Pezzo Rosola brothers, adesso parla mamma Paola

28.01.2025
5 min
Salva

Papà ha detto la sua, ora parla mamma. Dopo aver sentito Paolo Rosola a proposito dei suoi figli e in particolare di Patrik che continua a stupire nell’ambiente del ciclocross, con la conquista del terzo posto anche nell’ultima prova di Coppa del mondo, tocca a Paola Pezzo – due volte olimpionica di mountain bike, ad Atlanta e Sydney – dire la sua e raccontare il suo rapporto con i due ragazzi che, a dispetto del prestigio e dei risultati dei loro genitori, hanno deciso di seguire la loro stessa strada.

Oddio, nel caso di Paola Pezzo il discorso è un po’ diverso perché tanto Kevin che Patrik si sono orientati verso la strada e nel profondo, un po’ di rammarico nella campionessa veronese c’è.

Patrik sul podio di Faé di Oderzo, la maglia tricolore ha completato un inverno di grande crescita
Patrik sul podio di Faé di Oderzo, la maglia tricolore ha completato un inverno di grande crescita

«La loro scelta era però obbligata – ammette – visto che su strada puoi costruirti una carriera e un lavoro. Nella mtb purtroppo vedo che anno dopo anno c’è un progressivo distacco, mancano le squadre, soprattutto a livello juniores, dove devi costruire il corridore. Io amo quella disciplina e vederla in queste condizioni mi fa male. Sono però contenta che almeno nei primi anni i miei figli l’abbiano affrontata perché ha dato loro quella base tecnica, quell’abilità di guida che ti consente di fare la differenza. E comunque come disciplina di spalla, in questo momento meglio il ciclocross della mtb…».

Com’è stato affrontare una lunga trasferta in Belgio, per tutto il periodo delle feste?

Molto faticoso, ma bello. D’estate fra lavoro e corse non abbiamo mai tempo per fare vacanze, così abbiamo pensato che poteva essere bello affrontare una trasferta diversa dal solito, in famiglia, visto che Kevin ora ha la sua vita. Per Patrik è stata un’esperienza fondamentale, se vuoi crescere devi correre lì, ma non solo per la qualità delle gare. E’ tutto il contesto che ti lascia senza parole con decine di migliaia di tifosi e un baccano infernale.

Paola Pezzo è una leggenda della mtb, con 2 titoli olimpici e mondiali, 3 europei, una Coppa del Mondo (foto Paolo Colombo)
Paola Pezzo è una leggenda della mtb, con 2 titoli olimpici e mondiali, 3 europei, una Coppa del Mondo (foto Paolo Colombo)
Voi vi siete gestiti in autonomia?

Sì, alla vecchia maniera, Paolo che provvedeva a tutte le necessità tecniche, io che davo una mano, poi si mangiava sempre in camper. D’altronde ci sono gare ogni giorno e sono tutte vicine, c’era da guidare un’oretta o anche meno e ti trovavi sul nuovo luogo di gara. Una delle difficoltà è stato il clima: in tanti giorni non abbiamo mai visto il sole…

Credi che i risultati che Patrik sta ottenendo siano figli anche di quell’esperienza?

Sicuramente, ha acquisito consapevolezza di sé. Già dopo la terza gara si vedevano ragazzi che venivano da lui per conoscerlo, che gli chiedevano di restare a correre in Belgio, che volevano qualche ricordo, autografi, cartoline, selfie. Adesso si vede che ha un’altra gamba.

Alle porte dei 17 anni, Patrik Pezzo Rosola ha già colto il 2° posto a Loenhout e il 3° a Hoogerheide
Alle porte dei 17 anni, Patrik Pezzo Rosola ha già colto il 2° posto a Loenhout e il 3° a Hoogerheide
Paolo dice che per molte cose è simile a te, mentre invece da ragazzino era uno scavezzacollo come lui…

E’ vero. Io oggi mi rivedo in lui, vedo la sua testardaggine, la sua grinta, la voglia di arrivare. Anche io ai tempi ascoltavo tutti, ma poi ero io a decidere e infatti l’allenarmi a casa con il fuso orario australiano prima dei Giochi di Sydney fu un’idea mia. Lui è lo stesso, ascolta ma poi fa di testa sua, dice che sa quel che deve fare. Ma sta cambiando, ad esempio inizia a capire che l’allenamento deve essere controllato anche tramite gli strumenti appositi, non basta più andare a sensazione.

Come riesce a conciliare scuola e sport?

Con un grande impegno, per fortuna siamo riusciti a fargli ridurre l’orario da 8 a 6 ore giornaliere, la sua è una scuola professionale. Ma solo con una grande coscienza di se stessi ci si può riuscire. Devo dire che anche a scuola se la cava bene.

Patrik dietro Agostinacchio: i due saranno insieme ai mondiali del weekend (foto Billiani)
Patrik dietro Agostinacchio: i due saranno insieme ai mondiali del weekend (foto Billiani)
Kevin non ha mai nascosto che la pressione dei vostri nomi, di quel che avete fatto un po’ pesa. E per Patrik?

Anche lui un po’ lo soffre, perché giustamente vuole essere Patrik Pezzo Rosola e non il “figlio di”. E’ un prezzo da pagare nel fare la stessa attività, ma in entrambi i casi è stata una loro libera scelta. Kevin ne soffre di più, spesso ha chiesto che gli speaker la smettessero di citarlo in quella maniera, era stufo di sentire paragoni.

Ora vivono entrambi la vita che avete fatto voi genitori alla loro età, sempre in giro…

Con Paolo al seguito della squadra, la casa spesso mi sembra vuota soprattutto in questo periodo con Patrik in giro con la nazionale. Io però li vedo crescere come uomini, in questo senso ad esempio l’esperienza di Kevin alla Sudtirol, unico italiano nel gruppo è stata fondamentale, ha imparato l’inglese, è diventato cittadino del mondo come lo eravamo noi e per un genitore questa è la cosa più importante, vale oltre ogni vittoria o medaglia.

Nizzolo: l’inverno e la doppia operazione alla gamba

28.01.2025
4 min
Salva

Il primo anno alla Q36.5 Pro Cycling Giacomo Nizzolo se lo sarebbe aspettato diverso. I giorni di corsa, in totale, sono stati solamente trentatré. Dopo l’avvio di difficile era arrivata anche la prima vittoria al Sibiu Tour e i mali sembravano essere alle spalle. In Spagna, prima alla Vuelta Castilla y Leon e poi a Burgos, il colpo di pedale era tornato a buoni livelli. Il finale di stagione era lì per essere… masticato, con ambizione e forze nuove.

«Poi gli ultimi due mesi di corse – racconta Nizzolo mentre si trova in macchina – non sono andati come mi sarei aspettato. Arrivavo da una serie di corse a tappe, fatte per migliorare la condizione in vista di settembre e ottobre. Durante una delle prime gare di un giorno che avevo in programma, il Grand Prix d’Isbergues, sono caduto. Il risultato è che mi è uscita un’ernia inguinale esposta. Mi sono ritrovato così, il 15 settembre, con la stagione finita e un’operazione da fare. Anzi due».

La volata vittoriosa a Sibiu, primo successo in maglia Q36.5 Pro Cycling per Nizzolo
La volata vittoriosa a Sibiu, primo successo in maglia Q36.5 Pro Cycling per Nizzolo

Ripartire

Gli interventi ai quali si è sottoposto il velocista della Q36.5 Pro Cycling sono diventati così due. Nizzolo ha deciso di racchiudere, nelle settimane di stop, anche l’operazione per sistemare gli effetti di una vecchia caduta.

«Dopo aver sistemato l’ernia inguinale – dice Nizzolo – ho anticipato di un mese abbondante la rimozione di placche e viti che mi erano state inserite per riparare la frattura del piatto tibiale. Un infortunio che risale quasi a un anno fa. Avrei dovuto fare questa seconda operazione a dicembre ma ho preferito anticipare per non perdere ulteriore tempo una volta risalito in bici». 

La condizione di Nizzolo era in crescita, alla Vuelta a Burgos un buon secondo posto nella tappa inaugurale
La condizione di Nizzolo era in crescita, alla Vuelta a Burgos un buon secondo posto nella tappa inaugurale
Che inverno è stato fino ad ora?

Non facile, mentre io ero fermo gli altri andavano avanti ed ero consapevole che poi mi sarei trovato a dover chiudere il gap. Sapevo di dover ottimizzare ogni allenamento per tornare a un livello che potesse essere giusto per competere. 

A quale punto senti di essere arrivato?

Credo di essere all’80 per cento. Penso anche che la condizione migliore sia frutto non del singolo inverno, ma degli anni di lavoro. Dato che mi sono fermato, ho perso questa continuità e il mio processo di crescita si è fermato. 

L’ultima gara del 2024 per il milanese è stata il Gran Prix d’Isbergues, nel quale una caduta lo ha messo KO
L’ultima gara del 2024 per il milanese è stata il Gran Prix d’Isbergues, nel quale una caduta lo ha messo KO
Manca il passo finale per arrivare al 100 per cento.

Sarà quello più difficile, ma insieme alla squadra abbiamo deciso che è importante correre, pur consapevoli che dovrò crescere. 

Mentalmente quanto pesa questo 20 per cento che manca?

Da questo punto di vista c’è consapevolezza. Chiaramente non ho rimpianti, però è come quando a scuola tornavi dalle vacanze e sapevi di non aver fatto i compiti. La speranza era che la professoressa non ti chiedesse proprio quel che non sapevi. 

Dopo la doppia operazione Nizzolo si è rimesso al lavoro (foto Instagram)
Dopo la doppia operazione Nizzolo si è rimesso al lavoro (foto Instagram)
Come si tramuta questa consapevolezza in gara?

La speranza è di salvarmi con l’esperienza, cercando di giostrare un po’ le mie qualità. Ma so che ci sarà da far fatica. 

Dove riprendi a correre?

Tra poco, dalle gare di Mallorca. Poi andrò al Tour of Oman, Almeria e Belgio. Da lì si apre la primavera con la Tirreno-Adriatico e la Sanremo, ma vedremo anche come risponderò una volta tornato in gara. 

Il morale per il velocista della Q36.5 è comunque alto, ma sa che dovrà lavorare molto
Il morale per il velocista della Q36.5 è comunque alto, ma sa che dovrà lavorare molto
La Q36.5 ha visto arrivare dei buoni corridori in vista del 2025, Tom Pidcock su tutti.

L’evoluzione è tangibile e porta tanta motivazione, anche se il team è arrivato da poco nel ciclismo si vede che vuole migliorare e crescere. 

Si parla anche dell’invito a qualche Grande Giro, ne ha parlato lo stesso Pidcock, da questo punto di vista si sente aria di cambiamento?

Sì tra noi ci confrontiamo, ma non sono i corridori che possono dire queste cose. Credo solamente che la nostra mentalità non debba cambiare, noi come Q36.5 dobbiamo aver voglia di crescere e migliorare come fatto fino ad adesso.

Allenarsi in ritiro: la settimana di Simone Velasco

27.01.2025
4 min
Salva

CALPE (Spagna) – Nel cuore della preparazione invernale, abbiamo seguito da vicino la preparazione di Simone Velasco, uno degli atleti di punta della XDS-Astana. Questa volta, più che di una settimana di “settimana tipo”, abbiamo parlato più in generale degli allenamenti in ritiro: tempistiche, volumi, recupero.

Tra allenamenti intensi, recupero e strategie nutrizionali, il corridore ci ha raccontato come affronta questo periodo cruciale della stagione. Un’immersione nel mondo del corridore in ritiro, tra salite impegnative, sprint esplosivi e l’attenta gestione della fatica in vista dei primi appuntamenti agonistici, che tra l’altro per l’ex campione italiano sono iniziati proprio questo fine settimana.

Velasco (classe 1995) è alla quarta stagione nel gruppo Astana
Velasco (classe 1995) è alla quarta stagione nel gruppo Astana
Simone, ritiro è uguale a vita monastica. E’ ancora così?

Eh, diciamo che non ci sono molti modi per svagarsi. Ma è importante anche questo…

Come inizia la settimana?

Tendenzialmente tengo la domenica sacra, dedita al riposo anche in ritiro, proprio come un giorno che dedico alla famiglia e al rilassamento. A quel punto si segue il carico di lavoro necessario. In ritiro lavoriamo a triplette, con un incremento dell’intensità riducendo leggermente la quantità. Siamo sempre più vicini alle gare, quindi è necessario alzare i giri del motore e avvicinarsi alla condizione ottimale.

Come si strutturano queste triplette?

Le giornate iniziano con lavori di forza o intensità, tipo sprint e brevi lavori anaerobici, seguite dal classico giorno di distanza, meno stressante ma comunque impegnativo.

Quindi una tipologia di specifico al giorno, più i chilometri. E quanti sono appunto i chilometri nelle triplette?

Si va in crescendo. Solitamente sono 140, 160, 180 chilometri. Quindi da quattro ore e mezzo a sei ore.

I percorsi prevedono molto dislivello?

Sì, nelle giornate di distanza il dislivello supera abbondantemente i 3.000 metri. Qui in Spagna, nella zona di Denia, Calpe, Benidorm, le strade tendono a incentivare l’ascesa verticale. Nei giorni di volate il dislivello è inferiore, mentre nei giorni di intensità in salita si riducono i chilometri e aumenta il dislivello.

Prima hai parlato di sprint: come svolgete questi lavori?

Siamo divisi per gruppi, il gruppo velocisti segue programmi diversi. Noi più scalatori, ci concentriamo su sprint da 10 secondi, ne facciamo 4 o 5 ripetizioni nell’arco della giornata dedicata. Per la forza invece facciamo delle classiche salite di forza resistenza. Si tratta di tre sessioni da 15-20 minuti alternando cadenza bassa e alta. La gestione dei recuperi dipende dal periodo di allenamento e dalla condizione personale.

In Spagna tante triplette per Velasco e compagni
In Spagna tante triplette per Velasco e compagni
E gli allenamenti ad alta intensità come sono impostati?

Abbiamo lavorato sul VO2 Max e sulla soglia, con ripetute di 15-20 minuti per serie. In tutto le serie sono tre. I recuperi sono di circa mezz’ora tra una serie e l’altra per variare il percorso e non restare sempre sulla stessa salita. E anche per farle un po’ più in là nel corso dei chilometri quando si è un po’ più stanchi.

La nutrizione durante gli allenamenti segue le nuove tendenze, cioè mangiare un tot di carboidrati per ora?

Io sono ancora della vecchia scuola, non seguo rigidamente la regola dei grammi di carboidrati all’ora in allenamento. In gara so che devo mangiare molto di più a certe intensità, mentre a bassa intensità meno. Le strategie alimentari sono soggettive e bisogna conoscere bene il proprio corpo. Io ormai so che in corsa anche se ingerisco 120 grammi di carbo l’ora non ho problemi intestinali e quindi in allenamento cerco di non abusarne.

Ti abbiamo visto correre: come integri la corsa a piedi nell’insieme della tua preparazione?

Ormai sono tre anni che corro abbastanza spesso. Lo faccio come attività alternativa nei giorni di palestra o di scarico. In questo modo termino il micro blocco: tripletta + scarico. Ho iniziato gradualmente con la corsa per evitare problemi muscolari e articolari. Mi trovo bene. Mi piace, ormai è qualche anno che adotto questa tecnica. E poi ho notato che la corsa mi aiuta a sviluppare forza senza affaticarmi troppo a livello cardiaco.

Per Simone anziché lo scarico naturale in bici, 30′-40′ di corsa
Per Simone anziché lo scarico naturale in bici, 30′-40′ di corsa
Il massaggio post corsa è essenziale però?

Per me sì, è fondamentale per evitare infortuni da sovraccarico. Correre sollecita muscoli diversi rispetto alla pedalata e quindi cerco di tenere sotto controllo eventuali infiammazioni.

Quanto spazio ha la palestra nella tua preparazione?

Ora che ci avviciniamo alle gare, riduciamo le sessioni in palestra ad una a settimana. In base ai gruppi di lavoro, la palestra viene inserita in giornate specifiche per non appesantire troppo. I velocisti chiaramente ne fanno un po’ di più.

A proposito di gare che si avvicinano: quali sono i tuoi primi programmi stagionali?

Ora farò due tre gare a Majorca il 29, 31 e 1 febbraio. Dopo una breve pausa, correrò a Murcia e Almeria. Poi seguiranno le corse in Italia come Laigueglia e Strade Bianche, passando per la Tirreno-Adriatico e la Milano-Sanremo. Dopo una fase di altura, affronterò le Ardenne. Mentre per quanto riguarda i grandi Giri, quest’anno andrò al Tour de France.

Intanto Ciabocco porta a casa un piccolo titolo

27.01.2025
5 min
Salva

Il primo squillo tutto azzurro della stagione arriva dall’Australia. Qualcuno potrà dire che è uno squillo sommesso, che parliamo solo della vittoria nella classifica per le giovani. Ma se si tratta di una prova del WorldTour, anzi di quella che di fatto lo ha aperto, ha pur sempre un suo valore. Nel Santos Tour Down Under Eleonora Ciabocco ha portato a casa la maglia della migliore nella classifica specifica e questo conta, anche perché la ragazza di Macerata è stata la migliore delle italiane.

Per lei quella agli antipodi non era la prima trasferta così lontano: «In Australia ero già stata ai mondiali di Wollongong e poi lo scorso anno, sempre al Santos Tour Down Under, ma se devo dire questa è stata un’esperienza diversa».

Per Eleonora la vittoria nella classifica dei giovani è un bel viatico verso la nuova stagione
Per Eleonora la vittoria nella classifica dei giovani è un bel viatico verso la nuova stagione
Perché?

Intanto perché mi sono sentita più sicura di me stessa, cresciuta a livello mentale e come coscienza delle mie capacità. Poi perché la squadra mi ha dato una grande responsabilità: ero in pratica la regista in corsa e questo per una ragazza di soli 20 anni non è cosa da poco, significa che hanno grande fiducia nelle mie qualità. Penso che molto dipenda anche da quel che avviene al di fuori delle corse: in quest’anno il mio inglese è migliorato molto, poter comunicare con maggior facilità aiuta. Ora devo dire la verità: mi sto godendo il mio team, il rapporto con le altre molto più di prima.

Che valore ha la tua prestazione?

Io credo che sia un bel segnale, anche perché non l’ho inseguito specificamente, è arrivato un po’ per caso. Io ho continuato a svolgere i miei compiti: non avevamo una capitana che puntava alla classifica, si operava soprattutto per le singole tappe, si cercava di leggere al meglio ogni situazione tattica e il fatto che chiedessero a me che cosa fare credo abbia un valore anche superiore alla classifica finale.

Il team ha ruotato nella corsa australiana intorno a lei, aiutandola nella difficile seconda tappa
Il team ha ruotato nella corsa australiana intorno a lei, aiutandola nella difficile seconda tappa
Che corsa è stata?

Il livello era sicuramente alto e le corse non sono sempre andate com’erano i piani. La prima tappa ad esempio eravamo convinti che sarebbe finita in volata e infatti tutte lavoravamo per Rachele (Barbieri, ndr), cercavamo di tenere chiusa la corsa per favorire lo sprint, invece nel finale molto tecnico è andata via la Hengeveld. La seconda era la più impegnativa, infatti nella prima salita ho perso terreno e faticavo. Lì la squadra si è messa a mia disposizione per farmi superare la crisi e infatti sono rientrata. Le compagne mi portavano ghiaccio e borracce perché soffrivo molto il caldo.

Che ha contraddistinto anche la tappa finale…

Sì e per noi che venivamo dall’Europa il contraccolpo termico c’è stato, alcune lo hanno superato meglio, altre come me no. In certi momenti proprio non si respirava…

E’ stata, quella australiana, una corsa abbastanza sorprendente nel suo epilogo finale, vi aspettavate la vittoria della svizzera Ruegg?

Sinceramente no, ma più che la sua vittoria mi ha colpito quella dell’olandese nella prima che per certi versi mi ha anche fatto piacere. Fino allo scorso anno correvamo insieme, la conosco bene e so che è forte.

La trasferta australiana ora va avanti, che cosa hanno chiesto a te?

Continuerò nel lavoro a favore del team, anche perché alla base del nostro gruppo c’è proprio questa commistione di ruoli. Per noi conta che a vincere sia il team, non il singolo. Ognuna corre per le compagne. Certamente poi se capiterà l’occasione mi farò trovare pronta, intanto quella maglia messa in valigia è sempre un’iniezione di fiducia, anche perché come detto è arrivata per caso, io ho sempre pensato a lavorare per le altre senza guardare la classifica. Infatti nella tappa finale, dopo aver esaurito i miei compiti mi sono lasciata staccare.

La maceratese è alla Picnic DSM dal 2023. Lo scorso anno ha affrontato 46 giorni di corsa
La maceratese è alla Picnic DSM dal 2023. Lo scorso anno ha affrontato 46 giorni di corsa
In che cosa pensi di essere migliorata?

Credo che il mio rendimento in salita sia migliorato, lo dicevano i numeri in allenamento e l’ho constatato anche in corsa. Ma siamo a inizio stagione, è ancora molto presto per dare giudizi. I veri obiettivi credo arriveranno tra maggio e luglio, voglio guadagnarmi la selezione per i grandi giri, poi lì vedremo che cosa fare, magari trovando anche spazio per le mie aspirazioni personali.

EDITORIALE / La morte di Sara merita una risposta decisa

27.01.2025
4 min
Salva

Il padre di Sara Piffer ha raccontato al Corriere del Trentino di aver ascoltato la preghiera di suo figlio, coinvolto nello stesso incidente, e di aver perdonato l’uomo che, guidando un’auto, aveva da poco ucciso sua figlia (immagine Instagram in apertura). Forse è il solo modo per assorbire un colpo del genere e forse è possibile solo con una straordinaria fede in Dio. L’uomo ha definito la ragazza un dono e ha ringraziato Dio per avergliela mandata.

E’ già difficile accettare la morte di un figlio per un male oscuro che se lo porta via, ma se di mezzo c’è la mano dell’uomo, allora è diverso. Non so se io ci riuscirei. Forse è possibile solo se nasci e cresci in un posto come Palù di Giovo, che guarda il cielo negli occhi e la valle là in basso sembra infinitamente lontana.

Il funerale di Sara Piffer sarà celebrato oggi alle 15 a Palù di Giovo (immagine Instagram)
Il funerale di Sara Piffer sarà celebrato oggi alle 15 a Palù di Giovo (immagine Instagram)

La fretta e il bullismo

«Papà, noi stiamo sempre attenti – diceva a suo padre – sono gli altri che non stanno attenti a noi». E così è stato. Sara è morta proprio laggiù, dove le persone hanno fretta e dove il Trentino con gli anni è diventato rumoroso e distratto come altre parti d’Italia, in cui le biciclette sono l’anello più piccolo della catena alimentare.

La fretta. Aveva fretta la donna che ha ucciso Silvia Piccini, come pure l’uomo che ha ucciso Michele Scarponi. Aveva fretta il camionista che ha ucciso Davide Rebellin. Dicono sempre che avevano fretta, come chiunque non abbia ben chiaro che i limiti di velocità esistono unicamente per motivi di sicurezza. Ciò che sta diventando insopportabile è l’indulgenza verso i carnefici, che alla lunga si fa sempre largo nell’animo della gente buona del ciclismo.

La bontà sta diventando un limite, perché la gente dimentica. Il bullismo sulle strade, alla pari di quello nelle scuole, ha radici nella morbidezza con cui viene affrontato. Nella debolezza davanti alle frasi deliranti di Vittorio Feltri. Nel tollerare un certo modo di esprimersi sui social che legittimano l’aggressione al ciclista. In questo Giorno della Memoria, paragonare i ciclisti sulle strade a quello che accadeva in quegli anni maledetti appare meno fuori luogo di quel che si potrebbe pensare.

Nel 2023 Sara Piffer aveva partacipato la mondiale juniores di Glasgow, chiudendo al 18° posto
Nel 2023 Sara Piffer aveva partacipato la mondiale juniores di Glasgow, chiudendo al 18° posto

Per colpa di tutti

La fretta è il male di questo secolo popolato di tecnologie che rendono tutto possibile. Avete mai avuto, guidando, l’impulso di riempire il tempo comunicando con qualcuno, cercando un’informazione sul web, mandando un messaggio? Avete mai provato a fare un esercizio di autodisciplina, riservandovi di farlo quando vi sarete fermati? Avete provato la sensazione di frustrazione di quando il telefono non ha campo e vi sentite fuori dal mondo o impossibilitati a ottimizzare il tempo, organizzando il lavoro nel tempo della guida?

Sara e tutti gli altri sono morti per colpa nostra, incapaci di dare un valore alla loro vita. Per colpa di chi usa il telefono durante la guida. Per colpa di chi beve e sa di dover guidare. E per colpa di chi pensa che a lui andrà sempre bene e si ritrova un giorno davanti a una ragazza morta a procurarsi le scuse che a lei non ha concesso. Sara è morta per sempre, mentre lui tornerà presto alla sua vita. Con un peso sul cuore, diamolo per scontato, come quello di Giuda che seppe scegliere per sé l’uscita di scena che meritava.

Prima di Sara, anche Silvia Piccini fu uccisa da una donna che aveva fretta di andare al lavoro e neppure si fermò
Prima di Sara, anche Silvia Piccini fu uccisa da una donna che aveva fretta di andare al lavoro e neppure si fermò

Lo sciopero delle bici

Oggi alle 15 in quel paesino che ha dato i natali ai fratelli Moser e a Gilberto Simoni si celebreranno i funerali di Sara Piffer, 19 anni, uccisa sulla strada da un uomo al volante della sua auto. Finché qualsiasi veicolo non sarà considerato alla stregua di un’arma del delitto – di una pistola o di un coltello – la giustizia avrà una falla.

Gli scioperi dei ferrovieri hanno messo in ginocchio l’Italia da qualche mese a questa parte. Se c’è un invito che ci sentiamo di fare alla Federazione Ciclistica Italiana, all’ACSI, alla FIAB e a tutte le sigle che raccolgono sotto le loro insegne milioni di ciclisti è quello di proclamare per un giorno lo sciopero nazionale delle biciclette. Andiamo tutti a Roma e blocchiamo il centro e i palazzi del Governo. Questo non è un invito alla sedizione, è un grido disperato. Almeno quello, forse, riusciranno a sentirlo.

Pino Toni: «Un “nuovo” Casano: tutti uniti per Di Fresco»

27.01.2025
4 min
Salva

Il malore e la corsa in ospedale di Giuseppe Di Fresco hanno portato tutti a stringersi intorno alla sua realtà: il Team Casano. Un post sui social di Pino Toni, che mostra il tesserino da diesse, senza troppi giri di parole racconta di una nuova avventura nata per dare un mano a un amico. Rinvigorita però, così si legge, da un gruppo di ragazzi volenterosi. Gli episodi della vita, spesso mutevoli e incontrollabili, hanno portato a una nuova fase il Team Casano. Rimessi in ordine i pezzi si è pensato subito a come far continuare questa realtà. 

«Lavoravo come preparatore – dice Pino Toni dal suo laboratorio – con il Team Casano dalla scorsa stagione, ruolo che svolgevo anche per altre squadre juniores. Da quando Giuseppe (Di Fresco, ndr) è stato male ho deciso di rimboccarmi le maniche e dare una mano. Lo conosco da più di vent’anni, quando era alla Berti e io ho iniziato a lavorare con lui. Erano i tempi di Damiano Caruso, per intenderci. Abbiamo proseguito insieme anche alla Mastromarco, quando era passato a occuparsi dei dilettanti».

Toni 2022
Pino Toni ha voluto dare una mano a Di Fresco e dal 2025 sarà diesse del Casano
Toni 2022
Pino Toni ha voluto dare una mano a Di Fresco e dal 2025 sarà diesse del Casano

Amicizia e passione

Nel 2024 Pino Toni aveva come ruolo quello del preparatore, ora ha voluto fare un passo in più. Di certo lo ha spinto un sentimento di amicizia, ma non c’è solo questo.

«Del Team Casano – continua – se ne occupava Di Fresco, in toto. Era ed è ancora il faro di questa squadra. E’ andato in giro a cercare sponsor e squadre con cui avviare delle collaborazioni, l’ultima con lo Stabbia. Questa storica società fiorentina rischiava di chiudere, così Di Fresco è andato a parlare con il loro presidente, Benvenuti, e hanno trovato un modo di continuare. Una cosa molto bella, anche perché lo Stabbia farà 50 anni nel 2025. Di Fresco avrebbe portato avanti i compiti di tecnico e manager e aveva messo insieme uno staff di alto livello».

Giueseppe Di Fresco è comunque stato presente al primo ritiro collegiale del Casano
Giueseppe Di Fresco è comunque stato presente al primo ritiro collegiale del Casano
C’è da prendere le redini di una squadra ben formata, come si fa?

Non sarò da solo. Con me ci saranno altri due diesse: Michele Corradini e Alessandro Mansueto. Quest’ultimo è un formatore della Federazione, è siciliano e segue i nostri due ragazzi che vivono lì. Michele Corradini, invece, sta terminando il corso di formazione di terzo livello. 

E’ una squadra ben organizzata?

Assolutamente. Da questo inverno è entrato nello staff un nutrizionista, Matteo Michelotti. Una figura nuova di cui parlavamo Di Fresco e io e che lui ha avuto la prontezza di inserire. 

Durante l’incontro di inizio stagione una prima infarinatura di come funzionerà la squadra nel 2025
Durante l’incontro di inizio stagione una prima infarinatura di come funzionerà la squadra nel 2025
Come sta Di Fresco?

Bene, deve fare attenzione a non caricarsi di lavoro e stress. Ha bisogno di riposare il più possibile e ci vorrà un po’ di tempo. Non è facile nemmeno per noi. Dopo lo smarrimento iniziale si era un po’ persa la bussola. C’è voluto un pochino di tempo per riequilibrare il tutto. Siamo riusciti ad alleggerire la pressione da Di Fresco e distribuirla su tutti. 

Tu cosa farai in più?

Sarò presente con i ragazzi, darò una mano a Corradini nella gestione degli allenamenti e dei dati. Poi ci sarà da curare anche la parte delle corse: prepararle, essere in ammiraglia e curare la strategia. Piano piano capiremo come fare e instaureremo un modo di lavorare, cosa che in parte è già stata fatta. 

Nel 2024 i ragazzi del Casano si sono messi in mostra in diverse gare (foto Fruzzetti)
Nel 2024 i ragazzi del Casano si sono messi in mostra in diverse gare (foto Fruzzetti)
In che modo?

Ho portato il modello che conosco io, quello di una squadra professionistica. Una realtà dove tutti gli impegni sono divisi tra i vari membri dello staff. Sarà difficile, ma vedremo di portare a termine tutti i compiti. Credo che se c’è un posto nel quale provare a fare un progetto in grande sia proprio il Team Casano. 

Si tratta di inserire un modello che sarà poi quello del futuro, anche una volta che Di Fresco sarà tornato.

Certo! Vogliamo far crescere la squadra e renderla professionale, per fare in modo che sia di supporto ai giovani e alla loro crescita. 

Cosa vuol dire professionale?

Che possano nascere delle collaborazioni e che siano continuative. Avere delle risorse per fare investimenti nello staff e nei mezzi

Parla Lanzoni, diesse motivatore per le speranze della BTC City

27.01.2025
7 min
Salva

Lo sappiamo, non sono i giorni più adatti per parlare di ciclismo femminile. Quando Giuseppe Lanzoni ci risponde per parlare del suo arrivo alla BTC City Ljubljana Zhiraf Ambedo, non possiamo fare a meno di avere un pensiero profondo per la tragica scomparsa di Sara Piffer della Mendespeck, travolta qualche giorno fa in allenamento da un automobilista.

«Sono rimasto pietrificato quando ho saputo della morte di Sara – ci dice subito il diesse romagnolo che conosce molto bene il mondo femminile – e purtroppo ne succedono troppi di incidenti e investimenti ai corridori, tanti dei quali finiscono in questo modo. Spero che qui in Italia venga fatto qualcosa al più presto, perché il ciclismo sta diventando uno sport troppo pericoloso e poco tutelato. Chi ha figli ora ci pensa due volte se fargli fare ciclismo. Già i giovani smettono presto di correre perché non si intravede un futuro in questo sport per altri motivi, se poi ci mettiamo anche fatti del genere, rischiamo davvero di non avere più corridori».

In un qualche modo torniamo sui passi iniziali per scoprire meglio sia la sua nuova squadra sia il percorso che ce l’ha condotto. Lanzoni ha le spalle abbastanza larghe per dire quello che pensa senza problemi. Così come tanta esperienza per poter dare quel qualcosa in più ad un team continental che l’anno scorso è stato protagonista riuscendo a vincere la Coppa di Francia (la challenge che comprende le loro classiche) con Giada Borghesi, prima che lei a luglio passasse nel WorldTour con la Human Powered Health.

Giuseppe Lanzoni è un direttore sportivo di lungo corso. Arriva alla BTC City dopo tre stagioni nella UAE Development Team
Lanzoni è un direttore sportivo di lungo corso. Arriva alla BTC City dopo tre stagioni nella UAE Development Team
Giuseppe come mai l’approdo nella BTC City?

Dopo tre stagioni alla UAE Development Team ho il bisogno di cambiare aria. Il mio lavoro lo faccio da sempre con passione, guardando prima il lato umano di quello economico. In UAE ho avuto un po’ di contrasti con i dirigenti e nell’ultimo anno e mezzo non mi sono trovato troppo bene. Pensate al paradosso. Da bambino sognavo di avere il superpotere di diventare invisibile e in questi ultimi mesi lo ero diventato veramente per la squadra (dice sorridendo con ironia, ndr). Però guardo avanti, come ho sempre fatto.

Sei comunque stato in una formazione importante. Da questa esperienza cosa porti alla squadra?

Il ciclismo femminile è diventato davvero un lavoro e le ragazze che vogliono fare il grande salto, devono capire di curare il dettaglio, sia che tu sia una capitana o una gregaria. Se vuoi fare il corridore di mestiere bisogna crescere di testa. Devi sapere che certi rapporti diventano più freddi o quanto meno molto più professionali. E che non hai più scuse perché nelle grandi squadre ci sono tante figure a disposizione dell’atleta. Il tempo è il tesoro più grande che ha una persona. Chi vuole correre per mestiere, tenendo conto dei sacrifici che fa una famiglia, non può più sprecare il proprio tempo pedalando senza una vera finalità.

Alla BTC City avrai ancora Carbonari, che sarà la vostra punta. Come l’hai trovata?

Ho chiacchierato molto con Anastasia. Eravamo assieme al devo team della UAE poi è andata nella squadra WorldTour, però anche lei viene da due anni di delusione. Ritorna nel team che l’ha messa in mostra nel 2021. Le ho già detto un po’ di cose. Dovremo lavorare molto a livello psicologico. Deve essere convinta di ripartire da zero, ridimensionando inizialmente certe aspettative. Il ritiro che faremo nelle Marche servirà per motivare lei e le sue compagne.

L’intento è quello di ripetere con lei ciò che è avvenuto con Giada Borghesi, giusto?

Assolutamente sì. Infatti con Anastasia sono stato chiaro subito. Le ho detto che a luglio non la voglio più in squadra (sorride, ndr). Significherebbe che è andata forte, che ha accumulato i punti necessari per poter tornare nel WorldTour. Comunque sembra che abbia ben chiaro cosa fare e mi sembra stimolata. Ha 26 anni ed ha maturato tanta esperienza. Può essere quasi un diesse in corsa, ma soprattutto deve essere un esempio per le sue compagne.

Crestanello esulta a Ponte di Piave. Per Lanzoni può fare crescere ulteriormente (foto Ossola)
Crestanello esulta a Ponte di Piave. Per Lanzoni può fare crescere ulteriormente (foto Ossola)
Che formazione guiderai?

Abbiamo alcune atlete che possono fare il salto nella categoria superiore. Lara Crestanello sta crescendo in salita. Non è una velocista da volate di gruppo, però può dire la sua in sprint ristretti. Gemma Sernissi va forte a crono e si sta ritrovando. La sto seguendo ed è molto motivata. Eremita può fare bene nei percorsi misti. Si allena tanto con Lorenzo Masciarelli, il suo fidanzato. Lei sa che questo è un anno decisivo. Poi abbiamo altre giovani interessanti come Serena, Donati, Lazzari o Sklyarova, kazaka di Toscana . Ci sono quattro slovene, di cui due che arrivano dalle juniores. Pestotnik ha vinto anche una corsa in Italia. Infine contiamo sul recupero di Klimova, ma la scommessa è un’altra.

Di chi parli?

Mi riferisco a Carlotta Uber, trentina di 24 anni che viene dalle granfondo dove vinceva sempre la sua categoria. Ha scoperto tardi la bici perché arriva dall’atletica e dalle corse in montagna. E’ una scalatrice pura, con una grinta incredibile. Quando la sento, è lei che carica me anziché il contrario. Fisicamente è molto simile a Realini. L’anno scorso aveva già fatto qualche gara con la BTC City, vincendo una cronoscalata a Palù di Giovo battendo proprio la povera Sara Piffer. Deve imparare a guidare meglio la bici e si sta allenando uscendo sempre con dei dilettanti trentini, proprio per migliorare a stare in gruppo. Per me può fare una bella stagione, così come tutta la squadra può togliersi delle soddisfazioni.

Il calendario della BTC City Ljubljana cosa prevede?

Esordiremo in Croazia il 5 marzo. Il 9 marzo divideremo la squadra in due correndo ancora in Croazia e al Trofeo Oro in Euro a Montignoso. Poi faremo il Ponente in Rosa, il Giro del Mediterraneo, andremo al Gracia Orlova in Repubblica Ceca. Abbiamo già ricevuto l’invito per le classiche della Coppa di Francia. E ancora tante altre corse. Abbiamo un buon programma al momento anche se mancano le gare più importanti italiane, quelle WorldTour.

Sperate di essere chiamate?

Non sarà facile, soprattutto dopo la riforma e la nascita dei ProTeam, malgrado non sia ben chiaro cosa dica il regolamento a proposito della partecipazione di diritto o ad invito. Correre Strade Bianche, Trofeo Binda, Sanremo e specialmente Giro Women sarebbe bellissimo. Noi ce lo auguriamo sempre, puntando molto sul fatto che l’anno scorso la BTC è stata la seconda continental italiana per punteggio, ma la prima per punti raccolti nelle gare WorldTour. Speriamo possa servire, ma il guaio in Italia è un altro.

Nel 2024 la BTC City è risultata la seconda continental italiana, ma prima per punti WorldTour
Nel 2024 la BTC City è risultata la seconda continental italiana, ma prima per punti WorldTour
Cosa intendi?

Adesso il calendario dei team continental è diventato ancora più difficile. Le gare open è un bene che ci siano, ma non ci sono sempre. Oppure talvolta non hanno distanze o percorsi adatti alle elite, che magari non ti preparano a dovere quando vai all’estero. La Federciclismo dovrebbe incentivare gli organizzatori a farne di più coprendo certe spese o trovare un’altra soluzione per avere una corsa femminile elite di un certo livello tutte le settimane.

Chiaro…

Altrimenti rischiamo, come dicevo prima, che il ciclismo femminile cali drasticamente fra qualche anno. Abbiamo tante campionesse sparse per il mondo, che sono un vanto per l’Italia, ma non possiamo non pensare di mantenere quei numeri e quella qualità senza fare nulla di più.

Come sono cambiati i capi antipioggia? Chiediamo a Santini

26.01.2025
5 min
Salva

Gli indumenti antipioggia stanno al ciclismo un po’ come i cappellini. Se questi ultimi arrivano dal passato, i capi tecnici che proteggono dall’acqua (waterproof) sono un vero e proprio simbolo del ciclismo moderno che non conosce stagione.

Come sono cambiati negli anni e come è evoluta questa categoria di indumenti tecnici? Quali sono le peculiarità degli antipioggia e cosa chiedono gli atleti pro? Abbiamo chiesto a tre persone di riferimento, praticanti e perfettamente sul pezzo nell’argomentare le scelte e le tecnicità. Fergus Niland (Creative Designer di Santini), Stefano Devicenzi (Sponsorship Manager di Santini, colui che è a stretto contatto con gli atleti, gli staff tecnici ed i team) e Jacopo Mosca (Team Lidl-Trek), corridore che nei suoi interventi non è mai banale.

Possibilità di combinare più strati e l’antipioggia non deve mai mancare
Possibilità di combinare più strati e l’antipioggia non deve mai mancare

Capi migliorati in tutto

«Negli ultimi anni tutti i capi da pioggia hanno subito un notevole miglioramento – racconta Jacopo Mosca, preofessionista delle Lidl-Trek che usa prodotti Santini – soprattutto sono stati oggetto di una grande specializzazione per diversi tipi di situazioni. Noi corridori siamo coinvolti in questo processo di evoluzione e sviluppo, rendendoci conto che a cascata questi indumenti vengono messi a disposizione per tutti. Il team ha a disposizione lo smanicato a manica corta, la mantellina a manica corta e quella a manica lunga, oltre ad una giacca termica in Polartec felpata, ma sempre antipioggia. A questi capi per la parte superiore, si aggiungono poi dei capi specifici per proteggere le gambe e la parte bassa del corpo in genere.

«Oltre ai gusti personali di ogni corridore – conclude Mosca – c’è una vera e propria ricerca della tecnicità dell’indumento, finalizzata a garantire la massima protezione, termoregolazione e funzionalità in base al meteo. Per fare un esempio, quando piove, ma la temperatura non è rigida, si preferisce usare l’antipioggia non felpato. Non di rado usiamo lo smanicato o l’antiacqua a manica corta, abbinati ai manicotti con tessuto waterproof. Ci sono poi una serie di accessori, dai guanti ai copriscarpe che sono fondamentali, soprattutto quando ci si allena per ore con il freddo. Qui un antipioggia in tasca non deve mai mancare».

Cosa chiedono i pro’?

I corridori prestano particolare attenzione a caratteristiche come la traspirabilità e l’impermeabilità, come racconta Stefano Devicenzi di Santini.

«Danno grande importanza anche ad aspetti che influenzano direttamente la performance tecnica del prodotto, come l’aerodinamicità e la vestibilità. L’aerodinamica in particolare, è un fattore cruciale per gli atleti, anche in condizioni meteorologiche avverse. Come azienda ci rendiamo conto che ogni dettaglio può fare la differenza. Un altro elemento fondamentale è la praticità del capo. La possibilità di indossarlo o toglierlo facilmente durante l’utilizzo è essenziale, soprattutto in gara.

«Per garantire questa versatilità – conclude Devicenzi – è importante che anche i capi antipioggia siano progettati con dettagli funzionali. Ad esempio una zip di alta qualità, quindi capace di funzionare in modo ottimale anche con i guanti o in situazioni difficili. Infine, la possibilità di combinare diversi strati senza compromettere comfort e prestazioni è un requisito imprescindibile per gli atleti».

Indumenti funzionali e pratici, protettivi, semplici da indossare e togliere (foto Santini)
Indumenti funzionali e pratici, protettivi, semplici da indossare e togliere (foto Santini)

Il tempo e le tecnologie

L’evoluzione dei capi antipioggia è strettamente legata ai progressi nella tecnologia delle membrane, prosegue Fergus Niland, seguendo le ricerche dei loro produttori e fornendo i feedback necessari.

«Collaborando con fornitori come Polartec – spiega – abbiamo introdotto capi tecnici dotati di membrane sviluppate appositamente per rispondere alle esigenze dei ciclisti che richiedono performance elevate dei tessuti, degli indumenti e per atleti che pedalano in qualsiasi situazione meteo. Questo si traduce in una traspirabilità nettamente superiore, mantenendo al contempo l’impermeabilità all’acqua e la protezione dal vento, oltre a una notevole durabilità.

«Negli ultimi due anni però, l’innovazione più significativa è stata legata al divieto dei prodotti contenenti PFAS (sostanze sintetiche tensioattive, ndr). Questo cambiamento, di portata enorme – conclude Niland – ha rivoluzionato la tecnologia dei capi impermeabili nel settore del ciclismo. Santini è stata tra le prime aziende ad implementare questa trasformazione, dimostrando il nostro impegno verso soluzioni più sostenibili e performanti».

Le peculiarità dei capi contemporanei

Proseguendo i punti tecnici affrontati in precedenza, Niland cita fra le caratteristiche principali dei capi attuali la traspirabilità e l’impermeabilità, la durabilità e l’impatto del prodotto sull’ambiente.

«Ad esempio la giacca Magic, che è un capo multi-stagione – spiega – è stata realizzata con tessuto Polartec Power Shield RPM. Significa una tecnologia che si basa al 100% sul poliestere riciclato. Impermeabile e privo di PFAS, leggero ed estremamente elastico. Si parla anche d’innovazione, in quanto è lo stesso tessuto ad essere innovativo, perché dotato di un rivestimento non-PFAS altamente impermeabile e resistente fino a 10000 bolle d’acqua.

«Il tessuto vanta inoltre una traspirabilità eccezionale, pari a 30.000 g/m²/24 ore, ridefinisce il concetto di comfort e affronta uno dei principali problemi dei ciclisti, ovvero il calo delle prestazioni causato dal surriscaldamento. Grazie a questa tecnologia – conclude Niland – il rischio di surriscaldamento è ridotto fino al 50% rispetto ad altre membrane».

Santini

Sport e impegno civile, ne parliamo con Jacopo Guarnieri

26.01.2025
5 min
Salva

Jacopo Guarnieri ha appena terminato la carriera, una carriera che l’ha visto spesso prendere posizione su temi che andavano anche oltre lo sport. Nella sua bio su X c’è una bandiera arcobaleno, e sempre sull’ex Twitter si trovano contenuti, per esempio, sulla situazione a Gaza o sul 25 aprile. Insomma, su questioni che superano l’orizzonte del ciclismo.

Un’attenzione alle cose del mondo che però pochi suoi (ex) colleghi sembrano condividere, almeno in pubblico. L’abbiamo contattato per ragionare con lui su come possono stare insieme sport ad alto livello e impegno civile e politico. 

Jacopo Guarnieri si è appena ritirato dalle corse, dopo aver militato per Liquigas, Astana, Katusha, Groupama-Fdj e Lotto-Dstny
Jacopo Guarnieri si è appena ritirato dalle corse, dopo aver militato per Liquigas, Astana, Katusha, Groupama-Fdj e Lotto-Dstny
Jacopo, sei stato uno dei pochi corridori che si è esposto su questioni extra ciclistiche. Perché secondo te, c’è questo disinteresse in gruppo per quello che succede nel mondo? 

Credo che, come in qualunque altro lavoro, quando fai il corridore professionista sei nella tua bolla, e questo ti porta a dimenticarti un po’ di tutto il resto. Non ti concentri su quello che c’è attorno, che viene visto spesso come qualcosa di molto lontano dal tuo ambiente. Non credo che sia per cattiveria, è proprio solo il fatto che sei dentro quella bolla e a quel punto un certo distacco dal mondo “reale” diventa quasi inevitabile. 

Una domanda forse un po’ naif. Perché un corridore, magari al termine di una vittoria di tappa al Tour, non utilizza quell’immenso megafono mediatico per dire qualcosa di forte? L’unico esempio che viene in mente è Sagan dopo la prima vittoria al Mondiale.

Appena dopo una gara è un momento molto particolare, c’è l’adrenalina, la stanchezza, sei super concentrato su quello che hai appena fatto, non sei neanche lucido. Quindi credo che aspettarsi che un corridore in quel frangente dica qualcosa di extra ciclistico sia davvero complicato.  Un altro conto magari è quando si è più rilassati in hotel. Quindi nel dopo corsa direi che giustifico quasi tutti. 

Guarnieri nel giardino della sua casa tra le colline piacentine
Guarnieri nel giardino della sua casa tra le colline piacentine
E a parte il dopo corsa?

Ma anche lì non è semplice, specie durante le gare, perché è uno sport che ti prende moltissime energie mentali in ogni momento della giornata. Anch’io quando andavo alle corse ero sempre molto stanco, soprattutto nei grandi giri, quindi hai poca capacità di concentrarti su qualcosa che non sia il tuo lavoro in quel momento. Come dicevo prima viviamo in una bolla, che ti porta a disconnetterti con il resto. Sei vuoi sì, è un’occasione persa, ma funziona così. Poi è così un po’ in tutti gli sport, anzi in altri ci sono direttamente le federazioni che intervengono a bloccare certe dichiarazioni. 

A proposito, tu hai mai avuto limitazioni in questo senso, dalla squadra o dalla Federazione?

Qualche volta è capitato dalla squadra, ma niente di che devo dire. Un episodio limitato nel tempo e comunque niente di troppo grave. 

Guarnieri ha attaccato l’ultima volta il numero alla maglia il 7 agosto 2024 all’ultima tappa della Arctic Race of Norway: la sua milessima gara esatta tra i pro
Guarnieri ha attaccato l’ultima volta il numero alla maglia il 7 agosto 2024 all’ultima tappa della Arctic Race of Norway: la sua millesima gara esatta tra i pro
Puoi dirci di cosa si trattava? 

Preferisco di no. È normale che una squadra professionistica non voglia correre il rischio di far arrabbiare certi sponsor o anche certi potenziali sponsor. Perché ogni volta che ti esponi su qualcosa inevitabilmente pesti i piedi a qualcuno. In generale non è un ambiente in cui veicolare dei messaggi, anzi quello che viene chiesto, più o meno esplicitamente, è di non veicolare niente. La realtà poi è che tanti corridori non hanno opinioni su certe tematiche. 

Tu però le opinioni ce le hai…

Perché sono sempre stato un po’ diverso, sono cresciuto in un certo ambiente, da ragazzo andavo alle manifestazioni. Poi anche forse per un’aderenza musicale con un mondo un po’ di sinistra se vuoi. E in generale sono una persona curiosa. Sono contento di averlo fatto io più che prendermela con gli altri che non l’hanno fatto. 

Guarnieri, qui con Mosca, è stato uno dei corridori più estroversi del gruppo
Guarnieri, qui con Mosca, è stato uno dei corridori più estroversi del gruppo
Forse è più facile esporsi se non si hanno le pressioni di un capitano?

Assolutamente sì. Quando non sei costantemente sotto i riflettori e hai una platea più piccola hai meno pressioni, quindi anche più libertà, certamente. 

Come vedevano i tuoi colleghi le tue prese di posizione?

In realtà nessun ciclista guarda molto i social degli altri ciclisti. È successo una volta quando il Giro è partito dall’Ungheria e io avevo detto qualcosa sulla situazione politica in quel Paese. Poi tanti ragazzi in gruppo mi hanno detto che avevo fatto bene e mi hanno espresso vicinanza. Ma questo perché la notizia era uscita sui media, non perché l’avevo solo scritto sui social. 

Jacopo in una recente intervista concessa a Bici.PRO poco dopo il ritiro
Jacopo in una recente intervista concessa a Bici.PRO poco dopo il ritiro
Ora che sei un ex cambierà qualcosa per te in questo senso? Meno vincoli, più libertà? 

Adesso diventerò uno dei tanti, se prima avevo una nicchia, seppur piccola, ora non sarà più così e mi accorgo che sto usando i social ancora meno. Poi ora inizierò a fare il procuratore quindi è giusto che stia ancora più attento a come e quanto mi espongo, perché rappresenterò altri corridori e dovrò pensare anche a loro. Saranno loro al centro, non più io. In ogni caso non credo molto nell’attivismo online, come dicevo prima serve più a me, per riconoscermi all’interno di una comunità. Ma penso ci siano molti altri modi più efficaci per impegnarsi. 

Però quello che scrivevi lì poteva essere un esempio per altre persone, non credi? 

Può essere, ma la polarizzazione che c’è nei social non riesco più a tollerarla, dovremmo chiederci tutti quanti che senso ha usare questi strumenti se alla fine vengono usati più per dividere le persone che per dare messaggi positivi. X non lo uso più per la piega che ha preso, anche Instagram è tutto finto, quindi passa un messaggio negativo. Credo che fare un passo indietro e usarli meno può essere la cosa più rivoluzionaria da fare in questo momento.