Covid? Non è mai sparito del tutto, la parola d’ordine è precauzione

28.06.2024
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Il Covid-19 non ha abbandonato il gruppo e la nostra vita di tutti i giorni. L’ultimo caso è quello di Sepp Kuss, il vincitore dell’ultima Vuelta Espana e fido scudiero di Vingegaard non sarà al via del Tour de France. Una perdita importante per la Visma Lease a Bike in vista della battaglia che la attende sulle strade della Grande Boucle. Ieri durante la conferenza stampa alla vigilia del Tour, Evenepoel si è presentato con la mascherina, mentre Pogacar ha raccontato di averlo preso di recente. Ma come viene approcciato ora il Covid dai medici dei vari team? Ne parliamo con Emilio Magni, dottore dell’Astana Qazaqstan Team.

«Da questa primavera – spiega subito – ci sono stati dei casi, in aumento rispetto ai mesi precedenti. Anche noi in squadra abbiamo avuto dei corridori positivi, ma è una storia difficile dalla quale venire fuori. La sintomatologia è meno importante rispetto al periodo pandemico, praticamente è assimilabile ad un’influenza. Il problema è che gli atleti di alto livello devono stare bene per svolgere la loro attività, quindi anche una normale influenza diventa destabilizzante».

Sepp Kuss ha annunciato la sua mancata partecipazione al Tour causa Covid postando questa foto sui social (foto Instagram)
Sepp Kuss ha annunciato la sua mancata partecipazione al Tour causa Covid postando questa foto sui social (foto Instagram)
Però si fanno ancora i test per distinguere il Covid da un’influenza.

Sì, perché è giusto capire di cosa si tratta. Le conseguenze a livello sportivo non sono state importanti, ma ogni squadra ha un alto numero di atleti e devono essere monitorati e tutelati. 

Una delle conseguenza più gravi furono i vari casi di miocarditi e pericarditi che si manifestarono nei soggetti positivi…

Non furono tanti a livello numerico, chiaro che anche un solo caso fa drizzare le antenne a noi medici. Quindi poi sono stati inseriti diversi test a livello cardiologico per controllare lo stato di salute prima di far riprendere all’atleta la sua attività. 

I test sono attendibili?

La fortuna dei test per individuare una positività da Covid-19 è che sono facili da effettuare e direi anche che sono affidabili, soprattutto rispetto all’inizio. 

Evenepoel con la mascherina alla conferenza stampa di ieri al Tour: «Meglio non correre rischi»
Evenepoel con la mascherina alla conferenza stampa di ieri al Tour: «Meglio non correre rischi»
In che senso?

Che nei primi anni (2020 e 2021, ndr) c’erano molti casi di false positività e negatività. Quindi atleti che risultavano negativi dopo qualche ora erano invece positivi e viceversa. Adesso è tutto più lineare, ad una positività anche leggera segue una conferma nel giro di poche ore.

Quindi si fanno più test?

Una volta effettuato il primo e rilevata la positività se ne effettua un altro poche ore dopo. Il corridore viene messo a riposo e nel corso dei giorni in cui è a casa ripete il test in autonomia ogni due o tre giorni, fino alla negativizzazione. 

Il protocollo prevede ancora lunghi stop? 

No siamo nel corso di cinque o sei giorni di fermo dall’attività sportiva. Una volta negativo il corridore viene sottoposto ai test cardiaci che dicevamo prima. Questi sono: elettrocardiogramma a riposo, sotto sforzo e ecocolordoppler cardiaco. Sono gli stessi esami che si effettuavano nel programma “return to play”. 

Gaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, ma sarà comunque al via del Tour
Gaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, ma sarà comunque al via del Tour
Se l’atleta li supera?

Semplice, torna in mano ai preparatori e rincomincia con il piano di allenamento. 

Pensa che la non partecipazione di Kuss al Tour de France sia corretta?

Sì, non c’era altra via. A parte che avrebbe dovuto negativizzarsi, ma comunque a pochi giorni dal via del Tour non ci sarebbe stato modo di fare i test cardiaci necessari. E’ più un discorso di precauzione e di tutela, prima dell’atleta stesso e poi dei compagni. 

L’aumento dei casi in gruppo a cosa è dovuto?

Semplicemente ad un abbassamento, naturale, delle misure difensive che si adoperavano in tempi di pandemia. Banalmente non utilizziamo più le mascherine o comunque frequentiamo posti molto affollati.

Per il dottor Magni siamo lontani dal ritorno di protocolli rigidi come nel periodo di pandemia
Per il dottor Magni siamo lontani dal ritorno di protocolli rigidi come nel periodo di pandemia
C’è il rischio del ritorno delle mascherine e della famosa bolla?

Non direi. Anche perché non avrebbe molto senso. Se si tornasse ad utilizzare le mascherine in squadra questa misura cadrebbe nel momento in cui si è a contatto con la gente. Dovremmo tornare alla bolla, ma penso sia impossibile, noi come squadra cercheremo di fare maggiore attenzione. E’ un discorso legato al fatto che se un atleta si ammala poi il rischio è che contagi la squadra e che ci si ritiri dalla corsa. 

Quindi per il Tour avete precauzioni particolari?

Siccome è una corsa che attira tanta gente e avremo degli eventi con ospiti interni alla squadra chiederemo dei test negativi. Se qualcuno dovesse arrivare senza mi preoccuperò io di farglielo.

Tour: inizio nervoso verso Bologna. Bramati avverte Remco

28.06.2024
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FIRENZE – Domani scatta il Tour de France, il primo per Remco Evenepoel. Il campionissimo della Soudal-Quick Step è chiamato ad una grande sfida. Una sfida che ha voluto a tutti i costi, nonostante il percorso del Giro d’Italia fosse praticamente perfetto per lui. Ma proprio di percorsi parliamo in questi articolo.

E lo facciamo con Davide Bramati, uno dei diesse della squadra belga. Parliamo in particolare delle prime frazioni e di come Remco potrà affrontarle. Frazioni delicate, in quanto nervose sia planimetricamente che altimetricamente. Senza contare che l’adrenalina sarà a mille per tutti.

L’ex iridato è tornato in gara al Delfinato, dove ha vinto la crono, ma poi ha ammesso di aver fatto fatica in montagna, anche se secondo lui era tutto previsto.

«Se va tutto bene posso entrare nei primi cinque», ha detto Evenepoel. Noi crediamo aspiri a qualcosa di più, in ogni caso per centrare quell’obiettivo è importante che le cose vadano bene sin da subito.

Bramati con Evenepoel nel 2023 quando il belga sfoggiava la maglia iridata. Remco è al suo quinto grande Giro
Bramati con Evenepoel nel 2023 quando il belga sfoggiava la maglia iridata. Remco è al suo quinto grande Giro
Davide, prima di tutto come sta Remco?

So che sta bene così come la squadra. Si è ben preparato. I ragazzi del Tour sono insieme dal Delfinato ormai e sono tutti piuttosto motivati. Sono stati insieme verso Isola 2000 in quota per fare altura e gli ultimi sopralluoghi.

Il percorso del Tour de France è duro nel suo insieme e si parte con tre tappe italiane affatto banali…

Le prime due tappe non sono facili, è vero, specie per essere l’inizio di un grande Giro. Già alla prima frazione c’è un grande dislivello, parliamo di quasi 4.000 metri ed entrambe sono sui 200 chilometri (206 la prima, 199 la seconda, ndr). In questi due giorni da quando siamo arrivati a Firenze abbiamo iniziato a parlare del modo in cui affrontarle.

La seconda tappa del Tour va da Cesenatico a Bologna: 199,2 km e 1.850 metri di dislivello
La seconda tappa del Tour va da Cesenatico a Bologna: 199,2 km e 1.850 metri di dislivello
In particolare la seconda tappa potrebbe essere ideale per Remco. Si fa il circuito del San Luca che lo ha già visto protagonista al Giro dell’Emilia. Cosa ne pensi?

Quella di Bologna e quindi del San Luca è certamente una gran bella tappa. Immagino che chi prenderà la maglia gialla il giorno prima vorrà controllare bene la corsa e tra i big ci sarà grande controllo. Sarà importante prendere davanti il primo San Luca soprattutto. Ci sarà grande bagarre per questo. Tra l’altro sono strade che tutti i ragazzi conoscono in quanto si fanno al Giro dell’Emilia.

Evenepoel ha già visto il tracciato?

Sì, ha visionato queste frazioni a suo tempo, ma come detto, in particolare per la seconda tappa anche per lui vale il discorso dell’Emilia che tanti già conoscono. Ma è motivato e ci si lavorerà bene tutti insieme.

Visto come è andata la prima tappa del Giro d’Italia e che Pogacar ha già detto di voler fare bene sin da subito, che corsa ti aspetti nella prima frazione e di fatto in questa due giorni?

Di sicuro la UAE Emirates è il faro della corsa. Schiera i migliori atleti e per questo bisognerà vedere cosa vorrà fare lei sin dal primo giorno. Presumo punteranno sin da subito Vingegaard. Il danese non corre da due mesi, vorranno stanarlo, metterlo alla prova per capire come sta. E anche da come hanno corso e da quel che ho visto al Giro di Svizzera correranno d’assalto.

Remco Evenepoel e Jonas Vingegaard insieme sul San Luca: era il Giro dell’Emilia 2021. Il duello si rinnoverà domenica?
Remco Evenepoel e Jonas Vingegaard insieme sul San Luca: era il Giro dell’Emilia 2021. Il duello si rinnoverà domenica?
In effetti questa su Vingegaard è una bella visione. Anche se dovesse stare bene, gli mancherebbe il ritmo gara. Ci sta che vogliano subito provare a metterlo in difficoltà…

Il Tour è lungo, è duro ed è la corsa più importante che c’è. Non è facile per nessuno. Voi qui parlate di prima e seconda tappa, ma perché la quarta? Con quelle salite (si fa anche il Galibier, ndr) si vede subito chi è in condizione e chi no. E poi è anche una tappa breve, appena 139 chilometri. Ne vedremo delle belle.

Hai parlato di montagna: chi sarà il “treno” di Remco per la salita?

Landa, chiaramente, l’ultimo uomo, quello che gli starà vicino più a lungo. Poi Van Wilder, che ha lavorato molto bene. Abbiamo portato Hirt, che è uscito forte dal Giro. E infine Vervaeke. Tutti loro gli dovranno stare vicino in salita il più possibile. E poi ci sono gli altri.

Che dovranno lavorare in pianura…

Esatto. Moscon, Casper Pedersen, Lampaert… che saranno importanti già verso Bologna, proprio per prendere davanti il San Luca. Queste prime due frazioni sono entrambe difficili, ma forse la seconda è più nervosa ancora.

Pogacar e Vingegaard, Tour cominciato tra rivelazioni e frecciate

27.06.2024
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FIRENZE – Il tempo che Roglic raccontasse di quanto si senta gratificato nel fare parte del progetto Red Bull e di quanto sarà elevato il livello dello scontro, e nella sala del Consiglio Comunale entra Tadej Pogacar. Il solito sorriso gentile, lo sguardo apparentemente distratto e un saluto ogni volta che incontra un volto conosciuto. Pur non essendo il vincitore uscente, attorno allo sloveno si respira una certa aria di predestinazione, che lui con il solito candore neppure cerca di sviare.

Il programma delle conferenze stampa segue serrato, per cui dopo il vincitore del Giro arriverà Vingegaard e finalmente conosceremo o cercheremo di capire le sue condizioni. Nelle strade che da Piazza della Signora conducono a Piazzale Michelangelo si sussegue il passaggio delle squadre, sospinte dal tifo della gente.

Non tutto rose e fiori

Intanto parla Pogacar e sembra che la magia del Giro non si sia mai interrotta, anche se rispetto ai racconti di Matxin, scopriremo presto che nelle ultime settimane la vita non è stata così fiabesca.

«Sono dove voglio essere – dice la maglia rosa – la prima settimana dopo il Giro è stata un bel periodo. Un po’ di relax e poi ho iniziato la preparazione per il Tour de France. E’ passato tutto molto velocemente e sono super felice di essere già qui. Vedremo sin dalle prime tappe chi ha le gambe ed è in buona forma. Mi aspetto che tutti lo siano e che non sia io l’unico da guardare.

«Avevo già iniziato ad allenarmi duramente – ora il tono cambia di colpo – quando sono tornato a casa a causa della morte di mio nonno. Sono andato per stare vicino alla famiglia. Un lungo viaggio, lo so, ma era importante per me. E poi, quando sono tornato in ritiro, dopo qualche giorno ho preso il Covid, ma alla fine non è stato troppo impegnativo. Penso che il virus non sia più grave come qualche anno fa, soprattutto se l’hai già avuto. Io credo di averlo avuto un paio di volte ed evidentemente il mio corpo si è abituato a conviverci. Sono stato per un giorno intero senza bici, il giorno dopo mi sono allenato sui rulli e poi, visto che ero di nuovo in salute, ho ripreso con il normale programma».

Gli errori pagati caro

Le domande si susseguono, il baccano della piazza costringe a chiudere le finestre. Lui tiene testa a ogni argomento, col sorriso leggero di chi non ha paura. Nemmeno quando gli chiedono da dove nasca la sua grinta, visto che sembra venire da un’infanzia tutto sommato facile, e lui risponde che magari qualcosa è successo e lo ha rimosso. Magari gli sarà morto un pesce rosso…

«Penso che la mia relazione con Vingegaard – riprende – sia qualcosa di straordinario. Ci incontriamo sempre più o meno una volta all’anno, di luglio. Apprezzo molto questa rivalità perché lo rispetto molto ed è bello vederlo alla partenza. Penso che sia pronto, altrimenti non sarebbe venuto. Non vedo l’ora di cominciare e cercheremo di fare di nuovo un grande spettacolo, sperando questa volta di invertire le maglie. Dovrò essere bravo a non commettere errori. Negli ultimi due anni ne ho fatti e li ho pagati. Fisicamente penso di essere pronto, poi sarà tutto un gioco mentale. Tre settimane sono un tempo pazzesco per correre e restare in forma. Se il Tour dello scorso anno fosse stato una classica o la corsa di una settimana, probabilmente avrei avuto la forma migliore della mia vita. Invece ho scoperto che tre settimane erano troppo lunghe per il mio corpo. Adesso sto bene, ma può succedere di tutto. Bisognerà stare attenti a ogni dettaglio.

«Penso che quest’anno avremo una grande competizione – riprende – vincere il Giro è stato piuttosto difficile, ma qui troveremo un clima profondamente diverso. Il Tour è sempre una delle gare più calde. Però ogni anno che passa, lo affronto diversamente. Sto migliorando e adesso vedo che non mi piace più il grande freddo e questo non accadeva di certo due anni fa. Per contro, sono migliorato molto con il caldo. Penso di essere pronto per questa calda estate».

Incognita terza settimana

Quando arriva Vingegaard, ha accanto anche Wout Van Aert e Fabio Jorgenson. Questo qui, pensiamo guardandolo camminare tutto dinoccolato, ha vinto gli ultimi due Tour. La caduta dei Baschi lo ha fermato a lungo, ma da qualche tempo, leggendo le dichiarazioni e parlando con i corridori, ci è venuto il sospetto che il danese sia molto più in forma di quanto voglia far credere.

«Sono semplicemente felice di essere qui – dice – alla partenza del Tour de France. Penso che sia già una vittoria, sono molto felice e in attesa di cominciare. La parte più difficile di tutto ciò è stato tornare allo stesso livello. Ho dovuto fare una lunga sosta e aspettare che ogni ferita guarisse prima di potermi allenare adeguatamente. Una cosa è iniziare a pedalare, un’altra quando puoi cominciare il vero allenamento. Quindi spero di aver messo insieme una condizione che mi permetta di arrivare alla terza settimana».

Da Piazza della Signoria, in bici fino a Piazzale Michelangelo, così Firenze ha abbracciato gli eroi
Da Piazza della Signoria, in bici fino a Piazzale Michelangelo, così Firenze ha abbracciato gli eroi

Con Pogacar zero rapporti

Non dice tanto, non sembra avere voglia di sbottonarsi. Tanto è solare il suo avversario per quanto capace di tenersi tutto dentro il danese che finora ha sempre risposto agli scatti frizzanti dell’altro con legnate di poche parole. Sono diversi anche sulla bici.

«Per me è una novità che Tadej abbia avuto il Covid – risponde – me lo state dicendo voi ora, non ho mai saputo come fosse la sua salute. Non abbiamo un grande rapporto, non ci siamo mai sentiti dopo il mio incidente. Ma credo che dal momento che arriviamo qua, siamo tutti nella stessa situazione. All’inizio della gara dovrò solo lottare per resistere e più avanti troverò i numeri giusti. Lo scopriremo nei prossimi giorni.

«Ho fatto un sacco di lavoro, un sacco di buon lavoro e non sono messo male, anche se la stampa è stata spesso negativa circa le mie possibilità. Ho affrontato gli ultimi tre mesi consapevole che fosse il momento più duro della mia carriera. In certe situazioni pensi solo a reagire piuttosto che a dispiacerti per te stesso ed è quello che ho fatto con la mia famiglia, provando tutto il possibile per prepararci a questa gara».

La speranza di vincere

Anche Van Aert tutto sommato racconta la sua risalita faticosa dalla caduta. Spiega di avere ancora qualche timore a buttarsi in volata e aggiunge che di certo sarà di aiuto nelle tappe di pianura e in salita se la condizione dovesse migliorare.

«Se farò risultato – sospira Vingegaard prima di alzarsi – sarò molto felice. Se non ci fosse stata la caduta, direi sicuramente che sono qui per la vittoria. Ma ovviamente negli ultimi tre mesi le cose sono cambiate. Per cui, certo, ho ancora la speranza di essere abbastanza forte. Almeno da lottare per la vittoria…».

Se ne va anche lui, se ne vanno tutti. Palazzo Vecchio ribolle di computer e giornalisti, mentre in Piazza della Signoria sfilano le ultime squadre verso Piazzale Michelangelo. Sta per cominciare il Tour de France numero 111 e salperà le ancore da Firenze. Come ha detto giustamente Bettiol, belle tutte le partenze, ma Firenze è Firenze…

Una nuova Emonda? No, arriva la Trek Madone generazione 8

27.06.2024
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MADRID (Spagna) – La Trek Madone 8 è una nuova bici, che porta con sé un nuovo carbonio di altissima gamma per Trek e diventa un simbolo in fatto di interpretazione delle bici leggere, veloci e ovviamente aero.

Carbonio OCLV900, design che richiama fortemente la Madone della generazione precedente e integrazione ai massimi livelli. Il tutto con un migliore comfort, ancora più sfruttabile in diversi contesti ed è leggerissima. Entriamo nel dettaglio, anche grazie al contributo di Jordan Roessingh, capo ingegnere di Trek.

Primo test nel dicembre 2022

«Eravamo ancora nella Trek-Segafredo. Il primo test su strada è stato fatto nel dicembre 2022 – ci racconta Roessingh – non su una sola bicicletta, perché ai corridori abbiamo fornito 3 opzioni diverse. Ognuna di queste aveva lo stesso carbonio, ma con laminazioni differenti. Una rigidissima, una più bilanciata, la terza votata al comfort, il tutto senza fornire indicazioni particolari agli atleti.

«Una bici bianca – prosegue sorridendo Roessingh – senza scritte e con il montaggio standard. Il risultato? Tutti i corridori, uomini e donne hanno scelto la configurazione che ci piace definire intermedia, o meglio, quella che ha mostrato il bilanciamento ottimale tra rigidità e comfort, tra rigidità e peso ridotto, quindi non quella più estrema. Il primo passo ufficiale verso la Madone che vediamo oggi, quella della generazione 8».

Jordan Roessingh, capo ingegnere di Trek
Jordan Roessingh, capo ingegnere di Trek

Stessa bici per professionisti e amatori

«La Trek Madone della generazione 8 che ha debuttato al Delfinato e che in modo ufficiale è al Tour -continua Roessingh – è la medesima che si trova nel catalogo e acquistabile. Non c’è nessuna differenza. La Madone 8 non sostituisce la Emonda che rimane in catalogo, anche se in termini di mercato una sovrapposizione è possibile, ma tecnicamente abbiamo una bici più veloce della stessa Emonda, più leggera e maggiormente efficiente quando la strada sale, se messa a confronto con la Madone 7. In sostanza, la nuova Madone punta ad unire gli utilizzatori Emonda a quelli più orientati ad una bici aerodinamica».

Nuova Madone, più leggera a prescindere

La nuova Trek Madone, a parità di allestimento, è più leggera della Emonda attuale, con un risparmio di 320 grammi di peso se messa a confronto con la Madone della generazione 7. Rispetto alla Emonda è molto più veloce, perché sfrutta l’aerodinamica della piattaforma Madone, con il vantaggio che è maggiormanete versatile e sfruttabile anche nelle condizioni di salita dura.

Per gli amanti dei numeri e dei dati: rispetto alla Emonda guadagna 77 secondi su un’ora, a pari velocità e in posizione ribassata sul manubrio. Al tempo stesso ha un’elasticità verticale migliorata dell’80% rispetto alla Madone e del 24% rispetto alla Emonda, ecco perché è più comoda e anche più stabile. Il valore alla bilancia dichiarato per la SLR in taglia 56 è di 765 grammi per il telaio, 370 per la forcella.

Come è fatta

Il design di ogni singola tubazione è differente dalla Madone precedente (e cambia anche tra le taglie più piccole e quelle grandi), anche se l’accostamento visivo è immediato. La presenza dell’IsoFlow è lampante e dice molto. Utilizza il carbonio OCLV900 (per la versione top di gamma SLR, mentre la SL adotta l’OCLV500 con una laminazione del carbonio variata rispetto al passato), una prima in casa Trek. Sono stati cambiati gli stampi per la produzione dei monoscocca, operazione che ha obbligato a differenti variazioni nei processi di posa delle pelli di carbonio. La forcella è un singolo pezzo di carbonio, senza giunzioni.

Il nuovo pacchetto RSL include anche i portaborraccia, borracce che seguono le forme di piantone ed obliquo (ma compatibili con le classiche borracce rotonde) e un manubrio integrato con flare di 3 centimetri. La geometria è la H1.5 per le sei taglie: xs, s e m, ml, l e xl. Sono comunque disponibili 4 diverse lunghezze di reggisella, con arretramento, oppure con zero off-set. Si è optato per il forcellino UDH per il supporto del cambio posteriore. La scatola del movimento centrale segue il filone utilizzato per le ultime generazioni delle road di Trek, perché è di natura T47.

Gli allestimenti

Come accennato in precedenza le versioni sono due, la top di gamma SLR con il carbonio OCLV900, che adotta anche il manubrio Aero RSL Road (con una svasatura di 3 centimetri tra il punto di innesto dei manettini ed il terminale inferiore della piega) e Trek Madone con il carbonio OCLV500 (che porta in dote il cockpit separato stem+piega).

Al top del listino troviamo le due Madone SLR9, la prima con suffisso AXS che adotta la trasmissione Sram Red AXS, la seconda con il pacchetto Shimano Dura Ace (rispettivamente a 13.999 e 13.499 euro). Entrambe hanno le ruote Bontrager Aeolus51 e i rispettivi power meter. Inoltre queste due versioni montano i tubeless Pirelli, come delle vere team replica Lidl-Trek. Si scende di una gradino per passare alle SLR7, la prima con Shimano Ultegra, la seconda con lo Sram Force AXS (quest’ultima con il power meter Quarq e rispettivamente a 8.999, 9.499 euro). Entrambe hanno sempre le ruote Bontrager 51, ma della serie Pro.

Per quanto riguarda le Madone SL (tutte con le ruote Bontrager Pro), c’è la 7 con Shimano Ultegra (6.659 euro di listino), le due SL6 con Shimano 105 Di2 e Sram Rival AXS (rispettivamente a 5.129 e 5.639, quella AXS include il misuratore di potenza) e la SL5 con ruote Bontrager Paradigm in alluminio (3.589 euro di listino). Per entrambe le versioni sono disponibili anche i frame-kit: SLR a 5.129 euro, mentre SL a 3.069 euro.

Trek

Qualche punto interrogativo, ma Visma pronta: parola di Affini

27.06.2024
6 min
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Sono pronti a partire con il numero uno e a difendere la maglia gialla. Sono uno dei quattro “dream team” del Tour de France: sono i ragazzi della Visma-Lease a Bike. Della corazzata olandese non farà parte un pezzo importante, Edoardo Affini. Ma il mantovano, “da fuori”, ci aiuta ad analizzare bene la sua squadra e come si pone in relazione alle altre.

Affini in autunno, quando si fanno i programmi in base anche ai percorsi, era stato inserito nella lista lunga del Tour, tanto più che Wout Van Aert e Olav Kooj avrebbero preso parte alla corsa rosa. Poi le cose sono cambiate strada facendo e si è ritrovato, giustamente come sostiene anche lui, al Giro. Ma ora è tempo di Tour de France…

Affini (al centro) al termine del Giro d’Italia. Ora il mantovano è in fase di recupero
Affini (al centro) al termine del Giro d’Italia. Ora il mantovano è in fase di recupero
Al netto del forfait all’ultimo minuto per Covid di Sepp Kuss, la Visma-Lease a Bike resta uno squadrone, Edoardo…

Penso che sulla carta, i corridori che vanno in Francia costituiscono una bella selezione. Ci sono tanti campioni, anche se non mancano dei punti interrogativi.

Ti riferisci a Jonas Vingegaard?

Onestamente non conosco le condizioni di tutti. C’è da vedere un po’ come sta ovviamente Jonas, ma anche come sta Wout Van Aert. Sappiamo che se Wout sta in una certa maniera può essere fondamentale in ogni senso, come uomo jolly e come gregario per Jonas. Non penso sarà quello
del Tour del 2022… mettiamola così. E ci starebbe tranquillamente visto l’infortunio che ha avuto e  il percorso di recupero che ha fatto. Potrebbe non essere nella condizione migliore di sempre. Però è sempre Van Aert.

E Vingegaard?

Spero che Jonas vada in crescendo durante la corsa, però le sue condizioni al momento sono difficili da capire. Presumo siano abbastanza buone, altrimenti non l’avrebbero portato.

Lui quando ha ripreso realmente a pedalare?

Onestamente non lo so, è non è perché non lo voglio dire. Non conosco precisamente le tempistiche. Ad aprile avrà fatto qualche pedalata sui rulli, giusto per muovere le gambe e vedere come rispondeva il corpo. Ma sicuro, prima di maggio non è montato in bici.

Due leader, ma stavolta, anche due incognite. Cosa faranno vedere Vingegaard e Van Aert? (foto Instagram)
Due leader, ma stavolta, anche due incognite. Cosa faranno vedere Vingegaard e Van Aert? (foto Instagram)
Manca Kuss e Van Aert e Vingegaard non danno le solite certezze, Matteo Jorgenson invece sì. Può essere il jolly come ha detto anche il vostro capo? O sarà il gregario di lusso?

Può essere una pedina fondamentale per Jonas, ma io lo vedo bene anche come mina vagante per qualche tappa se ne avrà la possibilità. Tra i selezionati Jorgenson è quello che ha dimostrato la forma migliore ed è stato anche il più costante. E’ stato protagonista in primavera e si è giocato il Delfinato fino all’ultima tappa, quindi credo che si possa considerare come il corridore che dà più certezze.

Tra i punti interrogativi c’è anche Laporte…

Anche Christophe, bisogna vedere dopo il Giro come si è ripreso. Lui era caduto. Il modo e il tempo per recuperare bene e di prepararsi per il Tour lo ha avuto.

Tu, Edoardo, corri in uno di questi squadroni e al tempo stesso ci corri contro. Dov’è siete più forti? E dove invece pagate qualcosa? La UAE Emirates ha molti capitani…

E secondo me avete già centrato il nocciolo della questione. Se prendete i suoi singoli corridori la UAE è superiore… per la classifica. Sono tutti corridori che in altre squadre potrebbero puntare al podio. Forse noi siamo più squadra. Che poi anche lì è tutto da vedere, perché bisognerebbe essere in quel team e vederne le dinamiche interne. Noi della Visma-Lease a Bike siamo un po’ più completi su tutti i terreni. E abbiamo un obiettivo “più unico”.

“Più unico” rende bene l’idea…

Siamo più centralizzati su uno o massimo due obiettivi. Non abbiamo quattro corridori che fanno classifica. Siamo più votati ad una causa, mettiamola così.

Non abbiamo nominato Tratnik: lo sloveno dà garanzie su molti terreni. Un’arma in più per la Visma
Non abbiamo nominato Tratnik: lo sloveno dà garanzie su molti terreni. Un’arma in più per la Visma
Anche Bora-Hansgrohe e Ineos Grenadiers hanno le spalle larghe. Dove si possono battere? E dove daranno fastidio?

La Bora al Giro si è dimostrata una bella squadra. Ha fatto vedere di saper correre per il proprio capitano, in quel caso Martinez. Con Primoz hanno ovviamente uno dei candidati maggiori per vincere il Tour o comunque per il podio. L’unico punto di domanda può essere il fatto che Roglic e altri sono nuovi in squadra e magari hanno bisogno ancora di un filo di rodaggio. Sono aspetti che sembrano semplici, ma un po’ di tempo lo richiedono.

Anche Roglic e Gasparotto lo avevano detto dopo la Parigi-Nizza…

Siamo tutti professionisti e sappiamo cosa fare, però quel tocco in più, quello 0,5 per cento che magari ti fa dare qualcosa in più, quella comunicazione in meno che serve per prendere una decisione veloce al momento giusto… magari non ce l’hanno ancora. Se Roglic se ne è reso conto è perché veniva da 10 anni consecutivi nel nostro team e lì conosceva ogni cosa come le tue tasche.

Della Ineos invece cosa ci dici?

Sono storicamente abili nel vincere grandi Giri. Nell’ultimo periodo gli è mancato il fuoriclasse, soprattutto dopo quello che è successo a Bernal, però ragazzi hanno Thomas che è un corridore fantastico. Ha vinto un Tour. A 38 anni è ancora lì la lottare, guardate che Giro d’Italia ha fatto. Per me ha fatto un Giro esagerato. Ecco, nel suo caso bisogna valutare il recupero post Giro.

Bernal cosa può dare secondo te a questa squadra in questo momento e con quei compagni?

Per quello che abbiamo visto nella prima parte di stagione, mi è sembrato in crescita ad ogni corsa. Al Delfinato è andato forte. Ma  un po’ come in UAE Emirates anche lì sono tanti: Bernal, Thomas, Pidcock, Carlos Rodriguez… Non so chi di loro vorrà fare classifica, ma di certo sono un bel blocco. E con corridori simili ti puoi giocare anche diverse carte in base a come si mette la corsa. Puoi portare in avanscoperta uno ed aspettare con quell’altro. Hanno più opzioni. E poi, ripeto, sono esperti. Loro possono inventarsi qualcosa… sicuramente.

Kuss è uno degli scalatori più forti e mancherà molto alla causa della Visma – Lease a Bike
Kuss è uno degli scalatori più forti e mancherà molto alla causa della Visma – Lease a Bike
Torniamo a voi, Edoardo. Hai parlato di blocco, qual è il vostro blocco per la salita? Tanto più ora che manca Kuss?

Senza Sepp, l’ultimo uomo dovrebbe essere Jorgenson. Poi ci sarà Wilco Kelderman che se sta bene va veramente forte, credetemi. E anche il sostituto di Sepp, Bart Lemmen, non è affatto male. Magari dovrà prenderci un po’ la mano, soprattutto perché è la sua prima partecipazione.

Kuss è una mancanza grossa…

Penso di poter dire, se parliamo solo scalatori, che se non è il migliore del mondo è tranquillamente nei primi cinque. Sepp sa come si va in salita, è il suo terreno, sa scandire il passo come pochi altri e a diverse velocità. Quindi è chiaro che è una perdita pesante. E non è un caso che in tutti i grandi Giri che abbiamo vinto lui era presente.

Chi sarà il regista in corsa?

Di solito è Tiesj Benoot. Ma penso che anche Van Aert possa ricoprire quel ruolo lì.

Gioia Bartali, nel nome del nonno

27.06.2024
5 min
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Da molti anni ormai Gioia Bartali è impegnata a tenere viva la memoria del nonno Gino. Presenzia a serate, incontri con le scuole, eventi di ogni tipo in cui porta avanti i valori che hanno fatto diventare Ginettaccio “Giusto delle Nazioni”, oltre che uno dei corridori più vincenti e amati della storia. Per lei quindi questi sono giorni speciali, con l’imminente partenza del Tour de France da Firenze proprio in ricordo di Gino Bartali.

Gioia, questi saranno giorni fittissimi di impegni per voi della famiglia Bartali. Come sta andando l’avvicinamento alla Grande Partenza del Tour de France dedicata a suo nonno?

Sono stata l’altro giorno alla presentazione a Firenze invitata da Giancarlo Brocci, l’ideatore dell’Eroica di Montalcino e quindi bartaliano DOC, se vogliamo dire così. Lunedì mattina c’è stata una prima cerimonia ad Assisi, da dove dei ragazzi venuti da Israele sono partiti per commemorare la figura del nonno. Hanno percorso in bici la strada da Assisi a Firenze, la stessa che lui ha affrontato sotto il nazifascismo per aiutare gli ebrei perseguitati durante la guerra. Appartengono tutti all’organizzazione “Bartali – Youth in Movement”, delle vere e proprie scuole in cui i ragazzi uniscono la scuola e il ciclismo.

Ci dice qualcosa di più di quest’organizzazione?

Si tratta di un progetto nato dopo la partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme nel 2018. E’ stato concepito e portato avanti ancora oggi dall’allora direttore della Israel Cycling Academy Ran Margaliot. Anche l’anno scorso ero stata a visitare uno dei centri dove vivono e studiano questi ragazzi. Poi siamo state nuovamente allo Yad Vashem, il Memoriale della Shoah di Gerusalemme. Insomma, anche in Israele c’è un buon percorso di memoria per il nonno. E’ una figura che lì è ancora molto rispettata e ricordata.

E poi come è andata avanti la sua settimana?

Da Assisi mi sono spostata a Firenze, per la precisione nel comune di Bagno a Ripoli, dove martedì c’è stato un evento dedicato a Bartali e a Gimondi. C’era anche Norma Gimondi ed è stato sicuramente un altro bellissimo momento legato allo sport e al ricordo di questi due grandi nomi. A seguire, ieri nel giardino della Sinagoga di Firenze c’è stato un momento di commemorazione organizzato dalla Israel-Premier Tech in onore del nonno, cui hanno preso parte i corridori che parteciperanno al Tour con tutto lo staff.

Quel che resta di Gino Bartali (1914-2000) sono le vittorie, la fede e l’eroismo nel salvare decine di ebrei durante la Guerra
Quel che resta di Gino Bartali (1914-2000) sono le vittorie, la fede e l’eroismo nel salvare decine di ebrei durante la Guerra
E oggi?

Andrò alla presentazione ufficiale delle squadre, invitata dalla Regione Emilia-Romagna. Ero già stata loro ospite qualche tempo fa alla Stazione Centrale di Bologna per l’inaugurazione del treno che Trenitalia ha voluto dedicare alla figura di Pantani, Bartali e Coppi, anche quello un evento bellissimo. Dopodiché andremo alla partenza di sabato e ci godremo il passaggio a Ponte ad Ema, la città natale di mio nonno, dove è presente un museo dedicato a lui.

La Grande Partenza sarà anche l’occasione per ricordare anche altri grandi nomi del passato. Oltre a suo nonno, Gastone Nencini e Ottavio Bottecchia, Fausto Coppi e Marco Pantani…

Certamente, figure altrettanto importanti. Io personalmente sono anche molto vicina alla famiglia Nencini e sono molto felice che i corridori passeranno dalle parti del Mugello per ricordarlo. La Toscana ha veramente regalato tanto a questo sport secondo me, dei campioni di un’eccellenza assoluta. Hanno portato avanti il vero senso del ciclismo, del ciclismo davvero eroico, dei tempi in cui pedalare era un’impresa a tutti gli effetti, qualcosa che andava oltre lo sport. Ciò che mi rende orgogliosa di mio nonno è che ha trasmessi grandissimi valori. Io sono molto attiva anche nelle scuole. Mi invitano spesso perché Gino Bartali continua ad essere un personaggio molto amato anche al di fuori dall’ambito ciclistico. Per quello che ha fatto durante la guerra, per l’esempio che rappresenta per i giovani…

Gioia è molto presente anche nelle scuole: il messaggio di Gino è molto sentito (foto Facebook/Gioia Bartali)
Gioia è molto presente anche nelle scuole: il messaggio di Gino è molto sentito (foto Facebook/Gioia Bartali)
A questo proposito, cosa vuol dire per voi della famiglia essere protagonisti in un momento così particolare, che renderà omaggio alla figura di suo nonno in tutto il mondo?

E’ un evento molto speciale per tutti noi della famiglia. Mio papà avrebbe desiderato che fosse possibile già per i cento anni dalla nascita del nonno, ma allora ancora i tempi non erano maturi. Per questo mi rende particolarmente felice poter esserci, per ricordare anche mio padre Andrea che negli anni si è speso moltissimo per portare avanti la memoria di Gino. Dire che noi della famiglia siamo orgogliosi è riduttivo. E’ un grandissimo onore che un evento come il Tour de France dedichi la partenza a nostro nonno. Qualcosa di davvero, davvero memorabile.

Passo per passo fino a Parigi: i giorni di Ganna spiegati da Cioni

27.06.2024
6 min
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Dal 2 luglio in Austria inizierà l’ultima corsa di preparazione di Filippo Ganna, che si concluderà cinque giorni dopo: venti esatti prima della cronometro olimpica di Parigi del 27 luglio. Dopo il campionato italiano su strada, chiuso al quarto posto su un percorso molto duro per le sue caratteristiche, il piemontese è tornato a lavorare in pista. E noi abbiamo approfittato dei pochi giorni prima del Tour of Austria per fare il punto della situazione con il suo allenatore Dario Cioni. Curiosamente, parlando di crono olimpica, nella Ineos Grenadiers correranno l’Austria anche Tobias Foss e Magnus Sheffield: due che con le loro nazionali saranno in lizza per le stesse medaglie.

«L’Austria è l’unica corsa a tappe per quelli che non fanno il Tour – spiega Cioni – e che hanno ancora del lavoro da fare. Non è neanche per il prologo, che forse si farà con la bici da strada, ma per quegli 800 chilometri di gara in cui si potrà lavorare cercando anche il risultato. Filippo ha appena concluso due giorni di lavoro in pista e poi uno di volume su strada. Se facesse tre giorni in velodromo, ne uscirebbe troppo stanco e senza portare a casa qualcosa di utile».

Il rendimento di Ganna in salita al tricolore è la somma dei lavori del Giro, dell’altura e della pista
Il rendimento di Ganna in salita al tricolore è la somma dei lavori del Giro, dell’altura e della pista
Ti aspettavi che andasse così forte nella gara tricolore su strada?

Dopo il Giro ha lavorato un po’. Ha assorbito il lavoro, poi è stato in altura e ha fatto un po’ di specifico. La settimana prima, sceso dall’altura era stato anche in pista. La vittoria del tricolore crono e quel quarto posto sono stati il risultato di tutto messo insieme.

Come mai in pista fa blocchi di due giorni e non più di tre?

Nei primi tempi si era iniziato con blocchi più lunghi, però proprio da Tokyo in avanti non si sono più ripetuti. In pista fai tanta qualità e secondo noi il terzo giorno si inizia a pagare. Ogni tanto ha rifatto anche tre giorni, non c’è una preclusione, ma volendo lavorare bene è meglio farne due per dedicarsi poi a un lavoro di volume. Quindi di fatto sono triplette, ma col terzo giorno su strada.

Il Tour of Austria ha le sue belle salite: può essere gestito oppure la corsa è corsa?

La corsa è corsa, non puoi prevedere più di tanto, a meno di non decidere che in qualche giorno particolare tiri a salvarti. Magari decidi che su cinque giorni, due li fai a tutta, due stai in gruppo e uno salvi la gamba o comunque cerchi di arrivare al traguardo avendo ancora energie nel serbatoio. Però non puoi gestirti come quando sei in allenamento e stabilisci quando lavorare in soglia e quando al medio. In gara dipende anche dagli altri, con la fortuna che non dovendo fare classifica, hai la possibilità di non andare ogni giorno fuori giri.

Il leit motiv di tutto l’anno ha visto Ganna e gli azzurri alternarsi fra strada e pista
Il leit motiv di tutto l’anno ha visto Ganna e gli azzurri alternarsi fra strada e pista
Dopo i campionati italiani, Ganna ha detto che a casa avrebbe usato la bici da crono simulando situazioni di gara.

Ha iniziato a farlo a Livigno, dove aveva quella nuova e l’ha usata un po’ di volte. Con lui grosse necessità non ci sono, perché passa molto bene da una bici all’altra. In pista ad esempio ha le stesse misure della bici da crono e poi comunque, essendo uno specialista, si adatta facilmente alla posizione. E comunque, se dovesse esserci da fare una sessione sui rulli perché fuori piove, molto probabilmente la farebbe con la bici da crono invece che con quella da strada.

Capita mai di fare dietro moto con Ganna sulla bici da crono?

E’ un po’ difficile, bisognerebbe andare a 70-80 all’ora e sulle strade statali sarebbe rischioso, in caso del minimo imprevisto. Servirebbe una superstrada, ma sono più problemi che altro. Tendenzialmente lui sulla bicicletta da crono, specialmente se è un allenamento assistito, cioè con qualcuno dietro, tende a fare il lavoro specifico e recupera fra un intervallo e l’altro. O al massimo capita di fare una salita, se vuole farla in posizione.

Avete già tutti i riferimenti che servono per il percorso di Parigi oppure è qualcosa che toccherà a Velo quando saranno là?

Il pacing, il ritmo di pedalata, l’ho sempre gestito io, anche nel mondiale e gli altri eventi con la nazionale, con la collaborazione che c’è sempre stata. Marco (Velo, ndr) fa soprattutto la parte esecutiva e gestisce l’avvicinamento nei giorni immediatamente prima, essendo il responsabile del settore crono. Abbiamo sempre fatto così, perché sarebbe assurdo cambiare il metodo di lavorare proprio in prossimità dell’evento, dopo che per tutto l’anno si è fatto in un certo modo e si è visto che funziona. Per cui va organizzata l’attività di supporto affinché Filippo senta il meno possibile la differenza.

La posizione in sella è praticamente perfetta, le alette del casco portano vantaggio, la bici nuova farà il resto
La posizione in sella è praticamente perfetta, le alette del casco portano vantaggio, la bici nuova farà il resto
Questa di Parigi è una crono che ha qualcosa di particolare dal punto di vista del pacing e della gestione dello sforzo oppure è abbastanza lineare?

Secondo me nessuno lo sa, finché non arriviamo lì e vediamo come metteranno le transenne. Può essere l’unica vera incognita, cioè vedere quanto rendono tecnico il percorso, soprattutto nelle curve. Quello influenza i rilanci. E poi c’è il meteo, se fa caldo o meno o se magari piove. Invece altimetricamente parliamo di poco o nulla. Quelli che sono andati a vederla riferiscono di un percorso molto veloce, perché comunque le poche curve che ci sono si fanno su strade grandi, per cui dipende da come metteranno le barriere restringendo la sede stradale.

Il vento?

Su un percorso cittadino così, difficilmente sarà un fattore. Per cui ci troviamo di fronte un percorso molto molto diverso da quello di Tokyo. L’ultimo setup da tutti i punti di vista si fa una volta che sei lì e hai visto come hanno tracciato le curve, per capire il pacing e capire in che modo distribuire le potenze. Però più è veloce e meno c’è da fare differenze di strategia.

L’anno scorso, dopo i mondiali, si parlava dei 12 secondi fra Evenepoel e Ganna, dici che sono stati colmati?

Avevamo parlato dei 12 secondi e del peso forma, ricordo. Per come poi abbiamo visto il percorso, qui il peso non è determinante: l’incidenza di un chilo è poco o nulla. Abbiamo lavorato molto, siamo stati in galleria per un totale di tre giornate, fra quelle con la squadra e quelle che ha fatto con la nazionale. Abbiamo affinato vari elementi. C’è una bici nuova, c’è un body nuovo. Credo ci sia tutto quello che serve, siamo convinti di arrivare a quel giorno pronti al punto giusto.

Ganna a Tokyo realizzò il quinto tempo nella crono su un percorso da scalatori: vinse Roglic su Dumoulin e Dennis
Ganna a Tokyo realizzò il quinto tempo nella crono su un percorso da scalatori: vinse Roglic su Dumoulin e Dennis

La nuova bici da crono

La nuova Pinarello da crono di Ganna e del Team Ineos Grenadiers debutterà al Tour de France e il piemontese non potrà usarla in gara prima delle Olimpiadi. Pare fosse da escludere l’anticipazione del lancio ai campionati nazionali. Da quello che si sa, dovrebbe essere la sintesi di quella in lega usata per il record dell’Ora e la Bolide da crono. Fra i dettagli, ma solo per sentito dire, sembra che la parte bassa del manubrio abbia corna rivolte verso l’alto, anziché verso il basso.

Debutto in gara, dunque, il 5 luglio nella Nuit Saint Georges-Gevrey-Chambertin, crono di 25,3 chilometri: 7ª tappa del Tour. Quel giorno invece Ganna correrà una bella tappa di montagna al Tour of Austria, con arrivo a St Johan/Alpendorf.

Il nuovo Fiorelli: attaccante, ambizioso e sicuro di sé

26.06.2024
4 min
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La prima parte di stagione per Filippo Fiorelli si è chiusa con il campionato italiano in Toscana e quell’attacco sullo strappo di Monte Morello per ricucire il gap sul gruppo di testa. Ora il siciliano è tornato a casa per riposare e ricaricare le batterie in vista della seconda metà di stagione. Un 2024 che lo ha visto mutare, cambiare obiettivi e diventare un corridore d’attacco. 

«Ora sono a casa – racconta – a Palermo per godermi quattro giorni di stacco totale, magari andrò al mare visto che è praticamente fuori dalla porta. Il tempo fino ad ora non è stato bellissimo, spero migliori prima di giovedì, giorno in cui tornerò ad allenarmi. Riprenderò con bici e palestra come fatto a inizio anno. Le gare sulle quali ho messo il cerchietto rosso saranno a inizio agosto, si parte con l’Arctict Race of Norway. Avevo già corso da quelle parti, nel 2021 quando mi sono ritirato dal Giro d’Italia, ma era un’altra corsa: il Giro di Norvegia».

Fiorelli alle spalle di Aleotti in salita, una testimonianza dei progressi del siciliano
Fiorelli alle spalle di Aleotti in salita, una testimonianza dei progressi del siciliano

Un nuovo Fiorelli

Ce lo aveva raccontato quest’inverno nel ritiro della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè di come l’obiettivo fosse quello di cambiare pelle. Nelle settimane successive il preparatore della squadra, Andrea Giorgi, ci  aveva confermato il tutto spiegandoci il cambio di ritmo in allenamento

«Mi sono accorto dei cambiamenti fatti durante tutta la prima parte di stagione – spiega Fiorelli – anche se nelle prime corse i risultati non erano stati come quelli degli anni scorsi. Poi però sono andato al Giro con ambizioni diverse, di attaccare da lontano. Se si guarda ai risultati il cambiamento non si vede, ma a livello di numeri la stagione è nettamente migliore rispetto agli anni precedenti. Ora mi muovo su percorsi nettamente più impegnativi, con salite che l’anno scorso mi avrebbero fatto male. Sono situazioni di corsa in cui anticipo i migliori e per questo a volte serve un briciolo di fortuna in più, però la stagione è andata bene. Ho avuto un piccolo intoppo nei primi mesi, nei quali ho sofferto di sinusite, ma abbiamo capito il problema e a fine anno mi opererò. Ci siamo accorti che ho il setto nasale leggermente deviato e questo provoca un’infiammazione alle vie respiratorie».

Fiorelli mantiene comunque uno spunto veloce, che può giocarsi nelle volate ristrette
Fiorelli mantiene comunque uno spunto veloce, che può giocarsi nelle volate ristrette

Volate? No grazie

Fiorelli non si lancia più negli sprint di gruppo, ora lo si vede in azione in tappe impegnative, come quella di Prati di Tivo al Giro d’Abruzzo. Oppure attacca da lontano, cercando la fuga, come accaduto al Giro d’Italia nelle prime tre tappe. 

«Non aspetto più le volate – racconta – sono tornato a seguire le mie caratteristiche naturali. Non sono mai stato un velocista, ma aspettavo gli sprint perché in squadra non avevamo un velocista puro. Rimango un corridore con un buono spunto veloce, ma che sa andare forte su percorsi misti. All’ultimo Giro d’Italia abbiamo cambiato registro, nelle prime tre tappe sono entrato in altrettante fughe perché c’era l’occasione di prendere la maglia ciclamino. Alla fine ci sono riuscito ed è stato più gratificante che aspettare una volata per fare ottavo. Vero che nel 2023 a Roma ho fatto terzo, ma succede una volta ogni tanto e comunque non ho vinto. Tanto vale anticipare e provare a fregare i migliori».

Al Giro nuovi obiettivi per lui e la squadra, premiati con la maglia ciclamino
Al Giro nuovi obiettivi per lui e la squadra, premiati con la maglia ciclamino

Nuovo metodo

Il merito di questi miglioramenti va anche ad Andrea Giorgi, preparatore del team che ha aiutato Fiorelli in questa sua trasformazione. 

«Ho cambiato proprio metodo di lavoro, non allenamento – dice – perché quello che faccio in bici non cambia. Ora però mi concentro su salite da 12 minuti, cosa che mi permette di rimanere con i migliori anche in percorsi davvero impegnativi. Al campionato italiano di domenica sono arrivato nono rimanendo con i migliori, anzi nella salita finale ho anche attaccato per chiudere il gap sui primi. Ero lì a 20 secondi, la differenza era poca, quindi penso che la strada intrapresa sia giusta. E’ solamente il primo anno che lavoro in questo modo, ci sono ancora margini di miglioramento, per arrivare a tenere più minuti in salita e con maggiore intensità. Quello che mi manca ora è il risultato pieno, a questo proposito la seconda parte di stagione è ricca di occasioni. L’attimo giusto arriverà, dovrò coglierlo».

Carbonari, stimoli a cinque cerchi più forti di cadute e fratture

26.06.2024
5 min
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Il suo avvicinamento a Parigi finora è stato un percorso ad ostacoli, ma l’aria di casa del Mar Baltico le ha dato nuove motivazioni. Anastasia Carbonari con la vittoria al campionato nazionale lettone (il terzo consecutivo) si è messa alle spalle, è proprio il caso di dirlo, tutti i malanni fisici che l’hanno rallentata e impaurita in questi mesi.

Quello di Carbonari è un film già visto e vissuto – purtroppo per loro – da tante atlete, soprattutto negli ultimi anni. Una serie di cadute e botte che ti fanno passare la voglia di risalire in sella e minano la stabilità emotiva più di quella fisica. Poi i traguardi che vuoi tagliare ti fanno uscire la determinazione per riprendersi. A fine maggio alla Ride London, Anastasia cade, si rompe la clavicola destra e la sua partecipazione all’Olimpiade è a rischio. Invece gli eventi si susseguono e si evolvono in modo rapido e positivo. Mentre sta aspettando il volo di rientro dalla Lettonia verso le Marche, la 24enne della UAE Team ADQ ci racconta le sue sensazioni dell’ultimo mese e quelle che proverà nei prossimi.

Carbonari ha rivinto il campionato lettone (per il terzo anno consecutivo) quindici giorni dopo essere tornata in bici dall’operazione alla clavicola
Carbonari ha rivinto il campionato lettone (per il terzo anno consecutivo) quindici giorni dopo essere tornata in bici dall’operazione alla clavicola
Anastasia partendo dalla attualità, ti sei riconfermata campionessa nazionale. Te lo aspettavi?

No, devo essere sincera. Sapevo di non avere una grande tenuta, tant’è che ho provato ad anticipare andando in fuga con due estoni e una lituana (nei Paesi Baltici si corre un’unica prova e vengono divise le classifiche per nazione, ndr). Quando siamo state riprese, è ripartita la fuga decisiva ed io purtroppo ho perso l’attimo per entrarci. D’altronde arrivavo da un lungo periodo di inattività e non potevo chiedere di più. Alla fine ho centrato la top 10 finale che mi ha garantito la vittoria. L’obiettivo primario però era quello di non cadere nuovamente e di conseguenza tenere la maglia.

Seconda tappa della Ride London, Carbonari si rompe la clavicola. Teme per Parigi 2024, ma rientra a tempo di record
Seconda tappa della Ride London, Carbonari si rompe la clavicola. Teme per Parigi 2024, ma rientra a tempo di record
Indipendentemente dal risultato, hai fatto un recupero a tempo di record.

Forse è stato un po’ troppo accelerato, ma ci tenevo a correre a Voru (in Estonia, ndr) per tanti motivi. Rappresentare la mia Nazione e, nel mio piccolo, promuovere il ciclismo femminile in Lettonia che non ha ancora un grande seguito. Tutto ciò è stato possibile grazie alla Clinica Pierangeli del dottor Di Ruscio e ad Andrea Masciarelli che mi ha messo in contatto subito con loro. Pensate che il 25 maggio mi sono rotta la clavicola ed il 31 ero già in sala operatoria. Sono stati tutti fantastici e non li ringrazierò mai abbastanza.

Quanto ha inciso il timore di non poter andare a Parigi per tornare in bici?

Tantissimo, non posso negarlo, però non è stato per nulla facile. Ho avuto tanti pensieri negativi. Già solo se perdi giorni di gara ti butti giù perché si va sempre più forte. Poi non sai più se ne vale la pena rischiare di correre e farsi male. Quando ho letto la vostra intervista a Balsamo, mi ci sono immedesimata. Per fortuna la mia famiglia e il mio fidanzato Riccardo hanno avuto pazienza. Mi hanno sopportata e supportata in ogni situazione. Stessa cosa per la mia squadra che non mi ha mai lasciata sola tra fisioterapia ed allenamenti. Alla fine due settimane dopo l’operazione ero tornata in bici.

Adesso come si guarda avanti?

Con tante motivazioni. Volevo rientrare in fretta anche per dare un segnale a me stessa. Ad inizio stagione ero caduta al Nord battendo forte il ginocchio e ci avevo messo tanto per riprendere la condizione proprio prima della Ride London. Se penso che sono ripartita dopo uno scontro con un pick-up in Olanda due anni fa, credo di essere ormai più forte di tutto. Quindi ora guardo avanti con fiducia, perché non può sempre andare male. Cercherò di stare attenta in gruppo e di ritrovare la necessaria confidenza col braccio operato, sperando che poi tutto venga da sé.

Cosa prevede il tuo calendario a breve?

Al momento so che farò l’Argenta Classic in Belgio e a metà luglio il Baloise Tour per ritrovare il ritmo che ti sa dare solo una gara a tappe. Poi finalmente ci sarà la prova in linea di Parigi (il 4 agosto, ndr) e vedremo come andrà. Naturalmente anche mondiale, benché sia molto duro, ed europeo sono nel mio calendario, però ci penserò più avanti.

Carbonari correrà la prova su strada dell’Olimpiade. Un sogno iniziato nel 2021 quando scelse la nazionalità della Lettonia
Carbonari correrà la prova su strada dell’Olimpiade. Un sogno iniziato nel 2021 quando scelse la nazionalità della Lettonia
Quasi quattro anni fa hai scelto la nazionalità di tua madre proprio per inseguire il sogno olimpico. Come sta vivendo Anastasia Carbonari l’attesa?

Devo dire che la chiamata a queste Olimpiadi è stata una sorpresa perché i criteri per partecipare non sono semplici. Infatti nei miei programmi facevo i conti su quelle del 2028, invece non è andata così per fortuna. Qualche assaggio ce l’ho avuto nei giorni del campionato nazionale perché sono stata al Centro Olimpico di Riga dove ho fatto delle visite mediche e dove mi hanno preso le misure per gli abiti ufficiali. Mi servivano queste emozioni per ripartire e dimenticare cadute e botte morali. Però finché non sarò a Parigi e non sarò nel mezzo della cerimonia inaugurale, non realizzerò appieno quello che sto per vivere.