«In questo inizio di stagione sono parecchio incasinato – dice Rota – ho tante cose da fare e altrettante da mettere a posto. I mesi invernali sono così, bisogna fare un po’ di prove, controllare la bici e tutti i dettagli per arrivare pronti al primo ritiro».
Dopo le vacanze, il bergamasco si ritrova a sistemare e programmare la stagione. «Quest’anno ho avuto qualche problema alla schiena e sto facendo dei test per mettermi a posto, per capire come potrei migliorare. Provo plantari nuovi, controllo la posizione. Il cambiamento non è mai immediato, si deve capire, studiare, agire. Per fortuna la bici è uguale a quella dello scorso anno, stesso telaio, stessi componenti».
Dopo tre anni le strade di Rota e Piva si dividono, dal 2024 il diesse passerà alla Jayco-AlUlaDopo tre anni le strade di Rota e Piva si dividono, dal 2024 il diesse passerà alla Jayco-AlUla
A proposito di cambiamenti, in Intermarché ne è avvenuto uno importante, Valerio Piva è andato alla Jayco.
Vero, purtroppo è una perdita importante, era un uomo chiave per la nostra squadra. Non solo per me ma per tutto il gruppo. La sua esperienza era davvero fondamentale per noi. Mi spiace che abbia cambiato squadra, però è una figura importante in questo mondo ed è sempre stato molto ricercato. Ad un certo punto si fanno delle scelte, chiaro che umanamente dispiace, con lui avevo molto legato.
Siete arrivati alla Intermarché insieme, nel 2021, appena la squadra aveva acquisito la licenza WorldTour.
Appena arrivato qui sono stato affidato a lui, complice anche il fatto che con l’inglese non me la cavavo benissimo. Essere in una squadra straniera e relazionarsi con italiani mi ha aiutato ad inserirmi nel team. Penso che con l’arrivo di Valerio la crescita mia e del team si sia vista, ha fatto sicuramente un ottimo lavoro.
Nel 2021 alla Intermarché Rota ha trovato altri 3 italiani in squadra: Pasqualon, Petilli e Minali (che nella foto non c’è)Nel 2021 alla Intermarché Rota ha trovato altri 3 italiani in squadra: Pasqualon, Petilli e Minali (che nella foto non c’è)
Tu eri a conoscenza del cambiamento?
No, l’ho visto l’ultima volta al Lombardia, poi ci sono state di mezzo le vacanze e non ci siamo più visti. Sapevo che stesse parlando con la squadra, ma ho letto del passaggio in Jayco dai vari siti e giornali. Ci sta, è normale, nella vita lavorativa di una persona il cambiamento è sempre dietro l’angolo. Ci siamo scambiati qualche riflessione, alla fine in questi 3 anni insieme ho corso l’80 per cento delle gare con lui al seguito.
Vi siete sentiti?
Abbiamo fatto una chiamata dopo la notizia del cambio squadra, ma la chiacchierata è andata sulle corse e mi ha dato qualche ultimo consiglio.
Nel 2022 è arrivata anche la prima vittoria da pro’ per Rota, al Sazka TourNel 2022 è arrivata anche la prima vittoria da pro’ per Rota, al Sazka Tour
Quale?
Su questo 2023 che per me non è andato bene in alcune fasi della stagione. Il suo ultimo consiglio è stato di restare tranquillo e di tornare a fare le cose come nel 2022. Ritornare a correre con una tattica più aggressiva, pensare di meno e agire. Questo è stato un po’ il leitmotivdei nostri anni insieme: correre con intraprendenza. Ho sposato il suo modo di approcciare le corse ed insieme ci siamo tolti delle belle soddisfazioni, non tutto è andato come avremmo voluto, ma fa parte della vita.
Il ricordo più bello con Piva in ammiraglia?
Un bel momento è stato il campionato italiano di quest’anno. Non ho vinto, ma a fine gara Valerio era molto contento di come era andata la gara, di come l’avevamo interpretata. Abbiamo dato spettacolo al di là del risultato, era quasi più felice lui di me. Un altro ricordo è al campionato italiano del 2022, in quel caso era più deluso lui di me per la mancata vittoria, era consapevole che avevamo buttato una grande occasione.
Un bel ricordo di Rota legato a Piva arriva dal recente campionato italiano con una prestazione al di sopra delle aspettativeAl contrario, il secondo posto del 2022 è stato motivo di rammarico per entrambiUn bel ricordo di Rota legato a Piva arriva dal recente campionato italiano con una prestazione al di sopra delle aspettativeAl contrario, il secondo posto del 2022 è stato motivo di rammarico per entrambi
Due risultati uguali a fronte di situazioni diverse, come le due stagioni di cui stiamo parlando.
Vero. Nel 2022 stavo bene e arrivavo al campionato italiano con la convinzione di poter fare la corsa. Mentre quest’anno non mi sarei mai aspettato di poter correre davanti e di arrivare a giocarmi la vittoria.
Cosa ha portato secondo te Piva in questi tre anni alla Intermarché?
Ha portato in squadra la sua mentalità, il team nel 2021 aveva ancora un’impronta da professional. Lui ha contribuito a farla diventare la Intermarché che conosciamo oggi, ha dato un assetto di lavoro e una programmazione.
Piva ha consigliato a Rota di tornare a correre come hanno sempre fatto, con intraprendenza e determinazionePiva ha consigliato a Rota di tornare a correre come hanno sempre fatto, con intraprendenza e determinazione
E a te cosa ha dato?
Molte volte si lamentava che non mi ritenessi all’altezza, pensa da sempre che io sia un corridore forte. Mi ha insegnato a credere in me stesso e a dare tutto. A seguire l’istinto, se mi sento di attaccare vado, se sento di dover aspettare sto sulle ruote, ed è una cosa che in futuro mi rimarrà addosso. La cosa importante è che a fine gara tu sia contento di come hai corso. Mi ha sempre dato una grande carica e tanta motivazione, mi ha spinto spesso oltre il limite. Non è una cosa che tutti i diesse hanno, è un meccanismo empatico e questo mi mancherà.
Si chiude una parte della tua carriera con la sua partenza…
Sì, ma è anche giusto che sia così. Il nostro rapporto rimarrà tale, nel privato continuerò a sentirlo e parlarci. E’ un’ottima persona e mi farà sempre piacere scambiare due parole con lui.
Quando è uscita la notizia che Valerio Piva sarebbe passato dalla Intermarché alla Jayco-AlUla, ci siamo tutti guardati, perché nessuno lo avrebbe immaginato. Avevamo la sensazione che il tecnico mantovano, già pro’ dal 1982 al 1991, detenesse le chiavi del successo della squadra belga, sia pure a capo di un 2023 non proprio esaltante. C’era arrivato nel 2021 alla chiusura della CCC Polsat, quando il team manager Jim Ochowitz vendette la licenza WorldTour al team belga. Nonostante venisse da una storia professionale molto diversa, l’approdo era parso quasi naturale, dato che fino alla stagione precedente la squadra era stata professional e aveva bisogno di qualcuno che la traghettasse al livello superiore.
E quando ormai si era quasi convinto che, avendo raggiunto quota 65 anni, fosse arrivato il momento di fermarsi, gli è arrivata la chiamata di una vecchia conoscenza: Allan Peiper, con cui ha condiviso cinque anni alla BMC e che ha lasciato il UAE Team Emirates per diventare uno dei consiglieri del Team Jayco-AlUla. L’australiano, che ha da poco sconfitto un cancro, gli ha chiesto se avesse voglia di accettare questa nuova sfida e il lume della passione ha impiegato meno di un secondo per riaccendersi.
«Non mi aspettavo una proposta – racconta Piva dal Belgio, dove vive – la Jayco è una squadra di alto livello, organizzata come si deve. A me piace lavorare in un ambiente positivo dove si possono ottenere delle soddisfazioni ed è stata questa la ragione per cui ho accettato. Alla Intermarché si sono dispiaciuti e da un certo punto di vista dispiace anche a me, perché comunque il lavoro fatto è stato buono e penso di aver lasciato qualcosa».
Oltre a Peiper (nella veste di consigliere), alla Jayco-AlUla Piva troverà anche Pinotti: uno spicchio di BMCOltre a Peiper (nella veste di consigliere), alla Jayco-AlUla Piva troverà anche Pinotti: uno spicchio di BMC
In qualche modo immaginiamo che tu l’abbia sentita tua…
La Intermarché era una squadra professional, gli serviva una mano. Partire non è stato facile, ma credo di aver fatto qualcosa di buono, che abbiano imparato qualcosa. Mi sento parte di questa evoluzione. Il primo anno c’è stato tanto da lavorare. Il secondo anno abbiamo raccolto i frutti eccezionali, il 2022 è stato un’annata incredibile. Invece quest’anno, secondo me la squadra si è adagiata sui successi dell’anno precedente, esattamente quello che avevo detto di non fare. E’ stato un anno difficile, abbiamo perso corridori di valore. Alcuni giovani hanno avuto infortuni e cadute che capitano spesso. E’ stata una stagione difficile dal punto di vista della gestione. Io ero in scadenza di contratto, ero curioso di vedere che cosa mi avrebbero proposto, perché quasi 200 giorni all’anno via da casa non avrei più voluto farli.
Pensi che ti avrebbero tenuto?
Eravamo in contatto, penso di sì. Chiaramente è una squadra un po’ particolare in tutte le sue cose. La comunicazione è complicata e spesso si riducono all’ultimo momento. E mentre aspettavo, è arrivata la Jayco.
Come vedi il futuro della Intermarché?
Dovranno cambiare. Purtroppo non hanno tanti soldi e questo è il vero problema. Non trovano sponsor e alla fine sono limitati al gruppo di corridori che già hanno e investono nei giovani. Hanno buoni talenti, ma alla fine perdono i corridori di livello come Rui Costa e Kristoff. Vanno via sempre quelli che fanno grandi risultati, che possono vincere corse di alto livello, e li sostituiscono con dei giovani che all’inizio fanno fatica a venire fuori. C’è ancora Biniam Girmay, quindi è una squadra che secondo me farà bene, ma soffrirà sicuramente per i punteggi.
Il 2023 di Girmay è stato al di sotto delle attese dopo il grande 2022, a causa di qualche caduta e vari imprevisti (foto Intermarché)Il 2023 di Girmay è stato al di sotto delle attese dopo il grande 2022, a causa di qualche caduta e vari imprevisti (foto Intermarché)
E questo oggi è il vero problema…
Chiaramente non hanno grossi nomi. Un anno negativo c’è già stato, ma gli auguro che i corridori di talento vengano fuori. Credo abbiano inquadrato e messo a fuoco cosa non ha funzionato. Hanno un manager capace, Aike Visbeek, che è olandese e ha gestito Dumoulin quando vinse il Giro d’Italia. E’ preparato e secondo me la scelta in futuro sarà di investire nei giovani, visto che hanno una squadra under 23 che funziona. Chiaramente non so se questo gli permetterà poi di rimanere nelle 17-18 squadre WorldTour, perché fare i conti non è semplice. L’anno scorso abbiamo finito quinti, superati in extremis dalla Bora. Quest’anno abbiamo finito quattordicesimi, quindi la differenza si capisce chiaramente.
Non si vede uno scenario super tranquillizzante.
Penso che una prospettiva potrebbe essere quella di lavorare con i giovani e dare una chance a corridori più maturi, che vogliano dimostrare di avere ancora qualcosa da dire, come con Taaramae, Kristoff o Rui Costa. Atleti su cui abbiamo investito e che alla fine ci hanno dato grandi risultati.
Lasci un bel gruppetto di italiani, forse la tua uscita li ha spiazzati.
L’altro ieri mi ha chiamato Rota. La sua evoluzione l’ho seguita proprio da vicino, lo abbiamo preso quando sono arrivato io, quindi era un corridore mio ed è cresciuto tantissimo. Quest’anno ha avuto una frenata, ma le risposte ci sono e forse le dirà lui. Comunque io ho sempre investito in questi ragazzi. Parlo la stessa lingua quindi per loro ero diventato un punto di riferimento. Anche per Busatto, che ha fatto qualche corsa con me. E’ un bel talento, ha bisogno di crescere.
Rota è arrivato alla Intermarché proprio con Piva: la loro collaborazione ha dato ottimi fruttiRota è arrivato alla Intermarché proprio con Piva: la loro collaborazione ha dato ottimi frutti
Che idea si è fatto Piva della sua nuova squadra?
Sono stato un giorno nei loro uffici, conoscevo Brent Copeland (il team manager della Jayco-AlUla, ndr) da lungo tempo. Da fuori è sempre sembrata una grande squadra, organizzata e con corridori di nome. Negli ultimi anni i risultati sono un po’ mancati, bisognerà fare un’analisi per trovarne la ragione. Da quello che ho capito mi hanno contattato anche per questo. Per avere qualcuno che arrivando da fuori gli dia un punto di vista sul perché una squadra con un budget così elevato e la quantità atletica dei corridori non abbia i risultati che merita.
Un compito non semplice…
Ho lavorato tantissimo con squadre di mentalità anglosassone, dalla HTC alla BMC, fatta salva la parentesi russa della Katusha, dove comunque ho portato le mie conoscenze e il metodo di lavoro che avevo imparato con gli americani. Mi sono sempre trovato bene con questa mentalità, con il fatto che ti lascino lavorare tranquillamente. A volte però il “good job” non mi piace tanto. Secondo me va detto se davvero hai fatto un buon lavoro o quando si vince, non quando arrivi staccato a minuti. Va bene motivare la gente e aiutarla, ma quando si sbaglia o non si lavora per come si è detto, bisogna ugualmente dirlo: con educazione, ma in modo chiaro.
E’ il tuo modo di fare?
Io sono abbastanza schietto quando gestisco il gruppo. Quindi mi entusiasmo come tutti quando la squadra funziona, ma mi arrabbio quando non va e quando non fanno quello che è stato programmato, quando non si rispettano le regole e le strategie che si sono discusse insieme. Le corse si vincono con il collettivo, anche se sull’arrivo passa un corridore solo. E’ uno sport individuale dal punto di vista del risultato, ma sul piano del funzionamento è uno sport di squadra. E’ importante che tutti lo sappiano.
Simon Yates, come Matthews, è una delle bandiere della Jayco-AlUla: ritroverà consistenza?Simon Yates, come Matthews, è una delle bandiere della Jayco-AlUla: ritroverà consistenza?
Ci sarà dunque una squadra australiana nell’Hotel Malpertuus di famiglia?
Purtroppo no, mi dispiace molto. Abbiamo la Bahrain e l’Astana, che dopo la Liegi prenotano già per l’anno dopo. Qualcuno mi ha fatto anche la battuta, che mi hanno preso solo per l’albergo, ma lo spazio è quello. Due squadre ci stanno bene, per tre non c’è posto.
Battute a parte, come sei stato accolto?
Ho parlato con molta gente che conoscevo già e ho visto entusiasmo. Non arrivo facendo promesse e dicendo che con me cambierà tutto. Voglio essere parte del gruppo e mettere a disposizione l’esperienza dei tanti anni che ho passato nel professionismo. Ho visto tante situazioni, tanti corridori, tante gare. Quello che conosco e che so fare sarà a disposizione della mia nuova squadra.
«Ancora devo realizzare di aver vinto il campionato italiano. L’ho sempre vista come una corsa difficile tatticamente. Credo sia l’apice di una crescita e spero di continuare così». Ha colto subito nel segno Francesco Busatto neo campione italiano under 23. Il corridore della Circus-ReUz dopo l’arrivo ha parlato subito di gioia, di tattica e di crescita.
Dopo l’alluvione in Romagna, Marco Selleri e Marco Pavarini, dirigenti di ExtraGiro, hanno fatto un altro piccolo miracolo (foto M. Isola)Dopo l’alluvione in Romagna, Marco Selleri e Marco Pavarini, dirigenti di ExtraGiro hanno fatto un altro piccolo miracolo (foto M. Isola)
La corsa
La gara di Mordano si snodava sul circuito dei Tre Monti, quello famoso per il mondiale di Adorni e in parte di Alaphilippe
Da fare 171 chilometri e 2.300 metri di dislivello. Caldo, ma non impossibile e corsa subito vivace. Fuori c’è una fuga numerosa. Al quarto dei nove giri, sul forcing di Sergio Merisin, vanno via in otto, tra cui i tre del podio, Busatto appunto, Luca Cretti della Colpack-Ballan e Dario Igor Belletta della Jumbo-Visma Development. All’ottava tornata l’azione decisiva.
Busatto attacca deciso e solo Cretti riesce a rispondergli e anzi anche a rilanciare. Si capisce subito che i due ne hanno di più e scappano. E’ sprint a due… ma non c’è storia. Dopo la Liegi e l’Orlen Nations Grand Prix, Busatto infila un altro prestigioso successo.
«E’ un sogno che si realizza – ha detto Busatto dopo l’arrivo – non lontano da qui, sulla salita di Gallisterna, avevo visto vincere il mondiale ad Alaphilippe… e anche io ci avevo corso su quelle strade. Strade che mi si addicevano oggi. Il percorso, con strappi pendenti alternati a tratti in cui la salita spianava, mi piaceva».
Partenza e arrivo a Mordano: 164 iscritti, 171 km, 2.300 m di dislivello percorsi a 40,343 di media oraria (foto M. Isola)Partenza e arrivo a Mordano: 164 iscritti, 171 km, 2.300 m di dislivello percorsi a 40,343 di media oraria (foto M. Isola)
La tattica
Non è la prima volta che durante l’anno Busatto gioca bene le sue carte. E quando all’inizio ha parlato di tattica lo ha fatto a ragione.
«Della mia squadra – spiega il veneto – eravamo solo due e questo mi preoccupava. Abbiamo cercato di correre di rimessa all’inizio, lavorando per ricucire sulla prima fuga. Da lì però ho cercato di farmi trovare pronto su ogni attacco».
Come si dice: spesso la miglior difesa è l’attacco. Francesco aveva capito che non poteva permettersi di restare indietro nuovamente, meglio anticipare, anche perché era ben consapevole delle sue doti di finissseur.
Sul circuito dei Tre Monti sempre una bella cornice di pubblico (immagine Instagram)Sul circuito dei Tre Monti sempre una bella cornice di pubblico (immagine Instagram)
Lucidità da campione
Nessuno gli aveva detto di correre così. Anche perché i diesse al seguito di Francesco e del suo compagno, Alessio Delle Vedove, non c’erano. E anche durante la settimana non si erano parlati poi così tanto.
«Non ci siamo parlati più di tanto – ha detto poi a mente fredda Francesco – ma ho cercato di correre secondo la mia esperienza, cercando di fare tutto il più diligentemente possibile».
«Sapevo di essere veloce, ma non ero sicuro di vincere. Ho capito però che potevo farcela quando all’imbocco dell’ultima salita il vantaggio continuava ad aumentare.
«In più io stavo bene ed ero pronto a rispondere a tutti gli scatti che avrebbe fatto Cretti, pur di cercare di arrivare in volata. Anche se devo dire che alla fine siamo andati abbastanza di comune accordo fino all’arrivo. E forse è stata anche un po’ più semplice di quello che mi aspettavo».
Busatto parla davvero con la lucidità del campione. Di chi ha tutto sotto controllo o semplicemente di chi è sicuro di sé. E questa sicurezza è un tassello di cui lui stesso ci ha parlato.
«Una sicurezza che ti viene con i buoni risultati e probabilmente adesso con questa maglia sarà ancora di più. Anche se un po’ di sicurezza l’avevo presa dopo la Liegi.
«In realtà poi non ero poi così sicuro. Anche perché la gamba non era proprio il massimo e soprattutto durante le prime salite ho avuto dei problemi di stomaco. Ho cercato di non mollare, di mangiare il più possibile… e per fortuna alla fine la gamba c’era. Forse perché anche gli altri non erano freschissimi».
Cretti (2001) all’attacco, Busatto (2002) lo incalza (foto Zannoni, come in apertura)Cretti (2001) all’attacco, Busatto (2002) lo incalza (foto Zannoni, come in apertura)
Dediche speciali
Francesco racconta di un post Giro Next non facile. La stanchezza per la corsa rosa, unita al primo caldo lo hanno fiaccato. Ha detto che paga molto il primo caldo e anche per questo in settimana aveva fatto solo scarico.
«Nessun allenamento tirato – ha detto il bassanese – ho pensato solo a recuperare. Poi sarò uscito dal Giro Next anche con una grande gamba, ma a livello di sensazioni non mi sentivo proprio benissimo. Ripeto, la prima settimana di caldo la pago sempre un po’».
Prima di lasciarci c’è l’immancabile dedica: «A chi la dedico? Alla mia famiglia prima di tutto. Nei tanti anni in cui non ho avuto grandi risultati, quando facevo persino fatica a trovare squadra, loro ci sono sempre stati. Poi la dedico alla mia squadra. E ancora al mio preparatore, Paolo Santello.E’ grazie a lui se ho fatto un bel salto di qualità e se mi ha dato un modo diverso di vedere le cose.
«E infine una dedica va allaCampana Imballaggi Geo&Tex Trentino che mi ha ospitato due giorni per questa gara e che due anni fa mi ha preso quando ero praticamente “per strada”. Senza di loro non sarei qui adesso».
Il podio con Busatto, Cretti e Belletta. Quest’ultimo in volata ha regolato (a 1’47”) un drappello di 8 corridori Il podio con Busatto, Cretti e Belletta. Quest’ultimo in volata ha regolato (a 1’47”) un drappello di 8 corridori
Parola a Piva
E poi c’è Valerio Piva, diesse della WorldTour di Busatto dal prossimo anno, laIntermarché-Wanty Gobert. Valerio è di ritorno dall’italiano dei pro’ quando lo intercettiamo. Da una parte gioisce, dall’altra meno, perché se Francesco ha vinto, Lorenzo Rota ha fatto ancora una volta secondo.
«Busatto è uscito bene dal Giro Next – dice Piva – e sapevamo che stesse bene. Sapevamo che si sarebbe potuto giocare le sue carte. Già durante il Giro ci era andato vicino due volte. Ancora non ho parlato con lui. Lo farò domani (oggi, ndr) e mi dirà bene come è andata la corsa».
Quella di Francesco è un’altra vittoria importante. Una vittoria che soprattutto arriva tra diversi piazzamenti altrettanto importanti, segno che il ragazzo ha una certa continuità di rendimento.
«E’ frutto di un lavoro di squadra, del suo direttore sportivo Kévin Van Melsen, del nostro staff. E infatti anche altri ragazzi stanno andando forte. Noi abbiamo investito su di lui. Ci abbiamo creduto. Fondriest ce ne aveva parlato bene. Lo abbiamo monitorato e lo abbiamo scelto. Ma questo non significa che ci fermiamo o che lui si dovrà fermare. Dobbiamo continuare a farlo crescere».
BERGAMO – Bonifazio arriva trascinando i piedi, stanco morto. Le sue gambe da velocista sulle strade di Bergamo hanno sofferto le pene dell’inferno, ma ha fatto bene il suo lavoro, proteggendo nella fuga Laurens Huys, cui la Intermarche-Wanty ha chiesto di tenere duro in classifica. Si guarda intorno e lo intercettiamo prima che salga sul pullman, mentre a un paio di metri il suo direttore sportivo Valerio Piva armeggia nell’ammiraglia prima di scenderne e archiviare la tappa.
«Mi sono trovato davanti insieme a Huys – racconta Bonifazio – non abbiamo preso rischi nelle discese e poi nel finale ho attaccato sulla Roncola per mettere in crisi gli altri compagni di fuga, in modo che il mio compagno non tirasse prima della salita e ci arrivasse spendendo meno. Io sto abbastanza bene, la stanchezza inizia a farsi sentire, il risveglio è sempre traumatico. Il freddo ha fatto la sua parte, perché non ti fa realmente capire la tua condizione e recuperare quando ogni giorno ti congeli, è veramente dura. Questo Giro non ha favorito noi sprinter, quindi bisogna cercare di sopravvivere tutti i giorni…».
Bonifazio è entrato nella fuga pur sapendo che il percorso fosse troppo duro per lui: ha aiutato il compagno HuysIl percorso, annunciato tra i più duri, ha lanciato la fuga, ma non ha visto scintille fra gli uomini di classificaBonifazio è entrato nella fuga pur sapendo che il percorso fosse troppo duro per lui: ha aiutato il compagno HuysIl percorso, annunciato tra i più duri, ha lanciato la fuga, ma non ha visto scintille fra gli uomini di classifica
Anche questa volta gli uomini di classifica si sono fatti pregare e alla fine non si sono presentati alla festa. Quei due secondi fra il gruppetto di Almeida e quello di Pinot sono stati conseguenza di una discesa fatta in modo più spregiudicato, ma nulla di più. E così, approfittando della saggezza di Valerio Piva, proviamo a capire che cosa si pensi là dietro, nella lunga fila delle ammiraglie, mentre davanti le star del Giro lasciano passare i chilometri e le occasioni.
Qualcuno poco fa sull’arrivo ha parlato di un Giro che si deciderà con il colpo di un solo giorno. Perché è troppo duro, ha tappe troppo lunghe e a causa del freddo nessuno si muove…
Un Giro troppo duro? Non lo so, tutti i Giri sono duri – risponde Piva con gli occhi che lampeggiano di scetticismo – e si sapeva prima di venire che fosse una corsa difficile e con tante salite. E’ chiaro che ognuno fa le sue scelte sugli atleti da portare, capaci di gestire queste situazioni. Il freddo c’è stato e anche tanto, ma purtroppo quello non si può gestire. Sono situazioni difficili per tutti, io lo so perché ho vissuto il Gavia (nel 1988 il Giro fu sconvolto da una bufera di neve sul passo valtellinese, ndr). Qui non è stata una sola giornata, ma quasi tutte le tappe finora. Però sono convinto che il Giro sarà spettacolare nell’ultima settimana e anche questo si sapeva…
Piva è convinto che il Giro si deciderà nella terza settimana e non si stupisce per l’attendismo dei bigPiva è convinto che il Giro si deciderà nella terza settimana e non si stupisce per l’attendismo dei big
Anche questo si sapeva?
Certo, perché chi sa gestirsi aspetta la terza settimana. Quindi io mi aspetto che Roglic e Thomas e quelli che sono rimasti a giocarsi la vittoria si sfideranno sulle salite, come era prevedibile. Roglic ha gestito la squadra con il giusto approccio. Se vuoi essere competitivo nelle tappe più dure, devi fare così.
Oggi sulla carta era una tappa di quelle, no?
Lo pensavo anche io, ma visto che domani c’è il riposo hanno rimandato al Bondone di martedì, alle Tre Cime di Lavaredo, a Zoldo e alla cronometro finale. Attenzione perché lì, sul Monte Lussari, si può decidere il Giro. Le forze sono quelle e chi ha speso all’inizio rischia di pagare.
Possiamo dire che l’assenza di Evenepoel ha tolto un po’ di imprevedibilità?
Quando all’inizio li vedevo battersi per pochi secondi, ero un po’ perplesso. Non è facile gestire le tre settimane, soprattutto su questo percorso. Con Remco cambiava qualcosa chiaramente, avrebbe dato del pepe a questo Giro, ma qualche dubbio mi resta.
Gli italiani onorano il Giro. Nella prima fuga ci sono Albanese, Frigo, Ballerini, Velasco, Gavazzi e PasqualonGli italiani onorano il Giro. Nella prima fuga ci sono Albanese, Frigo, Ballerini, Velasco, Gavazzi e Pasqualon
Su cosa?
Sarebbe riuscito ad arrivare in fondo a quel modo? Chiaramente non lo sapremo mai e, se ci fosse riuscito, sarebbe stato un grandissimo. Per ora non ci resta che aspettare le prossime tappe dure. Tanti si sono resi conto che la selezione verrà dal meteo e dai percorsi e aspettano i giorni chiave perché non ci sono tante forze da sciupare.
E il vostro Giro?
Sapevamo dall’inizio che non abbiamo nessuno per la classifica. Cerchiamo di andare nelle fughe, con corridori che non sono scalatori o velocisti top. Quindi cerchiamo di anticipare per provare a vincere una tappa. Ci siamo andati vicino, ma qui il livello della nostra squadra è quello che si può vedere. Dispiace che non sia venuto Taco Van der Hoorn, che però è stato male. Lui una tappa poteva vincerla, lo ha già fatto.
Armirail ha pedalato sotto il sole di Bergamo con la maglia rosa e una Lapierre in tintaGiornata ben meno stressante rispetto a quelle in rosa per Thomas. Domani il riposo e poi sarà guerra…Armirail ha pedalato sotto il sole di Bergamo con la maglia rosa e una Lapierre in tintaGiornata ben meno stressante rispetto a quelle in rosa per Thomas. Domani il riposo e poi sarà guerra…
Poi Piva saluta, deve salire sul pullman per parlare con i suoi ragazzi. Lascia capire che Bonifazio oggi lo ha stupito e quando gli diciamo che nella squadra ci sarebbe stato ancora bene Pozzovivo, preferisce non dire nulla. Fosse stato per lui, il lucano sarebbe stato ancora qui. Ma adesso che anche Domenico è tornato a casa per il Covid, stare a rivangare l’argomento non serve a niente. Valerio sparisce, la tappa di Bergamo è finita. Probabilmente quelle magnifiche schiere di tifosi lungo il percorso avrebbero meritato altro spettacolo. Merito e applauso a tutti gli uomini della fuga.
Einer Rubio è da circa un mese in Colombia, preparando il Giro d'Italia. L'altura e la nostalgia di casa. La fede e la voglia di entrare fra i primi cinque
RIEMST (Belgio) – Valerio Piva conosce i corridori e il Nord come pochi altri. Da anni il tecnico della Intermarché-Wanty Gobert vive in Belgio, ci ha pedalato e sempre a quelle latitudini dirige e segue i corridori. Da quest’anno, tra questi c’è anche Francesco Busatto, vincitore della Liegi U23.
Incontrato a casa sua, dove tra le altre cose ha un hotel – l’Hove Malpertuus – che da anni ospita molti team durante la campagna del Nord, Valerio ci parla di questo giovane italiano. Ma di riflesso il discorso si estende anche a ragionamenti più vasti, che riguardano sempre i giovani e alcuni aspetti del ciclismo in Belgio.
Busatto (a destra) aveva dimostrato ottime cose già durante i ritiri invernali con la prima squadra (foto Instagram)Busatto (a destra) aveva dimostrato ottime cose già durante i ritiri invernali con la prima squadra (foto Instagram)
Valerio, parliamo di Busatto. Questo autunno ancora non lo avevi conosciuto, ora ci sei stato più a contato: cosa ci puoi dire di lui?
Francesco ha iniziato questa stagione debuttando coi grandi e lo ha fatto con me. Avevamo avuto problemi con un corridore che si era ammalato per l’Oman e abbiamo portato lui. Era già in Spagna con la squadra, aveva fatto entrambi i ritiri e abbiamo visto che aveva una buona condizione. Grazie al regolamento, che prevede questo scambio tra il team devo e la WorldTour, lo abbiamo schierato subito.
Ed è andato bene…
Alla prima corsa, il Gran Premio di Muscat, è finito quarto. Fra l’altro era anche una corsa abbastanza selettiva, impegnativa, con il finale su uno strappo. Si è destreggiato anche bene in volata. Era rimasto anche da solo nel primo gruppo. Da lì abbiamo visto che i primi approcci, anche col livello più alto, erano positivi, e l’Oman ne è stata la conferma.
Che corridore è?
Non è uno scalatore. Si difende su percorsi vallonati. Ha uno spunto veloce ed è esplosivo, quindi direi che è un corridore moderno. Oggi è importante essere veloci.
Hai detto che Busatto, non è scalatore eppure vince la Liegi. Chi ti ricorda se dovessi fare un paragone tecnico?
Difficile fare dei paragoni. Busatto ha vinto una corsa rinomata per essere dura: ha fatto la Redoute, ma non è la corsa dei pro’. E’ importante che sia riuscito ad uscire bene da questi strappi e che abbia mantenuto la sua esplosività. Se poi dovessi dire chi mi ricorda, proverei un Bettini. Ma in generale è uno di quei corridori che riescono a “fare la corsa” su tanti tipi di percorso.
Lo sprint vincente di Busatto sul traguardo di Blegny sede di arrivo della Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)Lo sprint vincente di Busatto sul traguardo di Blegny sede di arrivo della Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)
Ti aspettavi questo successo alla Liegi? E’ stata una sorpresa per te?
Per niente sorpreso. Dopo l’Oman, l’ho rivisto qui in Belgio e l’ho portato di nuovo a correre con me, al Limburgo. Tra l’altro lo avevo fatto venire un giorno prima per fargli vedere il percorso. Il giorno della corsa però non è andato molto bene: freddo, acqua e lui non stava un granché. A quel punto è tornato con la squadra under 23. Ha disputato altre corse in Belgio, di nuovo il Brabante con noi, che era una settimana prima della sua Liegi.
Un ottimo banco di prova…
Esatto ed è andato forte, perché essere davanti in una gara come la Feccia del Brabante, quattordicesimo, vuol dire molto. E’ stata la conferma delle sensazioni che avevamo avuto a inizio stagione. E cioè quelle di un corridore che ha qualità. Chiaramente deve crescere, è giovane deve maturare. E infatti io glielo avevo detto dopo il Brabante: «Guarda che la Liegi è l’obiettivo. Se hai una gamba così puoi solo che vincere». Tra l’altro ho scoperto che nessun italiano aveva mai vinto la Liegi under 23.
E ora?
Adesso un po’ di tranquillità, poi l’obiettivo prossimo sarà il Giro d’Italia under 23. Successivamente altre corse, ma adesso non conosco con precisione il suo calendario. L’anno prossimo sarà con noi nella WorldTour.
Piva ha portato Busatto al Limburgo per saggiare strade simili all’Amstel e alla Liegi. Un’esperienza utile per il breve e il lungo periodoPiva ha portato Busatto al Limburgo per saggiare strade simili all’Amstel e alla Liegi. Un’esperienza utile
Tu, Valerio, quassù sei di casa. I tuoi consigli avranno avuto un certo peso…
Il tracciato del Limburgo è una piccola Amstel Gold Race e spesso usiamo quelle strade per valutare i ragazzi. E anche per fargli conoscere i percorsi. Alla fine possono essere esperienze per il futuro. Ci pensavo giusto qualche giorno fa…
A cosa?
Proprio Francesco mi ha detto: «Sai, Valerio, quest’anno non ho ancora corso in Italia». E questo è già un approccio diverso. Mi diceva: «Sì, vado bene, però io un ventaglio non so cosa sia. Non ho mai corso col vento vero». In Italia è difficile trovarle giornate dove veramente c’è il vento che condiziona la corsa. Prenderci confidenza adesso è importante: capire le posizioni, imparare a conoscere e a riconoscere i percorsi…
Riconoscere i percorsi. Sembra un aspetto banale, ma non lo è…
Esatto. Quando dicono che i corridori belgi sono bravi sui percorsi del Fiandre, di Harelbeke… Vivono qua, come ci vivo io. Non è che ce l’hanno nel Dna o che li sanno interpretare bene per natura. Vanno forte perché conoscono le strade. Io esco e pedalo sul percorso della Liegi, della Freccia e dell’Amstel. Li conosco a occhi chiusi. E così vale per i ragazzi che vanno in bici.
Per Piva conoscere e riconoscere le strade vuol dire molto. E chi cresce quassù poi è avvantaggiatoPer Piva conoscere e riconoscere le strade vuol dire molto. E chi cresce quassù poi è avvantaggiato
Vanno a memoria. Si ricordano i punti più insidiosi, il vento, le curve, gli strappi, le pendenze…
E così facendo arrivano al professionismo con un bagaglio diverso rispetto agli altri ragazzi. E’ importante quindi crescere qui se si vuole andare forte in certe gare. Ricordo quando mi proposero Ballerini: «Siamo sicuri che farà bene nelle classiche in Belgio», mi dissero. Okay, ma alla fine? Sì, è un ottimo corridore, ma ci vuole del tempo per fare di più. Devi essere abituato a correre qua da giovane. Busatto si è ritrovato in una squadra belga e correrà quassù molto di più di tanti altri. E sicuramente avrà un bagaglio diverso.
E qui ci si allaccia indirettamente al discorso dei giovani italiani…
Io penso che i giovani italiani ci sono. L’abbiamo visto anche adesso. Bisogna chiaramente lavorarci. Semmai il problema è un altro.
Quale?
Non essendoci delle grandi squadre italiane hanno meno certezze sul futuro. Un ragazzo che corre in Italia inizia a pensare: «Se voglio diventare un professionista devo andare all’estero». E deve dimostrare qualcosa subito. A volte come nel caso di Busatto ci sono i manager, ma tante altre volte non è così. C’è pertanto questo handicap: non c’è uno sbocco diretto in una squadra importante, come poteva essere anni fa la Liquigas della situazione.
Campioni come Van Aert ed Evenepoel (qui in uno spot per una catena di pizzerie) sono spendibili anche per brand extra ciclisticiCampioni come Van Aert ed Evenepoel (qui in uno spot per una catena di pizzerie) sono spendibili anche per brand extra ciclistici
E in tal senso non si vedono grosse aperture, almeno guardandola nel breve periodo…
Tante squadre si trovano in difficoltà. Io faccio parte di una squadra WorldTour piccola, in cui le difficoltà ci sono e i budget non sono grandi. Però abbiamo la fortuna di stare in Belgio in cui ci sono più industrie interessate al “prodotto ciclismo”.
Quassù ti fermi all’autogrill e trovi la pubblicità con Van Aert. Al supermercato c’è la gigantografia di Remco…
Il ciclismo in Belgio è al primo posto come simbolo di sport. Il ciclista è ancora considerato un vero atleta. Uno sportivo che fa sognare i giovani ed è per quello che tanti ragazzi vanno in bici.Il Belgio è un Paese piccolo. Il ciclismo è nelle tradizioni di famiglia e ogni giorno gli passa davanti alla porta di casa una corsa. Già un mese prima del Fiandre, in tv facevano programmi di approfondimento, storia, tecnica… Senza contare che hanno miti come Evenepoel e Van Aert, come noi un tempo avevamo Pantani.
Tornando a Busatto, abbiamo raccontato che c’è questo bel feeling con Paolo Santello, il suo preparazione. Ora che passera nel World Tour, questa collaborazione si dovrà interrompere?
Noi abbiamo una struttura con allenatori, dietisti, massaggiatori… e la mettiamo a disposizione di tutti i nostri atleti. Ma se un ragazzo arriva e mi dice: «Guarda Valerio sono tanti anni che lavoro col mio preparatore e mi trovo bene», perché fermarlo? Chiaramente deve essere un preparatore coordinato con noi, che non dia fastidio. I nostri atleti lavorano con TrainingPeaks e quindi vengono monitorati anche dal nostro trainer di riferimento.
Busatto è allenato da Paolo Santello dalla fine del 2021: la collaborazione prosegue con la regia del teamBusatto è allenato da Paolo Santello dalla fine del 2021: la collaborazione prosegue con la regia del team
L’importante è che il preparatore sia allineato a filosofie e programmi: è così?
Chiediamo la collaborazione diretta col nostro capo allenatore. Nel caso di Francesco, se vuol lavorare con un italiano perché parla meglio la lingua, ci sta. Ma posso dire che col tempo è successo più spesso il contrario: dai preparatori esterni, sono passati a quelli interni dopo che hanno visto come lavora la squadra. Siamo partiti come una professional piccola che ha comprato la licenza ed è vero, ma poi abbiamo investito molto nella struttura. E non solo nel nome.
E torniamo in parte al discorso del prodotto ciclismo in Belgio e della capacità di vedere il tutto a 360° …
Abbiamo puntato molto sullo staff di allenatori, nutrizionisti… nel progetto. E questa è la miglior pubblicità. Adesso tanti manager ci propongono atleti di livello, anche giovani forti, che prima neanche osavano accostare a noi. Invece hanno visto che chi viene qua riceve l’attenzione che merita, la qualità che serve e in corsa tutti i nostri atleti hanno una chance, perché non lavoriamo solo attorno al grande nome. La squadra pertanto è diventata appetibile. E anche gli atleti si fidano.
Biniam Girmay ha detto che sarà pronto ad una stagione da protagonista, che sa di non essere più un corridore qualunque e che per questo sarà anche più marcato. Il che non fa una piega. E anche Valerio Piva, suo direttore sportivo alla Intermarché Wanty Gobert, è sulla stessa lunghezza d’onda.
La stagione dell’eritreo è iniziata qualche giorno fa nelle corse majorchine. Ed è iniziata con un buon terzo posto. Segno che “Bini” ha passato un buon inverno e non si è seduto sugli allori.
La squadra crede in Girmay. In ritiro hanno provato dei treni appositamente per lui (foto Instagram Cycling Media)La squadra crede in Girmay. In ritiro hanno provato dei treni appositamente per lui (foto Instagram Cycling Media)
Biniam leader
«Certamente – spiega Piva con la sua consueta chiarezza – Girmay sarà più controllato dopo un 2022 in quel modo. Non andrà più alle corse così… per fare esperienza o da semi-sconosciuto, posto che sconosciuto non era. Tra Gand e Giro ha mostrato grandi cose. Alle partenze delle prossime gare non sarà uno dei tanti.
«Anzi, starà a noi squadra supportarlo, togliergli magari le castagne dal fuoco, tirare per ricucire sulla fuga. E questa sarà una responsabilità in più per lui… e per noi».
Il discorso delle responsabilità non è banale. Parliamo comunque di un corridore giovane, che viene da un Paese che non ha poi tutta questa cultura ciclistica. Magari certe dinamiche Biniam neanche le ha viste troppo in tv o gli sono state tramandate. Ma anche in questo caso Piva chiarisce subito.
«Non penso che Biniam abbia difficoltà a prendersi le sue responsabilità. L’ho visto in prima persona lo scorso anno al Giro, dove aveva la leadership della squadra. Non aveva paura degli avversari, neppure quando, sempre al Giro, se la doveva vedere con Van der Poel.
«Girmay sa quel che vuole e quanto gli costerà. Ma sa anche che ha un team ormai costruito intorno a lui. Biniam è il nostro leader, almeno per certe corse».
Ad Asmara Biniam si è allenato al caldo ed è stato con la sua famiglia. Eccolo in una sgambata con la compagna (foto Instagram)Ad Asmara Biniam si è allenato al caldo ed è stato con la sua famiglia. Eccolo in una sgambata con la compagna (foto Instagram)
Inverno africano
Piva racconta che Girmay ha passato un buon inverno e che è stato molto serio. Ha sfruttato i 2.000 e passa metri di Asmara, la Capitale eritrea in cui vive, e il buon clima di quelle parti.
«E’ mancato nel ritiro di dicembre – prosegue Piva – ma eravamo d’accordo proprio perché sfruttasse al meglio le condizioni di casa sua.
«Poi bisogna anche pensare che lì è con la sua famiglia e una volta che riprende la stagione, non torna a casa per molti mesi. Ma già nel ritiro di gennaio si è presentato in ottime condizioni e lo ha dimostrato col terzo posto ad Alcudìa. Tra l’altro un terzo posto viziato da un errore tecnico: il finale era posizionato con 150 metri di differenza rispetto a quanto indicato dal road book».
Quel che conta però è che Girmay ha dimostrato di stare bene, specie in ottica grandi obiettivi.
«Biniam – prosegue Piva – ha dichiarato di voler fare bene nelle classiche del Nord, ma si è inserito un nuovo obiettivo: il campionato africano. E lui ci tiene. Quindi a metà febbraio tornerà in Africa. Da lì appunto ci saranno le corse italiane e poi quelle del Belgio fino, forse, all’Amstel. Poi toccherà al Tour.
«Anche se Girmay avrebbe gradito molto il Giro d’Italia. Voleva concludere quanto fatto lo scorso anno per capire dove sarebbe potuto arrivare (si ritirò a causa del tappo dello spumante nell’occhio proprio nel giorno del successo a Jesi, ndr) e dare assalto alla maglia ciclamino. Ma certo anche per questioni di marketing, visto che Intermarché è francese, il Tour è molto importante per noi. Ma non escludo che possa tornare in Italia nei prossimi anni».
E’ il 27 marzo 2022 e il mondo del grande ciclismo “scopre” Biniam Girmay. L’eritreo vince la Gand-WevelgemAltro successo di peso: la tappa di Jesi al Giro d’Italia. Nel palmares di Biniam figurano altre due vittorieE’ il 27 marzo 2022 e il mondo del grande ciclismo “scopre” Biniam Girmay. L’eritreo vince la Gand-WevelgemAltro successo di peso: la tappa di Jesi al Giro d’Italia. Nel palmares di Biniam figurano altre due vittorie
Sognando la Roubaix
A quanto pare, Girmay è innamorato della Roubaix. Non l’ha mai corsa, ma la vedeva in tv. Parteciparvi è un sogno per lui. Una corsa così richiede esperienza e anche degli ottimi materiali.
«Dal punto di vista dei materiali – dice Piva – sono abbastanza tranquillo: lo scorso anno abbiamo portato al traguardo della Roubaix cinque atleti nei primi venti. E lo stesso Girmay alla prima apparizione sul pavè e sui muri, ad Harelbeke, ha concluso al quinto posto. Quindi il pavè gli piace. Mentalmente e fisicamente sembra essere pronto. Poi faremo anche i classici sopralluoghi prima delle corse.
«Se è un po’ leggerino per la Roubaix? Beh, proprio leggero non è. E se lo scorso anno si è giocato le corse con Van der Poel, magari è adatto anche per la Roubaix».
Nel guardare le varie statistiche sui siti di riferimento ci ha colpito la grande differenza che si trova nei giorni di corsa tra i neoprofessionisti: ragazzi giovani che si affacciano al mondo dei grandi. Così abbiamo voluto indagare tra le varie squadre per capire come gestiscono i loro ragazzi. Tra i team selezionati sono rientrati due professional e due WorldTour.
Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescitaFelix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita
Per la UAE parla Baldato
La prima persona interrogata su questo delicato tema è Fabio Baldato, diesse della squadra degli Emirati. Tra i ragazzi visti dal veneto spicca il nome di Ayuso, spagnolo classe 2002 che alla prima partecipazione alla Vuelta ha chiuso al terzo posto nella classifica generale.
«Prima di tutto – inizia Baldato – è tutto molto soggettivo, ci sono giovani che hanno bisogno di un ambientamento più lungo. Altri, invece, vedi che sono già pronti, ma anche in questi casi il lavoro da fare è delicato. Ayuso lo abbiamo “rallentato” cercando di tenere la sua esuberanza a bada. Non è il primo corridore già maturo che mi capita tra le mani, in BMC ho avuto Kung e Dillier che erano già pronti. In questi caso noi diesse dobbiamo essere bravi a valutare, non bisogna mai esagerare, spesso i ragazzi giovani non si pongono limiti. Sono più spavaldi, si vede dall’atteggiamento in corsa. Ti ascoltano fino ad un certo punto, predicare va bene ma poi bisogna mettersi nei loro panni. Sono consapevole del fatto che noi diesse possiamo insegnare qualcosa ma quello che rimane è la “batosta”. Ayuso stesso ad inizio 2022 ne ha prese alcune ed è cresciuto».
«Poi ci sono i corridori normali, uno che abbiamo in UAE è Felix Gross. Lui ha fatto lo stagista nel 2021 con dei buoni dati ma senza cogliere risultati. La scorsa stagione ha avuto più continuità ed ha ottenuto un bel quarto posto in una tappa al Giro di Germania. I corridori così vanno sostenuti, anche mentalmente perché devono capire che la loro crescita deve essere graduale e passa prima da corse minori dove imparano ad essere competitivi».
Busatto correrà con il Devo Team della Intermarché ma potrà fare già esperienza con i pro’ (foto Instagram)Dopo alcuni buoni risultati nel 2022 quest’anno Piva si aspetta più costanza da Gerben ThijssenBusatto correrà con il Devo Team della Intermarché ma potrà fare già esperienza con i pro’ (foto Instagram)Dopo alcuni buoni risultati nel 2022 quest’anno Piva si aspetta più costanza da Gerben Thijssen
Lato Intermarché
L’Intermarché Circus Wanty ha un progetto di crescita solido da molti anni, al quale ha affiancato anche la nascita del Development team.Valerio Piva, diesse della squadra belga ci racconta anche che relazione hanno tra di loro le due squadre.
«La squadra development ha una struttura a parte – spiega – l’obiettivo è prendere ragazzi giovani e far nascere dei corridori. Lo scambio tra una squadra e l’altra ci sarà, lo stesso Busatto farà qualche gara con noi. Per quanto riguarda il team WorldTour l’obiettivo è diverso, i ragazzi giovani che prendiamo arrivano da team professional o continental. Non crediamo nel “salto di categoria” da junior a professionisti, i ragazzi devono fare uno step intermedio: gli under 23. I ragazzi devono imparare a gestire l’impatto della corsa e le diverse tipologie di allenamento. In un ciclismo che viaggia sempre più rapido è bene ricordare che i margini di errore sono al minimo e si rischia di bruciare l’atleta pretendendo qualcosa che non può fare. I giovani che abbiamo nella squadra WorldTour li inseriamo gradualmente, non li vedrete mai partecipare a corse di primo livello».
«In questa stagione la squadra ha fatto una rivoluzione – continua Piva – prendendo tanti giovani e perdendo corridori di esperienza come Kristoff. Non è che non credessimo in lui, ma abbiamo preferito un progetto più a lungo termine. Non vinceremo tante corse come lo scorso anno ma è una cosa che abbiamo preventivato, fa parte di quello che è il ricambio generazionale. Gerben Thijssen, è un corridore sul quale nel 2022 abbiamo speso molto in termini di uomini e di occasioni. Ha dimostrato qualcosa di buono e quest’anno è chiamato al salto di qualità, ma è stato tutto graduale. Per il suo bene e quello del team».
Pinarello, accanto a Zana, ha avuto modo di correre già due corse con i pro’: Il Giro di Slovacchia e la Tre ValliMarcellusi ha ottenuto buoni risultati tra gli U23 grazie alle corse fatte con i professionistiPinarello, accanto a Zana, ha avuto modo di correre già due corse con i pro’: Il Giro di Slovacchia e la Tre ValliMarcellusi ha ottenuto buoni risultati tra gli U23 grazie alle corse fatte con i professionisti
La visione delle professional
La Green Project Bardiani è la squadra professional che ha un progetto diverso dalle altre, i giovani vengono presi e diventano subito professionisti. Almeno a livello di contratto, poi però all’interno del team si opera una distinzione, creando praticamente due squadre distinte. Rossato diesse di riferimento per questi ragazzi ci spiega il metodo di lavoro e le sue “criticità”.
«La prima cosa – racconta dalla Vuelta a San Juan – è cercare di non stressare troppo i ragazzi. Quelli che arrivano dall’ultimo anno di juniores hanno la scuola e per loro deve essere una priorità. L’anno scorso a Pinarello e Pellizzari abbiamo costruito un programma idoneo. A livello di ambientamento per loro è un sogno: avere uno staff dedicato ed essere seguiti in questo modo è una bella cosa. Non dimentichiamo che gli juniores l’anno scorso avevano ancora i rapporti bloccati, una volta con noi abbiamo dovuto insegnargli anche a gestire questa cosa. Si è lavorato anche tanto sull’alimentazione, sul peso e l’allenamento. Dettagli che quando sei professionista fanno la differenza. Dai giovani dell’anno scorso abbiamo ottenuto dei bei risultati. Pellizzari e Pinarello, a fine stagione, hanno corso con i professionisti il Giro di Slovacchia e la Tre Valli. Siamo stati molto contenti della loro risposta».
«Chi arriva da noi che ha già fatto qualche stagione da under 23 fa un programma più intenso. Sempre ponderato alle qualità ed al fatto che sono alla prima esperienza con i professionisti. I corridori che possono correre anche da under fanno calendari misti con diverse esperienze. Marcellusi prima di vincere il Piva ha corso in Turchia e la Milano-Torino, due belle palestre per crescere. Tolio è un altro che ha corso molto tra gli under 23 ed i professionisti, aggiungendo al suo calendario corse importanti come Strade Bianche e Lombardia. Sono corse che un ragazzo giovane può guadagnarsi, sono come un premio che arriva alla fine di un bel percorso di crescita».
Nibali ha vinto la Vuelta a 26 anni dopo un percorso di crescita e maturazionePer Zanatta anche i fenomeni come fu Sagan alla Liquigas devono fare almeno un anno da U23Nibali ha vinto la Vuelta a 26 anni dopo un percorso di crescita e maturazionePer Zanatta anche i fenomeni come fu Sagan alla Liquigas devono fare almeno un anno da U23
Ultima parola alla Eolo
La Eolo Kometa ha nella sua idea di team una visione diversa, con due squadre divise: la professional e la under 23. Stefano Zanatta ha lavorato per tanti anni con i giovani e di cose ne ha viste.
«Le nostre due squadre sono direttamente collegate – apre il discorso Zanatta – vedi da subito i ragazzi giovani e ne segui la crescita. Questo perché una volta che passano in prima squadra hai già un’idea di che corridore ti trovi davanti. Io credo che anche i grandi campioni abbiano bisogno di un anno tra gli under 23. Anche in Liquigas, dove avevamo corridori come Kreuziger e Sagan, abbiamo tenuto la stessa ideologia. Prima almeno un anno di esperienza nella categoria giovanile. I corridori possono anche aver talento ma hanno bisogno di una crescita umana e fisica. Anche i nostri giovani che arrivano dalla squadra under 23 avranno bisogno di adattarsi alle corse. Non vogliamo caricarli di pressioni o aspettative troppo alte».
«Il percorso per i ragazzi che arrivano da noi – continua il diesse della Eolo – è di partire da corse più semplici. Poi si passa a quelle di qualità superiore e si prova a vedere come reagisce un ragazzo nel correre da protagonista. Dalla mia esperienza posso dire che un ragazzo arriva ad avere risultati tra i 24 e i 25 anni.Nibali stesso ha fatto tanta esperienza maturando, successivamente ha ottenuto i risultati che tutti conosciamo. Serve un’attività continua ma equilibrata: una cinquantina di giorni di corsa sono giusti. La cosa migliore è dare ai ragazzi delle pause e farli recuperare, senza creare buchi troppo grandi nel calendario, altrimenti si perde il lavoro fatto. Ora ai giovani è concesso meno sbagliare, non è corretto nei loro confronti perché li si sottopone a pressioni maggiori. Forse devi essere più forte mentalmente per fare il corridore ora».
Dopo la vittoria del Lombardia, abbiamo chiesto a Pogacar con quale criterio scelga i freni della sua Colnago. Comanda il peso, non ci sono altre regole
A chi farebbe comodo Pozzovivo in squadra? La domanda è un osso che mastichiamo da qualche giorno, da quando è parso chiaro che fra i grandi ancora senza contratto, ufficializzato Cavendish all’Astana Qazaqstan Team, Domenico rischia di essere il più difficile da piazzare.
A questo punto, ci sarà anche chi gli suggerirà la pensione, ma la volontà di certi atleti vale più delle sensazioni di chi li osserva, soprattutto se sentono di voler ancora dimostrare qualcosa. Anche perché le prestazioni offerte dal lucano in questi ultimi anni sono state ben più lusinghiere rispetto a quelle di atleti più celebrati.
Al Giro dell’Emilia, Pozzovivo terzo dietro i due più forti in salita: Pogacar e Mas, che ha vintoAl Giro dell’Emilia, Pozzovivo terzo dietro i due più forti in salita: Pogacar e Mas, che ha vinto
Quali squadre
Squadre WorldTour che abbiano ancora posti liberi ci sono. La Ag2R, la Bahrain Victorious, la stessa Intermarché e la Jumbo Visma, la Soudal Quick Step e la Trek-Segafredo. Volendo essere realisti è chiaro che forse soltanto la Intermarché potrebbe avere un vantaggio dall’ingaggio di Domenico, non avendo l’uomo di classifica per il Giro d’Italia. Ci sarebbe stato un posto anche alla Astana, ma assieme a Cavendish è arrivato Cees Bol e i corridori sono saliti a quota 30.
Subito sotto, la Israel e la Lotto si trovano nella stessa posizione (la squadra belga, vista la rimodulazione dei punti UCI potrebbe tornare sui suoi passi e venire al Giro). Perché non ragionare della Eolo-Kometa che avrebbe qualcuno da affiancare a Fortunato o della Q36,5 del suo mentore Ryder Douglas che lo avrebbe voluto ancora con sé e del suo amico Nibali di cui (con Lello Ferrara) anima il canale su Twitch?
Infine la Green Project Bardiani, la squadra in cui Pozzovivo è passato professionista e che con lui sulle strade del Giro potrebbe avere un’altra carta da giocare, da affiancare al rischioso cercare gloria in qualche fuga. Pare che Reverberi non voglia più corridori troppo maturi, forse deluso dalla recente esperienza con Battaglin e Modolo, ma probabilmente Pozzovivo è una storia diversa.
Pozzovivo, classe 1982, ha concluso per 7 volte il Giro nella top 10. Nel 2012, sopra, ha vinto la tappa di Lago LacenoPozzovivo, classe 1982, ha concluso per 7 volte il Giro nella top 10. Nel 2012, sopra, ha vinto la tappa di Lago Laceno
Il bottino dei punti
In questo momento, Domenico probabilmente è fuori in bici, come ogni giorno da trent’anni. Lo scorso anno firmò il contratto con la Intermarché-Wanty-Gobert nel giorno di San Valentino, per questo la speranza di trovare squadra arde forte. Quando si accasò alla NTT che sarebbe poi diventata Qhubeka, firmò a Natale, ancora in ripresa dall’infortunio di agosto, quando fu investito da un’auto. «Mi hai venduto che ero zoppo – disse lo scorso anno al suo manager – perché non dovresti piazzarmi ora che sono sano?».
E il 2022 gli ha dato ragione, con una serie di risultati che renderebbero fiero qualsiasi corridore più giovane di lui. Miglior italiano alla Freccia Vallone, 8° al Giro d’Italia (in cui perse quasi 5 minuti nella caduta del Mortirolo per problemi meccanici), 9° allo Svizzera, 5° all’Agostoni, 3° al Giro dell’Emilia dietro Mas e Pogacar.
Alla fine dell’anno, il suo apporto al bottino della squadra ammontava a 714 punti: sesto nel ranking interno. Kristoff, che ne ha portati a casa 2.124 se ne è andato, come lui Hermans (1.007 punti) e Pasqualon (514).
Un dato è palese: lo scorso anno un corridore con quei punti se lo sarebbero conteso. Ora che il triennio è appena ripartito – benedetto cinismo dello sport professionistico – se ne può fare a meno con più leggerezza.
Crono di Verona del Giro 2022, chiuso in 8ª posizione: risultato che parla di un atleta altamente efficienteCrono di Verona del Giro 2022, chiuso in 8ª posizione: risultato che parla di un atleta altamente efficiente
Numeri da ragazzino
Domenico ha compiuto 40 anni il 30 novembre e la sensazione, se fosse per lui, è che il viaggio potrebbe proseguire ben oltre quest’anno. Alla ripresa degli allenamenti a novembre, nonostante la stagione sia finita male con la caduta del Lombardia, in un test fatto senza neppure crederci troppo ha letto un valore di 6,3 watt/kg. In una delle interviste dello scorso anno, fu lui ad aprirci il mondo sulla necessità per i corridori più maturi di andare a cercare margini di miglioramento in attenzioni mai avute prima. Chi ci è riuscito è ancora lì che combatte, altri si sono fermati.
Alla Intermarché, che in teoria lo avrebbe voluto confermare, nel frattempo è arrivato Bonifazio, portando in dote i suoi 449 punti, a conferma del fatto che a questo giro i punti non si guardano.
Abbiamo evitato di chiamare Pozzovivo per non fargli sempre le stesse domande, cui non ha risposte da dare, se non ribadire la sua ferrea volontà di andare avanti. Nonostante i dubbi legati all’età e alle cadute e nonostante sia chiaro che le pretese non possano più essere quelle dei tempi migliori, più passa il tempo e più sembra assurdo che uno così non trovi un ingaggio.
Remco Evenepoellascia il Belgio e va a vivere in Spagna. La notizia, come del resto tutto ciò che fa il campione del mondo, è stata ripresa da tutti media belgi, ma al tempo stesso non ha creato indignazione, o chissà quale scalpore, come ci si sarebbe attesi da un Paese dalle forti tradizioni ciclistiche. Nessuna levata di scudi contro il talento di Schepdael. Cosa che invece avvenne per Tom Boonen quando decise di andare a Monaco, ormai una ventina di anni fa.
Remco se ne va nella zona di Alicante sulla Costa Blanca, al fine di allenarsi meglio, di sfruttare il clima migliore. Si farà costruire anche una camera ipossica.
Evenepoel con sua moglie Oumaima di origini marocchine in abiti da cerimonia tipici (foto Instagram – @mirroreffect.co)Evenepoel con sua moglie Oumaima di origini marocchine in abiti da cerimonia tipici (foto Instagram – @mirroreffect.co)
Fuga sì o no?
«Questo trasferimento – ha detto Evenepoel – renderà tutto più semplice. Nessuno saprà cosa sto facendo e dove sono. Potrò concentrarmi sulla mia quotidianità di sportivo in un periodo in cui gli inviti in Tv sono spesso troppo numerosi». Insomma vuol sfuggire alle pressioni mediatiche e, si dice, anche ai fan troppo pressanti.
Ma è davvero così? E come l’hanno presa i suoi connazionali, sempre molto attaccati al ciclismo?
Di fronte a tanta “normalità” abbiamo coinvolto tre esperti di ciclismo belga. Si tratta del giornalista di Het Nieuwsblad, Guy Van Den Langenbergh, di Alessandro Tegner colonna portante della Quick Step di Remco e di Valerio Piva, diesse della Intermarché Wanty Gobert, che da anni vive in Belgio.
Il numero dei tifosi di Evenepoel sta crescendo. Parecchi erano anche in AustraliaIl numero dei tifosi di Evenepoel sta crescendo. Parecchi erano anche in Australia
Il giornalista…
«Nessuno è rimasto sorpreso – ha detto Van Den Langenbergh – di questa sua decisione. Ormai ci sono diversi corridori che hanno fatto la scelta di andare fuori dal Belgio. In più Remco neanche ha scelto un paradiso fiscale come Andorra o il Principato di Monaco.
«Andare in Spagna è una scelta che lui fa per allenarsi, perché il suo unico obiettivo è vincere e laggiù ha i percorsi e il clima ideale. Tutto rientra in quest’ottica di atleta di grande ambizione».
«E’ vero, Remco è molto popolare, ma non è ancora ai livelli di Boonen. In più è passato del tempo da allora. Non si tratta di lasciare il Belgio per sempre, non credo sentirà la nostalgia. Lui va lì perché, come ho detto, è motivato a fare bene, a vincere.
«E poi è un cosmopolita. Viene dal calcio. Ha giocato anche in Olanda, oltre che nell’Anderlecht, è a cavallo con la parte vallone e quella fiamminga, sua moglie ha origini marocchine… Stare in Spagna per lui non farà troppa differenza».
Tegner, marketing & communication manager della Quick Step, con Boonen, vera star di quegli anni in Belgio e non soloTegner, marketing & communication manager della Quick Step, con Boonen, vera star di quegli anni in Belgio e non solo
Il manager
Alessandro Tegner è responsabile del marketing e della comunicazione della Quick Step-Alpha Vinyl. Da anni è nel gruppo di Lefevere e ha vissuto anche “l’emigrazione” di Boonen. Il quale però dopo un po’ di tempo volle tornare a casa.
«Era un altro periodo – spiega Tegner – e le cose venivano vissute diversamente. Si era in piena “Boonen mania”. Non c’era ragazzino fiammingo che non avesse il poster di Tom in cameretta. Era molto famoso. Si veniva dai Museeuw, Van Petegem… ma Tom era più internazionale. Inoltre parlando con lui c’era subito una certa empatia e ci sta che la notizia fosse accolta diversamente. Poi nel tempo le necessità cambiarono: la famiglia, la figlia… e decise di tornare».
«Per Remco è tutto diverso. Anche le squadre oggi danno un altro supporto ai corridori di vertice. Quindici anni fa c’ero solo io, ora ci sono altre strutture. S’impara e si cresce anche sotto questo profilo.
«Evenepoel va in una zona della Spagna in cui non ci sono solo altri corridori, ma tanti belgi in generale. Sono tanti i connazionali che vanno a svernare lì. Un po’ come i tedeschi a Palma di Mallorca».
Tegner parla di un cambio di residenza prettamente per fini sportivi: «Remco è un metodico.Vuole programmare per tempo la sua vita. Ama avere i suoi spazi. E quella per lui è la scelta migliore. Senza contare che ovviamente laggiù si può allenare bene.
«E poi è a meno di due ore di volo dal Belgio. Quando ha bisogno prende e va. Anche qualche giorno fa è stato tre giorni in sede. Ha sbrigato degli impegni ed è ripartito. Immagino possa fare così anche per le sue esigenze familiari. Insomma, non è una fuga».
Remco Evenepoel in allenamento sulle strade spagnole d’inverno. Molto tempo ci è stato anche in primavera (foto Instagram)Remco Evenepoel in allenamento sulle strade spagnole d’inverno. Molto tempo ci è stato anche in primavera (foto Instagram)
Il diesse
E che non è una fuga ce lo conferma anche Valerio Piva. Il direttore sportivo italiano, ex corridore, da anni vive in Belgio. Lassù ha trovato l’amore e messo su famiglia. Se vogliamo, in questo caso, è un po’ “un Remco al contrario”.
«Non ha fatto tanto scalpore la scelta di Evenepoel di andare in Spagna – ha dichiarato Piva – Sono diversi i corridori che lasciano casa in cerca di destinazioni climatiche migliori. Tanti belgi hanno la residenza in Spagna, ma qualcuno vive anche in Italia o nel Sud della Francia. A mio avviso la sua è una decisione spinta da clima e possibilità migliori per allenarsi».
Piva poi non crede totalmente che Remco scappi via da pressioni mediatiche.
«Non sono così vicino al ragazzo per poter giudicare. Dopo il mondiale ci sono state tante feste, ma non so se ha problemi a tal punto da spingerlo a lasciare Belgio. Di certo è conosciuto e laggiù sarà più tranquillo».
«La popolarità cresce in funzione dei risultati. Lui è giovane e ha già conquistato grandi gare pertanto la sua popolarità sta crescendo enormemente e penso che presto si potrà paragonare a quella di un Boonen. Ma se dovesse continuare a vincere i grandi Giri presto potrebbe essere paragonato anche in termini di popolarità ad un Merckx».
«Malinconia? Non penso potrà essere questo il suo problema. Va lì per lavoro. Si tratta di una scelta momentanea. Io abito in Belgio ma le mie relazioni con l’Italia ci sono sempre. E Remco ha con sé i suoi affetti. Anche io senza quelli non sarei rimasto qui».