Costruiamo il velocista con Fusaz: potenza, endurance e testa

08.02.2025
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La vittoria allo sprint di Davide Stella al Tour of Sharjah, primo successo azzurro del 2025, è stata una delle prime sorprese positive della stagione. Il velocista del UAE Team Emirates Gen Z è appena passato under 23 e ha già trovato modo di mettersi alle spalle corridori più esperti. Non di certo un parterre di primi della classe ma in pochi, forse nemmeno lo stesso Stella, avrebbe immaginato di iniziare così la sua avventura nel devo team emiratino. 

Parlando con Giacomo Notari, preparatore dei ragazzi alla UAE Gen Z, è emerso che Stella nel ritiro di dicembre già dava del filo da torcere a velocisti del calibro di Molano. Lo stesso coach non si era detto troppo sorpreso, sottolineando però come il processo di crescita fosse ancora lungo. 

Davide Stella e la volata al Tour of Sharjah che gli è valsa la prima vittoria con la UAE Team Emirates Gen Z (foto Tour of Sharjah)
Davide Stella e la volata al Tour of Sharjah che gli è valsa la prima vittoria con la UAE Team Emirates Gen Z (foto Tour of Sharjah)

Resistenza

Abbandonando le gesta sportive dello sprinter e del pistard azzurro ci siamo interrogati più ad ampio raggio. La domanda che ci frullava per la testa era: “come si costruisce un velocista?”. Siamo così andati a parlare con Andrea Fusaz, allenatore della Bahrain Victorious, per allargare il discorso e capire come si lavora per far emergere le qualità di un grande sprinter. 

«Vero – ci dice subito – un ragazzo di 18 anni può competere nello sprint secco contro un velocista più maturo. Se ha raggiunto una maturità fisica e già lavora bene sia in bici che in palestra il picco di potenza ce l’ha. La cosa difficile è farlo arrivare fresco dopo gare da 180, 200 o 250 chilometri. Oppure deve riuscire a fare una volata anche dopo una settimana di gara. Il primo passo è quindi inserire dei lavori di resistenza, che nel tempo però rischiano di far abbassare il picco di potenza massima».

L’endurance si migliora in allenamento e in gara, accumulando ore in bici
L’endurance si migliora in allenamento e in gara, accumulando ore in bici
Bisogna trovare il giusto equilibrio tra potenza e resistenza…

La vera sfida è riuscire a portare quel picco di potenza e di forza che di solito hanno dopo 120 chilometri a quando ne percorrono 250. 

Il picco di potenza quindi anche da giovani può essere importante?

Tendenzialmente sì, vi faccio un esempio: un corridore come Skerl a 20 anni aveva un picco di potenza di 1.800 watt. Il lavoro che si può fare, da questo punto di vista, è quello di metterli nelle condizioni di mantenere quei valori per più tempo, magari 12 secondi invece che 8 secondi. Si tratta di allungare la durata dello sprint e di creare resistenza, ma entra in gioco anche la durability

Ovvero?

La capacità di riuscire a performare, quindi a fare i tuoi numeri migliori, nonostante si siano consumate tante energie prima. Il primo sintomo che tende a farci fermare nel momento in cui andiamo a cercare di aumentare la resistenza di un atleta è il fatto che comincia a perdere potenza. 

La durability invece incrementa con il passare delle stagioni e degli anni
La durability invece incrementa con il passare delle stagioni e degli anni
Come si può compensare questa perdita di potenza?

Con le sedute in bici si va ad allenare la componente aerobica, a quel punto è naturale che si perda leggermente quel picco di forza, che va compensato con la palestra ed esercizi in bici. 

Tutti i ragazzi riescono a fare questo passo, ovvero aumentare la resistenza in maniera importante mantenendo comunque lo spunto veloce?

Ci sono vari esempi: alcuni atleti riescono a mantenere comunque il loro picco nonostante comincino a inserire tanto lavoro aerobico. Altri, invece, migliorano abbastanza sul passo, ma poi non sono più in grado di fare quei numeri che gli permettevano di vincere. E’ un equilibrio abbastanza leggero, si parla di uno sport che comunque è di endurance, quindi se il corridore spende troppo la prima parte non sarà in grado di farti lo sprint dopo.

Cosa intendi con tante ore di endurance?

L’endurance alla fine sono ore in bici, quindi cominci con allenamenti da quattro a cinque ore. Tendenzialmente un velocista non fa 30 ore alla settimana, si ferma a volumi molto minori. Il “problema” è riuscire a fare in modo che l’atleta sia in grado di sostenere un consumo di chilojoule elevato e che poi riesca a sprintare. 

In che modo si riesce a vedere se un atleta sta perdendo il picco di potenza?

Dall’allenamento. In una seduta di solito si mettono degli sprint all’inizio e alla fine. In questo modo si ha un doppio riferimento: da freschi pieni di energie e con tanto zucchero nel sangue e poi alla fine quando il fisico ha consumato 2.000-3.000 kcal. Se analizzando i dati si vede una grande differenza di valori vuol dire che ci si sta concentrando troppo sull’endurance. In quel caso si riducono le ore.

Quanto contano le caratteristiche fisiche? Tu hai parlato di Skerl che pesa 77 chili ed è alto 177 centimetri, ma hai allenato anche Milan che pesa 85 chili ed è alto 193 centimetri…

Milan è un velocista atipico. L’ho allenato da quando era junior e si è sempre visto come fosse in grado di fare numeri ottimi. Per la sua dimensione e la sua stazza forse Greipel faceva meglio. Però Milan arriva alla volata con una forza che nessuno riesce a mantenere. Per fare un altro esempio: Cavendish per i numeri che aveva riusciva a tenere e poi fare una volata alla fine di un Grande Giro e vincerla. Lui è stato veramente un velocista fenomeno con i numeri che aveva. Ma c’è un altro dettaglio che conta.

Quale?

La testa. A mio modo di vedere i velocisti che sono riusciti a primeggiare veramente sono quelli che hanno imparato dalle loro volate. Tutti gli sprinter arrivano all’ultimo chilometro, ma solo uno vince e tutto si gioca in secondi. C’è una componente di lucidità e di serenità che non può essere messa in secondo piano. 

Bruttomesso (sullo sfondo) dopo un anno nel WT si sta avvicinando ai velocisti più forti del gruppo
Bruttomesso (sullo sfondo) dopo un anno nel WT si sta avvicinando ai velocisti più forti del gruppo
Un altro ragazzo giovane con il quale state lavorando è Bruttomesso…

Lui sta crescendo un sacco. Sia lui che Skerl sono giovani di primo o secondo anno e il loro percorso è appena iniziato. Stanno facendo i passi giusti, l’endurance e la durability migliorano invecchiando. Con il passare delle stagioni riesci a percorrere quei 200 chilometri consumando sempre meno. Migliora la resistenza e l’ossidazione lipidica, ma allo stesso tempo rimane alta la capacità di produrre acido lattico e quindi potenza nel breve tempo. 

Quanto è importante far correre gli atleti su percorsi misti, anche da under 23?

Tanto. Tornando al discorso durability di prima: una corsa ondulata porta ad avere 150 variazioni di ritmo e 150 punti in cui si producono otto picchi di potenza per brevi tratti. Il velocista deve riuscire a sprintare dopo tutti questi sforzi, sia a livello metabolico che a livello muscolare e neuro muscolare. Poi se si parla di ciclismo moderno dobbiamo dire che la palestra ha un ruolo cruciale per lo sviluppo della forza esplosiva. Così com’è importante l’alimentazione, quindi la quantità di carboidrati che mangiano durante la gara o l’allenamento.

Mark Cavendish in visita al quartier generale FSA e Vision  

06.12.2024
3 min
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Mark Cavendish ha recentemente visitato la sede centrale, il quartier generale taiwanese, di FSA e Vision, trasformando una semplice giornata di lavoro in una occasione indimenticabile di pura passione per tutti coloro che hanno avuto modo e piacere di poterla vivere. 

Il campione britannico si è dunque reso protagonista di un evento straordinario, culminato con la consegna di un premio speciale in riconoscimento della sua leggendaria carriera, terminata proprio quest’anno dopo aver colto il record di trentacinque vittorie di tappa al Tour de France. 

Il premio è stato consegnato al velocista britannico direttamente da Claudio Marra, il Vicepresidente Globale di FSA-Vision: un riconoscimento molto importante per celebrare i successi che lo stesso Cavendish è stato capace di ottenere nel corso della sua lunga carriera da professionista, scrivendo tra l’altro alcune delle pagine più emozionanti nella storia del ciclismo mondiale. Questo momento celebrativo ha rappresentato il culmine della giornata, testimoniando l’ammirazione e il rispetto che Cavendish ha guadagnato dai fan e dagli addetti ai lavori di tutto il mondo.  

Il velocista britannico alle prese con una ruota
Il velocista britannico alle prese con una ruota

Una questione di dettagli

Un altro passaggio importante della visita è stato l’incontro con alcuni tifosi locali del corridore e con una selezione di rivenditori ufficiali Vision della stessa regione asiatica. Cavendish ha avuto l’opportunità di interagire direttamente con la comunità ciclistica, consolidando il legame con i suoi sostenitori e condividendo la sua visione per il ciclismo del futuro. 

In particolare, i rivenditori che avevano acquistato le ruote in edizione limitata Vision Metron 60SL-35 TDF LTD hanno potuto incontrare Cavendish di persona e ricevere una sua (preziosissima) maglia autografata. Questo gesto ha aggiunto un tocco davvero molto personale all’evento, sottolineando l’importanza di una collaborazione estremamente profonda con i partner locali.  

La giornata si è poi conclusa con una visita speciale all’interno dello stabilimento FSA e Vision, dove Cavendish ha voluto ringraziare personalmente il team che ha contribuito allo sviluppo del modello personalizzato di ruote (senza dimenticare il manubrio Vision Metron 5D Evo…) utilizzato durante la sua vittoria nella quinta tappa del Tour de France 2024: la numero trentacinque! Durante questa visita, il Cavendish ha espresso il proprio apprezzamento per l’attenzione ai dettagli e la dedizione degli operai, due elementi chiave che hanno reso possibile e contribuito al successo.

Lavoro di squadra e innovazione  

La giornata di visita di Mark Cavendish presso il quartier generale FSA e Vision ha rappresentato non solamente un tributo ufficiale alla grande carriera agonistica del corridore inglese, ma anche un riconoscimento del lavoro collettivo che ha permesso di raggiungere traguardi straordinari.

La visita in azienda ha evidenziato inoltre il valore della collaborazione e della attenzione che caratterizzano ogni singolo prodotto FSA e Vision, ispirando inoltre il pubblico presente e consolidando il legame tra innovazione e successo sportivo.  Senza alcun dubbio, Mark Cavendish, con il suo esempio e con la sua grande carriera, ha lasciato un segno indelebile nel cuore di chi ha potuto partecipare a questa giornata speciale.

FSA

Vision

Il record (intatto) del Team Columbia, Pinotti racconta il 2009

19.11.2024
5 min
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Qualche giorno fa, Fabio Baldato ha rivelato che, nel finale di stagione, la sua UAE Emirates puntava al record assoluto di vittorie in una singola annata. Ci sono andati vicini, fermandosi a quattro lunghezze dal superbo bottino del Team Columbia – HTC.

Era il 2009, un anno davvero straordinario per la squadra statunitense, che concluse la stagione con uno storico record di 85 vittorie su strada, un’impresa che ha segnato un’epoca nel ciclismo moderno. La squadra, guidata dal carismatico direttore sportivo Bob Stapleton, dimostrò una versatilità senza precedenti, con successi ottenuti da 16 corridori diversi e in gare di ogni tipo: dalle classiche alle corse a tappe, passando per gli sprint più spettacolari.

Il Team Columbia – HTC aveva una vocazione fortemente improntata sugli sprint. A dare un supporto tecnico esterno c’era anche Zabel
Il Team Columbia – HTC aveva una vocazione fortemente improntata sugli sprint. A dare un supporto tecnico esterno c’era anche Zabel

Cav più Greipel, uguale 43

Il mattatore indiscusso di quel team, e di quell’anno, fu senza dubbio Mark Cavendish, autore di ben 23 vittorie. Lo sprinter dell’Isola di Man dominò le volate con una superiorità schiacciante, imponendosi come il velocista più forte al mondo. Tra i suoi trionfi spiccano le sei tappe al Tour de France, culminate con l’iconica vittoria sugli Champs-Elysees, la Milano-Sanremo e numerosi altri successi nel calendario WorldTour.

Cavendish vinse almeno una tappa in ogni corsa a tappe a cui partecipò, inclusi tre successi al Giro d’Italia. Fu, di fatto, il suo miglior anno in termini di vittorie, anche se il titolo mondiale arrivò due anni dopo.

E André Greipel? Oltre a Cavendish, il Team Columbia-HTC brillò grazie ad André Greipel, che non fu da meno con 20 successi. Il “tedescone” impressionò vincendo in Australia a gennaio e chiudendo la stagione con un trionfo a metà ottobre in Francia. Solo loro due totalizzarono 43 vittorie, un risultato straordinario. Merito anche del formidabile ultimo uomo Mark Renshaw, che non vinse alcuna gara in quell’anno, ma fu determinante nella costruzione dei successi della squadra. In questo “treno” di velocisti non va dimenticato il giovane talento Edvald Boasson Hagen, che raccolse 13 vittorie, tra cui la Gand-Wevelgem e una tappa al Giro.

Greipel e Martin: due assi che poi nel corso degli anni mostrarono il loro talento
Greipel e Martin: due assi che poi nel corso degli anni mostrarono il loro talento

Quanto talento

E poi c’erano tutti gli altri. Nel 2009 si mise in luce un giovane Tony Martin, che sfoggiò prestazioni eccezionali a cronometro e cominciò a costruire la sua carriera da specialista, battendo avversari come Fabian Cancellara al Giro di Svizzera.

Il team Columbia-HTC eccelse anche nelle cronometro, ottenendo numerosi titoli nei campionati nazionali.

Tra questi, spicca il successo di Marco Pinotti, che racconta: «Il seme di quel team nacque nell’inverno 2007-2008, dopo il ritiro della T-Mobile. La squadra era già formata, ma rimase scoperta per un po’. Bob Stapleton, il team manager, cambiò la mentalità. Eravamo un gruppo emergente di giovani, anche se io non ero più giovanissimo, avevo 32 anni, ma uno spirito ancora fresco. Quel team era costruito per uomini veloci: Cavendish esplose l’anno prima e Greipel nel 2009. Tra i due c’era una sana competizione. Inoltre, vedendo come andarono le cose negli anni successivi, quel team era pieno di talento. Boasson Hagen, il giovanissimo Martin, Lofkvist (che vinse la Strade Bianche, ndr)… Ricordo che al Giro d’Italia 2009 vincemmo 5 tappe con 5 corridori diversi».

Quell’anno Pinotti vinse il titolo nazionale a crono
Quell’anno Pinotti vinse il titolo nazionale a crono

Pinotti tra i pilastri

Pinotti spiega anche come Michael Rogers e George Hincapie fossero i “capitani” naturali della squadra.

«Rogers per le corse a tappe e Hincapie soprattutto per le classiche. Non feci il Tour con lui, ma spesso eravamo insieme. Si era creato un bel clima e quel record di vittorie fu più una conseguenza che un obiettivo. Anche se ad un certo punto della stagione il nostro addetto stampa iniziò a evidenziarlo sempre di più nei report mensili. Lui contava oltre 100 vittorie includendo anche il team femminile».

La competitività interna era altissima: «Eravamo così tanti a voler vincere che in riunione quasi si litigava… in senso buono, ovviamente. Eravamo come la UAE oggi, con strategie diverse a seconda della presenza o meno di un velocista».

Anticipando anche Pinotti, Kanstantsin Siutsou andò a prendersi la tappa di Bergamo al Giro 2009
Anticipando anche Pinotti, Kanstantsin Siutsou andò a prendersi la tappa di Bergamo al Giro 2009

Quel giorno a Bergamo

Pinotti ricorda anche un’occasione mancata. La squadra vinse tanto, puntava soprattutto alle tappe e alle corse di un giorno, non aveva il leader assoluto per le corse a tappe, ma in questo continuo puntare ci fu spazio persino per qualche rimorso. Uno dei quali riguarda proprio Marco al Giro 2009.

«Una corsa che ho sul groppone? La tappa di Bergamo al Giro 2009. Vinse il mio compagno Siutsou, ma avrei voluto vincerla io. Conoscevo bene quelle strade, ero pronto a partire dopo un sottopassaggio a Nembro. Sapevo che quel punto era favorevole, ma nella discesa precedente Siutsou prese vantaggio. Anche lui conosceva quelle strade. Ero contento per lui, ma dispiaciuto per me».

George Hincapie era uno dei veterani e leader della Columbia – HTC
George Hincapie era uno dei veterani e leader della Columbia – HTC

Un modello di squadra

In quel 2009 il Team Columbia-HTC ha ridefinito gli standard di successo nel ciclismo moderno, dimostrando l’importanza di strategia, coesione e talento distribuito. Ancora oggi quell’annata è ricordata come una delle più dominanti nella storia del ciclismo su strada.

«Le vittorie della UAE Emirates hanno un peso diverso, perché ottenute in un ciclismo completamente cambiato. Ma la nostra fu una bella avventura», conclude Pinotti.

Anche sul fronte tecnico, quel team rappresentò un’innovazione. Le bici Scott utilizzate erano il frutto di ricerche avanzate, con un’attenzione particolare agli aspetti aerodinamici, mutuata dall’esperienza dell’azienda nello sci. Un approccio scientifico che, di lì a poco, avrebbe ispirato squadre come il Team Sky (oggi Ineos Grenadiers).

A Saitama, Cav chiude del tutto. E il suo amico Renshaw cosa fa?

03.11.2024
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Ieri si è consumata l’ultima uscita pubblica “ufficiale” di Mark Cavendish  al Saitama Criterium. In Giappone, il re delle tappe al Tour de France ha chiuso la carriera e lo ha fatto con un terzo posto… giusto, giusto per salire sul podio e ricevere l’omaggio del pubblico. In Giappone, però, mancava uno dei protagonisti del “progetto 35”, ovvero la 35ª vittoria di tappa al Tour de France che ha consacrato il record assoluto dell’inglese dell’Astana-Qazakstaan. E l’assente era l’altro Mark, Renshaw, direttore sportivo che ha sostenuto la missione francese, per lui un po’ vacanza dopo la essersi sciroppato, Langkawi e Guangxi.

Avevamo incontrato Renshaw proprio al Tour de Langkawi, in una calda mattinata malese. Con lui avevamo chiarito alcuni aspetti sulla sua permanenza in Astana, visto che era arrivato proprio per supportare Cavendish.

Mark, sei venuto in Astana per aiutare il tuo amico Cavendish. Cosa puoi dirci di questa avventura, di questo progetto?

Tutto è iniziato l’anno scorso, a gennaio, quando ho visto la notizia, come tutti, che avrebbe firmato con Astana, così mi sono messo in contatto con loro. Ho detto: «Conosco bene Cav, se c’è la possibilità di aiutarvi, fatemelo sapere». Ho avuto l’opportunità di farlo. Avevo anche corso con Dmitry Fofonov, oggi uno dei direttori di Astana, ai tempi della Crédit Agricole. Conoscevo bene anche lui e da lì abbiamo stabilito alcuni contatti. Poco prima del Tour de France dello scorso anno, si è presentata l’opportunità di venire in Europa e lavorare con la squadra ed è stato davvero bello.

E tu hai colto la palla al balzo…

Già nel 2023 ci siamo andati vicini, ottenendo un secondo posto. A quel punto Alexander Vinokourov mi ha chiesto se potevo diventare direttore sportivo della squadra. E’ stato un grande obiettivo, ma richiedeva anche un impegno notevole. Non avevo la licenza UCI, quindi ho dovuto ottenerla e imparare molto in fretta.

Però hai imparato in fretta, visto che poi siete riusciti nella vostra missione…

Quest’anno è stata una stagione davvero positiva. Abbiamo raggiunto l’obiettivo del Tour de France con Cav. Come squadra, non abbiamo ottenuto tutte le vittorie o i risultati che desideravamo, ma l’obiettivo con Cavendish è stato davvero un grande successo.

Una foto storica. Tour 2009, a Parigi Renshaw tira la volata perfetta (con tanto di “buco”) a Cav. E’ festa per due (foto Getty Images)
Una foto storica. Tour 2009, a Parigi Renshaw tira la volata perfetta (con tanto di “buco”) a Cav. E’ festa per due (foto Getty Images)
Avete lavorato tecnicamente sul treno: tu sulla parte tattica e Anastopoulos su quella della preparazione. È così?

Sì, certo. Vasilis si occupa dell’allenamento e delle prestazioni, mentre io mi sono concentrato soprattutto sull’aspetto tecnico, mettendo insieme la squadra il giorno della gara, analizzando la tappa e il risultato, e in particolare studiando come organizzare i corridori nel finale. È proprio su questo che ho lavorato: l’anteprima della tappa, l’analisi e le tattiche per la giornata.

Mark, guardiamo avanti, al 2025: ora che Cavendish ha detto basta, qual è il tuo obiettivo?

L’idea è di restare in Astana. Spero di ottenere un contratto di due anni con la squadra e rimanere qui. C’è un bel progetto e l’anno prossimo avremo corridori molto interessanti, atleti nuovi per la squadra. Ci sono tanto lavoro e tanto entusiasmo.

Senza più Cav, la squadra kazaka non ha un super velocista. Gleb Syritsa è bravissimo e lo abbiamo visto proprio in Malesia, ma almeno per ora non sembra poter lottare con i Philipsen, i Milan o i Merlier…

Per me Syritsa è molto interessante. Mi piace lavorare con lui. È un atleta molto potente e fisicamente imponente, quindi posso aiutarlo tecnicamente, specialmente nel momento dell’uscita dal treno. Se riusciamo a migliorare su questo aspetto, penso che potrà raggiungere il livello alto dei velocisti. Questo, per me, è già un bel progetto. Siamo ancora nella fase iniziale, ma credo – ha aggiunto Renshaw dopo una breve pausa – che avremo più velocisti oltre a Gleb.

Syritsa e Malucelli: avversari in Malesia, compagni di squadra ora. Sarà interessante vedere come Renshaw, Zanini e gli altri tecnici li metteranno insieme
Syritsa e Malucelli: avversari in Malesia, compagni di squadra ora. Sarà interessante vedere come Renshaw, Zanini e gli altri tecnici li metteranno insieme

E in effetti, qualche giorno dopo le parole di Renshaw, queste hanno avuto un seguito, con l’ingaggio di Matteo Malucelli. Ora, quindi, l’australiano ha due ottimi sprinter su cui poter lavorare.

Mark, sei stato nei treni più importanti, tra cui quello per Cavendish. E tu stesso eri un ottimo velocista. Come fai a trasmettere questa alchimia ai tuoi ragazzi?

Non è facile trasmettere certe sensazioni ai ragazzi. In Malesia, per esempio, avevamo solo sei corridori, quindi è molto diverso da un Tour de France. Anche il livello, ovviamente, è molto diverso, ma ho visto un buon impegno. Rudy Selig ha una grande esperienza come leader, e lo stesso vale per Ide Schelling. Insieme sono riusciti a creare un bel “lead out” per Syritsa. E poi, visto che per gli sprinter i materiali sono molto importanti, sapere che il prossimo anno avremo tutto nuovo è molto interessante e sarà emozionante mettere tutto a punto.

In Astana c’è anche Davide Ballerini: lui può essere utile per le volate?

Ballerini è veloce, ma è più di un velocista. È un corridore da classiche, un velocista da classiche, un vero coltellino svizzero! Può fare un po’ di tutto. La squadra ha grandi obiettivi per lui. L’anno prossimo, per le classiche, avremo dei buoni corridori (il riferimento è chiaramente ad Alberto Bettiol, ndr).

L’addio da leader di Morkov, che indossa la giacca di cittì

25.10.2024
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Con la medaglia di bronzo conquistata nella madison dei mondiali, Michael Morkov ha chiuso da par suo la sua lunghissima carriera, iniziata da professionista nel 2009. A 39 anni il corridore di Kokkedal appende la bici al chiodo con 6 vittorie al suo attivo, tra cui 3 titoli danesi e una vittoria di tappa alla Vuelta di Spagna. Ma è soprattutto su pista che sono arrivati i suoi sigilli, tra cui un oro olimpico a Tokyo 2020 nella madison (ma anche l’argento nell’inseguimento a squadre in quella palpitante finale con l’Italia) e 4 titoli mondiali.

Se su pista Morkov è stato un leader, su strada ha elevato a questo rango il ruolo forse più subordinato di tutti, quello di ultimo uomo, divenendo per acclamazione planetaria il migliore interprete. Un maestro che lascerà un vuoto. Morkov però non resterà inattivo: per lui è già pronta l’ammiraglia di responsabile della nazionale danese su strada. Una nuova sfida, alla guida di una delle Nazioni più forti del momento.

Morkov con la sua famiglia sul podio di Ballerup: il modo migliore per chiudere la carriera
Morkov con la sua famiglia sul podio di Ballerup: il modo migliore per chiudere la carriera
Domenica hai chiuso la tua carriera con l’ennesima medaglia, oltretutto davanti al tuo pubblico. Che sensazioni hai provato nel tagliare l’ultimo traguardo?

Sono davvero orgoglioso di aver concluso a un livello molto alto. Nei miei ultimi campionati mondiali stavo ancora lottando per la medaglia d’oro e, naturalmente, non è mai piacevole perdere, ma sono comunque felice che abbiamo ottenuto la medaglia di bronzo e abbiamo fatto felice il pubblico danese. Non potevo chiudere meglio.

Tu hai vissuto due carriere parallele: maestro nell’aiutare i velocisti e grande specialista del ciclismo su pista. Quale delle due ti ha dato maggiori soddisfazioni?

Beh, penso che sia una combinazione perché in pista ho ottenuto le mie soddisfazioni, i miei obiettivi e i miei grandi risultati. Sulla strada, ero completamente determinato ad aiutare i miei compagni di squadra, quindi penso che sia stato il giusto mix.

La gioia del danese per la vittoria di un compagno, pilotato verso il successo
La gioia del danese per la vittoria di un compagno, pilotato verso il successo
L’ultimo uomo del treno dello sprint: per chi interpreta questo ruolo, che cosa significa vedere il leader vincere?

E’ come vincere la gara da soli, perché tu come uomo di testa sei molto concentrato per vincere la gara con il tuo velocista e per tutto il giorno lavori duramente per organizzare l’intera squadra e fare che tutto funzioni fino a quegli ultimi 200 metri, quando sarà lui a giocarsi la vittoria e devo metterlo nella posizione migliore. Bisogna avere fiducia in se stessi e guidare gli altri come leader. Posizionare il mio velocista e vederlo alzare le braccia è come una mia vittoria. Quindi questa è la sensazione migliore.

Qual è la più grande emozione che hai vissuto in bicicletta?

La risposta è semplice: vincere la medaglia d’oro olimpica a Tokyo. In quella madison c’erano grandi campioni tanto è vero che ce la giocammo tutta sugli sprint, senza guadagnare giri. C’erano grandi interpreti come Hayter e Thomas, eppure io e Lasse Norman Hansen ce la facemmo per tre punti. Penso che sia la medaglia più bella che puoi vincere come atleta. E sì, è stato molto emozionante.

La vittoria di Tokyo 2020 è stata il suo momento più alto, il premio a una carriera
La vittoria di Tokyo 2020 è stata il suo momento più alto, il premio a una carriera
Hai lavorato con tutti i migliori velocisti dell’ultimo decennio, chi è stato il migliore ma sopattutto quello che hai sentito più vicino?

Credo di aver stretto un rapporto molto stretto con tutti i velocisti con cui sono cresciuto e penso che questo rapporto umano sia anche una parte importante del successo che ho avuto con ognuno di loro. Direi sempre che il mio migliore amico è Cavendish: i suoi risultati parlano da soli, ma ha anche una conoscenza incredibile dello sprint, della tecnica pura. Sa esattamente cosa fare, il suo istinto e il suo tempismo sono perfezione pura. Ma c’è un corridore con cui ho un legame speciale…

Chi?

Viviani. Ora posso guardare indietro e vedere che forse i due migliori anni che ha avuto come professionista sono stati quelli in cui l’ho aiutato a vincere dappertutto, nel 2018 e 2019. Abbiamo vissuto un biennio speciale e penso che Elia sia il corridore che è riuscito a ottenere il massimo dal suo talento sapendo sfruttare una squadra molto forte. Aveva dei compagni di squadra molto bravi intorno a lui e quando i compagni di squadra facevano un buon lavoro per lui, riusciva sempre a concludere con una vittoria. Molti dei successi con Elia sono speciali, di cui sono orgoglioso.

Michael insieme a Viviani dopo la vittoria ad Amburgo nel 2019. I due sono molto amici
Michael insieme a Viviani dopo la vittoria ad Amburgo nel 2019. I due sono molto amici
Ora passerai sull’ammiraglia della nazionale danese: quali sono i tuoi obiettivi nel nuovo lavoro?

Battere i miei amici italiani – dice ridendo – No, a parte le battute, sono davvero motivato per questo nuovo incarico. Soprattutto per trasmettere tutta la mia esperienza ai giovani corridori danesi e spero davvero di poterli aiutare a crescere e diventare buoni professionisti e vincere gare in futuro. Quindi la mia ambizione è quella di poter gioire di altre vittorie non personalmente mie, ma nelle quali sento di averci messo qualcosa.

Oggi la Danimarca è uno dei Paesi leader nel ciclismo professionistico, ma non ha un suo team WorldTour: pensi che sia un problema?

Io non penso, corridori danesi bravi ci sono e sono riusciti a firmare con tutte le migliori squadre del WorldTour. Quindi non penso che sia strettamente necessario avere una squadra danese al massimo livello. E’ invece fondamentale avere è una squadra Continental o Professional, per tutti i ragazzi che hanno bisogno di imparare. Ci sono corridori capaci di entrare subito nel WT, ma tanti altri hanno bisogno di più tempo, di avvicinarsi con più calma, maturano più lentamente. Questo possono farlo se hai una squadra Continental molto buona. Poi abbiamo la Uno-X che è sì norvegese, ma con una forte componente nostrana ed è molto importante nello sviluppo dei talenti danesi.

Morkov con Hansen, una coppia che ha fatto storia nella madison e portato la Danimarca a svettare nel quartetto
Morkov con Hansen, una coppia che ha fatto storia nella madison e portato la Danimarca a svettare nel quartetto
Che cosa c’è dietro i Vingergaard, Pedersen e gli altri big del ciclismo danese?

C’è molto lavoro sui talenti, esattamente come dicevo prima. Provengono da un livello molto alto di squadre Continental in Danimarca con un livello molto, molto alto di professionisti. Hanno un grande fisico e capacità non comuni, ma sono frutto di un ottimo programma di sviluppo per i giovani corridori.

In prospettiva vedi Albert Withen Philipsen come un altro grande campione del WorldTour?

Andiamoci piano. In tutti gli anni in cui sono stato coinvolto nel ciclismo, ho visto molte volte corridori estremamente talentuosi da junior che poi non riescono a trovare gli stessi guizzi quando le cose si fanno serie. Albert è un corridore molto promettente, ma deve ancora migliorare molto per diventare il prossimo grande nome del World Tour. Io ovviamente non vedo l’ora di supportarlo e spero che diventerà presto quello che sogna di essere lui e tutti noi danesi.

Il danese con Cavendish, con cui ha condiviso molte delle sue vittorie, compreso il record di tappe al Tour
Il danese con Cavendish, con cui ha condiviso molte delle sue vittorie, compreso il record di tappe al Tour
Rispetto a quando hai iniziato, che ciclismo ti lasci alle spalle?

Un ciclismo molto professionale, molto più di quando iniziai vent’anni fa. Molte cose che si facevano allora, oggi sono considerate superate. In termini di allenamento, alimentazione, altitudine, sonno, campi di allenamento, equipaggiamento, dinamiche… Sono tutti aspetti che incidono molto. Per questo il ciclismo attuale corridori molto più talentuosi rispetto al passato, forse allora era più difficile diventare professionisti. Forse ora è più facile trovare i grandi talenti.

Uscendo dai confini danesi, c’è un altro Morkov, un corridore nel quale rivedi la tua storia e le tue capacità?

Oh, ci sono un sacco di grandi corridori in giro per il mondo, penso che la bellezza del ciclismo sia che siamo tutti diversi e veniamo da realtà differenti. Naturalmente ho uno spazio speciale nel cuore per i corridori che corrono in pista e che arrivano con le abilità della pista. E anche per quelli molto bravi nel gruppo. I ragazzi che hanno il potenziale per aiutare i migliori velocisti a diventare i più veloci. Quindi è lì che terrò gli occhi per il futuro.

Vision presenta le Metron 60-35 TDF LTD, le ruote del record

08.10.2024
4 min
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Uno dei momenti più emozionanti dello scorso Tour de France è stata certamente la vittoria di Mark Cavendish, che con quello sprint ha superato il record di vittorie di tappa di sua maestà Eddy Merckx. Per celebrare quel momento Vision ha appena presentato le Metron 60 – 35 TDF LTD, un set di ruote in edizione limitata per omaggiare le 35 vittorie alla Grande Boucle del campione dell’Isola di Man.

Saint Vulbas, 3 luglio, quinta tappa del Tour 2024: Mark Cavendish batte il record di Merckx: 35 tappe vinte
Saint Vulbas, 3 luglio, quinta tappa del Tour 2024: Mark Cavendish batte il record di Merckx: 35 tappe vinte

Un set da collezione 

Le Metron 60 – 35 TDF LTD sono prodotte in soli 100 esemplari, accompagnate da un packaging per veri collezionisti.

Queste ruote sono caratterizzate da una grafica identica a quelle utilizzate da Cavendish il giorno della vittoria, con i due loghi Vision in giallo e in azzurro. Il set, inoltre, è confezionato in una scatola da collezione che riporta la scritta “35 Tour de France Stage Wins” con una grafica ideata sui colori della Wilier del campione britannico.

Ma non è finita qui. All’interno della scatola si troverà infatti anche una dichiarazione ufficiale di Vision che certifica l’originalità e l’unicità del prodotto: un pezzo di storia del ciclismo.

Qualità superiore 

Che siate un collezionista o un qualcuno che queste ruote vuole usarle davvero, le Metron 60 – 35 TDF LTD sono un prodotto di altissimo livello.

Si tratta di ruote in carbonio da 60 mm quindi ideali per i velocisti, ma con un design aerodinamico che garantisce ottime prestazioni anche in percorsi vallonati. La larghezza interna del canale è di 21 mm, che migliora ulteriormente l’aerodinamica ma anche la resistenza al rotolamento, specie con pneumatici tubeless da 28 mm.

Infine sono dotate di cuscinetti ceramici e Sistema Power Ratchet (PRS). Si tratta di un sistema di mozzi con innesto a 72 denti, che offre un angolo di innesto superiore e quindi una migliore scorrevolezza anche in condizioni difficili. Inoltre, gli ingranaggi sono più resistenti del 25% rispetto al passato.

Peso e prezzo 

Le Metron 60 – 35 TDF LTD, come quelle montate sulla Wilier Filante di Cavedish, hanno un peso di 1.490 grammi per coppia, mentre il prezzo di questo pezzo da collezione è 2.799 euro (rispetto ai 2.209 euro delle classiche METRON 60 SL).

Vision

Con Anastopoulos nel backstage di Progetto 35

25.07.2024
6 min
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Al netto dello strapotere di Tadej Pogacar e della sua strabiliante doppietta, l’altra grande news di questo Tour de France è stato il record di vittorie di Mark Cavendish. Vincendo a Saint Vulbas l’inglese dell’Astana Qazaqstan ha portato a termine “progetto 35”, come il numero di vittorie nella Grande Boucle. Ma per certi traguardi l’atleta da solo non basta: serve una squadra dietro e persone di fiducia totale, come Vasilis Anastopoulos.

Anastopoulos è il preparatore che lo ha seguito in questa sfida ambiziosa, sarebbe più corretto dire che lo segue da anni. Della squadra ci aveva detto già Stefano Zanini. Il direttore sportivo ci parlò di un team compatto attorno a Mark, di una disposizione totale nei suoi confronti, di una ricerca capillare dei materiali… Dopo la caduta dello scorso anno e il ritiro rimandato, l’obiettivo era solo questo. Ma serviva di più e in questo di più c’era il lavoro a stretto contatto con il suo coach storico.

Ex pro’, Vasilis Anastopoulos è oggi un preparatore affermato. Da anni lavora con Cav (foto Instagram)
Ex pro’, Vasilis Anastopoulos è oggi un preparatore affermato. Da anni lavora con Cav (foto Instagram)

Da corridore a coach

Originario del Peloponneso, Vasilis Anastopoulos oggi vive ad Atene, con la la moglie e i suoi due figli «Che – dice lui – sono i più grandi sostenitori miei e di Mark! Oltre al ciclismo seguo il calcio e sono un tifoso dell’Olympiakos. Il mio cognome è molto popolare in Grecia, poiché uno dei giocatori di calcio più famosi degli anni ’80, Nikos Anastopoulos, ha giocato per l’Olympiakos e anche in Italia, nell’Avellino». 

Non è cosa consueta vedere un greco al ciclismo di alto livello. In qualche modo Vasilis è stato un pioniere in tal senso. E’ stato infatti il primo ciclista greco a diventare professionista. Era il 2000 e firmò per la squadra austriaca, Vorarlberg. Ha corso fino al 2006 e nel 2003 ha vinto il Giro di Grecia. Dopo aver terminato la carriera Anastopoulos ha concluso i suoi studi all’Università, laureandosi in Scienze Motorie. Da lì è diventato coach della nazionale e man mano l’approdo nei team professionistici.

Saint Vulbas, ore 17,39 del 3 luglio 2024, Cavendish ottiene la 35ª vittoria al Tour de France e stacca Merckx
Saint Vulbas, ore 17,39 del 3 luglio 2024, Cavendish ottiene la 35ª vittoria al Tour de France e stacca Merckx
Vasilis, missione compiuta: ora che l’obiettivo è stato raggiunto: quanto credevi davvero fosse possibile? Oggettivamente era davvero difficile… 

Da novembre, da quando abbiamo iniziato a lavorare su Progetto 35, non potevo immaginare che Mark avrebbe ottenuto questa vittoria, era davvero lontana! Da allora abbiamo lavorato davvero tanto e non abbiamo mai smesso di credere che sarebbe stato possibile. Anche se in primavera abbiamo dovuto superare alcuni momenti difficili.

Ed è stato quello secondo te l’ostacolo più difficile in quest’ultimo anno?

Proprio la sua malattia a marzo. Quello è stato un periodo difficile che abbiamo dovuto gestire con molta attenzione, ma alla fine abbiamo modificato il suo programma di gare e siamo riusciti a rimetterlo in carreggiata.

Dopo tanto tempo, qual è secondo te un punto di forza e un punto debole del Cav?

I punti di forza sono il suo approccio mentale, la sua velocità, la sua potenza assoluta e la resistenza alla fatica. Per quanto riguarda una debolezza, direi il suo sistema aerobico, come per la maggior parte dei velocisti del resto.

Dopo la sua vittoria hai analizzato i suoi dati: com’è andata?

Quel giorno ha fatto uno dei suoi migliori sprint vincenti.

Come è iniziato il vostro rapporto di collaborazione?

Abbiamo iniziato a lavorare insieme nel dicembre 2020 quando lui si è riunito al gruppo Quick Step. La nostra collaborazione è continuata fino alla fine del 2022, quando poi lui è andato all’Astana e abbiamo ripreso a lavorare insieme in questa stagione, quando anche io sono arrivato in Astana (su richiesta di Cav, ndr).

Vi è mai capitato di litigare sui programmi o su alcune scelte? E se sì, quali?

Abbiamo iniziato la stagione con un ritiro in quota in Colombia e poi abbiamo fatto il Tour of Colombia, che è andato molto bene, dato che lì ha vinto una tappa. Successivamente si è ammalato, quindi abbiamo dovuto modificare il suo programma di gare, saltando alcune corse di un giorno in Belgio. Abbiamo aggiunto il Giro di Turchia nel suo piano, come parte della sua preparazione, ma abbiamo mantenuto il suo piano originale, come stabilito già a novembre, fino al Tour.. 

È insolito che un atleta, soprattutto uno di punta come il Cav, decida di venire in Grecia: perché? E quando tutto questo è iniziato?

Nell’aprile del 2021 gli ho chiesto di venire per un training camp ad Atene, così ha fatto e gli è piaciuto molto. Lì nessuno lo riconosce perché il ciclismo non è così popolare in Grecia e possiamo allenarci sulle strade che io conosco molto bene. Da allora è venuto in Grecia altre quattro volte e ogni volta organizziamo dei camp davvero di ottima qualità. C’è una serie su Netflix che rende bene l’idea…

Ad Atene spesso a fine allenamento Cav era stremato, voleva mollare, ma Vasilis insisteva (foto @nassostphoto)
Ad Atene spesso a fine allenamento Cav era stremato, voleva mollare, ma Vasilis insisteva (foto @nassostphoto)
Tecnicamente come hai impostato tutto il lavoro?

A seconda del periodo e delle esigenze del corridore modifico il mio programma ma mi piace mescolare le sessioni (base, potenza, sprint) e le componenti del fitness. Ad esempio lavoro sulla massima potenza e sugli sprint per tutto l’anno e non solo in periodi specifici. 

In queste bellissime storie ci sono sempre aneddoti particolari: qual è il tuo? 

Abbiamo trascorso molto tempo insieme in allenamento, sicuramente ci sono stati momenti in cui era stanco e non riusciva a finire una sessione di allenamento difficile. In quelle occasioni  ho dovuto spingerlo al limite, perché sapevo che poteva farcela. E lui si arrabbiava con me, ma poi era felice che avessi insistito per completare la sessione. 

Puoi raccontarci della giorno di Saint Vulbas?

Prima dell’inizio abbiamo discusso della possibilità di vincere e il direttore ha fatto un piano chiaro che tutta la squadra ha eseguito al meglio. Durante quella tappa ho fatto la ricognizione e ho passato tutte le informazioni aggiornate sulla direzione del vento, i punti pericolosi sulla strada… a Zanini e Renshaw che erano i direttori sportivi in ammiraglia. Successivamente mi sono seduto sul bus della squadra insieme ad Alex Vinokourov e ad altri membri dello staff per guardare gli ultimi 20 chilometri della gara. Devo dire che eravamo tutti davvero in ansia perché sapevamo di avere buone possibilità di vincere. L’ultimo chilometro è stato davvero stressante ma dopo aver tagliato il traguardo eravamo al settimo cielo a festeggiare sull’autobus. Per me è stato un enorme sollievo dopo una stagione molto difficile e un grande premio per tutto il duro lavoro che abbiamo svolto insieme in questi ultimi mesi. È stato un momento di pura gioia!

E la sera?

Ovviamente eravamo tutti molto contenti. Più tardi in serata, durante la cena, Mark ha tenuto un discorso e ha ringraziato tutti i corridori e lo staff che hanno creduto in lui e in questo progetto a cui tutti lavoriamo da novembre. Abbiamo bevuto dello champagne, ma a parte questo si vedeva che tutti erano davvero felici e sollevati perché la missione è compiuta!

Se questo pullman potesse parlare, sai quante ne racconterebbe?

23.07.2024
4 min
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NIZZA (Francia) – Se questo pullman potesse parlare, sai quante ne racconterebbe? Il porto di Nizza accoglie la partenza della penultima tappa del Tour, quella che arriverà al Col de la Couillole. Nei clan degli scalatori c’è apprensione, in casa Astana Qazaqstan Team l’unica preoccupazione è quella di portare Cavendish all’arrivo anche oggi, perché domani (domenica) possa raccogliere il meritato applauso sul suo ultimo podio.

Dopo giorni di mascherine e mille attenzioni, questa volta c’è tutto il mondo. La gente si accalca come accadde a Firenze e più di un corridore è costretto a mettere piede a terra, andando e tornando dalla firma, per non cadere. Ma tutto sommato, chi l’ha detto che questo pullman non possa parlare?

Il progetto ha coinvolto tutta la squadra, che da cacciatrice di maglie, ha puntato tutto sul velocista
Il progetto ha coinvolto tutta la squadra, che da cacciatrice di maglie, ha puntato tutto sul velocista

A caccia del record

Il grosso mezzo celeste, un MAN Lion’s Coach, ha la voce di Federico Borselli, che lo guida e se ne prende cura da quando questa squadra è nata ed ha accolto l’anima italiana con Martinelli. Una sorta di filo che la tiene legata alla Saeco di Cipollini e Cunego e che ha poi visto passare Vincenzo Nibali e Fabio Aru. C’è stato a lungo anche Michele Scarponi, il cui nome viaggia sulla prua e apre la strada ai suoi fratelli. Ci sono stati anni in cui l’Astana è stata la squadra delle grandi corse a tappe. Dal 2013 al 2016 portò a casa infatti due Giri, un Tour e una Vuelta. Poi sono arrivati i nuovi giganti, il budget si è ristretto e i Giri sono diventati appannaggio di altri. E così quest’anno al Tour sono venuti per quell’unica vittoria che ha dato un senso al suo ultimo scorcio di carriera e alla loro spedizione.

«Quando porti una squadra di scalatori e lotti per vincere dei Grandi Giri – spiega il toscano, angelo custode del pullman e dei suoi racconti – sei tutti i giorni a lottare per tenere le posizioni, non perdere terreno, attaccare. Quando hai un velocista, ci sono giorni ad altissima tensione e altri in cui cerchi il modo per arrivare ugualmente al traguardo. Lottare tutti i giorni dà un altro morale, però quando si vince, la soddisfazione è uguale. Cavendish che ha vinto la 35ª tappa del Tour è stata una cosa bellissima…».

Con Gil e Tosello, Borselli è l’anima più esperta dell’Astana
Eppure era cominciato male, questo Tour. Il primo giorno si rischiava che Mark andasse a casa…

La prima settimana è stata dura, poi piano piano le cose si sono un po’ riequilibrate. I corridori hanno preso i loro ritmi e ci siamo risistemati.

Cosa si capisce portandoli avanti e indietro ogni giorno?

Riesci a capire il corridore. Come sta, il morale che ha. Lo vedi subito la mattina, quando arriva il bus. Ad esempio Mark è passato dalle tensioni del primo giorno a quell’atmosfera magica del giorno che ha vinto. C’era quella tensione buona, si percepiva che fossimo tutti lì per raggiungere questo risultato molto importante. Non so come spiegare, si sentiva che stesse per succedere qualcosa di importante.

Come ci sta Cavendish sul pullman che è stato di così grandi scalatori?

Essendo un anglosassone, è più chiuso rispetto a un Cipollini, un Simoni oppure Cunego, Scarponi e Nibali. Però alla fine è uno di noi. Uno che sta al gioco, è simpatico. Ride e scherza anche lui. E poi si è visto che dopo la vittoria è cambiato totalmente.

Raggiunta quota 35, Mark Cavendish ha mollato finalmente la tensione e festeggiato anche con la famiglia
Raggiunta quota 35, Mark Cavendish ha mollato finalmente la tensione e festeggiato anche con la famiglia
Ogni giorno una lotta per raggiungere il traguardo: come lo vedevi quando arrivava dopo le tappe?

Ha avuto una grinta incredibile, perché arrivare fino qui a Nizza per lui non è stato facile. In questi giorni che stavano nel tempo massimo per pochi minuti, quando salivano sul pullman erano davvero finiti. Però dopo un’ora il corridore, l’atleta professionista recupera e torna nella normalità. Lui ha fatto fatica, ma ce l’ha fatta anche grazie agli altri ragazzi che gli sono stati vicini.

Ti ha mai chiesto perché ci sia quel grosso cartello col nome di Scarponi?

No, credo per discrezione. Però sa il motivo per cui c’è, in gruppo penso lo sappiano tutti.

P.S. Finito il Tour, mentre la squadra si è concessa la meritatissima festa, Borselli si è rimesso al volante ed è ripartito alla volta di Calenzano. C’erano dei lavori da fare sul pullman, che dopo un Tour mostra i suoi cedimenti. E visto che il programma di Federico prevede la ripartenza per Vuelta Burgos, San Sebastian, Circuit de Getxo e poi la Vuelta Espana, bisogna che il mezzo sia a posto. Non esserci gli è dispiaciuto, ma per essere dei grandi professionisti bisogna saper individuare le priorità. E questa era superiore.

Ballerini, la multa del maxi schermo e il rinnovo con l’Astana

18.07.2024
5 min
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GAP (Francia) – Che cosa passa nella testa e nel cuore dei corridori della Astana Qazaqstan Team ora che Cavendish ha stabilito il suo record e non restano che montagne e montagne, da masticare piano perché non facciano male e non rimangano sullo stomaco? Attorno al pullman alla partenza c’è un bel movimento di tifosi, ma niente in paragone alla bolgia di casa UAE Emirates e delle francesi. Gabriele Tosello e Federico Borselli chiacchierano in attesa che la corsa cominci. Il mattino è lungo e noi ne approfittiamo per fare due chiacchiere con Davide Ballerini. Subito dopo l’annuncio dell’ingresso del gruppo cinese XDS nella squadra, è arrivato quello del rinnovo contrattuale per il corridore lombardo.

«Sono contento – dice – è un grande progetto e la squadra punta tanto su di me, soprattutto per le classiche. Perciò ho deciso di accettare il loro progetto. Praticamente non riesco a correre al Nord da un anno e mezzo, ho qualche conto aperto lassù».

Il 3 luglio si è fatta la storia. Cavendish ha vinto la 53ª tappa al Tour: battuto il record di Merckx
Il 3 luglio si è fatta la storia. Cavendish ha vinto la 53ª tappa al Tour: battuto il record di Merckx
Come è stato vincere la tappa con Cavendish?

Ci voleva. Ci voleva per noi, ci voleva per lui. Purtroppo non è stato facile nelle volate successive senza Morkov, però abbiamo cercato di fare il possibile. Ovviamente il Tour non è ancora finito, ma occasioni per velocisti non ci sono più e noi cercheremo sempre di dare il massimo, come abbiamo sempre fatto.

Com’è stato il giorno della vittoria?

Fantastico! Come tutti sanno, ho ricevuto anche la multa, ma ne è valsa la pena. Di sicuro sono ricordi che porterò nel cuore. Siamo riusciti a scrivere un pezzo di storia del ciclismo e sono contento di averne fatto parte. Andiamo avanti così!

Racconta quel momento davanti al maxi schermo…

L’ho visto e ho pensato che fosse il posto giusto per vedere come andava a finire. Mark ha vinto, io ho festeggiato. Sono ripartito e ho alzato anche un braccio. E’ stato fantastico, è come se avesse vinto io. Non sembra, ma c’era tanta pressione da parte dei giornalisti, da tutti quanti. Tutti sapevano di questo record, anche Mark si metteva pressione.

Nella tappa di ieri, sul Col du Noyer, Ballerini ha avuto anche il tempo per guardarsi intorno
Nella tappa di ieri, sul Col du Noyer, Ballerini ha avuto anche il tempo per guardarsi intorno
La multa scoccia?

Mi è sembrato molto strano, anche perché non penso di essere stato un pericolo per nessuno. Prima di tutto ho controllato dieci volte prima di fermarmi e poi abbiamo visto che non sono stato l’unico. Se non sbaglio anche un altro corridore si è fermato con me a vederla. E poi nella cronometro hanno dato la multa a Julian Bernard che ha rallentato per baciare la moglie. E’ un po’ strana come cosa, anche perché sono dei momenti indimenticabili, soprattutto per me e magari per lo stesso Bernard. E’ un po’ difficile da accettare, ma ce ne faremo una ragione e credo che anche questa multa resterà nella storia. Sono stati 200 franchi, ma non è per l’importo in sé, quanto perché la scalano dai premi per la squadra e il personale.

Tanta gioia per la vittoria, eppure il primo giorno quasi non si arrivava a Rimini…

Eh sì, è stata dura, ma siamo riusciti a farcela. Se però posso dire, la tappa più dura è stata quella a Plateau de Beille domenica scorsa.

Quanto è duro per un velocista un Tour che non finisce a Parigi?

Non è una cosa facile. La volata di Parigi è qualcosa di fantastico per un velocista, quindi è sempre la spinta in più per cercare di finire il Tour. Ma penso che quest’anno Mark non mollerà. E’ l’ultimo Tour, quindi penso che sia convinto al 110 per cento di arrivare a Nizza, di riuscire a concluderlo. E noi lo aiuteremo come l’abbiamo aiutato fino ad oggi.

Ballerini ha visto Cavendish nervoso fino alla vittoria, poi Mark ha un po’ “mollato”
Ballerini ha visto Cavendish nervoso fino alla vittoria, poi Mark ha un po’ “mollato”
Come sono queste giornate di montagna?

Non le ho ancora guardate, le affronto giorno per giorno. Di sicuro non sono facili. Noi abbiamo la fortuna di avere un grande staff che studia sempre tutte le tappe e ci dà delle tabelle di watt da rispettare. Grazie a questo riusciamo ad arrivare al pelo. Ovviamente ci deve andare anche di fortuna, perché bisogna essere sempre competitivi. Alla fine se non ti ricordi di alimentarti bene magari, perché si tira o per altri motivi, sei nei guai. La benzina non può finire, quindi non si sa mai. C’è sempre un punto di domanda, ma noi sappiamo che se rispettiamo le nostre tabelle, i watt, le nostre cose e i nostri tempi, riusciamo ad arrivare e mal che vada cerchiamo sempre qualche modo per starci dentro.

Come è stato vivere Cavendish al Tour?

L’ho visto molto stressato all’inizio, questo è poco ma sicuro. Dopo la vittoria un po’ più rilassato. Mi dispiace che non ci siamo riusciti a trovarci nelle volate successive alla sua vittoria, anche perché secondo me la gamba ce l’ha. E’ in ottima forma, è magro e convinto. Quindi c’è un po’ di rammarico appunto perché nell’ultima volata lo abbiamo perso, non siamo riusciti a fare una volata come volevamo. Però capita, nel ciclismo non è sempre rose e fiori.

Le occasioni per Ballerini erano tutte nella prima settimana, ma la gamba non era al meglio
Le occasioni per Ballerini erano tutte nella prima settimana, ma la gamba non era al meglio
Rammarico di non aver fatto qualche tappa per Ballero?

A dir la verità, le tappe per me c’erano pure: il problema è che non c’erano le mie gambe. Ovviamente ho faticato moltissimo, il primo weekend è stato veramente fuori dal normale. Non mi riconoscevo, però purtroppo bisogna soffrire, soffrire e soffrire ancora. E dopo magicamente mi sono ripreso, però non ho più trovato tappe adatte. Il percorso non si può cambiare e purtroppo, se non hai la gamba giusta nelle giornate giuste, non ci puoi fare nulla. Io ho provato di tutto, ma è andata così.