Cronoman alla larga dal Rwanda e Velo sbotta

15.01.2025
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D’accordo che manca una vita, però dei mondiali in Rwanda si parla da un pezzo. E se gli scalatori, Pogacar in testa, sanno di avere nella prova su strada nuovamente un’occasione ghiotta, sul fronte dei cronoman l’entusiasmo è sparito nel momento in cui hanno preso in mano l’altimetria della prova contro il tempo. 40,6 chilometri con 680 metri di dislivello per i professionisti. 31,2 chilometri e 460 metri di dislivello per le donne elite. 42,4 chilometri e 740 metri di dislivello per il team time trial. La prima a fare un passo indietro è stata Vittoria Guazzini e a ruota è presto arrivato anche Ganna. Nessuna voglia di finire come a Tokyo, quando i chilometri furono 44,2 chilometri e il dislivello di 800 metri.

Il tema sta molto a cuore a Marco Velo, tecnico della crono azzurra. Già nei mesi scorsi non erano mancate le sue osservazioni molto critiche sul tema e la scelta tecnica per la prova del Rwanda contribuisce solo a rincarare la dose.

«Noi saremmo anche messi bene – dice – perché comunque abbiamo Cattaneo, Sobrero ed Elisa Longo Borghini. Ma non posso essere contento perché è da Tokyo che ho in mente un’idea, che secondo me l’UCI dovrebbe adottare piuttosto che pensare ad altre cose che esulano da quello che effettivamente dovrebbe essere una cronometro».

Europei di Hasselt 2024, Velo con Affini che ha vinto e Cattaneo che ha preso il bronzo
Europei di Hasselt 2024, Velo con Affini che ha vinto e Cattaneo che ha preso il bronzo
Come deve essere fatta una cronometro?

Una prova per cronoman, cioè atleti con certe attitudini e caratteristiche. Sennò è come organizzare una gara dei 100 metri di atletica e metterci in mezzo una curva, perché lo stadio è fatto così. Oppure una maratona con tre salite. Un conto è la crono del Giro d’Italia, le corse a tappe esulano dalla specialità vera e propria, ma quando si tratta di una prova titolata…

Quale idea hai in mente da Tokyo?

La proposta che vorrei fare all’UCI, magari questo articolo può essere l’inizio di un dibattito, è dire che è difficile al giorno d’oggi trovare 30-40 km completamente piatti, non lo pretendo nemmeno. Però inserirei un range per il dislivello. Per crono da 0 a 30 chilometri, puoi arrivare al massimo a 250 metri. Dai 30 ai 40 chilometri, puoi arrivare a 300-350 metri. Ma non 700 come in Rwanda oppure 800 come a Tokyo, altrimenti è una cronoscalata. Come mettono il limite di chilometri nella lunghezza delle tappe, potrebbero valutare anche questo criterio, per non penalizzare chi investe nella specialità.

Zurigo andava bene, secondo te?

No, era al limite. Erano 46 chilometri con 413 metri di dislivello. Se fosse stata meno, magari Evenepoel avrebbe vinto comunque, ma ho dei dubbi. Per come è andato Ganna nel finale, che gli guadagnava 1″200 a chilometro, lo passava di sicuro. Pippo ha perso dopo la salita, dove c’erano due strappi duri da fare e l’altro pesa 20 chili in meno. La salita più o meno l’hanno fatta alla pari, c’erano 3″ di differenza.

Come dire che sarebbe bastato meno dislivello…

Zurigo con 100 metri di dislivello in meno significava avere molto probabilmente Ganna campione del mondo. Come volava pure Tokyo e chiuse a 2 secondi dal bronzo. Allora vinse Roglic, questa volta potrebbe vincere Pogacar o Van Aert se decide di farla a tutta. Dovrebbero regolarsi come per la prova su strada. Un anno fai la crono con 50 metri di dislivello, l’anno dopo la fai con 350 che va bene per tutti. Mi dispiace che a Zurigo non abbia potuto correre Cattaneo…

Elisa Longo Borghini e Gaia Realini, due atlete che potremmo rivedere in azzurro ai mondiali del Rwanda
Elisa Longo Borghini e Gaia Realini, due atlete che potremmo rivedere in azzurro ai mondiali del Rwanda
Perché?

Perché speravo che Affini fosse iscritto di diritto in quanto campione europeo, invece non era possibile. Ma per il prossimo mondiale lui ci sarà, mentre il percorso è troppo duro per campioni come Ganna e Affini. Abbiamo Cattaneo e Sobrero e potremmo avere anche Baroncini. L’anno scorso era stato interpellato per la crono mista, dato che era dura, ma non ha accettato. Ma anche su quello, vi pare normale fare un team time trial sul percorso della strada, dove il solo pezzo in pianura era quello che portava all’arrivo? Salita, discesa, curve e quando ci stai nella posizione da crono? E’ assurdo. Eppure eravamo lì e abbiamo perso solo per 6 secondi.

Avevamo una bella squadra.

Se fosse stato un percorso piano, dico che la vincevamo. Cattaneo, Affini e Ganna avrebbero lasciato alle ragazze un minuto da gestire, eppure hanno fatto ugualmente i miracoli, per chiudere sui tempi dei migliori su un percorso così duro. Per stare dietro a Cattaneo che tirava in salita, Affini ha sputato sangue (foto di apertura, ndr) e lo stesso ha fatto Ganna, però hanno volato e stiamo parlando di tre atleti di grossa taglia, Mattia un po’ meno. L’Australia aveva O’Connor che ha fatto secondo nella prova in linea. Purtroppo abbiamo beccato Soraya Paladin in una giornata no, perché quello è stato, altrimenti eravamo ancora lì a giocarcela.

Il percorso duro di Kigali (Rwanda) riporta in primo piano le doti da cronoman leggero di Matteo Sobrero
Il percorso duro di Kigali (Rwanda) riporta in primo piano le doti da cronoman leggero di Matteo Sobrero
Visto che il percorso di Kigali è così duro, vale la pena chiedere di indurire i campionati italiani?

Bisogna dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Intanto bisogna capire dove verrà fatto l’italiano, ma forse non serve indurirlo. Può essere utile per le categorie giovanili, mentre per i professionisti ci saranno altre occasioni di vederli. E poi non andrei oltre 300-400 metri di dislivello per non penalizzare anche noi chi investe sulla crono e gli stessi organizzatori che magari avrebbero pochi partenti se il percorso fosse troppo duro.

In Australia il battesimo di Philipsen, il “bimbo prodigio”

15.01.2025
5 min
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21 gennaio. Una data fatidica per Albert Withen Philipsen che non solo indosserà per la prima volta in gara la divisa della Lidl-Trek, ma inizierà anche ad assaggiare la realtà del WorldTour attraverso il Santos Tour Down Under, quindi partendo direttamente dalla cima.

Il danese, intercettato proprio in aeroporto prima di effettuate il lunghissimo viaggio, non è per nulla spaventato, anzi ha una gran voglia di mettersi all’opera e forse mettersi alle spalle un biennio da junior che gli ha dato tantissimo a livello di risultati, ma che cominciava a sentire un po’ stretto.

Per il danese due anni di grande crescita su strada, con titolo mondiale in linea ed europeo a cronometro nel 2023
Per il danese due anni di grande crescita su strada, con titolo mondiale in linea ed europeo a cronometro nel 2023
Come sono state queste prime settimane alla Lidl-Trek?

È stato davvero bello. Il team mi ha supportato molto e mi ha dato molta spinta per avvicinarmi a questo che rispetto agli juniores è un mondo tutto nuovo. Esco da questo periodo di allenamento molto carico, con una buona condizione e mi sento davvero felice nell’affrontare questa trasferta che farà da rompighiaccio.

Sei il più giovane del team e sei passato subito alla squadra WorldTour, che cosa ti aspetti da questo primo anno?

Penso che sia un anno delicato, io non voglio avvicinarmi al nuovo mondo con l’atteggiamento sbagliato. Credo che sia importante soprattutto per imparare, acquisire un po’ più di esperienza e abituarsi a essere al livello dei grandi. Intanto mettendomi a disposizione e svolgendo i compiti che mi verranno dati. D’altronde è difficile avere grandi aspettative perché non so nulla del livello, intanto si tratta di abituarmi al nuovo livello di corsa.

21 giorni di gara nel 2024, con 9 vittorie e qualche delusione, come alla Roubaix e al mondiale
21 giorni di gara nel 2024, con 9 vittorie e qualche delusione, come alla Roubaix e al mondiale
Partirai subito dall’Australia, che sentimenti provi ad affrontare subito una corsa a tappe WorldTour contro molti grandi corridori?

In realtà mi sento abbastanza carico, sono contento di iniziare subito e anche di farlo a un livello così alto. Penso che anche la squadra sia un po’ più rilassata al riguardo. Non hanno aspettative molto alte per me per fare qualcosa di folle perché è così presto nella stagione. E’ la mia prima gara, sarà un po’ un test che mi incuriosisce ma che affronto con tranquillità e il fatto di rientrare nel gruppo, di mettere da parte tutto quel che è successo in questi due anni non mi dispiace. Io comunque voglio crescere velocemente e guardo già alle gare più avanti nella stagione.

Com’è stato il tuo 2024?

La mia stagione è stata piuttosto buona. Ho raggiunto quasi tutti i miei obiettivi, tranne per i campionati del mondo, dove ho dovuto fare i conti con la sfortuna, che si è un po’ accanita… Alla fine comunque posso dirmi soddisfatto.

Philipsen e Finn nella fuga decisiva dei mondiali. Una rivalità che potrebbe svilupparsi fra i grandi
Philipsen e Finn nella fuga decisiva dei mondiali. Una rivalità che potrebbe svilupparsi fra i grandi
Torniamo al mondiale, senza la caduta pensi che vi sareste giocati il titolo tu e Finn e che cosa pensi del corridore italiano?

Devo dire che Finn stava andando davvero forte. Per questo mi è spiaciuto come sono andate le cose, sarebbe stata una bella sfida, incerta, un ultimo giro tutto da vivere, ma nel ciclismo bisogna anche pagare dazio. Io penso che anche lui avrebbe voluto giocarsi la vittoria ad armi pari e credo che anche il pubblico, a prescindere dal tifo, avrebbe gradito. Vorrà dire che ci affronteremo nella categoria superiore…

Continuerai a fare strada e mountain bike?

Per quest’anno ho intenzione di continuare sia per la strada che per la mountain bike, concentrandomi principalmente sulla corsa su strada e poi facendo solo una manciata di gare di mountain bike parallelamente. Diciamo che quest’anno la bilancia penderà molto più che in passato verso il ciclismo su strada e non potrebbe essere altrimenti, è un grande investimento che sto facendo io su me stesso e che sta facendo la squadra.

Philipsen intende continuare nella mtb, dove vanta 2 titoli mondiali e uno europeo da junior
Philipsen intende continuare nella mtb, dove vanta 2 titoli mondiali e uno europeo da junior
Il ciclocross lo hai abbandonato del tutto?

Qualcosa dovevo per forza lasciarla da parte. Ho deciso di non fare più il ciclocross solo per potermi allenare meglio in inverno e prendermi una pausa mentale dalle gare. A questo punto era diventata una necessità.

Perché hai scelto la Lidl-Trek?

E’ difficile dire esattamente perché ho scelto il team. Direi che sono stati loro che mi hanno dimostrato grande interesse e prospettato un programma ideale per la mia crescita, devo dire che la cosa che mi ha colpito di più è che erano davvero entusiasti. In generale ero una buona atmosfera e poi mi piace molto anche l’attrezzatura che utilizzano, sono davvero contento delle bici da corsa e anche degli altri corridori che corrono nel team. Soprattutto in squadra ho trovato un buon numero di corridori danesi che possono aiutarmi e darmi qualche consiglio importante.

Il diciottenne di Holte è molto cresciuto a cronometro, il che ne fa un elemento di punta per le corse a tappe
Il diciottenne di Holte è molto cresciuto a cronometro, il che ne fa un elemento di punta per le corse a tappe
In questi due anni da junior hai vinto molto, ma al di là di questo, come stradista quanto pensi di essere cresciuto?

Molto, sono stati gli anni in cui mi sono concentrato davvero sulle corse su strada, quindi la mia curva di apprendimento è stata piuttosto ripida. Certamente non sono più il Philipsen vincitore a sorpresa del titolo mondiale nel 2023, sono migliorato molto a livello tattico e su come comportarmi in gruppo e come correre. Ma so di avere ancora molto lavoro da fare. Comunque mi sento molto più a mio agio con la bici da strada e mi sento più sicuro del mio stile di corsa e di come affronto le gare.

Caro Petilli: cosa ci racconti di questa Intermarché-Wanty?

15.01.2025
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In questo mese di gennaio i pedali girano in tutto il mondo, tra chi correrà al Santos Tour Down Under e chi, invece, vola in Spagna per preparare le corse europee di fine mese. Il gruppo così si divide tra chi già attacca il numero sulla schiena e chi deve ancora attendere un paio di settimane. La voglia di ciclismo però è alta, si respira e riempie i polmoni degli appassionati e dei corridori. Ognuno ha le sue motivazioni, c’è chi vuole riscattare un anno opaco, altri invece vogliono ripetere le imprese della passata stagione, ci sono anche i giovani, desiderosi di ritagliarsi un posto in questo mondo. E poi c’è Simone Petilli, che è arrivato al sesto anno con la maglia della Intermarché-Wanty, diventandone un faro per i giovani e una spalla sulla quale contare. 

«Noi che non correremo in Australia – dice allegro – partiremo per la Spagna a breve. I giorni tra i due ritiri (quello di dicembre e il prossimo, ndr) sono andati bene. Quest’anno ho rincominciato un pochino più tardi a causa di un intervento al piede che dovevo per forza fare. Per questo ho spostato in avanti la pausa di fine stagione e il conseguente inizio di preparazione. Nel 2025 sarò uno dei più vecchi in squadra, non anagraficamente ma faccio parte di uno zoccolo duro che è qui dal 2021 (primo anno in cui la formazione belga è diventata WorldTour, ndr)».

Simone Petilli è alle porte del sesto anno in maglia Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)
Simone Petilli è alle porte del sesto anno in maglia Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)

Crescita importante

Dal 2021 la Intermarché-Wanty è cresciuta molto, arrivando a conquistare grandi vittorie e tanti successi in gare di spessore. 

«Se pensiamo al cammino del team – continua Petilli – fa abbastanza impressione, in poco tempo siamo arrivati a vincere corse di grande calibro. Nel 2022 abbiamo vinto la Gent-Wevelgem con Girmay, e sempre con lui quest’anno abbiamo colto tre successi di tappa al Tour de France (e la maglia verde, ndr). E’ chiaro che dopo una stagione come quella passata sia doveroso cercare di ripetersi, ma nel ciclismo non c’è nulla di scontato. Ogni stagione il livello si alza e tutto diventa più difficile. L’ultimo obiettivo, per questo 2025, sarà mantenere la licenza WorldTour. Per farlo servirà non finire negli ultimi posti della classifica del triennio».

La sua ultima gara del 2024 è stata la Veneto Classic, il 20 ottobre
La sua ultima gara del 2024 è stata la Veneto Classic, il 20 ottobre
Siete comunque ben posizionati…

Mantenere la licenza era un obiettivo che avevamo fin dal primo anno in cui il triennio è ripartito, dal 2023. Abbiamo fatto due stagioni solide e quindi ora siamo abbastanza sereni. Sarà però importante partire bene e raccogliere il massimo fin dal Tour Down Under per toglierci il pensiero. 

Come hai visto i compagni che ora sono in Australia?

Bene, penso sia una corsa particolarmente adatta ad alcuni di loro. Uno tra i tanti che mi viene in mente è Busatto. Lo conosco da anni, fin da quando era nel devo team nel 2022. Siamo stati spesso compagni di stanza nei vari ritiri. Avevo il compito di insegnargli qualcosa, ma mi è parso fin da subito un ragazzo con una bella testa. 

Secondo Petilli uno dei giovani sul quale l’Intermarché può fare affidamento è Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Secondo Petilli uno dei giovani sul quale l’Intermarché può fare affidamento è Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Un altro italiano chiamato a fare bene dopo due stagioni un po’ complicate è Rota…

Lui è uno di quelli che è qui dal primo anno che siamo nel WorldTour e penso sia uno dei corridori più forti che abbiamo in rosa. Magari in tanti non se ne accorgono, ma lui è uno di quelli sempre presenti negli ordini d’arrivo. Manca davvero poco affinché arrivi il grande risultato e spero per lui che prima o poi gli capiti la giusta occasione. 

Per te il 2024 che anno è stato?

Uno dei peggiori, non sono contento delle prestazioni fatte. Ho avuto parecchi alti e bassi senza essere mai a un livello ottimo. Il mio ruolo è di dare supporto alla squadra, fare il regista in corsa

Petilli riconosce il valore di Rota, e spera che nella prossima stagione possa trovare l’occasione per affermarsi
Petilli riconosce il valore di Rota, e spera che nella prossima stagione possa trovare l’occasione per affermarsi
Qual è stata la parte più amara della scorsa stagione?

In alcune corse, in particolare in quelle dove avrei potuto fare qualcosa a livello personale. Non sono mai riuscito arrivare pronto al 100 per cento. Era andato tutto liscio fino ad aprile, poi una caduta mi ha messo fuorigioco e ho dovuto saltare il Giro. Da lì mi sono trovato a rincorrere la condizione. Sono andato alla Vuelta, ma non ero al massimo delle mie possibilità. 

Nel 2025 che obiettivi hai?

Mi piacerebbe tornare al Giro e fare buona parte del calendario italiano. In primavera dovrei fare il Trofeo Laigueglia e la Strade Bianche. Mentre a fine stagione dovrei chiudere con le solite corse che ci sono a settembre e ottobre da noi. Da un lato spero di fare due grandi corse a tappe: Giro e Vuelta.

La crescita dell’Intermarché negli ultimi anni è stata costante, nel 2024 è arrivata la maglia verde al Tour con Girmay
La crescita dell’Intermarché negli ultimi anni è stata costante, nel 2024 è arrivata la maglia verde al Tour con Girmay
Non avete una squadra di scalatori, quindi nelle corse a tappe avete più libertà…

In particolare in quelle di tre settimane. Anche se, quando c’è Girmay, la squadra è costruita intorno a lui. Però sì, non curando la classifica generale siamo sempre abbastanza liberi. Alla fine si è visto che fare classifica è un rischio. Da un lato correre contro Pogacar e Vingegaard non è facile. In più basta un inconveniente per veder sfumare tutto il lavoro fatto. Lo abbiamo visto con Meintjes al Tour dello scorso anno e alla Vuelta del 2021. In entrambi i casi una caduta lo ha costretto al ritiro quando era nella top 10. 

Forse cambia qualcosa nelle corse di una settimana?

In realtà no. Ormai il livello è così alto che ci si gioca ogni secondo, anche quelli dei traguardi volanti. Meglio andare per le singole tappe oppure per corse di un giorno. Poi ci sono corridori come Girmay, i quali si sostengono sempre, perché possono vincere ovunque. 

Petilli vorrebbe tornare al Giro, l’ultima volta che lo corse per intero era il 2021 (foto cycling media agency)
Petilli vorrebbe tornare al Giro, l’ultima volta che lo corse per intero era il 2021 (foto cycling media agency)
Quando scoprirai i tuoi impegni?

Nel prossimo ritiro, tra pochi giorni. A dicembre avevamo accennato qualcosa. Vorrei riscattare la stagione, soprattutto nelle gare in cui posso avere maggiore libertà.

Non resta che augurarti buona fortuna, aspettando di incontrarci sulle strade…

Grazie, a presto!

Landa e il Giro: un sogno da rincorrere e un conto da chiudere

15.01.2025
4 min
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CALPE (Spagna) – Nel mondo del ciclismo, pochi nomi evocano emozioni come quello di Mikel Landa. Lo scalatore basco, celebre per le sue imprese in salita e il suo stile spettacolare, si prepara a guidare la Soudal-Quick Step nel prossimo Giro d’Italia. Con il sole che gli sbatte in faccia e spesso lo costringe a chiudere gli occhi, Mikel ci racconta della sua stagione, la 16ª da pro’. Il suo menu è ricco di obiettivi ambiziosi, il Giro appunto ma non solo: con la Spagna ha già alzato il braccio per il mondiale in Rwanda.

Landa viene da un 2024 solido tra il grande lavoro per Remco Evenepoel e le sue buone prestazioni alla Vuelta dove ha riassaporato il ruolo di leader. Il percorso del Giro poi gli evoca bei ricordi, tra Mortirolo e Colle delle Finestre. Anche se poi dice: «Al Giro sono stato in forma super in passato, ma per un motivo o per un altro non sono mai riuscito a vincerlo». Insomma, Mikel sembra mentalizzato come poche altre volte lo abbiamo visto. Dopo 22 gradi Giri nel sacco di cui 7 corse rosa, il basco ci riprova e lo farà con la piena convinzione della squadra stavolta. Aspetto non da poco.

Mikel Landa, classe 1989, ha messo nel mirino anche il mondiale in Rwanda
Mikel Landa, classe 1989, ha messo nel mirino anche il mondiale in Rwanda
Mikel, partiamo dal tuo programma?

Inizierò con Strade Bianche e Tirreno-Adriatico, poi passerò alla Volta a Catalunya e quindi verrò al Giro d’Italia. Mi sento pronto e motivato. Non sarà facile, ci sono molti contendenti forti, ma vedremo come andrà. La squadra è molto competitiva e questo mi dà fiducia.

Senza Remco avrai più occasioni di essere leader?

Non lo so ancora. Sicuramente alla Volta a Catalunya ci sarà un gruppo di scalatori forti e vedremo chi sarà il capitano. Non è un problema per me, l’importante è lavorare bene insieme. Rispetto all’anno scorso, le dinamiche sono cambiate un po’ non facendo un calendario a strettissimo contatto con Remco, ma questo rende tutto più interessante.

E’ cambiato anche il tuo ruolo nella Soudal-Quick Step?

L’anno scorso ho avuto opportunità importanti, come alla Vuelta, e mi sono divertito molto. Ho imparato tanto collaborando con Remco Evenepoel. Quest’anno avrò più responsabilità all’inizio della stagione, ma sarò anche pronto a supportare Remco e gli altri nei momenti chiave, come al Tour de France.

Landa e Remco: un primo anno positivo per questo due ispanico-belga
Landa e Remco: un primo anno positivo per questo due ispanico-belga
Parlando del Giro, pensi che l’assenza di corridori come Pogacar e Vingegaard renda la lotta più aperta?

Sicuramente è più facile senza nomi come Pogacar, ma ci saranno comunque molti avversari forti. In grandi gare chi arriva davanti va sempre forte e per esperienza dico che non è mai semplice. Quello che posso fare io? Essere al top della forma e prepararmi al meglio.

Sarà una lotta tra spagnoli la prossima corsa rosa? Ci sei tu, Ayuso, Pello Bilbao…

Ah non so! Difficile da dire. Ma non siamo i soli. Ci sono molti corridori forti. Penso a Roglic per esempio.

Come stai lavorando per migliorare i tuoi punti deboli?

Per me la cronometro è sempre stata un punto debole. Quest’anno voglio concentrarmi su questo aspetto per fare meglio, dopo un anno con gli stessi materiali si può migliorare. I miei allenatori stanno lavorando su una preparazione mirata. Non ci sono segreti è importante allenarsi duramente e curare ogni dettaglio.

Mikel, la news della tua presenza al Giro è stata accolta con grande favore. Hai molti tifosi anche in Italia. Come te lo spieghi?

Penso che tutto sia iniziato con il Giro del 2015, quando ho ottenuto risultati importanti e ho aiutato Aru. Abbiamo lottato con Contador. Da allora ho corso spesso in Italia e mi sono sempre trovato bene. Il calore dei tifosi italiani è speciale, lo sento ogni volta che corro da voi.

Maggio 2015 e con una doppietta a Madonna di Campiglio e all’Aprica, l’Italia scopre Landa. Mikel vince all’Aprica
Maggio 2015 e con una doppietta a Madonna di Campiglio e all’Aprica, l’Italia scopre Landal. Mikel vince all’Aprica
Quale sarà la tua preparazione prima del Giro?

Farò un periodo in altura dopo il Catalunya, probabilmente a Sierra Nevada, con la squadra (Mikel non dovrebbe fare le Ardenne, ndr). L’altura è fondamentale per arrivare al massimo della forma nelle grandi corse a tappe.

Prima hai accennato ad una squadra forte: puoi dirci qualcosa sui tuoi compagni che ti accompagneranno al Giro?

Io credo che ci saranno Gianmarco Garofoli, un giovane scalatore promettente, Josef Cerny, che è un corridore molto affidabile. E anche Valentin Paret-Peintre. Forse ci saranno anche altri giovani come Paul Magnier, uno sprinter talentuoso. Sarà una squadra equilibrata, con corridori pronti a supportarmi nelle tappe più dure. Sono molto fiducioso. Voglio continuare a migliorare e a divertirmi. Il ciclismo è una passione e una sfida continua. Ogni stagione porta nuove opportunità e voglio sfruttarle al meglio.

Prima di ripartire dalla Spagna abbiamo raccolto anche due chicche relative a Mikel. La prima riguarda il suo futuro. A 35 anni suonati non è detto che Landa si ritiri, anzi… E poi ha anche espresso un sogno: fare Giro, Tour e Vuelta nello stesso anno. «Se non lo faccio – abbiamo letto su Marca – almeno una volta, sento che potrei pentirmene».

Il ciclismo del Caneva: un po’ per fatica e un po’ per gioco

14.01.2025
8 min
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Qualche anno fa, ci rendemmo conto che in ogni intervista Alejandro Valverde continuava a tirar fuori la stessa espressione: «Disfruta de la bicicleta» che in qualche modo significa godersi la bicicletta, divertirsi a praticare lo sport. E’ una frase che per chi scrive è sempre stata alla base della longevità dello spagnolo. Per questo quando qualche giorno fa ci siamo imbattuti in un post su Facebook della Gottardo Giochi Caneva, un passaggio ci ha riportato alla memoria le parole del grande spagnolo. «In questi giorni – si legge – i gialloneri hanno alternato uscite in bicicletta ad attività ludiche con l’intento di mettere chilometri sulle gambe e cementare lo spirito di gruppo. Chilometri, sedute di yoga e torneo di padel hanno riempito le giornate dei gialloneri».

L’ammiraglio Ravaioli

In questi anni di juniores inquadrati e sollecitati ai massimi livelli, il concetto di attività ludica ha richiamato l’attenzione. E dato che il direttore sportivo della squadra friulana è un vecchio amico e spirito libero del ciclismo come Ivan Ravaioli, lo abbiamo contattato per farci raccontare questa dimensione e il suo approccio da direttore sportivo con questo piccolo/grande ciclismo. Ivan, classe 1980, è stato professionista dal 2003 al 2006 e poi ha corso nel circuito della Red Hook su bici fixed.

«Ho sempre pensato che correre in bici, avendolo fatto – dice il romagnolo ormai adottato dal Veneto e tecnico della Gottardo Caneva – sia molto faticoso. Oggi la categoria juniores è diventata molto, molto, molto esigente. Praticamente sono gli under 23 di quando correvo io e forse anche di più. Pretende professionalità, impegno, dedizione e ore di allenamento. C’è già chi ha il mental coach, chi ha il preparatore, chi ha il nutrizionista… Insomma siamo arrivati ad un livello molto serio, però gli anni che questi ragazzi hanno potenzialmente davanti sono sempre gli stessi che avevamo noi. Se un ragazzo merita e da grande farà il corridore, avrà davanti 10-15 anni. Quindi io dico: okay essere seri, impegnarsi, allenarsi, mangiare bene e fare la vita, ma andare avanti è difficile. E allora dall’anno scorso, il mio primo anno con loro, ho sempre cercato e cercherò anche in futuro di trovare un modo divertente per fare le cose sul serio».

Nel 2017, Ravaioli ha corso nel circuito Red Hook. Dallo scorso anno è alla Gottardo Caneva (foto Team Cinelli Chrome)
Nel 2017, Ravaioli ha corso nel circuito Red Hook. Dallo scorso anno è alla Gottardo Caneva (foto Team Cinelli Chrome)
Come si fa?

Il lavoro in palestra si può fare in maniera monotona e, se vogliamo, anche un po’ triste. Vai in palestra da solo, ti metti le tue cuffiette, fai le tue ripetute, i tuoi squat, leg extension, la pump, lo stretching. Stai lì dentro per due ore, fai tutto quello che devi fare, però la testa non si è divertita. Allora l’anno scorso, per fare un esempio, durante il primo ritiro di gennaio abbiamo fatto una giornata in campo di addestramento militare all’aperto. Abbiamo fatto più o meno le stesse cose che fai in palestra, forse anche più impegnative a livello fisico. I ragazzi si sono sfidati uno contro uno, tre contro tre, squadre da quattro, squadre da cinque. Insomma abbiamo passato due ore in cui la testa non si è impegnata nel lavoro specifico, ma il fisico sì.

Abbiamo letto del padel…

Va di moda, i Carera l’hanno proposto nella festa con Pogacar e i ragazzi guardano i social. Allora dato che mia moglie ci gioca da un po’ di mesi e io sono andato qualche volta a giocare con lei, mi è sembrata una cosa divertente. E’ comunque un’attività fisica e quindi l’ho voluta inserire nel ritiro. L’anno scorso addirittura avevamo fatto anche una giornata di noleggio e-bike, le mountain bike elettriche.

Una briscola nel ritiro della Gottardo Caneva: si fa gruppo anche così
Una briscola nel ritiro della Gottardo Caneva: si fa gruppo anche così
Come è andata?

Un profano può pensare che non abbiano fatto fatica, io però ho fatto mettere il cardio a 3-4 ragazzi e dopo 4 ore, quando abbiamo finito le batterie, più di un ragazzo è arrivato alla fine del giro con 158-160 battiti medi. Secondo me ci sono modi per rendere le cose divertenti, ma facendole comunque in maniera seria e professionale. Lo stesso discorso può valere per le ripetute, per una salita fatta in soglia o fuori soglia.

Possono essere divertenti anche quelle?

Il preparatore ti dà tre minuti così, due minuti in alto modo e va bene per far capire ai ragazzi come dovranno lavorare negli anni successivi se continueranno a correre. Però più o meno la stessa cosa la posso fare in altro modo, magari mettendo un premio in cima alla salita su cui fai le ripetute. I ragazzi lavorano spesso da soli. Hanno il loro preparatore e difficilmente durante la settimana si riesce ad allenarsi tutti insieme. La domenica però cerco di farmeli lasciare, in modo da lavorarci in modo meno schematico. Domenica abbiamo fatto quattro ore che potevano essere pesanti per la testa, se fatte seguendo delle tabelle. Invece fatte giocando fra loro, hanno speso, ma la testa non ne ha risentito.

Le strade sono sporche, ma sguazzare nel fango non è il sogno di ogni bambino? In bici, non si cresce mai del tutto
Le strade sono sporche, ma sguazzare nel fango non è il sogno di ogni bambino? In bici, non si cresce mai del tutto
Che rapporto hai con i loro preparatori?

Mi sono accorto da subito che gli juniores e gli under 23 che ho fatto io non hanno nulla in comune con quello che hanno ora. Da junior, io prendevo la bici 2-3 volte a settimana. E da U23 mi allenavo a intensità inferiori a quelle degli attuali juniores, si faceva tanto fondo. Se vedi la tabella di uno junior di oggi, prendi paura. E io sto cercando di fargli vivere due anni nel modo più bello possibile. A volte anche con il rigore che serve, ma in modo leggero. Mi affido molto ai preparatori. Credevo che la mia esperienza sarebbe bastata anche per la preparazione, invece non mi ero reso conto che il ciclismo fosse cambiato così tanto. E così ho capito che il direttore sportivo ha un ruolo ridimensionato per quanto riguarda la preparazione, mentre lavora di più sul lato mentale per spronarli. Chi con una parolina, chi con una carezza, chi battendo il pugno sul tavolo. Il lavoro del direttore sportivo non è diminuito, è solo cambiato.

Esci mai in bici con i ragazzi?

La testa vorrebbe uscire tutti i giorni con loro, il fisico monterebbe in macchina e questa lotta va a periodi. L’anno scorso durante le ferie di Natale ho ripreso a pedalare e a gennaio e febbraio sono andato per due mesi con loro. Non pretendo di arrivare in cima alle salite con il primo, mi basta arrivare a tiro dell’ultimo in modo da non farli aspettare tanto. E poi in pianura in un qualche modo ci si arrangia. Quest’anno sto facendo la stessa cosa e vedo che ogni allenamento vado sempre meglio.

Riccardo Da Rios, classe 2007, è un secondo anno della Gottardo Caneva. Nel 2024 alcuni interessanti piazzamenti
Riccardo Da Rios, classe 2007, è un secondo anno della Gottardo Caneva. Nel 2024 alcuni interessanti piazzamenti
Uscire con loro ti dà qualche ritorno?

Mi piace e mi fa star bene, non lo nascondo. E poi secondo me stando in bici con loro, vedi qualcosa che dall’ammiraglia ti sfugge. In più, spesso un allenamento di 3-4 ore mi consente di risparmiarmi un sacco di telefonate. Dieci minuti in coppia con uno, dieci minuti con l’altro e si tirano fuori un sacco di argomenti. In più riesco a intervenire in tempo reale, magari le dinamiche di una doppia fila, come si fa il treno. Io mi metto a ruota, chiaramente finché ce la faccio, vedo come lavorano e come svolgono il compito che gli viene assegnato, quindi secondo me è utile. Alcuni direttori sportivi non sono favorevoli, però io vado avanti con la mia testa e penso che sia utile.

Il tuo direttore sportivo alla Zalf, Luciano Rui, ha sempre interpretato il ciclismo cercando anche il divertimento. Qualcosa che porti con te?

Un anno ho fatto un post su Facebook dove ho ringraziato lui, Angelo Gentilini, il mio direttore sportivo da junior e un’altra persona. Sono le tre persone che mi hanno insegnato tantissimo, sia a livello ciclistico ma soprattutto a livello umano. Io cerco di prendere il buono da ogni persona che incontro nella mia vita. In quei quattro anni che ho passato alla Zalf Fior, Ciano per me è stato quasi un secondo padre. Sono andato da Faenza a Castelfranco Veneto che avevo 18 anni, non era semplice. Mi sono affidato molto a lui e mi è stato d’aiuto anche dopo che è finita la storia con la Zalf, soprattutto quando ho smesso di correre.

Si gettano le basi della stagione, ma a febbraio la Gottardo Caneva volerà a Calpe
Si gettano le basi della stagione, ma a febbraio la Gottardo Caneva volerà a Calpe
Come?

Io non ho smesso per scelta mia, ma ho smesso per scelta d’altri e non è stata una cosa semplice da metabolizzare. Mi ricordo benissimo che ho chiamato Ciano e ci siamo visti, dato che abita a dieci chilometri da me. Ci siamo trovati una sera e mi è stato tanto vicino. Ciano è una persona importante, lo è stato e lo è tuttora, perché ogni tanto quando voglio fare una chiacchierata su certe cose delicate, lui è sempre presente. Quei quattro anni sono stati importanti, mi hanno permesso di fare dei risultati negli U23 e a passare professionista. Il fatto che la Zalf abbia chiuso è stata la fine di un cammino di 40 anni. Probabilmente non hanno capito il cambio di passo che c’è stato 4-5 anni fa.

L’anno scorso a febbraio andaste in Sicilia, quest’anno a Calpe: come mai?

L’esperienza in Sicilia è stata bella, perché avevo tre o quattro ragazzi che addirittura non avevano mai preso l’aereo. Anche quella per dei ragazzi di 17-18 anni è un’esperienza di vita. Quest’anno abbiamo deciso di cambiare e andare a Calpe, per dare loro qualcosina in più a livello mentale. Calpe è diventata molto famosa perché tutti i pro’ vanno là, così abbiamo deciso di fare questo sforzo per dargli questa ulteriore possibilità. Quindi dal 28 febbraio al 6 di marzo, durante la settimana delle vacanze di Carnevale, saremo in Spagna. E poi sarà tempo di cominciare con le corse.

Miodini e la storia di Pesenti: «Una controtendenza da seguire»

14.01.2025
5 min
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C’è un sostantivo che esce dalla chiacchierata con Roberto Miodini e che fotografa bene il passaggio di Thomas Pesenti al devo team della Soudal Quick-Step. Controtendenza. Per il diesse della Beltrami-Tsa-Tre Colli la storia del suo ex corridore è un caso che fa giurisprudenza, si direbbe in diritto, e che dovrebbe essere un esempio da replicare.

Quando abbiamo raccontato l’approdo del classe ’99 parmense al vivaio della formazione WorldTour belga, in tanti possono essere rimasti sorpresi. Non tanto per le qualità del ragazzo, quanto perché il ciclismo moderno, specie quello italiano, non ti concede più certe occasioni dopo essere usciti dalla categoria U23 senza acuti. Miodini però ha sempre lavorato affinché i suoi atleti potessero confrontarsi tra i grandi per andare un giorno fra i grandi. Dalla squadra continental emiliana sono usciti Parisini, Baroncini e Milesi. Tutti e tre ora pro’ con un percorso simile (e più corto) a quello di Pesenti. Si fa presto però a dire “andare in controtendenza”, ma perché non ci si riesce se non con facilità, con continuità? Miodini è un tecnico che conosce la realtà in cui opera e nella quale è stato spesso anacronistico (in apertura foto Dallatana). Ecco le sue motivazioni, in un dibattito che resta comunque aperto.

Grande occasione. Pesenti con la divisa della Soudal. Per Miodini farà molto bene sia nel devo team che nel team WorldTour
Grande occasione. Pesenti con la divisa della Soudal. Per Miodini farà molto bene sia nel devo team che nel team WorldTour
Qual è la prima cosa che ti viene in mente pensando a Pesenti che entra nell’orbita Soudal?

Prima che mi correggano tutti, Thomas è ancora in un team continental, però avrà diverse opportunità di correre con la prima squadra, che ha già conosciuto durante i ritiri. Detto questo, la storia di Pesenti è figlia di quel ragionamento che abbiamo sempre fatto in Beltrami. Considerando il nostro status, abbiamo sempre cercato di fare un calendario internazionale o correndo il più possibile in mezzo ai pro’. Il nostro scopo è sempre stato ed è tuttora quello di insegnare il mestiere del corridore. Ad esempio noi eravamo diventati troppo stretti per Thomas e lui non poteva darci di più, così il Team Ukyo è stato lo step successivo. E devo ringraziare Volpi e Boaro che lo hanno preso, facendolo correre in mezzo mondo.

I meriti come vanno divisi in un caso come questo?

Per me il merito è sempre del ragazzo. Thomas ha imparato anno dopo anno a fare il corridore. Ci ha creduto sempre, talvolta anche essendo ipercritico con se stesso. Oppure facendo fronte a mazzate prese nei denti. Negli ultimi due anni che è stato con noi ha sempre fatto risultato in mezzo ai pro’, accumulando 220 punti UCI, che non sono pochi per un atleta continental. Eppure quando era stato valutato da qualche squadra professionistica, ha sempre sempre ricevuto cattivi riscontri. A quel punto i casi erano due: o ti tagliano le gambe o cambi la testa. A Thomas è scattata la seconda, nonostante fosse arrivato molto vicino a smettere. Ed è cresciuto ancora tanto trovando la forza interiore anche a casa da solo. Personalmente sono molto contento di quello che ha fatto e sono certo che farà bene in questa stagione.

Miodini è stato sempre il mentore di Pesenti, portandolo a correre spesso in mezzo ai pro’ per farlo crescere (foto Dallatana)
Miodini è stato sempre il mentore di Pesenti, portandolo a correre spesso in mezzo ai pro’ per farlo crescere (foto Dallatana)
In Italia non mancano però i team continental.

A mio modo di vedere le continental italiane fanno di tutto per essere considerate delle formazioni di dilettanti come venti/trenta anni fa. Non è così per tutte, ad esempio la Biesse-Carrera ha sempre avuto una filosofia simile alla nostra e loro li vedi spesso tra i pro’ a battagliare. Per il resto, tutte hanno un calendario molto nazionale, uguale alle formazioni classiche. A noi onestamente non è mai interessato troppo dover fare per forza le tipiche gare in circuito, senza aver nulla in contrario con quelle corse in particolare. Ovvio che le facciamo, ma non le reputo adatte per far crescere il corridore in prospettiva, specie se è già al secondo o terzo anno tra gli U23.

E col discorso dei punti come la mettiamo?

Lo so che è il rovescio della medaglia per cui siamo tutti schiavi in un modo o in un altro. Su questo argomento ho discusso spesso con Papini di RCS Sport per il Giro NextGen. Lui giustamente diceva che devono guardare le classifiche date da vittorie, piazzamenti e punteggi nelle varie gare italiane. Ci mancherebbe. Io però gli ho sempre risposto che noi abbiamo sempre portato i nostri ragazzi a fare esperienza in mezzo ai pro’ proprio perché al NextGen corriamo contro squadre estere e devo team formate da giovani pro’. Già facciamo fatica così, se poi decidiamo di fare un calendario che non ci prepara a corse del genere, non lamentiamoci poi di quello che succede.

Fatto sta che casi come quello di Pesenti in Italia non sono molti. Come mai?

Il ciclismo in generale è cambiato tanto. Forse troppo e troppo in fretta. Tutti adesso vogliono i fenomeni, ma se ci basiamo solo quello possiamo chiudere tutti. Ora c’è la guerra dei procuratori che ricercano il talento migliore e sempre più giovane. Tant’è che dicono che seguano già gli allievi e non più gli juniores. Per me è una cosa fuori dal mondo. Un po’ perché non possono essere pronti come mentalità e contesto. Un po’ perché una situazione simile porterà ad un abbandono prematuro dei ragazzi, considerando che i numeri dei giovani sono in calando già da qualche anno.

Nel 2022 dopo una bella primavera, Pesenti si era guadagnato la maglia azzurra per l’Adriatica Ionica Race
Nel 2022 dopo una bella primavera, Pesenti si era guadagnato la maglia azzurra per l’Adriatica Ionica Race
Secondo Roberto Miodini chi può avere delle responsabilità?

Difficile dirlo con precisione. Non penso che i settori giovanili abbiano colpe più del dovuto, anche perché vengono travolti a cascata da ciò che accade sopra. Le famiglie non dovrebbero avere fretta, ma è ovvio che se arriva una grande squadra con un bel contratto lo accetti. Il problema generale, come dicevo prima, è che c’è sempre di più la caccia al fenomeno per forza. E per assurdo senza poi dargli il tempo di maturare gradualmente. Solo che in Italia spesso siamo un popolo di “pecoroni”. Tutti a dire di avere pazienza coi ragazzi, poi però seguono la massa perché altrimenti restano indietro.

Una storia come quella di Pesenti si potrà ripetere a breve?

Non lo so, adesso direi di no, ma naturalmente vorrei che fosse un esempio. Quando hai 18 anni tutti sperano in te, confidando di aver trovato la gallina dalle uova d’oro. Quando hai 25 anni devi trovare veramente qualcuno che creda in te e che abbia veramente guardato qualcosa oltre i tuoi risultati o piazzamenti. Al netto della fortuna, che serve, vorrei che il ciclismo italiano andasse in controtendenza per ragazzi del genere. A 25 anni non si può essere vecchi e in tanti meritano di avere una possibilità tra i pro’.

Il Giro 2025 secondo la Longo: sbagliato aspettare il finale

14.01.2025
5 min
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ROMA – Elegante e con la battuta pronta, Elisa Longo Borghini ha tenuto a battesimo il Giro d’Italia Women 2025 sul palco dell’Auditorium Parco della Musica con la naturalezza della padrona di casa (in apertura, con Barbara Pedrotti e Pierluigi Pardo). Vedendo scorrere le immagini delle due maglie rosa del 2024 – quella di Pogacar e la sua – la battuta è stata che per evitare di essere sconfitto, lo sloveno l’abbia portata con sé alla UAE. Chiaramente si fa per ridere: le due squadre sono mondi distinti, resta però il fatto che con lo stesso sponsor quest’anno correranno i vincitori uscenti di entrambi i Giri d’Italia.

«Se penso a quell’ultimo arrivo – dice Elisa ridendo davanti all’altimetria dell’ultima tappa, quella di Imola – mi ricordo il mondiale del 2020 con una punta di amarezza. Fui battuta nella volata per il secondo posto dalla Van Vleuten, spero che a luglio si possa sprintare per il successo».

L’Aquila, 14 luglio: ultima tappa del Giro Women 2024. Kopecky cede, Longo Borghini capisce di aver vinto
L’Aquila, 14 luglio: ultima tappa del Giro Women 2024. Kopecky cede, Longo Borghini capisce di aver vinto

La Longo e un gruppo di compagne sono in partenza per il Teide. Un’altra parte della squadra è nuovamente in Spagna e un’altra in Australia per il Tour Down Under, guidata da Sofia Bertizzolo ed Erica Magnaldi. Nel parterre della presentazione di Roma, Elisa si muove a suo agio, salutata da chiunque passi, come si conviene per una campionessa dal palmares davvero importante. Il Giro è casa sua e le immagini sul traguardo de L’Aquila, nel momento stesso in cui si rende conto di aver staccato definitivamente Lotte Kopecky e conquistato la maglia rosa, sono ancora oggi da pelle d’oca.

Che effetto ti ha fatto rivedere certe immagini?

Ho ancora i brividi. Per questo, anche nel 2025 portare a casa questo trofeo sarà uno dei miei obiettivi stagionali. Il percorso mi piace, si adatta molto alle mie caratteristiche.

Cosa te ne sembra?

Sulla carta non sembra durissimo, però ci sono delle tappe particolarmente impegnative. Tipo quella di Valdobbiadene, la tappa di Monte Nerone e l’ultima di Imola, che secondo me sarà molto dura. Poi ci sono delle tappe un po’ strane da interpretare, come quella con il Tonale all’inizio e alcune ondulate, come quella di San Marino.

Ti sembra che lo schema ricalchi quello del 2024?

Sì, esatto. Il format sembra molto simile, con una cronometro iniziale e le ultime tappe dure. Sembra un bel Giro, ma non credo che si vivrà in attesa della salita di Monte Nerone: sarebbe sbagliato. Prima ci sono delle tappe belle movimentate e c’è anche spazio per qualche fuga. E si sa che su 8 giorni di corsa, se va via una fuga di corridori buoni che ti rientrano in classifica, poi è difficile riprendere terreno. Si è visto al Tour de France, quindi sarà un Giro da tenere sempre gli occhi aperti.

Dicembre era il mese dei programmi: nel tuo ci sarà il Giro oppure il Tour?

Tutti e due (ride, ndr).

Ci saranno tappe da andare a vedere?

Sì, mi piacerebbe andare a vedere la tappa di Valdobbiadene, quella di Monte Nerone e quella di San Marino. E poi andrò a provare il percorso della crono, ma quella è una cosa che fai anche nei giorni prima.

Hai parlato del percorso di Imola: a parte la rivincita rispetto a quella volata, sarà una tappa decisiva come l’anno scorso a L’Aquila?

Secondo me sì, anche perché verremo comunque da una giornata particolarmente impegnativa come quella del Nerone. Ed è una tappa dove se non hai recuperato bene, puoi soffrire molto.

Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, Imola 2020
La volata fra Longo Borghini e Van Vleuten a Imola 2020, in cui l’olandese batté l’azzurra per l’argento alle spalle di Van der Breggen
Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, Imola 2020
La volata fra Longo Borghini e Van Vleuten a Imola 2020, in cui l’olandese batté l’azzurra per l’argento alle spalle di Van der Breggen
Fra Giro e Tour ci sono appena 13 giorni di stacco: si può pensare di andare con lo stesso gruppo di compagne o ci saranno due blocchi distinti?

Si potrebbe pensare di avere un gruppo molto simile di atlete che fanno sia il Giro che il Tour. Però visto anche come si è mosso il mercato ultimamente, secondo me in ogni squadra ci saranno gruppi distinti per ciascuna corsa. Se penso alla FDJ, potrebbe essere così, idem la SD Worx.

E in casa vostra?

Probabilmente cercheremo di fare bene uno dei due Giri e poi andare magari per le tappe nell’altro.

Doveva essere così anche l’anno scorso, poi dalle dichiarazioni di Gaia Realini venne fuori che anche al Tour saresti andata per fare classifica.

Quelle parole hanno stupito anche me. Ma in ogni caso, dal Tour mi sono proprio autoeliminata con quella caduta, quindi ci ho proprio messo io la firma.

Giusy Virelli, direttrice del Giro d’Italia Women (qui con Marta Bastianelli), ha spiegato il percorso dell’edizione 2025
Giusy Virelli, direttrice del Giro Women (qui con Marta Bastianelli), ha spiegato il percorso dell’edizione 2025
Come si recupera fra Giro e Tour con così poco tempo?

E’ un periodo che ti permette di riposare, fare un po’ di compensazione e ripartire. Se non si esce distrutte dal Giro, è fattibile. Penso che farò un paio di giorni a casa e poi andrò in altura anche solo una settimana. Però vediamo come si mettono le cose e soprattutto che cosa dice Paolo (Slongo: il suo allenatore, ndr). E’ lui che valuterà la situazione.

Ultima cosa, prima di lasciarti andare: non pensi che otto tappe siano poche per un Grande Giro?

Sfondate una porta aperta, due settimane dobbiamo raggiungerle. Romperò le scatole a Giusy (Virelli, direttrice del Giro d’Italia Women, ndr) fino a farle venire l’esaurimento. Ma su ieri sera una cosa voglio ancora dirla: credo che finalmente il Giro Women abbia avuto il palcoscenico che si merita.

Nibali: «Puglia e Abruzzo trabocchetti. Squadra fondamentale»

14.01.2025
5 min
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ROMA – Il Giro d’Italia numero 108, presentato poche ore fa nella Capitale, ha subito suscitato opinioni contrastanti: c’è chi lo ha definito «Senza capo né coda», chi lo ha elogiato come «bellissimo» e chi lo ritiene «ben equilibrato e interessante». Noi di bici.PRO e anche Vincenzo Nibali, ci collochiamo in quest’ultimo gruppo, trovando che il disegno proposto sia intrigante e carico di sfide. Non è un Giro mostruosamente difficile, ma il dislivello complessivo supera i 52.000 metri, quasi 10.000 in più rispetto ad un anno fa: un incremento significativo rispetto al 2024.

Alla presentazione, tenutasi presso l’Auditorium Parco della Musica, abbiamo raccolto l’opinione del siciliano. Due vittorie del Trofeo Senza Fine per Nibali e una conoscenza profonda della corsa e dei corridori: senza dubbio lo Squalo rappresenta una delle voci più autorevoli.

In attesa di scoprire il lotto definitivo dei pretendenti, il livello medio si annuncia piuttosto buono, anche considerando le assenze quasi certe di Pogacar e Vingegaard. Qualche nome? Auyso, Adam Yates, Gee, Landa, Hindley, Tiberi, e soprattutto Primoz Roglic. Cosa riserverà per loro il percorso della corsa 2025? Scopriamolo appunto con Nibali.

Giro 2018 per la quarta volta la corsa rosa si arrampica sul Colle delle Finestre… e Froome regala l’impresa decisiva
Giro 2018 per la quarta volta la corsa rosa si arrampica sul Colle delle Finestre… e Froome regala l’impresa decisiva
Vincenzo, sarebbe piaciuto questo Giro allo Squalo?

E’ un Giro molto duro, quindi direi di sì. La partenza però mi fa un po’ paura: da atleta, avevo spesso il dubbio di essere pronto o meno e una tappa così impegnativa all’inizio può fare male. Se sbagli giornata, rischi di compromettere tutto subito o comunque di metterti nei guai.

Che peso avranno le cronometro? Ricordiamo che i chilometri contro il tempo sono 42…

Avranno sicuramente un ruolo importante. Se sei in forma, già quei primi 13 chilometri a Tirana ti danno un’indicazione chiara di dove ti trovi in termini di condizione e questo vale un po’ per tutti. Mentre in generale per i cronoman, come Roglic per esempio, sono essenziali. Le crono permetteranno a Roglic di guadagnare terreno prezioso. E poi di gestire la corsa in certo modo.

Cosa ti piace di più e cosa di meno di questo percorso?

A prima vista, il percorso mi sembra bello. La partenza dall’Albania è impegnativa, ma coerente: costringe i corridori a mettersi subito in gioco. Ciò che mi convince meno sono i trasferimenti, che possono pesare sul recupero degli atleti e complicano il lavoro dello staff, sono uno stress in più. Magari da fuori non ci se rende conto ma pesano. E gli arrivi tardivi in hotel non sono mai ideali.

Una squadra forte sarà vitale secondo Nibali, specie per Roglic, visti i tanti trabocchetti. La Red Bull-Bora (qui alla Vuelta 2024 vinta giusto da Roglic) si annuncia fortissima
Una squadra forte sarà vitale secondo Nibali, specie per Roglic, visti i tanti trabocchetti. La Red Bull-Bora si annuncia fortissima
Le famose tappe “trabocchetto” ci è sembrato essere numerose: cosa possiamo aspettarci?

Vero, ce ne sono parecchie. Abbiamo quella di Siena con lo sterrato, ma penso anche alle tappe abruzzesi, che spesso vengono sottovalutate e invece possono fare grandi danni. E poi non sottovaluterei la Puglia. La tappa che va verso Matera sembra tranquilla, ma non lo è e da quelle parti il vento potrebbe diventare un fattore determinante. Quando c’è il vento, cambia tutto. Sono situazioni che possono mettere in difficoltà…

Magari proprio uno come Roglic che spesso in certe tappe ha pagato dazio…

Anche un corridore come Roglic, che tante volte in difficoltà ci si mette da solo… a meno che non abbia una squadra impeccabile. Lui per me in questo Giro deve fare una cosa sola. Sfruttare al massimo le cronometro, farsi scortare bene della squadra e non fare altro. Aspettare anche nelle tappe di montagna e aspettare, controllare.

Cosa ne pensi della posizione del Mortirolo? Non ti sembra un po’ lontano dal traguardo?

No, per me è il Mortirolo è posizionato bene: tiene gli atleti sempre sotto pressione, ma sposta l’attenzione verso la parte finale della tappa e del Giro. Dopo il Mortirolo, ci sono altre salite come Le Motte, che sono impegnative. Il Mortirolo e le altre salite lasciano il segno nelle gambe. Anche il giorno successivo, con il Sestriere, potrebbe essere decisivo. Questa sequenza mi ricorda molto la battaglia tra Hindley e Geoghegan Hart. Molto dipenderà dal supporto delle squadre.

Pensando al Sestriere e all’arrivo nelle zone di Bormio due giorni prima, Nibali ha ricordato il duello fra Hindley e Tao Geoghegan Hart del 2020
Pensando al Sestriere e all’arrivo nelle zone di Bormio due giorni prima, Nibali ha ricordato il duello fra Hindley e Tao Geoghegan Hart del 2020
Ecco, hai toccato un tasto centrale: i team. Quanto conta la squadra in un Giro così?

Conta tantissimo. Con un dislivello così importante, è fondamentale avere un team in grado di supportarti fin dalle prime tappe. L’obiettivo è quello di risparmiarsi. Se a metà Giro i tuoi compagni sono già stanchi, rischi di rimanere solo nella parte più impegnativa, e quello è un problema.

Qual è la salita più dura secondo te?

Non ho analizzato tutto nei dettagli, ma il Mortirolo è sicuramente una salita vera, che si fa sentire soprattutto se dopo devi affrontare altre difficoltà. La fatica si accumula ed è qui che si vedono i corridori davvero forti. Mentre il Finestre è duro perché è lunghissimo: quello più il Sestriere sono salite che ti logorano.

E tra le tappe trabocchetto, quale ti preoccupa di più?

Siena ha i suoi insidiosi sterrati, ma anche la tappa di Castelraimondo nelle Marche o quelle abruzzesi possono riservare brutte sorprese. La salita di Tagliacozzo è il primo arrivo in quota e questo rende i corridori sempre un po’ nervosi. Non sanno mai davvero come andranno le cose. Tutti vorranno stare davanti. L’arrivo di Tagliacozzo (Marsia, ndr) non è impossibile, ma gli ultimi tre chilometri sono molto duri. E poi, come dicevo, il vento in Puglia: quello è un altro elemento che non va sottovalutato.

Viviani da Brema guarda agli europei su pista e al futuro su strada

14.01.2025
6 min
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Si è conclusa ieri la Sei Giorni di Brema, nella quale ha corso la coppia formata da Elia Viviani e Simone Consonni. Il duo che ha conquistato l’argento a Parigi 2024 è tornato sul parquet e ha rispolverato un’intesa ormai consolidata negli anni. Quando intercettiamo Elia Viviani sono le 11 di lunedì mattina (ieri), per completare la gara manca solamente una giornata (in apertura foto Arne Mill). La coppia azzurra arrivava con il secondo posto in classifica, il morale è alto e la consapevolezza nei propri mezzi anche. 

«Stiamo bene – racconta Viviani – oggi (ieri per chi legge, ndr) c’è la parte finale di questa Sei Giorni, correremo in serata e finiremo verso mezzanotte. Arriviamo come secondi, anche se al termine della giornata più dura eravamo riusciti a conquistare il primo posto. Questa sera le prove saranno impegnative, quella che giocherà un ruolo chiave sarà un’americana da quattro ore, a sfinimento. Siamo tre coppie che si giocano la vittoria, quindi il podio è abbastanza certo, gli altri sono abbastanza lontani».

La Sei Giorni di Brema ha preso il via venerdì 10 gennaio (foto Arne Mill)
La Sei Giorni di Brema ha preso il via venerdì 10 gennaio (foto Arne Mill)

Competitivi

Viviani e Consonni sono arrivati a Brema pronti a gareggiare ad alti livelli. L’appuntamento principe della prima parte di questa stagione su pista saranno gli europei, che si correranno tra un mese esatto a Zolder. 

«Mi aspettavo di essere già competitivo qui in Germania – dice anche Viviani – il primo giorno è sempre uno shock però superato quello si entra a regime. La pista di Brema è corta, quindi bisogna prendere le misure con i rapporti e con l’agilità. A Montichiari, in questi mesi di preparazione, non ho lavorato molto con Simone (Consonni, ndr) ma l’affiatamento tra noi è forte. La grande differenza la fa sempre il primo giorno, superato quello si va avanti».

Elia Viviani e Simone Consonni godono di un grande affiatamento in pista (foto Arne Mill)
Elia Viviani e Simone Consonni godono di un grande affiatamento in pista (foto Arne Mill)
Cosa vuol dire correre su una pista corta come questa?

Che bisogna avere gambe ma anche le giuste tempistiche. Le prove sono tutte impegnative, nella giornata più corta abbiamo fatto 85 chilometri, in quella più lunga ben 140. Sono tante ore, minimo due nella giornata meno impegnativa, a ritmi folli. Su una pista corta come questa si prendono subito le misure. Si utilizzano dei rapporti più leggeri, ora pedaliamo con un 58 sulla corona anteriore e 17 nel pignone posteriore.

Alte velocità e tanta agilità?

Le medie sono comunque elevate, stiamo parlando di 55/57 chilometri orari a serata. Con questi rapporti vuol dire girare a 120 pedalate al minuto

Ogni sera, mettendo insieme le diverse prove, i corridori percorrono tra gli 85 e i 140 chilometri (foto Arne Mill)
Ogni sera, mettendo insieme le diverse prove, i corridori percorrono tra gli 85 e i 140 chilometri (foto Arne Mill)
Vi siete preparati in maniera particolare per questa Sei Giorni?

Su strada si fa sempre tanto fondo. Insieme a Marco Villa, nel classico ritiro in pista a Montichiari, abbiamo lavorato sempre allo stesso modo. L’unica differenza è stata nel dietro moto dove abbiamo alleggerito il rapporto di un dente per aumentare le pedalate al minuto. In genere su pista si gira tra le 105 e le 110 pedalate al minuto. 

Appena finito l’impegno di Brema mancherà meno di un mese agli europei su pista, come li preparerai?

Andrò a correre ancora sul parquet. Sarò a una gara di classe .1 ad Anadia il 25 e il 26 gennaio. Poi dovrei andare alla Sei Giorni di Berlino, che si correrà il fine settimana tra il 31 gennaio e l’1 febbraio. 

Viviani sta preparando gli europei su pista di Zolder, dove correrà nell’eliminazione
Viviani sta preparando gli europei su pista di Zolder, dove correrà nell’eliminazione
Che europeo sarà visto che molti dei protagonisti della pista non ci saranno?

Nella preparazione a Montichiari capiremo bene come agire. Il cittì Marco Villa sicuramente guarderà al futuro e lancerà un quartetto giovane. A mio modo di vedere non andiamo con tante ambizioni di medaglia, anche se poi abbiamo corridori in grado di fare buone prestazioni. Sarà un europeo rivolto al futuro, e con questo intendo a Los Angeles 2028, ovvero la prossima Olimpiade. 

Tu sarai uno dei riferimenti di questo gruppo…

Sì, ma non ci sono soltanto io. Abbiamo anche Lamon e Scartezzini come punti saldi. Se pensiamo al quartetto questo è in mano a Lamon, sia per il suo ruolo in gara che per la gestione del gruppo. Quando si parla di Olimpiadi bisogna guardare al quartetto, all’omnium e all’americana. Il primo come detto è in buone mani con Lamon. Mentre per l’omnium il riferimento sarà Simone (Consonni, ndr) lui a Los Angeles vorrà esserci e raccoglierà il mio testimone. 

L’ultima corsa su strada in maglia Ineos è stata la CRO Race a ottobre del 2024
L’ultima corsa su strada in maglia Ineos è stata la CRO Race a ottobre del 2024
Il quartetto rimarrà la disciplina di punta?  

Sì, ma allo stesso tempo quando si riparte bisogna farlo dalle basi della tecnica. Quindi saranno importanti tutte le discipline come lo scratch, l’eliminazione, l’omnium e la madison. Corse che insegnano a stare in pista e muoversi sul parquet. Magari all’inizio non va tutto bene, ma sono passaggi utili per crescere e prendere la mano con questa disciplina. 

Quali discipline correrai agli europei?

Avrò la conferma a breve, ma dovrei fare l’eliminazione. Poi mi piacerebbe disputare la corsa a punti, ma decideremo insieme a Marco Villa. Certo che sarebbe bello farla, non essendo prova olimpica non ci sono molti momenti in cui mettersi alla prova in questa gara. 

Una volta finite le vacanze ha partecipato, come ogni anno, all’evento Beking Monaco (foto Instagram)
Una volta finite le vacanze ha partecipato, come ogni anno, all’evento Beking Monaco (foto Instagram)
Com’è stato il tuo inverno, vista anche la scadenza del contratto e l’addio alla Ineos?

Uguale a tutti gli altri. Mi sto allenando come tutti gli anni, ho fatto uno stacco di tre settimane, sono andato in vacanza con Elena (Cecchini, ndr) e ho ripreso a pedalare a Monaco. Ci sono delle cose che si stanno evolvendo, comunque sono pronto per correre. 

La tua preparazione non ne ha risentito quindi?

Assolutamente no. Comunque avrei fatto lo stesso programma di gare su pista e la stessa preparazione. Ora appena rientrerò da Brema farò un po’ di allenamenti su strada per non perdere il volume fatto in precedenza. L’avvicinamento agli europei prenderà la svolta decisiva negli ultimi dieci giorni. Una volta tornato da Berlino (che dovrebbe essere l’ultima gara prima della prova continentale, ndr) farò specializzazione in pista con allenamenti sul ritmo gara, studio dei rapporti e tutto il resto.