A tu per tu con Zoe Backstedt, talento in crescita

18.10.2023
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Il primo anno fra le “grandi” si è concluso come meglio non poteva: Zoe Backstedt si è laureata campionessa europea U23 a cronometro e in quella cavalcata trionfale, chiusa con quasi un minuto sulla tedesca Niedermaier, molti hanno rivisto la Backstedt che fino allo scorso anno non lasciava che le briciole alle altre juniores, imponendo distacchi spesso abissali e mostrando una superiorità schiacciante. Forse la britannica aveva abituato troppo bene, perché molti anche fra gli addetti ai lavori, vedendola confusa nel gruppo durante la stagione non avevano mancato di far sentire le loro critiche, tacciandola di essere la classica meteora. Dimenticando la sua giovane età, la mancanza di esperienza, il necessario periodo di ambientamento.

Zoe non si è arresa, non si è disarmata. Nel team le hanno dato spazio e tempo, soprattutto da quando è arrivato suo padre, quel Magnus che un giorno, quando lei era ancora nel grembo di sua madre, trionfò nella Parigi-Roubaix. Ora però quella vittoria ha chiuso la bocca a tanti.

Per la britannica l’oro europeo a cronometro è stato la risposta a tante critiche
Per la britannica l’oro europeo a cronometro è stato la risposta a tante critiche

«La cronometro agli Europei – spiega Zoe – è stata un buon indicatore per la mia stagione ed è bello che sia arrivata poco prima dell’inizio del calendario del ciclocross. Ed è stato bello avere quella gara come qualcosa a cui puntare, per ritrovare la mia forma dopo una piccola pausa a metà stagione. Quindi sì, sono davvero felice di come è andata e felice della mia prestazione a Leuven».

Quanto è stato difficile il cambio di categoria?

Non direi che sia stato un grande cambiamento. L’unica vera differenza erano le distanze, decisamente superiori a quando correvo da junior. Quella è stata un po’ una sfida per me, ho avuto bisogno di abituarmi, ma mi sentivo abbastanza a mio agio, già all’inizio della stagione. Man mano ho sentito che andavo meglio, che i chilometri in più non erano un problema e che ero efficiente anche nel finale.

Al Simac Ladies Tour Zoe ha esordito con la Canyon/Sram, vincendo la classifica per giovani (foto Beth Duryea)
Al Simac Ladies Tour Zoe ha esordito con la Canyon/Sram, vincendo la classifica per giovani (foto Beth Duryea)
Tu sei alla Canyon/Sram da solamente un mese: che cosa ti ha spinto a cambiare a stagione in corso e che cosa hai lasciato all’EF Education Tibco?

EF Education-Tibco SVB si sarebbe fermata alla fine del 2023, quindi ho cercato per tempo un nuovo team. Dato che il 31 dicembre è proprio nel bel mezzo della stagione CX e vicino ai mondiali, abbiamo tutti concordato di fissare la nuova data contrattuale dal 1° settembre. Non è stato un gran cambiamento, piuttosto una scelta anticipata per fare in modo di non avere ulteriore pressione in un periodo importante come quello dell’attività invernale.

Da junior eri un’assoluta dominatrice in ogni disciplina, anche con una superiorità schiacciante e distacchi enormi: questo ha portato ad avere intorno a te una maggiore pressione?

No, non direi che ciò abbia portato a una maggiore pressione o meglio io ho fatto in modo di non sentirla. Andavo alle gare cercando innanzitutto di divertirmi e godermi i viaggi con i miei compagni di squadra e i miei amici. Quando mi diverto ottengo risultati. E un occhio attento se ne accorge osservando il mio stile di guida. E’ sempre stato così, il divertimento è alla base dei miei risultati. Quindi non direi che ci sia mai stata pressione intorno a me per andare a una gara per vincere o qualcosa del genere. Né le squadre me l’hanno fatta percepire.

Per Zoe è importante affrontare le gare in allegria, mitigando la pressione (foto Instagram)
Per Zoe è importante affrontare le gare in allegria, mitigando la pressione (foto Instagram)
Che cosa significa avere per direttore sportivo tuo padre? Rende i vostri rapporti più facili o più difficili?

Quando sono alle gare, non lo vedo davvero come mio padre, lo vedo come il mio capo, come il mio direttore sportivo. E’ il mio capo e ascolto qualunque cosa abbia da dire e cerco di mettere in pratica quel che chiede. Mi tratta come qualsiasi altra ciclista del team, poi a casa è un altro discorso…

Tu sei nata l’anno della sua vittoria alla Parigi-Roubaix: che cosa sai della sua storia ciclistica, hai avuto modo di vedere le sue imprese e quanto pensi sia diverso il suo ciclismo da quello di oggi?

Sono cresciuta seguendo l’ultima parte della sua carriera, quindi ho avuto molte opportunità di andare a vederlo correre. Ovviamente ero piccola quando lo guardavo, ma abbiamo rivisto le corse anni dopo, quando potevo comprendere. E mi racconta tante storie di quando correva e del divertimento che provava quando era in bicicletta. Quindi mi sento come se avessi vissuto la sua carriera attraverso le storie che ha raccontato e questo lo adoro davvero.

La britannica ha subito ripreso nel ciclocross, finendo quinta a Waterloo (USA) in Coppa (foto Instagram)
La britannica ha subito ripreso nel ciclocross, finendo quinta a Waterloo (USA) in Coppa (foto Instagram)
Ora sei tornata a correre nel ciclocross: il fatto di avere una stagione senza soste non ti pesa?

Non la vedrei come una stagione senza sosta, se devo essere onesta. Per me è un privilegio, poi devo dire che uno stacco l’ho fatto e anche oggi sono ancora a mezzo servizio, mi prendo del tempo a parte dalla bicicletta. E’ un anno intero di gare e il team mi ha aiutato a pianificare molto bene quando saranno i miei periodi di riposo e quante gare fare, la mia stagione è ben equilibrata.

Qual è fra tutte (strada, pista, ciclocross) la specialità che ti piace di più?

Probabilmente direi che amo di più il ciclocross, soprattutto quando è davvero, davvero fangoso. Quei giorni in bici sono semplicemente quelli in cui nessuno vuole davvero essere lì, ma poi tutti vogliono sentirsi parte dell’avventura nello stesso momento perché sono giornate davvero speciali. Ma poi di nuovo, amo anche le corse su strada e mi metto anche su una bici da cronometro, e adoro quei giorni. Quindi dico ciclocross. Ma se mai dovessi scegliere, non credo che potrei…

La Backstedt ha corso per due anni con l’EF Education Tibco, cambiando prima della sua dismissione
La Backstedt ha corso per due anni con l’EF Education Tibco, cambiando prima della sua dismissione
Secondo te c’è maggiore concorrenza su strada o nel ciclocross?

Sono due cose completamente diverse. E’ lo stesso sport, ma sono molto, molto diversi a modo loro. Quindi non direi che ci sia più concorrenza in uno che nell’altro. In una corsa su strada non si lotta per la vittoria all’inizio, mentre in una gara di ciclocross se sbagli tutto nei primi 5 minuti, la corsa è andata. Quindi sono due cose completamente diverse e non credo proprio di poterle paragonare. 

C’è una gara specifica che sogni di vincere nella tua carriera?

A ben guardare no. Potrei dire che mi piacerebbe vincere i mondiali come un’Olimpiade, la Roubaix come il Fiandre. La maggior parte delle gare in calendario mi piacerebbe vincerle un giorno, ma prima dobbiamo vedere cosa accadrà alla mia carriera.

Zoe Backstedt, una ragazzina con le idee molto chiare

21.02.2023
5 min
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Sorridente e decisa, Zoe Backstedt non è più “solo” la figlia di Magnus e Megan Hughes, ma è una giovane campionessa che si lascia influenzare in modo marginale dall’esterno. Il suo palmares da junior è notevole. Tre mondiali juniores (due strada e uno a crono). Un mondiale su pista. Tre ori agli europei su pista. Un oro e due argenti ai mondiali di cross. Un oro agli europei di cross.

L’abbiamo incontrata a Girona quasi per caso e con lei abbiamo fatto quattro chiacchiere. Corre per il Team EF-Education-TIBCO-SVB.

In azione agli ultimi mondiali di ciclocross, chiusi al secondo posto fra le U23 (foto twilcha)
In azione agli ultimi mondiali di ciclocross, chiusi al secondo posto fra le U23 (foto twilcha)
Dopo il mondiale di cross ti stai riposando?

Più che riposare diciamo che ho passato qualche giorno a casa in tranquillità, senza allenamenti pressanti e lasciando da parte tutta la parte del lavoro specifico. Ma è ora di iniziare a mettersi d’impegno in vista della stagione su strada.

Che programmi hai per il 2023?

L’obiettivo principale è quello di mettere esperienza nella testa e nelle gambe e mi riferisco all’attività su strada. Sono al servizio del team e dovrò aiutare le mie compagne. Poi arriverà la stagione di ciclocross, presumibilmente non inizierò con le prime gare in autunno, ma con lo scattare dell’inverno e sicuramente in Belgio. Non c’è ancora un calendario definito. Di sicuro diminuirò l’attività su pista.

Qui a chiacchierare con Georg Steinhauser, corridore del Team EF-Easypost
Qui a chiacchierare con Georg Steinhauser, corridore del Team EF-Easypost
Hai 19 anni, ma sembri già una veterana per tutto quello che fai e per come parli. Motivazioni, passione ed incoscienza?

Mi piace la bicicletta e mi piace il ciclismo, sento che è un mondo che mi appartiene e io appartengo a lui. Voglio vincere e sono determinata a farlo. Il pensiero della vittoria mi dà forza e adrenalina. Mi spinge a fare meglio e ad oltrepassare quel limite. Sempre un po’ più avanti. Mi piace vedere il cambiamento delle mie performance, che di anno in anno sono migliori.

Abbiamo pedalato in gruppo con lei sulle strade intorno a Girona
Abbiamo pedalato in gruppo con lei sulle strade intorno a Girona
Se oggi fossi obbligata a scegliere una sola disciplina?

Impossibile rispondere ad una domanda del genere, non posso fare a meno della bici da strada e neppure dell’attività cx. Della strada mi piacciono la velocità, il vento in faccia e le ore in sella. Del ciclocross mi divertono il fango e la tecnica della guida. Non mi vedo senza una bicicletta, non riesco a pensarci.

Che ruolo hanno i tuoi genitori nella tua vita sportiva?

La mia famiglia è tutto, ma io ho anche la mia vita. Mio padre è stato anche il mio allenatore e ad ora rimane il mio riferimento per molte cose, ma ho dovuto fare una scelta. Infatti, da qualche tempo a questa parte, per gli allenamenti faccio riferimento al coach della nazionale britannica. Ho preferito scindere gli affetti dall’attività sportiva, che oggi è anche il mio lavoro. Mio padre e mia madre, così come mia sorella sono insostituibili, ma quello che io devo affrontare sulla bicicletta è un’altra cosa.

Anche nei momenti di riposo non abbandona la bici
Anche nei momenti di riposo non abbandona la bici
Ti rivedi in tua mamma, oppure in tuo padre?

Credo di assomigliare di più a mia madre, che è stata un’ottima sprinter. Forse le assomiglio anche per il modo che ho nell’affrontare le situazioni e prendere le decisioni.

Tuo padre Magnus ti racconta di tanto in tanto della sua carriera?

Capita spesso e ormai i suoi racconti, le sue storie si mescolano con i consigli e i paragoni con il ciclismo di oggi. Io ovviamente gli racconto il ciclismo così come è ora. Ma sentire le parole di mio padre, è qualcosa di speciale e iconico che fa anche capire le differenze tra generazioni.

Zoe Backstedt, la personalità di una veterana, ma ha 19 anni
Zoe Backstedt, la personalità di una veterana, ma ha 19 anni
Hai un campione, un atleta e/o una persona nel quale ti immedesimi?

Marianne Vos, senza dubbi. Io ero piccola e lei era sui campi di gara a vincere e dare battaglia. Ora ci sono anche io nella mischia e lei è sempre li. Per me è un mito e un domani mi piacerebbe poter dire di aver fatto una carriera come la sua.

Nella vita che conduci oggi, qual’è la cosa che ti piace di più e quella che proprio non sopporti?

La cosa che mi piace di più fare è viaggiare e farlo grazie alla passione per la bici non ha prezzo. Vedo luoghi diversi in continuazione e conosco molta la gente. Il risvolto negativo è la lontananza da casa per periodi lunghi.

Zoe tra Elynor e la madre Megan: tra strada e ciclocross ha già 4 maglie iridate al suo attivo
Zoe insieme alla madre Megan: tra strada e ciclocross ha già 4 maglie iridate al suo attivo
Cosa sogni per il tuo futuro?

Quello che sogno veramente è diventare campionessa olimpica e vincere le due maggiori classiche, la Roubaix ed il Fiandre. Forse di più la Roubaix. Immaginare che padre e figlia l’hanno vinta è un’emozione che mi fa venire i brividi in ogni momento.

Backstedt, dalla Roubaix alle emozioni della figlia pigliatutto

05.10.2022
5 min
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E’ proprio il caso di dire che il ciclismo a Magnus Backstedt ha dato tutto. Non solo la gloria, attraverso 12 vittorie ma soprattutto il trionfo alla Parigi-Roubaix del 2004, ma anche una vita, diversa da quella prospettata. Tramite il ciclismo ha incontrato l’amore, attraverso una ciclista come lui, Megan Hughes, nazionale britannica con un forte carattere derivato dalle sue radici gallesi. Ha costruito un lavoro, un piccolo team diventato una delle principali realtà giovanili britanniche. Ha cementato una famiglia con due figlie, Elynor e soprattutto Zoe che stanno dando nuovo impulso al ciclismo di Sua Maestà.

Zoe tra Elynor e la madre Megan: tra strada e ciclocross ha già 4 maglie iridate al suo attivo
Zoe insieme alla madre Megan: tra strada e ciclocross ha già 4 maglie iridate al suo attivo

I successi di Zoe Backstedt sono sotto gli occhi di tutti, una superiorità tale la sua da schiacciare le avversarie e quasi farle partire solo per lottare per la seconda piazza, come sottolineava Eglantine Rayer dopo la conquista dell’argento iridato. Guardando Zoe è impossibile non fare il parallelo con suo padre, vero e proprio vichingo alto quasi due metri per poco meno di 100 chili di peso. Un gigante che però si scioglie di fronte alle imprese della figlia.

Vivere da padre i successi di Zoe quanto è diverso rispetto a come hai vissuto le tue vittorie?

E’ molto diverso perché sono due mondi differenti, per quanto sembri lo stesso sport. Io ho vissuto sulla mia pelle tutta la trafila per diventare pro’, lottare anno per anno per cercare di emergere, passando tra le normali difficoltà, le sconfitte, le debolezze ma anche grandi gioie. I progressi di mia figlia li guardo da fuori, mi regala emozioni profonde ma sono molto differenti come lo sono quelle che mi regala anche Elynor. E’ interessante vedere come progrediscono e per certi versi mi accorgo anche di quanto sia duro il cammino per arrivare alle vittorie.

Zoe Backstedt in fuga a Wollongong. Struttura possente che ricorda quella del padre
Zoe Backstedt in fuga a Wollongong. Struttura possente che ricorda quella del padre
Zoe ed Elynor in che cosa sono più simili al Magnus ciclista?

Io sono sempre stato convinto che siano molto più simili a mia moglie, al suo modo di interpretare il ciclismo (Megan Hughes ha corso dal ’96 al 2000, vincendo il titolo britannico nel ’98, ndr) Ci rendono molto orgogliosi per l’impegno che ci mettono. Noi possiamo avergli dato l’esempio, ma i loro successi sono tutti farina del loro sacco.

Quando correvi, le tue figlie erano ancora molto piccole. Hanno mostrato interesse per il tuo passato?

Non so più neanche quante volte hanno visto sui computer il video della Roubaix del 2004… Zoe non era ancora nata, Elynor aveva 3 anni, era lì ad aspettarmi con la mamma al velodromo, sono immagini che non dimentico. Anche per quello quella gara per loro è speciale e spesso mi chiedevano se e quando si sarebbe potuta aprire anche alle donne. Ora potranno provarci anche loro.

Elynor e Zoe in allenamento insieme. L’iridata corre con la EF Education Tibco SVB dallo scorso agosto
Elynor e Zoe in allenamento insieme. L’iridata corre con la EF Education Tibco SVB dallo scorso agosto
Zoe ha vinto tutto da junior, temi che fra le elite subirà troppa pressione o pensi si adatterà subito?

Sicuramente, deve metterlo in preventivo, ma dalla sua c’è che non parte da zero, ha l’esempio di sua sorella che è già nel WorldTour. E’ chiaro che tutti i media e la gente la guarderanno, Zoe ha davvero dominato nei due anni da junior e questo pesa. Tante vittorie che accrescono l’attesa, che renderanno difficile l’approccio, ma io dico sempre loro che l’importante è cercare di fare sempre del proprio meglio e avere la coscienza di questo, sentirsi a posto con se stesse, il resto arriverà. Zoe dovrà abituarsi a un livello molto più alto. La pressione su di lei è tanta, gliela mette l’ambiente e magari inconsapevolmente anche noi di famiglia. Ma è anche una sfida intrigante e lei ha il talento dalla sua.

Elynor come vive la popolarità della sorella?

Sono molto legate, ma sono anche molto diverse e competitive fra loro. Zoe ha ad esempio una predilezione per il ciclocross, Elynor più ortodossa e concentrata sulla strada. Sta trovando un suo spazio alla Trek Segafredo, quest’anno ha gareggiato molto e fatto esperienze. Vive il suo sport con grande divertimento e guarda molto a se stessa. Noi la sosteniamo esattamente come la sorella.

La vittoria di Magnus Backstedt alla Roubaix 2004, con Cancellara solo 4°
La vittoria di Magnus Backstedt alla Roubaix 2004, con Cancellara solo 4°
Tu hai una grande squadra giovanile, quanti ragazzi ne fanno parte e che prospettive hanno?

Ormai sono 7 anni che il Backstedt Cycling esiste, è nato con il proposito di dare indietro qualcosa dell’immensità che il ciclismo ci ha donato e volevamo farlo attraverso le giovani generazioni. Lavoriamo con ragazzi fino alla categoria junior, seguendo il progetto della Federazione Britannica. In Gran Bretagna ci sono molti talenti, il mio interesse è portarne il più possibile alle soglie dell’attività professionistica. Io posso dare loro gli strumenti, poi starà a loro trovare la propria strada. Al contempo lavoriamo perché il ciclismo resti compatibile con la loro età, qualcosa sì d’importante, ma anche divertente.

Oggi ti piace di più il ciclismo maschile o femminile?

Sono due cose molto differenti. Quello femminile mi diverte molto perché è in continua ed enorme evoluzione, è sempre più competitivo e sta crescendo di livello in maniera esponenziale. Non saprei dire però che cosa preferisco. Diciamo che è sempre ciclismo…

Ecco la Rayer, talento francese dal carattere molto particolare

04.10.2022
5 min
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A Wollongong la gara femminile junior si è chiusa da poco tempo. Eglantine Rayer, arrivata seconda, è già in sala stampa, almeno in questo ha preceduto (e non di poco) la dominatrice Zoe Backstedt. Le chiedono di accomodarsi al tavolo delle intervistate e di anticipare la sua porzione di domande/risposte, ma lei non ne vuole sapere. Anzi si stizzisce anche un po’ per la richiesta che non segue il canone formale. Tra i giornalisti il suo fare un po’ sopra le righe stupisce. Evidentemente non sanno con chi hanno a che fare. Ma di certo lo avranno…

Da junior la Rayer ha vinto un argento mondiale, 1 oro e 2 podi europei e 3 titoli francesi (foto EglantinePhotoSport)
Da junior la Rayer ha vinto un argento mondiale, 1 oro e 2 podi europei e 3 titoli francesi (foto EglantinePhotoSport)

La rabbia contro i giudici Uec

La francesina è uno di quei classici casi dello sport dove il talento è direttamente proporzionale a un carattere che definire fumantino è un eufemismo. Nei suoi due anni da junior ha vinto tanto, praticamente il responso della gara australiana è l’esatta fotocopia dei valori in campo. Il Team DSM non se l’è fatta sfuggire e l’ha inserita già nel roster del prossimo anno, ma avranno certamente il loro bel daffare per imbrigliarla.

Una prova? Basta tornare indietro con la memoria solo di tre mesi, agli europei di Anadia. La transalpina di La Ferté-Macé arriva seconda nella crono, battuta per 45” dalla tedesca Justyna Czapla, ma quella che si presenta davanti ai giornalisti non è certo una ragazzina sorridente per la medaglia.

«Hanno controllato la mia bici tre volte – dice – me l’hanno data appena prima del via, neanche il tempo di assestarmi sulla sella. Sono partita che avevo le lacrime agli occhi per tanta rabbia, neanche ho acceso il misuratore di potenza. Devo dire grazie ai miei tecnici che hanno capito il mio stato d’animo e non mi hanno dato riferimenti sulle avversarie, sapere che ero dietro per colpa dei giudici mi avrebbe dato la mazzata finale…».

Fortissima a cronometro, ma il percorso in Australia l’ha penalizzata, anche a causa del jet-lag
Fortissima a cronometro, ma il percorso in Australia l’ha penalizzata, anche a causa del jet-lag

La beffa di Wollongong

Nel racconto abbiamo omesso tutte le colorite espressioni che infarcivano le sue parole. Eglantine è così, prendere o lasciare, ma questo si traduce anche in una malizia che porta risultati, perché legge la corsa in una maniera tutta sua. Magari non proprio ortodossa, ma i risultati le danno ragione e a conti fatti una squadra a quello guarda. Molto di questo lo si desume dal suo racconto in prima persona della gara mondiale.

La Backstedt come noto è andata via praticamente appena iniziata la gara. Si è capito presto che si lottava per l’argento e la Rayer non si è persa d’animo.

«Quando dopo il tratto di pianura mi hanno detto il vantaggio della britannica – ha spiegato – quasi mi mettevo a ridere… La Vinke è partita con altre due, ma ho rimediato, poi ci siamo trovate da sole io e lei, tra l’altro dal prossimo anno saremo compagne di squadra. Io avevo dato tutto, Niemke mi ha chiesto di darle il cambio ma io non ne avevo. Una vocina da dentro però mi diceva di partire da dietro, di onorare le compagne di nazionale che avevano lavorato per me. Ho fatto lo sprint e non me ne pento…». L’olandese non ha recriminato, ma certo è un comportamento che fa pensare.

Vinke beffata, la francese è argento a Wollongong. Nata il 12 giugno 2004, nel 2023 correrà nel Team Dsm
Vinke beffata, la francese è argento a Wollongong. Nata il 12 giugno 2004, nel 2023 correrà nel Team Dsm

Il trucchetto di Anadia

Un comportamento al quale la 18enne transalpina non è nuova e le nostre Ciabocco e Venturelli lo sanno bene. Torniamo allora ad Anadia, per la gara continentale in linea: la corsa si è messa bene per i nostri colori con le due azzurre in fuga insieme alla transalpina, due contro uno.

«Sapevo che le italiane sono fortissime – ha raccontato – e pensavo che si sarebbero giocate la carta dello sprint, ma poi hanno cominciato a chiedermi dei cambi e ho iniziato a riflettere. Un paio ne ho dati, poi ho detto loro che non collaboravo perché aspettavo il ritorno della Ménage che era la nostra velocista, così non ho tirato più. Tutte energie che mi sono venute utili alla fine».

La vittoria di Anadia, con Ciabocco e Venturelli in fila alle sue spalle (foto Uec)
La vittoria di Anadia, con Ciabocco e Venturelli in fila alle sue spalle (foto Uec)

Sarà la nuova Longo?

In Francia parlano di lei come della nuova Longo e c’è un fattore che potrebbe anche ricordare l’anziana e mai doma campionessa (ancora oggi capace di vincere il titolo mondiale Master nella sua categoria): il fatto che pratica più discipline, tra strada, ciclocross e pista. Ha iniziato a 11 anni, seguendo le orme del fratello.

«Inizialmente neanche mi interessava tanto – ha raccontato – ma più che altro avevo paura a farmi avanti perché avrebbero pensato che volevo copiarlo… Un giorno però il presidente del suo club ha detto che aveva bisogno di una ragazza per completare la squadra, così mi sono fatta avanti. Devo dire grazie a mio fratello se sono arrivata qui».

Il suo sogno è primeggiare nella gara di casa, il Tour de France appena nato, proprio come faceva la mitica Jeannie. E considerando il suo caratterino, è probabile che ci arriverà.

Un lampo azzurro alle spalle del podio. E poi la solita Zoe

24.09.2022
5 min
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La tattica dell’Italia era abbastanza semplice. Aspettare che partisse Zoe Backstedt e poi stare con le francesi. Qui non si tratta di sviscerare l’attività delle ragazze, chiedendosi se sia poco come ad esempio si va ragionando con gli uomini. Qui c’era davanti la più forte degli ultimi due anni, era certo che sarebbe partita e l’unica speranza erano appunto le francesi, possibile veicolo fino a una medaglia.

«Non solo perché avevano Rayer – spiega il cittì Sangalli – ma perché era la squadra più attrezzata. Ci abbiamo provato. Abbiamo pagato un po’ la giornata no di Ciabocco. Comunque abbiamo fatto un quarto posto onorevole per un mondiale».

Pronti via e Zoe Backstedt ha preso il largo, arrivando solissima e commossa
Pronti via e Zoe Backstedt ha preso il largo, arrivando solissima e commossa

Salute e fortuna

Ciabocco l’abbiamo incontrata che tornava verso i box assieme a Gaia Segato e con lo sguardo contrariato ha raccontato che stamattina le è arrivato il ciclo e certo restare competitiva a certi livelli è diventato un’ipotesi remota. Le azzurre hanno iniziato a passare, mentre iniziava a piovere e il cittì azzurro si preparava per raggiungere le elite alla partenza.

«Sapevamo – continua il suo racconto – che su un percorso così l’ago della bilancia era lo strappo, quindi anche se si rimaneva indietro, bastava stare con le francesi che si rientrava. Le ragazze hanno fatto il massimo, prendiamoci questo quarto posto e speriamo in futuro di avere più fortuna. Se Venturelli non fosse caduta in allenamento, avrebbe fatto un altro tipo di gara. Sarebbe stata davanti sicuramente a giocarsela o a provarci. Se ci mettete che anche la Segato aveva un problemino al ginocchio, si può dire che non siamo arrivati in condizioni ottimali a livello di salute, però la Pellegrini ha fatto una bella azione d’orgoglio e ha preso un quarto posto che comunque è onorevole».

Vietato muoversi

Pellegrini si chiama Francesca, corre nella Valcar-Travel&Service e quest’anno ha aperto la stagione vincendo il Piccolo Trofeo Binda. E’ bionda ed esce dalla mixed zone con la bici spinta a mano. La rincorsa a Sangalli ci ha fatto tardare, ma lei si accosta ugualmente alla transenna. La provochiamo, chiediamo se il quarto posto bruci perché puntava al podio. Lei cambia sguardo e sorride.

«Al podio si poteva puntare – ammette – però alla fine le tre che sono arrivate davanti erano le tre più forti e anche le tre che dovevamo tenere d’occhio. Dalle indicazioni di Paolo e di Rossella Callovi, dovevamo guardare in particolare la Francia, ma anche l’Olanda, cercando di sprecare il meno possibile stando a ruota loro. Quindi non dovevamo fare nulla in prima persona, essendo comunque in due rispetto alla Francia che invece erano in quattro e all’Olanda. E’ un quarto posto molto soddisfacente, considerando che siamo ad un mondiale. Se me lo avessero detto prima, non ci avrei creduto. Sono molto soddisfatta, devo ancora realizzarlo. Una medaglia sarebbe stata ancora più soddisfacente, però non ci si lamenta».

Happy birthday

E poi c’è Zoe Backstedt, che si è regalata il secondo oro di questo mondiale nel giorno del suo 18esimo compleanno. La sua facilità di azione è disarmante. Sicuramente sfrontata: se non fosse certa di avere un livello enormemente superiore, non azzarderebbe certi attacchi. Probabilmente precoce, ma con enormi margini atletici per cui pensare che, una volta passata fra le più grandi, potrebbe crescere ulteriormente.

«Non credevo di partire così presto – dice – ma dopo la prima discesa ho visto che il gruppo era rotto, ho visto la velocità e data la mia capacità nelle curve, ho mollato e sono andata dritta. Il piano era di andare da sola, ma non così presto. Di sicuro avrei anticipato per non subire il ritmo delle scalatrici più forti. Non ho mai avuto momenti di cedimento, se non a un certo punto quando il vantaggio ha iniziato a scendere. Solo che mancava un giro, avevo ancora 2 minuti e ho capito che ce l’avrei fatta al 100 per cento».

Pellegrini (assieme a Ciabocco) ha corso nel finale sulla ruota delle francesi
Pellegrini (assieme a Ciabocco) ha corso nel finale sulla ruota delle francesi

Bici e divertimento

Crono, strada, ciclocross e pista, come Federica Venturelli, che ha un anno meno e di sicuro oggi l’avrà vista andar via, dovendo a sua volta sopportare ancora gli acciacchi della caduta.

«Mi piace andare sulla mia bicicletta – sorride la festeggiata – e non è per me una gran pressione dare del mio meglio. Perciò, che sia cross o strada, crono oppure pista, per me è come giocare. Certo la pista è più schematica, ma anche quello a suo modo mi piace».

Intanto se ne torna a casa con la doppietta che l’anno scorso le sfuggì a causa di Alena Ivanchenko che la batté nella crono. Ma quest’anno i russi non ci sono. La guerra fa schifo, su questo siamo tutti d’accordo. Forse però quest’anno Zoe le avrebbe battute tutte lo stesso.

Con un padre così, che Backstedt ti aspettavi?

07.11.2021
6 min
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Lei vinceva il mondiale di Leuven e intanto suo padre Magnus Backstedt nella postazione di Eurosport piangeva. Il vincitore della Roubaix 2004 e di una tappa al Tour di colpo aveva smesso di parlare, lasciando il microfono a Marty, compagno di tante telecronache.

«E’ un momento di grandissimo orgoglio – queste le sue parole dopo un silenzio durato quanto l’ultimo chilometro – ho le lacrime che mi scendono sul viso commentando questo giorno e guardando queste immagini. Zoe ha quel cambio di ritmo su cui si allena così tanto ed è naturalmente molto dotata. Non appena riesce a scattare… guardatela quanto è emozionata…».

I ricordi di Leuven 2021 tornano a galla mentre Zoe Backstedt l’ha fatto nuovamente ieri agli europei di ciclocross, categorie donne junior, lasciandosi indietro l’olandese Bentveld per più di un minuto.

Storia di Elynor e Zoe

In realtà le figlie del gigante svedese sono due ed entrambe fortissime. Nel 2019 hanno vinto entrambe la Gand-Wevelgem di categoria: Elynor quella under 19, Zoe fra le under 17. Solo che mentre la più piccola quest’anno si è impadronita della scena, la più grande Elynor ha vissuto un anno di adattamento alla categoria elite con la maglia Trek-Segafredo, dopo aver perso tutto il 2020 per una frattura alla gamba rimediata a maggio. Andava in mountain bike con suo padre nei dintorni di Cardiff, è caduta e ha sentito il crac. Non è servito l’intervento, ma alcune settimane di stop assoluto e, complice il Covid, addio stagione.

Elynor ha un ruolo molto importante per Zoe: le due sorelle Backstedt hanno tre anni di differenza, ma sono unitissime. In una famiglia così l’argento magari non fa notizia, ma poco prima di vincere l’oro di Leuven, Zoe ha conquistato l’argento della crono iridata a Bruges. Ma non era affatto sicura di farcela.

«Mi ha ancora convinto mia sorella – ha raccontato nella conferenza stampa – parlare con lei nell’ultima settimana ha davvero calmato i miei nervi in gara. Essere in grado di parlare con lei e avere una voce amichevole aiuta davvero. Ha più esperienza di me, quindi posso chiederle ogni cosa. Ad esempio quanto sia difficile scendere la rampa di partenza e quanto spingere nei primi metri di gara…».

Come su strada a Leuven, una sua azione da lontano ha premiato Zoe Backstedt
Come su strada a Leuven, una sua azione da lontano ha premiato Zoe Backstedt

C’è anche la mamma

Quindi, riepilogando: un padre ex campione, due figlie che promettono di diventarlo e anche la mamma non è immune dal… vizietto della bici. Megan Huges infatti ha corso per quattro stagioni fra le elite fra il 1996 e il 2000, vincendo il titolo nazionale britannico nel 1998. Non un grande palmares, probabilmente in casa le toccherà abbassare lo sguardo, ma si capisce benissimo come mai le trasferte e lo stile di vita imposto dal ciclismo non siano assolutamente un peso per la famiglia che risiede a Pontyclun, nel Galles sud-orientale.

«Per anni è stato un po’ un incubo logistico – racconta il capostipite – ma abbiamo fatto tutto ciò che serve alle ragazze per inseguire i loro sogni. Ovviamente amano il ciclismo e farne parte. Ma in genere non siamo una famiglia da divano e televisione. Ci piace lo stile di vita frenetico. Avevo 12 anni quando ho iniziato ad andare in bicicletta. Un mio amico mi chiese di seguirlo e io andai. Mi ci vollero tre mesi per diventare campione nazionale. Elynor voleva una bici da corsa quando aveva quattro anni. Il club locale stava tenendo una sessione per imparare a usarla e abbiamo deciso di portarla per vedere se le piaceva. Ci sono voluti un paio di mesi prima che gareggiasse in alcune competizioni minori e da allora non ha più perso tempo».

Paura del traffico

Poi è arrivata Zoe, più piccola, ma con qualcosa nello sguardo che ha fatto capire ai genitori che ci fosse un’altra atleta in arrivo. 

«A 16 anni, Elynor si allenava sei o sette giorni alla settimana. Zoe invece ne aveva 13 e andava in bicicletta solo quando aveva voglia. Le giornate erano fatte di scuola e bici, magari facendo i compiti nell’itinerario fino al velodromo, per essere poi pronte a partire in bici». 

Eppure la famiglia ha vissuto anche momenti poco felici, come la collisione con un’auto che nel 2017 ha coinvolto le ragazze. Da quel giorno, con Elynor costretta a interrompere gli allenamenti per otto settimane a marzo a causa di una commozione cerebrale, gli automobilisti negligenti sono diventati una preoccupazione, al punto che a volte Magnus e Megan si organizzavano a turni per seguirle.

«Sono uscito a lungo con le ragazze – ha raccontato Magnus – se sono a casa lo faccio ancora. Ci sono un sacco di auto sulla strada e automobilisti che guidano come matti. La gente sembra avere sempre meno pazienza con i ciclisti e tutti si infilano appena vedono il varco. Per noi è ancora una grande preoccupazione».

Nel 2004 lo svedese correva nella piccola Alessio di Flavio Miozzo: altri tempi, prima del WorldTour
Nel 2004 lo svedese correva nella piccola Alessio di Flavio Miozzo: altri tempi, prima del WorldTour

Una coppia esplosiva

Si suole attribuire il primo lampo della grandezza delle sorelle Backstedt a una gara in pista svoltasi a Newport, dove Magnus gestisce un centro di allenamento, proprio nel 2017 dopo l’incidente, le difficoltà e le paure. 

Gareggiando contro ragazze di quattro anni più grandi, Zoe divenne campionessa della corsa a punti giovanile, battendo la sorella maggiore nella volata per l’oro.

«Si aiutano a vicenda per fare bene – ha raccontato Magnus – Elynor ha pianto non per il secondo posto, ma perché era felice per Zoe. C’è un po’ di rivalità e giustamente, ma si spronano a vicenda. Ed è incredibile che le ragazze amino così tanto ciò che la loro madre ed io abbiamo amato per tutta la vita. La parte più difficile adesso l’abbiamo noi quando diventiamo nervosi, perché vogliamo che facciano sempre il meglio, soprattutto se una ci riesce e l’altra no».

Brand Vam 2021

Backstedt e Brand, titolo vinto grazie ai particolari

06.11.2021
6 min
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Olanda batte Belgio 2-0, questo il verdetto della prima delle due giornate degli europei di ciclocross al Col du Vam, eppure in terra olandese chi ha impressionato di più è stata una ragazzina britannica, quella Zoe Backstedt che avevamo imparato a conoscere a Leuven quando vinse di forza il titolo mondiale junior su strada. Ora, a quella maglia iridata (ma la sua collezione è ampia e comprende anche la pista) ha aggiunto quella continentale.

Non è solo e tanto la vittoria che ha colpito, quanto il modo come l’ha raggiunta, schiantando la concorrenza già nel primo giro. Su quei 13” di vantaggio alla fine della prima tornata la Backstedt ha costruito la sua vittoria continuando a spingere fino a moltiplicarli in 1’06” sull’olandese Bentveld. Probabilmente quella tattica è stata di ispirazione anche per chi è molto più grande e smaliziata, come l’iridata Elite Lucinda Brand (l’arrivo di quest’ultima nella foto di apertura).

Backstedt Vam 2021
Altra grande impresa della Backstedt, che ora vanta titoli su strada, pista e ciclocross
Backstedt Vam 2021
Altra grande impresa della Backstedt, che ora vanta titoli su strada, pista e ciclocross

Una vittoria costruita in settimana

«E pensare che una settimana fa avevo finito la gara di Coppa del mondo a Overijse sulle ginocchia – ha ammesso la Backstedt a fine gara – ero a terra fisicamente e ancor più moralmente, ma col passare dei giorni ho sentito il mio fisico ritrovare le sensazioni giuste e sul percorso olandese è andato tutto al meglio. Qui basta un errore e perdi la gara…».

Venturelli cresce

Dietro, bravissima l’azzurra Federica Venturelli, sesta al suo primo anno nella categoria (e seconda fra le 2005): attenzione a questa ragazza, che da allieva ha vinto in ogni disciplina e sulla quale Alessandro Guerciotti, che l’ha appena portata nel suo team, è pronto a giurare

«Avrebbe potuto andare ancora meglio – racconta a fine gara Luigi Bielli, “aiutante in capo” del cittì Daniele Pontoni e impegnato direttamente sul percorso – ma un piccolo infortunio rimediato a inizio stagione a Jesolo ha un po’ ostacolato il suo percorso di avvicinamento. Qui però ha dimostrato il suo talento: lei è una passista e sui tratti scorrevoli andava più forte di tante altre. Ma anche in salita si è ben difesa».

Venturelli Vam 2021
Federica Venturelli, sesta partendo dalla settima fila, un grande esordio internazionale
Venturelli Vam 2021
Federica Venturelli, sesta partendo dalla settima fila, un grande esordio internazionale

Under 23: decisivo l’ultimo giro

Gara dallo sviluppo tattico ben diverso quella degli under 23. Qui nessuno ha provato a fare la differenza all’inizio tanto che si è formato in testa un gruppo di 11 corridori. Fra loro il nostro Filippo Fontana che nella penultima tornata ha anche provato a smuovere le acque. L’unico che provava a sfiancare i favoriti belgi (in 7 davanti, alla ricerca di un titolo che manca dal 2017) è stato il britannico Mason, ma è stato proprio lui a pagare quando la gara è esplosa nell’ultimo giro, dove i belgi Vandeputte e Nys (campione europeo su strada e questo connubio ciclocross-road ricorre spesso al Col du Vam) sono stati saltati sulla salita finale dalla volata lunga dell’olandese Ryan Kamp, confermatosi così sul trono di categoria. Per i due avversari la beffa è stata accolta con grande disappunto, per Nys un bronzo che sa di amaro.

Fontana, affaticato nel finale, ha chiuso nono a 35”: «Ha pagato i tanti fuori giri tenuti per rimanere attaccato ai primi – riprende Bielli – Non è ancora al massimo della forma e gli è mancato un po’ di fondo dopo la stagione di Mtb. Anche Toneatti si è ben disimpegnato, ha fatto una gara tutta in rimonta, chiudendo 15°».

Quando a decidere è il pit stop…

Dicevamo della Brand. Nella gara femminile le olandesi questa volta sapevano di non potersi giocare il titolo fra di loro, vista la presenza dell’ungherese Blanka Vas reduce dal trionfo di Overijse. La magiara si è subito ritrovata avvolta da una nuvola arancione, ma non è stato questo a determinare l’esito della corsa. Tutto si è deciso all’inizio del secondo giro. La Vas come altre del gruppo di testa ha svoltato ai box per il cambio bici, la Brand invece ha saltato il pit stop rilanciando anzi l’azione. La magiara si è accorta dell’offensiva, ma cercando di riacquistare velocità ha sbagliato traiettoria. Così ha perso quei metri che hanno favorito la fuga dell’iridata, a quel punto diventata imprendibile.

Un dato tecnico-tattico che non è casuale. Nella ricognizione Pontoni aveva sottolineato come il gioco dei box potesse incidere sulla gara. Posizionati all’esterno, costringono gli atleti a percorrere metri in più il che costa naturalmente tempo, per questo la scelta del cambio bici va ben ponderata per non giocarsi la gara, sarà molto importante nelle prove di domenica.

Podio Elite Vam 2021
Il podio della gara femminile con la Brand fra la Vas e la Kastelijn
Podio Elite Vam 2021
Il podio della gara femminile con la Brand fra la Vas e la Kastelijn

Dietro la Brand, arancione sbiadito…

La Vas nel finale è stata più accorta e ha pensato a gestire le avversarie. In verità le olandesi protagoniste in Coppa non hanno vissuto una delle loro giornate migliori (la stessa Brand dopo il ritorno dagli Usa aveva saggiamente tirato i remi in barca), con la magiara erano rimaste solo la Kastelijn e la Alvarado, quelle finora meno in vista, ma quest’ultima si è tirata fuori da sola con un’errore di guida, l’altra nulla ha potuto contro la progressione della Vas, che a 20 anni coglie la prima di quella che si annuncia una lunga serie di medaglie.

Tra Arzuffi e Persico

In chiave italiana è stata bella la sfida fra Arzuffi e Persico per il primo posto nazionale. Alla fine l’ha spuntata la tricolore per 8”, ma entrambe sono finite nella top 10, mentre la Lechner, partita fortissimo, ha chiuso solo tredicesima.

Più che l’altimetria del percorso, a mettere in difficoltà le nostre sono state le canaline scavatesi nel fango denso. Le portavano (ma non solo loro) a sbagliare direzione con improvvisi scarti del manubrio: «Quello della Persico è il maggior rammarico della giornata – dice Pontoni – era partita benissimo ed era a ruota della Vas, ma è caduta danneggiando il cambio. E’ stata anzi bravissima a insistere e, nonostante un altro scivolone , a chiudere nelle dieci. Speriamo che tanta sfortuna venga ripagata domani.

«Nel complesso siamo comunque soddisfatti della prima giornata – conclude il cittì – e un encomio va a tutti i meccanici: tra box e centro di gara ci sono 1.600 metri, il che ci ha costretti a un lavoro enorme. La logistica non è ideale, ma di questi tempi, pur di gareggiare, bisogna fare buon viso».

Backstedt e Schmid gemelle diverse. Che sfida tra le junior

25.09.2021
5 min
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Se non fosse che ieri ha vinto un italiano, Baroncini chiaramente, l’arrivo più teso di questi mondiali fiamminghi è stato quello che (forse) meno ci si aspettava, almeno sin qui. La gara juniores femminile infatti ha riservato una gran bella corsa: un epilogo emozionante, grazie a Zoe Backstedt e Kaia Schmid. E anche diversi spunti tecnici.

Partenza nella fresca, per non dire freschissima, mattina di Leuven. Tra le vie di questa splendida cittadina piena di giovani (c’è una grande università) domina ancora l’ombra, tanto il sole è basso e nascosto da palazzi e chiese. A fianco alla griglia di partenza le ragazze man mano tolgono gambali e mantelline. I quadricipiti tremano, un po’ per il freddo e un po’ per la tensione.

Antipodi in testa

Dall’infinità di scatti (e cadute), già prima di metà gara escono queste due atlete. In pratica la più piccolina, la Schmid, e la più possente, la Backstedt, del lotto partenti. Quando passavano davanti ai box e le vedevamo pedalare la differenza era netta. Veramente agli antipodi. Anche nei dettagli extraciclistici: coda sciolta per l’inglese, coda legata per l’americana.

Scherzi a parte: due atteggiamenti diversi. Ed è stato questo a colpirci. Inglese molto grintosa, sempre a smanettare col cambio, spesso con lo sguardo rivolto all’indietro e anche molto generosa. Americana impassibile. “Mono passo”, seduta, calma, serafica… salvo poi scoprire che è un vero peperino. E anche molto abile nella guida. In diverse svolte aveva guadagnato dei metri preziosi.

E proprio per questo, sinceramente pensavamo che tentasse l’affondo sull’ultimo strappetto, visto che ci si arrivava abbastanza veloci (anche se nell’ultima tornata si stavano controllando). E visto che lo si attaccava con un tornante secco a sinistra. Ogni volta in quel punto guadagnava dei metri. Inoltre, due giorni fa, in ricognizione l’avevamo vista provare lo strappo due volte. Una delle quali pianissimo, come se volesse studiare centimetro per centimetro quel “trampolino di lancio”.

Il podio: Zoe Backstedt (prima), Kaia Schmid (seconda), Linda Riedmann (terza)
Il podio: Zoe Backstedt (prima), Kaia Schmid (seconda), Linda Riedmann (terza)

Fuggitive pistard

Entrambe sono però due atlete dallo spunto veloce e hanno un certo feeling con il ritmo. Entrambe hanno più che assaggiato la pista. La Backstedt è primatista nazionale dell’inseguimento, la Schmid ha vinto l’eliminazione ai mondiali juniores del Cairo. Semmai si poteva temere sulla sua tenuta. Resistenza che, al contrario, è uno dei cavalli di battaglia della possente inglese, tra l’altro figlia del grande Magnus, professionista dal 1996 al 2012.

«Quando l’ho vista davanti ero sicura che la Backstedt potesse partire da lontano – ha detto Francesca Barale a fine gara – Anzi, pensavo che l’avrebbe staccata. Peccato perché ho capito subito che quello poteva essere un attacco buono».

E in effetti Zoe ci ha provato come dice Francesca. Rischiando tra l’altro di mandare all’aria la fuga, qualora la Schmid avesse smesso di collaborare. Cosa che ci poteva stare.

Sprint cortissimo

Invece alla fine è stato sprint. Ognuna sapeva il fatto suo. Inglese in testa e americana dietro. Il problema però è che sul piano della potenza pura, non ci sarebbe stata storia. Zoe avrebbe vinto lo sprint per distacco. L’americana stando a ruota, l’ha costretta a guardare dietro. E non si è mossa fino all’ultimo. Ha cercato, con furbizia, di portarla più vicino possibile al traguardo. Di fare una volata corta. E ci è riuscita. Lo sprint non sarà durato più di 80 metri e alla fine ha perso per meno di mezza ruota. Fosse partita ai 200 metri ci sarebbe stato il buco.

«Sono contentissima – dice la Backstedt a fine gara – dedico questa vittoria alla mia famiglia. Ho tagliato la linea del traguardo e mi sono detta: sei campionessa del mondo! E’ un sogno. Come mi sentivo? Davvero bene, il secondo posto nella crono lo conferma. E non è stata una sorpresa essermi ritrovata così avanti, ma da qui a vincere…».

E poi c’è lei, Kaia. L’americana ha letteralmente conquistato la sala stampa. Simpatica, con la battuta pronta, la 18enne di Boston è quasi più felice dell’inglese, almeno stando al tono squillante della voce. 

«Vengo dal freestyle con gli sci – dice Kaia – e l’approccio ad una gara ciclistica è del tutto diverso. Nello sforzo, nell’impegno mentale… Ma io cerco sempre di divertirmi. Pensavo a questi mondiali già tre settimane fa quando ero al Il Cairo in pista». E da qui si capisce anche la sua abilità nella guida. Un qualcosa che non era dovuto solo alla pista.

Azzurre cadute, ma battagliere

Meno di un minuto dopo le due protagoniste, ecco arrivare il resto del mondo, di cui fanno parte anche le prime azzurrine: Eleonora Ciabocco (nona) e Francesca Barale (14ª).

«E’ stata una corsa molto difficile da interpretare perché piena di cadute – dicono praticamente in coro – Il gruppo si è selezionato subito al secondo giro proprio per le cadute. Si è spaccato in due e siamo rimaste indietro. A quel punto abbiamo sprecato tante energie per rientrare. E quando sono andate via loro due è stato il momento proprio in cui noi eravamo rientrate. A quel punto però a non ne avevamo per stargli dietro. Poi abbiamo fatto il possibile per cercare di ottenere un terzo posto in volata, ma è andata così».