Grandi Giri: è ancora possibile puntare alla doppietta?

08.09.2022
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La Vuelta, in questi giorni giocherà le battute finali, nel segno della maglia rossa di Remco Evenepoel. Avevamo già analizzato come il ciclismo moderno si stesse “specializzando” arrivando a fare sempre meno giorni di corsa, ma con l’obiettivo di essere sempre performanti. Questo dato risulta ancor di più dalla corsa a tappe spagnola, alla quale hanno preso il via i primi tre della classifica finale dell’ultimo Giro d’Italia: Hindley, Carapaz e Landa. I quali non sono riusciti ad essere mai performanti per entrare nella classifica generale della Vuelta. Il più attivo è risultato Carapaz, con due successi di tappa, al netto dei 18 minuti di ritardo che paga al momento dal leader Evenepoel. 

Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro due tappe alla Vuelta, ma una classifica compromessa già alla fine della prima settimana
Carapaz Pandera
Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro, due tappe alla Vuelta, ma classifica subito compromessa

Cambio di rotta

Paolo Slongo, preparatore e diesse di grande esperienza ha vissuto tante epoche. E’ stato lui che ha guidato Nibali quando, nel 2013, il siciliano ha colto la sua prima vittoria al Giro e, pochi mesi dopo, il secondo posto alla Vuelta (foto di apertura con Nibali in maglia rossa, che passò a Horner a tre giorni dalla fine, ndr). 

«Penso che programmando bene – inizia a parlare Slongo – avendo in testa di correre Giro e Vuelta sia più fattibile fare classifica. Ci sono tempi più larghi, si riesce ad avere un maggiore stacco e di conseguenza un periodo di preparazione più ampio. Sono dell’idea che accoppiare Giro e Tour o Tour e Vuelta sia troppo difficile per il ciclismo moderno, dove devi essere sempre al 100 per cento.

«E’ troppo difficile anche mentalmente cercare di prolungare un periodo di forma per così tanto tempo, anche perché nelle poche settimane che passano tra queste corse si avrebbe solamente il tempo di mantenere la condizione. Diverso è se, per un motivo o per un altro, non riesci a performare in un Grande Giro e di conseguenza punti a quello successivo. Com’è stato il caso di Mas quest’anno al Tour, ora lo vedete forte alla Vuelta».

Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta prolungando la preparazione e ricalibrando gli obiettivi stagionali
Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta ricalibrando gli obiettivi stagionali

Una grande diversificazione

I metodi di lavoro e di preparazione sono cambiati molto, concentrando gran parte del lavoro negli allenamenti specifici, non più nelle gare. La corsa diventa il palcoscenico dove mostrare la propria forza, non un laboratorio nel quale provare e fare esperimenti. 

«Questo dipende da tante cose – continua Slongo – soprattutto da quel che vuole la squadra e dai suoi obiettivi. Una cosa però è certa: fino a pochi anni fa i leader correvano facendo degli avvicinamenti simili, disputavano le stesse corse, ora nemmeno questo. Si va troppo ad esasperare lo specifico appuntamento e li trovi corridori sempre pronti negli appuntamenti che contano. Evenepoel, per esempio, ha concentrato gran parte della sua stagione, se non tutta, sulla Vuelta. E’ ovvio che arrivi con maggiore motivazione e preparazione rispetto a chi ha già corso il Giro d’Italia o il Tour de France. Ha più fame di successo, gli altri invece sono appagati da quanto mostrato negli appuntamenti precedenti».

Tempi e mentalità diversi

Dal periodo post pandemia, quindi stagione 2020 compresa, è diventato ancora più difficile proporsi ad alti livelli in due Grandi Giri. In precedenza, nel 2017 Froome vinse il Tour e poi la Vuelta, infilando a seguire anche il Giro del 2018. L’ultimo ad andarci vicino è stato Roglic nel 2019 e nel 2020 quando fece terzo al Giro e poi vinse la Vuelta, quindi secondo al Tour e primo alla Vuelta.

«Vi faccio un esempio – racconta Slongo nuovamente – di quel che è cambiato negli anni. Vincenzo alla Tirreno-Adriatico non arrivava mai al massimo della condizione, ma era sempre competitivo. Negli ultimi anni fai fatica ad entrare nei primi dieci se non sei al massimo. In Australia, al Tour Down Under, vedi certi valori in salita che ritrovi poi al Tour de France. Se punti ad una corsa, ormai arrivi super preparato, anche se è ad inizio stagione. Prima, invece, individuavi un periodo e riuscivi a correre mantenendo una buona condizione per più tempo. Il cambiamento principale è arrivato negli ultimi 7-8 anni, quando la Sky con Froome sdoganò questo metodo di lavoro sempre più specifico. Nibali, quando ha vinto il Tour, ha dovuto trascurare tutte le gare di inizio stagione. 

I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour
I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour

La visione del preparatore

Come ultimo passo bisogna capire se questi nuovi metodi di approccio alle gare abbiano cambiato il lavoro del preparatore

«A mio modo di vedere – dice Slongo – non è cambiato il modo di lavorare. Alla fine devo seguire il metodo migliore per gli obiettivi del team a seconda delle richieste e dei progetti. Ho i miei sistemi e devo solo capire quando e come applicarli. Quel che cambia sono lo spettacolo ed il rapporto del pubblico con il ciclismo. C’è chi è felice perché ogni volta che guardi una corsa di un corridore top lo vedi sempre al massimo della condizione e delle prestazioni. Al contrario, alcuni preferirebbero vedere i corridori impegnati in più corse ed affrontarsi in uno scenario più ampio».

I giorni dello Squalo / Giro d’Italia 2013, la prima rosa

28.08.2022
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Mancano 20 chilometri all’arrivo delle Tre Cime di Lavaredo, quando radio corsa gracchia che sulla salita finale ha iniziato a nevicare. I corridori del Giro vengono scossi da un brivido, ai giornalisti in sala stampa viene detto che dovranno stringere i tempi, perché vista la quantità della precipitazione, non si garantirà a lungo l’apertura della strada per la discesa.

«Quel giorno – racconta Valerio Agnoli – resta l’emblema della cattiveria di Vincenzo in bici. Avevamo gestito ogni cosa in modo perfetto con Tiralongo e un giovane come Aru, che già allora mostrava una determinazione non comune, tanto da arrivare quinto. Mi emozionai anch’io, quando arrivai in cima, quasi 7 minuti dopo Nibali. Il capitano che vince ti ripaga della fatica. Quando l’ho visto, si capiva che fosse felice, anche se da fuori non sempre lo lascia vedere. Ma “Vince” è fatto così. Non si accontenta mai, ha la vittoria cucita addosso».

Si va verso le Tre Cime, Agnoli e Aru in testa al gruppo: sulla salita nevica già
Si va verso le Tre Cime, Agnoli e Aru in testa al gruppo: sulla salita nevica già

Spauracchio Wiggins

E’ il Giro d’Italia del 2013, partito da Napoli sembra un secolo prima. Nibali ha già vinto la Vuelta del 2010, nel 2011 è arrivato terzo al Giro, anche se per la squalifica di Contador le statistiche annotano il suo secondo posto e la vittoria di Scarponi. Nel 2012 è andato al Tour, conquistando il podio alle spalle di Wiggins e Froome. E nel 2013, passato nel frattempo all’Astana, punta deciso sul Giro. In ammiraglia c’è Giuseppe Martinelli, che maglie rosa ne ha vinte in abbondanza, con Pantani, Garzelli, Simoni e Cunego e sa come si fa.

Tra i favoriti, spicca lo spauracchio Wiggins. Il britannico, che l’anno prima oltre alla maglia gialla ha vinto le Olimpiadi della crono nella sua Londra, non fa mistero di volere la maglia rosa. Ma il Giro e le salite italiane sono un’altra cosa. Se ne è accorto al Giro del Trentino, dove innervosito proprio da un attacco di Nibali, ha scagliato la bici contro una parete rocciosa, per un problema tecnico che gli ha impedito di inseguirlo.

E’ un Giro ferito. Nel giorno che precede l’impresa delle Tre Cime, proprio la neve ha fermato la corsa, guadagnando ai corridori un riposo inatteso, durante il quale la positività di Danilo Di Luca ha rischiato di affossare il bello di una corsa fino a quel punto super avvincente. Per questo Nibali ha sulle spalle il peso del pronostico, quello della neve che cade copiosa e quello del ciclismo italiano ancora una volta messo sotto accusa.

Il diluvio di Pescara

Agnoli ricorda. Per lui, che nel 2013 ha 28 anni ed è già professionista da 9 stagioni, la maglia rosa è un’esperienza già vissuta con Basso al Giro del 2010, quello della vittoria di Nibali nella tappa di Asolo e della lunga rincorsa dopo la fuga dell’Aquila.

Caduto nella pioggia di Pescara, Wiggins capì subito che sarebbe stato un Giro… inospitale
Caduto nella pioggia di Pescara, Wiggins capì subito che sarebbe stato un Giro… inospitale

«Wiggins – dice – lo avevamo già incontrato al Trentino e quel nervosismo era stato un segnale che avevamo captato chiaramente. Con un direttore come Martinelli, la gestione della squadra ne tenne sicuramente conto. Sapevamo ad esempio che Bradley soffriva le giornate di pioggia. Per questo quando il mattino della tappa di Pescara aprimmo la finestra (era la 7ª tappa, San Salvo-Pescara di 177 chilometri, ndr), immagino che lui si sia disperato, invece Vincenzo rideva. In quelle situazioni lui si gasava e chi invece gli correva contro, aveva il terrore addosso. Pescara fu un tassello importante, perché il Giro si vince tappa dopo tappa.

«Quel giorno “Vince” bucò. Mi guardo e mi chiese: “E adesso che facciamo?”. Mi fermai e gli diedi la ruota. Il mio compito in quei Giri non era cercare soddisfazioni personali, ma stargli accanto, corrergli addosso perché stesse lontano dai pericoli. Era stato lo stesso tre anni prima con Basso. Gli diedi la ruota e lo vidi andare via…».

Nella crono di Saltara, Nibali conquista la maglia rosa
Nella crono di Saltara, Nibali conquista la maglia rosa

La crono e la rosa

Pescara fu decisiva soprattutto a livello nervoso. L’indomani, si pensava infatti che la crono di Saltara avrebbe permesso a Wiggins di ammazzare gli scalatori. Percorso impegnativo di 54,8 chilometri, non una passeggiata: ideale per il campione che sulla crono aveva costruito la vittoria al Tour dell’anno prima. Solo che invece di arrivarci con lo stesso tempo di Nibali, quel 1’24” lasciato a Pescara continuava a ticchettargli nella testa.

«La sera prima della crono – sorride Agnoli – cercavo di scherzare per sdrammatizzare un po’. Certo, se vai ad analizzare i numeri e le statistiche, eravamo spacciati. Ma “Vince” stava bene e quel giorno è partito molto più cattivo del solito. La crono la vinse Dowsett, “Wiggo” arrivò secondo. Ma Nibali gli arrivò ad appena 11” e si prese la maglia rosa. Giorno indimenticabile. Capimmo che Wiggins non sarebbe rimasto a lungo un problema, anche se il Giro era ancora lungo».

La cronoscalata di Polsa è un momento decisivo: rivali respinti decisamente
La cronoscalata di Polsa è un momento decisivo: rivali respinti decisamente

Un uomo semplice

E’ il Giro di Uran che mette fuori il naso. Di Wiggins che sull’orlo di una crisi di nervi non riparte al mattino della 13ª tappa. Di Visconti che risorge dai suoi problemi e conquista prima il Galibier davanti al monumento di Pantani in un altro giorno frenato dalla neve, poi il traguardo di Vicenza. E proprio in quel giorno sulle Alpi francesi, si ha la sensazione che la maglia rosa voglia rispettare l’amico palermitano evitando di strozzare la sua vittoria.

«La cosa bella del ciclismo – conferma Agnoli – è che siamo avversari e possiamo sembrare acerrimi nemici, ma di base siamo tutti profondamente amici. E’ normale o almeno lo era allora fare qualche favore lungo la strada, perché sono cose che ti ritrovi. Gesti che si fanno per il rispetto che riconosciamo ai colleghi, per amicizia. E Nibali queste cose le ha. Magari da fuori possono averlo visto come un uomo chiuso, mentre la sua vera forza sta nella semplicità. Per questo in tutti i Giri che ho corso con lui, ci siamo soprattutto divertiti. Ogni giorno ce n’era una. Perché sa tutto lui e sa fare tutto lui e noi ci giocavamo sopra. Abbiamo sempre riso e scherzato un mondo».

Emozioni sulla pelle

Il Giro d’Italia del 2013 si conclude a Brescia proprio all’indomani delle Tre Cime, rese ancora più eroiche dal massiccio lavoro degli alpini sul percorso e sulla cima.

«Dopo il traguardo dell’ultima tappa vinta da Cavendish – ricorda Agnoli – per arrivare alla piazza del podio c’erano 3-400 metri, che feci accanto a lui. Avevo la pelle d’oca. Lo vidi che si fermava alla transenna per abbracciare i genitori. Vedevo la maglia rosa acclamata dalla gente, che era veramente tanta. E parte di quel simbolo lo sentivo mio, anche solo un pezzetto. Non rivivrò più momenti come quello, salire sul podio con tutta la squadra fu magnifico. Era Nibali e finalmente aveva vinto il Giro d’Italia».

«Per questo quando a Messina ha annunciato il ritiro – riflette l’amico – sono rimasto di sale. Ne aveva parlato altre volte, ma di colpo è parso deciso. Se ne sta andando un campione immenso, dove cavolo lo ritrovi uno così? E non parlo del ciclismo italiano, parlo del ciclismo mondiale. Smetterà un gigante. E adesso la mia sola preoccupazione è che mi toccherà allenarmi di nuovo per andare in mountain bike con lui. Sta finendo casa davanti alla mia, sono sicuro che tornerà presto a tirarmi il collo…».

Juve, Inter e basket: Sixtus aumenta l’attività marketing

25.08.2022
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Durante lo scorso Giro d’Italia, una foto postata da Vincenzo Nibali sui propri profili social ufficiali ha portato alla ribalta uno specifico strumento dedicato alla presso terapia e alla ottimizzazione del recupero proposto da Sixtus Italia. Tecnosix PR-TH, questo il nome del prodotto, è un sistema di compressione ad aria che agisce tramite compressione pneumatica intermittente. I benefici che riesce a conferire all’atleta sono molteplici, e il risultato finale è una veloce ripresa dallo sforzo, che sia successivo ad una gara oppure ad un intenso allenamento.

Anche Vincenzo Nibali ha provato la presso terapia offerta dalla TecnoSix PR-TH di Sixtus
Anche Vincenzo Nibali ha provato la presso terapia offerta dalla TecnoSix PR-TH di Sixtus

Con le nazionali azzurre

Ma la grande notorietà al pubblico degli appassionati sportivi, Sixtus la deve alla visibilità che nel corso degli anni ha ottenuto dal mondo del calcio. Chi non ha difatti mai notato la “mitica” borsa Sixtus nel momento in cui in campo entrano i medici ed i massaggiatori di una squadra a seguito di un infortunio di gioco? E per la prossima stagione 2022/2023 Sixtus Italia aggiunge alla già sponsorizzata Inter anche la Juventus. L’accordo sarà valido fino alla fine della staione 2024 . Parallelamente prosegue l’impegno in qualità di “Technical Supplier” con la Federazione italiana Gioco Calcio (FIGC), e dunque con tutte le Nazionali azzurre, così come nella pallacanestro al fianco della Olimpia Milano vincitrice quest’anno del titolo italiano.

Una storia italiana

Sixtus Italia nasce nel 1974 in Toscana su impulso di Mauro Marrucci. Oggi il marchio è sinonimo di una realtà che opera sul mercato della distribuzione diretta a società sportive, negozi, istituti medici e fisioterapici di prodotti e attrezzature capaci di garantire il benessere fisico degli sportivi. Una crescita costante quella messa a segno da Sixtus Italia, sin dalla costituzione: uno sviluppo che ha portato la stessa realtà a guardare anche oltre i confini nazionali allargando la rete di vendita dei propri prodotti anche sui mercati esteri dove un numero crescente di club professionistici di varie e numerose discipline hanno scelto di legare il proprio nome a quello appunto di Sixtus.

Sixtus

Slongo e il rientro del campione dopo un infortunio

22.08.2022
6 min
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Egan Bernal è rientrato in corsa 345 giorni dopo la sua ultima gara. Un lasso di tempo davvero importante, di fatto è una stagione. Non è facile gestire uno stacco così, specialmente dopo un infortunio e ancora di più quando di mezzo c’è un super campione. Tutto diventa più delicato: più accortezze, più attenzioni mediatiche, più interesse da parte di team, sponsor, tifosi…

Premesso che il colombiano in Danimarca si è ritirato per una caduta (foto di apertura), ma per precauzione, da Paolo Slongo diesse e in questo caso ancora di più, preparatore di lungo corso, ci facciamo spiegare come si gestisca questa fase. Lui ci è passato più volte con Vincenzo Nibali, in particolare dopo la caduta nella quale riportò la frattura di una vertebra al Tour de France sulle rampe dell’Alpe d’Huez.

Slongo Nibali Dorelan
Slongo ha lavorato per anni con Nibali. Anche nel 2018, quando lo Squalo si ruppe la vertebra al Tour
Slongo Nibali Dorelan
Slongo ha lavorato per anni con Nibali. Anche nel 2018, quando lo Squalo si ruppe la vertebra al Tour
Paolo, appunto, come evolve una situazione simile?

I campioni, ma direi i corridori in generale, chiaramente sono dispiaciuti quando sono vittime di infortuni, ma restano campioni anche in quel momento poiché sanno che non ci possono fare nulla. A livello psicologico è qualcosa che pesa, ma riescono a prenderlo dal lato giusto. E soprattutto dopo poco tempo hanno voglia di tornare. E qui si rischia l’errore.

Quale?

Quello di affrettare i tempi. Un errore che si ripercuote sia nell’immediato che nel lungo periodo. Il campione ancora di più deve dare tempo al corpo di riassestarsi. Il ciclista poi è un “gladiatore” e a seconda di cosa abbia, dopo una settimana ti chiede se può fare i rulli, oppure fare questa o quella attività.

Bisogna tenerlo a freno, insomma…

Esatto, ho constatato che è così. Poi però dall’altra parte subentra il discorso del peso. Perché è vero che non deve fare nulla, ma neanche può ingrassare e così gli devi stare dietro e dirgli di stare attento a cosa e quanto mangiare. 

In Danimarca Bernal si è messo a disposizione del team. Nonostante l’altimetria easy prima del ritiro aveva oltre 20′ di ritardo
In Danimarca Bernal si è messo a disposizione del team. Nonostante l’altimetria easy prima del ritiro aveva oltre 20′ di ritardo
E poi c’è il rientro…

La prima parte del ritorno in sella è quella forse più difficile. Il campione ha in testa ciò che era e dopo un’ora che pedala ha il fiatone oppure vede l’amatore che lo passa e pensa: una vita a costruire, un attimo a perdere tutto. La sua testa vorrebbe una cosa, le sue gambe e il suo corpo no. Eppure già dopo 7-8 giorni ritrova un colpo di pedale dignitoso e da quel momento tutto è un po’ più facile e il campione torna a volare con la testa. Alla fine ci sono delle fasi per il rientro.

E quali sono?

Nella prima fase prende coscienza dell’infortunio sul momento dell’incidente e realizza quando inizia a pensare che ne può uscire al meglio che può. La seconda fase è quella prima di ripartire o quando è appena ripartito e si rischia di affrettare i tempi (è ancora una fase psicologica). La terza è la ripresa graduale e traumatica, quando testa e corpo ancora non vanno all’unisono, come dicevamo. La quarta fase, la più facile, quando capisce che può tornare ai suoi livelli. E in quel caso regna l’ottimismo.

Magari non è bellissimo da dire, ma per un campione che è “più prezioso” e caro rispetto ad un corridore normale ci sono delle accortezze?

Secondo la mia esperienza, il medico del team cerca sempre più pareri, il più possibile autorevoli, interroga vari settori interessati a quell’infortunio: non si può sbagliare. L’atleta deve continuare a produrre determinate prestazioni. Poi c’è il team che cerca di non affrettare i tempi e la prima cosa (come sta facendo la Ineos-Grenadiers con Bernal, ndr) che vuole è che l’atleta torni come era prima dell’incidente. Valuta le varie opzioni per il suo rientro perché c’è un patrimonio da recuperare ed eventuali scelte anche sul suo futuro.

La sfortunata caduta di Nibali verso l’Alpe d’Huez nel 2018 che gli costò una frattura vertebrale
La sfortunata caduta di Nibali verso l’Alpe d’Huez nel 2018 che gli costò una frattura vertebrale
Paolo, parlando di termini più tecnici, abbiamo visto che Bernal, scalatore, è tornato in corsa al Danimarca, dove la salita più grande è poco più di un cavalcavia. Giusto o sbagliato?

Direi che questa è la quinta fase: la scelta del rientro alle corse. E per me Bernal e la sua squadra hanno fatto bene. L’importante è correre e non dove. Anzi, se non è una corsa troppo adatta alle caratteristiche del corridore è quasi meglio. Poi bisogna valutare anche altri fattori, come la paura dell’atleta. Per esempio penso ad Evenepoel quando è caduto in discesa al Lombardia: lì c’è anche un problema psicologico. In quel caso, e vado forse un po’ contro a quanto ho detto, cerchi anche di affrettare il suo rientro.

E’ come quando si cade da cavallo. Si dice che bisogna risalire in sella subito…

Esatto. Certe risposte, fisiche e mentali, le trovi sono in corsa. Se c’è la paura del gruppo, della caduta solo ributtandolo nella mischia vedi se il trauma è stato cancellato. Tornando al caso Bernal per me ha scelto la corsa migliore per rientrare.

Perché?

Ha potuto riprendere a correre con gradualità, non c’erano salite, doveva “solo” stare nella mischia e fare ritmo. In questo modo non ha avuto neanche bisogno di conferme per la salita, per lui che è scalatore. Magari si è staccato e questo gli è pesato. Lui deve fare le cose in progressione e alla sua squadra non interessava il risultato, ma ritrovare l’atleta.

I dati di una seduta di Egan: in Ineos chiaramente conoscevano il livello di Bernal prima di farlo gareggiare (foto Twitter)
I dati di una seduta di Egan: in Ineos chiaramente conoscevano il livello di Bernal prima di farlo gareggiare (foto Twitter)
Tanto che in Danimarca alla prima caduta lo hanno fatto fermare…

Per esempio, quando Nibali cadde al Tour e si ruppe la vertebra pensava al rientro al mondiale. Vincenzo è un campione e per il mondiale ha recuperato in tempi brevi, ma gli mancava qualcosa. Due settimane dopo al Lombardia ha fatto secondo, ma stava crescendo. Più passava il tempo e più era competitivo. Questo gli ha dato le risposte giuste. E ha potuto passare un inverno sereno, senza dubbi circa la possibilità di essere ancora competitivo. Se invece il Bernal della situazione si stacca avrebbe dei dubbi. Non avrebbe trovato delle risposte alle sue domande.

E con il ritmo come la si mette? Si fa parecchio dietro motore?

Dipende da come sta il corridore e quando torna. Ma ormai gli staff hanno i loro dati, i loro parametri. Di Bernal per esempio ho visto che già avevano pubblicato dei dati (incoraggianti) sulla sua Vam: hanno dei riferimenti. A quel punto la preparazione è quella standard prima di una corsa e se faceva dietro motore prima dell’infortunio, lo farà anche dopo il post infortunio.

I giorni dello Squalo / Vuelta 2010, la Bola del Mundo

21.08.2022
7 min
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Nibali ha ripreso la maglia rossa nella crono di Peñafiel, zona di vini e hotel ricavati da vecchie aziende agricole. Il pomeriggio prima, durante il riposo, in quello della Liquigas è arrivata Alessandra De Stefano. La vittoria finale del siciliano nella Vuelta del 2010 sta prendendo forma e in Italia cresce l’interesse.

Nello stesso pomeriggio, approfittando di qualche ora libera, Scirea e Mariuzzo sono saliti sull’ammiraglia e sono andati a scoprire la Bola del Mundo, ultima salita della Vuelta, su cui verosimilmente si deciderà la corsa. Alle spalle di Nibali è saltato fuori Ezequiel Mosquera, corridore semi sconosciuto che veste la maglia della Xacobeo-Galicia.

Sull’ammiraglia della Liquigas in Spagna, Scirea e Mariuzzo. Qui con loro c’è anche Slongo
Sull’ammiraglia della Liquigas in Spagna, Scirea e Mariuzzo

«Andammo a vedere quella salita – ricorda Scirea, che oggi collabora con la Federazione nel settore crono – perché avevamo sentito parlare di quanto fosse dura e si parlava tanto del finale cementato. Trovammo un ragazzo che saliva con la mountain bike e gli chiedemmo quali rapporti usasse.

«Da direttore sportivo avevo vinto il Romandia e lo Svizzera con Kreuziger, ma era la prima volta in un grande Giro. Per questo ogni sera mi guardavo il percorso del giorno dopo e riportavo tutto sul diario. Non c’erano ancora il tablet sulle ammiraglie, per cui prendevo appunti tappa per tappa».

Un predestinato

Nibali ha 25 anni, i 26 arriveranno di lì a un paio di mesi. Durante la stagione ha vinto il Tour de San Luis, poi è stato decisivo per la vittoria di Basso al Giro, dove ha vinto la tappa di Asolo e conquistato il podio. Quindi s’è portato a casa il Giro di Slovenia e il Melinda, prima di schierarsi al via della Vuelta.

«Eravamo partiti per fare bene – prosegue Scirea – dopo quello che avevamo visto al Giro. Certo non si poteva mai dare per scontata la vittoria, ma ricordo che avevamo un bel gruppo molto unito attorno a Vincenzo. Sapevamo che fosse un corridore capace di fare una buona classifica, ma nessuno avrebbe potuto immaginare una carriera come la sua. Gli avevamo messo accanto dei corridori per aiutarlo, perché a tratti era ancora irruento».

La Vuelta si era aperta del segno di Igor Anton, poi caduto, qui primo a Valdepenas de Jaen. Nibali secondo
La Vuelta si era aperta del segno di Igor Anton, poi caduto, qui primo a Valdepenas de Jaen. Nibali secondo

«A volte faceva degli attacchi da lontanissimo – prosegue Scirea – e ha continuato a farne. Da alcuni sono nati i capolavori che hanno fatto innamorare la gente, per altri ha buttato via delle corse. Come l’attacco in discesa alle Olimpiadi di Rio, in cui gli è sfuggita una medaglia per fare la discesa… alla Nibali. O come il Lombardia del 2011, quando attaccò dal Ghisallo».

Meccanici sulle moto

Mosquera non sembra particolarmente pericoloso, ma la Bola del Mundo è lì davanti come un giudice potenzialmente spietato. Una crisi negli ultimi chilometri potrebbe essere irrecuperabile. La scalata inizia da Navacerrada, sulle montagne di Madrid, con una svolta a destra in cui la strada si restringe e diventa un budello. La giornata è grigia e mano a mano che si sale, nubi minacciose inghiottono la montagna.

Nibali ha riconquistato la testa della classifica nella crono di Penafiel
Nibali ha riconquistato la testa della classifica nella crono di Penafiel

C’è in gioco la Vuelta: fra l’italiano in maglia rossa e lo sfidante ci sono 50 secondi. Mosquera ha 35 anni, Nibali 10 di meno.

«Ci fermarono ai piedi della salita finale – ricorda Scirea – e permisero ai meccanici di salire sulle moto con le ruote di scorta. Noi vedevamo la corsa dalla televisione sulla macchina e cercavamo di dare i consigli alla radio. Mosquera avrebbe potuto staccarlo, ma quello era Nibali, non uno qualsiasi. Lo spagnolo andava forte, ma per noi la sola cosa da fare era stargli a ruota. Toccava fare tutto a lui…».

Alessandra De Stefano inviata alla Vuelta per raccontare la scalata del siciliano
Alessandra De Stefano inviata alla Vuelta per raccontare la scalata del siciliano

Attacca Mosquera

Sulla cima della montagna, tifosi e giornalisti spagnoli esplodono in un tuono quando Mosquera sferra l’attacco. La Bola del Mundo diventa di fuoco. Due chilometri e 700 metri all’arrivo, la strada conduce al primo tornante e per fortuna un po’ molla. Nibali vede davanti a sé la moto che segue lo spagnolo, per ora è tutto sotto controllo, ma l’altro intanto ha già guadagnato 13 secondi.

Scatta ancora Mosquera. Dopo 500 metri, il vantaggio sale a 17 secondi. Quando però si volta e vede Nibali, lo spagnolo capisce che, se l’altro non si pianta, più che la Vuelta c’è in palio la tappa. La nebbia rende i dintorni impalpabili. Nibali sta bene, ma quando a 1,8 chilometri dall’arrivo Mosquera piazza la sua bordata più violenta, Vincenzo preferisce rimanere seduto e andare avanti col suo passo. L’importante è tenerlo a tiro.

I meccanici della Liquigas hanno montato per lui una compact con il 36 e pignoni fino al 29.  Mosquera ha il 38 davanti e il 28 dietro.

Ezequiel Mosquera prova l’attacco frontale sulla Bola del Mundo, ma Nibali non molla
Mosquera prova l’attacco frontale sulla Bola del Mundo, ma Nibali non molla

Un solo secondo

Ottocento metri, le mani sotto, 2.500 metri di quota. Settecento metri, la curva da cui si prende la seggiovia. L’appunto sul diario di Scirea parla del tratto più duro. Mosquera sembra ancora più vicino. Ai 250 metri, Nibali cala il rapporto e rimette le mani sotto. E’ il momento di dare la svolta. Si avvicina a velocità doppia e solo il traguardo e un piccolo margine salvano Mosquera dall’onta del sorpasso. Vince lo spagnolo. Vantaggio di un secondo.

«Ho pensato alla guerra – dirà Nibali – e ho lasciato la battaglia. Adesso se non altro gli spagnoli mi ameranno un po’ di più. Ho vinto la Vuelta, è il giorno più bello della mia vita. I sogni ti danno il coraggio e il cuore di riuscire in quel che ti sei prefissato. Volevo vincere. Sapevo da un anno di far parte di un’elite di corridori tagliati per i grandi Giri, ma quando sei in ballo, devi trovare motivazioni superiori. La consapevolezza non basta».

Si corre ancora in 9 e nella Liquigas ci sono anche Bennati e Kreuziger
Si corre ancora in 9 e nella Liquigas c’è anche Daniele Bennati

Festa a Madrid

Dopo il Giro con Basso, per la Liquigas arriva la Vuelta: è un anno di capolavori. Resta giusto il tempo per il trasferimento a Madrid e poi si potrà cominciare a festeggiare.

«Facemmo una bella festa – ricorda Scirea – con il presidente Paolo Zani che era arrivato dal giorno prima. E alla fine, Vincenzo regalò un orologio ad ogni compagno di squadra. Quando lo metto, tornano a galla i ricordi. E che ricordi… Vincere Giro e Vuelta nello stesso anno fu una grande cosa».

A Madrid alla fine, festa grande per la Liquigas. Secondo Mosquera, terzo Velits
A Madrid alla fine, festa grande per la Liquigas. Secondo Mosquera, terzo Velits

Finale thrilling

Pochi giorni dopo la vittoria di Mosquera alla Bola del Mundo, il 30 settembre, lo spagnolo risultò positivo a un controllo antidoping effettuato il 16 settembre, due giorni dopo quella tappa. Il risultato venne congelato come pure il secondo posto finale, fino all’assoluzione da parte della corte spagnola, che intervenne nel 2015.

In altre due occasioni Nibali arrivò a un passo dal cogliere la vittoria alla Vuelta. Nel 2013 contro Horner e nel 2017 contro Froome, in entrambi i casi finendo secondo. Quella di quest’anno sarà l’ultimo grande Giro della sua carriera. E francamente stiamo ancora cercando di abituarci all’idea.

I giorni dello Squalo / Asolo 2010, la prima vittoria al Giro

14.08.2022
6 min
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Qualche goccia di pioggia sull’arrivo e, stando alle immagini, anche nella discesa del Grappa. Giro d’Italia del 2010, sono già successe un sacco di cose. C’è stato lo sterrato infangato di Montalcino in cui Nibali è caduto e nel giorno della vittoria di Evans, ha ceduto la maglia rosa a Vinokourov. Il giorno dopo, vittoria del compianto Sorensen sul Terminillo. Poi la fuga bidone dell’Aquila, con lo stesso Vinokourov a fondo e il primato sulle spalle di Richie Porte, che è giovane e veste la maglia bianca con le insegne della Saxo Bank. Il Giro risale. Brinda con Belletti a Cesenatico e nella Ferrara-Asolo affronta il Monte Grappa, prima vera montagna davanti alle ruote della Liquigas. Basso deve recuperare minuti, ma il gruppo dei fuggitivi dell’Aquila è composto da gente coriacea che non ci pensa a farsi sbranare.

La 14ª tappa del Giro 2010 parte da Ferrara e arriva ad Asolo, con il Monte Grappa nel finale
La 14ª tappa del Giro 2010 parte da Ferrara e arriva ad Asolo, con il Monte Grappa nel finale

I giorni dello Squalo

Nibali ha 25 anni. Il suo palmares parla finora di 12 vittorie, tra cui il Giro del Trentino del 2008 e il Tour de San Luis del 2010. E’ un predestinato e puntualmente la sua carriera sta prendendo la strada giusta. Al Giro è al fianco di Basso, arrivato in squadra nella stagione precedente. In realtà le cronache dicono che Vincenzo al Giro l’hanno portato per sostituire Pellizotti alle prese con le irregolarità del passaporto biologico. Nel percorso del siciliano, tuttavia, il 2010 è l’anno della rivelazione e da qui partiamo per raccontare i momenti chiave della sua carriera, alle porte del ritiro cui onestamente dobbiamo ancora abituarci.

Il 22 maggio del 2010 è il giorno della prima vittoria di tappa al Giro d’Italia, che Vincenzo coglierà mettendo a frutto le sue doti di discesista, di cui presto tutti si renderanno conto.

Il forcing di Nibali sul Grappa fa staccare Porte e infiamma la tappa
Il forcing di Nibali sul Grappa fa staccare Porte e infiamma la tappa

Il Grappa da Semonzo

La cronaca è scarna. Porte in maglia rosa inizia a mostrare il fianco e sulle pendenze del Grappa si fa avanti minaccioso lo spagnolo Arroyo, un altro degli uomini dell’Aquila.

Pozzato veste la maglia Katusha e ha già vinto la tappa di Porto Recanati. Ma il Grappa è casa sua e fa il diavolo a quattro per entrare nella fuga giusta, che si concretizza in un gruppetto di sei che arrivano ai piedi del monte, che dal versante di Semonzo misura 18 chilometri con punte del 14 per cento.

La fuga si sgrana come chicchi di un rosario, l’ultimo a cedere è Bisolti, mentre dietro la Liquigas fa il forcing, con Sylwester Szmyd che vive una delle sue giornate campali.

Scatto sul Grappa, discesa e pianura fino ad Asolo: Nibali al comando per 30 chilometri fino alla vittoria
Scatto sul Grappa, discesa e pianura fino ad Asolo: Nibali al comando per 30 chilometri fino alla vittoria

Il morso dello Squalo

Dal gruppo maglia rosa scatta Wiggins. Il pistard britannico ha in testa il sogno di vincere un grande Giro e corre nel neonato Team Sky. La Liquigas prosegue il suo lavoro e con il passare dei chilometri ne fanno le spese Garzelli e Porte.

A 9 chilometri dalla cima, Bisolti ha ancora pochi secondi su Monier e Wiggins, su cui tornano Evans, Scarponi, Vinokourov, Arroyo, Uran, Sastre, Tondo, Cunego, Basso, Nibali, Szmyd, Samoilau, Mollema, Cioni, Gerdemann e poco dietro Pinotti.

E’ il momento in cui lo Squalo getta la maschera. Il giovane siciliano alza il ritmo. Gli rispondono Scarponi, Evans e Basso. I fuggitivi vengono ripresi e staccati, mentre la corsa si infila nelle nuvole che coprono la Cima Grappa. Dopo il passaggio in vetta, Nibali molla gli ormeggi, approfittando della strada appena bagnata.

Il giorno dopo Asolo, sullo Zoncolan il primi attacco di Basso che recupera 4’10” ad Arroyo
Il giorno dopo Asolo, sullo Zoncolan il primi attacco di Basso che recupera 4’10” ad Arroyo

Discesa da maestro

Nibali si infila nella nebbia, dietro si guardano. Il siciliano ha 11’18” dalla maglia rosa, nessuno vuole rischiare l’osso del collo per seguirlo. Il suo vantaggio aumenta e le quasi 200 mila persone assiepate sull’arrivo di Asolo capiscono che in quelle curve al limite c’è un talento fuori del comune.

«La sera prima – racconterà dopo l’arrivo con gli occhi che esplodono di felicità – sentivo che poteva essere il giorno giusto per provarci. La salita del Grappa è stata perfetta per fare la selezione. Poi, con Ivan, Evans e Scarponi che si marcavano per la classifica, ho colto l’attimo e ho sfruttato la discesa per attaccare. Il resto è stato come una crono a testa bassa per non farmi riprendere. E’ stato un grosso sforzo, 30 chilometri da solo e domani c’è lo Zoncolan, una salita durissima e spero di non risentirne. Fra me e Basso non cambia niente, c’è unità di intenti. Oggi c’era la discesa e ho attaccato io, domani magari in salita prova Ivan». 

Sul Mortirolo Nibali sarà una pedina fondamentale accanto a Basso, lanciato verso la vittoria
Sul Mortirolo Nibali sarà una pedina fondamentale accanto a Basso, lanciato verso la vittoria

Piano perfetto

In casa Liquigas si fa festa. Porte ha perso la maglia rosa, che ora è sulle spalle dello spagnolo Arroyo. E l’indomani sullo Zoncolan, Basso potrà continuare la rimonta di un Giro da rincorrere e vincere.

«Avevamo organizzato tutto alla perfezione – commenta Zanatta, che ha seguito la tappa dalla prima ammiraglia – Vincenzo ha fatto un capolavoro. Ha aumentato il vantaggio in discesa e ha resistito nei 14 chilometri finali. In ammiraglia eravamo elettrizzati. Oggi è davvero iniziata la rincorsa alla maglia rosa».

A cena con Fignon

Quella di Asolo rimarrà una notte magica. Per Nibali e per il ciclismo, perché in una cena magica organizzata da Marcel Tinazzi, farà l’ultima apparizione al Giro Laurent Fignon, fiaccato dalla malattia. 

Nella sera di Asolo, l’ultima apparizione di Fignon in Italia alla cena di Marcel Tinazzi
Nella sera di Asolo, l’ultima apparizione di Fignon in Italia alla cena di Marcel Tinazzi

«Gli amici sono importanti – dice il vincitore di un Giro e due Tour – ringrazio Marcel per avermi chiamato a questa festa. Ho ricevuto chiamate che non mi sarei mai aspettato da Eddy Merckx e Felice Gimondi, oppure da Luc Leblanc e Alain Gallopin. Io continuo a vivere. Giorno per giorno. E spero che la prossima terapia sarà quella giusta. Ma so anche che per quanto io possa lottare e avere voglia di vivere, se non troveranno la cura dovrò arrendermi. Non ho voglia di morire a cinquant’anni, ma se è incurabile cosa posso farci?».

E’ seduto a tavola in una bolla di Francia, il suo nido protetto. Solo a tratti, Laurent si estrania dalla conversazione e fissa il vuoto. Si ferma, mette giù le posate e resta a guardarsi dentro. Brevissimi momenti di solitudine, in cui è banale cercare di riconoscere la riflessione o la paura. Fignon se ne andrà il 31 agosto, meno di tre mesi dopo, nei giorni in cui il morso dello Squalo addenterà la Vuelta. Ma questa è già un’altra storia…

E Nibali? A Livigno lavora spianato in direzione della Vuelta

18.07.2022
4 min
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Non solo Tour de France. Sono molti i grandi campioni che si stanno preparando per affrontare al meglio la seconda parte di stagione. Tra questi spicca senza dubbio Vincenzo Nibali. Lo Squalo si trova in altura a Livigno.

Il lavoro da fare è tanto e il corridore dell’Astana Qazaqstan vuol chiudere in bellezza questo scorcio di carriera. E da quel che si vede dai social sembra affrontare con grande voglia questo (presumibile) ultimo stage in quota.

Nibali, al campionato italiano in Puglia, intervistato dallo speaker Ivan Cecchini
Nibali, al campionato italiano in Puglia, intervistato dallo speaker Ivan Cecchini

Santo Giro

Nibali ha avuto una primavera molto difficile. Anche per lui il Covid si è fatto sentire. La condizione stentava ad arrivare e per un momento il Giro d’Italia è quasi stato a rischio. Poi per fortuna non solo Vincenzo è volato a Budapest, ma ha anche disputato un’ottima corsa rosa tanto da essere quarto a Verona.

Aver corso il Giro è stato fondamentale per quel che riguarda la sua preparazione. Il lavoro fatto in quelle tre settimane gli è servito per rimettersi in linea con la tabella di marcia e iniziare l’estate con una condizione più che buona.

Adesso sì che la base è quella giusta per allenarsi potendo pensare ai risultati.

«In quel periodo prima del Giro – dice il suo coach, Maurizio Mazzoleni – abbiamo valutato molto attentamente con Martinelli il suo rientro post Covid. Ancora non si sapeva bene come avrebbe reagito il fisico. 

«E’ stato centrale il ritiro fatto sul Teide. Lassù abbiamo lavorato bene. Da lì Vincenzo è andato al Giro di Sicilia, che non era previsto, proprio per cercare di fare bene nelle Ardenne e al Giro stesso. E la cosa bella è che è andato in crescendo. Dal penultimo sabato di Torino a quello della Marmolada ha fatto delle prestazioni importanti.

«E infatti – continua Mazzoleni – al campionato italiano, nonostante lo stacco per il recupero post Giro non è andato male».

Nibali in azione sulla Marmolada. Nella settimana finale del Giro ha espresso ottime prestazioni… che danno fiducia
Nibali in azione sulla Marmolada. Nella settimana finale del Giro ha espresso ottime prestazioni… che danno fiducia

Dal Teide a Livigno

Da altura ad altura, dunque. Dalla primavera all’estate. Ancora una volta la quota potrebbe essere il momento chiave per dare una svolta alla stagione.

«Dopo il campionato italiano – spiega il preparatore lombardo – Nibali ha iniziato subito a lavorare per portare la condizione in crescita in vista del ritiro di Livigno, così da poter affrontare la quota subito in un certo modo, per la Vuelta… E per il Giro di Lombardia. La Vuelta è stata inserita soprattutto pensando al Lombardia».

E quando dovrebbe tornare in gara? Nibali, che ha recentemente aperto il suo canale “Squalo Tv”, vuol comunicare da quella fonte il suo calendario ufficiale.

Tuttavia dando una sbirciata alle starting list provvisorie delle gare, si può affermare con una certa sicurezza che lo Squalo ripartirà dalla Spagna.

Un giovane Vincenzo “a tutta” nella Vuelta 2010, il primo grande Giro messo nel sacco
Un giovane Vincenzo “a tutta” nella Vuelta 2010, il primo grande Giro messo nel sacco

A tutta Spagna?

L’opzione Giro di Polonia (30 luglio-5 agosto) sembra essere scartata dunque. Ma visto il caldo che imperversa su quella parte di Europa, le cose potrebbero anche cambiare all’ultimo minuto. Non tanto per preservare Nibali, che alla soglia dei 38 anni sa bene come gestirsi, ma per eventuali tagli o annullamenti delle corse in virtù del protocollo sugli eventi climatici estremi a tutela dei corridori.

E in tal senso un caso c’è stato nel Sud della Francia qualche settimana fa. La seconda tappa della Route dell’Occitanie è stata ridotta ad appena 33,6 chilometri.

Al termine del Tour infatti torna prepotente il calendario iberico. Si inizia con la Prueba Villafranca – Ordiziako Klasika (25 luglio), per proseguire poi con il Giro di Castiglia e León (27-28 luglio) e La Vuelta Burgos (2-6 agosto), per arrivare quindi alla Vuelta (19 agosto-11 settembre). Tra queste la più accreditata per il rientro dello Squalo sembra essere la Vuelta Burgos.

Ma come ci si va a questa Vuelta? La corsa spagnola è stata il suo primo grande Giro messo nel sacco. Era il 2010, da allora ne è passata di acqua sotto i ponti.

«E chiudere lì – spiega Mazzoleni – crediamo abbia anche un certo valore simbolico, crediamo sia un bel modo di concludere con i grandi Giri».

Ma conoscendo Nibali non sarà una passerella. 

«Per la classifica ci sarà Miguel Angel Lopez – spiega Mazzoleni – e Nibali potrà essere al suo supporto. Al supporto, ma senza dimenticare che lui e gli altri ragazzi avranno la libertà di puntare a qualche tappa. E questo sarebbe molto importante per noi, ma anche per i ragazzi stessi».

Lello, Pozzo e lo Squalo: una storia di amicizia

12.07.2022
4 min
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«L’idea mi è venuta alle quattro del mattino – dice Lello – mentre pensavo che con le due dirette Instagram con Nibali e Pozzovivo avevo messo insieme tremila persone ogni volta. Possibile, pensavo, che faccio questi numeri e non porto a casa nemmeno un caffè? Perché non inventarmi qualcosa di bello? I miei figli sono sempre su Tik Tok. Così ho scritto un messaggio ad Alex Carera, dicendogli che avevo avuto una grande idea. Mi ha risposto alle 7,30 del mattino e ha scritto che stava già tremando…».

Pozzo e lo Squalo

Lello Ferrara e le sue dirette su Instagram ci hanno fatto compagnia nei giorni del Covid. Poi, quando la… clausura è finita, il ragazzo di Napoli ha tenuto duro e alla fine ha convinto Massimo Levorato, imprenditore veneto, che lo ha coinvolto nella sua Tele Ciclismo. Eppure Lello non ha abbandonato le dirette e quella sua idea delle quattro del mattino si è trasformata nella Squalo TV su Twitch.

Assieme a Massimo Levorato, titolare Dynatek e Work Service, che ha coinvolto Lello in Tele Ciclismo (foto Instagram)
Assieme a Massimo Levorato, titolare Dynatek e Work Service, che ha coinvolto Lello in Tele Ciclismo (foto Instagram)

«Avere il benestare di Vincenzo – racconta Lello – è stato molto simpatico e ha allargato la platea dei contatti. Credo che lui e Pozzo mi vogliano bene e stiano facendo tutto questo per amicizia. Non pensavo che ci fosse dietro tanto lavoro e loro due sono ancora corridori e hanno tanto da fare. Però nelle dirette si sono divertiti e quando c’è Vincenzo, si sente. Il suo nome richiama un sacco di gente. E poi grazie a loro possiamo raggiungere personaggi importanti, come Bernal ieri sera».

La vita sul camion

Lello, che fuori ride, nasconde il Lello che dentro lotta per stare a galla. Lello che ride, prima di fare le dirette guidava il camion e ha conosciuto il gusto amaro della vita. Il bello di Lello, che da under 23 vinse il Giro d’Italia, è che ha sempre su la stessa maschera. Si ricorda degli amici e sa stare al mondo.

Raffaele Ferrara, camion, novembre 2020
Lello ha lavorato sul camion per una vita, i social finora lo hanno aiutato a fare una vita diversa
Raffaele Ferrara, camion, novembre 2020
Lello ha lavorato sul camion per una vita, i social finora lo hanno aiutato a fare una vita diversa

«Quando devo mandare un messaggio a Vincenzo – ride – vivo dei momenti d’ansia. E’ come quando arrivi a casa e trovi una busta dell’Agenzia delle Entrate. Io il camion non voglio più sapere dov’è, anche se ogni tanto il suocero mi chiama per chiedermi se ho tempo libero, ma lo fa per scherzare. Ricordo chi mi ha voluto bene e chi mi ha aiutato. Non sono ricco, non sono potente, ma faccio sorridere. So mangiare con 5 euro. E a volte mi chiedo come faccia un fallito come me a dare fastidio a certi più potenti».

Un fuoco di paglia

Perché il nodo è proprio questo. Lello che ride e scherza su tutto qualcuno ha iniziato a guardarlo con sufficienza, perché gli ospiti che riesce a mettere insieme lui, ad altri salotti non si avvicinano nemmeno.

«La mia fortuna – dice – è iniziata quando hanno cominciato a dire che fossi un fuoco di paglia. Ma continuo a fare sempre quello, seminare allegria e buon umore. Non siamo giornalisti, raccontiamo quello che viviamo. Guai pensare che siamo giornalisti, sarebbe una mancanza di rispetto per chi ha studiato. E poi nel nostro piccolo, mi sto rendendo conto di quanto sia complicato. Mi sono dovuto comprare computer, microfono e luci. Abbiamo trovato una ragazza che fa la regia. Pensavo fosse più semplice e invece non lo è per niente. Ci sono regole da rispettare, è un attimo sbagliare. Mi auguro che ne nasca qualcosa di bello, con dei contenuti che piacciono».

Nella diretta di Squalo Tv ieri sera, con Nibali, Pozzovivo e l’ospite Bernal
Nella diretta di Squalo Tv ieri sera, con Nibali, Pozzovivo e l’ospite Bernal

Ieri sera Bernal su Twitch e subito prima Clarke su Instagram. La vita di Lello non sta mai ferma e davvero ti chiedi che corridore sarebbe diventato. Ride, scherza e fa battute. E’ come Pulcinella e in qualche modo ne ricalca la definizione della Treccani: “Pigro, vorace, perennemente affamato, opportunista, sfrontato, chiacchierone, bastonatore spesso bastonato”. Lello è così. Bastonate ne ha prese e, se le ha rese, lo ha fatto certo con una battuta. E forse proprio per questo piace così tanto. Di certo è per questo che gli vogliamo bene.

Vanotti sulle strade del 2014: pensa a Scarponi e ha i brividi

06.07.2022
4 min
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Il Villaggio è un paese. Si fanno incontri. Si fa la fila per il caffè. Si legge il giornale. Si ritrovano sguardi che mancavano da mesi. Qualcuno non lo vedi dalla Liegi, qualcuno dall’anno prima. E nel villaggio di Calais, ieri alla partenza, Alessandro Vanotti era super indaffarato attorno allo stand Santini. Fra maglie di ogni colore e ospiti con la borsa piena e il sorriso soddisfatto, il bergamasco tutto orgoglioso mostrava la foto del colpo di reni nel velodromo di Roubaix. Il giorno prima, approfittando del riposo, sono andati in bici nel finale dell’Inferno del Nord, in una giornata di sole e colori splendenti.

Al Villaggio con Stefano Devicenzi del marketing Santini, Vanotti è al Tour con l’azienda di Bergamo
Al Villaggio con Stefano Devicenzi del marketing Santini, Vanotti è al Tour con l’azienda di Bergamo

Pioggia e risate

Non fu così quella volta nel 2014, proprio no. Quando quel mattino nell’hotel dell’Astana aprirono le finestre. Scarponi alzò gli occhi al cielo e si mise a ridere. Di quelle risate nervose da cui capivi che Michele stava cercando di convincersi della fattibilità dell’impresa.

«Ho i brividi solo a pensarci – dice Vanotti – Michele era energia pura, positività in tutti gli aspetti. E in quelle giornate era fondamentale per il gruppo. Metteva serenità sul pullman, andando alla corsa. Anche sulla linea di partenza, quel giorno, fece le solite cose. Ci sta guidando ancora adesso da lassù, ne sono convinto. Sono certo che un po’ avesse paura, ma lui alla paura reagiva ridendo. Mi ricordo quando alla partenza di una cronosquadre alla Vuelta, con la salita subito, cominciò a ridere sulla rampa e io gli chiedevo di smetterla perché non riuscivo a concentrarmi. Ma lui era fatto così, sdrammatizzava tutto ed era un professionista molto serio».

Il viaggio in giallo di Nibali resta una delle esperienze più intense per i suoi ex compagni: Vanotti fra loro
Il viaggio in giallo di Nibali resta una delle esperienze più intense per i suoi ex compagni: Vanotti fra loro
Tensione a mille?

Per il maltempo e la pioggia. Non era come alla Parigi-Roubaix, che in gruppo ci sono tanti specialisti. E’ quella la differenza. Tanti corridori erano un po’ preoccupati. Io avevo già affrontato il pavé alla Roubaix e in altre corse, quindi non ero troppo agitato. Il rischio però era alto.

Quando il gruppo è nervoso, in corsa cosa succede?

La tattica era di stare davanti fino al primo tratto di pavé. Per cui fu una cronometro a squadre per tutte le squadre, uno sforzo incredibile. Noi conoscevamo l’abilità di Vincenzo sul pavé e nel guidare la bici da quando è ragazzino e questo ci ha avvantaggiato. In più era supportato da una condizione super, fu proprio una giornata magica.

Pensavi fosse capace di domare così il pavé?

Sono sincero, non mi espongo mai prima. Però sapevo delle sue qualità, ma serve anche un pizzico di fortuna, perché è un attimo andare per terra. Oggi non dovrebbe piovere, ma la fortuna servirà per tutti.

Durante tutta la tappa, Nibali riesce a schivare pericoli e cadute
Durante tutta la tappa, Nibali riesce a schivare pericoli e cadute
Quel giorno si risolse la classifica.

Vedendolo in gruppo, Froome non aveva una condizione super e neppure i suoi compagni. Cadde in due curve non sui settori di pavé. Era sicuramente più teso di noi e questo gli giocò un brutto scherzo. Ma secondo me Vincenzo in quel Tour era superiore. Me ne ero già accorto sulle Dolomiti, prima del Tour. Lo conosco, siamo cresciuti insieme. E vedendolo pedalare mi dissi che avrebbe vinto il Tour o sarebbe stato duro staccarlo. E così fu.

Il pavé non cambia, le bici sono diverse.

I materiali cambiano e migliorano. Sono più efficaci. Le squadre sono supportate da staff fortissimi, ormai gli sponsor investono e fanno ricerca. Ma alla fine, sta ai corridori fare la differenza e il fatto che sia asciutto è meglio per tutti…