Il popolo del ciclismo a Torino per l’addio a Gianni Savio

03.01.2025
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TORINO – «Mi raccomando, teniamoci in contatto». Prendendo in prestito il suo saluto elegante e gentile, gli amici del pedale hanno voluto dire così ciao a Gianni Savio ieri mattina alla Chiesa Gran Madre di Torino, luogo che peraltro ha salutato tanti arrivi celebri del Giro d’Italia negli ultimi anni.

Uomo e diesse d’altri tempi, che ha conquistato tutti con la sua classe e la sua disponibilità, Gianni ha radunato una squadra di oltre duecento persone tra ex corridori, diesse, meccanici, dirigenti, giornalisti e appassionati di ciclismo in occasione del suo funerale, celebrato nello stesso giorno in cui ricorreva anche la morte del Campionissimo Fausto Coppi. Tra i tanti presenti alla cerimonia anche Giovanni Ellena, Wladimir Belli, il presidente federale Cordiano Dagnoni e Franco Balmamion.

Il tributo di Tafi

C’era anche il re delle classiche Andrea Tafi, che con noi ha voluto ricordarlo così: «Il primo pensiero che mi viene in mente è che ha creduto subito in me. Il mio primo contratto da professionista ho avuto il piacere e l’onore di poterlo firmare insieme a lui, nonostante in tanti mi chiedessero perché volessi andare in una piccola squadra come la sua. Ha creduto fortemente in quello che avevo fatto da dilettante, mi ha dato questa grande opportunità e senza di lui non sarei qui a dire che ho vinto la Roubaix o il Fiandre. Questo gliel’ho ripetuto tante volte e, nonostante ci siano stati alti e bassi, sono stati anni bellissimi con Gianni. Ricordo ancora anche quando ha preso Leonardo Sierra, era uno scopritore di grandi talenti e ha dato le opportunità a chi aveva talento i mezzi per poterlo esprimerlo e non è cosa da poco».

Il campione toscano aggiunge ancora: «Come hanno detto in tanti in questa giornata, la cosa che è mi è piaciuta molto in lui è che non è mai cambiato di una virgola, sempre uguale nei suoi modi cortesi e con un solo ideale: l’amore per il nostro sport. Ci lascia una grande persona, un petalo di questo fiore meraviglioso che è il ciclismo».

Tafi ha ringraziato Savio per aver creduto in lui da giovane e avergli permesso di avere la sua grande carriera
Tafi ha ringraziato Savio per aver creduto in lui da giovane e avergli permesso di avere la sua grande carriera

Lo scopritore di talenti

Più di tre lustri, Savio li ha vissuti quotidianamente con Giovanni Ellena, ora al Team Polti-VisitMalta: «Abbiamo condiviso 17 anni di lavoro, ma è difficile fermarsi soltanto a una caratteristica di Gianni. Mi ricordo i nostri “scontri lavorativi”, in senso buono. Entrambi avevamo la testa dura e magari per arrivare a una conclusione ci passava del tempo. Però, da lui ho imparato molto e una caratteristica che ho cercato di fare mia è di non infierire nel momento degli errori, perché tutti ne commettiamo. L’ho visto trovarsi davanti a situazioni complicate, ma lui non ha mai inferito con la persona che aveva commesso qualunque tipo di errore. Anzi, si è sempre comportato in maniera elegante e signorile».

Tanti talenti internazionali, ma anche tanti giovani del nostro Paese lanciati nel mondo del pedale. «Tutti parlano di Bernal o Sosa, ma Gianni ha creduto in italiani che all’inizio nessuno voleva come Vendrame e Ballerini – prosegue Ellena – e che ora tutti vediamo quanto valgono. Loro due, come tanti altri hanno fatto tanta fatica a passare professionisti e probabilmente non ci sarebbero riusciti se non avessero incrociato Gianni Savio sulla loro strada». 

Ellena ha ricordato Vendrame e Ballerini, qui con Savio alla Tirreno del 2017, come alcuni dei talenti migliori scoperti da Gianni
Ellena ha ricordato Vendrame e Ballerini, qui con Savio alla Tirreno del 2017, come alcuni dei talenti migliori scoperti da Gianni

Un terzino alla Maldini

L’ex pro’ torinese Umberto Marengo, suo corridore per una stagione con la Drone Hopper-Androni, lo ricorda con affetto: «Con lui ho vissuto un’annata difficile nel 2022, anche a causa del Covid, ma non mi ha mai fatto mancare il suo appoggio. Ogni volta, ci infondeva tutta la sua grinta e ci dava tante motivazioni. La sua eleganza era il tratto distintivo e ha sempre creduto nei giovani».

C’è poi chi rimembra persino i suoi trascorsi sul rettangolo verde del pallone da ragazzo, prima di salire con classe sull’ammiraglia e non scendere più e lanciarsi alla scoperta di talenti. «Tra il 1975 e il 1976 abbiamo giocato insieme nel Vallorco, in Prima Categoria. Era un terzino fluidificante, alla Maldini, mentre io ero ala sulla stessa fascia, a destra. Era molto generoso e ben dotato tecnicamente. Ricordo che già allora era appassionato di bici e spesso ne parlavamo in spogliatoio, lui sempre con la sua eleganza e la “r” arrotata», racconta un ex compagno di calcio, Michele D’Errico.

Sullo sfondo, mentre Gianni se ne va, la sua amata Torino in una grigia giornata d’inverno
Sullo sfondo, mentre Gianni se ne va, la sua amata Torino in una grigia giornata d’inverno

L’uomo dei sogni

Sport e famiglia, i due capisaldi di Gianni. L’amata “Pablita”, con cui ha festeggiato le nozze d’oro la scorsa estate, ha affidato il suo messaggio nella lettura di un amico per ringraziare dell’ondata d’affetto ricevuta in questi giorni tra visite, telefonate e messaggi ricevuti da lei e dalle figlie Annalisa e Nicoletta. A raccontare le gesta del nonno al piccolo nipote Edoardo Felline ci penserà papà Fabio, ritiratosi ufficialmente due domeniche fa e anch’egli grato nel suo percorso, ciclistico e umano, al compianto suocero.

«Ci mancherai, grande Gianni. Di te mancheranno la gentilezza, la disponibilità, il tuo sorriso e l’attenzione che ponevi ai rapporti umani», le parole in chiesa di Vladimir Chiuminatto, diesse del Madonna di Campagna . «Il ciclismo è stata la tua seconda casa, in cui ti sei mosso sempre in maniera elegante. Ci mancherà vederti camminare con passo spedito nei pressi del traguardo poco prima dell’arrivo dei tuoi ragazzi. Grazie alla tua determinazione e alla tua competenza, hai contribuito a far avverare i loro sogni. Mancherai a tutte quelle persone con cui hai collaborato in questi anni e per cui sei stato un condottiero carismatico, così come ai tuoi tifosi. Non solo quelli italiani, ma a quelli di tutto il mondo, in particolare a quelli sudamericani, a cui hai regalato grandi imprese». 

Noi appassionati siamo certi che il suo sorriso disponibile ci accompagnerà sempre: d’altronde, Gianni si è semplicemente avvicinato in anticipo al traguardo. 

Balducci e la Mastromarco, primi passi fra gli juniores

02.01.2025
7 min
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Quando lo raggiungiamo, Gabriele Balducci è nel ritiro di Mastromarco assieme a Carlo Franceschi, mettendo giù i programmi della squadra juniores da cui si riparte per il 2025. L’idea è venuta a Nibali, che da questa sponda toscana spiccò il volo per la carriera che tutti conosciamo. Ce lo raccontò proprio Franceschi, incontrato alla vigilia della partenza del Tour de France. Ci disse che nel pomeriggio sarebbe andato a Firenze dal suo pupillo per definire il nuovo assetto della squadra. Da allora le cose sono state laboriose e la definizione del progetto è andata più avanti di quanto sarebbe servito.

Perciò il primo anno della Mastromarco Fans Club Nibali, questo il suo nome, partirà in sordina e sarà un ritorno alle origini. La società toscana nacque negli juniores e fece il salto fra gli under 23 proprio per accompagnare la crescita di Vincenzo, lanciando poi una quantità rara di corridori. Da Caruso a Capecchi, passando per Richie Porte, Bettiol, Conti e per ultimo Crescioli. Con questo passaggio, la chiusura della Zalf Fior, quel che è accaduto alla Hopplà e il passaggio del Ct Friuli a devo team Bahrain, scompare in pochi mesi la quarta squadra storica degli U23 italiani. Continuiamo a dirci che è normale e andiamo avanti.

Franceschi ha accolto Nibali a casa sua quando arrivò dalla Sicilia e lo ha seguito per tutta la carriera. Qui nel 2019
Franceschi ha accolto Nibali a casa sua quando arrivò dalla Sicilia e lo ha seguito per tutta la carriera. Qui nel 2019

Le misure da prendere

Balducci (nella foto di apertura) parla frenato, sostanzialmente perché la nuova categoria lo ha messo davanti a situazioni e domande per cui sta cercando di trovare risposte. A 49 anni e dopo venti stagioni negli under 23, l’ex professionista pisano si è accorto che nelle ultime tre-quattro stagioni la categoria juniores ha fatto un notevole salto in avanti e occorre crearsi nuovi riferimenti per affrontarla nel modo migliore.

«Quando si cominciava la stagione con gli under 23 – ragiona – avevo 4-5 ragazzi con cui lavoravo da 2-3 anni. Parlavi di routine, programmi e allenamenti e loro ti venivano dietro. Ascoltavano. I ragazzini con cui ripartiamo sono digiuni di tutto, vengono dagli allievi dove fino a pochi mesi fa erano seguiti da pensionati molto volenterosi, come è giusto che sia a 16 anni. Eppure c’è chi vorrebbe farli diventare subito professionisti…».

La nuova Mastromarco si è radunata per la prima volta dal 27 al 29 dicembre
La nuova Mastromarco si è radunata per la prima volta dal 27 al 29 dicembre
Il discorso è capire che tipo di attività vorrete proporgli…

La nostra è una piccola squadra, abbiamo otto corridori: metà di primo e metà di secondo anno. Uno è Danilo Bartoli, figlio di Mauro e nipote di Michele. Così l’altro giorno mi sono sentito con il preparatore di un’altra squadra, gli ho chiesto in che modo li gestiscano, avendo due ore di luce ogni giorno dopo la scuola. E mi ha detto che dopo aver pedalato fuori, li fa salire sui rulli per fare le ultime due ore di lavoro in casa. E io fra me e me ho pensato che fra lo studio e la bici, a questi ragazzi cosa resta per sé?

Un mondo nuovo cui prendere le misure?

Dopo una ventina d’anni di under 23, abbiamo visto subito il cambiamento degli juniores. Come direttore sportivo sono affiancato da persone che mi danno una mano, ma continuo a chiedermi come dobbiamo trattarli: da corridori o da ragazzini? Dobbiamo stare attenti con gli allenamenti, con i programmi e i volumi di lavoro, anche più che nella categoria U23. Ho visto juniores che fanno 5 ore di allenamento. E’ vero che la moda è andata oltre, ma avendo lavorato anche con le categorie superiori, dico che ripartire dagli juniores è stata una buona scelta.

Perché questo cambio di direzione?

Vedendo come è cambiata la categoria under 23, abbiamo fatto un briefing fra di noi e ci siamo resi conto di non essere all’altezza di tenere il passo delle squadre che stanno nascendo attorno alle WorldTour. Alla fine il nostro obiettivo e la nostra soddisfazione era avere tutto sotto controllo, invece la situazione era tale per cui tutto ti sfuggiva di mano. Allora Vincenzo è venuto qui a Mastromarco e ha proposto la rivoluzione. Era chiaro che non avessimo le forze, l’organizzazione, forse anche il materiale e gli sponsor per fare una squadra U23 al livello delle più grandi.

Il bozzetto della maglia del Mastromarco Nibali Fan Club. Vincit è un marchio che appartiene a Nibali
Il bozzetto della maglia del Mastromarco Nibali Fan Club. Vincit è un marchio che appartiene a Nibali
Quindi lo scopo è formare dei ragazzi che poi andranno a finire nei devo team o nelle continental?

L’intento è di ripartire con un profilo abbastanza basso, perché comunque abbiamo dei corridori alle prime armi, e piano piano costruire qualcosa. Buttare le basi per tornare al livello della Mastromarco e formare qualche atleta di valore sperando di vederlo sbocciare. Perché la nostra soddisfazione è sempre stata questa.

Il fatto di avere corridori alle prime armi dipende dal fatto che vi siete mossi tardi?

Ma tanto tardi! Ci aveva contattato anche un corridore che poi è andato con Bortolami, ma quando una squadra passa dall’under 23 agli juniores, un po’ paga anche lo scotto della novità. Questo non significa che non siamo all’altezza, anzi. A livello di organizzazione siamo rimasti come gli under 23. Abbiamo un preparatore che mi dà una mano, ma mi sto rendendo conto che non cambia poi molto. Mi sono documentato e noto che anche negli juniores si fanno dei volumi di lavoro veramente alti.

L’obiettivo è provare a fare risultato con i più grandi oppure partono tutti la pari?

Partiamo tutti con l’intento di assaporare la categoria. Non faremo un gruppetto che parte più forte e uno che parte piano, il mio obiettivo è portarli senza esagerare alla fine della scuola e poi sfruttare l’estate per fare una bella attività. Ho dato loro i programmi di lavoro fino al 6 gennaio per sfruttare le vacanze di Natale e poi magari faremo un altro ritiro a Pasqua, sempre approfittando della pausa scolastica. Non si può pensare di andare tanto forte all’inizio di stagione, perché ci sono in giro squadre che vengono da ritiri collegiali e si allenano a livelli molto alti e fanno già cinque ore e mezza.

Carlo Franceschi, Alberto Bettiol, Gabriele Balducci, bici Cannondale alla Mastromarco, 2020
E’ stato nuovamente Bettiol il tramite fra Cannondale e la Mastromarco
Alberto Bettiol, Gabriele Balducci, bici Cannondale alla Mastromarco, 2020
E’ stato nuovamente Bettiol il tramite fra Cannondale e la Mastromarco
Anche fra gli juniores ci sono degli squadroni con cui fare i conti…

E la differenza è enorme, veramente. A me piace seguirli ogni giorno in allenamento. Li vedo motivati, qualcuno un po’ più appassionato, qualcuno un po’ meno. Abbiamo fatto un miniraduno fra Natale e Capodanno e mi sono fatto la prima idea. Abbiamo parlato. C’è un ragazzino che ha cominciato a correre l’anno scorso e ha dei test buoni. Però l’ho visto all’opera e dovrà capire che oltre ad andare forte in salita servirà anche un po’ di tecnica per fare le discese e per stare in gruppo.

Con che bici correrete?

Ancora Cannondale. Anche se Alberto (Bettiol, ndr) è andato all’Astana, grazie a lui e alle sue conoscenze, siamo riusciti a riprenderle. Sono bici bellissime, tutte Super Six Evo montate Ultegra. Alberto rimane un amico di Mastromarco. Si sa, Vincenzo vuole una cosa sua, ma Alberto è attaccato a me e di conseguenza è con noi, anche se ovviamente sulle maglie non c’è il suo nome. 

La cosa più divertente di tutto questo è che riprenderà la rivalità con Scinto e Mastromarco?

Luca a differenza nostra ha una bella squadrettina, è già dentro da qualche anno ed è più avanti. Io questa rivalità non l’ho vissuta, perché quando sono arrivato a Mastromarco, Visconti e Nibali erano già passati, ma Luca è preso parecchio…

L’obiettivo per i prossimi anni è crescere?

Quest’anno abbiamo perso uno sponsor storico come Chianti Sensi. Grazie a Vincenzo riusciamo a partire, ma il nostro obiettivo sarebbe ritrovare assieme a lui un appassionato che si impegni nuovamente e ci permetta di crescere. Vediamo cosa viene fuori, perché credo che anche a livello generale intorno a questa categoria cambierà qualcosa e dovremo farci trovare pronti.

Si comincia a marzo con la prima gara in Toscana?

E’ già arrivato il bollettino, sarà una gara nazionale, subito con il San Baronto (sorride, ndr). Vedremo come andrà, perché a marzo avranno già ripreso la scuola da tre mesi e fanno licei e scuole impegnative. Non voglio che sacrifichino gli studi per correre, anche se la differenza fra uno che va a scuola e uno che non ci va è grandissima. Gli spiegherò una cosa che sappiamo benissimo da anni. Ne abbiamo visti tanti, che da juniores sembrano chissà cosa e poi smettono e si ritrovano senza un titolo di studio e senza lavoro. Questo è un discorso che devo fargli. Gli dirò che per ora comanda la scuola e solo a lezioni finite, avremo il tempo e la possibilità di fare qualcosa in più.

Come detto da Balducci, i corridori della Mastromarco Fans Club Nibali sono Danilo Bartoli, Cesare Picchianti, Marco Mati e Lorenzo Innocenti del secondo anno, Matteo Cialdini, Lorenzo Pucci, Filippo Postpischl, Luca Iavazzo del primo.

Performance: la forza della mente, il potere dell’inconscio

02.01.2025
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FONDI – La performance, in ogni ambito della vita, non è mai il frutto di un solo elemento né tantomeno nel ciclismo. Allenamento, materiali, alimentazione, idratazione, tattica e team sono tutti fattori cruciali per raggiungere il massimo livello. Tuttavia, esiste un altro elemento che spesso viene trascurato, ma che può fare la differenza tra una buona prestazione e un risultato straordinario: la mente.

È qui che entra in gioco il metodo Brain Reset del dottor Ken West, un approccio rivoluzionario, che va oltre la psicologia, per liberare il potenziale umano attraverso il superamento dei blocchi mentali e il ripristino della consapevolezza razionale. Lo abbiamo incontrato durante un evento offroad e il suo metodo ci è parso davvero interessante, curioso e soprattutto valido.

West, laureatosi alla Oxford University, ha un curriculum gigantesco. Di base è un ottico, ma proprio con lo studio super approfondito della sua materia e tanta, tanta ricerca scientifica si è reso conto che dagli occhi non solo arriva la maggior parte delle informazioni per il cervello, ma che queste informazioni hanno delle strette relazioni con l’inconscio, la parte del cervello che non controlliamo.

L’incontro con il dottor West. Oggi lo scienziato collabora con l’Academy di Pirazzoli. Viaggia continuamente per il mondo
L’incontro con il dottor West. Oggi lo scienziato collabora con l’Academy di Pirazzoli. Viaggia continuamente per il mondo

Performance, equilibrio complesso

Ma restiamo nel nostro mondo e in questo caso partiamo dalla performance. Nel ciclismo agonistico, la performance è un “pacchetto” che richiede l’equilibrio perfetto tra diverse componenti. L’allenamento fisico fornisce la base, i materiali tecnologici ottimizzano l’efficienza, l’alimentazione e l’idratazione garantiscono energia e resistenza. Ma quando tutte queste variabili sono al massimo, è spesso la mente a determinare il risultato finale. A dare quel qualcosa in più.

Elisabetta Borgia, mental coach di atleti professionisti, ci ha spiegato più volte come il controllo della mente possa trasformare una prestazione. Giovanni Ellena, direttore sportivo di lungo corso, ha evidenziato come l’aspetto mentale abbia un impatto decisivo, tanto da spingerlo a studiare sempre più a fondo questo ambito.

Quando ci convinciamo di non poter affrontare un ritmo o un percorso, il nostro corpo risponde di conseguenza, limitando il potenziale. La sfida sta nel trasformare quelle convinzioni limitanti in opportunità per superare i nostri limiti.

Un passaggio tecnico o giudicato da noi stessi pericoloso si può risolvere agendo sull’incoscio
Un passaggio tecnico o giudicato da noi stessi pericoloso si può risolvere agendo sull’incoscio

Riprogrammare l’inconscio

Il dottor Ken West, con oltre 40 anni di esperienza nel campo della performance umana, ha individuato nell’inconscio il più grande ostacolo al miglioramento. L’inconscio, che controlla il 95 per cento delle nostre esperienze, è spesso influenzato da paure irrazionali e modelli di pensiero autodistruttivi che limitano la nostra capacità di agire. Il metodo Zero Reset, sviluppato dal dottor West, si basa sull’uso di strumenti ottici per eliminare questi blocchi e ripristinare la mente subconscia in uno stato di pensiero razionale. Proviamo a spiegare meglio…

Un aspetto centrale del metodo è l’utilizzo di immagini geometriche, che agiscono come chiavi per “sbloccare” il subconscio. Queste immagini aiutano a riconoscere e dissolvere paure profonde, come l’ansia da prestazione o il timore del fallimento. Il tutto, dura pochi minuti. Si tratta di vedere delle immagini particolari, appunto delle figure geometriche, su uno schermo. Non ha nulla a che fare sull’ipnosi, che agisce più sulla mente: qui l’occhio resta centrale.

Secondo il dottor West, affrontare queste emozioni attraverso un approccio strutturato è fondamentale per liberare il potenziale nascosto.

«Quando eliminiamo i blocchi – afferma West – troviamo una versione di noi stessi più libera e più capace. Più efficiente». Questo processo non è solo teorico, ma viene validato dai risultati ottenuti con atleti, artisti e imprenditori di successo in tutto il mondo. Pensate che West ha lavorato, e lavora, con atleti di oltre 40 discipline differenti. Atleti di vertice. Non ultimo un nuotatore italiano che veniva da un periodo di scarso rendimento e scarsa fiducia, ai recenti mondiali in vasca corta ha riportato ottime prestazioni. E in passato sempre West ha lavorato con ciclisti di vertice: Miguel Martinez, nella mtb che non lo ha mai nascosto, ma anche squadre che per anni hanno dominato il Tour de France tanto per capirci.

A volte basta pochissimo per superare i limiti della mente
A volte basta pochissimo per superare i limiti della mente

Oltre i limiti

Una volta compreso il funzionamento del metodo Zero Reset, l’applicazione pratica è sorprendentemente semplice. Gli strumenti energetici e le tecniche proposte dal dottor West aiutano gli individui a riconoscere i propri blocchi mentali e a superarli. Ad esempio, molti ciclisti si trovano paralizzati davanti a percorsi particolarmente impegnativi. Noi abbiamo visto dal vivo tutto ciò in un ambito legato alla mtb: questi ostacoli erano per esempi single track tecnici e ripidi, o drop alti… e la paura, ancor prima che l’incapacità tecnica di affrontarli, come era successo a chi veniva dopo una caduta per esempio. O la stessa voglia di uscire in bici dopo un brutto incidente. Ebbene, dopo aver eseguito lo sblocco mentale, gli interessati riuscivano ad affrontare questi tracciati con una nuova leggerezza e sicurezza. O tornavano ad avere voglia di pedalare. Con la performance ovviamente non basta dire: «Da domani reggo le ruote di Pogacar» e ci si riesce.

Questo approccio non si limita al superamento di ostacoli fisici. Nella vita quotidiana, lo Zero Reset aiuta le persone a gestire lo stress, risolvere conflitti e prendere decisioni con maggiore lucidità. In ambito sportivo, il metodo può rappresentare la svolta per chi si sente bloccato da convinzioni limitanti, come la paura di non riuscire a mantenere un certo ritmo o la convinzione di non essere all’altezza delle aspettative. Non è così, ma senza dubbio cambia l’approccio verso questo gap, questo limite. E magari una cosa che prima pareva impossibile, diventa potenzialmente possibile. Insomma la mente, o meglio, l’inconscio non dice “no” a priori (anche se magari noi non pensiamo che lo dica).

Liberarsi dai propri blocchi significa non solo migliorare la performance, ma anche accrescere il benessere personale. Il metodo Zero Reset ci ricorda che la mente è il nostro strumento più potente e che, se ben allenata, può portarci ovunque desideriamo. Per chiunque cerchi di migliorarsi, nel ciclismo o nella vita, questo potrebbe essere il primo passo verso una nuova consapevolezza e un successo senza precedenti.

Privitera: parole da adulto per il giovane della Hagens Berman

02.01.2025
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Samuele Privitera parla con la voce di uno che ha le idee chiare nonostante la giovane età. Il diciannovenne ligure ha chiuso il suo primo anno con la maglia della Hagens Berman, il team continental che dalla passata stagione è entrato nell’orbita della Jayco AlUla, diventandone ora il devo team. La prima annata da under 23 per Privitera ha un duplice significato: innanzitutto è arrivata la consapevolezza che il ciclismo è diventato una cosa seria. Inoltre il ligure ha capito che ogni dettaglio conta e niente può essere lasciato al caso

In questi giorni che hanno sancito il passaggio dal 2024 al 2025 Privitera era a casa. Un breve periodo di recupero dopo il primo ritiro in Spagna con la Hagens Berman, accanto ai colossi del WorldTour. 

«Mi sono e ci siamo allenati bene – ci dice – ad Altea eravamo tutti riuniti in pochi metri: team di sviluppo e WorldTour. Avevo già avuto modo a dicembre del 2023 di partecipare a un ritiro con i professionisti. L’ambiente Jayco è molto bello, si lavora sodo e bene. Tuttavia non si sente la pressione, si rimane sereni e tranquilli».

Samuele Privitera ha corso il 2024 con la Hagens Berman Jayco, devo team della Jayco AlUla
Samuele Privitera ha corso il 2024 con la Hagens Berman Jayco, devo team della Jayco AlUla

La crescita

A livello di atteggiamento l’anno appena concluso sembra aver lasciato dentro Samuele Privitera la voglia di far vedere che è pronto a diventare un corridore a tutti gli effetti. 

«Il primo ritiro è andato alla grande – continua – la squadra ha optato per fare tanto volume a bassi regimi. Tante ore in bici ma tutti insieme, per pedalare l’uno accanto all’altro e conoscere i nuovi compagni. Per quanto riguarda i miei valori devo dire che sono molto contento, non mi aspettavo di stare così bene fin da subito. Si vede che ho assimilato bene quanto fatto durante il 2024. Il periodo di stacco ha dato i suoi frutti».

Una prima stagione fatta di alti e bassi ma dalla quale ha imparato parecchio (foto Instagram)
Una prima stagione fatta di alti e bassi ma dalla quale ha imparato parecchio (foto Instagram)
Come consideri questo primo anno da under 23?

Ha avuto un po’ di alti e bassi ma è anche giusto che fosse così. Ho capito che bisogna lavorare e avere un atteggiamento serio. Quello che prima era un divertimento ora è un lavoro. La squadra mi permette di vivere con il ciclismo e sento di dover dare qualcosa in cambio. Non che ci sia pressione, ma consapevolezza che le cose vanno fatte in un determinato modo.

Ad esempio?

Ci sono delle persone che lavorano con lo scopo di farci andare in bici e di farlo nel migliore dei modi. Quindi a noi spetta il compito di essere professionali e avere il giusto atteggiamento. Se un giorno piove l’allenamento va fatto comunque, perché i risultati non arrivano senza la dedizione. 

Al Giro Next Gen Privitera ha avuto uno dei migliori momenti di condizione (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Al Giro Next Gen Privitera ha avuto uno dei migliori momenti di condizione (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Per quanto riguarda la risposta in gara, come giudichi il 2024?

Penso di essere arrivato al massimo della condizione quando ero al Giro Next Gen. Nonostante lo avessi iniziato con un malanno ho tenuto duro ed è arrivato anche un terzo posto nella tappa di Zocca. Poi da lì in avanti ci sono stati degli avvenimenti che mi hanno frenato in alcuni momenti. Cose piccole ma che per un ragazzo di 18 anni non sono facili da gestire. 

Tipo?

Avrei dovuto fare uno stage con la Jayco AlUla, ma alla fine hanno deciso di dare questa chance a un altro ragazzo. Non è una cosa che mi ha causato quale danno a livello morale, tuttavia è chiaro che nel mentre è difficile da gestire. Prepari certi appuntamenti e poi cambiano i piani. Succede, si impara a gestire la cosa. 

Nella tappa di Zocca, al Giro Next Gen ha raccolto un buon terzo posto (foto LaPresse)
Nella tappa di Zocca, al Giro Next Gen ha raccolto un buon terzo posto (foto LaPresse)
In un anno quanto sei cambiato?

Tanto. Quando ero in forma sono riuscito a ottenere anche dei buoni risultati. Ma la cosa fondamentale penso sia stata l’imparare a gestire le diverse situazioni. 

Sei passato da una formazione juniores a un devo team come hai vissuto il tutto?

Bene. Avevo una buona conoscenza dell’inglese e questo mi ha dato una mano. E’ stato un passo importante che consiglio anche ad altri ragazzi, si fanno delle esperienze da corridore vero. Non credo di essere troppo giovane, d’altronde se un ragazzo della mia età vuole mantenersi deve andare a lavorare. Quello che mi è richiesto è l’andare in bici ed essere professionale nel farlo. 

Nel finale di stagione è stato vittima di due cadute che gli hanno impedito di performare al meglio (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Nel finale di stagione è stato vittima di due cadute che gli hanno impedito di performare al meglio (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
A livello atletico quanto sei cresciuto?

Molto, in particolare negli sforzi brevi e nell’esplosività. Sento di avere un motore diverso, con un picco maggiore. I passi più grandi sono arrivati durante questo inverno. 

Ora il programma cosa prevede?

A fine gennaio andremo in ritiro in Toscana, con tutta la squadra. Mi piace pensare che un team importante come il nostro venga in Italia ad allenarsi, è un modo per mantenere radicata la nostra tradizione ciclistica. L’esordio alle gare dovrebbe arrivare in Croazia a marzo, poi cercheremo di capire se farò qualche gara con i professionisti. Noi del devo team dovremmo avere degli slot alla Coppi e Bartali. L’obiettivo principale sarà il Giro Next Gen. Vorrei cambiare un po’ il calendario in primavera e saltare le classiche italiane under 23, come Recioto e Belvedere, per andare a correre la Liegi U23 e il Tour de Bretagne. Questa è la richiesta che ho fatto alla squadra, vedremo se saranno d’accordo. 

Allora in bocca al lupo e buon anno.

Grazie e buon anno anche a voi!

Pogacar e la Sanremo, in campo l’intelligenza artificiale?

02.01.2025
4 min
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BENIDORM (Spagna) – Si chiama Anna ed è un altro dei gregari di Tadej Pogacar per vincere la Sanremo, il meno conosciuto (in apertura foto Fizza/UAE Emirates). Lo racconta Jeroen Swart, responsabile della performance del UAE Team Emirates. «E’ un po’ scontrosa – spiega sorridendo il sudafricano – ma è incredibilmente straordinaria in quello che fa».

Anna è l’intelligenza artificiale che la squadra di Gianetti ha messo in campo grazie ad Analog, uno dei suoi partner. Analog è stato lanciato da G42 negli Emirati Arabi Uniti, mentre Presight è il ramo che si occupa dell’analisi dei dati e il loro sviluppo tramite l’intelligenza artificiale. Al momento si tratta di una fase di conoscenza e sviluppo, ma apre la porta su un futuro di simulazioni in cui le variabili fuori controllo saranno sempre meno a favore di un ciclismo forse anche troppo perfetto.

Jeroen Swart, sudafricano, è il responsabile della performance di UAE Team Emirates
Jeroen Swart, sudafricano, è il responsabile della performance di UAE Team Emirates
Di cosa si tratta?

Abbiamo intrapreso un piano per generare la nostra piattaforma dati e stiamo lavorando con i nostri partner negli Emirati Arabi Uniti già da anni. Ora si sta arrivando a fasi davvero fenomenali. Analog è stato il nostro partner per fare un ulteriore passo avanti. Ora abbiamo capacità di intelligenza artificiale estremamente interessanti.

Di cosa parliamo?

Abbiamo a disposizione tutti i dati dei ciclisti da tutti i loro dispositivi, da Wahoo a qualunque altra piattaforma, raccogliamo i nostri dati sulla prestazione, i dati sul sonno, le misurazioni sul loro benessere, tutto va in un unico set di informazioni. E la qualità dei dati è davvero robusta, perché questo è il punto di partenza con l’intelligenza artificiale. Se si inseriscono dati fasulli, non serve a niente. E ora grazie a queste informazioni così precise, abbiamo la possibilità di chiedere alla AI delle intuizioni e lei ce le sta restituendo e ci sta dando soluzioni davvero uniche. Una delle cose che possiamo fare è avere un sistema di grafici intelligenti in cui puoi semplicemente parlare con lei.

In che modo?

La parte più difficile ora è pensare a cosa chiedere, perché stiamo ricevendo le risposte, ma dobbiamo sapere quali sono le domande giuste. Domande uniche che non sono necessariamente le più ovvie. Quindi questo è davvero ciò che dobbiamo fare ora, perché ne abbiamo la capacità.

L’impegno fra Gianetti e Thomas Pramotedham, CEO di Presight è stato siglato a marzo 2024. La collaborazione c’è però dal 2021
L’impegno fra Gianetti e Thomas Pramotedham, CEO di Presight è stato siglato a marzo 2024. La collaborazione c’è però dal 2021
Ci fa un esempio?

Quando eravamo ad Abu Dhabi in ottobre, presso la sede di Analog, hanno preso i visori 3D Apple, e in quelli c’è una realtà virtuale: una realtà alterata, in pratica. Non chiedetemi come, ma tramite il loro server sono in grado di collegare più set in cui tutti vedono la stessa cosa. Nell’esempio che abbiamo fatto quel giorno, abbiamo tirato fuori il profilo 3D della 18ª tappa del Tour (quella di Barcelonette, vinta da Campenaerts su Vercher e Kwiatkowski dopo una lunga fuga, ndr). Abbiamo chiesto Anna di mostrarci come si è svolta la gara, con piccoli ciclisti in miniatura 3D e di raccontarci le storie chiave della giornata, concentrandoci in particolare su Tadej. L’intelligenza artificiale ha i suoi dati di quel giorno e dei giorni precedenti e sa come si è svolta la gara.

E cosa è venuto fuori?

Si ottiene una narrazione che poi inizia a dare intuizioni che non abbiamo necessariamente colto mentre la guardavamo in TV o dall’auto o guardando i dati sul software che usiamo abitualmente. Anna può farlo in un minuto e in qualsiasi lingua, le capacità sono pazzesche. E’ la direzione che stiamo seguendo in questo momento e siamo sul punto che l’esperienza virtuale possa avere un’applicazione pratica.

L’intelligenza artificiale suggerirà a Pogacar un’alternativa rispetto all’attacco sul Poggio per vincere la Sanremo?
L’intelligenza artificiale suggerirà a Pogacar un’alternativa rispetto all’attacco sul Poggio per vincere la Sanremo?
Che cosa manca?

Dobbiamo capire come utilizzare al meglio questa tecnologia e dove ottenere i benefici. E’ un’area molto importante su cui stiamo lavorando. Se le chiederemo come vincere la Milano-Sanremo? Chiaramente sì, ma ovviamente non vi darò la risposta. Forse Anna la darà a noi.

Crede che questa sia un’applicazione dell’intelligenza artificiale che si diffonderà nello sport?

Penso che sia un elemento su cui tutti devono cercare di investire. E penso anche che siamo davvero fortunati in quanto abbiamo partner e risorse che già da quattro anni si concentrano sull’intelligenza artificiale negli Emirati Arabi Uniti.

Espargarò in bici? Non è per pubblicità, garantisce Guercilena

02.01.2025
5 min
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Non lo vedrete nei roster della squadra, eppure l’ingresso di Aleix Espargarò alla Lidl-Trek ha fatto molto rumore. Perché non sarà un semplice ambassador del marchio. Appena parcheggiata la sua moto dopo una carriera nella MotoGP costellata di pole position e di vittorie, anche se non illuminata dal titolo mondiale, lo spagnolo ha deciso di reinventarsi rimanendo nel mondo delle due ruote, ma di altro tipo…

Per Espargaròò l’esperienza in bici sarà un’ulteriore tappa nella sua crescita umana
Per Espargarò l’esperienza in bici sarà un’ulteriore tappa nella sua crescita umana

Un suo desiderio

Va chiarito subito un punto: Espargarò ha un peso specifico, nel mondo dello sport, non indifferente e può essere un grande richiamo, ma lo spagnolo non ha la minima intenzione di fare la bella statuina e stare a guardare, troppa la sua abitudine a essere nella mischia. Che cosa potrà fare allora? A rispondere è il team manager Luca Guercilena, che ha voluto in prima persona che l’operazione andasse in porto.

«I contatti con lui sono iniziati ad Andorra – racconta – che ormai a un epicentro per il ciclismo, grazie a Carlos Verona che è un suo amico. E’ stato spesso ospite nei nostri eventi marketing, poi a una cena post Tour ci ha accennato al suo sogno di provare la vita da corridore di ciclismo, da affiancare al suo ruolo di uomo-immagine per la nostra azienda perché può dare molto in fatto di visibilità. Abbiamo quindi pensato di fargli provare gare di gravel, anche del massimo circuito Uci, di mountain bike e magari di vederlo impegnato in qualche Granfondo, poi vedremo come va».

Il catalano ha mostrato subito grandi doti in salita. La bici è sempre stata parte della sua preparazione
Il catalano ha mostrato subito grandi doti in salita. La bici è sempre stata parte della sua preparazione
Che cos’è che, al di la del suo prestigio, vi ha colpito del 35enne catalano?

Innanzitutto non è uno sprovveduto in bici, perché è sempre stata un suo strumento di allenamento per la sua attività motociclistica. Io sono rimasto impressionato da quanto si allena, mi ha detto che la bici era fondamentale per la resistenza almeno quanto la palestra per la forza nello spostare i tanti chili della moto. Da questo punto di vista non ci sono davvero sostanziali differenze con i nostri ragazzi, è un professionista in tutto quello che fa.

Perché avete scelto una multidisciplina per il suo inizio?

Abbiamo voluto innanzitutto lasciargli libertà di scelta. Tra l’altro ha già corso in qualche Granfondo su strada e anche con risultati molto buoni. Io credo che nelle gravel possa fare davvero bene, anche perché lo stimolo del circuito mondiale può dargli nuovi stimoli. Da quel che ho visto Aleix ha una grande abilità di guida e questo è normale vista la sua attività, chiaramente paga dazio nello stare in gruppo, un conto è guidare con pochi centauri al tuo fianco, un altro pedalare in mezzo a centinaia di persone. Ma lui vuole provarci e noi siamo d’accordo.

Vincitore di 3 gare, Espargarò è l’unico ad avere conseguito pole position con 3 moto diverse: Yamaha, Suzuki e Aprilia (foto Michelin)
Vincitore di 3 gare, Espargarò è l’unico ad avere conseguito pole position con 3 moto diverse: Yamaha, Suzuki e Aprilia (foto Michelin)
Che cosa può dare?

E’ un esempio, di professionalità e abnegazione. Con tutto quel che ha guadagnato, vuole ancora mettersi in gioco. Questo per i giovani è un impatto importante. Aleix sa bene che il ciclismo non regala nulla e il suo messaggio, il suo rimettersi in gioco pur a 35 anni è qualcosa d’importante, un messaggio da diffondere. Nessuno gli chiede nulla, ma conoscendolo sappiamo che Espargarò è un agonista nato e che cercherà sicuramente di ottenere risultati.

Come si è posto, che atteggiamento ha?

In maniera molto umile, quella di chi vuole imparare. Ha subito detto che non pretende assolutamente il centro dell’attenzione e che si sente come uno studente alle prime armi insieme a gente che ne sa molto di più. Non pretende certo di mettersi in sella e competere nelle grandi corse, anche se ha detto che gli piacerebbe partecipare e mettersi a disposizione dello staff in qualsiasi ruolo sia utile. Io credo che l’atteggiamento sia un aspetto importantissimo, ho molta fiducia in quello che potrà fare per lui e per noi. Intanto farà la prima parte dell’anno, poi vedremo come andrà e ci porremo nuovi obiettivi.

I compagni sono rimasti stupiti dalle sue doti. Aleix si dedicherà soprattutto a gravel e mtb
I compagni sono rimasti stupiti dalle sue doti. Aleix si dedicherà soprattutto a gravel e mtb
La squadra come l’ha presa?

Molti lo conoscevano, sapevano chi è, ma erano un po’ scettici su quel che potesse fare. Quand’eravamo ad Andorra, appena hanno iniziato a salire in bici si sono ricreduti: asciutto anche più di tanti corridori, tecnicamente ineccepibile, si capiva che non era lì per esibizionismo. La differenza c’è, sia chiaro, ma può fare davvero bene nei contesti più adatti.

Lui ha detto che però il suo sogno è attaccare il numero di qualche corsa professionistica…

Vedremo, facciamo un passo alla volta. Lui ci ha espresso i suoi sogni e noi vogliamo che riesca a realizzarli, piano piano. Ripeto, è un accordo reciproco dal quale possiamo trarre vantaggio tutti.

Van Aert inquadra il 2025: zoom su Fiandre e Roubaix?

01.01.2025
4 min
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Il Belgio del ciclismo trattiene il fiato per conoscere il programma di gare di Wout Van Aert (in apertura immagine Instagram/Visma-Lease a Bike), che sarà svelato il 14 gennaio durante il media day della Visma-Lease a Bike a La Nucia, in Spagna. La partenza di Merijn Zeeman ha tolto dal tavolo l’artefice dell’insolito schema 2024, che venne poi vanificato dalla caduta alla Dwars door Vlaanderen. Eppure in questo estremo rincorrere la condizione perfetta, sono tanti quelli che temono un’altrettanto insolita programmazione.

La caduta di Van Aert alla Dwars door Vlaanderen che compromise la primavera 2024
La caduta di Van Aert alla Dwars door Vlaanderen che compromise la primavera 2024

Via dall’Italia

Lo scorso anno Van Aert rinunciò alla Strade Bianche e la Sanremo per farsi trovare al massimo al Fiandre e alla Roubaix. In un’intervista commentò il fatto che essere ciclisti professionisti significhi ormai essere professionisti anche della noia, passando giorni e giorni in altura e rinunciando a due gare che già in passato lo avevano visto protagonista assoluto. E del resto fu proprio a causa di quel periodo supplementare in altura che Van Aert prese parte alla gara dell’incidente. Si trattava di scegliere fra Gand-Wevelgem, Harelbeke e Dwars door Vlaanderen. La prima cadeva nella finestra temporale in cui il ritorno dall’altura offre più disagi che vantaggi e per questo si optò per la seconda e la terza. La Attraverso le Fiandre sarebbe stata l’ultimo test fra l’altura e il Giro delle Fiandre, si trasformò invece nella tomba della sua primavera.

La caduta, di cui si è parlato per gli effetti e poco per la dinamica, ha tenuto banco a lungo in Belgio. Quel tratto, ritenuto pericoloso, era stato tolto dal percorso del Fiandre ma non da quello della corsa di preparazione. Raccontano i presenti che prima di abbattersi violentemente sull’asfalto, Van Aert abbia raggiunto volando un’altezza mai vista in una gara di biciclette. E che Alaphilippe, passato poco dopo sul posto, si sia ritirato per la violenza della scena e il ricordo del suo incidente alla Liegi del 2022.

Nel 2020 Van Aert vinse strade Bianche e Sanremo, dove batté Alaphilippe in volata
Nel 2020 Van Aert vinse strade Bianche e Sanremo, dove batté Alaphilippe in volata

L’altura in extremis

La squadra non ha mai rinnegato la scelta e questo fa pensare che potrebbe farla nuovamente. Tiesj Benoot, che aveva seguito lo stesso cammino di Van Aert, ammise di aver avuto al Fiandre una giornata eccellente. E anche i tecnici hanno ammesso che Van Aert ci sarebbe arrivato con il giusto peso e con i migliori valori. Anche se di fatto non ci è mai arrivato e non ha potuto lottare per la Strade Bianche e ancor di più la Sanremo che avrebbero dato – in caso di esito positivo – ben altro sapore alla sua primavera.

La domanda del pubblico e degli addetti ai lavori è dunque se Van Aert ripeterà lo stesso schema o rimetterà mano al programma. La sfida nella sfida fra gli allenatori è quella di arrivare alle grandi classiche del Nord passando per uno stage tardivo in quota, che però ovviamente costringe a grandi rinunce: le due classiche italiane potrebbero essere nuovamente escluse dal programma del campione.

Roglic e Van Aert sul Teide: un’immagine di febbraio 2021. Wout corse poi Tirreno e Sanremo prima del Nord
Roglic e Van Aert sul Teide: un’immagine di febbraio 2021. Wout corse poi Tirreno e Sanremo prima del Nord

Comunque un’impresa

Lette da qui, potrebbero essere questioni da derubricare con uno sbadiglio. In Belgio invece attorno a Van Aert c’è come sempre un seguito oceanico che si interroga ossessivamente sui tempi del ritorno e il livello che ritroverà. Basti pensare che dal momento in cui il belga ha annunciato il debutto nel cross di Loenhout, la prevendita dei biglietti è schizzata alle stelle, ben più di quello che sarebbe accaduto se la sola star fosse stata Van del Poel. Dodicimila tagliandi acquistati online, cui se ne sono aggiunti 3.500 venduti sul posto, che con 15.500 presenti hanno stabilito il record assoluto di biglietti venduti in uno dei cross più classici del Belgio.

Il belga non fa mistero che nei prossimi quattro mesi per lui esistano soltanto due corse – il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix – e per certi versi viene da condividerne il pensiero. Fino a qualche anno fa la domanda non era se le avrebbe vinte, ma quando. In realtà Van Aert ha compiuto trent’anni e non ci è ancora riuscito. La causa principale è stata la sfortuna, poi ci sono stati alcuni problemi meccanici e soprattutto avversari enormi. Anche per il miglior Van Aert certe corse non sono scontate. Al Fiandre dovrà vedersela con Pogacar e Van der Poel, che sembrano volare sotto un cielo tutto loro. Mentre nella Roubaix che sembra adattarglisi molto meglio, avrà bisogno che le cose vadano nel modo giusto dal primo all’ultimo chilometro. Non sarà l’altura a dargli la certezza di riuscirci, non c’è logica nell’affrontare certe corse. Per vincerle e scrollarsi di dosso una profezia che sa tanto di ossessione, dovrà comunque realizzare un’impresa.

Nuovi arrivi azzurri alla Roland. L’ultimo regalo di papà Ruffilli

01.01.2025
5 min
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Il Team Roland dal prossimo anno avrà due italiane in più, Giulia Giuliani e Vittoria Ruffilli, promosse direttamente dal K2 Women Team. Una promozione che ha sorpreso in molti e che rappresenta anche l’ultima vittoria della squadra continental, che ha appena chiuso i battenti. Una scelta dolorosa per Massimo Ruffilli, il titolare che ha investito tutta la sua passione nel ciclismo femminile e per il quale la carriera della figlia, il suo accesso nel ciclismo di vertice, è il più bello dei regali di Natale che potesse ricevere.

La giovane Ruffilli viene dal triathlon, ha iniziato seriamente con il ciclismo 4 anni fa (foto DirectVelo)
La giovane Ruffilli viene dal triathlon, ha iniziato seriamente con il ciclismo 4 anni fa (foto DirectVelo)

Il racconto parte proprio dal papà che ci tiene a sottolineare come il legame con il team svizzero non si esaurisca solamente con la promozione delle due ragazze: «Anche il nostro meccanico Gaetano Romano è passato a far parte della squadra, come anche l’ex ciclista Nicole Fede che accede come massaggiatrice. E’ un premio al nostro lavoro, d’altronde le due ragazze si sono impegnate molto e hanno visto premiata la loro crescita».

Quando è nato il contatto?

Con la Roland abbiamo sempre avuto rapporti e già nel 2023 ci avevano esternato il loro interesse. Giulia e Vittoria avevano però bisogno di altro tempo, di imparare anche considerando il fatto che abbiamo avuto poche occasioni di confronto con i team più blasonati. Al Giro dell’Emilia la trattativa ha preso la piega giusta, ci hanno detto di volerle ingaggiare e noi siamo stati ben felici.

La Giuliani, 22 anni, è una passista. Stessa età per la Ruffilli, forte in salita
La Giuliani, 22 anni, è una passista. Stessa età per la Ruffilli, forte in salita
Che cicliste sono?

Mia figlia è portata per la salita, grazie anche al suo fisico leggero. Più le gare sono dure, più riesce a emergere e farsi vedere, per questo è ideale per un team WorldTour. Giulia invece è una passista che si adatta a qualsiasi tipo di corsa.

La loro promozione addolcisce un po’ il rammarico per la chiusura del team…

E’ stata una scelta sofferta ma per certi versi necessaria. Io vengo dal calcio e sono abituato a vivere lo sport in maniera differente. Il ciclismo femminile avrebbe bisogno di un approccio diverso: non è come i colleghi maschi, non ha la stessa visibilità, bisognerebbe agire sul calendario, sulle gare, renderle maggiormente appetibili anche agli sponsor. Io che cosa posso garantire loro? Non hanno riscontri sufficienti per mettere a disposizione le cifre necessarie. Se poi le grandi corse, che già sono poche, invitano solo le squadre di alto livello, noi siamo completamente fuori gioco.

Per la Giuliani un secondo posto di prestigio al GP Arcade, battuta da Virginia Bortoli
Per la Giuliani un secondo posto di prestigio al GP Arcade, battuta da Virginia Bortoli
E’ un problema solo d’immagine?

No, perché io devo pensare anche alla crescita delle ragazze e questa avviene solo confrontandosi con le migliori. Io sono riuscito a far invitare il team al Tour de l’Ardeche e per le ragazze è stata un’esperienza esaltante, fondamentale, fare 6 tappe con i team del WorldTour. Perché non si può fare lo stesso qui?

Quanto ha influito nel passaggio di Vittoria essere tua figlia?

Se pensate che sia uno di quei papà che spingono sui figli, non sono la persona giusta. Vittoria voleva seguire questo sogno, io l’ho lasciata fare, ma è tutta farina del suo sacco. Se l’è meritato lei, è stata lei ad attirare l’attenzione dei dirigenti svizzeri. Io devo pensare alla mia azienda, al mio lavoro.

Il team italiano era davvero una famiglia. Il suo scioglimento è l’ennesima sconfitta per il movimento
Il team italiano era davvero una famiglia. Il suo scioglimento è l’ennesima sconfitta per il movimento

Un ingaggio a sorpresa

Nelle parole di papà Ruffilli c’è un pizzico di rammarico per la chiusura dell’avventura generale, mitigato dal successo della figlia Vittoria che da parte sua è carica a mille: «A settembre mi hanno contattato e sinceramente non me l’aspettavo proprio. Per me vedere che la mia passione diventa un lavoro vero e proprio è il massimo».

Conoscevi già il team svizzero?

Sì, ma come tutti gli altri, non avrei mai pensato che un giorno sarebbe diventato casa mia. Lo seguivo sui social, poi quando mi hanno avvicinato sono rimasta di sasso.

Sai già che cosa vorranno da te?

Ne parleremo nel primo ritiro di gennaio, ma io sarò una delle più giovani e voglio mettermi a completa disposizione della squadra, imparare quanto più possibile dalle più esperte, tenendo conto che poi d’imparare non si smette mai davvero… Per me saranno tutte esperienze nuove, sono emozionata e al contempo anche un po’ intimorita.

Vittoria Ruffilli al Tour de l’Ardeche, chiuso al 57° posto ma con un’ottima prestazione nella quinta tappa (foto DirectVelo)
Vittoria Ruffilli al Tour de l’Ardeche, chiuso al 57° posto ma con un’ottima prestazione nella quinta tappa (foto DirectVelo)
Com’è stato il tuo 2024?

L’inizio era stato abbastanza normale, ma in primavera ho avuto problemi di salute che mi hanno ostacolato in allenamento e in gara, anche se realmente non mi sono mai fermata. Sentivo però che era tutto molto frenato, che non rendevo come mi aspettavo. Poi d’estate le cose sono andate un po’ meglio, all’Ardeche, nella tappa più dura sono anche rimasta a lungo nelle posizioni che contano ottenendo una prestazione al di là delle mie aspettative.

Che cosa ti lasci indietro con il cambio di squadra?

Mi lascio una famiglia. Si era creato un ambiente ideale, eravamo tutte amiche prima che compagne di squadra e infatti siamo tutte rimaste in stretto contatto. Per me era tutto un mondo nuovo, io ho iniziato solo qualche anno fa, venivo dal triathlon che è una disciplina completamente diversa. Non nascondo che andar via mi è dispiaciuto, ma fa parte della crescita. Sapere poi che la squadra ha chiuso i battenti mi addolora molto, ma queste sono scelte che non mi competono. Ora guardo alla nuova stagione nella quale non mi pongo obiettivi legati a questa o quella gara, voglio solo crescere e fare quel che mi diranno.

Dall’Italia al Belgio, la scelta di Fenix che crede nel ciclismo

01.01.2025
5 min
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MILANO – In quel costante arrovellarsi sull’assenza di grandi sponsor (italiani) nel ciclismo italiano, il fatto che in Belgio ci sia una squadra WorldTour femminile di primo nome italiano come Fenix provoca una serie di prevedibili riflessioni. Poco aiuta aver scoperto che alle spalle di Fenix ci sia una holding olandese. Al contrario, la consapevolezza di ciò amplifica il senso di disagio. In Olanda il ciclismo è percepito così tanto come un terreno su cui investire, da aver spinto una società italiana controllata a metterci il nome e le risorse. Chissà quante aziende ne avrebbero i mezzi, ma non lo fanno perché nessuno sa spiegargliene i vantaggi.

Per questo incontrare Sandro Marini, Art Director presso Arpa Industriale e riferimento di Fenix per il marketing, aiuta a far luce su ciò che rende appetibile il ciclismo per l’azienda di Bra che ha iniziato nel 2023 e fino al 2027 sarà primo nome della Fenix-Deceuninck. Nel 2020 e nel 2021 era stata anche il secondo nome sulla maglia di Mathieu Van der Poel. Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione di Annemiek Van Vleuten come coach della squadra olandese e ci ha colpito, come abbiamo già raccontato, assistere alla presenza numerosa di giornalisti venuti dal Belgio e dall’Olanda in casa di uno sponsor italiano

Il nostro interlocutore per questo articolo è Sandro Marini, Art Director di Arpa Industriale (immagine Instagram)
Il nostro interlocutore per questo articolo è Sandro Marini, Art Director di Arpa Industriale (immagine Instagram)
Perché il ciclismo?

Abbiamo iniziato questo interessante viaggio nel 2020 insieme alla allora Alpecin-Fenix. Fenix produce un materiale che riveste le superfici per gli elementi d’arredo, delle cucine, dei tavoli, di tutto quello che si può coprire. La Fenix ha sede a Bra, quindi è un’azienda italiana, ma condividiamo i valori della squadra di Philip Roodhooft. Il fatto di arrivare a loro è dipeso dalla holding, ma anche dalla passione e dall’aver scoperto in loro i nostri stessi valori aziendali. Ci siamo piaciuti e abbiamo voluto mettere il nostro marchio sulla squadra.

Un’esperienza che funziona a livello di conoscenza del marchio?

Molto, molto. Più di tutto ci piace il fatto di essere associati a una squadra che ha un percorso molto bello di successi. Ci dà grande soddisfazione e permette di incrociare mondi che possono sembrare totalmente diversi, totalmente avulsi. Sui social abbiamo ricevuto commenti da persone che hanno una cucina Fenix e si sono accorte che i loro ciclisti preferiti corrono con Fenix e di conseguenza trovano la loro cucina ancora più bella. Poi c’è anche l’aspetto della comunicazione più pura, ma noi siamo molto contenti anche del riscontro immediato del semplice accostamento del nome alla squadra.

Puck Pieterse ha portato il marchio Fenix sulla maglia bianca di miglior giovane al Tour 2024
Puck Pieterse ha portato il marchio Fenix sulla maglia bianca di miglior giovane al Tour 2024
Fino al 2028 con le donne, prima con Van der Poel: c’è una grossa differenza di impatto?

Ovviamente sì, sono due cose diverse, ma devo dire che con la squadra femminile c’è ancora più partecipazione. C’è più empatia e troviamo le porte aperte. Quella di affiancare le ragazze è stata una bella scelta ed è il nostro solo impegno nel ciclismo. Al momento siamo con loro con questa sponsorizzazione. Uno dei nostri valori è essere focalizzati sul progetto e ora vogliamo dare loro il nostro supporto affinché possano fare risultati migliori e diventino delle atlete bravissime. E poi c’è l’aspetto umano e sociale.

Vale a dire?

Quando ci coinvolgono anche in gare completamente diverse, tipo la Gran Fondo Bra-Bra, è un momento di festa. Si incrociano persone, è venuto Adrie il papà di Van Der Poel. Sono venute le ragazze e si crea sempre un bel clima.

Nel catalogo del marchio piemontese, cucine, soggiorni… tutto ciò che richiede un rivestimento (foto Fenix)
Nel catalogo del marchio piemontese, cucine, soggiorni… tutto ciò che richiede un rivestimento (foto Fenix)
Quando nasce il marchio Fenix?

Come prodotto nasce nel 2013, abbiamo festeggiato dieci anni lo scorso anno. E’ un prodotto che ha rivoluzionato il mondo dell’interior design grazie alle sue caratteristiche di opacità, soft touch, riparabilità e anti-impronta. Il nome Fenix viene proprio dall’araba fenice che col calore si rigenera, proprio come le superfici che produciamo. Grazie a queste caratteristiche Fenix ha dettato un nuovo standard che in dieci anni ha avuto un notevole successo in tutto il mondo dell’interior design, dalle cucine agli elementi di arredo con le marche più prestigiose.

L’azienda è nata a Bra?

L’azienda che c’è alla base di tutto, Arpa Industriale, è nata nel 1954, quindi quest’anno ha festeggiato i 70 anni. L’anno scorso i 10 anni di Fenix, quest’anno i 70 anni di Arpa. E’ nata a Bra perché i proprietari e i fondatori erano di Bra. Inizialmente produceva laminato, che era il materiale smart, anche se era fatto con tanti strati di carta. Quindi è nato tutto da una famiglia braidese, ma nel 2008 è avvenuta l’acquisizione da parte della holding olandese e da lì è iniziato un nuovo percorso di azienda, con lo sviluppo di prodotti come Fenix.

Ceylin Del Carmen Alvarado ha già vinto nove prove di cross in questa stagione: qui a Namur
Ceylin Del Carmen Alvarado ha già vinto nove prove di cross in questa stagione: qui a Namur

Nella Fenix-Deceuninck corre Puck Pieterse, campionessa del mondo U23 e miglior giovane all’ultimo Tour. C’è Ceylin Del Carmen Alvarado, star del ciclocross e c’è anche Pauliena Rooijakkers, terza all’ultimo Tour de France. La squadra corre con bici Canyon ed è vestita da Alé Cycling, altra eccellenza italiana. Per ora le ragazze stanno correndo nel cross, ma presto sarà tempo di tornare su strada. Portando in giro per il mondo il marchio di un’azienda piemontese che ha scelto di crederci.