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La doppia uscita sarà la regola: il Belli pensiero

30.11.2022
5 min
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Due sedute di allenamento, entrambe in bicicletta. Per Wladimir Belli, preparatore atletico ormai di lungo corso, il futuro del ciclismo sarà questo. Alla doppia seduta si è arrivati da qualche anno, ma la differenza è che oggi si va al mattino in bicicletta e al pomeriggio in palestra per pesi o esercizi di corpo libero: a breve ci sarà la bici anche al pomeriggio. Ma anche il ciclismo, come il resto del mondo e degli altri sport, va verso la ricerca di una prestazione sempre più di alto livello. Che sconfina a volte nel fanatismo, nell’esagerazione, nella perdita di un romanticismo che da sempre contraddistingue questo sport e i corridori che lo animano

Belli è da qualche anno un preparatore e uno degli opinionisti più autorevoli di Eurosport
Belli è da qualche anno un preparatore e uno degli opinionisti più autorevoli di Eurosport

«Oggi – spiega Belli – già dopo il Lombardia alcune squadre radunano i propri corridori in ritiro. Si stacca sempre meno, difficilmente si va oltre i venti giorni di vacanza tra la fine della stagione e l’inizio della preparazione invernale».

Una modalità che rischia di logorare fisico e testa e che si aggiunge ad altri accorgimenti tutti diretti verso la stessa direzione: professionisti concentrati sul lavoro 12 mesi l’anno

«Anche con l’alimentazione è così – aggiunge colui che oggi è anche un’apprezzata voce di Eurosport – i corridori non ingrassano più fino a 6 chili come succedeva un tempo. Rimangono sempre vicini al peso forma, ma questo richiede sforzi e sacrifici».

Matteo Trentin
Trentin ha spesso praticato sci di fondo alla ripresa dell’attività: vivendo a Monaco, la tentazione bici è però molto forte
Matteo Trentin
Trentin ha spesso praticato sci di fondo alla ripresa dell’attività: vivendo a Monaco, la tentazione bici è però molto forte

Sport alternativi

Altro aspetto che stride con quanto si era soliti fare fino a qualche anno fa: gli sport alternativi.

«Nella pausa invernale – ricorda Belli – frequentemente ci si dedicava ad altre attività come la corsa in montagna, le camminate in quota, oppure il classico sci di fondo o il nuoto. Questo oggi non è più consentito. Quando si riprende dopo la pausa, si monta subito in sella per macinare chilometri. L’unico sport alternativo accettato è la mountain bike, ma sempre di bicicletta si tratta».

Eccezione cross

Così per quasi tutti. Fortunatamente, almeno per chi ricerca nel ciclismo ancora tracce del suo dna, c’è chi varia sul tema. E non sono nomi da poco, anzi.

«Van Aert e Van der Poel – spiega l’ex corridore bergamasco – corrono ancora a piedi durante la preparazione invernale. Questo però perché sono anche ciclocrossisti praticanti, cosa che gli consente di non perdere la brillantezza che, al contrario, gli altri sport possono togliere, imballando un po’ la gamba».

Van Aert corsa 2022
Van Aert corre a piedi a Livigno: una fase di preparazione che non manca mai dal suo programma
Van Aert corsa 2022
Van Aert corre a piedi a Livigno: una fase di preparazione che non manca mai dal suo programma

Lo stress logora

Mode che passano e che si mescolano ad evidenze scientifiche. Ma Belli è d’accordo o meno con la nuova tendenza?

«Non sono molto d’accordo – risponde sicuro – perché questo stress psicofisico rischia di accorciare le carriere dei corridori ed esasperare il mondo del ciclismo. Credo che staccare di più e dedicarsi a qualcosa di altro sia necessario per tutti».

Qualità e quantità

Di certo c’è che non è più utile ricorrere ad allenamenti eccessivamente lunghi. Le corse stanno diventando sempre più brevi – ad eccezione delle classiche Monumento – per cui la qualità prevale sulla quantità.

Ad incrementare la specificità e la qualità degli allenamenti, sono arrivate anche le nuove scuole. Quelle nordiche ad esempio (Danimarca e Norvegia su tutte) per cui, grazie alla facilità con cui si può viaggiare oggi, si riesce ad allenarsi anche d’inverno in luoghi più idonei alla bicicletta, esportando il modello. Senza dimenticare la scuola britannica, esplosa da Wiggins in poi. E l’Italia?

Le gare si accorciano e scendono i volumi di allenamento. La tappa pirenaica di Peyragudes, misurava 129,7 chilometri
Le gare si accorciano e scendono i volumi. La tappa pirenaica di Peyragudes, misurava 129,7 chilometri

«Abbiamo da sempre un’ottima scuola come preparatori atletici – sottolinea Belli – ma pecchiamo nelle categorie giovanili. Il discorso è complesso e ampio, tutto parte dalla necessità di rivedere il concetto di sport nelle scuole. Ora è trascurato, mentre negli altri Paesi hanno capito che educare i giovani allo sport incide sulla salute pubblica a lungo termine.

«Il ciclismo dovrebbe anche tornare un po’ indietro, quando ogni paese di provincia aveva la propria squadretta e portava i corridori a gareggiare senza badare a troppe strategie. Oggi invece il successo a tutti i costi è inculcato dalle famiglie e dalle stesse squadre».

Poter leggere su Strava i dati di un professionista in allenamento potrebbe far saltare i riferimenti per gli atleti giovani
Poter leggere su Strava i dati di un professionista in allenamento potrebbe far saltare i riferimenti per gli atleti giovani

Rischio social

In ultimo, la questione della condivisione dei dati di allenamento che porta i giovani a voler emulare i professionisti dal momento che possono vedere come si allenano.

«Succede sempre più spesso – chiude Belli – ma può essere un problema. Oggi tutti sanno tutto, mentre un tempo si guardava ai professionisti più esperti cercando di carpire segreti e imparare il mestiere. Rientra nel discorso delle performance a tutti i costi, che poi rischia di presentare il conto: se da giovane vinci tutto, poi da professionista incontri difficoltà e rischi di saltare subito».

Un po’ corridore, un po’ preparatore: è il Belli commentatore

03.07.2022
4 min
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Che un commentatore tecnico sia anche un ex corridore non è una novità. Ma che sia anche un preparatore sì. A questo profilo risponde Wladimir Belli, grande professionista a cavallo tra gli anni ’90 e il 2000.

Belli è sempre molto tecnico nei suoi commenti: snocciola numeri e nozioni di chi certe cose le vive da dentro. Per un periodo, era il 2017, è stato anche nello staff della Gazprom-RusVelo. Adesso lo ascoltiamo nelle dirette di Eurosport.

Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni. A fine carriera ha sempre fatto il preparatore
Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni. A fine carriera ha sempre fatto il preparatore
Wladimir, quando e come è iniziata la tua carriera di commentatore?

E’ iniziata sette anni fa quasi per caso. 

Cioè?

Io ho corso fino al 2007. Poi per due anni sono stato relativamente “alla finestra”, diciamo così, per quel che riguarda il mondo del ciclismo. In quei due anni ho aperto una ditta edile con un mio amico. Poi lui ha continuato mentre io sono uscito dalla società. E ho deciso di tornare nel ciclismo. Che poi in qualche modo ci ero rimasto sempre come preparatore, biomeccanico…

Come ti hanno contattato?

Diciamo che mi hanno ascoltato presso un’emittente della concorrenza. Eurosport stava ampliando il suo pacchetto inerente al ciclismo. Gli sono piaciuto per come parlavo e mi hanno contattato.

Cosa ti affascina di questo mestiere?

Di stare nel ciclismo. Mi piace l’idea di commentare e dare al pubblico le mie esperienze e i miei aneddoti da corridore. Riesco a leggere la corsa e ad anticipare ciò che succede. In questo modo riesco a condividere le emozioni col pubblico. Alcune cose che prima vivevo da corridore, adesso le vivo da commentatore.

Wladimir Belli, Giro d'Italia 2003, Zoncolan
Sin da quando era corridore, Belli è sempre stato molto attento ai numeri
Wladimir Belli, Giro d'Italia 2003, Zoncolan
Sin da quando era corridore, Belli è sempre stato molto attento ai numeri
C’è passione in ciò che dici. E come si mescolano quindi il “tifoso”, l’ex corridore e il preparatore?

In effetti certe emozioni rimangono. E’ un bel mix. In alcune corse entro proprio nella parte, a volte anche troppo! Mi immedesimo nel corridore, in ciò che sta facendo, in quell’azione o in quell’impresa.

Hai quasi il mal di gambe anche tu!

Magari non mi batte il cuore a 200 pulsazioni, ma ho la pelle d’oca. Per esempio mi ha colpito molto quando ha vinto Girmay alla Gand.

Tante emozioni, Wladimir, però sei molto tecnico: quanto incide la componente del preparatore?

Io faccio dei test, curo la biomeccanica e la preparazione: pertanto ho dei riferimenti, dei numeri rispetto ai ragazzi che seguo e già questo mi aiuta. In più sono sempre stato appassionato di numeri e ritmi. Ai miei tempi quando correvo e mi allenavo prendevo i tempi sulle salite. Controllavo la cadenza, incrociavo il tutto con le sensazioni, anche in base a quanto avevo spinto, e cercavo di capire come stavo.

E tutto ciò trova riscontro anche nelle tue telecronache?

Non vorrei sembrare arrogante, ma sì. Molto spesso ci azzecco. Vedendo come affrontano magari una salita o determinati tratti, capisco come stanno, capisco se la fuga può andare oppure no. Per esempio la fuga di Ciccone al Giro era chiaro che sarebbe andata in porto.

Cosa guardi?

Cadenza, rapporto, incrocio i dati.

Per Belli l’impresa più bella che ha seguito da commentatore è stata quella di Froome (qui sul Finestre) al Giro 2018
Per Belli l’impresa più bella che ha seguito da commentatore è stata quella di Froome (qui sul Finestre) al Giro 2018
C’è qualche impresa che hai commentato e ti ha colpito particolarmente?

Beh, devo dire che Girmay alla Gand è stato un gran bel momento, come ho detto. Mi è piaciuto molto il Fiandre di Bettiol, ma più di tutti credo mi sia rimasta dentro l’impresa di Chris Froome al Giro del 2018. E io non ero un ammiratore di Froome. Per me che sono vecchia scuola, lui era troppo robotico. Ma quel giorno ha compiuto un’impresa che mi ha fatto ricredere sul suo conto. Non credevo potesse farcela, sul piatto mise tanto.

Ecco, per esempio, quel giorno cosa guardavi, come ti regolavi per i tuoi commenti?

Cercavo di capire come andava Froome e come andavano gli altri, tanto più dopo che il gruppo era esploso. Cercavo di intuire la sua prestazione, se poteva tenere quel passo fino in fondo. Mi rendevo conto che stava facendo numeri importanti.

E come?

Calcolavo i tempi e in base al suo peso, i wattaggi e la Vam (velocità ascensionale media, ndr). Chiaramente non era facile non conoscendo il suo peso esatto. Però avevo una buona stima di ciò che stava facendo. Restava il dubbio se potesse tenere sino in fondo. Ma più passavano i chilometri e più la sua azione assumeva una dimensione storica. Ci ha messo tanta testa, tanto cuore e tante gambe. Che poi è un po’ il mio motto.

Veloplus, la nuova casa del ciclista

28.06.2022
4 min
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Nei giorni scorsi abbiamo avuto il privilegio di essere fra i primi a visitare il nuovo showroom di Veloplus, azienda specializzata nella produzione di abbigliamento personalizzato per il ciclismo. A farci da guida è stato Matteo Spreafico, che con il papà Maurizio e le sorelle Alice ed Erika porta avanti con passione e competenza l’azienda di famiglia.

Matteo ricopre diversi ruoli in Veloplus tanto da definirsi un vero e proprio “tuttofare”. Si occupa infatti di ricerca e sviluppo, testa personalmente ogni nuovo prodotto e si dedica alla definizione delle strategie di marketing finalizzate a far crescere il marchio. E’ lui a raccontarci la genesi di questo nuovo progetto che per Veloplus vuole essere una “vetrina elegante” dove poter esporre il meglio della propria produzione.

La serata di presentazione è continuata poi all’interno del nuovo showroom
La serata di presentazione è continuata poi all’interno del nuovo showroom
Cosa vi ha portato a decidere di aprire uno showroom?

Ad essere sinceri, all’inizio non avevamo in previsione di fare uno showroom. E’ stata una decisione presa nel momento stesso in cui ci siamo trasferiti nella sede dove ci troviamo oggi. Siamo qui dall’inizio di quest’anno. Avevamo bisogno di più spazio dal momento che il lavoro continuava a crescere. La sede che abbiamo scelto aveva già un edifico accanto alla struttura principale, oggi occupata da produzione e uffici, che si prestava perfettamente ad essere uno showroom. E’ nata così l’idea di creare un ambiente elegante ed accogliente dove mostrare i nostri prodotti ed incontrare i nostri clienti.

Se non ci sbagliamo, nuova sede e showroom arrivano in un momento molto particolare nella storia di Veloplus?

E’ corretto. Quest’anno Veloplus festeggia i suoi primi 15 anni. Il marchio nasce infatti nel 2007. Nell’ultimo anno ci sono state poi tantissime novità a testimonianza della forte crescita che abbiamo avuto. Per prima cosa abbiamo rinnovato il nostro sito internet, sia da un punto di vista grafico che dei contenuti. Successivamente abbiamo lanciato il nostro e-commerce a supporto della nuova collezione firmata Veloplus che è andata ad affiancarsi al personalizzato e per la quale abbiamo creato un logo ad hoc. Le novità sono state davvero tante e tutte concentrate in un breve periodo.

L’idea del nuovo showroom è di avere un posto elegante ed accogliente dove mostrare le nuove collezioni
L’idea del nuovo showroom è di avere un posto elegante ed accogliente dove mostrare le nuove collezioni
Se dovessimo definire il nuovo showrom che parole potremmo usare?

Mi piace pensarlo come “la casa del ciclista”. La mia idea, la stessa di mio papà e delle mie sorelle, è che diventi un luogo dove ciascuno possa trovare il prodotto perfetto per il proprio modo di interpretare il ciclismo. Chi entra nel nostro showroom può trovare il meglio della nostra produzione, ma anche capi che potremmo definire entry level, adatti a chi si avvicina al mondo del ciclismo ma vuole comunque indossare un prodotto di qualità spendendo il giusto.
Tutto è ordinato. Da una parte si trova l’abbigliamento da uomo, dall’altra quello riservato alle donne. Uno spazio particolare è stato inoltre dedicato ai ciclisti più piccoli. La nostra è davvero un’offerta completa. Da poco abbiamo anche inserito una collezione particolare realizzata con l’artista Bob Marongiu con capi ricchi di colori e di allegria.

Che ruolo avrà lo showroom nel vostro rapporto con i team ciclistici?

Veloplus nasce come azienda in grado di soddisfare al meglio le richieste delle società ciclistiche. Ora possono venire qui da noi e toccare con mano i tessuti con i quali realizzare poi la loro divisa. Anche per questo motivo all’interno dello showroom abbiamo previsto una sala riunioni dove accogliere i team e scegliere insieme a loro tessuti e tagli della divisa che andranno poi ad indossare. Lavorando con i team professionistici (quest’anno Veloplus veste il Team Corratec, ndr) possiamo inoltre dare a tutte le società, soprattutto a quelle più esigenti, la possibilità di indossare la stessa divisa di un professionista.

Presentazione del nuovo showroom di Veloplus: al centro Matteo Spreafico alla sua destra: Davide Ballerini e Riccardo Magrini, chiude la fila Luca Gregorio
Presentazione del nuovo showroom di Veloplus: al centro Matteo Spreafico alla sua destra: Davide Ballerini e Riccardo Magrini, chiude la fila Luca Gregorio

L’inaugurazione ufficiale dello showroom è avvenuta lo scorso 18 giugno alla presenza di oltre 300 persone tra le quali alcuni amici di Veloplus come gli ex professionisti Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Stefano Allocchio e i giornalisti Sandro Sabatini e Massimo Nebuloni. Con loro c’era Davide Ballerini attualmente in forza alla Quick Step – Alpha Vinyl, ex compagno di squadra di Matteo Spreafico. La serata è stata brillantemente condotta da Luca Gregorio, una delle voci del ciclismo per Eurosport. Nel salutarci Matteo Spreafico ci ha accennato ad alcuni progetti futuri ancora top secret ma che ci hanno confermato come Veloplus voglia continuare a crescere.

Veloplus

Amarcord e Wladimir Belli: con MagneticDays su MDVIDEO.TV

31.05.2022
3 min
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Si chiama Amarcord la nuova serie video, disponibile sulla innovativa piattaforma MDVIDEO.TV, ideata da MagneticDays e realizzata contando sulla preziosa collaborazione di Wladimir Belli: corridore ex professionista ed oggi riconosciuta voce di Eurosport.

Il format prevede un incontro-intervista che Belli stesso conduce ed approfondisce in compagnia di un ex atleta, o magari in futuro anche con corridori in attività, spaziando su argomenti che vanno dalla storia del ciclismo, alla preparazione, passando per il racconto di aneddoti particolari e di fatti di stretta cronaca e attualità legati alle corse in svolgimento. Soprattutto in questa parte della stagione, tra Giro d’Italia ed il prossimo Tour de France. Le puntate ad oggi andate in onda hanno coinvolto Maurizio Fondriest, Damiano Cunego e Giovanni Visconti: quest’ultimo, come ben sappiamo, fino a qualche mese fa ancora in attività nelle fila del team Bardiani CSF Faizanè.

MDVideo è la piattaforma creata da MagneticDays che ha già visto coinvolti moliti campioni nella serie “Amarcord”
MDVideo è la piattaforma creata da MagneticDays che ha già visto coinvolti moliti campioni nella serie “Amarcord”

Allenamento in tutte le stagioni

MagneticDays significa un approccio scientifico unico che ha rivoluzionato il concetto di indoor training. 

«Chi pensa che allenarsi al coperto sia utile sono nel periodo invernale – affermano in MagneticDays – perde tutto il piacere di conoscere e sfruttare il nostro trainer Jarvis». E allora eccoli ben quattro motivi per poter scegliere MagneticDays anche d’estate…

L’allenamento smart di MagneticDays consente di ottenere risultati diversi da quello su strada, grazie ad una metodologia dall’approccio scientifico che fa allenare con i propri, veri valori di soglia. Inoltre, l’allenamento con MagneticDays è divertente, non ci si annoia mai, e si ha un’infinità di opzioni per pedalare su percorsi virtuali o reali, come ad esempio “Tutte le salite del mondo”, oppure la cronometro individuale del Tour de France 2021… solo per fare due semplici esempi. Gli allenamenti possono essere autogestiti o HTT (scritti da un coach MD sempre disponibile… anche in vacanza, perché tutto è gestito in remoto).

Da ultimo, ma certo non in ordine di importanza, quando il clima è troppo caldo è possibile riscoprire il piacere di pedalare in casa senza stress termico, sudando solo per la fatica che il Jarvis saprà farti fare!

Wladimir Belli, Marco Pantani, Giro d'Italia 2001
Wladimir Belli e Marco Pantani, al Giro d’Italia 2001
Wladimir Belli, Marco Pantani, Giro d'Italia 2001
Wladimir Belli e Marco Pantani, al Giro d’Italia 2001

100% made in Tuscany

I valori alla base della filosofia aziendale MagneticDays incarnano i concetti di innovazione, di cura dei dettagli, di design, precisione, accuratezza e affidabilità. Tutti veri e propri “plus” che contraddistinguono l’interno processo di lavorazione dei prodotti MagneticDays.

I materiali, sempre e solo di prima qualità, rappresentano gli ingredienti principali per realizzare un prodotto unico nel suo genere: il Jarvis, molto più di un semplice rullo… bensì un modo innovativo di concepire l’allenamento indoor basato su un approccio scientifico dove teoria e pratica si fondono assieme per regalare all’utente un’esperienza di training davvero unica. A tutto questo occorre aggiungere un processo di lavorazione interno monitorato costantemente da un attento reparto di controllo qualità

Gli smart trainer di MagneticDays sono utilizzabili tutto l’anno e offrono un metodo alternativo di allenamento
Gli smart trainer di MagneticDays sono utilizzabili tutto l’anno e offrono un metodo alternativo di allenamento

MagneticDays produce 100% in Toscana. La quasi totalità dei componenti proviene da aziende collocate entro i confini del territorio regionale, e il 98% del processo produttivo avviene proprio all’interno delle officine di Foiano della Chiana (Arezzo).

MagneticDays

MDVideo

Wladimir Belli, Marco Pantani, Giro d'Italia 2001

I due giorni che cambiarono la carriera di Belli

06.01.2021
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Quando Wladimir Belli vinse il Giro d’Italia dei dilettanti nel 1990, eravamo tutti un po’ più giovani. Ma lui, che aveva ancora 19 anni, aveva davvero la faccia di un bambino. Fu l’ultimo Giro di quel tipo, con i giovani sullo stesso finale dei pro’, nell’edizione di Bugno in rosa dall’inizio e folle clamorose sulle strade. Nacque lì la sua rivalità, poi diventata amicizia, con Marco Pantani: nella foto di apertura i due sono insieme al Giro d’Italia del 2001.

«Immaginate cosa fosse per noi ragazzi – ricorda sorridendo Belli – fare Pordoi e Aprica con tutta quella gente? Se devo dire, si tratta ancora del mio ricordo più bello, perché mi proiettò verso il professionismo».

Wladimir Belli, Giro d'Italia 2003, Zoncolan
Wladimir Belli, al Giro d’Italia del 2003, per la prima volta sullo Zoncolan
Wladimir Belli, Giro d'Italia 2003, Zoncolan
Belli, al Giro d’Italia 2003, sullo Zoncolan

Belli è stato professionista dal 1992 al 2006 con 11 vittorie fra le quali spicca il Giro del Trentino del 1996. Le attese su di lui erano altissime, perché oltre ad aver vinto il Giro, fra i dilettanti aveva vinto anche il Val d’Aosta. Ma in quel ciclismo dalle tante variabili e le strane variazioni, il bergamasco fece sino in fondo la sua strada. Oggi Belùn è uno degli opinionisti di riferimento di Eurosport e nel tempo libero fa anche il preparatore.

«Eurosport – dice – è quello che mi dà la continuità. Sul fronte degli atleti, ieri ero a Brescia a fare il test a quattro juniores, per consentire al loro direttore sportivo di impostare la preparazione. Altri invece li seguo da me alla vecchia maniera. Non mi piace mandare le tabelle via mail, molto meglio vedersi. E poi aiuto anche qualche professionista».

Quanto è impegnativo il lavoro con Eurosport?

All’inizio faticai per capire come funzionasse, fra la regia italiana e quella internazionale e tutto il meccanismo. Adesso ci sono da sei anni e siamo tutti soddisfatti. Dobbiamo arrivare in studio 45 minuti prima, ma io di solito faccio due ore, così ho il tempo per le mie cose. La prima volta, sarà che ero in ansia, arrivai talmente presto che mi misi sopra una coperta e dormii lì davanti, con la macchina accesa. Con il Covid purtroppo le cose si sono complicate.

Wladimir Belli, Alberto Loddo, Josè Serpa, Santo Anzà, 2007
Nel 2006 con la Serramenti Diquigiovanni, assieme a Loddo, Serpa e Anzà
Wladimir Belli, Alberto Loddo, Josè Serpa, Santo Anzà, 2007
Nel 2006, con Loddo, Serpa e Anzà
Che cosa è successo?

Tra il Fiandre e la Vuelta ci sono stati dei positivi in studio e siamo finiti a fare il commento da casa, davanti al computer. Già non è semplice senza essere sul posto. Devi documentarti, attingere all’esperienza da corridore, telefonare agli amici. Ma da casa il problema è anche inserirti per fare un commento. Normalmente segnali al commentatore che hai da dire qualcosa, da casa ero costretto a parlargli sopra e non era il massimo.

Non seguite mai le corse?

Ad ora gli unici sono stati Gregorio e Magrini, che hanno fatto una Sanremo e forse anche il Lombardia.

Il professionismo ha mai provato ad offrirti qualcosa?

Ho fatto per un po’ il preparatore e anche un po’ di ammiraglia alla Gazprom. Però col passare del tempo diventava incompatibile con Eurosport e ho lasciato. Di recente il team manager, Renat Kamidhuline, mi ha ricontattato, ma davvero non voglio lasciare quel microfono.

Quanti amici ti sono rimasti nel gruppo?

Amici è un parolone. Quando ho smesso e sono un po’ sparito, sono riuscito a distinguere quelli veri dagli altri. Non credo di fare torto a nessuno se cito Guerini, Milesi, Bramati, Cortinovis, Dolci. Alcuni sono ancora nel ciclismo, altri si sono fatti la loro vita. Poi, il tempo di arrivare a Eurosport e ne sono tornati anche altri.

La sensazione è che a un certo punto nella tua carriera ci sia stato un freno.

Ci sono stai due momenti. Il primo fu il giorno in cui morì Diego Pellegrini al Val d’Aosta. Io non c’ero, ma mi segnò. Il secondo fu il giorno in cui morì Fabio Casartelli al Tour e quella volta invece c’ero. Lo avevo salutato prima dello scollinamento. Avevamo corso insieme nelle squadre di Locatelli ed eravamo partiti insieme dall’Italia, non ricordo se da Linate o Malpensa. Lui arrivò in ritardo con la valigia e un pupazzo che gli aveva lasciato sua moglie, perché si ricordasse del figlio nato tre mesi prima. Nella discesa vidi un corridore della Motorola per terra e ricordo di aver pensato che fosse messo male. Solo che pensai fosse Armstrong. Per cui finita la discesa, la corsa si calmò e vidi Lance. Gli chiesi se fosse caduto e lui mi disse che era Fabio.

Wladmir Belli, Gazprom, 2018
Nel 2018 ha collaborato con la Gazprom, come preparatore e direttore sportivo
Wladmir Belli, Gazprom, 2018
Nel 2018 ha collaborato con la Gazprom
Capisti subito?

Andai all’ammiraglia da Pietro Algeri e gli chiesi se si sapesse qualcosa. Non disse una parola, ma la sua faccia non me la scordo più. Mi ritirai subito, non finii la tappa. Ero un sacco vuoto. Va bene la gioventù, pensai, ma iniziai a fare dei ragionamenti un po’ più profondi, che mi fecero crescere come uomo.

Potevi vincere un Giro.

Quello del 2001, quantomeno potevo salire sul podio e sarebbe stato il coronamento della mia carriera. Ero terzo in classifica, quando sulla salita di Santa Barbara diedi il famoso cazzotto al nipote di Simoni, che mi correva accanto insultandomi. L’elicottero aveva fatto la ripresa, adottarono il pugno duro e mi squalificarono. Negli anni abbiamo visto tanti episodi, compreso Lopez che due anni fa ne diede tre al tifoso ubriaco. Pensai che avesse fatto bene, ma a me la stessa cosa costò il miglior risultato della carriera. Stavo bene, avrei potuto vincerlo.

Vai più in bici?

No, da parecchio. Però cammino in montagna, sulla Roncola e quelle intorno casa. Corre mio figlio, invece…

Marco, in onore di… Marco?

Proprio lui, ha 14 anni. L’altro giorno abbiamo letto insieme l’ultimo capitolo di “Era mio figlio”, ma non ce l’ho fatta a finirlo. Marco corre in mountain bike e quando vado a vederlo, mi nascondo. Soffre un po’ la pressione, anche perché a casa lo spingono tanto. E poi c’è mia figlia Vittoria che fa atletica, ma le gare sono ancora ferme.

Durante una telecronaca un ragazzo diversamente abile ti ha ringraziato per il tuo volontariato.

E io in risposta ho ringraziato lui, perché mi offrono la possibilità di aiutarli e di crescere. La mia compagna è psicologa e vado spesso in un centro con persone diversamente abili. E’ una dimensione lontana da quella dello sport professionistico. Lo dico sempre che in bicicletta ho imparato una parte della vita, ma questi incontri mi hanno insegnato quale sia la vita vera e fatto capire quanto nonostante tutto io sia stato fortunato.