Pietrobon, un italiano in vetta alla Coppa di Spagna

22.03.2022
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Andrea Pietrobon, dal Veneto alla Spagna. Il corridore della Eolo-Kometa under 23 con il buon piazzamento di ieri è balzato in testa alla “Copa de Espana” (nella foto di apertura eccolo con la maglia di leader), il circuito più importante del dilettantismo iberico.

Il cadorino si è ritrovato in un ambiente del tutto nuovo. Forse anche un po’ inaspettatamente, ma a quanto pare se la sta cavando alla grande e l’ambiente iberico non è poi così male, anzi… Di certo è un’esperienza che si ritroverà in futuro.

Andrea Pietrobon (classe 1999) in azione in una delle gare della Coppa di Spagna
Andrea Pietrobon (classe 1999) in azione in una delle gare della Coppa di Spagna
Andrea, partiamo da ieri, dal Gran Premio de Primavera Ontur. Come è andata?

È andata bene direi! Il percorso era abbastanza facile, non c’erano queste grandi altimetrie. Ha vinto un mio compagno (Francisco Munoz, ndr) e io ho fatto quarto in volata. E con questo piazzamento sono tornato leader della Coppa di Spagna. Avevo perso la leadership domenica scorsa. Con la squadra puntiamo a vincere la generale. Mancano 7 gare e servono punti. Cercheremo di fare il meglio possibile fino a fine maggio, giugno quando termina la Coppa.

Spiegaci bene come funziona questa challenge…

Sono 11 prove in tutto. Vengono assegnati dei punti a scalare fino al 20°. Chi fa più punti vince. In Spagna ci tengono tanto. E’ l’evento under 23 di maggior importanza, visto che non ci sono molte gare internazionali.

Che differenze hai notato rispetto ai nostri under?

Il livello è un po’ più basso rispetto all’Italia. Da noi credo ci sia il livello più alto d’Europa, o comunque tra i più alti. Da noi ci sono molti team di alto livello e tantissime continental e questo alza molto gli standard. In Spagna le continental under 23 non ci sono e questo fa sì che la qualità sia un po’ meno alta. I primi comunque vanno forte!

E per quel che riguarda le dinamiche del gruppo? Hai notato differenze?

In Italia c’è più nervosismo e per uno sprinter, per esempio, è più difficile prendere le salite davanti. Da noi tutti vogliono imboccare le salite davanti, anche chi non ha le gambe. E per questo ci sono più cadute. In Spagna insomma c’è più “relax” in gruppo.

Che poi loro sono più votati agli scalatori, ai corridori da corse a tappe… Detto ciò, tu cosa ci dici: il prossimo anno entrerai a far parte del gruppo professional della Eolo-Kometa?

Non lo so  e non posso dirlo adesso. Adesso il primo obiettivo è la Coppa, dall’estate farò il possibile per fare lo stagista con la professional. E poi si vedrà…

Andrea con suoi 191 centimetri d’altezza svetta tra i compagni del Gp di Primavera, tutti spagnoli tranne Oioli
Andrea con suoi 191 centimetri d’altezza svetta tra i compagni del Gp di Primavera, tutti spagnoli tranne Oioli
Ieri hai fatto quarto in volata, avevi vinto la cronosquadre al campionato italiano col Cycling Team Friuli. Allora ci chiediamo: che corridore è Pietrobon?

Vado bene sulle salite lunghe, quelle un po’ più regolari. Direi quindi un passista scalatore. In Spagna però faccio anche le volate per due motivi: uno, come ho detto, perché il livello essendo meno estremo che in Italia mi consente di farle: è un po’ meno difficile. E poi perché cerco di raccogliere più punti possibili per la Coppa. 

Ma non sei esperto di volate…

Diciamo che in passato tra Zalf Euromobil Fior e CTF a Dainese, Lonardi, Milan le tiravo io. Adesso mi sto adattando alle volate.

E della mentalità spagnola cosa ci dici?

I nostri preparatori sono bravi. Fanno le cose giuste. Alla fine devo dire che tutto è molto simile a quanto si faceva nel CTF. Entrambe curano molti aspetti. Sono molto attenti ai giovani. Ci dicono bene del riposo, dell’alimentazione, dello stile di vita migliore per fare per attività fisica. Sì, cambia poco. Sono due squadre simili, due team buonissimi e preparati.

Parlaci della Spagna: cosa ti piace?

In generale mi piace il modo di vivere, sia con lo staff, che con i compagni. Devo dire che sono molto gentili, calmi e ci tengono a me. Già questo inverno mi hanno aiutato nelle difficoltà.

Andrea Pietrobon è al primo anno nella Eolo, o più precisamente nella Fundacion Contador Team
Andrea Pietrobon è al primo anno nella Eolo, o più precisamente nella Fundacion Contador Team
Quali difficoltà?

Ho avuto dei problemi fisici già sul finire della scorsa stagione e loro mi hanno aiutato nel lasciarmi riprendere con calma. Problemi che non mi hanno più consentito di andare forte. Sarei dovuto andare nella professional ma abbiamo poi deciso che sarei rimasto nella under 23.

La Eolo-Kometa è un po’ spagnola, appunto il team giovanile, e un po’ italiana, la professional: adesso quindi fai la spola con la Spagna…

Esatto, qualche volta resto lì una settimana, altrimenti faccio avanti e indietro. Parto il venerdì e rientro il lunedì. Faccio da Venezia a Madrid, dove abbiamo la casa della squadra e da lì ci muoviamo per il resto della Spagna. 

E cosa ti piace di questa Spagna?

Beh, il mangiare non è male. L’Italia è al primo posto chiaramente per quel che riguarda il cibo, ma rispetto a tanti altri Paesi qui non ci si può lamentare. La “tortilla de papas” è il mio piatto preferito. E poi apprezzo la gentilezza delle persone e il loro calore.

Epis 2022

Giosuè Epis, una vittoria per zittire le malelingue…

16.03.2022
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Domenica è stato un ribollire di gare Under 23 in giro per l’Italia. Tra i vincitori spicca il nome di Giosuè Epis, alla sua prima vittoria nella categoria, in forza alla Carnovali Rime Sias, aggiudicatosi il Trofeo Porta di Monferrato a Fubine. Un successo, quello del corridore di San Paolo (BS), che ha un valore particolare, o perlomeno così è stato vissuto dal giovane lombardo e le ragioni vanno anche al di là del puro aspetto agonistico.

Giosuè è il fratello di Silvia Epis, ex ciclista entrata dallo scorso anno nei quadri della Federazione, come Direttore Tecnico del settore nazionale giovanile. E’ chiaro che una parentela così stretta può risultare anche scomoda, Giosuè non lo nasconde.

«Si sa che l’ambiente ciclistico è fatto anche di chiacchiere – dice – e ho sempre sentito dietro le spalle tanta gente che parla troppo, che critica, che pensa io sia un raccomandato. Senza neanche guardare ai risultati. Io comunque ho imparato a non badarci perché so bene quello che valgo».

Epis Fubine 2022
La volata vincente di Epis a Fubine, secondo il danese Foldager, terzo Debiasi
Epis Fubine 2022
La volata vincente di Epis a Fubine, secondo il danese Foldager, terzo Debiasi
D’altronde il miglior modo per rispondere è la strada e una particolarità che finora ha contraddistinto la tua carriera è la straordinaria costanza di risultati: dallo scorso settembre non esci dalla Top 10…

E’ vero, credo nasca dal fatto che per natura sono portato a provarci sempre, qualsiasi sia la gara e il percorso. Molto influisce anche quest’ultimo: solitamente le gare per under 23 sono sempre piuttosto mosse e a me piacciono molto. Infatti di me dicono che sono un velocista, ma io non mi sento tale, o perlomeno non al punto di poter vincere volate di gruppo, devo sempre inventarmi qualcosa, ma so di emergere soprattutto su tracciati con anche salite non troppo lunghe.

Sei al secondo anno da Under 23: com’è stato l’approccio con la nuova categoria?

Il primo anno è sempre difficile. Infatti i risultati all’inizio non arrivavano ma non per questo mi sono fasciato la testa, erano cambiati i percorsi, i rapporti, serve un periodo di assestamento. Poi però le cose hanno iniziato ad andare sempre meglio e a fine stagione mi ero prefisso di vincere subito appena il calendario riprendeva. Obiettivo raggiunto…

Epis Monferrato 2022
Prima vittoria da U23 per Epis, dopo tanti successi giovanili e una buon carriera da junior
Epis Monferrato 2022
Prima vittoria da U23 per Epis, dopo tanti successi giovanili e una buon carriera da junior
Hai esperienza su pista?

L’ho frequentata fino a due anni fa, sono anche finito 6° agli Europei su pista di Fiorenzuola d’Adda nel 2020, nello scratch. Poi però ho deciso di metterla da parte perché mi sento stradista al 100 per cento e voglio concentrarmi su di essa.

Sicuro che non c’è stata pressione da parte della società?

No, è stata una decisione mia, legata soprattutto al fatto che non sono abbastanza veloce per emergere anche su pista, torniamo al discorso di prima. Può comunque essere utile nell’allenamento. La società mi ha lasciato libertà di scelta, sin dall’inizio.

Come ti trovi nelle prove a tappe?

Lo scorso anno ho disputato l’Adriatica Ionica Race finendo 50° e il Giro del Friuli. Per quel che ho visto le gare a tappe mi si adattano abbastanza, perché ogni giorno sento che le gambe vanno sempre meglio, ma questo lo riscontro anche nelle corse in linea con l’andare avanti della stagione.

Epis Roncadelle 2019
Epis terzo al GP RInascita a Roncadelle nel 2019, a destra del vincitore Portello e di Fraccaro (foto Scanferla)
Epis Roncadelle 2019
Epis terzo al GP RInascita a Roncadelle nel 2019, a destra del vincitore Portello e di Fraccaro (foto Scanferla)
Che obiettivi ti sei posto per quest’anno?

Il primo l’ho già ottenuto e ora sono molto più tranquillo. Sicuramente mi piacerebbe fare il Giro U23 per testarmi in una corsa a tappe di lunga durata, per verificare la mia resistenza, poi nel complesso vorrei continuare a crescere per solleticare l’attenzione di qualche club professionistico.

Per te il professionismo è un’ossessione?

Diciamo che è un traguardo, che si può raggiungere se ci si sacrifica. Io ho lasciato il calcio per dedicarmi anima e corpo alla bici, ho ristretto al minimo le uscite con gli amici, ho anche scelto un’università telematica (studia gestione d’impresa e management sportivo, ndr) per potermi concentrare nella giornata sull’allenamento e dedicare le ore pomeridiane allo studio. Secondo me bisogna avere un atteggiamento professionale e rispettoso già al primo approccio con questa disciplina e io ce l’ho.

Epis mamma 2022
Giosuè con sua mamma Cristina: «A casa la bici è parte della famiglia»
Epis mamma 2022
Giosuè con sua mamma Cristina: «A casa la bici è parte della famiglia»
Com’è il tuo rapporto con la bici?

Non sono mai stato un semplice “pedalatore”, anche se sopra la bici ci sto da quando avevo 4 anni e l’utilizzo delle rotelle neanche me lo ricordo… Sono molto attento alle sensazioni che la bici mi trasmette e quando c’è da rimetterla in sesto non la lascio solo in mano al meccanico, mi confronto con lui, seguo il suo lavoro e così qualcosa ho imparato.

C’è un corridore al quale ti ispiri?

Guardando il suo modo di correre, mi è sempre piaciuto Sonny Colbrelli, cerco di assomigliare alle sue caratteristiche. Magari riuscissi a raggiungere anche metà di quel che ha fatto…

Nicolas Gomez: dalla Colombia la storia di un velocista atipico

11.03.2022
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Ogni volta che cerchiamo il nome di Nicolas David Gomez Jaramillo sul web per avere sue informazioni troviamo sempre delle foto che lo ritraggono sorridente. E’ arrivato in Italia, al Team Colpack Ballan, all’inizio della stagione 2019, questa è la quarta stagione con il team bergamasco. Non poteva cominciare meglio, due vittorie in due giorni: prima al Memorial Polese e poi al Gp De Nardi (foto Facebook del team in apertura).

L’abbraccio dopo l’arrivo per festeggiare la vittoria del G.P De Nardi (foto Facebook/Colpack)
L’abbraccio dopo l’arrivo per festeggiare la vittoria del Gp De Nardi (foto Facebook/Colpack)

L’inizio complicato

«Appena arrivato in Italia – incalza Nicolas – ho avuto alcune difficoltà nell’adattarmi al modo di correre che c’è qui. E’ un ciclismo più aggressivo e le squadre erano molto più organizzate di come ero abituato in Colombia. Continuavo a domandarmi se fossi stato all’altezza dell’impegno preso. Per fortuna c’erano in squadra con noi diversi elite che mi rassicuravano e mi hanno aiutato molto ad ambientarmi».

«Con la squadra mi sono trovato subito bene, sono sempre stato circondato da persone buone e gentili. Ho vissuto, e vivo ancora, nell’appartamento dedicato ai corridori in ritiro. Fino allo scorso anno c’era con noi una signora che mi aiutava nelle faccende domestiche, agli inizi mi faceva un po’ da mamma. Un altro fattore che mi ha aiutato a stare bene qui è stata la costante presenza di Gianluca (Valoti, ndr) e Rossella Dileo, con loro mi sono sempre sentito tranquillo».

Il sorriso di Nicolas contagia i compagni di squadra ed il team (foto Facebook/Colpack)
Il sorriso di Nicolas contagia i compagni di squadra (foto Facebook/Colpack)

Un mentore di fiducia

Gianluca Valoti ci ha detto che a scoprire il talento di Nicolas è stato Matxin, tecnico e talent scout della UAE Team Emirates, uno che difficilmente sbaglia ad inquadrare un corridore.

«A Matxin sono sempre piaciuti i corridori colombiani – riprende Nicolas – a quel tempo era in Quick Step. Aveva un bel rapporto con il mio diesse in Colombia così ha deciso di mettermi alla prova in Europa. Sono venuto a correre in Spagna al mio ultimo anno da junior, al team Plataforma Central Iberum. Matxin mi aveva detto che se avessi ottenuto dei buoni risultati sarei venuto a correre nella miglior squadra italiana under 23, e così è stato».

Per Gomez un weekend da ricordare, iniziato con la vittoria al Memorial Polese (foto Facebook/Colpack)
Per Gomez un weekend da ricordare, iniziato con la vittoria al Memorial Polese (foto Facebook/Colpack)

L’Italia e il sogno WorldTour

Qui da noi Nicolas si è sempre trovato bene, con un modo di parlare, condito dall’accento colombiano, che ti invita a conoscerlo sempre di più. Lui in Italia è rimasto anche quando è arrivato il covid e non è stata una parentesi facile. 

«Quando è arrivato il covid ero molto preoccupato – riprende con un tono di voce più grave Gomez – noi viviamo ad Almè in provincia di Bergamo, la zona più colpita dalla pandemia. Non era bello, anzi lo definirei traumatico, la casa si affaccia sulla strada provinciale e il rumore delle sirene era costante e scandiva le nostre giornate. Poi, dopo qualche mese, il virus è arrivato anche in Sud America e lì ho temuto per la salute della mia famiglia».

«In Italia però mi sono sempre trovato bene, la considero la mia seconda casa, l’anno scorso ho avuto la possibilità di passare pro’ con un team professional spagnolo ma ho deciso di rifiutare. Per due motivi: il primo è che non immagino la mia vita lontano dall’Italia, il secondo è perchè tutti noi corridori ambiamo a passare in una squadra WorldTour, sentivo di avere ancora qualcosa in più da dare e le prime gare mi hanno dato ragione». 

Quella che è iniziata è la quarta stagione in maglia Colpack per Gomez (foto Facebook/Colpack)
Quella che è iniziata è la quarta stagione in maglia Colpack per Gomez (foto Facebook/Colpack)

Velocista moderno

Nicolas pesa solamente 64 chili, eppure appartiene alla categoria dei velocisti, un fisico leggero abbinato ad un ottimo spunto veloce. Il che fa di lui un velocista moderno.

«Ne parlavo proprio oggi con il mio allenatore – dice Nicolas – non esistono più i velocisti di pura potenza, come Greipel o Kittel. Ora i percorsi sono mossi e bisogna adattarsi, infatti la mia non è una gamba da velocista puro, anzi. Ma il mio rapporto peso/potenza mi permette di fare bene negli arrivi che vanno leggermente all’insù (come quello del G.P. De Nardi, ndr) cosa che preferisco anche perché il gruppo arriva più scremato e si rischiano meno cadute.

Il corridore colombiano incarna la descrizione del velocista moderno: performante anche sui percorsi mossi (foto Facebook/Colpack)
Il corridore colombiano è performante anche sui percorsi mossi (foto Facebook/Colpack)

«E’ il classico ragazzo sudamericano – conclude Gianluca Valoti, diesse del team Colpack – sempre felice e pronto alla battuta, allo stesso tempo è un po’ permaloso, ma è bello averlo intorno. Fa molto bene al gruppo ed in questi quattro anni con noi è sempre stato benvoluto da tutti. Non sai mai cosa aspettarti da uno come lui, ama fare scherzi, d’estate è difficile non beccarsi un gavettone proveniente dalle sue mani (ride, ndr)».

Chioccioli 2022

Chioccioli e i ragazzi, un grido di dolore sul futuro

09.03.2022
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Qualche giorno fa, parlando del rapporto fra squadre continental e under 23, Renzo Boscolo ha citato anche l’esperienza di un suo collega, certamente non uno qualunque visto che si tratta di Franco Chioccioli, il vincitore del Giro d’Italia del 1991 oggi alla guida della Futura Rosini. Non potevamo non sondare la sua opinione al riguardo e come eravamo abituati al tempo delle sue gare, “Coppino” non le ha mandate a dire come è nel suo carattere.

Chioccioli sin dal 2003 gestisce un team che oggi ha una decina di ragazzi tesserati. Potrebbero sembrare pochi, ma la verità è che ognuno di loro va seguito con la passione che merita: «Vengono un po’ da tutto il centro Italia, non solo dalla Toscana, in questo modo possiamo seguirli come si deve. E’ chiaro che noi come tutti vogliamo vincere, ma alla loro età il ciclismo è e deve restare anche divertimento».

Nella cronometro di Casteggio, Chioccioli mette il sigillo sul Giro del ’91
Nella cronometro di Casteggio, Chioccioli mette il sigillo sul Giro del ’91
L’inizio di stagione è stato caratterizzato da molte polemiche per la gestione dell’attività dilettantistica, con una contrapposizione sempre più marcata fra formazioni continental e U23…

Le lamentele ci sono sempre state, il problema è che non c’è una divisione marcata come ci dovrebbe essere. Se sei professionista dovresti correre fra i pro’, ma questo significherebbe spendere più soldi. Che un team continental sia presente alle gare internazionali ci sta, anche alle nazionali, ma che venga a togliere spazi e premi in quelle regionali un po’ meno. Il fatto è che si partecipa dove si può…

E’ un problema di calendario?

Anche. In fin dei conti una squadra continental può correre anche all’estero, ma non hanno il budget per farlo, allora cercano spazi altrove. Dico solo che per i loro ragazzi che guadagno ci può essere in termini di crescita nel correre gare regionali?

Futura Rosini 2018
La Futura Team Rosini esiste dal 2003, Chioccioli ha curato la crescita di molti ragazzi. Qui una foto Facebook del 2018
Futura Rosini 2018
La Futura Team Rosini esiste dal 2003, Chioccioli ha curato la crescita di molti ragazzi. Qui una foto Facebook del 2018
C’è anche chi dice però, come Bartoli, che tante lamentele sono ingiuste e che ai tempi suoi e tuoi si cresceva perché si affrontavano i più “vecchi” e smaliziati…

Era un altro ciclismo. Allora torniamo al dilettantismo di una volta, quando potevi restare tale fino a 30 anni. Io mi ricordo che affrontavo Fedrigo che ne aveva 35 o i fratelli Veltro di 30… Per certi versi Bartoli ha ragione: che cosa puoi imparare correndo con gente della tua età? Certamente non sono più smaliziati di te… E’ tutto il sistema che andrebbe rivisto.

Facendo un paragone con i tuoi tempi, i ragazzi di oggi li vedi applicarsi?

Dipende da persona a persona, come avveniva allora. C’è chi fa davvero la vita del corridore e chi è un po’ più per aria. Quel che noto è che i giovani maturano più tardi.

Tommasini 2015
Fabio Tommasini primo al Gp Menci 2015. Quel giorno finì 5° Pierpaolo FIcara, poi passato pro’ e valido biker
Tommasini 2015
Fabio Tommasini primo al Gp Menci 2015. Quel giorno finì 5° Pierpaolo FIcara, poi passato pro’ e valido biker
Questo però va contro la tendenza attuale che vuole squadre e procuratori andare a caccia di talenti sempre più giovani. A te piace questo “effetto Evenepoel”?

Scusate, ma qui apro una polemica: guardiamo bene quello che Evenepoel ha fatto, è diventato davvero quello che pensavano? Ha vinto, sì, ha avuto le sue traversie, certo, ma tanti hanno vinto quel che ha vinto lui… Era un fenomeno da junior, ma il mondo dei pro’ è altra cosa. Magari vincerà anche un Giro o un Tour, si vede che ha tutte le possibilità, ma solo il tempo potrà dire se è davvero quel campionissimo che si dice. Il problema è che però si vuole tutto e subito, non si è disposti ad aspettare e così perdi potenziali enormi, perché un corridore si crea pian piano, con l’esperienza, anche con le sconfitte. Così invece passano tutti troppo presto e la maggior parte prende scoppole, si deprime e molla.

Sono principi che applichi con i tuoi ragazzi?

Assolutamente sì, io penso che la loro crescita debba essere graduale attraverso le esperienze personali, non quelle di altri, perché è chiaro che altrimenti devi appoggiarti a chi ne sa di più, ma così non emergi. Poi non dimentichiamo una cosa: quando si parla di ragazzi di 18-19 anni siamo alle prese con la scuola e tanti, per passare prima, la lasciano da parte commettendo un errore gravissimo. Mi dispiace, ma non riesco a essere ottimista vedendo ciò.

Chioccioli 2021
Dopo trent’anni dalla sua vittoriosa scalata del Pordoi, Franco ci è tornato in veste di cicloturista
Chioccioli 2021
Dopo trent’anni dalla sua vittoriosa scalata del Pordoi, Franco ci è tornato in veste di cicloturista
Secondo te qual è lo stato di salute del ciclismo italiano?

Decisamente non buono, non vedo tanti corridori di livello, soprattutto non vedo gente capace con i suoi successi di trascinare la gente. Il ciclismo sta diventando uno sport di nicchia e per rilanciarlo bisognerebbe lavorare alla sua base. Vorrei una Federazione che valorizzasse le società che lavorano con i bambini: qui in Valdarno ai miei tempi ce ne erano 7, ora neanche una e chi mantiene la sua attività lo fa pescando nella Mtb. I problemi ci sono perché si parte male dal basso. Un’altra cosa: per uniformarsi a quel che avviene all’estero stanno tagliando tutte le categorie giovanili che erano un vanto e uno strumento di crescita fondamentale per noi, ma si può?

Un altro scatto alla Bartoli su under 23 e certe abitudini

03.03.2022
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Proviamo a cambiare prospettiva, questa volta. E se piuttosto che un merito degli stranieri, alla base ci fosse un demerito italiano? Come mai tutti questi ragazzini prodigio vengono da oltre confine? Vuoi vedere che li avremmo anche noi, ma sbagliamo qualcosa? E’ un Bartoli bello acceso quello che si infila in questa discussione e alla fine risulterà anche piuttosto convincente.

«In Toscana siamo speciali a lamentarci – dice Michele, classe 1970 – ma quello che si è sentito dopo il Gp La Torre non si batte (corsa di Fucecchio vinta da Buratti, in apertura, ndr). Qualcuno era furioso perché sono venute le continental e hanno dominato la corsa. E’ assurdo solo pensarlo. Se ai tuoi corridori vuoi far fare uno step, hanno bisogno di confrontarsi con quelli più forti. Io a 18 anni correvo contro il Manzi che aveva sei anni più di me oppure contro Brugna, che era stato professionista e poi era tornato nei dilettanti. Come me, anche Casagrande, Fornaciari, Pantani, Belli… Tutti noi del 1970 e dintorni. Poi però appena passati vincemmo subito anche noi. E badate che non fu una casualità».

Gran festa al CT Friuli per la vittoria di Buratti a Fucecchio
Gran festa al CT Friuli per la vittoria di Buratti a Fucecchio

E vennero gli U23

Basta tornare un po’ indietro con la memoria per rivedere l’Italia dei dilettanti prima dell’avvento degli under 23. Dando un colpo al cerchio e uno alla botte, è giusto ricordare che il 1996 in cui fu istituita la nuova categoria coincise con quel pazzesco sbalzo dei valori ematici, che falsò stagioni di corse. Gli under 23 non ne furono immuni, perciò nel nome della loro salvaguardia si attuò tutta una serie di precauzioni. E da lì non ci siamo più mossi.

Al punto che oggi gli juniores stranieri e a seguire gli under 23 iniziano subito ad allenarsi da professionisti e a confrontarsi ai livelli più alti, mentre da noi permangono cautele che forse andrebbero riviste. Non per mancanza di riguardo verso gli atleti e il loro talento, ma perché il mondo è cambiato e oggi la fatica non poggia più sulla chimica. E’ lo stesso principio per cui i bambini del Nord Europa giocano scalzi sotto la pioggia, mentre i nostri vengono infagottati dalla mamma che non li fa uscire di casa.

Mondiali dilettanti 1991: Bartoli primo da destra: in quel ciclismo, il confronto con i più grandi era la regola
Mondiali dilettanti 1991: Bartoli primo da destra: in quel ciclismo, il confronto con i più grandi era la regola
Il confronto con i più forti fa bene?

Alle mie prime due corse da dilettante – ricorda Bartoli – arrivò primo Manzi e secondo io. Lui del 1964, io del 1970. Non ci dormivo la notte. Non perché mi bruciasse aver perso, ma pensando al modo in cui avrei potuto batterlo, anticiparlo, fregarlo. Se trovi i più forti, sei costretto a imparare. Cosa ti cambia se vinci una corsa battendo tre bambinetti? A chi giova?

Forse alla squadra che così sembra più appetibile per lo sponsor.

Può darsi. Il guaio è che in Italia spesso non abbiamo lo scopo di far crescere i giovani, se non per andare al bar il giorno dopo a vantarsi di aver vinto. In Toscana siamo bravi a farlo, ma probabilmente succede in tutta Italia. Solo pochi lavorano davvero bene

Di chi parli?

Della Zalf, la Colpack, il Ct Friuli e le poche squadre che comunque continuano a tirare fuori corridori.

Continental anche alla Firenze-Empoli: vince Zambelli, maglia Zalf Fior
Continental anche alla Firenze-Empoli: vince Zambelli, maglia Zalf Fior
Secondo Bartoli, si tirano fuori corridori anche andando a fare le gare regionali?

Questo è un altro discorso e riguarda il livello dell’attività che gli fai fare. Se io avessi una continental, non andrei a La Torre, ma andrei alle corse dove ci sono corridori di valore. Se però ho una piccola squadra e mi arriva la continental, devo essere contento, perché mi si offre la possibilità di fare esperienza. Forse si dovrebbe partire dai direttori sportivi…

Come devono essere fatti?

Io ricordo di averne avuto alcuni da cui si poteva imparare davvero tanto. Il Massini, ad esempio, che è tornato indietro dalla pensione e adesso fa il diesse del Gragnano. Lui ha insegnato il ciclismo a tanti campioni. Oppure il Tortoli. Erano direttori sportivi ambiziosi, che però tutelavano sempre il corridore, non lo mandavano a fare figuracce se non stava bene. Il Tortoli era quello che segava la catena, se non stavo bene. E mi diceva di spezzarla con un calcio, così potevo fermarmi e non fare figuracce. Oggi sembrano davvero poco tutelati.

Se trovi i più forti, sei costretto a imparare: spiega, per favore.

Ti ingegni. Ti alleni di più. Io passai professionista e vinsi subito tre corse. Casagrande vinse al primo anno. Pantani ebbe una tendinite, ma al secondo anno staccò Indurain e fece podio al Giro e al Tour. Per noi fu una fortuna avere tra i piedi quei corridori di trent’anni, perché ci fecero guadagnare tempo. Invece adesso dura tutto troppo…

Perché?

Perché c’è gente che fa la squadra da anni, ma non insegna il ciclismo che c’è adesso là fuori. Invece all’estero non hanno paura di farli confrontare con i più forti e quando arrivano professionisti hanno già una marcia in più.

Il Giro della Valle d’Aosta riparte dalle strade del Tour

23.02.2022
5 min
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Lo scorso anno ci eravamo lasciati con due italiani sul podio, Gianmarco Garofoli e Mattia Petrucci, ai fianchi del vincitore che veniva dall’altro emisfero: Reuben Thompson, Nuova Zelanda. Anche se breve, fu davvero un gran bel Giro della Valle d’Aosta. Quello della rinascita, tre tappe corse con un’intensità pazzesca, in scenari superbi e un livello molto alto.

Alessandro Verre lo scorso anno vittorioso a Pollein, dopo una frazione micidiale per durezza
Alessandro Verre lo scorso anno vittorioso a Pollein, dopo una frazione micidiale per durezza

Benedetto 2021

Adesso la Società Ciclistica Valdostana lancia l’edizione numero 58, in programma dal 13 al 17 luglio, che sarà forte di due frazioni in più. Nell’era post Covid, non è poco. Si torna così (quasi) agli albori.

«Il Giro della Valle d’Aosta – dice patron Riccardo Moret – torna a disputarsi su cinque tappe e riprende una connotazione internazionale del percorso grazie alla tappa di Saint Gervais».

 

«Fare la gara lo scorso anno, anche se solo con tre tappe – ci confida Moret – è stato vitale. Con due anni di stop si sarebbe rischiato di metterci una pietra sopra in modo definitivo. Ripartire, credetemi, è stato davvero bello».

«Siamo orgogliosi di questa scelta e con ottimismo siamo pronti ad affrontare l’edizione che verrà, sperando di lasciarci alle spalle le vicissitudini legate alla pandemia che hanno condizionato tutto il mondo, sportivo e non solo. Ci auguriamo di tornare quanto prima alle tradizionali sei tappe».

Per evitare che troppi corridori si stacchino inevitabilmente, si pensa ad un avvio più soft… (foto Instagram)
Per evitare che troppi corridori si stacchino inevitabilmente, si pensa ad un avvio più soft… (foto Instagram)

Si resta U23

Il Giro Ciclistico Internazionale della Valle d’Aosta si conferma corsa riservata agli under 23. Le voci che la volevano aprire anche ai più grandi, vista la mole di continental che ci sono, è quindi stata allontanata. Lanciare i giovani fa parte della sua tradizione e nel segno della tradizione sono state individuate le sedi di tappa.

«Questa cosa – riprende Moret – l’abbiamo vagliata. Intanto pensiamo agli oltre 60 team che hanno fatto richiesta di partecipazione. Noi dobbiamo fare una scelta di qualità. Una scelta legata anche al nostro territorio. In Valle d’Aosta puoi fare migliaia di metri di dislivello in pochi giorni e il rischio è di lasciare per strada ben presto una grossa fetta del gruppo, per questo preferiamo squadre che siano ben attrezzate».

«Sul fatto di estendere il limite di età oltre i 23 anni, posso dire che per noi i giovani sono importanti, fanno parte della tradizione del Valle d’Aosta. E poi il gap tra un ragazzo di 19 anni e uno di 24-25 sarebbe eccessivo. E’ vero che anche i più giovani oggi vanno forte, ma torniamo al discorso di prima: il rischio è che dopo un paio di tappe ci siano 60-70 atleti fuori corsa. La forbice sarebbe troppo larga».

Nel 2016 a Saint Gervais vinse Romain Bardet. Quest’anno il Tour vi transiterà nel corso della 10ª tappa. Poi toccherà al Val d’Aosta
Nel 2016 a Saint Gervais vinse Bardet. Quest’anno il Tour vi transiterà nel corso della 10ª tappa. Poi toccherà al Val d’Aosta

Sulle strade del Tour

“Grand depart” dalla Francia: anche questa dello sconfinamento è una tradizione. Si parte e si arriva a Saint Gervais Mont Blanc. Siamo quindi in zona Mer de Glace (lo splendido ghiacciaio) del Monte Bianco, ad una quarantina di chilometri da Courmayeur, poco dopo il tunnel.

«Sono molto contento – riprende Moret – di aver individuato intanto le località di partenza e di arrivo. Svelare qualcosa in più sul percorso: posso dirvi che proprio in questa tappa francese percorreremo gran parte delle strade che il Tour de France affronterà il giorno prima. E questo credo sia un bel colpo per la nostra immagine! Prima il Tour e poi il Valle d’Aosta, insomma…».

La quarta tappa sarà spettacolare. Qui il passaggio a Fontainemore per poi proseguire più in alto verso Coumarial
La quarta tappa sarà spettacolare. Qui il passaggio a Fontainemore per poi proseguire più in alto verso Coumarial

Partenza “soft”

Nei due giorni successivi si torna in Valle e si va proprio nei dintorni di Aosta: prima a Saint Christophe (partenza e arrivo) e poi proprio in città con la Aosta-Aosta. Su carta, potrebbero essere le frazioni meno dure, ma vista la tappa inaugurale di Pollein dell’anno scorsa (vinta da Verre), meglio non sbilanciarsi. E infatti Moret chiarisce subito.

«In Valle d’Aosta come detto possiamo accumulare tantissimi metri di dislivello in pochi chilometri. Proprio per evitare che in tanti restino presto fermi, come accennavo, abbiamo pensato ad un via più soft. Soft tra virgolette chiaramente. L’idea è quella di concentrare il maggior dislivello nelle due frazioni finali. Che sono poi quelle decisive. Abbiamo moltissime soluzioni nella scelta dei vari passi e nelle varie strade da affrontare».

L’impresa pazzesca di Gianmarco Garofoli verso Cervinia al Valle d’Aosta 2021
L’impresa pazzesca di Gianmarco Garofoli verso Cervinia al Valle d’Aosta 2021

Finale duro

E appunto le ultime due frazioni sono in linea. La quarta va da Pont Saint Martin a Fontainemore (Coumarial). La quinta entra nel regno dei giganti e va da Valtournenche a Cervinia. E’ su queste strade che la scorsa estate assistemmo alla cavalcata pazzesca di Gianmarco Garofoli. Il marchigiano alzò le braccia al cielo all’ombra del Cervino dopo una fuga solitaria superiore ai 60 chilometri.

Questa gara a tappe si apre quindi con un gigante, anzi, “il Gigante”, il Monte Bianco, e si chiude con un gigante, il Cervino. 

«Le ultime due saranno le tappe più dure e spettacolari – dice Moret – La salita di Fontainemore è una gran bella scalata. Si entra nella Riserva Naturale del Mont Mars, un’area davvero bella da scoprire sia in bici che a piedi. Noi con il Giro della Valle d’Aosta vogliamo far scoprire anche queste località, meno note e più incontaminate».

Da ricordare, infine, che tutte le tappe saranno interamente trasmesse in diretta streaming e radiofonica. Insomma, in attesa del percorso definitivo, il Valle d’Aosta promette dei grandi show: sportivi e naturalistici.

Scirea 2019

Scirea, doppio incarico per far crescere i ragazzi

16.02.2022
5 min
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Nel profondo riassetto della struttura tecnica federale, un ruolo importante lo ricopre Mario Scirea. Anzi, più ruoli considerando che è chiamato a collaborare sia con Daniele Bennati, cittì degli Elite che con Marino Amadori, al lavoro con gli U23. Il nuovo presidente della Fci Dagnoni voleva assolutamente avvalersi del suo apporto, ma aveva bisogno di sfruttare e sue competenze in entrambi i settori così gli ha proposto il doppio incarico.

Questo significa che Scirea (in apertura con il team manager delle squadre nazionali Roberto Amadio) è sempre in movimento, attento a ogni sfumatura. Il lavoro con i più giovani è delicato, lo abbiamo spesso ripetuto e anche il 57enne bergamasco ne è consapevole: «Dobbiamo accompagnare i ragazzi verso l’approdo al professionismo facendo in modo che non siano presi alla sprovvista e questo si può fare solo incrementando l’attività internazionale, come faremo. Non sono più i tempi di quando correvo io, quando l’epicentro dell’attività era in Italia, ora bisogna guardare al Nord, dove si corre in maniera differente e dove ci sono le squadre più forti. Bisogna imparare le strade, il modo di correre, è imprescindibile».

Scirea Liquigas 2011
Per 14 anni Scirea è stato diesse, dal 2005 al 2012 alla Liquigas e poi a Cannondale, Lampre, Uae Team Emirates e Biesse Carrera
Scirea Liquigas 2011
Per 14 anni Scirea è stato diesse, dal 2005 al 2012 alla Liquigas e poi a Cannondale, Lampre, Uae Team Emirates e Biesse Carrera
Ai tuoi tempi non era così?

No, perché c’erano tante squadre forti da noi e molta attività si faceva in casa, naturalmente poi gli sponsor più importanti volevano che si partecipasse anche ai grandi eventi esteri, classiche e grandi giri. Oggi, salvo le grandi manifestazioni, il ciclismo italiano ha perso appeal, ma io sono convinto che piano piano tornerà come prima, come sta avvenendo per la Spagna. D’altronde la pandemia ha riportato una grande attenzione sulla costruzione dei calendari.

Tu graviti a metà fra le due categorie e hai il polso della situazione: quanto pesa per la crescita dei nostri talenti la mancanza di un team WorldTour?

Enormemente, anche più di quanto si pensi. Significa che per passare pro’ devi andare all’estero e qui per spiegarmi faccio un esempio: se approdi in una squadra belga, gli sponsor avranno certamente più rientro d’immagine se a vincere sarà un corridore di casa, un occhio di riguardo andrà agli atleti interni e gli altri saranno più di supporto, per trovare spazi dovranno faticare di più. Alla fine, se vali emergi, questo è chiaro, ma devi faticare molti di più rispetto a prima.

Scirea nazionale 2002
Bergamasco del ’64, Scirea ha corso da pro’ per 15 anni. Per lui 2 vittorie e 2 maglie azzurre (foto Olycom)
Scirea nazionale 2002
Bergamasco del ’64, Scirea ha corso da pro’ per 15 anni. Per lui 2 vittorie e 2 maglie azzurre (foto Olycom)
Un gruppo come quello tuo e di Cipollini non potrebbe quindi esistere?

Non arriverei ad affermazioni così nette: in fin dei conti un corridore che ogni anno ti garantisce una ventina di vittorie tra cui almeno un paio di vittorie al Giro e al Tour diventa ambito da tutti, lui e i suoi compagni d’avventura. Certo è più difficile. Se avessimo un team italiano, ci sarebbe uno zoccolo duro di corridori nostrani che potrebbero crescere con calma, potresti programmare meglio il calendario e sono convinto che anche molte gare italiane se ne gioverebbero.

Il progetto di un team italiano c’è, ma si prospettano tempi lunghi…

Non sono cose che costruisci dall’oggi al domani, anche perché servono fondi molto maggiori che ai nostri tempi. Nell’attesa noi però dobbiamo lavorare per fare in modo che il numero di pro’ italiani aumenti, che il nostro ciclismo rimanga all’avanguardia e produca buoni corridori. Ce ne sono, forse se ne parla troppo poco.

Scirea Cipollini 2003
Con Cipollini un binomio indissolubile in corsa e fuori, negli anni dell’attività
Scirea Cipollini 2003
Con Cipollini un binomio indissolubile in corsa e fuori, negli anni dell’attività
C’è in giro un nuovo Cipollini?

No. I campioni di oggi non hanno lo stesso carisma. Non dipende solamente dalle vittorie. Nel motociclismo tutti conoscono Valentino Rossi, chi correva con lui, anche chi lo batteva la gente comune non lo ricorda. Nello sci vuoi o non vuoi si parla sempre di Tomba. Nel ciclismo italiano dici Cipollini e Pantani e tutti sanno di chi parli. Anche i campioni di oggi, quelli che vincono classiche e Tour, al di fuori dell’ambiente non sono così conosciuti. Non so neanche da che cosa dipenda, è davvero l’essere personaggio che fa la differenza.

Quanto ti è servita la tua esperienza da corridore in questi nuovi incarichi?

Molto, è la base del mio incarico. Prima venivano scelti commissari tecnici che non venivano da squadre, ora si è cercata una via nuova con Bennati e tutto il gruppo. Se lavori in un team professionistico, impari che non si riduce solo alla corsa, c’è dietro tutto un lavoro anche d’ufficio che bisogna svolgere, preparando le trasferte, curando ogni aspetto di una gara dalla logistica al materiale, dal supporto tecnico a quello psicologico, una gamma di servizi enorme e spesso misconosciuta.

Certo, ma sapendo chi sei e le esperienze che hai accumulato al fianco di un campione come Cipollini, sicuramente i più giovani ti chiederanno…

C’è anche quel momento, è naturale. Molti, soprattutto negli eventi titolati, sentono salire la tensione e ti chiedono consigli. Tutto quel che possiamo fare è spiegare ai ragazzi gli errori da non fare per la smania di essere protagonisti. I tempi si sono accorciati, lo sappiamo tutti, ma bisogna anche sapersi gestire per affrontare il mondo dei professionisti in modo che dia frutti.

Ceolin 2022

Federico Ceolin, orgoglioso di essere un esempio

10.02.2022
4 min
Salva

La curiosità è tanta, inutile negarlo, perché non capita spesso che un ragazzo venga preso di sana pianta da un altro settore e portato alla strada ma senza cambiargli le strategie per il futuro, senza dire «il ciclocross non lo fai più, ora pensa solo a correre su strada». Con Federico Ceolin il ragionamento che la Beltrami TSA-Tre Colli ha posto in essere è più profondo: provare a sviluppare il talento del ragazzo su più fronti, come ormai è consuetudine all’estero, nei Paesi dove sfornano campioni a getto continuo.

Federico è conscio di avere su di sé molta attenzione e si sta preparando per questo, ma ci tiene a sottolineare che il ciclismo su strada non gli è totalmente sconosciuto: «Da juniores ho fatto un po’ di esperienza alla Libertas Scorzé: avevo sempre il ciclocross come riferimento, d’estate correvo più in Mtb ma qualche prova su strada l’ho fatta, anche a livello di gara. E’ chiaramente poco, ma mi è rimasto dentro qualche fondamentale che mi sarà certamente utile».

Ceolin Ciclocross 2019
Ceolin è nato a Portogruaro (VE) il 27 ottobre 2000. E’ stato azzurro ai Mondiali 2018 ed Europei 2020
Ceolin Ciclocross 2019
Ceolin è nato a Portogruaro (VE) il 27 ottobre 2000. E’ stato azzurro ai Mondiali 2018 ed Europei 2020
Alla Beltrami sono stati chiari: strada e ciclocross andranno di pari passo…

E’ questo concetto che mi ha convinto, non posso negare che per me il ciclocross viene prima di tutto ma la strada “è” il ciclismo, quando capita un’opportunità del genere non puoi dire di no. Ci vorrà tempo, ci vorrà rodaggio, ci vorrà applicazione ma ce la metterò tutta.

Hai già avuto modo di “assaggiare” il nuovo team e la nuova realtà?

Poco purtroppo, il Covid mi ha fermato per quasi un mese. Ho fatto un ritrovo di 3 giorni più che altro per conoscere il gruppo, ma aspetto con ansia il primo ritiro al quale potrò prendere parte, da sabato a Riotorto in Toscana, lì si stabilirà anche il programma delle gare. Vorrei cominciare subito, ma chiaramente alle prime gare andranno quelli più in forma e che vanno più forte.

Come giudichi la tua stagione di ciclocross?

Avrei voluto chiuderla con i Tricolori, puntavo a un piazzamento sul podio e stavo andando forte, avevo vinto solamente due settimane prima, ma il Covid ha vanificato tutto. Ero già stato in quarantena fiduciaria per mio padre, poi sono risultato positivo asintomatico e rimasto fermo due settimane. E’ stata dura poi ripartire, pian piano però il fisico ha cominciato a rispondere e ora sto tornando ai miei livelli.

Ceolin Lurago 2021
L’ultima vittoria di Ceolin risale al 27 dicembre scorso, al Cross della Vigilia di Lurago (foto Instagram)
Ceolin Lurago 2021
L’ultima vittoria di Ceolin risale al 27 dicembre scorso, al Cross della Vigilia di Lurago (foto Instagram)
Parlando di te, Pontoni ha detto che hai dalla tua una grande potenza, ma soffri un po’ per cali di concentrazione…

Non andrei mai contro l’esperienza del cittì, le sue parole sono sempre dettate dalla saggezza. Probabilmente faccio fatica a risollevarmi da momenti difficili ed eventi sfortunati, in quei frangenti è difficile rimanere concentrati, sicuramente la testa fa tanto. So che si poteva raccogliere di più nella stagione appena conclusa, ma devo guardare avanti.

E’ pur vero però che ti considera sempre un possibile azzurro.

Con Pontoni c’è sempre stata sincerità e grande fiducia, poi le convocazioni bisogna guadagnarsele, so che è tutto nelle mie mani.

Potresti essere un esempio, l’idea che la Beltrami ha avuto nei tuoi confronti potrebbe essere sfruttata da altri.

Lo so e credo che sia esattamente quello che manca all’Italia, al nostro movimento in paragone all’estero. Guardate Van Der Poel o Van Aert, per me sono grandissimi campioni anche perché hanno dietro una struttura che li accompagna dodici mesi l’anno, a prescindere dalla disciplina che praticano. Se anche da noi si potrà fare lo stesso, se i corridori potranno gareggiare d’inverno e d’estate sempre con la stessa maglia, crescere sarà più semplice. Il progetto mi ha subito entusiasmato e mi rende molto orgoglioso.

Ceolin Beltrami 2022
Ceolin con la divisa da allenamento Beltrami: quella da corsa arriverà in ritiro
Ceolin Beltrami 2022
Ceolin con la divisa da allenamento Beltrami: quella da corsa arriverà in ritiro
Tu vieni dal ciclocross e dovrai adattarti alla strada: è più facile questo passaggio o quello inverso?

Sicuramente il mio. Per gareggiare nel ciclocross e poter emergere serve una base tecnica, una capacità di guida che puoi acquisire solo da giovanissimo, per attivare quegli automatismi necessari, Arrivarci da junior o Under 23 è più difficile. Approdando alla strada le differenze sono più dettate dal ritmo di gara, dalla lunghezza passando da una a 4-5 ore di competizione. Non dimentichiamo poi che anche i biker fanno tanta strada, soprattutto in allenamento.

Una delle difficoltà più segnalate è il riuscire a stare in gruppo.

Certamente non è semplice, lì spero mi verranno in aiuto le reminiscenze da junior. C’è comunque tanto da imparare: tempo ce n’è ma neanche tanto, considerando che sono all’ultimo anno U23 e sono già in una fase nella quale bisogna far vedere di che pasta si è fatti, se si vuole strappare un contratto da pro’. Bisogna darsi da fare…

Ciclismo e scuola: così lavora la Zalf, parola di Faresin

08.02.2022
4 min
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Il passaggio dalla categoria juniores a quella under 23 è delicato, ci si confronta con ragazzi più grandi e competitivi. Alle difficoltà agonistiche si aggiunge che i ragazzi che affrontano il primo anno di under 23 sono alla fine del loro percorso scolastico. Scuola che, com’è giusto che sia, viene messa in primo piano rispetto all’attività agonistica. Ma come fanno i team ad organizzare gli allenamenti nel periodo scolastico?

«Gianni Faresin ha previsto tabelle specifiche di allenamenti e gare per noi che andiamo ancora a scuola – ci ha detto giorni fa Alberto Bruttomesso – d’altronde loro vogliono che prima pensiamo ad andare bene lì, poi dopo gli esami mi concentrerò solo sulla bici».

Ne parliamo perciò con Gianni Faresin, diesse della Zalf Euromobil Desirée Fior (foto Scanferla in apertura). Suo figlio, Edoardo, che abbiamo già intervistato, è un ottimo esempio di questo doppio impegno.

Edoardo Faresin si è spinto addirittura oltre e dopo essersi diplomato si è laureato in ingegneria biomedica.
Edoardo Faresin si è laureato in ingegneria biomedica.
Fino ad inizio giugno i ragazzi vanno a scuola, come si organizza l’attività?

Innanzitutto bisogna scindere fra inverno e primavera. In inverno gli allenamenti sono più brevi visto che le giornate sono molto corte, generalmente alle 16,30 è già buio. Appena le giornate si allungano si può iniziare a lavorare in maniera più profonda.

E per dicembre e gennaio i ragazzi come lavorano?

La maggior parte di loro frequenta istituti tecnici o professionali quindi escono molto tardi da scuola, alle 14 o 14,30. Avendo a disposizione solamente un paio d’ore per l’allenamento si fanno lavori specifici. Il “lungo” lo si fa la domenica mattina.

Al secondo ritiro della Zalf a Castelfranco è intervenuto anche il cittì Amadori (foto Scanferla)
Al secondo ritiro della Zalf a Castelfranco è intervenuto anche il cittì Amadori (foto Scanferla)
E con il clima rigido delle vostre parti come vi relazionate?

Quando c’è brutto tempo si sostituisce il lavoro in settimana con degli allenamenti in palestra o con delle sessioni di spinning. Per fortuna il clima quest’anno è stato più gentile.  

E quando iniziano le corse?

Gareggiare è più allenante e quindi la domenica corrono sempre, facendo noi la doppia attività (elite e under 23, ndr) possiamo gestirli nel migliore dei modi. Trattandosi di ragazzi al primo anno di esperienza nella categoria li facciamo correre con gli under. E’ anche una questione mentale…

In che senso?

Se dovessimo mandarli a correre con i pro’ non riuscirebbero nemmeno a finire la corsa e il morale calerebbe. 

I ritiri brevi vicino casa sono comodi anche per gli studenti (foto Scanferla)
I ritiri brevi vicino casa sono comodi anche per gli studenti (foto Scanferla)
Immaginiamo sia fondamentale che i ragazzi vadano bene a scuola, anche perché hanno la maturità da affrontare.

Sarebbe da irresponsabili non farli concentrare adeguatamente sull’obiettivo scolastico. Per il loro futuro, è giusto che completino il percorso scolastico nel migliore dei modi. Così poi a giugno, quando il calendario si fa più fitto hanno la possibilità di correre e divertirsi.

Sono aumentati i ragazzi che dopo il diploma continuano il percorso scolastico, questo influisce sulla attività?

Se è un percorso universitario che prevede l’obbligo di frequenza non cambia molto rispetto alle superiori, anzi, aumentando il carico di studi diventa più complicato. Se, invece, non c’è l’obbligo di frequenza si tratta solamente di trovare un equilibrio: la mattina ci si allena e il pomeriggio si studia.

Gianni Faresin, Zalf Fior
Per Gianni Faresin e la Zalf l’impegno scolastico viene prima di quello agonistico
Gianni Faresin, Zalf Fior
Per Gianni Faresin e la Zalf l’impegno scolastico viene prima di quello agonistico
A giugno, finiti gli esami fate un ritiro di squadra?

Sì, lo facciamo in altura. Nei mesi invernali facciamo qualche giorno in corrispondenza delle vacanze e degli impegni scolastici. Di solito facciamo i ritiri nel weekend così tutti i ragazzi possono essere presenti e si inizia a formare il gruppo. Anche se una cosa bisogna dirla…

Cosa?

In alcuni Paesi, che hanno i ragazzi che si affacciano al mondo under 23 hanno già finito il percorso scolastico. Affrontare un primo anno a mente “libera” aiuta nel non subire troppo il cambio di categoria.