Rachele Barbieri è nata il 21 febbraio 1997. Modenese di Serramazzoni, ora vive a San Marino

Barbieri torna alle origini: la Picnic punta su di lei per le volate

16.11.2025
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Ultimi scampoli della cosiddetta “off-season”, poi dagli inizi di dicembre si ricomincia a fare veramente sul serio per impostare il 2026. Anche Rachele Barbieri non sfugge a questo canovaccio, nonostante abbia già ripreso a pedalare e lavorare in palestra dopo le vacanze alle Mauritius col fidanzato Manlio Moro.

Su e giù dal cucuzzolo di San Marino entrambi stanno seguendo i loro programmi e così mentre Rachele aspetta che rientri Manlio da un allenamento un po’ più lungo del solito per pranzare assieme, ne approfittiamo per chiedere a lei come sarà il comparto delle velociste della prossima Picnic PostNL. Il passaggio in corsa di Charlotte Kool alla Fenix-Deceuninck lo scorso agosto e la partenza di altre compagne, ridisegna in parte il ruolo della 28enne nel team olandese.

Oltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c'è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio Moro
Oltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c’è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio Moro
Oltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c'è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio Moro
Oltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c’è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio Moro
Eri arrivata alla Picnic col compito di essere l’ultima ruota di Kool, ma adesso cambia qualcosa per te?

Posso dire che diventa tutto nuovo per me, che poi forse è tutto vecchio perché è un piccolo ritorno alle origini. Dovrò farmi trovare pronta per tornare ad essere la velocista di riferimento della squadra. Dovrò sostituire Charlotte, che già non era più con noi nel finale della scorsa stagione, ma nel 2026 non avremo nemmeno Megan e Franziska (rispettivamente Jastrab e Koch, passate alla UAE Team ADQ e FDJ-Suez, ndr). Vanno ricostruiti alcuni vagoni del nostro treno.

Ritieni che possa essere più complicato del previsto?

C’era molta intesa con loro. Con Megan mi sono trovata talvolta a farle da leadout, mentre Franziska era una che entrava in azione appena prima. Non è mai semplice ripartire daccapo perché anche nel femminile si vedono treni più strutturati. Adesso ci sono squadre che hanno almeno 2-3 atlete che si sacrificano eventualmente per ricucire su una fuga e poi altrettante che lavorano per impostare la volata negli ultimi chilometri. Ma non dovremo limitarci solo a questo aspetto.

Cosa intendi?

Il lavoro che mi sono ritrovata a fare quando sono entrata in questa squadra mi ha aperto gli occhi nella gestione degli sprint o delle gare che potevano finire in quel modo. Al netto delle difficoltà altimetriche del percorso, bisogna essere sempre brave a sapersi adattare al tipo di corsa che ci salta fuori. Quindi le compagne possono servire per ciò che dicevo prima oppure entrando in azione in un altro modo.

E’ rimasta Georgi e per Rachele Barbieri può essere una pedina fondamentale nelle volate?

Con Pfeiffer c’è molta affinità. Lei è fortissima benché sia un’atleta con altre caratteristiche. E’ meno veloce di me, ma è perfetta per il lead out perché ha la resistenza giusta e necessaria per ricoprire quel ruolo. Ho già lavorato tanto con lei e sono felice di continuare a farlo. Dovremmo avere un calendario abbastanza simile. Lei sarà la capitana per le classiche più impegnative, quelle meno adatte a me dove sarò di suo supporto.

Nel vostro treno potrebbe rientrare anche la tua conterranea Gaia Masetti?

Innanzitutto sono molto contenta di avere Gaia in squadra, una modenese come me anche se io ormai vivo da un’altra parte. Tuttavia so che quando farò qualche giorno in famiglia, potrò contare sulla sua compagnia per allenarci assieme. E non è un aspetto di poco conto. Gaia è un’atleta completa che può fare parte del nostro reparto senza problemi perché sa già quali compiti bisogna fare. Non sarà l’unica nuova.

A chi ti riferisci?

Un’altra novità sarà rappresentata da Mia Griffin (campionessa irlandese in carica su strada arrivata dalla Roland Le Devoluy, ndr). E’ una velocista che non conosco benissimo, anche se ricordo di averla incrociata in pista diverse volte. Avremo modo di affinare la nostra conoscenza in ritiro. La nostra è una squadra che forma le ragazze che arrivano e ogni compagna poi è pronta a dedicarsi al 100 per cento in gara. Sarà così anche la prossima stagione, anzi già a Calpe dal 10 al 18 dicembre capiremo meglio come sarà composto il reparto che ci riguarda.

Matteo Malucelli

Malucelli, 8 vittorie e tanta costanza: è pronto per un Grande Giro?

28.10.2025
6 min
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Matteo Malucelli è stato l’italiano più vincente dell’anno dopo Jonathan Milan. Lo sprinter della XDS-Astana ha portato a casa otto corse contro le dieci di Milan, ma quel che più conta è che ha dimostrato costanza di rendimento: anche quando si è scontrato con i super big non ha mai sfigurato.

I più maliziosi potrebbero dire che le sue vittorie sono arrivate in corse minori in Asia. Vero, ma innanzitutto le gare vinte da Malucelli erano di buon livello e poi bisogna saperle vincere. In tanti dicono “vado a correre in Asia” e poi restano con un pugno di mosche in mano.

L’oggetto dell’articolo però non è questo. Il valore di Malucelli è noto, così come la sua serietà. La curiosità è capire se Malucelli sia pronto per esordire in un Grande Giro. A 32 anni suonati si merita questa occasione, vista la solidità dimostrata? Lo abbiamo chiesto al suo preparatore, Claudio Cucinotta. Una domanda simile l’avevamo già posta all’head coach della XDS-Astana, Maurizio Mazzoleni, ma in quell’occasione era emerso anche un aspetto tecnico-tattico, vale a dire gli uomini da portargli. Con Cucinotta invece si parla strettamente di “motore”.

Claudio Cucinotta, classe 1982, è uno dei preparatori della XDS-Astana
Claudio Cucinotta, classe 1982, è uno dei preparatori della XDS-Astana
Claudio, partiamo da qui: le otto vittorie di Malucelli…

Sicuramente Matteo è quello che si chiama velocista puro. E’ veramente uno dei pochi rimasti, perché è una figura che nel ciclismo moderno si sta un po’ perdendo: ormai serve essere forti anche dal punto di vista aerobico. In passato c’erano velocisti molto rapidi ma carenti da quel lato.

Dire forza aerobica per un velocista intendi essere più bravi in salita?

Esatto. Prima lo sprinter in salita si staccava e faticava, adesso questa figura sta scomparendo perché ormai le gare si corrono sempre “a tutta” dalla partenza all’arrivo. Chi non ha un motore aerobico di un certo livello fatica anche se la corsa non è altimetricamente impegnativa. Per questo motivo Matteo emerge soprattutto nelle corse in Asia, dove il modo di correre è un po’ diverso rispetto all’Europa. Ma attenzione: il valore del campo partenti non è affatto più basso rispetto a una corsa di pari categoria europea per quanto riguarda i velocisti.

E cosa cambia?

I percorsi. Sono più piatti e pianeggianti. E siccome sono così, gli atleti più forti in salita o a cronometro, quelli con un motore aerobico importante, spesso non vengono mandati lì. Di conseguenza la corsa si sviluppa in modo da agevolare il velocista puro. E tra i velocisti puri Matteo è sicuramente uno dei più forti. A riprova c’è quanto fatto all’UAE Tour.

Matteo Malucelli e Tim Merlier e Jonathan Milan
Lo sprinter della XDS-Astana all’UAE Tour pronto al testa a testa con Merlier e Milan
Matteo Malucelli e Tim Merlier
Lo sprinter della XDS-Astana all’UAE Tour pronto al testa a testa con Merlier
A cosa ti riferisci?

Quest’anno è uno dei pochi che può dire di aver battagliato ad armi pari con Merlier e con Milan. In una tappa ha fatto secondo dietro a Merlier e davanti a Milan. La tappa successiva era ancora lì a giocarsela, poi è caduto e si è dovuto ritirare. Ma questo dimostra che anche contro i mostri sacri può giocarsela, quando il percorso è adatto.

Che tipo di velocista è? Tu che conosci i suoi numeri puoi darci un quadro diverso…

E’ un velocista con peculiarità precise: non è il tipo alla Milan che parte ai 200-250 metri e nessuno lo passa. E’ più simile a Robbie McEwen dei miei tempi. Ha un picco di potenza molto elevato.

Senza contare che è anche molto aerodinamico. Matteo ha studiato parecchio la posizione…

Sì, è molto attento e professionale, cura ogni dettaglio. Si impegna tantissimo nell’allenamento e nell’alimentazione. Con la maturità ha preso coscienza del tipo di corridore che è e del suo potenziale. Sa di non essere un fenomeno assoluto e quindi lavora al massimo per restare competitivo. I risultati arrivano anche perché ha dei picchi di potenza notevoli, ma per arrivare alla volata deve limare tutto nei minimi dettagli.

Matteo Malucelli, sprint, XDS-Astana, Langkawi 2025
Malucelli e la sua esplosività all’ultimo Tour de Langkawi
Matteo Malucelli, sprint, XDS-Astana, Langkawi 2025
Malucelli e la sua esplosività all’ultimo Tour de Langkawi
E allora, visto che abbiamo parlato di motore aerobico, Malucelli può fare un Grande Giro?

Può farlo sicuramente. Bisogna però capire l’obiettivo. Se si vuole arrivare fino in fondo è più complicato. Ma se nei primi dieci giorni ci sono cinque volate, una squadra può dire: “Rischiamo, lo portiamo, magari vince una o due tappe e poi torna a casa”. Sarebbe già un bilancio più che positivo.

Tanti sprinter vengono con l’obiettivo dei primi 10-12 giorni…

Esatto. Per un atleta con le sue caratteristiche è difficile finire un Grande Giro, specie oggi con questo modo di correre.

Spiegaci meglio…

Ci sono tappe in cui si va forte dal primo all’ultimo chilometro. I velocisti puri fanno tanta fatica. Basti pensare a Mark Cavendish: anche lui, pur essendo di un’altra caratura, ha faticato negli ultimi anni a finire prima il Giro d’Italia e poi il Tour de France. Certo, ha vinto tappe in entrambi, ma sulle montagne era sempre in bilico col tempo massimo.

Malucelli ha esordito tra i pro’ nel 2017 all’Androni
Malucelli ha esordito tra i pro’ nel 2017 all’Androni
Se ci fossero stati i vecchi margini sarebbe fuori tempo massimo?

Vero. Nel ciclismo pre-Covid non si andava a tutta dalla partenza all’arrivo, quindi anche se il tempo massimo era più stretto, si partiva più piano. Adesso invece già sulla prima salita, magari a 150 chilometri dall’arrivo, c’è bagarre e i velocisti si staccano. E’ questo il problema. Corridori come Jasper Philipsen riescono a superare meglio le salite e per questo restano competitivi fino alla fine dei Grandi Giri.

Per assurdo, potrebbe essere il Tour de France il Grande Giro più adatto a Matteo?

Diciamo che anche il Tour non è più quello di una volta. In passato era considerato più regolare e prevedibile, ma oggi è cambiato: tappe più corte e più esplosive, fatte per aumentare lo spettacolo e tenere alta la velocità dall’inizio alla fine. Quindi non è detto che per un velocista come Matteo sia meno duro rispetto a Giro o Vuelta.

Quanto sarebbe stato importante per lui aver fatto dei Grandi Giri da giovane?

Se riesci a finirne uno in buone condizioni ti dà tantissimo, sia in termini di endurance sia di fondo generale. Probabilmente adesso avrebbe qualcosa in più nella tenuta e nella gestione delle salite in gara. Ma ogni storia è diversa: Matteo ha sempre corso in squadre medio-piccole e questo si riflette anche nel modo in cui affronta le volate.

Secondo Cucinotta in vista del Grande Giro Matteo dovrebbe lavorare molto sulla zona aerobica e in salita
Secondo Cucinotta in vista del Grande Giro Matteo dovrebbe lavorare molto sulla zona aerobica e in salita
Cosa intendi?

A volte fa un po’ fatica a seguire i compagni di squadra, perché è sempre stato abituato ad arrangiarsi, a saltare da una ruota all’altra.

Claudio, prima hai detto che Malucelli può fare un Grande Giro. Se quest’anno decideste di portarlo, dovrà lavorare di più sulla parte aerobica?

Sicuramente dovrà farlo, ma bisogna capire se ne vale la pena. Il discorso è sempre quello della coperta corta: se lavori di più sull’aerobico, migliori in salita ma rischi di perdere spunto in volata. Quest’anno ha vinto otto corse grazie alle sue caratteristiche naturali. Il prossimo magari tiene di più ma ne vince solo due. Ne vale la pena? Secondo me Matteo ha trovato la sua dimensione e nella nostra squadra l’ambiente ideale. Tra l’altro, avendo un main sponsor cinese, per noi le gare asiatiche sono importanti e un corridore come lui ha grande valore.

Quindi Malucelli al Grande Giro ci può andare? Come la chiudiamo, Claudio?

Sì, ci può andare e se lo meriterebbe anche. Ma deve lavorare in un certo modo. E’ da capire se davvero ne valga la pena, per la squadra… e per lui.

Vince in volata, ma vuole completarsi: scopriamo Marchi

26.04.2025
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La prima mano di poker è stata sua. In un mese da inizio marzo ha inanellato quattro vittorie tutte con una volata potente, la sua griffe. Tommaso Marchi in questo scorcio di stagione ha dimostrato di essere il velocista più continuo, anche per merito del lavoro sviluppato dalla Borgo Molino Vigna Fiorita.

Al secondo anno da junior, il 18enne trevigiano di Mareno di Piave (in apertura foto Lisa Paletti) sta mantenendo fede al suo percorso di crescita, fatto finora di quaranta successi giovanili partendo agli esordienti. Numeri importanti che tuttavia vanno valutati dal punto di vista statistico per non togliere l’attenzione ad un altro aspetto fondamentale, quello di diventare un corridore.

Per Pavanello (secondo da destra), Marchi è un velocista moderno con margini di crescita sul passo (foto Borgo Molino)
Per Pavanello (primo da destra), Marchi è un velocista moderno con margini di crescita sul passo (foto Borgo Molino)

Visto da Pavanello

Quando abbiamo deciso di conoscere meglio Marchi, non abbiamo potuto tralasciare il parere di Cristian Pavanello, suo diesse e grande conoscitore del panorama giovanile.

«Prima di tutto devo dire – apre il discorso – che Tommaso va elogiato perché è un bravo ragazzo, educato, dalle buone maniere e che si impegna tanto a scuola. Un figlio che ogni genitore vorrebbe avere. Dal punto di vista ciclistico invece in questi due anni, ed in particolare l’anno scorso, abbiamo lavorato cercando di migliorare dove ce n’era bisogno, specie sul fondo e in salita. E già ora ne vediamo i risultati. Vincere una gara come i Colli Marignanesi in Romagna non è cosa da poco. E nemmeno in Toscana ad Altopascio era semplice.

«Ora credo sia un corridore più moderno del classico velocista – conclude Pavanello – Certo parliamo sempre di un ragazzo che pesa 80 chilogrammi, quindi sullo Zoncolan non lo vedremo mai con i primi, a meno che non parta il giorno prima (ci dice sorridendo, ndr). Battute a parte credo che Tommaso nel tempo possa essere un uomo veloce forte anche sul passo, ma c’è molto da lavorare. Ci vuole pazienza. Le vittorie hanno un loro significato e servono, però poi conta il domani. Mezzi permettendo, negli juniores occorre imparare il mestiere per sapersi esprimere domani. Non pensiamo a ciò che accade troppo spesso ai ragazzi di adesso che vanno direttamente nel WorldTour».

Uno. Il 9 marzo a Nonantola colpo di reni vincente di Marchi su Vendramin per la prima vittoria stagionale (foto italiaciclismo.net)
Uno. Il 9 marzo a Nonantola colpo di reni vincente di Marchi su Vendramin per la prima vittoria stagionale (foto italiaciclismo.net)
Tommaso, partiamo da una tua presentazione. Chi sei giù dalla bici?

Sono un ragazzo che frequenta la quarta classe di ragioneria in un istituto di Conegliano. Nel tempo libero mi piace stare con la fidanzata e con gli amici, soprattutto per staccare la mente. Purtroppo con loro mi capita spesso di dire di no per gli impegni agonistici, ma sono comprensivi ed anche a scuola quando sono assente giustificato riescono a spiegare bene agli altri compagni e ai professori quanto ora sia difficile e complesso il ciclismo. Non seguo il calcio, mi appassiona la Formula 1 e naturalmente il mio sport.

Come nasce invece il Tommaso ciclista?

Ho iniziato a correre in bici da G2 per caso, quasi per sbaglio. Un giorno ho seguito ad un allenamento un mio amico che già gareggiava nel Pedale Marenese, il cui diesse era un mio vicino di casa. Non sapevo del ciclismo, però guardando quei miei coetanei mi sono entusiasmato e sono tornato a casa dicendo a mio padre che volevo provare a correre. Lui era stupito, ma mi ha accontentato ed è cresciuta la passione. Ancora adesso mi sento un bambino che si diverte in bici e mi aiuta a non sentire il peso degli allenamenti.

Immaginiamo che conti anche la società in cui corri.

Sì, tanto assolutamente. Nella nostra squadra c’è un clima tranquillo e stiamo bene. Quest’anno abbiamo tanti ragazzi all’esordio tra gli juniores che devono imparare, anzi che vogliono imparare. Li vedo molto attenti, in crescita e mi hanno aiutato a vincere. Siamo un bel gruppo.

Prendendo spunto da ciò che ha detto il tuo diesse, che tipo di corridore ti senti?

Cristian ha detto velocista moderno, io non saprei ancora come definirmi. Tengo sugli strappi brevi e l’anno scorso avevo colto un decimo posto al Trofeo Piva Junior che ha scoperto qualche caratteristica nuova di me. Sto lavorando da tempo sulle salite più lunghe e mi sento meglio. Già in questo avvio di stagione avevo valori come quelli di metà stagione dell’anno scorso. Devo certamente migliorare la mia esplosività in volata. Al momento sono uno da volate lunghe. Le lancio a 250 metri dal traguardo e se riesco a tenere la velocità alta, allora me le gioco. Infatti da allievo avevo vinto un tricolore nel keirin sulla pista di Dalmine che è lunga 400 metri.

Tre. Marchi vince i Colli Marignanesi indicando con la mano il bottino fin lì raccolto (foto italiaciclismo.net)
Tre. Marchi vince i Colli Marignanesi indicando con la mano il bottino fin lì raccolto (foto italiaciclismo.net)
A proposito, come sei messo con la doppia attività?

Quest’anno, parlando con Pavanello, abbiamo deciso di concentrarci solo sulla strada. In pista dovrei correre solo i campionati italiani, però vorrei riprendere a fare entrambe nel 2026 perché sappiamo che la multidisciplinarietà è importante.

L’anno prossimo passerai U23 e sicuramente sarai finito nel taccuino di tante formazioni. Sai già qualcosa?

Il mio procuratore Alessandro Mazzurana (dell’agenzia Teamvision Cycling, ndr) mi tiene aggiornato. Non sto correndo con la pressione di fare il salto negli U23 in un certo modo. So che ci sono un paio di squadre interessate a me, però io non ci penso o comunque ci penserò più avanti.

Ti sei ispirato a qualche pro’ in questi anni?

Non uno in particolare. Quando ho iniziato a correre il mio idolo era Sagan, anche perché era un bel personaggio che faceva bene al ciclismo. Adesso mi piace un corridore lontano dalle mie caratteristiche (sorride, ndr). Mi piace Evenepoel perché adesso quando corre non è mai anonimo. E’ uno che ci prova sempre.

Quali sono gli obiettivi a medio e lungo termine di Tommaso Marchi?

Il campionato italiano è uno di questi, anche se dobbiamo ancora capire come sarà il percorso. A luglio al Piva Junior sono curioso di vedere la differenza dall’anno scorso, ma in generale punto a guadagnarmi una convocazione in nazionale per l’europeo o per altre gare internazionali. La maglia azzurra l’ho indossata da allievo nel 2023 agli EYOF di Maribor. E’ stata un’esperienza bellissima, ma poco fortunata. Durante la crono diluviava e tirava un vento così forte che ad un mio compagno volarono via gli occhiali. Nella prova in linea invece la mia gara era durata poco. Erano caduti tre atleti davanti a me ed io ne ero rimasto coinvolto. Se dovessi indossare nuovamente l’azzurro, vorrei rifarmi o almeno essere più fortunato.

Costruiamo il velocista con Fusaz: potenza, endurance e testa

08.02.2025
6 min
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La vittoria allo sprint di Davide Stella al Tour of Sharjah, primo successo azzurro del 2025, è stata una delle prime sorprese positive della stagione. Il velocista del UAE Team Emirates Gen Z è appena passato under 23 e ha già trovato modo di mettersi alle spalle corridori più esperti. Non di certo un parterre di primi della classe ma in pochi, forse nemmeno lo stesso Stella, avrebbe immaginato di iniziare così la sua avventura nel devo team emiratino. 

Parlando con Giacomo Notari, preparatore dei ragazzi alla UAE Gen Z, è emerso che Stella nel ritiro di dicembre già dava del filo da torcere a velocisti del calibro di Molano. Lo stesso coach non si era detto troppo sorpreso, sottolineando però come il processo di crescita fosse ancora lungo. 

Davide Stella e la volata al Tour of Sharjah che gli è valsa la prima vittoria con la UAE Team Emirates Gen Z (foto Tour of Sharjah)
Davide Stella e la volata al Tour of Sharjah che gli è valsa la prima vittoria con la UAE Team Emirates Gen Z (foto Tour of Sharjah)

Resistenza

Abbandonando le gesta sportive dello sprinter e del pistard azzurro ci siamo interrogati più ad ampio raggio. La domanda che ci frullava per la testa era: “come si costruisce un velocista?”. Siamo così andati a parlare con Andrea Fusaz, allenatore della Bahrain Victorious, per allargare il discorso e capire come si lavora per far emergere le qualità di un grande sprinter. 

«Vero – ci dice subito – un ragazzo di 18 anni può competere nello sprint secco contro un velocista più maturo. Se ha raggiunto una maturità fisica e già lavora bene sia in bici che in palestra il picco di potenza ce l’ha. La cosa difficile è farlo arrivare fresco dopo gare da 180, 200 o 250 chilometri. Oppure deve riuscire a fare una volata anche dopo una settimana di gara. Il primo passo è quindi inserire dei lavori di resistenza, che nel tempo però rischiano di far abbassare il picco di potenza massima».

L’endurance si migliora in allenamento e in gara, accumulando ore in bici
L’endurance si migliora in allenamento e in gara, accumulando ore in bici
Bisogna trovare il giusto equilibrio tra potenza e resistenza…

La vera sfida è riuscire a portare quel picco di potenza e di forza che di solito hanno dopo 120 chilometri a quando ne percorrono 250. 

Il picco di potenza quindi anche da giovani può essere importante?

Tendenzialmente sì, vi faccio un esempio: un corridore come Skerl a 20 anni aveva un picco di potenza di 1.800 watt. Il lavoro che si può fare, da questo punto di vista, è quello di metterli nelle condizioni di mantenere quei valori per più tempo, magari 12 secondi invece che 8 secondi. Si tratta di allungare la durata dello sprint e di creare resistenza, ma entra in gioco anche la durability

Ovvero?

La capacità di riuscire a performare, quindi a fare i tuoi numeri migliori, nonostante si siano consumate tante energie prima. Il primo sintomo che tende a farci fermare nel momento in cui andiamo a cercare di aumentare la resistenza di un atleta è il fatto che comincia a perdere potenza. 

La durability invece incrementa con il passare delle stagioni e degli anni
La durability invece incrementa con il passare delle stagioni e degli anni
Come si può compensare questa perdita di potenza?

Con le sedute in bici si va ad allenare la componente aerobica, a quel punto è naturale che si perda leggermente quel picco di forza, che va compensato con la palestra ed esercizi in bici. 

Tutti i ragazzi riescono a fare questo passo, ovvero aumentare la resistenza in maniera importante mantenendo comunque lo spunto veloce?

Ci sono vari esempi: alcuni atleti riescono a mantenere comunque il loro picco nonostante comincino a inserire tanto lavoro aerobico. Altri, invece, migliorano abbastanza sul passo, ma poi non sono più in grado di fare quei numeri che gli permettevano di vincere. E’ un equilibrio abbastanza leggero, si parla di uno sport che comunque è di endurance, quindi se il corridore spende troppo la prima parte non sarà in grado di farti lo sprint dopo.

Cosa intendi con tante ore di endurance?

L’endurance alla fine sono ore in bici, quindi cominci con allenamenti da quattro a cinque ore. Tendenzialmente un velocista non fa 30 ore alla settimana, si ferma a volumi molto minori. Il “problema” è riuscire a fare in modo che l’atleta sia in grado di sostenere un consumo di chilojoule elevato e che poi riesca a sprintare. 

In che modo si riesce a vedere se un atleta sta perdendo il picco di potenza?

Dall’allenamento. In una seduta di solito si mettono degli sprint all’inizio e alla fine. In questo modo si ha un doppio riferimento: da freschi pieni di energie e con tanto zucchero nel sangue e poi alla fine quando il fisico ha consumato 2.000-3.000 kcal. Se analizzando i dati si vede una grande differenza di valori vuol dire che ci si sta concentrando troppo sull’endurance. In quel caso si riducono le ore.

Quanto contano le caratteristiche fisiche? Tu hai parlato di Skerl che pesa 77 chili ed è alto 177 centimetri, ma hai allenato anche Milan che pesa 85 chili ed è alto 193 centimetri…

Milan è un velocista atipico. L’ho allenato da quando era junior e si è sempre visto come fosse in grado di fare numeri ottimi. Per la sua dimensione e la sua stazza forse Greipel faceva meglio. Però Milan arriva alla volata con una forza che nessuno riesce a mantenere. Per fare un altro esempio: Cavendish per i numeri che aveva riusciva a tenere e poi fare una volata alla fine di un Grande Giro e vincerla. Lui è stato veramente un velocista fenomeno con i numeri che aveva. Ma c’è un altro dettaglio che conta.

Quale?

La testa. A mio modo di vedere i velocisti che sono riusciti a primeggiare veramente sono quelli che hanno imparato dalle loro volate. Tutti gli sprinter arrivano all’ultimo chilometro, ma solo uno vince e tutto si gioca in secondi. C’è una componente di lucidità e di serenità che non può essere messa in secondo piano. 

Bruttomesso (sullo sfondo) dopo un anno nel WT si sta avvicinando ai velocisti più forti del gruppo
Bruttomesso (sullo sfondo) dopo un anno nel WT si sta avvicinando ai velocisti più forti del gruppo
Un altro ragazzo giovane con il quale state lavorando è Bruttomesso…

Lui sta crescendo un sacco. Sia lui che Skerl sono giovani di primo o secondo anno e il loro percorso è appena iniziato. Stanno facendo i passi giusti, l’endurance e la durability migliorano invecchiando. Con il passare delle stagioni riesci a percorrere quei 200 chilometri consumando sempre meno. Migliora la resistenza e l’ossidazione lipidica, ma allo stesso tempo rimane alta la capacità di produrre acido lattico e quindi potenza nel breve tempo. 

Quanto è importante far correre gli atleti su percorsi misti, anche da under 23?

Tanto. Tornando al discorso durability di prima: una corsa ondulata porta ad avere 150 variazioni di ritmo e 150 punti in cui si producono otto picchi di potenza per brevi tratti. Il velocista deve riuscire a sprintare dopo tutti questi sforzi, sia a livello metabolico che a livello muscolare e neuro muscolare. Poi se si parla di ciclismo moderno dobbiamo dire che la palestra ha un ruolo cruciale per lo sviluppo della forza esplosiva. Così com’è importante l’alimentazione, quindi la quantità di carboidrati che mangiano durante la gara o l’allenamento.

Stella: sprint vincente nel deserto, buona la prima!

28.01.2025
4 min
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La prima vittoria italiana della stagione 2025 porta la firma del giovane Davide Stella, velocista al suo primo anno nella UAE Team Gen Z. Un esordio coi fiocchi per il pistard classe 2006 che alla quinta e ultima tappa del Tour of Sharjah mette in fila tutti (in apertura foto Tour of Sharjah). Il talento della pista azzurra, che nel mondiale juniores dello scorso settembre ha portato a casa due ori e un argento, ha cominciato con il piede giusto anche su strada. 

Nel deserto, tra moschee e sabbia fa un gran caldo. Al termine della tappa raggiungiamo Stella al telefono. Lui e i compagni del devo team della UAE Team Emirates si trovano al Dubai Mall per festeggiare. Un giro per salvarsi dal caldo e per trovare un po’ di svago alla fine di dieci giorni impegnativi. 

«Siamo arrivati negli Emirati – dice Stella al telefono – il 18 gennaio per correre una gara inaugurale. Poi è iniziato il Tour of Sharjah. Nei primi giorni sono stato male, ho preso un virus intestinale che mi ha debilitato parecchio. Ho perso quattro chili di liquidi. Man mano che le tappe passavano stavo sempre meglio (lo testimonia il quinto posto nella seconda tappa, ndr)».

Stella ha conquistato il titolo iridato con il quartetto azzurro, per loro è arrivato anche il record del mondo
Stella ha conquistato il titolo iridato con il quartetto azzurro, per loro è arrivato anche il record del mondo

Energia ritrovata

I chilometri sono passati e la forza è presto tornata a impossessarsi delle gambe di Stella, che nella volata di oggi ha chiuso in bellezza il viaggio negli Emirati Arabi.

«Come sviluppo di gara – spiega il velocista – mi sono trovato bene, in queste gare il gruppo controlla l’andamento della tappa. Tutto è più lineare. La volata di oggi è stata abbastanza nervosa, non è stato facile gestirla, tanto che all’ultimo mi sono trovato solo. Dopo l’ultima rotonda ero rimasto indietro, così ho lanciato lo sprint ai 400 metri. Piano piano sono risalito, fino a superare il primo. E’ stato uno sforzo abbastanza simile a quello che faccio in pista, dove siamo chiamati a fare tanti secondi con picchi alti di potenza. Prima di partire per venire qui a correre sapevo di stare bene, per quanto riguarda il picco di potenza massima ero su ottimi livelli. Non ho ancora metabolizzato bene il successo, magari tra qualche ora sarò più consapevole. Però iniziare così è bello, molto».

Nella prima volata del Tour of Sharjah Stella ha ottenuto un quinto posto, serviva solo prendere le misure (foto Tour of Sharjah)
Nella prima volata del Tour of Sharjah Stella ha ottenuto un quinto posto, serviva solo prendere le misure (foto Tour of Sharjah)

La parola del coach

Al Tour of Sharjah, insieme ai ragazzi del UAE Team Gen Z, c’era anche Giacomo Notari. Il preparatore del devo team non è andato con i ragazzi a festeggiare, per lui e lo staff è tempo di fare le valige e preparare il rientro di tutti i materiali. 

«Che corridore sia Stella – racconta Notari mentre è indaffarato con le ultime cose da sistemare – lo abbiamo visto fin dai primi test e anche da ciò che ha fatto su pista. Con lui abbiamo impostato un lavoro che ci permettesse di mantenere e migliorare l’esplosività, tanto che ha continuato ad allenarsi su pista durante l’inverno. A livello anaerobico è tanto, tanto, ma tanto forte. Si tratta di un velocista puro e lo si è visto fin dal primo ritiro, quando faceva le volate con Molano e se la giocava. Ma uno juniores forte può giocarsela con un corridore più maturo nello sprint secco. Quello che deve migliorare Stella è la resistenza».

Davide Stella ha impressionato Notari per la sua potenza nello sprint (foto Tour of Sharjah)
Davide Stella ha impressionato Notari per la sua potenza nello sprint (foto Tour of Sharjah)

Cammino misurato

Quello che ha intrapreso Davide Stella con il UAE Team Gen Z è un cammino lungo. Oggi, e in generale in questi primi mesi, ha fatto il primo passo. Che poi questo abbia portato già a una vittoria è un segnale che fa ben sperare e mette tutti di buon umore. Ma il percorso è ancora lungo

«L’equilibrio da trovare – continua Notari – è delicato. Stella deve mantenere lo spunto veloce, quindi una fase anaerobica forte. Tuttavia per esprimersi al suo massimo nelle volate deve riuscire ad arrivarci fresco, per questo si deve migliorare nella parte anaerobica. Durante l’inverno ci siamo concentrati su tutte e due le fasi, con tante ore in Z2 per aumentare la resistenza e i lavori sulle volate e in pista per mantenere lo spunto.

«In queste tappe le distanze non erano proibitive, sono distanze che uno junior può reggere, si parla di 120 0 130 chilometri per tappa. Ciò su cui dovremo lavorare sarà arrivare dopo 150 o 170 chilometri con lo stesso spunto veloce. L’ho detto ieri ai ragazzi, voi siete nel devo team per crescere, nessuno vi chiede di vincere dieci gare, ma di arrivare pronti per il salto nel WorldTour. Poi se si vince meglio (dice con una risata, ndr) ma non deve essere un’ossessione».

Petacchi: «Ursella con noi per diventare un velocista completo»

21.11.2024
5 min
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La SC Padovani Polo Cherry Bank è l’ultima arrivata tra le formazioni continental italiane, almeno sulla carta, vista la lunga storia che contraddistingue il team. La squadra veneta ha già iniziato a svelare piano piano i nomi della rosa in occasione del 2025. Tra questi spicca quello di Lorenzo Ursella, velocista friulano che tra gli juniores faceva tremare gli avversari. Dopo due stagioni non felici in Olanda al devo team della DSM era tornato in Italia alla Zalf. La stagione scorsa non è andata secondo le aspettative, nonostante una vittoria di tappa al Giro del Veneto. 

Ursella nel 2024 ha corso con la Zalf Euromobil, qui la vittoria della terza tappa al Giro del Veneto (photors.it)
Ursella nel 2024 ha corso con la Zalf Euromobil, qui la vittoria della terza tappa al Giro del Veneto (photors.it)

Velocista puro

In Ursella però la SC Padovani Polo Cherry Bank ci crede, forti anche delle figure tecniche di spessore che sono riusciti a portare a bordo. Uno dei consulenti del team è Alessandro Petacchi, velocista in grado di vincere 22 tappe al Giro d’Italia, 20 alla Vuelta e 6 al Tour de France. Il profilo di Lorenzo Ursella è quello di uno sprinter puro, forte e robusto. Al quale però bisogna trovare la giusta dimensione nel ciclismo moderno (Petacchi e Ursella sono insieme nella foto di apertura insieme a Ongarato, photors.it)

«Ursella è un corridore pesante – dice Petacchi – sicuramente. Ho avuto modo di vederlo nei primi giorni e durante i vari test è emerso che comunque ha una massa grassa ridotta. Lui a regime normale pesa 80 chili e sono tutti muscoli. Io stesso da corridore pesavo sei chili in meno, e nel ciclismo sono tanti. In una salita al 6 o 7 per cento vuol dire dover fare 35/40 watt in più solamente per tenere il gruppetto».

Il corridore friulano ha un fisico imponente, da velocista puro
Il corridore friulano ha un fisico imponente, da velocista puro
Dovrà migliorare parecchio…

Allenarsi, più che altro. Lui ha una gran voglia di fare e questo è positivo, già questo inverno abbiamo fatto fatica a farlo rimanere fermo. La squadra avrà nello staff una figura come Paolo Slongo, preparatore dalle ottime conoscenze tecniche. Ursella dovrà essere bravo ad ascoltarlo. Penso che lavorare con una figura come quella di Slongo gli farà fare uno step in più. 

Ursella ha passato tre anni difficili.

Questo è vero, si era un po’ perso dopo i due anni all’estero. E’ un ragazzo che cerca fiducia e conferme, noi cercheremo di seguirlo al meglio. Le qualità ci sono, ciò che ha fatto vedere da juniores è nella memoria di tutti, non può passare in secondo piano. 

Ursella dovrà migliorare tanto in salita, per resistere anche nelle gare più impegnative (photors.it)
Ursella dovrà migliorare tanto in salita, per resistere anche nelle gare più impegnative (photors.it)
Il suo profilo è quello di un velocista puro, figura che sta scomparendo in questo ciclismo?

Non penso. Deve migliorare nelle gare ondulate o nelle tappe difficili. Ci sarà da fare un bel lavoro di resistenza per superare certe difficoltà altimetriche. Lo spunto veloce non lo perde. Secondo me poi nel nostro team si troverà bene. 

Perché?

Non abbiamo uno scalatore puro, ma tanti passisti o passisti-scalatori. Penso riusciremo a impostare un treno di tutto rispetto per Ursella, cosa che gli agevolerà parecchi aspetti della corsa, non ultimo le volate. La Padovani non ha preso un velocista solo per far numero, ma perché ci crede e vuole dargli il giusto supporto. 

Le qualità che il friulano dovrà allenare saranno resistenza e fondo
Le qualità che il friulano dovrà allenare saranno resistenza e fondo
Nelle gare piatte ha fatto vedere di sapersi muovere.

Come squadra faremo la doppia attività, quindi in gare come la Vicenza-Bionde, Popolarissima o gare a tappe con volate nel mezzo faremo il lavoro per lui. Certo che poi tocca a lui diventare più resistente nelle frazioni di montagna, non si può ritirare alla prima tappa dura. 

E come si migliora questo aspetto?

Abituandosi a correre e facendo fatica. Deve arrivare ad avere il giusto ritmo nelle salite lunghe o medio-lunghe. Gestire lo sforzo è importante, ma deve farlo con l’ottica di resistere o comunque di non perdere troppo le ruote. Migliorare nei percorsi mossi è fondamentale poi per le corse a tappe, perché il velocista nelle giornate difficili deve salvarsi, ma anche riuscire a smaltire in fretta lo sforzo, altrimenti il giorno dopo la volata non la fai comunque. 

Ursella avrà al suo fianco compagni di squadra pronti a scortarlo nelle volate (photors.it)
Ursella avrà al suo fianco compagni di squadra pronti a scortarlo nelle volate (photors.it)
Anche perché se si guarda al professionismo non esistono più le tappe piatte. 

Esattamente, ma anche tra gli under 23 scarseggiano. Al Giro Next Gen non può arrivare e ritirarsi alla prima salita. Per fare questo sarà importante allenare il fondo e la resistenza. Non è l’unico velocista con un fisico imponente, se si guarda ai professionisti mi vengono in mente Groenewegen e Milan. Giusto per fare un esempio. 

C’è il rischio di snaturarlo?

Non parlerei in questi termini. C’è da lavorare. Deve arrivare a pedalare in salita in una zona di fatica in cui accumula meno acido lattico possibile e poi deve riuscire a smaltirlo. Non deve restare con i migliori. Anche io, che ero un velocista che teneva in salita, comunque facevo gruppetto. La cosa fondamentale è riuscire a gestire lo sforzo al meglio senza andare alla deriva. Ursella in volata è forte, quelle qualità non si perdono. Dovrà curare maggiormente il resto.

Demare, serenità ritrovata. E ora un treno tutto suo

25.10.2023
4 min
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E’ stato il colpo di mercato della scorsa estate. Arnaud Demare dalla Groupama-FDJ all’Arkea-Samsic nel corso della stagione. Il grande sprinter francese era una delle colonne portanti della squadra di Madiot, ma poi qualcosa si è rotto. La crescita dei ragazzini in casa, l’avvento di un personalità forte come quella di Gaudu…

Dopo l’esclusione da Giro e Tour, il vaso era colmo e anche lui, che non difetta certo di personalità, ha cambiato in corso d’opera. Una scelta azzardata a detta di molti, azzeccata secondo altri. I fatti per ora danno ragione ad Arnaud. 

Demare (classe 1991) al colpo di reni conquista la Paris-Bourges su De Lie
Demare (classe 1991) al colpo di reni conquista la Paris-Bourges su De Lie

Nuovi e vecchi compagni

E gli danno ragione in quanto dopo un paio di mesi è subito riuscito a vincere. Alla seconda corsa con la nuova maglia ha colto un ottimo quarto posto alla Bemer Cyclassic. E non era ancora arrivato il meglio…

«Tutti conoscono la fine della storia con la mia ex squadra – ci ha detto Demare – sapevo che dovevo cambiare formazione. Ho avuto l’opportunità di poter firmare con Arkea-Samsic dal primo agosto e l’ho colta. Volevo unirmi il più velocemente possibile a questa squadra, per la quale ho firmato un contratto biennale. Ringrazio i soci di Groupama e FDJ per avermi liberato dai miei ultimi mesi di contratto e ringrazio Emmanuel Hubert per avermi accolto anzitempo nel suo organico».

Nel nuovo team Demare parla di un ambiente familiare e di un feeling sbocciato subito. «E questo aspetto per me ha molta importanza. Ho scoperto un nuovo staff, nuovi compagni di squadra e presto mi sono integrato. Conoscevo già alcuni corridori della squadra, come Laurent Pichon e Nacer Bouhanni con i quali avevo già corso alla FDJ».

Il francese ha detto di essersi adattato subito bene alla nuova bici Bianchi
Il francese ha detto di essersi adattato subito bene alla nuova bici Bianchi

Subito la vittoria

E che l’integrazione sia stata veloce si è notato da molti aspetti. Demare è tornato ad essere più attivo sui social e soprattutto in gruppo si è rivisto pimpante. Un atleta come lui non passa mai inosservato e sul piano tecnico è riuscito a vincere dopo sole nove gare con la Arkea-Samsic. Questione di gambe, ma anche di testa.

«Ho giocato tutto sul finale di stagione con l’Arkea-Samsic – ha proseguito Demare – era quello che volevo. Questo cambio anticipato mi ha fatto risparmiare tempo in vista del 2024. Adesso conosco la squadra e non avrò bisogno di un periodo di adattamento per l’anno prossimo. Questo è molto importante. 

«Vero, ho colto già due vittorie. Ho sentito dell’orgoglio all’interno dello staff e anche da parte dei corridori. Volevo ricambiarli con i successi. Il mio obiettivo è continuare a farlo anche nelle prossime stagioni e con obiettivi altissimi».

Arnaud ha esordito con la nuova maglia al Tour of Leuven. Era il 15 agosto, cioè 14 giorni dopo il cambio di team
Arnaud ha esordito con la nuova maglia al Tour of Leuven. Era il 15 agosto, cioè 14 giorni dopo il cambio di team

Verso il 2024

Demare sposta dunque l’attenzione già all’anno prossimo. Ha parlato di altissimi obiettivi: uno su tutti? Le Olimpiadi nella “sua” Parigi, per esempio. Il percorso non è durissimo, prevede alcune cotes quando si lascia la Ville Lumiere e qualcuna (Montmartre) quando vi si torna, ma parliamo di asperità lunghe al massimo un chilometro. In più la distanza notevole – 273 chilometri – potrebbe agevolarlo: ricordiamo che Arnaud ha vinto una Sanremo. E poi correndo in casa il discorso della motivazione potrebbe amplificare la sua forza. Tra l’altro lui è di Beauvais che non è distante da Parigi.

Ma tornando a discorsi più pratici e tecnici, quel che ci incuriosisce è il treno che potrebbe avere Demare. Perso Guarnieri, potrebbe ritrovarsi con un altro italiano vicino, Luca Mozzato. Anche se il veneto si sta ritagliando sempre più i suoi spazi. O, perché no, anche Albanese che si unirà a quella che dal prossimo anno sarà l’Arkea-B&B Hotels.

«Avrò un treno – dice con fermezza Demare – ma quali corridori lo comporranno non posso dirlo con precisione perché c’è tanto lavoro da mettere in atto. Tanto lavoro sia tra noi atleti che con la direzione sportiva del team. Una cosa è certa: Miles Scotson e Florian Senechal ne faranno parte. Tutti noi lavoreremo sugli sprint quest’inverno durante gli allenamenti di squadra».

Kooij, quando vincere non basta mai

07.06.2023
4 min
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Olav Kooij ha un piccolo difetto: vince. Sempre e comunque. Qui in Italia abbiamo cominciato a conoscerlo un giorno di settembre del 2020, in quella stagione stravolta dalla pandemia con la Settimana Coppi e Bartali spostata a fine estate e con l’olandese che allora apparteneva al team Devo della Jumbo Visma, vincitore della prima semitappa a Gatteo a Mare. Già quell’anno portò a casa 7 successi internazionali, ma era ancora under 23.

L’anno dopo, approdato nella squadra maggiore, ha preso le misure, con sole 2 vittorie ma anche il bronzo iridato U23 in Belgio, nel 2022 ben 12 successi, quarto nella classifica dei plurivincitori e quest’anno è già ben avviato, con 5 vittorie di peso, battendo il fior fiore dei velocisti mondiali. Ma certe volte anche toccare la punta della piramide non basta a chi deve giudicare…

L’olandese ha vestito la maglia di leader alla Parigi-Nizza. Spesso riesce a far sue anche brevi corse a tappe
L’olandese ha vestito la maglia di leader alla Parigi-Nizza. Spesso riesce a far sue anche brevi corse a tappe

Un velocista… da classifica

Da qualche giorno gira nell’ambiente la notizia che a fine stagione le strade di Kooij e della Jumbo Visma si separeranno e considerando che si parla di un velocista di soli 21 anni, che nel team olandese è praticamente cresciuto, sembra davvero incredibile. Anche perché non stiamo parlando di un velocista comune.

Kooij ha una capacità innata di vincere, ma non solo le volate. E’ uno che capitalizza, che segue con attenzione l’evoluzione delle corse e che sa fare tesoro dei suoi successi, altrimenti non si spiegherebbe come nel suo curriculum spicchino anche corse a tappe come ZLM Tour o Circuit de la Sarthe.

Kooij è nato a Numansdorp il 17-10-2001. E’ alto 1,84 per 72 chili
Kooij è nato a Numansdorp il 17-10-2001. E’ alto 1,84 per 72 chili

La “fame” dello sprinter

«Puoi essere un ciclista professionista senza avere una completa mentalità vincente – affermava qualche giorno fa a Ride Magazine – ma non vai da nessuna parte se non senti dentro di te una totale voglia di emergere e di arrivare prima degli altri. Questo influisce anche sul mio modo di essere, completamente diverso quando salgo in bici.

«Per me, in quel momento, gli altri smettono di essere persone – ha spiegato Kooij arrivando anche a sfiorare il paradosso – sono avversari, corridori da superare, corridori che devono arrivare dietro quando passo la linea d’arrivo. Poi finisce tutto e si ritorna a com’era prima».

Sande, il belga appena riconfermato. Per lui invece trattative in stallo
Olav con Van Der Sande, il belga appena riconfermato. Per lui invece trattative in stallo

Il traguardo come una liberazione

Questi principi, sui quali fonda la sua attività, ma anche il suo modo di interpretare il mestiere di velocista lo hanno portato a essere accomunato a personaggi carismatici e caratterialmente anche spigolosi, come Cipollini o Cavendish e Kooij, onorato di essere affiancato a tali campioni, ha voluto specificare ulteriormente il suo pensiero.

«Un velocista non è come uno scalatore. In quei pochi secondi in cui si va a tutta raggiungendo velocità da auto in corsa, rischiando anche la vita come ad esempio è capitato a Jakobsen, devi avere carattere. Devi lottare per mantenere la posizione, devi avere qualcosa più degli altri per capitalizzare il lavoro di tutta la squadra e dell’intera giornata. Per questo quando taglio per primo il traguardo è come una liberazione, che ha un senso di bellezza epica per l’obiettivo raggiunto, ma anche il sapore della chiusura di una parentesi».

Kooij sta diventando sempre più popolare in Olanda, grazie alle vittorie e al carattere forte
Kooij sta diventando sempre più popolare in Olanda, grazie alle vittorie e al carattere forte

Un occhio verso Parigi

Questo atteggiamento lo ha portato a emergere sempre più velocemente. Chi bazzica nell’ambiente si è accorto che rispetto allo scorso anno è forse il velocista che più è progredito, tanto quanto De Lie che però ha caratteristiche un po’ diverse. Rispetto al corridore della Lotto Dstny, Kooij è velocista più puro, forse meno duttile tatticamente ma sfrontato al confronto con chiunque: «Io non ho paura di chi ho di fronte, ho il massimo rispetto per ogni avversario ma mai paura o senso di inferiorità. Posso giocarmela con tutti».

Parliamo di un ragazzo di 21 anni, che sa bene come programmare i grandi eventi tanto che molti lo additano come la vera carta da giocare al tavolo di Parigi 2024, una delle punte della spedizione arancione che non fa mistero di voler puntare alla top 5 del medagliere anche, anzi soprattutto grazie al ciclismo. Forse anche per questo la sua probabile fuoriuscita dalla Jumbo Visma non lo porterà lontano, visto che i “cugini” del Team Dsm si sono detti subito pronti ad accoglierlo. Meno vincolati alle esigenze di classifica dei loro capitani e più pronti a costruire un treno intorno a lui. Perché le vittorie contano e lui ne garantisce in buon numero…

Velocisti magri al Giro: sei domande a Bragato

11.05.2023
4 min
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Che il velocista stia cambiando è argomento che abbiamo trattato in passato. Stavolta però vogliamo partire da un fatto concreto. In questi primi giorni di Giro d’Italia, abbiamo notato che i velocisti sono davvero magri. Molto più del solito. Anche quelli più potenti. Ci hanno colpito Gaviria, Consonni, Bonifazio… E corridori storicamente più “fisicati” vedi Pedersen, Matthews (di spalle in apertura, ndr) o Ackermann ci sono parsi più “tirati” di altre volte. 

Come mai? La nostra sensazione ha trovato conferma anche in ciò che ci hanno risposto alcuni tecnici, vedi Damiani per quel che riguarda Consonni, e gli stessi atleti.

Perché quindi questo peso minore? Mozzato qualche giorno fa ci ha detto che di volate al Giro ce ne sono parecchie, ma molte di queste il velocista se le deve guadagnare perché a ridosso dell’arrivo o durante la tappa le salite ci sono e lo sprint di gruppo non è scontato. Che siano dimagriti appositamente per questo Giro?

Abbiamo proposto i nostri dubbi a Diego Bragato, allenatore della nazionale della pista e “preparatore dei preparatori”, che tra l’altro ben conosce Simone Consonni. Con i suoi test e i suoi database Bragato conosce bene i numeri e la fisiologia di ciò che succede in gruppo.

Simone Consonni si è presentato al via del Giro tirato come mai in precedenza
Simone Consonni si è presentato al via del Giro tirato come mai in precedenza

Diego, dicevamo di velocisti molto magri in questo Giro: perché?

E’ il ciclismo moderno che lo richiede. Negli ultimi dieci anni si è vista un’evoluzione enorme del velocista. Oggi lo sprinter deve arrivare a fare delle volate che il più delle volte arrivano al termine di tappe con dislivelli importanti. Quindi di fatto non c’è più il velocista puro al 100%. Quello alla Guardini, alla Quaranta che vincevano le tappe piatte al Giro d’Italia. Adesso ci vogliono velocisti che hanno un aspetto metabolico molto importante e non solo la potenza. E’ importante che passino le salite per bene e che arrivino a fare le volate pur mantenendo dei wattaggi notevoli.

Si dimagrisce appositamente per un determinato percorso, in questo caso quello del Giro? Si lima il peso ad hoc? Nel senso: vado al Giro a 65 chili anziché 66?

Io non credo che sia un discorso ad hoc per il Giro e per le tappe che propone. Prendiamo Consonni: se vuole avere qualche chance di vittoria in più, deve poter arrivare con il primo gruppo, anche in tappe meno facili. Deve arrivare dove magari il vecchio velocista puro non arriverebbe. E questo vale per il Giro, ma non solo.

E’ una tendenza più generale, dunque…

E uno sprinter come Consonni lo può fare, perché ha degli ottimi valori metabolici e di potenza, come dicevo prima. Vado un po’ indietro nel tempo e penso a Viviani, una sorta di pioniere in tal senso. Elia è un atleta che negli anni d’oro è stato il corridore che ha vinto di più al mondo: 18-20 gare in una stagione. Quando ha conquistato l’oro a Rio 2016 in pista veniva da un anno pieno di qualità in allenamento. Nelle stagioni successive quei lavori di qualità gli hanno permesso di emergere e vincere così tante gare anche su strada. Limando un po’ sul peso ha potuto vincere anche un campionato europeo e un campionato italiano su percorsi piuttosto duri.

Bonifazio a crono. La sua silhouette fa pensare più a quella di uno scalatore che a quella di uno sprinter
Bonifazio a crono. La sua silhouette fa pensare più a quella di uno scalatore che a quella di uno sprinter
Insomma è dimagrito un po’, ma gli è rimasta addosso la qualità delle stagioni precedenti…

Esatto, riducendo un po’ il peso, ma non troppo la forza, è stato più efficiente con la forza di gravità.

Ma c’è un limite preciso a questo punto per cui un velocista da puro, diventa un velocista che tiene?

Dobbiamo assolutamente stare attenti a guardare il peso fine a se stesso. Con i professionisti non serve neanche dirla questa cosa, loro lo sanno molto bene, ma negli atleti in evoluzione è importante ribadirlo. Il peso non basta, bisogna vedere che tipo di peso hai, perché quando gli atleti parlano di perdere peso – soprattutto i velocisti – non devono perdere massa muscolare. In quanto perdere massa muscolare vuole dire perdere forza. Bisogna perdere solo massa grassa, cioè zavorra. Bisogna salvaguardare la massa magra, perché è quella che permette di applicare forza e potenza in bici.

Chiarissimo Diego, ma dalle vostre tabelle, dalle vostre statistiche c’è un “limite”, una percentuale di grasso che fa un po’ da spartiacque? Diciamo numeri a caso: fino al 7% di massa grassa sei un velocista puro, al di sotto fai anche le volate ristrette…

In realtà no, perché molto dipende dalla genetica della persona e dal punto di partenza che ha. Soprattutto oggi che è tutto personalizzato. Gli staff attuali con coach, nutrizionisti e medici, riescono veramente a individualizzare il peso ideale per ogni tipo di atleta. Quindi non c’è una percentuale di massa grassa che possa andar bene per tutti.