«Ai meno dieci, Wout mi ha chiesto se volessi vincere»

29.03.2023
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«A dieci chilometri dall’arrivo – ha raccontato Laporte nella conferenza stampa di Wevelgem – Wout mi ha chiesto se volessi vincere. Credo che conoscesse la risposta. Quello che avevamo fatto nel 2022 al GP E3 (identico arrivo, ma primo Van Aert, ndr) era stato magnifico. Ne parlavamo qualche giorno prima, dicendo che difficilmente sarebbe successo ancora. Invece alla Gand lo abbiamo fatto nuovamente».

L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli
L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli

Da cacciatori a prede

Il dominio del Team Jumbo-Visma, culminato con l’assolo di Christophe Laporte e Wout Van Aert alla Gand-Wevelgem, ha irretito il gruppo e il pubblico. Le reazioni sono state di vario colore. Dal trionfalismo dei tifosi, alla constatazione degli osservatori che in mancanza di rivali come Van der Poel o Pogacar, Van Aert e soci non hanno avversari. Il divario effettivamente è innegabile e nelle parole dei manager dello squadrone olandese traspare la voglia di fare anche di più.

«Abbiamo ancora bisogno di un grande budget – ha spiegato il team manager Merijn Zeeman a L’Equipe – perché i buoni corridori diventano sempre più costosi. Da questo punto di vista, dovremmo essere strutturalmente tra i primi cinque team del World Tour. Ma non ci siamo ancora…»

«Siamo partiti per diventare come la Ineos durante il periodo estivo – gli ha fatto eco il grande capo Richard Plugge – e la Quick-Step in primavera. Ci stiamo ancora lavorando, siamo passati dal periodo dell’apprendistato al copiare, ma ora dobbiamo arrivare alla fase successiva. Questa è la nostra sfida e dobbiamo fare ancora meglio e trovare il modo di riuscirci. Ma al momento ci troviamo in una posizione che non conosciamo davvero. Non siamo più i cacciatori, ora siamo le prede».

A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews
A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews

Spirito di gruppo

Quello che traspare sono la continua ricerca e la cura dei dettagli: tratti comuni a tutti gli squadroni che nel corso degli anni, anche grazie a budget più importanti di altri, sono riusciti a dominare la scena. I soldi però non bastano: se così fosse, altri team riuscirebbero a vincere con più corridori anziché sempre con il solito.

«Ho appena compiuto 30 anni – dice Laporte, spiegando i suo momento – è ora che devo fare il mio palmares. Questo gruppo è fantastico perché fra noi c’è il piacere di veder vincere i compagni. Io sono super felice di vedere Van Aert vincere grandi gare, come lo sono stato per Van Baarle all’Het Nieuwsblad e Benoot a Kuurne. E sono sempre stato felice per loro perché sapevo che prima o poi sarebbe toccato anche a me».

Nato in Cofidis

Siccome non è scritto da nessuna parte che i vincitori abbiano sempre ragione, la scelta di Van Aert di lasciar vincere il compagno, gli è valsa qualche illustre… forchettata, come ad esempio quella di Merckx. Il Cannibale ha infatti precisato che lui non lo avrebbe mai fatto. Per contro, si è levato alto anche il coro di chi invece ha applaudito. Di certo questa voglia di condividere gioia e vittorie deve essere ben radicata nell’animo dei corridori, se è vero che Laporte non è stato in grado di seguire Van Aert sul Kemmelberg, ma è stato atteso.

E così il francese, che nelle dichiarazioni di inizio anno è stato descritto come un leader, negli ultimi mesi ha visto arrivare nella sua bacheca una tappa al Tour, il secondo posto al mondiale e ora la vittoria in una grande classica fiamminga.

«Risultati che mi sono costati sacrifici soprattutto sul piano familiare – ha spiegato con riferimento alla compagna Marion e i due figli – ma che hanno premiato il lavoro che faccio tutti i giorni. Il mio ciclismo è cambiato molto da quando gareggiavo in mountain bike e andavo in bici senza pensare al resto. Sono felicissimo di essere arrivato in questa squadra, ma ho potuto farlo grazie ai miei anni nella Cofidis, che sono stati molto buoni. Non ho rimpianti. E’ stato lì che ho imparato a diventare un professionista e grazie a questa esperienza, ho potuto rivendicare il mio status in Jumbo-Visma».

Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra: qui l’abbraccio con Wout Van Aert
Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra

Impatto psicologico

E qui il salto di qualità è stato palese. Si potrebbe obiettare che la vittoria ottenuta a questo modo non sia delle più esaltanti: l’arrivo solitario o uno sprint le avrebbero tolto il senso del regalo, anche se nelle parole del vincitore e nella pubblica opinione è stato proprio il regalo a renderla più importante.

«Sono molto contento – ha spiegato Laporte – di essere arrivato in questa squadra. Qui ho scoperto i ritiri di tre settimane in altura, le nuove bici che vanno veloci. I piani nutrizionali precisi alla caloria. La mia mente ha retto bene il passaggio in una delle squadre più forti del mondo. Ho sofferto la lontananza dalla famiglia. Mio figlio è nato il giorno di Natale e non è stato facile stargli lontano durante il ritiro di febbraio sul Teide. Ho superato tutto perché in cuor mio so che sto vivendo uno dei miei sogni di bambino».