche

Le squadre del Giro

Discorso a parte per il movimento femminile italiano. Le tante continental di Roma, nella corsa organizzata dal Team Bike Terenzi, hanno fatto fatica a reggere il passo del UAE Team Adq, un po’ come succede in gare come il Giro d’Abruzzo degli uomini, in cui sfilavano in ordine le WorldTour, poi le professional e solo poi le continental. Se la riforma dell’UCI, che vede la nascita delle professional anche fra le donne, dovesse andare avanti, in Italia potremmo avere qualche grosso problema. Già sarà interessante vedere quali squadre italiane saranno invitate al Giro d’Italia.

«Tutelare le piccole squadre italiane è qualcosa che la FCI ha sempre fatto favorendo gli inviti al Giro – dice Sangalli – ma adesso le cose stanno cambiando e la tutela deve essere fatta dall’UCI. Riguardo certe riforme, non possiamo fare nulla. Al Giro correranno 22 squadre. Ci sono le 15 WorldTour, le 2 prime continental dell’anno scorso e poi ci sono altri 5 posti. Alla Vuelta hanno invitato la Laboral Kutxa e la Cofidis che comunque sono due squadre di livello WorldTour. Vediamo cosa farà RCS, ma certo dopo la Strade Bianche si è visto che il livello di alcuni team italiani non sia all’altezza del gruppo. Sicuramente il Giro d’Italia è una gara World Tour di livello altissimo e porteranno il meglio. La Federazione da anni cerca di tutelare le giovani che passano. Se non ci fossero le squadre continental italiane, tantissime ragazze che magari a 18 anni non sono ancora pronte, si perderebbero. Bisogna tutelarle, però i tempi cambiano e bisogna anche adeguarsi alle cose».

Davide “Capo” Arzeni portato in trionfo dalle ragazze del suo team, dominatrici del Liberazione
Davide “Capo” Arzeni portato in trionfo dalle ragazze del suo team

Le juniores in Olanda

E proprio con le più giovani Sangalli e Marta Bastianelli sono volate nel gelo del Nord Olanda, su un’isoletta piena di mare e vento. Il responso è stato duro ed è proprio quello che i tecnici azzurri volevano.

«Esatto – sorride Sangalli – abbiamo ottenuto quello che volevo, cioè che facessero esperienza. Volevamo far capire alle ragazze, che alla domenica vincono qua, che di là è un’altra storia. E’ servito loro per fare un punto e capire dove bisogna migliorare. Siamo arrivati in un ambiente climatico estremo, perché c’era un vento esagerato anche per la crono però è giusto così. Nell’ultima tappa è arrivato un gruppetto di 15 e c’era la Iaccarino, che l’aveva già corsa l’anno scorso. E questo fa capire che partecipare serve: nei prossimi appuntamenti faranno meglio e quando torneranno a casa, sapranno di dover lavorare di più.

«Di certo però il movimento sta crescendo. Cat Ferguson è alla Movistar e quindi ha fatto tutta la preparazione d’inverno con loro. Questo ti fa fare un salto di qualità, che secondo me è fin troppo esagerato. Dal mio punto di vista la via di mezzo è sempre la cosa migliore, specialmente per le junior. Le nostre hanno stretto i denti e so che c’erano in giro gli osservatori di tutte le squadre, per cui prima o poi anche loro potrebbero essere chiamate lassù».

Con Augusto Onori, responsabile del ciclismo nelle Fiamme Azzurre, dopo la vittoria al Coati-Liberazione
Con Augusto Onori, responsabile del ciclismo nelle Fiamme Azzurre, dopo la vittoria al Coati-Liberazione

L’aria di Parigi

Chiara Consonni riprende la via di casa. Per la squadra è arrivata una messe di punti non banale, dopo che i risultati sulle strade del Nord sono stati non proprio entusiasmanti. Per la bergamasca ci saranno altre gare su strada, poi l’attenzione si sposterà sulla pista. L’esclusione dai Giochi di Tokyo fa ancora male.

«Questa volta – dice – arrivo più consapevole. Tre anni fa ero ancora piccolina, un po’ più inesperta. Però adesso so cosa devo fare, so dove migliorare, sto cercando di farlo e sono contenta. So quali sono i miei mezzi e cercherò di mettere tutta me stessa per arrivare a Parigi o da qualche altra parte (ride, ndr). Per cui adesso farò un po’ di gare in Belgio per tenere il ritmo gara, poi Londra, poi farò altura prima del Giro d’Italia. E nel frattempo, abbiamo già stabilito degli allenamenti in pista almeno due volte a settimana, per trovarci insieme e provare. Creare anche un po’ più di feeling. E speriamo che tutto vada per il verso giusto».

La banda intona l’inno, Roma si va stiracchiando sotto un sole finalmente primaverile. Un gigantesco elicottero bianco volteggia sul centro. Si annunciano manifestazioni in tutta la città. Il Liberazione, nato nel 1946 quando la libertà non c’era, porta con sé la solita ventata di ottimismo.

Salvoldi e il nuovo ciclismo fra l’Italia e il mondo

25.04.2024
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SIENA – Il via dell’ultima tappa dell’Eroica Juniores Nations Cup ci permette di fare un punto con Dino Salvoldi, cittì azzurro alla guida dei ragazzi in questa corsa. Il pullman della nazionale staziona nel piazzale dei Giardini la Lizza dietro i quali si può ammirare la fortezza medicea. Il sole, puntato alto nel cielo, invita il cittì ad indossare i suoi occhiali dalle lenti scure. 

Il gruppo di ragazzi guidato da Salvoldi all’Eroica Juniores (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Il gruppo di ragazzi guidato da Salvoldi all’Eroica Juniores (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)

Un nuovo ciclismo

Salvoldi parla con i ragazzi, mette a punto la tattica che quasi ribalta la corsa e scende. Intorno a lui c’è sempre un bel capannello di persone: diesse di squadre juniores come Pavanello e Scinto, ma anche tanti altri personaggi. 

«Si è visto – dice il cittì – che potenzialmente tra i migliori corridori della categoria non ci manca nulla per essere competitivi. Lo abbiamo dimostrato (ancor di più poche ore dopo sul traguardo di Chiusdino, ndr). I ragazzi sono gasati da questo tipo di competizioni, è il nuovo del ciclismo e della categoria, con un calendario che consente di competere sempre a questo livello. Noi come Italia abbiamo una storia e una struttura diverse ancora. Quei Paesi che non hanno queste caratteristiche storiche si sono coalizzati nell’affrontare un calendario di tali dimensioni». 

I devo team hanno portato un nuovo modo di programmare le corse (qui Salvodi a colloquio con Finn della Grenke Auto Eder-Bora)
I devo team hanno portato un nuovo modo di programmare le corse (qui Salvodi a colloquio con Finn della Grenke Auto Eder-Bora)
Di che squadre parliamo?

Nazioni come Norvegia, Danimarca e Gran Bretagna, ad esempio, che non hanno un calendario nazionale ricco come il nostro, si sono organizzate per far correre i ragazzi in questo tipo di competizioni, sempre. Se poi ci aggiungiamo i devo team del WorldTour abbiamo una situazione simile a quella del professionismo. Noi come nazionale italiana dobbiamo organizzarci affinché i nostri migliori possano diventare appetibili. 

Far correre questi ragazzi con la nazionale vuol dire toglierli dalle squadre di club.

Devo dire che la percezione che abbiamo io e i miei collaboratori, senza alcuna presunzione, è quella di aver instaurato un buon dialogo con le varie squadre. Quello che cerchiamo di mettere in pratica è una programmazione lineare. Chiaramente gli imprevisti ci sono, capita che uno o due posti si riempiano all’ultimo minuto. 

Il livello è alto, ma i ragazzi italiani hanno dimostrato di saper ribattere colpo su colpo
Il livello è alto, ma i ragazzi italiani hanno dimostrato di saper ribattere colpo su colpo
Si lavora con quali ragazzi?

Come abbiamo avuto modo di fare l’anno scorso e come avremo modo di fare quest’anno metà della squadra che partecipa agli eventi internazionali sarà composta dai ragazzi che rappresentano il nucleo di riferimento del gruppo di lavoro.

Parlando di programmazione, si riesce a lavorare con continuità?

Sta diventando difficile fare raduni di preparazione, anche perché in questa categoria c’è la scuola. Nella prima parte della stagione siamo riusciti a fare dei mini raduni mensili, dove abbiamo lavorato con i ragazzi. Programmare allenamenti e calendario in funzione degli eventi condivisi con le squadre ci riesce bene

Cosa servirebbe per fare meglio?

Tutto è migliorabile, se ci fosse maggiore disponibilità faremmo di più. Con il budget che abbiamo avuto siamo stati costretti a fare delle rinunce e a investirlo in un’altra direzione. In previsione degli appuntamenti più importanti, come i campionati del mondo pista e strada, faremo dei raduni prolungati.

In che cosa si è investito?

Partecipazione a gare a tappe, con la motivazione che abbiamo spiegato prima. E con il fatto di voler tenere alto il ranking per portare il maggior numero di ragazzi agli eventi internazionali. Poi c’è la pista, c’è stata fin da subito la volontà di fare un bel lavoro a Montichiari, in maniera continuativa.  

Questa Eroica ha portato la novità Viezzi, al suo secondo appuntamento internazionale su strada, il primo con la nazionale. 

Lui e Proietti, che è un primo anno. Con loro non ho trovato difficoltà di inserimento nel gruppo. Il ciclismo su strada è molto più uno sport di squadra rispetto al ciclocross, ad esempio. Non ho trovato questo tipo di difficoltà e non c’è stata nemmeno a livello coordinativo e tecnico. I ragazzi valgono e sono capaci di passare da una disciplina all’altra, in passato c’erano state maggiori difficoltà. Invece, con Viezzi e Proietti non ce ne sono state.

La posizione di Pidcock? Meno avanzata di quel che sembra

25.04.2024
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A prima vista la posizione di Tom Pidcock sembra avanzata. Quasi al pari dei fratelli Yates. Una posizione molto da biker, ancor più che da ciclocrossista. Ma poi se si va ad analizzare bene e lo si fa con le persone giuste, si scopre non è proprio così. Anzi…

Ci siamo chiesti quanto ci fosse del biker e del crossista Pidcock nel suo setup da strada. In realtà del setup vero e proprio non c’è tanto, mentre c’è molto della guida e della “filosofia” del Pidcock fuoristradista. Di questi aspetti abbiamo parlato con Matteo Cornacchione, storico meccanico della Ineos Grenadiers.

Matteo, vedendolo da fuori sembra che Tom abbia una posizione molto avanzata. Molto da biker, con il baricentro tutto sulla pedaliera, anche se poi questa tendenza è ormai sdoganata anche su strada. E’ così?

In realtà Tom non è molto avanzato. Anzi, è il meno avanzato dei nostri. Ha 9 centimetri di arretramento sella. Non credo che abbia ereditato qualcosa di specifico dalla mtb, per questo aspetto fa molto riferimento a Kurt Bogaerts, il suo coach e factotum che lo segue in tutto e per tutto. Per dire, lui usa il reggisella normale e quando dico normale intendo quello arretrato e non quello dritto. Semmai del crossista e del biker ha ereditato l’attenzione per le pressioni delle gomme.

Ci puoi dire di più?

Ci lavora moltissimo e ha una sensibilità pazzesca. Fa davvero tante prove con le gomme. Per esempio prima della Strade Bianche ci fa fare parecchi cambiamenti e parliamo di aggiustamenti nell’ordine di aumentare o diminuire 0,1-0,2 bar. A volte gli chiediamo: «Tom, ma cosa vuoi che cambi intervenendo così poco?». Ma lui lo sente eccome. Capita che durante la ricognizione in una discesa di un minuto e mezzo, rifili 20” ai compagni. Sembra quasi che sappia cosa ci sia dietro la curva. Noi abbiamo il compressore digitale ad alta precisone e lui controlla sempre in prima persona.

La sella dell’inglese ha un arretramento di 9 centimetro rispetto al movimento centrale. Ormai una rarità
La sella dell’inglese ha un arretramento di 9 centimetro rispetto al movimento centrale. Ormai una rarità
Altri accorgimenti border line?

Direi le pedivelle. Sta facendo delle prove con quelle più corte (e questa sì che è una reminiscenza da biker, ndr). Sia su strada, che nei test su pista per strada appunto e crono, ha provato le 165 millimetri. A crono addirittura ha usato le 160. Alla Tirreno per esempio aveva un setup particolare con la corona da 68 denti e le pedivelle da 160. Era quasi più grande la corona che la pedivella! Però è bello, perché Pidcock è molto tecnico e vuol provare tutto.

Con la bici da crono ha trovato subito il setup ideale?

Posso dire che ci sta lavorando molto. Ci esce tantissimo, perché vuol fare bene al Tour de France.

Torniamo all’arretramento, Matteo. A noi sembra così avanzato perché ha un telaio più piccolo rispetto alla sua misura?

Esatto. Tom utilizza una Pinarello Dogma taglia 46,5, quindi un po’ piccola per la sua altezza (170 centimetri, ndr). E ha un attacco manubrio direi normale: 110 millimetri. La piega è da 38 centimetri centro-centro. E la forcella ha il rake da 47 millimetri. Io dico che secondo me guida bene anche per questo motivo.

Alla Tirreno, Pidcock ha utilizzato una corona da 68 denti e pedivelle da 160 mm (foto Instagram)
Alla Tirreno, Pidcock ha utilizzato una corona da 68 denti e pedivelle da 160 mm (foto Instagram)
Cioè?

A mio avviso queste numerose e disastrose cadute dipendono anche dal fatto che ormai i corridori per spingere meglio sono tutti avanzati (si sta davanti per sfruttare il grande gluteo il muscolo più grosso e potente del corpo, ndr), ma questo va a discapito della guida.

Interessante, vai avanti per favore…

Stando col baricentro più avanti, non hai margini di errore. Sei subito sulla ruota anteriore, quasi ci “cadi” sopra. Tom invece oltre che essere abile di suo, ha una posizione “vecchio” stile col suo arretramento e la forcella “più ampia” col rake da 47 millimetri. Pertanto è più equilibrato. Tanti altri corridori si spostano più avanti per racimolare qualche watt in più, ma magari per farlo durante una corsa a tappe di una settimana cadono tre volte. E allora quanto ti è stata utile davvero questa posizione estrema?

Un’altra cosa che abbiamo notato di Tom è che sulla sella si muove parecchio. Spesso lo pizzichiamo in punta, altre volte sul calcio…

E’ una sua caratteristica da fuoristradista. Proprio sulla sella quest’anno ci ha messo un po’ per trovarla. Ma era normale cambiando fornitore. Siamo passati a Prologo, che ha una gamma vastissima. In un pomeriggio Tom ha provato anche tre selle. Poi però una volta individuata quella giusta ci ha lavorato e non ha più cambiato. Anche in mtb ci ha messo un bel po’, però è anche vero che tra il cross e le classiche non ha avuto poi tutto questo tempo. Pensate che dopo la Tirreno ha fatto un sopralluogo delle tappe italiane del Tour, poi è andato a Nizza dove abbiamo i nostri magazzini, e lì ha provato la sella per la mtb e poi è venuto alla Sanremo.

Secondo Cornacchione il feeling e la sicurezza di guida in discesa di Pidcock dipendono anche dal suo setup “vecchio stile”
Secondo Cornacchione il feeling e la sicurezza di guida in discesa di Pidcock dipendono anche dal suo setup “vecchio stile”
E invece per quel che riguarda le gomme cosa ci puoi dire? Abbiamo notato che alla Strade Bianche per esempio era l’unico dei vostri con le 28 millimetri…

Di base, davanti usiamo il 25 millimetri e dietro il 28 millimetri. Tom preferisce i tubeless. Il nostro fornitore è Continental e in base al tipo di percorso a volte opta per il TR a volte per il TT. Questo secondo pneumatico è un po’ più leggero e veloce rispetto al primo, ma al tempo stesso dà qualche piccola garanzia in meno in termini di forature. Sono piccoli rischi si prendono, ma la scelta poi dipende dal percorso e dal corridore.

Infine i rapporti. Pidcock ha qualche preferenza?

Usa sempre il 54-40 anche nelle tappe dove qualcuno dei nostri sceglie invece il 56-44. Ed è fisso anche per quel che riguarda il pacco pignoni: sempre l’11-30, mentre tutti gli altri optano per il l’11-34. Preferisce quindi avere una scala più graduale.

Bernal, aggancio quasi completo. Gamba e morale in crescita

24.04.2024
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LIEGI (Belgio) – Le parole di Pidcock dopo la corsa sono la sintesi perfetta di quello che tutti abbiamo pensato vedendo Bernal scattare sulla Cote de la Roche aux Faucons: «E’ bello vederlo correre di nuovo in questo modo. Ha dovuto soffrire più di quanto io possa immaginare».

Il colombiano sta tornando. Ha ammesso di avere valori persino superiori a quelli che aveva prima dell’incidente, ma il ciclismo nel frattempo è andato avanti e la sua rincorsa non è terminata. Diciamo però che è ormai nella scia delle ammiraglie e il gruppo dei migliori, di cui fa parte per palmares e attitudini, è ormai in vista. Bernal ha 27 anni, ha vinto un Tour, un Giro e ogni genere di corse a tappe. L’incidente del 2022 poteva costargli la vita e invece lui la vita se la sta riprendendo, un gradino dopo l’altro.

Il colombiano ha corso la Liegi sempre in testa, ma è uscito allo scoperto a partire dalla Redoute
Il colombiano ha corso la Liegi sempre in testa, ma è uscito allo scoperto a partire dalla Redoute

Lo abbiamo incontrato alla vigilia della Liegi-Bastogne-Liegi, il sorriso radioso come sempre e forse di più. L’attesa iniziava a montare e si capiva, per averlo visto bello pimpante già nelle prove sulla Redoute, che avrebbe fatto una bella corsa. Il risultato finale non rende merito alla sua corsa. Il ventunesimo posto è stato figlio dell’aiuto dato a Pidcock, arrivato decimo, dopo la vittoria all’Amstel Gold Race. Alla fine però era contento lo stesso. Ha ammesso che avrebbe voluto seguire Pogacar e non ce l’ha fatta. Però almeno stavolta l’ha visto da molto vicino.

Egan, sei felice?

Sì, molto felice.

C’è stato un giorno quest’anno in cui hai sentito che sta tornando il vero Egan?

Forse al Gran Camino, i primi giorni. Sentivo che avevo ancora la forza per godermi la corsa. In quel momento ho pensato che forse quest’anno sarei riuscito a fare un passo in più.

Le prime buone sensazioni, Bernal le ha percepite al Gran Camino: aveva la forza per attaccare
Le prime buone sensazioni, Bernal le ha percepite al Gran Camino: aveva la forza per attaccare
Che cosa manca, secondo te?

Uh, non so… Penso solo a continuare quello che ho fatto fino ad ora. Ho finito la scorsa stagione pensando che non sarei più riuscito a tornare al livello per stare davanti. Quest’anno invece sono più avanti dell’anno scorso, quindi penso che sto andando per un buon cammino. Sono fiducioso e per quest’anno spero di fare il mio meglio, pensando che il prossimo anno sarò nuovamente al mio livello migliore.

Come si spiega che tu abbia numeri migliori del 2021 eppure sia costretto a rincorrere?

Al di là del mio ritorno alla piena efficienza, significa che gli altri stanno continuando a migliorare, che tutto va molto veloce. Per cui devo restare concentrato su me stesso e lavorare per raggiungere il miglior Egan e poi mettere nel mirino i più forti del gruppo.

Pensavi che il recupero durasse di meno, oppure sta andando veloce? Che impressione hai?

Dipende, ci sono i giorni che sembra che va veloce e altri giorni che sembra che va piano. Vogliamo sempre di più, però la caduta che ho avuto… Già il solo fatto di poter fare una vita normale, è già un miracolo. Stare qua e pensare di poter essere ancora vincente, lo è ancora di più. Ho tanta voglia di tornare a essere il migliore, ma non posso dimenticare che ormai ho già vinto la corsa più importante.

Dopo il Romandia, Bernal lascerà l’Europa e andrà in Colombia a preparare Delfinato e Tour
Dopo il Romandia, Bernal lascerà l’Europa e andrà in Colombia a preparare Delfinato e Tour
Ti manca più in salita o a crono?

Un po’ dappertutto (sorride, ndr). Con il ciclismo di adesso, mi manca anche la discesa. Ormai si va a tutta in qualsiasi momento, quindi bisogna stare molto attenti in ogni momento.

Rimani qua fino al Tour o torni in Colombia?

No, torno in Colombia. Dopo la Liegi, faccio il Romandia e poi torno a casa. Mi preparo per il Tour, passando prima per il Delfinato. Quest’anno niente Giro, anche se presto ci tornerò.

World Series in Sardegna, il gravel entra in una nuova era

24.04.2024
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Venerdì prossimo sarà un momento importante per il gravel italiano, con la prova delle UCI World Series allestita a Orosei (foto UCI in apertura). Sarà la seconda prova italiana inserita nel massimo circuito dopo la Monsterrato Bike che si svolgerà il prossimo 31 agosto con un nuovo comitato organizzatore. Sarà un esperimento importante anche perché la gara sarda è inserita in un contesto completamente diverso, ossia entra nel Giro di Sardegna per amatori, che da molti anni è un appuntamento fisso per gli appassionati di Granfondo e in generale di bicicletta, accoppiando l’agonismo alla scoperta dell’Isola.

Colonna della nazionale italiana sarà naturalmente Daniel Oss, vicecampione del mondo che nel gravel ha convogliato tutta la sua passione una volta chiusa la sua lunga parentesi professionistica e si è fatto già un’idea specifica sulla corsa sarda.

«E’ una prova per specialisti – dice – e per certi versi mi fa piacere perché significa che la disciplina si sta evolvendo. Mi accorgo anche che il livello sta crescendo molto rapidamente e ci si sta indirizzando verso gare più lunghe. Tra l’altro la prova sarda avrà anche un’importanza particolare essendo qualificativa per le manifestazioni titolate che ci saranno più avanti nell’anno».

Per Daniel Oss un nuovo impegno nel circuito. Alla Indomable è stato 40°
Per Daniel Oss un nuovo impegno nel circuito. Alla Indomable è stato 40°
Rispetto a quando sei entrato in questo mondo, che evoluzione noti?

C’è innanzitutto un calendario più attraente e vario che è la testimonianza di come sta crescendo il movimento nel suo insieme. C’è maggiore interesse e questo sta favorendo anche un’evoluzione interna al movimento. Vedo ragazzi che si orientano verso questa nuova disciplina, vedo soprattutto collettivi che si evolvono in squadre vere e proprie e questi sono i prodromi per una disciplina che si afferma. In corsa si vedono sempre più giochi di squadra simili a quelli della strada. E’ un mondo sempre più tecnico che però lascia spazio all’amatore che vuole tramite la bici scoprire il territorio. Io me ne accorgo tramite i feedback sui miei canali social e questo porta sempre maggiori investimenti da parte delle aziende.

Il gravel era interpretato come una via di mezzo fra strada e mtb: ritieni che si stia spostando da una o l’altra parte?

Anche se parliamo di offroad, è più orientato verso la strada perché non servono grandi capacità tecniche, hai più attività metabolica. L’evoluzione agonistica è una conseguenza molto legata alla strada, ma per me la gravel continua ad avere un’identità ancora più legata al divertimento puro.

Ti senti un gravelista?

Io sono uno che ha vissuto tutta la vita sulla bici da strada, ho girato il mondo e corso con i più grandi campioni quindi sarò sempre uno stradista. Diventa anche difficile esprimersi dopo 15 anni da pro’ con compagni che hanno vinto tutto. Qui sono più in un mood di scoperta. Mi piace l’aspetto racing, ma guardo molto il contorno. E’ chiaro però che quando indosso il numero, prendo tutto molto sul serio.

In Sardegna che ricordi hai?

Qui facevamo i ritiri della Liquigas, poi c’era il Giro di Sardegna che ho corso già al fianco di Sagan che vinse 2 tappe. Chissà che non possa portarmi dietro qualche altro bel ricordo, anche dal punto di vista agonistico…

Tonino Scarpitti, l’organizzatore. Il GiroSardegnaGravel si affianca al Giro di Sardegna cicloturistico
Tonino Scarpitti, l’organizzatore. Il GiroSardegnaGravel si affianca al Giro di Sardegna cicloturistico

L’intuizione di Scarpitti

Il GiroSardegnaGravel nasce da un’idea di Tonino Scarpitti, uno dei personaggi storici che ha vissuto sulla propria pelle l’evoluzione del granfondismo italiano dal secolo scorso, che ha colto tutti di sorpresa.

«Tutti mi dicevano “ma chi te lo fa fare” – racconta – invece io sono convintissimo della mia scelta perché so che il gravel è sul punto di esplodere. Avrà un successo strepitoso e questo territorio è ideale per esaltarlo. Lo dico senza mezzi termini, è il tracciato più bello di tutte le WorldSeries. Ma dove lo trovate un percorso che attraversa la spiaggia di Berchidda proprio a ridosso dell’acqua, oppure che passa in mezzo ai pascoli di pecore e vacche? E’ questo il bello del gravel, può offrire qualcosa di mai visto».

Come sei riuscito a inventare una gara e inserirla subito nel massimo circuito?

Non è stato facile convincere l’Uci, ma il Giro di Sardegna è conosciuto come uno dei massimi eventi amatoriali, che ogni anno richiama una percentuale di corridori stranieri che non si vede nelle altre gare. La gara gravel si inserisce in questo contesto. Noi abbiamo messo subito in chiaro che, per coloro che prendono parte al Giro, non è obbligatoria la presenza anche nella gara gravel. E’ fuori dalla classifica anche perché non tutti potevano portarsi dietro due bici. Ma la risposta da parte amatoriale è stata molto incoraggiante.

Il bellissimo passaggio sulla spiaggia di Berchidda, uno dei momenti topici della gravel sarda
Il bellissimo passaggio sulla spiaggia di Berchidda, uno dei momenti topici della gravel sarda
Tu sei abituato a rivolgerti ai granfondisti, come ti sei trovato in un contesto differente come quello delle World Series?

Bene, ma vorrei segnalare un aspetto che non mi aspettavo: molti hanno scelto di venire per pedalare esclusivamente nella gara del 28 aprile, abbinando il gravel al turismo e questa è una scelta che deve far pensare, anche perché la maggior parte viene dall’estero.

Parliamo del percorso…

L’Uci ha imposto la regola di giri di almeno 40 chilometri, questo significa che gli uomini sotto i 60 anni gareggeranno al mattino su 3 giri pari a 147,9 chilometri, le donne insieme alle categorie maschili più grandi su due giri pari a 106,8 km. E’ un percorso impegnativo, su quasi 2.000 metri di dislivello, io credo che sarà molto selettivo ma scorrevole, quando l’abbiamo congeniato abbiamo pensato a una media di 39 all’ora.

Il percorso di gara, un circuito di più di 40 chilometri da ripetere 3 volte (uomini) e 2 (donne)
Il percorso di gara, un circuito di più di 40 chilometri da ripetere 3 volte (uomini) e 2 (donne)
Quando hai pensato a questa gara l’hai prevista come “una tantum”?

Sì e no, nel senso che se tutto va come speriamo l’esperienza si ripeterà, stante il beneplacito dell’Uci, ma pensiamo di farne un evento itinerante perché la Sardegna ha tanti posti bellissimi che vogliamo far conoscere. Abbiamo intenzione di spostarci verso Olbia, Alghero, la stessa Cagliari. Io voglio essere pioniere per il gravel in questa terra, d’altronde ormai chi vuole fare cicloturismo compra la gravel o la bici a pedalata assistita.

Pozzovivo diventa “maggiorenne” ed è pronto per il suo 18º Giro

24.04.2024
5 min
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Domenico Pozzovivo, mentre scriviamo, è in ritiro con la Vf Group Bardiani-CSF-Faizanè sull’Etna. Il lucano si appresta a correre il suo diciottesimo Giro d’Italia, anche questo rincorso e conquistato con un approdo tardivo nella formazione dei Reverberi. A differenza di altre volte, Pozzovivo è arrivato davvero in extremis alla Vf Group-Bardiani, iniziando la sua stagione a marzo. 

«Innanzitutto – racconta “Pozzo” – non avrei mai pensato di correre 18 Giri d’Italia, è un traguardo che più ci penso e più mi sembra considerevole. Però lo affronterò con la stessa attenzione ed entusiasmo del primo, negli anni ho mantenuto questa mentalità e ne sono felice. Uno dei motivi nel voler correre anche nel 2024 era la grande voglia che mi spingeva a farlo».

Pozzovivo ha già corso sei Giri d’Italia guidato dai Reverberi, dal 2005 al 2012 (saltando 2006 e 2009)
Pozzovivo ha già corso sei Giri d’Italia guidato dai Reverberi, dal 2005 al 2012 (saltando 2006 e 2009)
In questo avvicinamento qual è stata la fase più dura?

La biomeccanica. Ogni volta che cambio materiale – bici, scarpe, sella e tutto il resto – devo fare i miei adattamenti. Dopo l’incidente del 2019 è diventata una fase fondamentale e molto difficile, ma ne sono pienamente consapevole. Arrivare in una squadra nuova e correre subito è stata una scelta rischiosa, ma giusta. Il processo di avvicinamento al Giro è esattamente come me lo ero immaginato. 

Su cosa ti sei concentrato di più?

Sul ritrovare le giuste sensazioni in sella. Ogni anno sono riuscito a costruire un buon feeling con la bici e i materiali, era importante farlo anche quest’anno. L’aspetto su cui devo riporre maggiore attenzione è il fatto di avere il braccio sinistro meno mobile. Di conseguenza, ho meno forza e ciò condiziona l’anca destra in fase di appoggio. Ma devo dire che ho trovato il giusto equilibrio.

La 20ª stagione da pro’ di Pozzo è iniziata dalla Tirreno-Adriatico
La 20ª stagione da pro’ di Pozzo è iniziata dalla Tirreno-Adriatico
Sei partito dalla Tirreno, corsa non semplice…

Ero l’unico che esordiva in quella gara. Tutti gli altri atleti in gruppo erano al settimo giorno di corsa, come minimo. Però è stata la cosa migliore da fare. Ho ritrovato il colpo d’occhio nel pedalare in gara. In quei giorni la mia principale preoccupazione era la sicurezza, quindi evitare cadute. Ero spesso, più del solito (dice con una risata, ndr) in fondo al gruppo, cosa che mi ha penalizzato.

In che senso?

Dal punto di vista della prestazione correre in fondo non aiuta, si fa molta più fatica, soprattutto nel ciclismo di oggi. A me questa fatica maggiore è servita per migliorare.

L’obiettivo primario al debutto era trovare la giusta posizione in bici e il feeling con i materiali
L’obiettivo primario al debutto era trovare la giusta posizione in bici e il feeling con i materiali
La condizione a che livello era?

Mi sono allenato a casa, in autonomia, fino alla firma del contratto con i Reverberi. Mi sentivo bene, il mio livello di condizione l’ho ritenuto soddisfacente. Ho cambiato un po’ programma rispetto a quanto fatto negli ultimi anni. Non sono passato dal Tour of the Alps e dalla Liegi ma ho preferito correre il Giro di Abruzzo. La scelta è dovuta al fatto che l’Abruzzo si è corso prima e ho avuto più tempo per venire in altura a preparare il Giro. 

Come sta andando?

Le sensazioni crescono giorno dopo giorno. Il periodo di altura è di due settimane, tranne che per Pellizzari, Covili e Fiorelli che sono arrivati dopo. Personalmente è cambiato un po’ il modo di lavorare, nel senso che con TotA e Liegi prima del Giro si facevano pochi allenamenti specifici. Ora che l’ultima gara è terminata il 12 aprile, ho avuto più tempo, così mi sono trovato a fare più lavori dedicati al ritmo gara. Poi prima di venire sull’Etna avevo comunque fatto dell’altura, ad una quota più alta, 3.200 metri. Sono stato una settimana e mi ha fatto bene. 

La condizione è in crescita, l’ultima gara è stato il Giro d’Abruzzo: ora “Pozzo” è in altura con la squadra
La condizione è in crescita, l’ultima gara è stato il Giro d’Abruzzo: ora “Pozzo” è in altura con la squadra
Al Giro quale sarà il tuo obiettivo?

Sarebbe bello centrare la top 10, un risultato che alla mia età farebbe un gran piacere. In più una presenza in quella parte di classifica sarebbe un motivo di orgoglio e di visibilità per la squadra. Avrò al mio fianco tanti compagni giovani, penso che durante le tre settimane sarò un punto di riferimento per loro. In particolare penso di poter insegnare tanto a Pellizzari, sulla strada saremo spesso vicini vista la caratura fisica. 

Tu sei al diciottesimo Giro, lui al primo: che effetto ti fa?

E’ al suo primo Giro d’Italia, ma in un ciclismo molto diverso rispetto a quello del mio esordio nella Corsa Rosa. Io dovevo preoccuparmi di stare in piedi e di terminare le tre settimane di gara. Pellizzari, invece, arriva già pronto e con tutte le possibilità di puntare ad una vittoria di tappa. Avere me al suo fianco gli potrà togliere delle pressioni e riuscirà a correre più leggero. Sarò anche un po’ il suo parafulmine.

Alessio Nieri (a 23 anni) saluta le gare, ma non il ciclismo

24.04.2024
6 min
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Un post qualche giorno fa in cui annunciava l’addio al ciclismo, poi un grande silenzio. Un post scritto con sapienza e lucidità, passione e consapevolezza. Così a soli 23 anni Alessio Nieri ha detto basta. O meglio, è stato costretto a dire basta.

Il corridore della Work Service-Vitalcare-Cavaliere era stato vittima di una bruttissima caduta al Giro di Turchia, sul finire della passata stagione. Era finito in ospedale e lasciato solo lì, in attesa di un medico dell’assicurazione che non arrivava mai. E’ stata poi un’amica di famiglia a riportarlo in Italia. 

Alessio Nieri (il primo corridore in basso a sinistra) da questo inverno era con la Work Service
Alessio Nieri (il primo corridore in basso a sinistra) da questo inverno era con la Work Service

Lo stop

Ma se quelle erano state le botte del momento, poi sono emerse quelle a freddo. Anzi a freddissimo.

«Ci si era concentrati soprattutto sui problemi al polmone e alle costole – racconta Nieri – quindi nella zona toracica, ma poi c’era dell’altro. La volta scorsa vi avevo detto che ero risalito in bici, ma avevo ancora qualche doloretto. Andando avanti con gli allenamenti questi dolori si sono fatti sempre più intensi e forti. Così ho fatto altre analisi, altri approfondimenti ed è emerso che in pratica nella schiena, dove appunto erano concentrati questi dolori, ci sono le vertebre lombardi schiacciate ed è uscita anche un’ernia».

Fare 4-5 ore così non era certo il massimo. Anche perché parliamo di un atleta e non di un ciclista che va in bici per stare bene, per non mettere la pancia o per svago.

Dopo la caduta in Turchia, Alessio Nieri ha iniziato il calvario che lo ha portato a dire basta col ciclismo agonistico
Dopo la caduta in Turchia, Alessio Nieri ha iniziato il calvario che lo ha portato a dire basta col ciclismo agonistico

Decisione inevitabile

Va da sé che allenarsi così diventava impossibile per il giovane Nieri. Tra palestra, fisioterapia e quant’altro le cose non miglioravano. Anzi… Alessio faceva un allenamento in bici e poi doveva stare fermo per tre giorni. Non si può essere atleti in questo modo.

«Avevo anche ripreso a correre – spiega – per cercare di tornare pro’. Avevo fatto la Firenze-Empoli, ma poi proprio mentre iniziavo ad intensificare il tutto, le cose sono peggiorate di pari passo. Allenarsi così era impossibile e così un giorno, tornando a casa, ho detto basta. Quel che più o meno avevo capito dentro di me già da un po’ era diventato ufficiale».

Non è facile dire addio ai proprio sogni. Certo, non parliamo di un campione assoluto, ma pur sempre di un ragazzo, di uno scalatore di belle speranze.

Alessio Nieri era salito in bici piuttosto tardi. Era il 2018, allievo di secondo anno. Iniziare a correre su strada a quell’età non sarebbe stato facile. E infatti pochi gli hanno dato dato fiducia, anche perché l’anno successivo sarebbe diventato junior. Chi investirebbe su un ragazzo partito da zero o quasi in questa categoria sempre più importante?

«La Cicli Taddei mi ha dato una possibilità di correre – racconta – ma era in mtb. Ho iniziato con loro. Poi dopo qualche tempo, andavo alle corse da solo. Mi ci portava il “babbo”, Alessandro. Nei primi approcci da junior andavo benino. Ero sempre davanti, ma non ho mai vinto. La vittoria è arrivata da dilettante. Mi prese la Mastromarco-Sensi-Nibali e vinsi una cronoscalata. Poi da lì l’approdo alla Bardiani-Csf Faizanè».

Nieri pedalava anche da bambino, ma le prime vere gare le ha fatte nel 2018 in mtb con la Cicli Taddei
Nieri pedalava anche da bambino, ma le prime vere gare le ha fatte nel 2018 in mtb con la Cicli Taddei

Oltre il ciclismo

Chiaramente la vita di Alessio è cambiata. E lo ha fatto da un giorno all’altro. Quella che era una routine, bella e piacevole, all’improvviso è svanita. Proprio in questi giorni il toscano sta scoprendo una nuova dimensione, una nuova gestione delle sue giornate.

«In effetti è strano. Prima ti svegliavi: colazione, un’occhiata al tempo e via in bici. Tornavi che era pomeriggio. Mangiavi, seguiva un po’ di riposo ed era sera. Adesso è tutto diverso. Anche col mangiare. Sto riscoprendo tante cose».

E tra le tante cose inevitabilmente ci sono anche le idee per il futuro. Nieri ha un sogno: diventare direttore sportivo. E si sta muovendo per trovare lavoro.

«La Federazione – spiega – adesso ha allungato parecchio i tempi per diventare un direttore sportivo per i pro’. Ci vorrà un po’ di tempo, ma quello sarebbe un obiettivo. Vorrei comunque restare nell’ambiente delle corse, che continuano a piacermi molto. Per adesso sto cercando qualcosa come massaggiatore. Mi è sempre piaciuto e ho anche fatto il corso».

Il toscano aveva caratteristiche da scalatore puro
Il toscano aveva caratteristiche da scalatore puro

Nuova vita

Cambiare dimensione significa anche guardare le corse sotto un’altro punto di vista. Anche se resta il giudizio critico e ficcante di chi ha corso fino a poche settimane fa e di quel gruppo faceva parte. L’occhio è ancora quello del corridore.

«Mi sono gustato le classiche – racconta Nieri – e devo dire che Van der Poel mi è proprio piaciuto. E’ lui l’uomo della primavera. Anzi, per me lui è “il” ciclista. Ricordo anche quando correvo di essergli stato vicino in gruppo più di qualche volta. E che dire: è bello in bici. Perfetto stilisticamente. Dà spettacolo quando attacca. Ha una grande squadra per le corse di un giorno e poi è pure grosso. Uno così mica lo sposti facilmente».

Va anche detto che Nieri era uno scalatore da 55 chili o poco più, l’opposto di Mathieu! Ciò non toglie che l’iridato sia una sfinge in sella.

Nieri con Marcellusi, i due sono amici. Ma Alessio ha un ottimo rapporto anche con altri ex colleghi come Colnaghi, Lucca…
Nieri con Marcellusi, i due sono amici. Ma Alessio ha un ottimo rapporto anche con altri ex colleghi come Colnaghi, Lucca…

Marcellusi e non solo

E mentre si godeva le classiche, Alessio è stato travolto dai messaggi di saluto dei suoi ex colleghi.

 «In tanti mi hanno scritto – racconta con un certo orgoglio Nieri – anche gente che non sentivo da tempo e questo mi ha fatto molto, molto piacere. Significa che mi volevano bene. Poi con qualcuno, vedi Marcellusi ci siamo proprio sentiti. Martin, oltre che ex compagno sia alla Mastromarco che alla Bardiani, è un amico vero. Lui sapeva del mio ritiro un po’ prima che dessi la notizia.

«Però, dai… si va avanti. Se guardo il bicchiere mezzo vuoto, fa male il pensiero di dire non poter più seguire il sogno di essere un corridore e che sia successo tutto così all’improvviso. Ma se guardo il bicchiere mezzo pieno, magari in Turchia quel giorno anziché restare sul ciglio del burrone ci sarei potuto fine dentro.

«Per ora so che con della fisioterapia e del lavoro specifico recupererò la parte della mobilità della schiena, cosa che mi serve anche per la vita normale». E questo è quel che conta caro Alessio.

Obiettivo Giro d’Italia, Tiberi come ti stai preparando?

24.04.2024
4 min
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BORGO VALSUGANA – Il terzo posto in classifica generale al Tour of the Alps è un risultato che sicuramente ha innestato fiducia in Antonio Tiberi. Il Giro d’Italia da capitano per la Bahrain-Victorious è una sfida alla quale il 22enne di Frosinone sa di non potersi avvicinare con troppa irriverenza. Nei suoi occhi glaciali però, al termine di ogni tappa, si scrutava una determinazione solida e decisa, confermata da ogni dichiarazione rilasciata a giornalisti e TV.

La maglia bianca conquistata al TotA può essere un obiettivo anche per la Corsa Rosa, ma dalle sue parole si può intuire che gli obiettivi sono ambiziosi. Il 4 maggio si avvicina, per Antonio è il primo Giro, così gli abbiamo chiesto come stia approcciando questo importante esordio. 

Al Tour of the Alps le ultime misure da capitano prima del Giro
Al Tour of the Alps le ultime misure da capitano prima del Giro
Che condizione hai trovato al Tour of the Alps?

Diciamo che già dal Catalunya ho visto una condizione che andava a migliorare. Poi ho fatto un periodo in altura sul Teide dove abbiamo lavorato bene, per poi venire qui all’Alps, dove devo dire che sono rimasto molto contento di come ho trovato subito le sensazioni giuste dopo un periodo di altura. Non è male questa percezione che sto avendo adesso in vista del Giro d’Italia.

In altura hai fatto qualche lavoro particolare sulle salite lunghe?

Sì, siamo stati sul Teide quindi lì erano per forza salite sempre quasi oltre l’ora. Diciamo che ci siamo allenati tanto sulle salite lunghe e più che altro con tanti lavori, perché appunto ero soltanto a due settimane da questa gara (TotA, ndr) quindi non abbiamo fatto tanti lavori specifici o troppo stressanti.

Prima della tappa regina del TotA quali erano le tue aspettative?

Innanzitutto dovevo vedere un po’ come rispondevano le gambe dopo il freddo e la pioggia della tappa precedente. Mi sono detto che se le sensazioni fossero state buone, avrei provato a sbloccarmi il prima possibile, per poi cercare di restare con i migliori e magari lottare per la classifica finale, e così è stato.

Il podio del TotA 2024. Lopez in mezzo a O’Connor e Tiberi
Il podio del TotA 2024. Lopez in mezzo a O’Connor e Tiberi
Come hai strutturato l’avvicinamento al Giro, cioè i giorni prima?

Dopo Tour of the Alps e Liegi, sono partito per provare un paio di tappe del Giro, la cronometro di Perugia e poi un’altra tappa nelle Marche. Infine cercherò di recuperare il più possibile e stare tranquillo, fare gli allenamenti giusti e poi partire per Torino.

Il tuo approccio al Giro quale sarà, ogni giorno sarà una scoperta o hai già delle ambizioni?

Ancora no, perché appunto è il mio primo Grande Giro e partirò da capitano per la classifica, quindi sarà un po’ una nuova esperienza e cercherò sicuramente di dare il mio meglio.

Come ti stai preparando?

Sto facendo il massimo per arrivare a questo appuntamento al 100 per cento della condizione e poi si vedrà come andrà già dalle prime tappe dato che, come tutti sappiamo, quest’anno è un percorso molto impegnativo già dall’inizio.

Durante il TotA Tiberi ha dimostrato un’ottima condizione
Durante il TotA Tiberi ha dimostrato un’ottima condizione
Senti pressione da fuori?

Ho notato che c’è un po’ più di attenzione su di me quest’anno, però devo dire che è una cosa che magari mi dà energia e mi sprona a fare bene. Di pressione per fortuna non ne sento troppa.

Dove senti di essere tra i big?

Al di là di Pogacar, penso di essere lì per giocarmela con i migliori. In questo Tour of the Alps ho capito che recupero bene e posso essere pronto giorno dopo giorno.

C’è qualcuno che ti sta dando una mano a gestire questo avvicinamento tra aspettative e responsabilità?

Devo dire che la squadra sta contando veramente tantissimo su di me, stanno facendo del loro massimo per farmi arrivare al Giro nella migliore forma e non mi stanno facendo mancare nulla, dai direttori sportivi ai compagni di squadra. Per adesso devo soltanto ringraziarli e devo dire che stanno facendo un ottimo lavoro. Starà a me ripagarli con i risultati.