Era il 25 aprile 1996. Sembra strano dirlo a oltre 25 anni da quel giorno, quando tutto cominciò. Nessuno poteva aspettarsi che quellāedizione, la cinquantunesima del Gran Premio Liberazione avrebbe anticipato il cambiamento che successivamente avrebbe investito il ciclismo moderno. I professionisti che correvano fra i dilettanti: oggi la regola, allora una novitĆ . La Federazione mondiale aveva lanciato la categoria degli under 23 ed Eugenio Bomboni, organizzatore della gara nel circuito delle Terme di Caracalla a Roma, andò contro corrente e decise che era arrivato il momento di aprire la corsa ai professionisti e la mise in calendario come open.
Open: pro’ e dilettanti insieme
Non aderirono in tanti, se si pensa che fra le 60 squadre partecipanti per un totale di 240 concorrenti, i corridori con in tasca un contratto firmato erano appena 13. Eppure fu evidente sin dalle prime battute che qualcosa era cambiato. Quella corsa la vinse in maniera rocambolesca Davide Casarotto, 25 anni allora, che da lƬ sviluppò una carriera arrivata tra i professionisti fino al 2002 con un totale di 8 vittorie e che poi ĆØ rimasto nellāambiente come tecnico alla Breganze Millennium, ma che quel giorno lo ricorda ancora come se fosse ieri.
Ā«Io avevo giĆ partecipato al Liberazione lāanno prima ā ricorda il vicentino ā ma quel giorno sentivo che le cose erano ben diverse. Avevo giĆ gareggiato fra i professionisti, sentivo che avevo altre gambe, più potenti. Era il primo anno della rivoluzione, le gare dilettantistiche potevano aprirsi ai professionisti. In realtĆ non furono tante a farlo, ma il Liberazione era una di queste. Non era una gara qualsiasi, per un dilettante era ālaā gara. PressochĆ© impossibile da controllare con quei numeri di partecipazione e quel circuito di 5,4 chilometri che dovevi affrontare ben 23 volteĀ».
La grande scuola della Scrigno
Rileggendo le cronache dellāepoca, Roma accolse la carovana del Liberazione con una mattinata imbronciata. Aveva piovuto fino a mezzāora prima del via e le strade erano viscide, figurarsi i famosi sampietrini che costellavano parte del circuito.
Casarotto, con 4 vittorie nellāanno precedente in maglia Fis-Parolin, si era guadagnato il passaggio di categoria alla Scrigno-Gaerne di Bruno Reverberi e Enrico Paolini: āUna scuola che concede spazio ai giovani ā scrisse al tempo Gino Sala su LāUnitĆ , il giornale che da sempre sosteneva la manifestazione ā dove tutti sono capitani e tutti sono gregari, dove si può crescere senza assilli, dove la parola dāordine ĆØ dare il meglio di se stessi coi metodi fondamentali del ciclismo: osare per imparare per crescere con lāarma del coraggio e della fantasiaā.
A rileggere oggi quelle parole, in unāepoca dove il ciclismo consuma tutto e subito, sembra preistoria, anche se Reverberi (gliene va dato atto) la sua ricetta non lāha mai cambiata.
Ā«Eravamo in 4 a gareggiare ā ricorda Casarotto ā Rossato con cui avevo condiviso tutto sin da dilettante, Conte, Guidi ed io. Tutti abbiamo avuto una proficua carriera fra i proā e poi come tecnici. Lāanno prima avevo corso per aiutare Rossato, ma quellāanno la corsa si mise in modo da favorire me. Ero al top, avevo fatto la Tirreno-Adriatico e portato a termine la Milano-Sanremo e quelle fatiche mi avevano dato una condizione super. I proā non erano tanti perchĆ© nello stesso giorno cāera il Giro dellāAppennino. Le squadre italiane avevano preferito andare sul sicuro, sapendo che il Liberazione era una lotteriaĀ».
Abdujaparov rimase nelle retrovie
Il terreno viscido fece vittime, giĆ allāinizio una maxicaduta favorƬ la fuga. Pochi avrebbero pensato che giĆ allāinizio il Liberazione si sarebbe parzialmente deciso. Quella fuga con Montanari, Zattoni, Moreni e Casarotto sarebbe andata in qualche modo in porto. Ma per Casarotto non fu tutto semplice.
I quattro avevano guadagnato un vantaggio enorme, quando superi i 5 minuti su quel percorso significa quasi essere vicini al doppiaggio, che avrebbe reso pressochĆ© impossibile il lavoro dei contagiri. Non che il gruppo non avesse provato a reagire, ma si era spezzato in più tronconi. In fondo era rimasto il favorito della vigilia, lāuzbeko Abdujaparov dalla volata mortale, ma senza compagni di squadra in grado di aiutarlo. Casarotto collaborava con gli altri, ma a un certo punto dovette pagare pegno.
Una caduta, una ferita alla gamba destra, ma con lāadrenalina che scorreva in corpo era il meno. Il fatto era che il suo telaio era spezzato in due e a guardarlo un brivido scorse lungo la sua schiena. Non cāera tempo per pensarci, Casarotto risalƬ sulla seconda bici e si lanciò allāinseguimento.
La superiorità del più forte
Uno contro tre, ma certe volte ĆØ da questo che si vede la superioritĆ . Non solo il portacolori della Scrigno riprese gli avversari, ma con due scatti sbriciolò la loro resistenza, chiudendo primo con 9ā su Montanari e 40ā su Zattoni e Moreni. Gli altri ben più lontani, annichiliti dal portacolori di un vento nuovo che soffiava sul ciclismo e che presto avrebbe cancellato di fatto il mondo dei dilettanti.
Ā«Quella vittoria ĆØ stata una delle emozioni più forti della mia vita ā ricorda oggi Casarotto ā il Liberazione al tempo era lāunica gara dilettantistica che veniva ripresa dalla Tv in diretta. La vedevo sempre e sognavo di vincerla un giorno, di entrare in un albo dāoro ricco di nomi prestigiosi. Fu un giorno straordinario e non lo dimenticherò maiĀ».
Oggi il Liberazione, dopo essere passato di mano e essere stato fermo per due anni, sta cambiando pelle, ma resta la gara di riferimento per gli under 23, proprio la categoria che esordƬ nel 1996.
Ā«Io dico che ci metterĆ poco a tornare agli antichi fasti – chiude Casarotto – Roma ĆØ un palcoscenico difficile, ma nessuno può avere il suo fascino. Guardate quel che ĆØ successo anche dopo, ha sempre vinto un corridore valido, da Goss che trionfò alla Sanremo a Trentin, da Albanese fino a Gazzoli primo questāanno. Ho letto dei progetti che ha il nuovo organizzatore e sono sicuro che il Liberazione tornerĆ ad essere il vero mondiale di primaveraĀ».