Venturelli più forte del dolore per lo staff e per la squadra

20.09.2022
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Ha deciso di partire dopo il riscaldamento, ma dire che Federica Venturelli avesse certezze sulle sue condizioni sarebbe poco credibile. Coraggio tanto, quello ha lasciato tutti a bocca aperta. Cerotti su entrambi i gomiti. Una garza sul ginocchio destro. Le mani ferite. E un’abrasione sull’addome che sfregando contro il body le dava un gran fastidio. Tutto per la caduta violentissima del giorno prima. E quando dopo la gara è rientrata al box azzurro, l’applauso con cui è stata accolta ha fatto capire la paura e il sollievo che hanno attraversato il clan azzurro nelle ultime 24 ore.

Brutta caduta

La notizia è arrivata intorno alle 12 con un messaggio. Caduta Federica Venturelli, la stanno riportando in hotel. E’ piuttosto malconcia, non si sa se domani farà la crono. Aspettiamo le radiografie.

«Stavo andando in discesa – racconta mentre gira le gambe sui rulli – forse un po’ troppo forte. C’era un tratto di strada disconnesso, che non era stato segnalato. E purtroppo sono finita in questa parte di strada piena di buche. Ho perso le mani dal manubrio. Sono caduta e intanto ho visto un furgone che saliva dalla parte opposta. Proprio per cercare di evitarlo e scongiurare il peggio, mi sono procurata un bel po’ di abrasioni, cercando di aggrapparmi all’asfalto per non finire dall’altra parte».

Durante il riscaldamento, Federica Venturelli si è confrontata con Velo su come gestire la crono
Durante il riscaldamento, Federica Venturelli si è confrontata con Velo su come gestire la crono

Test sui rulli

Infilare le maniche nel body le è sembrato un supplizio, ma nulla in confronto a quando ha provato a salire sulla Cinelli montata sui rulli. Aveva lo sguardo impaurito e dolorante, così pure quando ha iniziato a pedalare, sentendo il ginocchio e il gomito, sentendo la mano quando ha provato a cambiare e non riuscendo a sfilare la borraccia. Attorno a lei prima Elisabetta Borgia e poi Rossella Callovi accompagnavano le sue smorfie con parole rassicuranti, finché Federica ha iniziato a raddrizzarsi e ad aumentare il ritmo di pedalata.

«Ho deciso di partire – conferma – quando ho finito il riscaldamento, perché comunque avevo ancora male al gomito. Scaldandomi però, un po’ è passato e quindi ho deciso di provarci. Inizialmente avevo paura di non riuscire a far le curve o guidare la bici. Però poi ho visto che ero in grado, anche se non ero al top della mia condizione. E allora ho deciso di partire».

Senza borraccia

Così si è avviata, dopo aver provato a fare un paio di curve, con la certezza che difficilmente sarebbe riuscita ad alzarsi sui pedali. Senza borraccia, perché non potendola prendere, ha chiesto a Giuseppe Campanella, il suo meccanico, di smontare tutto. E forse la spinta decisiva è venuta proprio dall’attaccamento al gruppo azzurro.

«Quando sono caduta – conferma – non è stata tanto la sensazione di vedermi sfuggire il mondiale, perché comunque non ero qua per vincere. C’erano avversarie molto più forti di me, ma per fare esperienza. E’ stato il dispiacere nei confronti dello staff e della squadra che ha fatto tanti sacrifici e quindi ero dispiaciuta di non poter dare il meglio di me. Ieri sera ero abbastanza giù. Però comunque, dopo il controllo in ospedale e la radiografia in cui mi hanno detto che era tutto a posto, mi sono un po’ ripresa. Ho iniziato a pensare che magari sarei riuscita a partire e quindi ho passato una notte non troppo travagliata».

Il mondiale crono delle donne junior è stato vinto da Zoe Backstedt (Gran Bretagna), su Czapla e Joriis
Il mondiale crono delle donne junior è stato vinto da Zoe Backstedt (Gran Bretagna), su Czapla e Joriis

Dolore e adrenalina

L’hanno accolta come se avesse vinto, anche se il 24° posto a 2’59” da Zoe Backstedt è decisamente al di sotto delle aspettative di partenza: il quarto posto agli europei induceva a sperare in qualcosa di meglio e certamente Federica si sarebbe fatta valere. Probabilmente però essere partita aiuterà nella prova su strada, cui arriverà con la certezza di poter pedalare.

«L’adrenalina è servita parecchio – racconta – sentivo solo la fatica. Il male era in secondo piano. Più di tutti, probabilmente mi ha dato fastidio il gomito, soprattutto con le vibrazioni. Oppure dover spostare le braccia per fare le curve o alzarmi in piedi e rilanciare. Infatti la salita è stata la parte in cui ho sofferto di più e ho sentito di non riuscire ad andare come volevo. Adesso so di riuscire a stare in bici e questo è qualcosa che mi mette più tranquilla. Nei prossimi giorni vedrò di riabituarmi a spingere e lavorare anche sulla posizione delle mani sul manubrio, che sicuramente è qualcosa che in discesa o comunque nei momenti un po’ nervosi in gruppo sarà necessario. E tutto sommato è andata anche bene senza borraccia. Di solito bevo molto, ma oggi non era particolarmente caldo. E sono arrivata senza avere la gola secca».

Dominio vikingo anche nella crono U23. I nostri si fanno le ossa

19.09.2022
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Un altro norvegese nella crono, questa volta negli under 23 e con un nome vikingo ben più impegnativo di quello di Foss: Soren Wærenskjold. Solo che somiglia così tanto al vincitore di ieri, che la prima domanda che è venuta da fargli è se Foss gli abbia dato qualche dritta. E lui, sorridente dentro la sua maglia iridata, ha spiattellato subito tutto.

«Stamattina – ha spiegato – Foss prima mi ha detto di credere in me stesso, poi mi ha detto di salvare la gamba sullo strappo ripido del primo giro, perché me la sarei ritrovata nel secondo. E poi mi ha indicato un paio di curve in cui fare la differenza. Io ho fatto come mi ha detto. Sul primo strappo sono andato più piano ed effettivamente quelle due curve le ho pennellate. Aveva ragione lui, ho fatto il secondo giro meglio del primo e questo credo mi abbia aiutato a vincere».

Alec Segaert, il belga grande favorito e nostra vecchia conoscenza, annuisce e sportivamente conferma di aver fatto un primo giro da record e il secondo stringendo i denti. E di aver perso così la maglia iridata, distante appena 17 secondi.

Preparazione al top

Il suo futuro, come pure il suo presente, è nella Uno X e dice di starci bene. Che la squadra sta crescendo assieme ai suoi corridori e che in futuro punterà a corse che contengano delle crono, per provare a fare classifica. Anche se resta l’anomalia di due norvegesi iridati contro il tempo.

«Lo so che fa notizia vederci vincere le cronometro – spiega Wærenskjold – soprattutto guardando alla situazione di 2-3 anni fa, quando non c’eravamo negli ordini di arrivo. Non ho una risposta sul perché questo accada. Per quanto mi riguarda, posso dire che ho fatto una preparazione specifica di alto livello. Sono andato in galleria del vento. Ho provato il nuovo casco. Ho provato il nuovo body. E da un anno ho la bici da crono a casa e la uso spesso. E poi lo staff ha fatto la differenza, per me come per Foss. Hanno mappato il percorso metro per metro, non c’era traiettoria su cui non abbiano studiato. Sapevo tutto di ogni curva e alla fine questo ha pagato».

Sui suoi inizi dice che è stato tutto per caso e per seguire sua sorella. Ed è bastata quell’unica volta che uscì con lei, per innamorarsi della bici e mettersi a strillare fino a che non gliene comprarono una. E da allora, non c’è stata attività sportiva che abbia preferito al ciclismo. Amore a prima vista, punto e a capo.

Piganzoli e il vento

Alle sue spalle è arrivato Alec Segaert e poi Leo Hayter, quello del Giro d’Italia U23, il cui fratello ieri ha maledetto i comandi della sua bicicletta che gli hanno fatto cadere la catena costringendolo al cambio bici e al quarto posto, con 39” da Evenepoel che si potevano anche limare.

I nostri invece hanno continuato a fare esperienza, con Piganzoli partito per primo e arrivato 16° a 1’45” dal vikingo e Milesi, partito un’ora dopo e arrivato 10° a 1’05”. Per entrambi si è trattato di un investimento che darà i suoi frutti nelle prossime stagioni, quando entrambi saranno professionisti e sapranno maneggiare meglio queste bici.

«E’ stata una crono difficile – dice Piganzoli – diciamo che c’era molto vento. Ho provato a spingere il più possibile. A prescindere dal risultato, ho fatto un po’ fatica, diciamo per il percorso e un po’ per la mia statura. Sicuramente mi definisco abbastanza uno scalatore, anche se sicuramente ho molto da migliorare. Però anche a crono mi difendo. Ho vinto l’italiano e ho avuto questa convocazione, quindi sono contento.

«Tornando al percorso, la salita era tutta nella prima parte e anche il vento. Era necessario gestirsi bene, però alla fine si può dire che sia stata una prova molto tecnica, con tanti rilanci. Al via ero emozionato. Lassù si ripensa a tutti i sacrifici fatti per arrivare qua, quindi è stata una bella sensazione». 

Milesi soddisfatto a metà

Milesi che forse ci puntava un po’ di più, dopo l’arrivo aveva la faccia un po’ lunga, anche se alla fine l’orgoglio di esserci è bastato per fargli fiammeggiare gli occhi chiari.

«Contento no – dice – però la prestazione mi è sembrata abbastanza buona, quindi la prendiamo per come è venuta e poi la analizzeremo. Come sono andato? Ho sbagliato un paio di curve, una perché ieri per i pro’ c’era in mezzo una transenna e invece oggi si poteva fare tutta la strada, però nel complesso direi abbastanza bene. E’ il seguito di un cammino, sicuramente un’esperienza molto importante che aiuta a crescere. E vedremo più avanti cosa porterà.

«Nervoso in partenza? Zero (sorride, ndr). Affronto gara per gara, così anche mentalmente è più facile. Comunque il mondiale aggiunge tanto. E’ la gara più importante dell’anno e quindi sono contento di essere qua, di essere stato convocato e che mi abbiano dato fiducia. E adesso speriamo di rifarci su strada».

EDITORIALE / La legge di Newton, Ganna e le cose della stampa

19.09.2022
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E’ tutto un fatto di equilibrio, in fondo. Pertanto, applicando il principio di azione e reazione, tanto vieni portato in alto quando vinci, per quanto verrai tenuto sotto quando qualcosa si incepperà. Nello sport e soprattutto in Italia, la terza legge di Newton ha un’applicazione quasi perversa. Puoi diventare dio e il giorno dopo ritrovarti servo della gleba. E a quel punto nel mirino finisce anche la decorazione del casco. Chi ha avuto la fortuna di lavorare negli anni di Pantani sa di cosa stiamo parlando. Ieri la scure si è abbattuta su Filippo Ganna, che ha accusato il colpo, forse perché finora non ne aveva ancora sperimentato il taglio.

Nella vicenda in sé, quel che ha uno strano sviluppo è il metro di certe valutazioni. Per cui la frase di Ganna dopo la resa nasconde una profonda verità. «Se vincevo – ha detto – erano tutti felici. Ma a quanto pare perché è venuto un settimo posto, ho fatto il flop dell’anno».

Ganna è arrivato bene al mondiale, come conferma la vittoria del prologo al Giro di Germania
Ganna è arrivato bene al mondiale, come conferma la vittoria del prologo al Giro di Germania

La tutela di Ganna

Questo concetto lo abbiamo parzialmente affrontato dopo la crono, oggi andiamo oltre. Al pari dell’indignazione per il monumento Lombardia picconato dal record dell’Ora, vogliamo chiederci in che modo sia gestito il monumento Ganna. E se la sua generosità non stia diventando la sua condanna.

Lo scorso anno 66 giorni di gara: neanche tanti, direte. Ma se si entra nello specifico, si nota che oltre al Giro d’Italia con le due crono vinte e i tanti chilometri tirati per Bernal, al cumulo dei giorni vanno aggiunti le Olimpiadi (5° nella crono e oro nel quartetto) e subito dopo i campionati europei (2° nella crono e ritirato su strada), i mondiali strada (oro nella crono) e per finire i mondiali su pista (oro nel quartetto e bronzo nell’inseguimento individuale). Ciascuna di queste prove ha richiesto ritiri e lavori specifici. Quanto è logorante un calendario del genere? Quanto costa in termini nervosi? E quanto questo stillicidio toglie freschezza alla preparazione successiva?

Quest’anno, finora, 66 giorni di corsa: gli stessi di fine 2021. Il Giro è stato sostituito dal Tour e nel mezzo ci sono stati ugualmente gli europei della crono (bronzo), i mondiali crono (settimo posto) e mancano ancora il Team Relay di mercoledì, quindi il record dell’Ora e i mondiali in pista. Fermo restando che nell’anno post olimpico tutti gli atleti che abbiano vinto accusano una flessione di rendimento, non è forse sbagliato pretendere che Ganna continui a vincere e criticarlo se non ci riesce? E non è poco lungimirante da parte di chi lo gestisce continuare ad assecondarne la generosità?

La sala stampa di Wollongong, dimensionata per i soliti numeri, appare ancora deserta
La sala stampa di Wollongong, dimensionata per i soliti numeri, appare ancora deserta

Dal nostro inviato

Chi ieri fosse stato accanto a Ganna mentre si scaldava avrebbe colto dei segni di nervosismo. Probabilmente perché Filippo, come poi ha detto, si era accorto dal mattino di non avere grandi sensazioni e sapeva di avviarsi verso una gara nella quale è impossibile nascondersi. Se non stava davvero bene, tutti lo avrebbero visto. Gli amici. I parenti. E anche i tifosi che non lo conoscono, ma gli vogliono bene. E che, al pari di coloro che lui ha citato nelle sue scuse, si sono alzati per vederlo correre.

Il guaio è che ieri accanto a Ganna eravamo davvero in pochi. E qui si apre un’altra pagina. Venire in Australia è stato un piccolo investimento, ma non esserci avrebbe significato interrompere il filo invisibile che permette al giornalista di raccontare dopo aver visto. Provando a dare una lettura obiettiva e non filtrata dai commenti di altri.

A Wollongong siamo in pochi, circa 150 tra giornalisti, fotografi e televisivi. Dall’Italia appena in 6. La Rai con Stefano Rizzato, Bicisport con Luca Neri, i fotografi Luca Bettini, Stefano Sirotti ed Eloise Malavan e ovviamente chi vi scrive. D’accordo, si sopravvive bene anche con il telefono, gli audio whatsapp e le videoconferenze ereditate dal Covid, ma se questa fosse la regola, perderebbe senso l’esistenza stessa degli inviati. Non è la stessa cosa, grazie al Cielo. Scrivere a migliaia di chilometri di distanza fa perdere il senso di umanità che si prova davanti alla vittoria e ancor di più alla sconfitta

Il clima di critiche non sta regalando alla nazionale la vigilia più serena
Il clima di critiche non sta regalando alla nazionale la vigilia più serena

La voce dei campioni

Il ciclismo, ha scritto giorni fa Pier Bergonzi in un corsivo sulla Gazzetta dello Sport commentando la sovrapposizione delle date di Lombardia e record dell’Ora, si diverte a farsi del male. Non potrebbe essere più vero, ma il problema va ben oltre la Classica delle Foglie Morte. Forse bisognerebbe avviare un’azione robusta contro la deriva imposta dall’UCI, che ha portato di recente alcuni grandi club a non mandare i propri atleti in nazionale. Anche questa una picconata niente male, di cui però si parla poco. E come sarebbe ingiusto per essa additare i corridori assenti, altrettanto lo è appellarsi a Ganna perché faccia cambiare la data del tentativo di Grenchen. La responsabilità nel caso specifico non è ascrivibile all’atleta, quanto ai suoi datori di lavoro. Che hanno imposto a lui il record e a noi la data, peraltro per dare modo a Filippo di partecipare ai mondiali in pista. Il mercoledì ci saranno le qualificazioni del quartetto e dovrà aver recuperato. E se dicessimo che uno dei due è di troppo?

Il timore, in questo momento di fulmini e saette, è che se quel record non arrivasse, anziché premiare l’eroismo di averci provato, si scriverebbe di arroganza per averlo fatto. E questo, parlando di sport, è un evidente squilibrio. Che vizia i rapporti fra giornalisti e campioni e di riflesso fra campioni e tifosi, laddove in certi momenti siamo noi più degli stessi social la loro voce verso l’esterno. Lo abbiamo visto nei mesi del Covid, cerchiamo di non dimenticarlo: cosa c’è di bello a raccontare il ciclismo perdendo la voce dei protagonisti?

Santini per l’Australia, mondiale e riconciliazione

19.09.2022
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Siamo finalmente entrati nella settimana dei campionati del mondo di ciclismo su strada. La rassegna iridata è infatti scattata ieri con le prime gare a cronometro. Il mondiale ritorna nuovamente in Australia dopo appena dodici anni. Nel 2010 si svolse a Geelong con la vittoria di Thor Hushovd nella gara riservata ai professionisti. Quest’anno il cuore dei mondiali sarà invece la cittadina di Wollongong, nel New South Wales. I padroni di casa australiani avranno l’occasione di mostrare al mondo intero la bellissima divisa che ha realizzato per loro Santini Cycling Wear (proprio ieri Grace Brown ha colto la prima medaglia nella crono donne elite: argento). Ricordiamo che quello tra Santini e AusCycling (la nazionale australiana di ciclismo, ndr) è un rapporto davvero duraturo, avendo avuto inizio nel 2001. 

Il rapporto tra Santini e AusCycling, la federazione di ciclismo australiana, è iniziato nel lontano 2001
Il rapporto tra Santini e AusCycling, la federazione di ciclismo australiana, è iniziato nel lontano 2001

Una grafica speciale

Per questa seconda edizione dei mondiali di casa, l’Australia ha richiesto a Santini di realizzare una maglia speciale che racchiudesse in sé i seguenti tre temi: diversità, inclusione, ma soprattutto riconciliazione. Quest’ultimo è un tema particolarmente sensibile in Australia in quanto ha a che fare con il rapporto con i cosiddetti “First Australians”, ossia con gli aborigeni.

Pur mantenendo i tradizionali colori verde e oro, il kit realizzato quest’anno da Santini presenta un accattivante pattern Indigeno, tratto da un dipinto commissionato da AusCycling per segnare l’inizio del percorso di riconciliazione con gli aborigeni.

A spiegarne il significato è la stessa autrice del quadro da cui è stato tratto il pattern. Si tratta di Chern’ee Sutton, un’artista contemporanea della comunità Indigena Kalkadoon.

«Il simbolo verde e oro in basso a sinistra dell’opera d’arte – spiega – rappresenta la Nazionale Australiana, che gareggia con orgoglio per la nostra nazione. Le linee mobili all’interno simboleggiano gli atleti che viaggiano per il mondo per competere e i simboli U rappresentano gli uomini e le donne. Le U con coolamons (vaso/piatto aborigeno) e bastoni da scavo sono le donne e le U con lance rappresentano gli uomini. Il simbolo della comunità al centro del quadro rappresenta la nostra casa: l’Australia». 

Il brand bergamasco ha progettato il completo intero, abbinando alla maglia anche un pantaloncino
Il brand bergamasco ha progettato il completo intero, abbinando alla maglia anche un pantaloncino

Scopriamo la maglia

Dal punto di vista tecnico, la maglia realizzata da Santini per la nazionale australiana ha un taglio aerodinamico ed è confezionata, nella parte frontale, collo, fianchi e tasche posteriori in tessuto Rudy, leggero e traspirante.

Le sezioni della schiena e delle maniche sono in Bodyfit, un tessuto che garantisce una vestibilità perfetta. Le maniche sono tagliate al vivo, scelta che rende il capo molto confortevole, e la zip lunga è quasi invisibile. Il collo è caratterizzato dal taglio francese mentre l’elastico a fondo maglia la mantiene in perfetta posizione una volta indossata. 

Il taglio del collo per la maglia della nazionale australiana è alla “francese”
Il taglio del collo per la maglia della nazionale australiana è alla “francese”

Tutto abbinato 

Alla maglia è naturalmente abbinato il pantaloncino. E’ realizzato con l‘innovativo tessuto New Monica che, grazie al grip in silicone interno che ricopre tutta la fascia laterale della gamba, crea un “effetto tatuaggio” e aderisce perfettamente alla pelle senza costringere. Realizzato con taglio al vivo, presenta un numero di cuciture ridotto al minimo e non ci sono elastici a fondo gamba che stringono ed infastidiscono. Le bretelle sono elastiche, leggerissime e confortevoli, e permettono una massima estensione per garantire un’ottima vestibilità anche ai ciclisti più alti. Il fondello C3 è costruito attraverso il processo Carving Technology. Questa speciale tecnica consente al fondello, ideale per lunghe ore in sella, massima protezione dagli shock, incredibile leggerezza, traspirabilità e perfetta vestibilità.

Paola Santini, Marketing Manager di Santini Cycling Wear, ha evidenziato con queste parole l’importanza della ormai storica partneship fra la sua azienda e la nazionale di ciclismo australiana: «Non si tratta solo di una fornitura di capi, ma di una vera e propria collaborazione per lo sviluppo di prodotti di alta gamma e i riscontri degli atleti sono fondamentali per creare capi che rispondano alle esigenze di alte performance e ci aiutano anche a innovare sempre di più i prodotti destinati agli appassionati».

La versione Fan Line del kit per la Nazionale Australiana è disponibile online sul sito Santini (www.santinicycling.com), in loco durante i mondiali di Wollongong e in selezionati negozi di ciclismo in tutto il mondo, già dal 18 settembre.

Santini

Sobrero+Affini: un tandem lungo appena 6 secondi

19.09.2022
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I due altri azzurri alle spalle di Ganna sono arrivati al traguardo a una manciata di secondi uno dall’altro. Prima Affini e poi Sobrero, distanza minima di 6 secondi. E così alla fine se ne sono andato entrambi sulla bici di Matteo, perché quella di Edoardo qualcuno l’aveva già portata verso il camper. Affini sulla sella, Sobrero come meglio poteva sui pedali. La crono dei due azzurri ha avuto storie e motivazioni diverse. Nel primo caso un adattamento precario al fuso orario e al vento nel secondo caso.

La speranza di Affini

Affini ha concluso 13° a 1’28” da Foss e dopo l’arrivo si è seduto sull’asfalto. Per tirarlo via, gli hanno detto che lo aspettavano nella zona della hot seat, perché il suo era ancora il secondo miglior tempo.

«Magari non è neanche andata proprio scandalosamente male – dice – ma ho la sensazione di aver pagato il cambio d’orario. Credo di essere riuscito a riprendermi col sonno abbastanza bene, però a livello diciamo più fisico e metabolico, mi sento un po’ sfasato. E questo si riflette un po’ anche sulle bici. Anche nei giorni scorsi sentivo che andavo, ma c’era qualcosina fuori posto. Alla fine sono qui solo da 5 notti, perché a differenza degli altri due ragazzi, sono arrivato con qualche giorno di ritardo. Insomma, non sono l’unico che è arrivato qua martedì sera, non voglio si pensi che cerco una scusante. Però cercando di analizzare un po’, penso che il fuso orario possa avere influito sulla mia prova.

«Però a questo punto spero che lo sforzo violento mi abbia un po’… aperto per le prossime gare. Cioè per il Team Relay di mercoledì e poi per la strada. Non è che ho guardato i numeri più di tanto, perché a un certo punto sono andato a sensazione, però magari a sensazione ti sembra di spingere, invece i numeri dicono altro. Puoi avere una strategia di pacing, ma alla fine ho tirato fuori quello che potevo. Magari non è molto, però spero di poter dare un po’ di più nei prossimi giorni».

Per Matteo Sobrero è arrivato il 15° posto, a 1’34” da Foss
Prova faticosa di Sobrero, che coglie il 15° posto, a 1’34” da Foss

Sobrero e il vento

Matteo arriva molto più scanzonato, ma non per questo meno determinato. Si è piazzato 15° a 1’34” da Foss e con Velo sta cercando una spiegazione plausibile.

«Come già detto da Evenepoel – spiega – i primi 10 chilometri sono quelli in cui ho cercato di difendermi al meglio. Con Marco Pinotti ieri abbiamo guardato un po’ la strategia. Dovevo partire senza dare tutto, cercando il massimo nella seconda parte. Invece è successo che negli ultimi 4-5 chilometri il vento era particolarmente contro e non sono riuscito a fare tanta velocità rispetto agli specialisti con qualche chilo in più.

«Affini ha pagato l’adattamento al fuso, io fortunatamente sono arrivato qua con Filippo (Ganna, ndr) già più di una settimana fa, siamo partiti il 9 e arrivati l’11. Quindi questo per me non è stato un problema. Diciamo che non ho controllato i watt, ma più o meno ho fatto quello che dovevo fare e sono tranquillo perché sono consapevole che le mie cronometro sono altre».

Poi prima di andarsene in giro con Affini sulla stessa bici, Sobrero ha risposto a un paio di domande di un collega sloveno, molto interessato alla vendemmia nella casa piemontese di Matteo. Ganna a quel punto doveva ancora partire e tutto sembrava possibile.

Ganna, la sconfitta ci sta, la solitudine non aiuta

18.09.2022
7 min
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Tobias Foss, norvegese di 25 anni di maglia Jumbo Visma, ha vinto la crono iridata e, come ha ammesso lui per primo, davvero non se lo aspettava. A Ganna invece è andato tutto storto.

«Sembra davvero di essere in un sogno – dice il vincitore – in realtà non ci credo ancora. Avevo buoni segnali e le mie gambe rispondevano benissimo. Avevo fiducia, ma non osavo sognare così in grande. Sarei stato contento di arrivare tra i primi dieci, sarebbe stato un sogno essere nei cinque, ma ora che posso indossare questa maglia per un anno, sarà molto speciale. Mi divertirò e cercherò di onorarla».

In fuga da tutti

Filippo Ganna ha tagliato il traguardo sbuffando, poi ha lasciato che la bici lo portasse via. Non si è fermato davanti allo staff azzurro e ha tirato dritto, uscendo dalle transenne in fondo. Già da qualche tempo, Pippo ha preso l’abitudine (quando va male) di non fermarsi troppo o non fermarsi affatto nella zona mista dove i giornalisti fanno domande. Questa volta, con un settimo posto veramente difficile da pronosticare ha preferito rifugiarsi nel camper della nazionale, scegliendo la solitudine.

Voglia di parlare comprensibilmente zero, ma è proprio in questi casi che il campione fa la differenza, affrontando la sconfitta a viso aperto e la testa alta. Certo però, guardandola dal suo punto di vista, non deve essere facile mandare giù un simile boccone, con quel record dell’Ora che gli hanno appiccicato addosso e che esige solo la perfezione.

«Non ho ancora parlato con Pippo – dice Velo appena sceso dal camper – ma alla partenza secondo me andava bene, poi la sensazione è stata che fosse un po’ legnoso. Però magari sono solo delle mie impressioni. Adesso dobbiamo condividere l’analisi della gara. Quello che posso dire è che l’avvicinamento era stato tutto liscio, perfetto».

Ganna ha dato più volte la sensazione di non trovare la posizione, tipica delle giornate storte
Ganna ha dato più volte la sensazione di non trovare la posizione, tipica delle giornate storte

I fattori esterni

Nelle fasi del riscaldamento, Ganna girava le gambe assecondando il rituale di sempre. Si aveva quasi timore di disturbarne la concentrazione, percependo la tensione del momento. A capo di un anno sotto tono, il mondiale poteva essere l’occasione giusta per rimettere tutto a posto. Ma poi, sotto tono… Quale altro campione olimpico di Tokyo, dopo quell’oro ha gareggiato e preso medaglie in rassegne europee e mondiali? Non si darà tutto troppo per scontato? Non è normale avere una flessione nell’anno post olimpico?

«Guarda come è tirato – diceva Cristian Salvato, ex cronoman e ora presidente dell’ACCPI – guarda che cosce sottili, non sembrano nemmeno le sue».

Tutto intorno lo staff azzurro era indaffarato, ciascuno preso nelle sue incombenze. I due meccanici nella messa a punto dei freni e del cambio. I massaggiatori verificando la borraccia e che fosse tutto a posto. Gli addetti alla comunicazione fissi per cogliere ogni dettaglio. Amadio che a un certo punto ha chiesto ad Affini cosa gli sembrasse.

«Bissegger – diceva il mantovano, che ha chiuso la crono al 13° posto – ha già fatto un bel tempo, voglio vedere quanto faranno questi con i motori superatomici (ammiccando alla volta di Ganna e di Pogacar che si scaldava nel camper accanto, dnr). Pippo sta bene, l’ho visto sereno. L’unica cosa che ha un po’ rotto sono state le chiacchiere esterne, ma contro quelle si può fare poco».

Poi Ganna è sceso dal camper con il gilet termico addosso. Ha bevuto un sorso d’acqua. E si è diretto verso il percorso, seguendo la bici di Fred Morini, che lo ha scortato fino alla partenza.

Un essere umano

«Un campione come Pippo – prosegue Velo – non si fa influenzare assolutamente delle voci esterne. Ha preparato questa crono e sono certo che l’ha fatto al 100 per cento. In questi giorni di avvicinamento ha fatto tutto quello che doveva. Si è visto che non ha trovato la pedalata giusta, perché si muoveva sulla sella. Ti scomponi, è normale. Però ci sta che sia una giornata no, anche se da lui ci si aspetta sempre il centro pieno. Non è una macchina, è un essere umano e la giornata no può averla anche lui.

«Foss invece – prosegue – non ce l’aspettavamo. Ho guardato un po’ quello che ha fatto e credo che sia stato eccezionale, perché ha recuperato così 10-15 secondi nel finale a Kung che è andato fortissimo. Povero lui, ancora una volta secondo. Mi dispiace. Per tutto quello che sta facendo negli ultimi anni e visto che Pippo non è andato bene, stavolta se la sarebbe meritata lui».

Un altro argento per Kung e un altro bronzo per Evenepoel. E Foss prende l’oro
Un altro argento per Kung e un altro bronzo per Evenepoel. E Foss prende l’oro

Ancora due barriere

Foss in qualche modo è d’accordo con lui. Non se lo aspettava e ha fatto fatica a realizzarlo per tutto il tempo che si è trattenuto con la stampa.

«E’ stata una cronometro – dice – in cui c’era a malapena tempo per recuperare. Non potevi mai lasciare che la potenza calasse. Le curve erano molto tecniche. Nelle parti dure e ripide dovevi andare al massimo. Potevi riprendere fiato solo nelle parti più veloci. L’abbiamo preparato bene, ho ricevuto un buon coaching e alla fine è andato tutto alla perfezione. Il momento in cui ho indossato questa maglia è stato sicuramente un momento molto speciale. E incredibile».

Ganna è sceso dal camper con lo sguardo afflitto ed è andato a sedersi nel furgone in partenza per Bowral, sede del ritiro della nazionale. Prima di chiudere lo sportello ha firmato l’autografo a un signore anziano. Sarà un’ora di strada in cui potrà cercare nell’oscurità oltre il finestrino le risposte alle domande che per primo si pone. La sensazione è che in questo anno storto, continuare a pretendere da sé la luna e noi a chiedergliela sia quasi un’ingiustizia. Al suo posto avremmo voglia di chiudere la stagione e staccare veramente per un lungo periodo. Ma noi non siamo campioni né schiavi del dover vincere: non abbiamo idea di cosa significhi. Il record dell’Ora, se sarà confermato, e i mondiali su pista saranno altre due barriere molto alte da saltare.

P.S. Alle 21,34 le parole di Ganna

Le parole di Ganna sono arrivate tramite un video dall’ufficio stampa della Federazione intorno alle 21,30 locali, circa quattro ore dopo la conclusione della prova, confermando quello che tutti hanno pensato: la giornata storta nel giorno sbagliato.

I messaggio di Ganna è arrivato tramite un video affidato all’ufficio stampa FCI
I messaggio di Ganna è arrivato tramite un video affidato all’ufficio stampa FCI

«Logicamente – dice – si viene dalla parte opposta del mondo non per indossare una maglia o un numero, ma si era venuti con degli obiettivi. Oggi le gambe non erano quelle dei giorni migliori e già stamattina quando mi sono svegliato non trovavo un ottimo feeling, al contrario dei giorni scorsi in cui invece anche con i ragazzi si riuscivano a tenere valori che facevano sperare. E’ andata così, c’è sì un po’ di delusione, però la gara è gara. Se vincevo erano tutti felici e a quanto pare perché ho fatto un settimo posto, ho fatto il flop dell’anno. Dispiace. Magari l’unico rimpianto è di aver fatto svegliare tanti amici o parenti presto per vedere la prova e poi è andata un po’ così»

Lontana dalle prime, dando l’anima: cresce la nuova Fidanza

18.09.2022
4 min
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Arianna Fidanza è sul lato destro della strada che si asciuga il sudore. Ha il volto stravolto di chi ha dato tutto e, dopo un mondiale a cronometro, non potrebbe essere diversamente. Racconta che il vento le ha portato via per due volte la ruota e di aver fatto quel che poteva al cospetto delle più forti. In certi sguardi sembra commossa e forse lo è davvero.

Prima del via, i meccanici al lavoro sulla sua bici di scorta
Prima del via, i meccanici al lavoro sulla sua bici di scorta

Il progetto crono

Parlando di lei, Paolo Sangalli ha detto che la bergamasca ha sposato il progetto crono e lo sta portando avanti. Da questo partiamo.

«Mi è sempre piaciuta questa specialità – dice Fidanza – sono stata campionessa italiana juniores, poi negli anni non mi è mai stata data l’opportunità di lavorare su una prova che richiede sicuramente tempo, una preparazione specifica e anche dei mezzi su cui lavorare. Quest’anno ho cambiato preparatore e avendo Marco Pinotti all’inizio dell’anno gli ho detto che avrei voluto lavorarci per provare a migliorare. La strada è lunga, quest’oggi non avevo ambizioni se non esprimere una buona potenza media personale, in linea con la preparazione che ho avuto quest’anno, calcolando anche che sono ripartita dall’infortunio dell’anno scorso».

Fidanza ha concluso la crono al 23° posto, punto di partenza nel suo cammino di crescita
Fidanza ha concluso la crono al 23° posto, punto di partenza nel suo cammino di crescita

Agosto 2021: il dramma

Il tono cambia. Il 2 agosto del 2021 la frattura della rotula la costrinse a chiudere la stagione. Mentre il mondo ripartiva a tutto gas dopo il Covid, lei fu costretta all’immobilità.

«Un anno fa – mormora con la voce che inciampa nell’emozione – non potevo neanche camminare e essere qua quest’oggi per me è quasi una rinascita e comunque mentalmente è confortante. Mi dà ancora più forza e posso dire di essere ritornata in una prova molto importante. Ho fatto due mesi senza nessuna attività sportiva. Ero sul divano e non potevo muovermi. L’anno scorso guardai i mondiali alla televisione, mentre facevo riabilitazione e provavo a muovere il ginocchio. E’ stato difficile perché sono ripartita da zero. Mi ricordo che riuscivo a malapena a fare un’ora in bici e non riuscivo a spingere. Devo ringraziare le persone che mi sono state vicine e anche il duro lavoro che ho fatto quest’inverno. Ci ho messo davvero tutta me stessa perché volevo tornare». 

Il ritorno in alto

Sembrava che la sfortuna si fosse accanita contro di lei. Perché una volta tornata in gruppo, un’altra caduta l’aveva fatta finire sull’asfalto alla Danilith Nokere Koerse, con una testata sull’asfalto da cui la salvò soltanto il casco.

«Voglio tornare ai miei livelli – racconta ancora – e comunque provare a dare una svolta a quella che è la mia carriera. Ringrazio davvero la nazionale che ha creduto in me (in apertura Arianna è con Marco Velo, tecnico delle crono, ndr), perché questo mondiale è un punto di ripartenza. E’ comunque una buona esperienza. Ringrazio anche  Marco Pinotti, che davvero mi ha seguito tutto l’anno con molta pazienza. Con lui mi trovo molto bene, è molto preciso e tiene molto anche alla comunicazione che abbiamo. Per me è fondamentale, è un punto di riferimento. E’ una persona sempre molto chiara e diretta. Ci crede, mi dà sicurezze, è molto diretto e sincero».

Prima gara, primo oro: Guazzini regina della crono U23

18.09.2022
4 min
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«Di solito sono nevrotica prima di una crono – sorride Vittoria Guazzini vestita con i colori dell’iride – ma questa volta credo di essere stata insopportabile. Ringrazio e mi scuso con tutti quelli che ho tirato matti in questi giorni. I meccanici soprattutto. Non immaginate quante volte ho chiesto di cambiare i rapporti…».

Stamattina si scaldava all’ombra del camper, per ripararsi dai raggi del sole di colpo aggressivi. E mentre Elisabetta Borgia le stava accanto con la sua presenza tranquillizzante, i meccanici Foccoli e Cornacchione avevano appena finito di ripassare la sua bici, montata con il 55×11 dopo giorni di modifiche e teorie.

La previsione del cittì

La toscana sorride con ogni parte del suo viso. Ha concluso la conferenza stampa mangiando una barretta, col terrore che le arrivasse la domanda mentre stava masticando. Così, da grande direttrice d’orchestra, invitava a rispondere l’olandese e la tedesca che l’hanno accompagnata sul podio iridato delle under 23.

La previsione del cittì Sangalli, con cui quest’anno Guazzini aveva già vinto i Giochi del Mediterraneo, è stata azzeccata. Guazzini è stata anche seduta sulla hot seat accanto a Grace Brown che fino a quel momento aveva ottenuto il miglior tempo, poi ne è scesa quando sono arrivate la svizzera Reusser e alla fine Ellen Van Dijk che ha vinto il titolo fra le elite.

«Ho corso per fare il meglio possibile nell’ordine d’arrivo generale – spiega Guazzini – ma vincere non è male. Questo risultato mi dà tanta motivazione per il tipo di prestazione che sono riuscita a fare. E’ di buon auspicio per fare meglio l’anno prossimo e puntare, perché no, al titolo delle elite».

Il percorso non era dei più adatti a Guazzini, ma il quarto tempo assoluto parla di un’ottima prova
Il percorso non era dei più adatti a Guazzini, ma il quarto tempo assoluto parla di un’ottima prova

Un passo in più

La nuova categoria è arrivata appena in tempo. E Vittoria, che già l’anno scorso agli europei di Trento aveva vinto il titolo delle più giovani, prosegue nella sua crescita.

«Il percorso non era semplice – spiega – ma stavo così bene da non aver sofferto più di tanto sulle due salite. Ero veramente nervosa. Le crono mi piacciono tanto, ma mi rendono nervosa perché si tratta di combattere contro se stessi. Finalmente poi sono partita e mi sono concentrata sull’andare forte, spingere al massimo e rilanciare forte dopo le curve. Avere la categoria U23 ai mondiali è un bel passo avanti. Sarebbe meglio avere due gare distinte, ma ora mi godo questa maglia e prendo il buono della novità. Il salto dalle junior alle elite è davvero troppo alto e avere una categoria intermedia è quello di cui davvero c’era bisogno».

La mattinata se ne va con i colori sgargianti dell’iride della ragazza italiana, che per il resto del tempo veste i colori della FDJ Nouvelle Aquitaine. Il pomeriggio sarà dedicato alle crono degli uomini. Nell’area dei camper e nella zona box il fruscio dei rulli nella fase di riscaldamento è già a pieno regime.

Wollongong ci siamo, domani si comincia. Al via con le crono

17.09.2022
5 min
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Domani si comincia. Le squadre si stanno radunando a Wollongong e nella mattinata di domenica sarà la volta delle cronometro. Prima le donne, poi gli uomini. Si parte subito col botto, riservando alle categorie giovanili i giorni successivi.

E’ tutto un po’ confuso, forse anche per colpa della differenza di orario e dalla difficoltà iniziale nell’ambientarsi al nuovo mondo, dove è già inverno (anche se dall’Italia arriva notizia dell’annullamento del Memorial Pantani per l’ondata di maltempo che ha colpito la Romagna).

Budget a confronto

Alcune federazioni, come l’Irlanda o la Nuova Zelanda, hanno rinunciato a inviare la loro selezione per motivi economici, perché il prezzo del biglietto era troppo alto, mentre altre come il Canada, hanno chiesto ai corridori di pagarsi il viaggio. E se da un lato tutto questo potrebbe fornire la misura della fragilità del sistema, si può notare che la parte ricca del ciclismo – il WorldTour o comunque una sua parte – ha rifiutato di mandare i propri atleti ai mondiali perché impegnati nella caccia ai punti del ranking UCI. Compresa la Movistar, che ha privato Valverde dell’onore di chiudere la carriera con un campionato del mondo.

Bennati ha raggiunto stasera l’Australia: atterraggio a Sydney e poi di corsa a Wollongong
Bennati ha raggiunto stasera l’Australia: atterraggio a Sydney e poi di corsa a Wollongong

La perplessità è diffusa. L’UCI propugna la mondializzazione dello sport, per portare il gruppo laddove migliaia di persone avranno il privilegio e la possibilità di applaudire beniamini che altrimenti vedrebbero soltanto in televisione. Peccato che per lo stesso motivo nel 2016 andammo tutti a Doha, in un deserto torrido e inospitale, in cui neppure i cammelli si degnarono di salutare il passaggio del gruppo. Sarà proprio l’interesse dei tifosi a muovere le scelte della federazione internazionale?

Pericolo gazze

La natura australiana in proporzione si sta mostrando molto più calorosa rispetto a quella del deserto. E se in Italia è rimbalzata l’eco dell’aggressione subita da Evenepoel da parte di un uccello inferocito, il tema quaggiù è di attualità più stretta. Si parla del pericolo gazze, uccelli neri e bianchi che a queste latitudini sono assai popolari, che a settembre covano le loro uova e le difendono da qualsiasi cosa si muova nei dintorni del nido.

«Le gazze possono essere piuttosto territoriali – ha dichiarato Paul Partland dell’Illawarra Animal Hospital sulla stampa locale – e molte attività si svolgeranno nelle loro zone. Gli uccelli in picchiata tendono a prendere di mira le persone che sono sole e anche quelle che si muovono in modi molto veloci».

Così a Wollongong i cartelli avvisano passanti e ciclisti del rischio di uccelli in picchiata
Così a Wollongong i cartelli avvisano passanti e ciclisti del rischio di uccelli in picchiata

Ecco così che il racconto di Evenepoel assume un altro significato, unito a tutti gli altri avvistamenti segnalati da altri atleti. 

«Un uccello abbastanza grande – ha raccontato Remco – si è avvicinato molto e ha continuato a seguirmi. E’ stato terrificante. Ma questa è l’Australia, a quanto pare. Spero che sia l’unica volta che succede, perché ho avuto paura».

La conferma che non si sia trattato di un caso isolato è arrivata da Stefan Kung, secondo cui un compagno svizzero fosse già stato attaccato in precedenza da una gazza. L’Australia, annotano i giornali di qui, ha un sito web per la segnalazione di attacchi di gazze, con 1.492 episodi quest’anno e fra questi 192 feriti, spesso lievi.

Ganna concentrato

Ma adesso è tempo di parlare di corridori e corse. Ganna ha sulle spalle il peso del pronostico, un fattore che non gli è mai pesato. Pippo (in apertura con Sheffield sul percorso) si è preparato con Sobrero in altura a Macugnaga, ma ha curato altri aspetti della preparazione, visto che la crono di domani potrebbe essere meno filante e più esposta al rischio di rilanci.

Vittoria Guazzini è la nostra punta di diamante per la crono donne: è anche U23
Vittoria Guazzini è la nostra punta di diamante per la crono donne: è anche U23

Nella conferenza stampa su zoom della vigilia, il piemontese ha scacciato i fantasmi della tensione, dicendo di volersi concentrare unicamente su se stesso: la gara è un fatto di tempo. Se fai il più basso hai vinto. Pensare ai rivali non serve.

Di sicuro un risultato positivo sarebbe il miglior viatico verso il record dell’Ora finalmente annunciato, in cui il campione del mondo di crono e inseguimento si troverà a dover battere la distanza di un ingegnere apparentemente venuto dal nulla. Sfidarlo con la leggerezza di un mondiale vinto sarebbe senza dubbio meno pesante. La posta in palio non è affatto banale.

Evenepoel d’attacco

D’altro canto il suo sfidante principale Evenepoel non sfugge alle proprie possibilità. E dopo aver spiegato che non fosse il caso di tornare in Belgio dopo la Vuelta, vista la… minaccia di festeggiamenti, racconta di aver scoperto il percorso anche il giorno prima rispetto alle prove ufficiali che si sono svolte proprio oggi.

Evenepoel oggi per la seconda volta sul percorso, dopo il primo… asssaggio di ieri
Evenepoel oggi per la seconda volta sul percorso, dopo il primo… asssaggio di ieri

«Lo avevo già esplorato di nascosto – ha raccontato – in ogni caso è più difficile dell’anno scorso a Bruges. Il dislivello di quasi 400 metri si fa principalmente nei primi 8-10 chilometri di gara. La salita puoi confrontarla con mezzo Berendries (noto muro del Fiandre, ndr). E’ abbastanza difficile e posso contare sul mio peso. Ci saranno anche molte curve, quindi è un percorso piuttosto tecnico. Solo negli ultimi 6 chilometri lungo la costa potrò usare di nuovo la mia aerodinamica».