Bragato a Caneva: l’importanza della programmazione

28.11.2024
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Stevenà di Caneva ha ospitato una serata speciale dedicata alla programmazione nello sport, con Diego Bragato, head coach della Federciclismo. Invitato dal GS Caneva e dal presidente Michele Biz, Bragato ha condiviso il percorso che porta a trionfare ai massimi livelli, come le Olimpiadi, offrendo spunti utili sia per atleti che per allenatori e appassionati. 

La serata è stata a dir poco corposa. C’erano società, giovani, direttori sportivi e persino una paio di rappresentanti extra settore. «Davvero una bella partecipazione – ha commentato Bragato – il Comune di Caneva realizza questi incontri con una certa costanza, tanto che ho parlato persino con il sindaco per chiarire gli argomenti che avremmo messo sul tavolo. E’ stato un incontro interessante. Pensate che doveva durare un’ora, ne è durato due!».

Diego Bragato (classe 1986) è l’head Performance della FCI. Moderatrice della serata, Giada Borgato
Diego Bragato (classe 1986) è l’head Performance della FCI. Moderatrice della serata, Giada Borgato
Diego, di che cosa si trattava e chi erano gli interlocutori?

Sono stato invitato dal GS Caneva di Michele Biz per parlare a cittadini e società sportive del territorio. La sala era gremita con circa un centinaio di persone, tra cui atleti amatoriali, giovani, tecnici e persone anche di altre discipline come il nuoto e l’atletica. L’idea era affrontare il tema della programmazione in funzione degli obiettivi, con esempi pratici legati al lavoro fatto per le Olimpiadi e i mondiali.

E qual è la tua idea di programmazione?

La prima cosa è avere chiaro l’obiettivo. Parto sempre dall’obiettivo, che sia a breve, medio o lungo termine. Una volta definito, ragiono sul punto di partenza, che significa capire dove si è oggi: nei giovani può essere un test fisico, ma anche una riflessione più ampia. Poi traccio un percorso, usando i mezzi e i metodi a disposizione: multidisciplinarietà, allenamenti specifici, periodi di recupero o attività alternative. L’importante è sapere dove si vuole arrivare, appunto l’obiettivo, e pianificare a ritroso per raggiungerlo.

Pianificare a ritroso…

Sì, so dove devo arrivare, percorro le tappe che mi servono, partendo da zero.

Come si adatta questo approccio a un giovane atleta? Prendiamo come riferimento la categoria allievi, dove i ragazzi sono ancora giovanissimi, ma più strutturati…

Un allievo è già in grado di iniziare a capire cosa gli piace. È fondamentale continuare a fare esperienze diverse per svilupparsi, ma iniziare anche a definire una priorità, che sia la strada, la mountain bike o la pista. Ad esempio, se la priorità è la strada, può sfruttare la pista o il ciclocross come completamento, ma concentrare la stagione principale sulla strada. L’importante è avere una visione chiara e lavorare per tappe, senza correre solo per la gara della domenica.

Kelsey Mitchell (classe 1993) prima passare al ciclismo era stata una ginnasta, aveva giocato ad hokey su ghiaccio, basket e calcio fino al 2017. Nel 2021 ha vinto le Olimpiadi
Kelsey Mitchell prima passare al ciclismo era stata una ginnasta, aveva giocato ad hokey su ghiaccio, basket e calcio fino al 2017. Nel 2021 ha vinto le Olimpiadi
Che non è programmazione…

Sì, oggi non funziona più. A livello assoluto, gli atleti arrivano pronti alla prima gara della stagione, ma per farlo hanno già intrapreso un programma ben definito. Le gare di allenamento non esistono più. Bisogna abituare i ragazzi a fare le cose in allenamento e arrivare alle gare pronti, con obiettivi specifici. Anche i giovani devono iniziare a ragionare così: non tutte le gare hanno lo stesso peso.

Che domande ti sono state fatte durante l’evento?

C’è stata una domanda che mi ha colpito, fatta da un direttore sportivo: mi chiedeva come gestire un ragazzo che arriva tardi al ciclismo, magari a 17 o 18 anni. Ho risposto con un esempio provocatorio: «Ho un ragazzo junior che ha giocato a calcio fino alla scorsa settimana e ora vuole iniziare con la bici. Lo prendereste?». Nessuno ha risposto.

Il caso Evenepoel!

Appunto. Questo è un limite culturale: altri Paesi accolgono atleti da altri sport, anche tardi. Noi diciamo di no e questo ci penalizza. Pensiamo alla vicina e piccola Slovenia. Quanto è forte nello sport? Loro hanno dato la possibilità concreta di pedalare ad un saltatore con gli sci (Roglic, ndr) e guardiamo dove è arrivato.

Ma secondo te perché le società non prederebbero quell’atleta? È solo una questione economica, perché in Italia sotto questo punto di vista è sempre più difficile. O c’è altro?

Io penso sia una cultura sportiva generale. Non è colpa né della Federazione, né della singola società, ma di una cultura sportiva più generale che dovrebbe essere più trasversale. Non so, penso alla sprinter canadese che si è ritrovata alle Olimpiadi quando fino a pochissimi anni prima giocava a calcio. Le hanno fatto dei test fisico/sportivi e hanno visto che poteva essere adatta alla velocità su pista nel ciclismo.

I giovani del Caneva in allenamento
I giovani del Caneva in allenamento
Chiaro…

È vero, ci sono meno bambini e molti più sport tra cui scegliere. È normale avere meno atleti disponibili rispetto a prima. Ma proprio per questo dobbiamo essere pronti a intercettare chi vuole provare il ciclismo, anche più avanti. In questo, serve una cultura sportiva trasversale, che parta dalle scuole e coinvolga tutti gli sport, come accade in paesi come la Slovenia appunto.

Una ragazza ti ha posto una domanda: era indecisa se fare l’intera stagione del cross in quanto aveva paura di arrivare stanca alla stagione su strada. Cosa le hai detto?

A occhio e croce poteva essere un’allieva. Le ho chiesto cosa le piacesse fare. Mi ha detto che ama il cross, e allora le ho detto di continuare a farlo. Dopo la stagione invernale, però, può fermarsi, recuperare, e iniziare la stagione su strada con calma, senza fretta, semplicemente entrando in gara qualche settimana dopo. Non bisogna avere paura di fermarsi per costruire una stagione con criterio.

Qual è stato alla fine il messaggio che volevi lasciare?

Sapere dove si vuole arrivare è fondamentale. È un concetto che vale nello sport e nella vita. Bisogna partire dall’obiettivo, analizzare il punto di partenza e costruire un percorso chiaro, usando tutti i mezzi a disposizione. Solo così si possono raggiungere traguardi importanti. Non bisogna guardare al breve termine… alla corsa della domenica.

Bkool e quella sfida rosa fra Contador e Froome

28.11.2024
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Chris Froome contro Alberto Contador. No, non siamo tornati al Tour, al Delfinato o alla Vuelta. Lo scorso lunedì, i due campionissimi – ricordiamo che Froome è ancora in attività – si sono sfidati nuovamente. Stavolta sul simulatore di ciclismo BKOOL più precisamente sulle strade del Girovirtual, piattaforma che riprende i percorsi del Giro d’Italia 2024.

Chris Froome, 39 anni, corre ancora. Questa dovrebbe essere la sua ultima stagione. Milita nella Israel-Premier Tech e punta ancora una volta al Tour de France. Alberto Contador, invece, ha 41 anni. El Pistolero ha smesso nel 2017. Oggi, con Ivan Basso, dirige la Polti-Kometa e si dedica con passione alle bici Aurum, di cui è produttore. È anche uno dei commentatori di Eurosport, ma nonostante tutto pedala ancora moltissimo.

Una delle tante sfide tra Contador e Froome: qui alla Vuelta del 2016
Una delle tante sfide tra Contador e Froome: qui alla Vuelta del 2016

Come è andata

I due campioni hanno preso parte a una tappa, virtuale chiaramente, del Giro d’Italia. Froome e Contador non erano soli: al loro fianco c’era un gruppo internazionale di centinaia di fan. Durante il riscaldamento, prima della tappa, Froome e Contador si sono scambiati impressioni e qualche aneddoto del passato attraverso una diretta Instagram.

Quando è iniziata la sfida, nei primi chilometri, Contador ha ribadito il suo carattere di attaccante puro. Si è posizionato nel gruppo di testa e ha spinto forte perché la fuga prendesse il largo. Froome, intanto, guardava sornione, commentando: «Alberto sembra particolarmente motivato oggi. Stamattina ho dovuto allenarmi per quattro ore, quindi preferisco sciogliere un po’ le gambe mentre chiacchiero con voi».

Come al Giro

E, in effetti, Contador ha dato spettacolo: ha sviluppato una potenza media di 327 watt, con picchi superiori a 600, mantenendo una velocità media di 42 chilometri orari.
La tappa riproduceva parte della Riccione-Cento dell’ultima corsa rosa, una frazione molto veloce che, nella realtà, ha visto il trionfo di Jonathan Milan. Anche nel virtuale, la media finale è stata piuttosto elevata.

L’atteggiamento sornione di Froome, da scalatore puro, gli ha consentito di nascondersi strategicamente. Insomma, una sfida virtuale, ma dagli enormi risvolti realistici: su certi percorsi, stare a ruota paga sempre!

I due campioni hanno scherzato molto, coinvolgendo parecchio anche gli appassionati che erano con loro
I due campioni hanno scherzato molto, coinvolgendo parecchio anche gli appassionati che erano con loro

Obiettivo raggiunto

Al di là del risultato, l’aspetto più bello è stato vedere centinaia di ciclisti di diverse nazionalità condividere chilometri di allenamento con questi enormi campioni. Ricordiamolo: 15 Grandi Giri vinti in due! Per restare sul Giro, Contador lo ha conquistato nel 2008 e nel 2015, Froome nel 2018. Nella foto di apertura c’è proprio Alberto che lo premia.

«Siamo al Giro d’Italia con BKOOL, pedalando nel gruppo di testa!». Oppure: «Siamo a 360, 380, 420 watt… Non male per la nostra età, no?». E ancora: «Accelero per prendere la ruota del primo!».

Queste sono alcune delle frasi, tra motivazione e puro divertimento, che i due hanno rivolto alla community impegnata nella sfida.

«Vedere Froome e Contador pedalare insieme su BKOOL – ha detto Angel Luis Fernández, direttore marketing di BKOOL – chiacchierare in diretta tra loro e condividere gli allenamenti con i nostri utenti è un sogno che diventa realtà. Questo evento è la ricompensa per molti anni di duro lavoro. Un momento storico per il ciclismo virtuale».

E non finisce qui. Tra due settimane, alla sfida con l’inglese e lo spagnolo si aggiungerà il campione olimpico e mondiale Remco Evenepoel. Il Giro d’Italia Virtual pubblicherà una nuova tappa ogni 15 giorni fino al prossimo maggio.

Leonardo Basso e la nuova vita da diesse alla Ineos

28.11.2024
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In uno dei comunicati da parte dei team che arrivano solitamente tra la fine di una stagione e l’inizio di quella successiva ci ha colpito uno della Ineos Grenadiers. La squadra britannica ha cambiato un po’ di cose tra le file dello staff, e con grande piacere leggiamo che Leonardo Basso sarà uno dei diesse (in apertura foto Instagram Ineos Grenadiers). A dire il vero il comunicato dice che il veneto era già salito in ammiraglia con i granatieri nel 2024. E’ passato poco tempo da quando Leonardo Basso ha appeso la bici al chiodo ed è salito in macchina. I suoi 31 anni, che compirà proprio il giorno di Natale, lo rendono uno dei più giovani diesse del WorldTour.

Leonardo Basso ha concluso la sua carriera da corridore nel 2023, in maglia Astana
Leonardo Basso ha concluso la sua carriera da corridore nel 2023, in maglia Astana

Il ritorno tra i Grenadiers

Per tanti anni è stato uno degli uomini Ineos, dal 2018 quando il team era ancora Sky, fino al 2021 quando poi ha assunto la denominazione che conosciamo. Gli ultimi due anni di carriera, visto che Leonardo Basso si è ritirato nel 2023, li ha corsi all’Astana

«Già da corridore – racconta – avevo preso i tre livelli italiani per diventare diesse. Poi a fine 2023 sono andato in Svizzera per ottenere la licenza UCI. Il ritorno con la Ineos, anche se in ammiraglia, è avvenuto durante la stagione appena conclusa. Il team mi ha contattato a luglio chiedendomi se mi andasse di fare qualche esperienza da freelance. Ho accettato subito, tornare in questa squadra è stato un grandissimo piacere, così come l’essere stato confermato per la stagione a venire».

Basso Norvegia 2021
Il veneto per quattro anni ha corso con la Ineos: dal 2018 al 2021
Basso Norvegia 2021
Il veneto per quattro anni ha corso con la Ineos: dal 2018 al 2021
Che effetto fa essere dall’altra parte?

Vivere una gara dall’ammiraglia ti fa passare dall’essere attore a regista. Lo stacco è stato un po’ brusco, ti trovi a fare un altro tipo di lavoro, ma mi sono ambientato subito. La Ineos mi ha indirizzato subito bene spiegandomi cosa avrei dovuto fare e dandomi le giuste indicazioni sul ruolo da svolgere. 

Già da atleta avevi un’inclinazione per questo compito?

Diciamo che sono sempre stato un grande appassionato. Anche da corridore studiavo le tattiche di gara e dialogavo molto con i diesse. Una volta passato in macchina mi sono trovato subito a mio agio. 

Leonardo Basso già da corridore amava studiare le tattiche di gara e i percorsi (foto Instagram)
Leonardo Basso già da corridore amava studiare le tattiche di gara e i percorsi (foto Instagram)
Essere stato un corridore e aver chiuso la carriera da poco è un vantaggio?

Credo proprio di sì. L’approccio che ho avuto nel finale della scorsa stagione non è mai stato quello di un diesse vecchio stampo, uno che decide e si fa così per forza. Ora il ruolo è più vario, ha diverse sfaccettature. Non ultima quella di aiutare gli atleti attraverso il dialogo. Ho una sensibilità che mi permette di vedere certe cose, e grazie al fatto di essere stato corridore fino a 12 mesi fa posso avere uno sguardo più fresco. So cosa vuol dire essere un ciclista ora. 

Aver corso nella Ineos può essere un’arma in più?

So cosa vuol dire essere parte del team, avere quel DNA da corridore mi ha dato un plus sicuramente. Lo sport è fatto di cicli, come insegnano il calcio e il basket, che iniziano e finiscono. Se si vuole tornare sulla cresta dell’onda bisogna mantenere salda l’identità, guardare in una direzione e seguire un certo cammino. 

Leonardo Basso conosce perfettamente cosa vuol dire far parte del team Ineos
Leonardo Basso conosce perfettamente cosa vuol dire far parte del team Ineos
Quale pensi che sia il DNA Ineos?

La ricerca dell’eccellenza, cosa che fanno da quando sono nati, nel 2010. Cercare di vincere attraverso lo sviluppo e l’innovazione. 

Hai qualche figura dalla quale prendi ispirazione?

Sono uno a cui piacciono tanti sport, quindi più che una figura di riferimento nel ciclismo penso di avere un modello di lavoro che mi piacerebbe seguire. Carlo Ancelotti, l’allenatore del Real Madrid, è una figura dalla quale prendo esempio. Lui ha una grande qualità: saper creare un gruppo coeso, e sa farlo perché capisce le diverse personalità dei suoi ragazzi. E’ una cosa che vorrei fare anche io. Ma ce ne sono tante altre di figure che mi piacciono. Spesso leggo delle interviste o guardo delle conferenze stampa e cerco di prendere quel che mi piace, con l’intento di creare il mio stile. 

La Ineos Grenadiers nel mese di novembre ha svolto un team building a Manchester (foto Instagram/Ineos Graenadiers)
La Ineos Grenadiers nel mese di novembre ha svolto un team building a Manchester (foto Instagram/Ineos Graenadiers)
E quale pensi possa essere?

Simile alla mia personalità: sono uno che ascolta, penso sia fondamentale nello sport di alto livello. Se lo sai fare capisci i problemi e trovi dei margini di lavoro e di crescita. Penso di essere una persona dotata anche di buon senso, di essere educato e preparato. 

Epis sale nel WorldTour e cerca casa in Francia

28.11.2024
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Un anno fa di questi tempi Giosué Epis festeggiava il suo approdo al devo team dell’Arkea-B&B Hotels quasi come naturale conseguenza di una stagione ricca di soddisfazioni, che lo aveva eletto come più costante under 23 italiano ad alti livelli. A un anno di distanza c’è ancora da festeggiare perché il bresciano sale di categoria, approdando nel WorldTour pur dopo una stagione ben diversa da quella precedente.

Per il bresciano una stagione con pochi squilli, vissuta quasi tutta all’estero
Per il bresciano una stagione con pochi squilli, vissuta quasi tutta all’estero

Una stagione difficile

Il lombardo ha affrontato nel corso dell’anno 45 giorni di corsa, con 4 Top 10 e nulla più. Una stagione un po’ complicata, forse non come se l’aspettava a inizio anno, ma che comunque è stata sufficiente per far vedere le sue qualità al punto di convincere i dirigenti del team transalpino a farlo entrare nel team principale.

«Effettivamente i momenti alti non sono stati tanti – ammette Epis – ma bisogna innanzitutto tenere in considerazione che non era certamente il calendario affrontato lo scorso anno, il livello è salito notevolmente. Ho gareggiato quasi sempre in Francia e in altre gare estere, in Italia sono stato solo alla Coppi e Bartali e al Giro del Friuli. Poi è stata una stagione un po’ sofferta».

Epis si è adattato bene alle corse francesi, dove conta di emergere nel 2025
Epis si è adattato bene alle corse francesi, dove conta di emergere nel 2025
Perché?

A parte i problemi fisici insorti nel corso dell’anno, inizialmente non è stato facile adattarsi alla nuova situazione. Un Paese diverso, io che non parlavo francese e con l’inglese si faticava un po’ a comunicare. La squadra mi è stata vicino, ho frequentato corsi di lingua e col passare del tempo mi sono adattato e trovato più a mio agio, ora mi esprimo sufficientemente bene tanto che mi sono trasferito in Francia.

Come mai?

Col tempo mi sono accorto che i viaggi verso casa toglievano molto tempo e inficiavano la mia preparazione, stando come base in Francia posso gestirmi più agevolmente. Mi sono stabilito in un piccolo paese vicino Aix les Bains, in mezzo alla campagna della Francia orientale, ai piedi del Grand Colombier. Per ora vivo in affitto a casa del papà di Maxime Bouet, uno dei direttori sportivi, ma conto di prendere un appartamento mio.

Giosuè insieme a Gerard Bouet, che gli ha affittato una stanza ad Artemare finché non troverà un appartamento
Giosuè insieme a Gerard Bouet, che gli ha affittato una stanza ad Artemare finché non troverà un appartamento
Una scelta la tua legata anche al tipo di gare che affronti e affronterai?

Per certi versi sì, sono gare molto diverse da quelle a cui ero abituato, sia come livello sia come percorsi. C’è un cambio netto, ho trovato spesso pioggia e freddo. Poi ci sono ritmi di corsa più alti nella prima parte, praticamente non c’è mai sosta. Ci vuole un periodo di ambientamento, per questo, vedendo anche come sono andato nel corso dell’anno, sono fiducioso e penso che i risultati arriveranno perché è un modo di correre che si adatta alle mie caratteristiche. Credo che il grosso dell’attività sarà ancora in Francia, con uscite anche in Belgio e Olanda, ma spero che qualche corsa italiana venga inserita nel calendario.

Qual è stata la tua giornata più bella in questa stagione?

Sarebbe facile dire dove sono andato meglio come risultati, ma per me la più bella è stata l’ultima, la Parigi-Tours per under 23, dove ho incontrato tanta pioggia e fango. Ho chiuso 15°, un piazzamento e nulla più, ma mi sono divertito tanto.

La terza tappa dell’Alpes Isere Tour, Epis (in rosso) è dietro sulla destra, finirà terzo
La terza tappa dell’Alpes Isere Tour, Epis (in rosso) è dietro sulla destra, finirà terzo
La promozione ti ha sorpreso?

Onestamente sì, anche se qualche settimana prima mi avevano detto che ero tra i papabili del devo team per la promozione. Non credevo però che avrebbero scelto me. Questo mi dà tanta fiducia perché mi dimostra che il team crede nelle mie possibilità. Ora aspetto di sapere quale sarà la linea di azione per la nuova stagione.

Che cosa ti ha colpito maggiormente delle gare che hai affrontato?

Ci sono differenze, già nel semplice stare in gruppo. Per me le prime corse sono state una vera palestra tecnica, ma quando acquisisci certi meccanismi diventa tutto più facile, anche per tenere posizione, per gestire le varie fasi della gara, per lavorare al meglio per i compagni.

La Coppi e Bartali (nella foto), il tricolore U23 e una tappa al Giro del Friuli: questa l’Italia 2024 di Epis
La Coppi e Bartali (nella foto), il tricolore U23 e una tappa al Giro del Friuli: questa l’Italia 2024 di Epis
Ora ti aspetta l’ingresso nella massima serie, hai qualche desiderio specifico?

Sinceramente non lo so, ma sono convinto che dopo poco sarò pronto a giocarmi le mie carte. Vorrei infatti avere spazio in qualche corsa, magari qualche classica minore ma adatta al mio modo di correre per portare a casa piazzamenti e punti e chissà che non arrivi anche un successo. Se ho fatto certi investimenti dal punto di vista personale è perché credo di poter far bene.

L’occasione mancata: Giro a Rapolano, Alaphilippe beffato

28.11.2024
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Mancano 180 metri quando Julian Alaphilippe lancia la volata. Luke Plapp si siede, Pelayo Sanchez invece gli si attacca alla ruota. Sul muro a 5 chilometri dall’arrivo, il francese ha tenuto un bel ritmo, ma non ha mai dato la sensazione di voler attaccare. E’ la sesta tappa del Giro d’Italia, arrivo a Rapolano Terme, i tre sono in fuga da 105 chilometri. Il giorno prima a Lucca ha vinto Benjamin Thomas (nel giorno in cui a mangiarsi le mani è stato Zanatta), questa volta l’arrivo sembra perfetto per Loulou. Bramati ricorda, questa per lui è la giornata del 2024 in cui s’è davvero mangiato le mani, anche se ha dato la carica per i giorni successivi.

Alaphilippe scatta e lo spagnolo della Movistar gli prende la ruota e lo affianca negli ultimi 30 metri. Il francese dà la sensazione di farcela, invece a pochissimi metri dalla linea si siede. Vince Pelayo, per Alaphilippe un secondo posto che brucia: poteva essere la prima vittoria dell’anno, la prima dal Delfinato dell’anno precedente.

«Julian è un corridore che dà sempre tutto – ricorda Bramati – ma si sapeva che Sanchez era veloce. Per questo forse è partito un po’ troppo presto. Se torniamo a vedere la volata, penso che forse l’ingenuità è stata quella, ma guardando anche l’altro da dietro, si è visto che è partito bene. Penso che in quel frangente avesse più gambe, anche se lo ha passato veramente sulla riga».

La collaborazione tra Alaphilippe e Bramati è iniziata nel 2014 e in 10 anni ha portato risultati pazzeschi
La collaborazione tra Alaphilippe e Bramati è iniziata nel 2014 e in 10 anni ha portato risultati pazzeschi

Il gruppo alle spalle

La giornata è nervosa. Gli ultimi 100 chilometri sono un continuo salire e poi scendere senza pianura né soluzione di continuità. Il francese è in ripresa. A marzo avrebbe potuto giocarsi diversamente la Milano-Sanremo, ma non ha potuto fare la sua volata perché ha pedalato per l’ultimo chilometro con la ruota posteriore bucata. Ha chiuso al nono posto. Magari non avrebbe vinto, fa notare Bramati, perché contro Philipsen forse poteva poco, ma di certo sarebbe arrivato più avanti.

«A Rapolano ero sulla prima ammiraglia – ricorda Bramati – e mi ricordo che gli dicevo di stare lucido, di essere concentrato, che poteva essere la sua tappa. Non ricordo bene le parole, ma dicevo cose del genere. Non puoi fare tanto quando è così, a quel punto la tattica non conta più, è un testa a testa. C’era il gruppo veramente vicino e a 5 chilometri dall’arrivo sull’ultimo strappo si era tutto frammentato. A un certo punto abbiamo iniziato a dirgli che si stavano avvicinando, ma con la macchina eravamo un po’ indietro e non era facile saltare tutti i gruppetti e capire le cose in tempo reale. Penso che sia stata l’occasione perduta dell’anno, che però ci ha permesso di crearne altre, fino a vincere la tappa di Fano».

Il forcing di Alaphilippe sull’ultimo muro non è stato per andare via, ma per fiaccare i rivali
Il forcing di Alaphilippe sull’ultimo muro non è stato per andare via, ma per fiaccare i rivali

889 chilometri di fuga

E’ un Alaphilippe diverso, sano e motivato. Sa già che cambierà squadra e questo forse gli dà una leggerezza differente. Il suo primo Giro d’Italia si convertirà alla fine in un inno alla fuga, con 105 chilometri a Rapolano, 119 a Prati di Tivo, 56 a Bocca della Selva, 136 a Fano, 167 al Mottolino, 93 a Monte Pana, 88 chilometri al Brocon e 125 a Sappada. Un totale di 889 chilometri al comando, per ritrovare le sensazioni e ribadire il proprio valore.

«Senza la foratura della Sanremo – riprende Bramati – sarebbe stato con i migliori e avrebbe fatto un altro risultato. Al Giro invece c’è venuto motivato, molto grintoso. Ci ha provato più di una volta e alla fine penso che noi come squadra, ma soprattutto lui e tutti i tifosi che ha in Italia, siamo stati contenti che Julian alla fine abbia vinto quella bella tappa a capo della fuga con Maestri».

Mandato giù il rospo, Alaphilippe si congratula con Sanchez: la gamba c’è!
Mandato giù il rospo, Alaphilippe si congratula con Sanchez: la gamba c’è!

L’antipasto di Fano

A Rapolano, Alaphilippe non è tutto sommato troppo abbattuto, di certo non si sente al centro di una tempesta di sfortuna. Va ad abbracciare Pelayo Sanchez e se è furibondo, si guarda bene dal farlo vedere. La prima parte dell’anno è stata pesante, con le bordate di Lefevere che a un certo punto si è messo a parlare anche della sua vita privata. Forse proprio questo ha persuaso il francese ad accettare la corte della Tudor Pro Cycling. Mentre la sconfitta toscana, venuta per un soffio, è il segnale che manca poco al vero ritorno.

«Sappiamo tutti che la corsa finisce sulla riga – ricorda Bramati – abbiamo trovato Pelayo Sanchez che in quel momento è stato più veloce, ma abbiamo guardato avanti e cercato di capire quali altre tappe facessero al caso nostro. E alla fine c’è riuscito. Quando è partito verso Fano, forse era troppo presto, ma alla fine ha avuto anche ragione lui. Ha fatto veramente un grande numero e ha dimostrato di essere tornato quello di prima. Sono curioso di vedere come si troverà alla Tudor. Mi sembra una squadra con un’impronta e che ha fatto un bel mercato. Sicuramente penso che dovranno fare ancora degli innesti, ma sono convinto che se avranno la forza di farlo, cresceranno ancora. Se poi arriva l’invito per il Tour e ci sono le classiche, fanno tutti bingo. Loro e anche il mio Julian».

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

Cozzi, la Tudor e il Giro d’Abruzzo

Zanatta e la fuga di Pietrobon a Lucca

Quando Zanini ha fermato l’ammiraglia

Baldato e la rincorsa al Giro del Veneto

I 50 metri di Dainese a Padova, parla Tosatto

Piva e la Sanremo 2024 di Matthews

Ciclo e ciclismo, un tabù da sfatare: ne parliamo con la Longo

27.11.2024
4 min
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ORNAVASSO – Uno di quei temi che inspiegabilmente non si affrontano quasi mai. Si parla di allenamento, alimentazione, integrazione, bronchiti, problemi ai tendini, disidratazione e colpo di calore, ma sul ciclo e le complicazioni che crea alle atlete c’è un velo di pudore che un po’ si capisce e un po’ no. Che cosa succede se arriva nel giorno della gara importante? Magari tanti passaggi a vuoto inattesi si possono spiegare così?

Perciò, mentre eravamo ancora a casa di Elisa Longo Borghini al temine dell’incontro della passata settimana, abbiamo messo da parte il pudore e glielo abbiamo chiesto. «Finalmente un giornalista che mi chiede di questo – ha detto subito la piemontese (in apertura una foto da Instagram) – non capisco perché si abbia paura di parlarne».

Il 2024 di Elisa Longo Borghini ha visto 8 vittorie, fra cui il Giro d’Italia e quello delle Fiandre
Il 2024 di Elisa Longo Borghini ha visto 8 vittorie, fra cui il Giro d’Italia e quello delle Fiandre

Rischio infortuni

E così prima di andare via, facciamo qualche domanda che da un po’ ci girava per la testa. Elisa racconta ad esempio che assieme al suo preparatore Paolo Slongo, da qualche tempo hanno preso a redigere il diario del suo ciclo, per capire come temporizzare il lavoro tenendone conto.

«Innanzitutto per capirne l’andamento – spiega l’atleta che fino al 31 dicembre è della Lidl-Trek – vedere se mi viene regolare oppure no, perché fa parte della salute della donna: della persona e dell’atleta. E poi per capire come massimizzare la qualità degli allenamenti in base alle varie fasi del ciclo. Già in diversi sport, tra l’atletica, il calcio e il nuoto, fanno determinati tipi di lavori in base alle varie fasi del ciclo per evitare determinati infortuni. Parlo magari con termini poco scientifici, ma più ti avvicini alla fase del sanguinamento e più il tuo corpo produce un ormone che si chiama relaxina che produce un aumento della lassità delle articolazioni. Ci sono stati tanti casi di infortuni nell’atletica con lesioni importanti ai tendini e ai legamenti, soprattutto negli sport più traumatici. Per cui loro si sono adeguati. Io ad esempio ne tengo conto quando devo fare i lavori di forza in palestra, oppure in bici».

Gli studi hanno dimostrato che nelle fasi del ciclo le articolazioni sono più soggette a lesioni
Gli studi hanno dimostrato che nelle fasi del ciclo le articolazioni sono più soggette a lesioni
Per il resto ci sono fastidi sempre uguali?

Quando mi avvicino alla fase più intensa, mi sento un pochino più goffa e soffro il caldo. Magari ho qualche problema gastrointestinale di più, quindi non riesco a bere o a nutrirmi bene come dovrei. Però dipende tanto dal tuo stato fisico e psicofisico di base. Ci sono mesi in cui lo soffro di più e mesi in cui lo soffro di meno. Normalmente quando sono in forma soffro meno.

Il rendimento cala di conseguenza?

Dipende, per esempio ho vinto il Fiandre avendo il ciclo. Non ho adottato rimedi di alcun tipo, ho corso come se nulla fosse: ho semplicemente fatto la mia gara. Magari in passato mi facevo condizionare. Invece ultimamente mi dico semplicemente che fa parte di me e che non sono la sola. Magari nella corsa ce ne saranno altre 50 nelle stesse condizioni.

Elisa Longo Borghini ha raccontato di aver vinto il Fiandre nei giorni del ciclo
Elisa Longo Borghini ha raccontato di aver vinto il Fiandre nei giorni del ciclo
Il problema sta più nella ritenzione dei liquidi o nel calo dei valori attribuibile al sanguinamento?

Anche questo dipende. Per me è una questione di ritenzione idrica, perché metto su peso. Arrivo fino a 3 chili. Magari patisci di più le frequenze più alte e anche il caldo. A volte mi dà qualche problemino gastrointestinale, poi però ognuna ha delle peculiarità. E’ una cosa talmente personale che secondo me è anche difficile fare uno studio che sia buono per tutti e valido per tutti. Però ci sta che abbia un impatto sulla performance, quello lo darei per scontato.

Antonio Nibali, la nuova vita in negozio tra vendite e aneddoti

27.11.2024
6 min
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«Ora attendo che si concretizzi un progetto importante nelle Marche, con ragazzi che vogliono investire nel ciclismo». L’ultima volta che lo avevamo sentito, Antonio Nibali ci aveva lasciato con queste parole ed oggi lo ritroviamo al centro di quel progetto attorniato dalle bici.

Sarebbe stato un vero spreco non sfruttare le conoscenze – umane e tecniche – maturate in nove anni di professionismo, di cui sette di WorldTour, all’interno di una vita intrisa di ciclismo. Così, dopo il ritiro a fine 2023, Antonio ha portato la sua esperienza al servizio del cliente finale, anche se inizialmente la strada sulla quale si era buttato era un’altra, stimolato da sua moglie Michela. Ma, si sa, da cosa nasce cosa ed ecco che il più giovane dei Nibali adesso è all’interno di una “squadra” che vive il ciclismo da un altro punto di vista.

Antonio raccontaci il tuo ruolo attuale.

Lavoro al Conero Bike Store di Camerano, in provincia di Ancona, e ne sono il responsabile. Mi occupo di ordini con i fornitori e rapporti con i vari rappresentanti. Seguo le vendite dei prodotti ed in pratica mi occupo di tutto tranne l’officina meccanica. Quella è il regno di William Dazzani (ex pro’ ad inizio anni ’90 con una vittoria, ndr) e da lui posso solo imparare. Anche quando correvo mi è sempre piaciuto vedere all’opera i meccanici e confrontarmi con loro. Insomma, come vedete siamo ex corridori sempre in mezzo alle bici, ma per me non doveva essere così inizialmente.

Per quale motivo?

A fine 2023 stavo cercando qualche impiego per il post carriera mentre stavo facendo il corso da diesse. Mia moglie però, sapendo che sono appassionato di auto, mi vedeva bene come venditore in una concessionaria. Certo, non sono un gran chiacchierone, ma lei era convinta che potesse essere la mia strada, visto che oltretutto nel nostro territorio ci sono tante aziende e quindi tanti potenziali acquirenti. Così ho fatto un colloquio con la Conero Car, una concessionaria che ha iniziato la propria attività vendendo caravan e accessori correlati, poi successivamente auto e qualcosa per la nautica. È stato divertente quando sono tornato a casa e Michela mi ha chiesto com’era andata.

Inaugurazione. Accanto ai due Nibali, ci sono i fratelli Cristiano ed Eusebio Falcetelli, proprietari del gruppo aziendale di Conero Car
Inaugurazione. Accanto ai due Nibali, ci sono i fratelli Cristiano ed Eusebio Falcetelli, proprietari del gruppo aziendale di Conero Car
Spiegaci pure.

Sono entrato e le ho detto: “Cara, sai è andata anche meglio del previsto?! Sono andato per un lavoro e ne sono uscito con un altro” (racconta ridendo, mentre Michela ascolta divertita in vivavoce, ndr). Al colloquio mi avevano detto che il loro obiettivo sarebbe stato quello di aprire un negozio di bici, anche e-bike, per completare il pacchetto di offerte al cliente finale, specie agli amanti delle vacanze in camper. Quindi mi hanno proposto l’apertura del negozio, accanto alla concessionaria. Abbiamo aperto lo scorso settembre ed il 5 ottobre abbiamo inaugurato ufficialmente il Conero Bike Store dove era presente anche mio fratello Vincenzo.

Come sono stati i mesi precedenti all’apertura?

Sono stati necessari i lavori per il locale, che è attaccato alla concessionaria, ma resta indipendente. Abbiamo pensato a come disporre gli ambienti in maniera moderna e ovviamente tutta la merce. Alcune bici le abbiamo esposte a mo’ di quadro. Contestualmente abbiamo avviato i contatti con vari fornitori. Al momento siamo rivenditori di Bianchi, Scott e Trek, mentre per l’abbigliamento abbiamo Sportful, Q36.5, Northwave e Met per i caschi. Poi abbiamo tante altre aziende tra ruote, occhiali e il resto degli accessori. E’ importante avere bici e materiali del WorldTour. Ad esempio Bianchi ci ha aiutato a farci conoscere nella zona.

In che modo?

Lo spunto è stata la Hair Gallery di Grottazzolina, la squadra in cui corre la figlia di William e dove tra l’altro c’è pure la figlia di Alessandro Donati, il diesse della VF Group Bardiani CSF Faizanè. Abbiamo fatto un accordo di sponsorizzazione dando ai loro esordienti e allievi le bici della Bianchi, includendo anche l’assistenza. E’ vero che siamo un po’ lontani, però è stata una maniera per ampliare subito il nostro raggio d’azione. Siamo aperti da soli due mesi, ma siamo contenti e soddisfatti di questo inizio.

Siete in una zona dove c’è concorrenza. Come vi state trovando?

Bisogna saper sgomitare un po’ come quando in gruppo cercavi di stare davanti nei momenti decisivi. Battute a parte, noi non possiamo paragonarci con certe realtà che hanno tantissimi anni di attività. Tuttavia ci stiamo già ritagliando la nostra fetta di mercato, pur sapendo quanto la concorrenza sia dura. Prima di aprire eravamo in parola per prendere un’azienda di bici che quest’anno ha vinto tanto. Da parte loro non c’era nessun problema, ma un negoziante della nostra zona, molto distante da noi, si è lamentato ponendo quasi un “aut aut” alla stessa azienda che alla fine ha preferito loro. Per noi nessun problema, sappiamo come vanno certe cose, ma con questo episodio ne abbiamo avuto un assaggio.

Immaginiamo che la presenza e l’esperienza di Antonio Nibali siano un valore aggiunto per il vostro negozio. E’ così?

Sicuramente gli anni vissuti da corridore sono importantissimi e mi aiutano molto. Conoscendo i materiali che ho usato io o che ho visto quando correvo, sono un po’ più agevolato nella vendita. Oppure gli stessi rappresentanti dei produttori si confrontano con me, chiedendomi riscontri sui materiali. O ancora mi chiedono pareri e il “colpo d’occhio” sulla messa in sella classica che si fa nei negozi come i nostri, visto che non abbiamo la strumentazione computerizzata per il bike-fit.

E come venditore sei come ti vedeva tua moglie Michela?

Come dicevo prima, non sono un chiacchierone, però per quello c’è William che compensa bene (sorride, ndr). In realtà mi sto trovando molto a mio agio, aveva ragione lei. Mi piace dare i miei punti di vista ai clienti. Non è semplice vendere prodotti e accontentare tutti, però cerco di consigliare il cliente immedesimandomi in lui o nelle sue richieste. L’obiettivo è quello di trovare sempre il suggerimento ad hoc per ogni persona che viene da noi. Perché alla gente piace sentire il racconto di un mio aneddoto di gare legato ai Nibali, ma alla fine vuole avere riscontri diretti per ottimizzare tempo e denaro per i suoi acquisti.

La velocità alle porte del paradiso. Quaranta prepara le chiavi…

27.11.2024
5 min
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Vacanze brevi per Ivan Quaranta e i ragazzi della velocità. Non solo perché a breve arriveranno gli europei, in programma a febbraio 2025, ma anche perché il settore è chiamato a lavorare duramente in questi anni che porteranno verso Los Angeles 2028. Se per gli altri specialisti della pista queste sono settimane di riflessioni e ripartenze con volti nuovi, nella velocità Parigi (dov’eravamo presenti con Miriam Vece e Sara Fiorin) è stata il punto di partenza e Quaranta ne è consapevole.

Il team sprint azzurro continua a progredire ed è entrato fra i primi 8 agli ultimi mondiali
Il team sprint azzurro continua a progredire ed è entrato fra i primi 8 agli ultimi mondiali

Nelle varie analisi di passaggio fra un quadriennio olimpico e l’altro, il settore della velocità maschile è considerato fra quelli, analizzando tutti gli sport, a più alto indice di crescita. Significa che le aspettative sono tante e quasi non basterà considerare un obiettivo esserci, dalla California ci si attendono anche buone notizie: «I progressi ci sono stati in questo quadriennio appena concluso – ammette Quaranta – si vede dai piazzamenti nelle prove internazionali, ma soprattutto dai tempi. L’ottavo posto ai mondiali nel team sprint è un traguardo importante e al contempo un punto di ripartenza».

Di fronte a te e ai ragazzi ci sono quattro anni di lavoro sotto i riflettori, perché le aspettative sono tante…

Anche da parte nostra, lo posso assicurare, ma i segnali che abbiamo sono più che incoraggianti. Il fatto è che in questo mondo serve pazienza: da tre anni dominiamo la scena a livello internazionale fra gli U23, questo vuol dire molto, ma il passaggio alla categoria superiore non è automatico, serve tempo. Il dato più incoraggiante è che funziona il metodo e lo vediamo non solo dai risultati dei vari Predomo e Bianchi, ma anche da quelli juniores con l’oro iridato nel keirin di Del Medico e dalla crescita delle ragazzine, dove finalmente riusciamo a fare proselitismo.

Marco Villa e Ivan Quaranta insieme a Fabio Del Medico, laureatosi iridato nel keirin fra gli juniores
Ivan Quaranta insieme a Fabio Del Medico, laureatosi iridato nel keirin fra gli juniores
E’ un metodo che riguarda solo l’allenamento?

No, è a più ampio raggio e in tal senso fondamentale è l’apporto dei gruppi sportivi militari che offrono un futuro ai nostri ragazzi e questo sta facendo la differenza. Oggi un allievo può davvero fare il velocista come professione ciclistica, cosa che fino a poco tempo fa era un’utopia. Con una carriera al di fuori dello sport e un tecnico a tempo pieno, il settore ha tutte le possibilità di crescere.

Quel che manca però è un nome di riferimento, il Sinner della situazione intorno al quale i più giovani possono crescere, cosa che nell’endurance c’è stato, con Viviani…

E’ vero, proprio per questo dico sempre ai ragazzi che saranno i pionieri di una nuova storia. Lo stiamo già vedendo, il ricasco delle loro vittorie nelle categorie giovanili, che hanno portato nuove ragazze come Cenci e Trevisan a impegnarsi in questo settore. E’ un ciclo che si sta aprendo. Ci manca il corridore esperto, eppure siamo riusciti a ridurre il gap dalle nazioni guida. Per far questo serve correre tanto, essere sempre in pista. Un altro passo avanti è la struttura logistica ora a disposizione nei pressi di Montichiari, un cascinale a 2 chilometri che consente di fare lunghi stage.

Da sinistra Erja Giulia Bianchi, Siria Trevisan e Matilde Cenci, bronzo agli europei juniores di Cottbus
Da sinistra Erja Giulia Bianchi, Siria Trevisan e Matilde Cenci, bronzo agli europei juniores di Cottbus
Quanto serve fare attività agonistica su pista?

Nel nostro settore tantissimo. Devo dire grazie alla Fci che pur con un budget contenuto ci consente di affrontare molte gare di categoria 1 e 2, soprattutto in Svizzera, dove i nostri fanno esperienza e magari vincono e sappiamo bene quanto vincere faccia bene anche a livello psicologico. I buoni risultati danno morale alto.

Il fatto che quando si arriva a europei e mondiali ci sono i grandi campioni che vanno più forte non pesa sui ragazzi?

Io dico loro che serve tempo, le distanze si accorciano poco a poco, proporzionalmente con la loro crescita a livello fisico. La differenza è tutta nei carichi in palestra, ma a quelli dei vari Lavreysen e Hoogland non ci arrivi dall’oggi al domani. Devi lavorarci giorno dopo giorno senza avere fretta anche per non incorrere in gravi infortuni. Per questo dico che la dote primaria deve essere la pazienza e apprezzare anche quei piccoli numeri che mano a mano riducono la distanza. Loro se ne accorgono, ne sono consapevoli.

Mattia Predomo è il leader della squadra. Quaranta punta su di lui per portare il team a Los Angeles 2028
Mattia Predomo è il leader della squadra. Quaranta punta su di lui per portare il team a Los Angeles 2028
Il lavoro di questi giorni in che cosa consiste?

Abbiniamo pista a palestra, per riportare i ragazzi a sollevare certi pesi e a riprendere la mano tecnica. Sono due cose che devono andare di pari passo. A dicembre faremo anche allenamenti su strada, seguendo uno schema di 3 settimane di carico e una di scarico fino agli europei. C’è tanto da fare, un aspetto sul quale dobbiamo concentrarci è anche la tecnica di cambio nel team sprint che può darci ulteriori vantaggi. Come anche lavorare nella corsa di gruppo per il keirin. Intanto stiamo studiando con Pinarello una bici specifica, monoscocca in carbonio. Finora i ragazzi hanno sviluppato una bici per la corsa a punti, ma abbiamo visto che serve un modello specifico per le prove di velocità. L’importante è che sia pronto per gli europei del 2027, quando inizierà il cammino di qualificazione olimpica.

Stefano Minuta, protagonista a Ballerup nel chilometro, altro elemento in crescita
Stefano Minuta, protagonista a Ballerup nel chilometro, altro elemento in crescita
A Los Angeles sai che non ci si attende solo la mera partecipazione. Questo rappresenta un peso per te e i ragazzi?

Per me no, so che le aspettative sono tante, ma io sono sempre stato abituato a gestire la pressione, sin da quando correvo. Il mio ruolo si misura sui risultati, è normale che sia così. Devo essere io bravo a trasmettere i giusti impulsi perché un ventenne possa gestire la pressione, perché si appassioni all’allenamento, visto che la nostra attività vive soprattutto di quello. Motivarli è il mio mestiere, sapendo che ora i nodi stanno arrivando al pettine e vincere a livello giovanile presto non basterà più.

Come ritornano in forma gli atleti? Ce ne parla Notari

27.11.2024
5 min
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Di recente abbiamo visto come i ciclisti ripartono con la palestra dopo la pausa invernale e il meritato riposo. Un periodo di inattività comporta sempre del relax e qualche viaggio, giorni nei quali la mente non pensa ad altro che al divertimento, alla leggerezza. Succede quindi, giustamente, che i corridori facciano una vita “normale” per delle settimane, questo comporta il fatto che si possa ingrassare di qualche chilo. A pochi giorni dai primi ritiri, alcune squadre iniziano i primi di dicembre, è giusto capire anche come si rientra in forma. O almeno in che modo si riparte per acquisire una condizione che possa permettere agli atleti di affrontare bene i primi allenamenti ad alta intensità (in apertura foto Fizza). 

Le camminata in montagna sono un ottimo modo per tenere in forma l’apparato cardiorespiratorio e circolatorio (foto Instagram Gal Glivar)
Le camminata in montagna sono un ottimo modo per tenere in forma l’apparato cardiorespiratorio e circolatorio (foto Instagram Gal Glivar)

Inizio soft

Le risposte alle nostre domande ce le fornisce Giacomo Notari, preparatore del UAE Team Emirates Gen Z. La formazione di sviluppo della squadra più forte al mondo. 

«Nelle due o tre settimane di pausa che si fanno a fine stagione – spiega Notari – i ciclisti riducono l’attività a zero, o quasi. Dipende un po’ dalle abitudini di ognuno e dalla necessità di recuperare. Anche le vacanze vanno un minimo responsabilizzate. Eccedere sì, ma non troppo. Altrimenti quando si riparte non è facile ritornare in forma. Riprendere l’attività dopo le vacanze non vuol dire solo andare in bici, ma anche fare camminate in montagna o correre. Noi come preparatori lavoriamo insieme ai nutrizionisti per stabilire un piano alimentare corretto che possa aiutare l’atleta a tornare in forma».

In che modo si perde peso?

E’ abbastanza semplice, attraverso l’attività aerobica. Questa può consistere in tre tipologie: andare in bici, camminare in montagna o correre. Le ultime due sono fatiche diverse che aiutano il corpo a rimettersi in moto. Soprattutto la camminata in montagna è utile per mantenere allenato il sistema cardiorespiratorio e circolatorio. Ma il dimagrimento avviene maggiormente andando in bici. 

Spiegaci meglio.

Pedalare a intensità bassa, diciamo in Zona 2, permette al nostro fisico di utilizzare i grassi. Questi diventano la nostra fonte di energia. Non a caso la Zona 2 corrisponde a quella di Fat Max. Si tratta della zona in cui il nostro corpo consuma maggiormente i grassi per mantenere un determinato sforzo. 

I corridori devono arrivare al ritiro di dicembre già in buona condizione (foto Instagram UAE Team Emirates)
I corridori devono arrivare al ritiro di dicembre già in buona condizione (foto Instagram UAE Team Emirates)
Prima parlavi anche del nutrizionista.

Sì, perché non è solo andando in bici che si perde peso. Ma anche con la giusta dieta. In Zona 2 il fisico utilizza maggiormente i grassi per produrre energia. Tuttavia va educato, perché continuerà ad usare comunque una parte di carboidrati.

Cosa vuol dire?

Che nelle prime uscite di stagione se sono un corridore devo ricalibrare l’assunzione dei carboidrati per ora. Se un atleta allenato consuma 120 grammi di carboidrati l’ora durante questo periodo diminuirà le dosi. Questo discorso vale anche giù dalla bici, è una fase cruciale. 

Yates Barcellona
La corsa a piedi è un buon modo per allenarsi in fase di ripartenza dopo la pausa invernale, ma non si può improvvisare
Yates Barcellona
La corsa a piedi è un buon modo per allenarsi in fase di ripartenza dopo la pausa invernale, ma non si può improvvisare
Perché?

Il tempo per tornare a un peso giusto per l’attività agonistica è abbastanza limitato. Nel primo ritiro, quello di dicembre, si deve avere un buon peso, vicino a quello ideale. Questo perché da quel momento in poi si andrà ad aumentare l’intensità dell’allenamento e il corridore dovrà tornare a consumare i suoi 100 o 120 grammi di carboidrati l’ora. Il grosso lavoro di perdita di peso si fa tra novembre e dicembre. 

La palestra gioca un qualche ruolo?

Non in maniera diretta. La palestra aiuta ad aumentare la forza, di conseguenza crescono la massa muscolare e il metabolismo basale. Non è un modo diretto per perdere peso, ma aiuta nel rimettersi in forma. Per perdere peso si deve fare attività aerobica. 

Una sessione di rulli a digiuno, la mattina, aiutano a riattivare il metabolismo
Una sessione di rulli a digiuno, la mattina, aiutano a riattivare il metabolismo
Ripresa graduale?

Io sono un preparatore vecchio stile, se così vogliamo dire. Quindi credo che uno dei principi fondamentali sia la progressività del carico. Ai miei ragazzi consiglio di partire con un’ora e mezza, massimo due. Fino ad arrivare a pieno regime con le classiche quattro ore e mezza. 

Quante settimane servono per tornare al massimo carico di volume?

Dalle due alle tre settimane. In questo arco di tempo consiglio di non guardare i watt ma il cuore. Un atleta è abituato a vedere certi numeri durante l’anno, se si parla di potenza. Questi però non sono replicabili all’inizio della stagione. Se si guarda ai battiti, invece, si può capire quando il cuore torna a stabilizzarsi. Diciamo che se si parla di frequenza cardiaca non bisogna mai andare oltre la Zona 3, che corrisponde al 75/80 per cento della frequenza massima.