La favola di Anastasia Carbonari nel WorldTour è durata un solo anno. Mancava poco alle Olimpiadi, quando il UAE Team Adq le ha fatto sapere che non l’avrebbe confermata per il 2025. Così lei, che a Parigi ha corso con la maglia della Lettonia, ha dovuto interrogarsi sul futuro nel momento in cui avrebbe dovuto pensare soltanto a dare il meglio di sé.
Fra le singolarità della decisione, c’è che il 4 ottobre nel comunicare che la WorldTour e il devo team continueranno anche nel 2025 aumentando la loro integrazione, una frase del team si riferiva proprio all’atleta marchigiana. «In questo periodo – si legge nel comunicato – l’UAE Development Team ha promosso alcune incredibili storie di successo, con Anastasia Carbonari e Lara Gillespie che sono passate all’UAE Team ADQ nel WorldTour, e Zahra Hussain che ha seguito le orme della sette volte campionessa nazionale degli Emirati Arabi Uniti Safia Al Sayegh». In che modo e perché una incredibile storia di successo viene lasciata andare così?
Carbonari era arrivata alla UAE dalla Valcar. Si era guadagnata il posto nella squadra di Arzeni grazie al bel Giro d’Italia del 2021, quando difendeva i colori della Born to Win di Roberto Baldoni. Un anno alla Valcar, uno nel devo team e uno nella WorldTour per la ragazza che, travolta da un’auto nel 2019, aveva rischiato di rimanere paralizzata. Sembrava una favola. E adesso?
Quando hai saputo che finiva quest’anno?
Poco dopo che ho rotto la clavicola alla Ride London ho capito che qualcosa stava cambiando. Diciamo che la certezza è arrivata poco prima delle Olimpiadi, quando il mio procuratore mi disse che sarebbe stato il caso di parlare con la squadra e chiedere un anno in più. Secondo lui si erano resi conto che avessi avuto sfortune e problematiche per tutto l’anno e magari mi avrebbero dato un’altra possibilità. Invece si sbagliava. Dopo il Baloise, una settimana prima delle Olimpiadi, ho capito che era finita.
Come è andata?
Ad aprile avevo cominciato a lamentarmi del fatto che non mi trovassi bene con la preparazione e che i miei valori erano molto lontani dal meglio. Loro continuavano a dirmi di non preoccuparmi, che avevo avuto problemi al ginocchio, quindi mi hanno chiesto di avere fiducia nel lavoro. Io ho provato, ma alla fine ho chiesto di cambiare, solo che ormai era tardi. Dopo il Baloise, dove avevo fatto una fatica come mai in vita mia nonostante sia una corsa adatta alle mie caratteristiche, ho chiamato Cristina (San Emeterio, la capo dei preparatori, ndr). Le ho detto di aver provato a insistere, ma che non mi trovavo bene.
E lei?
Mi ha chiesto che cosa volessi fare e io le ho risposto che ai campionati lettoni mi ero vista con il preparatore della nazionale, con cui mi trovavo abbastanza bene. Mi ha detto che ne avrebbe parlato con Alejandro (Gonzalez-Tablas, capo dell’area performance, ndr). Il giorno dopo mi ha richiamato e mi ha detto che avrei potuto prendere il mio preparatore di fiducia e proprio quello mi ha fatto capire che non interessavo più. La squadra preferisce gestire la preparazione internamente, il fatto di lasciarmi libera forse era un segnale…
Pensi di aver avuto un livello all’altezza?
Dal mio punto di vista, ho sempre fatto il massimo. Anzi, ero molto più motivata perché era la prima stagione nel WorldTour. Poi ovviamente non può essere sempre colpa degli altri, qualcosa avrò sbagliato anch’io. Però mi sono affidata al 100 per cento a queste persone. Ho seguito tutto quello che mi avevano detto di fare, ma a fine stagione faticavo a riconoscermi. In più sono successi mille intoppi che mi hanno tolto un po’ di motivazione. Però devo dire che dopo aver cambiato preparatore, mi sono rimotivata subito al 100 per cento. Agli europei ero determinata per far bene, ma mi è caduta la catena in volata ai 100 metri dall’arrivo. Non so come sia possibile che la catena cada in volata all’esterno del 52. Ero a ruota della Vas che ha chiuso ottava, io ho finito la corsa senza pedalare.
Hai chiuso il 2024 in Cina, poi cosa è successo?
Tornata dal Tour of Guangxi, non volevo più sentir parlare di bici, infatti per un mese non l’ho proprio toccata. Intanto ero in contatto con Zini, che pareva dovesse fare la professional e mi diceva di aspettare, a patto che risolvessi i miei problemi di salute. Mi ha mandato anche a fare una visita da un suo ortopedico, perché sosteneva che in bicicletta fossi un po’ storta e questo mi portasse a non rendere al massimo.
E’ vero?
Io sono storta in bicicletta da dopo l’incidente con la Valcar, ma ugualmente l‘anno scorso nel devo team, pur facendo delle corse minori, ho avuto i valori migliori di sempre. E poi ricordiamoci che dal primo incidente, quello del 2019, almeno una volta al mese vado dal fisioterapista per farmi controllare. E’ normale che abbia una problematica, visto che mi sono schiantata, sono quasi morta e mi sono spaccata la schiena. Mi hanno chiesto di aspettare, anche se io avrei voluto cominciare la preparazione. Poi è venuto fuori che non faranno la professional e a quel punto, anche davanti all’assenza di risposte, mi sono detta che avrei smesso per non avere più a che fare con questo ambiente.
E’ vero che nel frattempo hai risentito Baldoni?
Sono sempre stata in contatto con Roberto e gli ho raccontato la situazione, anche per farmi consigliare. E lui mi ha detto che se volessi, nella sua squadra un posto per me ci sarebbe, anche come ultima spiaggia. Finché un paio di settimane fa, mi ha chiesto se fossi nelle Marche e se volessi incontrarlo. Abbiamo parlato e mi ha detto che la soluzione secondo lui – e anche secondo Lanzoni, che è il diesse del team – è che per ripartire devo ricostruire il mio rapporto con la bicicletta. All’inizio non ero convinta, più che altro per la sensazione di tornare in una piccola squadra dopo essere stata nel WorldTour. Non sapevo se sarei riuscita a reggere l’impatto. Però insieme mi sono chiesta se arrivare in UAE fosse quello di cui avevo bisogno, perché è stata un’esperienza più drammatica che positiva. Ho corso la Roubaix e le Ardenne tre settimane dopo un infortunio, il Baloise tre settimane dopo aver rotto la clavicola.
Pensi di ripartire con loro?
Sono tornata dalle vacanze per la prima volta veramente riposata. Sono andato in Lettonia con mia madre Natasha e ho incontrato gli amici della nazionale e ci siamo divertiti. Poi con il mio ragazzo abbiamo girato tutta l’Europa con la macchina. Lubiana, Zagabria, Budapest e Vienna. Poi siamo tornati in Italia, a Vermiglio, allo Chalet al Foss di Vermiglio che gli avevo regalato per il compleanno. Uno di quei weekend da cifre folli che fai solo una volta nella vita e ne abbiamo approfittato. Ho girato tanto ed è stato bello vedere quante persone fossero felici anche senza andare in bicicletta, che per me non era una cosa scontata.
Un cambio di mentalità o resti un’atleta?
Semplicemente adesso sono serena. Mi sono messa sotto con l’università, perché ho capito che nel ciclismo siamo numeri: un anno vai e sei la rivelazione, ma se quello dopo vai meno, nessuno ti calcola più. E io sinceramente, ormai a 25 anni, voglio iniziare anche ad avere una mia stabilità. Non posso andare avanti anno per anno, per cui vedrò con Roberto se ho gli stimoli di ripartire per le gare. Intanto però ho iniziato ad allenarmi con la bici delle Olimpiadi.
E come va?
Sta andando bene. Sono a casa, faccio ciò che mi piace. Si vede che per me la vita non prevedeva che in questo momento io andassi avanti in un certo modo nella carriera di atleta. Ovvio che mi dispiace perché ho dedicato tutta la mia vita a questo sport, però non finisce con la bici. Anzi, prima uno se ne accorge e se ne fa una ragione, e prima inizia a capire di doversi comunque costruire un futuro.