De Jong 2020

Una vittoria, un sorriso. La storia di Thalita De Jong

06.10.2021
5 min
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Ci sono vittorie e vittorie. Ci sono successi che accogli facendo il pazzo, rotolandoti fra fango e lacrime e ci mancherebbe, visto il valore della prova. Ce ne sono altri che, guardando l’autore, pensi che valgano come qualsiasi altro. Ma poi riguardi quella foto, quel sorriso e capisci che dietro di esso c’è un mondo, c’è una storia che vale la pena di raccontare, facendoti interprete in prima persona non solo delle parole, ma anche e soprattutto dei sentimenti. E’ la storia di Thalita De Jong.

Ciao, mi chiamo Thalita De Jong, sono nata il 6 novembre 1993. Ho appena vinto il Grote Prijs Beerens, una piccola classica belga. Ma per me non è piccola, per me vale un mondo, è come un regalo di Natale anticipato, perché dietro di essa solo io posso sapere che cosa c’è, non solo in termini di fatica fisica, ma mentale. Questa vittoria è un colpo di spugna sopra una montagna di dubbi: a quest’ora avrei potuto essere lontana mille chilometri a fare chissà cosa, invece ho fatto la scelta giusta.

Pochi forse si ricordano di me. La mia storia inizia come tante altre, bambina ispirata dal padre appassionato di bici che non perdeva un’occasione (o meglio una domenica) per uscire con gli amici in sella e andare a scoprire il mondo, tra una birra e una pedalata, un panino e una risata. Mi piaceva quel senso di libertà: lui non ha mai visto la bici come strumento di gara, io invece avevo voglia di confrontarmi con le mie coetanee, anche se la bici che avevo era proprio vecchia…

De Jong Europei 2016
Il momento più bello nella carriera di Thalita De Jong: nel 2016 in Francia conquista l’Europeo di ciclocross
De Jong Europei 2016
Il momento più bello nella carriera di Thalita De Jong: nel 2016 in Francia conquista l’Europeo di ciclocross

Cercando spazio fra sprint e gomitate

Ho imparato ad andare in bici in sella alla Mtb, mi divertivo un mondo nei boschi vicino casa, ma le prime gare le ho fatte su strada: prima gara, prima vittoria. Presto però ho capito che fra le due discipline ce n’era una terza che era una via di mezzo, il ciclocross e lì riuscivo a esprimermi al meglio.

La mia crescita è stata rapida, mi sono fatta spazio tra sprint e gomitate in un ambiente che più forte non poteva essere: la nazionale olandese. All’inizio del 2016 conquisto il titolo mondiale per Under 23, alla fine dell’anno vinco addirittura il titolo europeo assoluto. E’ tutto bellissimo, troppo…

Gennaio 2017: sono in Lussemburgo, mi sto preparando per difendere il titolo iridato, correndo per l’ultima volta nella mia categoria. In allenamento cado, come tante altre volte, se vai in bici ti ci abitui. Ma questa volta non è come le altre, lo capisco subito. La gamba non va. Il ginocchio fa un male cane. Niente Mondiale, ma pazienza. Torno a casa, i controlli dicono che si è lacerato il muscolo. Dovrò riposare, ma poi si riprende. Sarà facile, mi dicono. Sì, certo…

De Jong Ceratizit 2021
Il primo vero segnale di ripresa per la De Jong, al Ceratizit Festival 2021
De Jong Ceratizit 2021
Il primo vero segnale di ripresa per la De Jong, al Ceratizit Festival 2021

Un abisso profondo 3 anni

In bici ci torno, anche abbastanza presto e l’anno non va neanche male, 26 giorni di gara, 4 volte in Top 10, mi faccio quasi tutte le classiche del Nord. Mi accorgo però che qualcosa non va: dovevo spaccare il mondo invece finisco sempre più dietro. Se fossi su un palcoscenico io, da aspirante prima ballerina, finisco dietro, sempre più dietro, fino a uscire dal palco.

Nel 2018 le prime gare sono un calvario, poi da metà aprile non corro più, per un anno e mezzo. Il fisico non funziona, non risponde, anzi no, diciamola tutta, quel che non va è la testa, non sento più dentro di me il sacro fuoco. O forse è il fisico, la gamba non è tornata come prima. O forse… Mi sento strattonata da una parte all’altra, preda dei dubbi, forse è il caso che abbandoni e inizi a vivere un’altra vita, a cercare il mio destino altrove.

Le settimane diventano mesi e i mesi anni, poi arriva la pandemia che tiene tutti a casa. Eppure, in fondo all’anima c’è quella vocina che mi dice di non mollare, qualcosa accadrà. E qualcosa accade: ho trovato un nuovo team, lo Chevalmeire, piccolo ma fatto da gente che mi ricorda vincente e crede in me. E allora riproviamoci, ancora una volta. Per la vita c’è tempo, ho solo 27 anni e non voglio andarmene prima di aver dimostrato che posso ancora dare qualcosa.

De Jong Beerens 2021
L’immagine più bella: la De Jong sul podio del GP Beerens, tra Faber (LUX) terza e Schweinberger (AUT) seconda
De Jong Beerens 2021
L’immagine più bella: la De Jong sul podio del GP Beerens, tra Faber (LUX) terza e Schweinberger (AUT) seconda

Ancora qualcosa da dire

Nel 2021 ricomincio a pedalare in mezzo al gruppo ed è già molto. Pian piano la condizione cresce, arriva anche qualche risultato, al Ceratizit Festival Elsy Jacobs vinco addirittura la classifica della montagna, non manca poi tanto. Il 6 giugno però arriva un’altra caduta e il responso potrebbe essere impietoso: frattura di una vertebra, molto peggio dell’altra volta. Eppure non è così: riposo le 12 settimane prescritte, prima assoluto e poi riprendendo piano piano e a settembre torno in gara. Al secondo giorno sono già sul podio, finisco sempre avanti in classifica fino a questo giorno, a questa vittoria. A questo sorriso, che tanto mi è costato.

Molti mi chiedono come ho fatto a non mollare: mi sono appoggiata alle piccole cose, ho frequentato gli amici veri, ho cercato di non pensarci più e proprio quando la bici sembrava un amore del passato, ho sentito che quell’amore era troppo importante per me e mi ha pervaso come prima. Ora sono qui, su questo palco senza sapere che cosa dovrà riservarmi ancora il destino ma poco importa. Ci sono, qui, ora. E’ tutto quel che conta…