Una serie limitata che omaggia il Tour of the Alpscon una replica della maglia ufficiale di leader della classifica generale. Alé ha creato in sinergia con SPORTLER BIKE, sponsor ufficiale della corsa, un kit composto dalla TotA 2023, dal cappellino e un copricollo. Tutti colorati ovviamente di verde con una grafica strizza l’occhio alle spigolose cime delle montagne attraversate dal percorso.
Cura dei dettagli e tecnicità per qualsiasi sfida
Maglia a manica corta
Una maglia ambita dai pro’ che battaglieranno ad aprile sui passi mitici delle salite toccate dal Tour of The Alps. Grazie a questa collaborazione tra SPORTLER e Alé, l’ambizione diventa realtà anche per gli appassionati. Sarà infatti possibile acquistare la maglia e vestirla per affrontare le proprie uscite. Il capo è a manica corta leggera, appartiene alla linea PR-R, riferimento Alé per l’abbigliamento custom, ed è realizzata in tre tessuti differenti.
Il corpo, in Double-Face, mantiene la traspirazione e l’asciugatura in perfetto equilibrio. Le maniche a taglio vivo consentono un’aderenza perfetta senza costrizioni. Infine le bande laterali in mesh donano una maggior ventilazione e leggerezza. Dettagli che regalano alla maglia una termoregolazione costante a seconda dell’intensità dello sforzo. Le taglie disponibili vanno da S a 2XL. La TotA è acquistabile sul sito SPORTLER ad un prezzo di 89,95 euro. E’ possibile trovarla anche presso lo SPORTLER Bike Bolzano, lo SPORTLER Bike Peschiera e i punti vendita SPORTLER DI Treviso, Innsbruck, Trento e Brunico. Durante il Tour of The Alps sarà possibile acquistarla presso i villaggi di partenza e arrivo della corsa.
Tecnica e pratica, la TotA è la maglia dei pro’Il copricollo con svariate possibilità di utilizzo in un solo capoIl cappellino è un valido compagno di viaggio per tutte le stagioniTecnica e pratica, la TotA è la maglia dei pro’Il copricollo con svariate possibilità di utilizzo in un solo capoIl cappellino è un valido compagno di viaggio per tutte le stagioni
Cappellino e copricollo
A rendere il kit ancora più immersivo e a un passo dai pro’, ci sono i due accessori che riprendono il colore e la grafica della maglia ufficiale. Il primo è il copricollo in microfibra elasticizzata molto leggera e compatta, piacevole al contatto con la pelle. Il tessuto è traspirante e si asciuga molto rapidamente. Può essere indossato come sciarpa, maschera per il viso, protezione solare, foulard o sotto il casco. Il prezzo è di 19,95 euro.
Si aggiunge alla collezione in edizione limitata c’è il cappellino in cotone ideale per proteggersi dal sole ma anche come protezione aggiuntiva sotto il casco. Realizzato con un tessuto che ne garantisce leggerezza e una naturale traspirabilità ovunque ci si trovi. Ideale anche per impedire l’entrata degli insetti, la visiera è regolabile per un ulteriore protezione dai raggi solari. Il prezzo è di 24,95 euro.
A completare la linea replica del Tour of the Alps ci sono i pantaloncini TotA. Un modello che offre equilibrio tra comfort e prestazioni. La leggerezza e la resistenza di questo pantalone sono le sue caratteristiche principali. Il prezzo è di 99,95 euro.
La tappa di Lana, regala uno show basco. Pello Bilbao capitano, Landa gregario. E Pellizzotti racconta questo equilibrio basato su amicizia e gambe forti
Giovanni Carboni è ripartito, già da settembre della scorsa stagione, dalla Kern Pharma, team professional spagnolo. Il corridore di Fano aveva trovato continuità in vista del 2023, pronto a ripartire. Non tutto però è andato nel verso giusto, Carboni dopo le prime gare tra Spagna e Oman, si trova in questi giorni sul Teide…
Il calendario di Carboni è iniziato con la Valenciana, poi Tour of Oman e Gran Camino, tanti chilometri per crescere di condizioneCarboni ha iniziato con la Valenciana, poi Tour of Oman e Gran Camino, tanti chilometri per crescere di condizione
L’incidente
L’obiettivo era lavorare con la squadra in vista dei prossimi impegni, gli allenamenti però sono stati interrotti da un macchina, che nel parcheggio dell’hotel in cima al vulcano ha deciso di mandare a terra il povero Carboni.
«Per entrare nell’hotel c’è una strada secondaria – racconta – con dei parcheggi a sinistra. La vettura in questione si è fermata ed io ho pensato che stesse per svoltare a sinistra ed entrare nei parcheggi, così sono passato a destra. Il passeggero ha aperto inavvertitamente la portiera e io nell’evitarla sono finito a terra. Mi sono fatto una “bella” notte in ospedale venerdì, i medici pensavano mi fossi rotto la rotula, per fortuna si tratta solamente di un ematoma. In compenso mi sono ritrovato con sette punti in volto, non ho capito bene in che modo me li sono procurati.
«Il ginocchio sta meglio – prosegue – oggi (lunedì, ndr) il fisioterapista mi ha detto che possiamo iniziare con un po’ di riabilitazione. Meglio perché non mi sono rotto nulla, ma sicuramente una settimana di allenamento la perderò. Non il modo migliore per iniziare, anzi proseguire la stagione. Anche perché nel frattempo, in ospedale, mi sono preso un virus gastrointestinale. Dovevo rimanere in ritiro con la squadra fino al 17 marzo e dal 19 avrei ripreso a correre con focus sui Paesi Baschi e sul Tour of the Alps».
Arrivato sul Teide venerdì per allenarsi in vista dei prossimi impegni, il giorno stesso l’incidente che lo ha rallentato (foto Instagram)Arrivato sul Teide venerdì per allenarsi in vista dei prossimi impegni, il giorno stesso l’incidente che lo ha rallentato (foto Instagram)
La nuova squadra
Nonostante questo non sia un momento propriamente roseo, parliamo volentieri con Carboni. L’intento è quello di sbirciare all’interno della professional spagnola. Un mondo che abbiamo avuto poche opportunità di vedere da dentro, il marchigiano sarà il nostro “infiltrato”.
«Mi sono buttato in questa avventura – dice Carboni – ho trovato un ambiente piccolo, ma di grande umanità. E’ un team con una mentalità buona e con tanta professionalità. Mi trovo bene qui soprattutto per questo, capiscono il corridore e si lavora su tutti gli aspetti: dalla preparazione ai materiali. Le bici Giant sono le stesse usate dalla Jayco-AlUla, chiaramente il team WorldTour ha la priorità nella fornitura dei materiali ,ma a noi non manca nulla».
Il marchigiano è approdato alla Kern Pharma nel settembre del 2022Il marchigiano è approdato alla Kern Pharma nel settembre del 2022
Culture simili
Spagna e Italia sono caratterizzate da culture e tratti sociali, simili. Le differenze, come logico che sia, ci sono e con Carboni proviamo ad addentrarci in queste.
«Come ambiente mi sembra davvero similare all’Italia su molti aspetti – parla Carboni – ci sono ovviamente delle differenze. Devi essere, in primo luogo, pronto ad imparare la lingua. Io ho iniziato a studiare spagnolo per capire meglio i compagni e tutto lo staff. Serve per entrare meglio nei meccanismi perché a volte rischi di rimanere fuori dai legami. Anche se gli spagnoli, per indole, sono molto inclusivi. All’interno dell’ambiente squadra non c’è stress, si guarda più alla prestazione che al risultato. In gara, non si corre con l’eccessiva foga che a volte ho trovato in Italia, si ha più testa.
«Sono stato molto in Spagna in questi primi mesi, più per esigenza del team, visto il calendario. Dopo il debutto alla Valenciana avevamo solo pochi giorni prima di partire per l’Oman, così sono rimasto lì. Allo stesso modo, prima di iniziare il Gran Camino ho alloggiato a Pamplona, dove c’è la sede del team. In Spagna ho notato una grande cultura della bici e più rispetto per il ciclista rispetto all’Italia. Il clima è simile a quello di casa, forse leggermente più caldo».
Con i compagni c’è un buon feeling, la squadra è molto aperta e si corre senza troppo stress (foto Instagram)La bici è la stessa in dotazione al team World Tour Jayco AlUla (foto Instagram)Con i compagni c’è un buon feeling, la squadra è molto aperta e si corre senza troppo stress (foto Instagram)La bici è la stessa in dotazione al team World Tour Jayco AlUla (foto Instagram)
Calendario
Carboni, nonostante il momentaneo stop, ha corso molto in questo inizio di stagione. La Kern Pharma ha preso parte a molte corse, sia di prima che di seconda fascia. Un calendario pieno nonostante sia una professional.
«Personalmente – riprende – ho svolto solo gare a tappe, mi servivano per alzare i giri del motore in vista delle prossime. Anche se questo stop un po’ rimescolerà le carte in tavola, spero di riuscire a partecipare comunque a Paesi Baschi e Tour of the Alps. Nonostante la Kern Pharma sia una professional, ha comunque una buona programmazione, poi chiaramente ci sono delle corse alle quali dovremo attendere l’ufficialità dell’invito.
«La squadra però ha una grande considerazione, non solo in Spagna. ASO la vede di buon occhio ed è spesso invitata alle corse francesi, grazie a questo nella prima parte di stagione abbiamo fatto costantemente doppia attività. In più, come detto prima questo bel rapporto con ASO ci permette di prendere parte anche a gare importanti nelle Ardenne. Siccome la Kern Pharma è uno dei migliori team spagnoli, siamo sempre in lizza per partecipare alla Vuelta».
Carboni (secondo da sinistra) è l’unico italiano del team, si è messo a studiare lo spagnolo per entrare meglio nei meccanismiCarboni (secondo da sinistra) è l’unico italiano del team, sta studiando lo spagnolo per interagire meglio con compagni e staff
Sponsor e team
I dettagli differiscono non poco da quello che siamo abituati a vedere, le parole di Carboni ce lo confermano. Tutto ciò passa anche dall’atteggiamento dei manager e dello sponsor stesso.
«L’organizzazione è elevata – replica Carboni – ma non si guarda solo allo sport, ma anche alla persona. L’opinione del corridore viene presa in considerazione ed ha un peso. Ogni decisione è condivisa, un dettaglio fondamentale nel ciclismo, ma anche nello sport in generale. Negli ultimi anni lo stress è aumentato tanto, bisogna avere il piacere di fare determinate cose. Altrimenti, come si è visto, si fa sempre più fatica a fare il corridore.
Un esempio, da questo punto di vista, arriva dallo sponsor stesso: Kern Pharma. La prima volta che ho conosciuto l’amministratore delegato dell’azienda, nel presentare il nuovo anno ha voluto specificare che la prestazione conta, ma fino ad un certo punto. La sua vittoria sarebbe quella di vederci di nuovo tutti a gennaio 2024, questo vorrebbe dire che tutti si è stati validi, seri e si è fatto un anno all’altezza. Uno sponsor che parla in questi termini e non esclusivamente di vittoria mi ha sorpreso, in Italia non ero abituato di certo in questo modo. Da noi si parla solo di vincere, qui no e anche per questo sono contento della mia scelta».
Anno tutto storto per Carboni, marchigiano della Bardiani-Csf. Dopo il Giro si è rifugiato fra gli ulivi. E ora ricostruisce la base in mountain bike sui suoi monti
Lo scorso 4 novembre nell’elegante location della Sala Buzzati di RCS Sport a Milano è stata presentata l’edizione 2023 del Tour of The Alps, in programma dal 17 al 21 aprile. Partenza da Rattenberg in Tirolo e arrivo a Brunico in Alto Adige dopo 5 tappe e 752 chilometri. Nell’occasione è stata ufficializzata una partnership davvero importante che legherà per i prossimi anni il Tour of The Alps a SPORTLER, realtà di riferimento per tutti gli appassionati di sport, ciclismo compreso. Da oggi due eccellenze legate alle Alpi si incontrano dando sostanza a quello che è il payoff di SPORTLER: “Best in the Alps”.
SPORTLER affiancherà il Tour of the Alps nell’edizione 2023SPORTLER affiancherà il Tour of the Alps nell’edizione 2023
La casa degli sportivi
Da 45 anni SPORTLER può essere considerata a buon diritto la “casa degli sportivi” con i suoi punti vendita in grado di offrire il meglio in termini di prodotti dedicati alle principali discipline sportive, dal running al fitness fino ad arrivare agli sport invernali. Un ruolo di primo piano spetta naturalmente al ciclismo, come conferma la recente apertura di due mega-store “SPORTLER Bike” a Peschiera del Garda e Bolzano, entrambi dedicati esclusivamente alla bicicletta in tutte le sue declinazioni.
A confermare il forte interesse verso il mondo del ciclismo da parte di SPORTLER è Jakob Oberrauch, CEO dell’azienda con sede a Bolzano: «La nostra passione per la bici – ha dichiarato – arriva da lontano e da qualche anno, con la nostra insegna SPORTLER Bike, abbiamo deciso di impegnarci sempre di più per aggiungere nel mondo a due ruote anche la nostra voce, con professionalità, specializzazione e con il desiderio di attirare e coltivare una community di bike lovers.
«Per noi di SPORTLER – ha aggiunto – bici è sinonimo di sostenibilità, movimento, territorio e community e crediamo fortemente nel creare partnership e relazioni con fornitori e operatori del settore coi quali condividere la nostra passione e questi valori per noi fondamentali con lo scopo di rispondere ai nostri criteri di anima premium con prodotti, consulenza e servizi di qualità.
« Il Tour of the Alps – ha concluso – si presta a regalare ancora una volta uno spettacolo ciclistico di primo livello attraverso i nostri meravigliosi paesaggi e noi non potevamo non essere in prima fila a fianco di tutti gli appassionati ciclisti in un momento che coniuga così bene l’aspetto competitivo e atletico con il territorio».
L’interno del negozio SPORTLER a BolzanoL’interno del negozio SPORTLER a Bolzano
Un percorso condiviso
Nelle intenzioni di SPORTLER e Tour of The Alps, la nuova collaborazione vuole essere un vero e proprio percorso condiviso, imperniato su esperienze da vivere insieme e su iniziative di co-marketing. A partire dal prossimo mese di gennaio nei punti vendita SPORTLER di Innsbruck, Treviso e Brunico e nei megastore di Bolzano e Peschiera, sarà possibile trovare materiali visual e informativi per entrare nell’universo Tour of the Alps. I canali digital e le newsletter di Sportler daranno poi il loro supporto alla comunicazione delle novità e delle iniziative messe in atto dal Tour of the Alps. Altre iniziative sono al momento allo studio.
Chiudiamo con il pensiero di Maurizio Evangelista, General Manager del Tour of the Alps: «L’approdo di SPORTLER nel panel dei nostri partner è un segnale molto importante. Non solo perché si tratta di un’eccellenza Euroregionale che vede nel nostro progetto una piattaforma perfetta per comunicare il suo brand e i suoi valori, ma perché parla della credibilità che la industry dello sport attribuisce ormai al marchio e alla formula Tour of the Alps. Crediamo esistano i presupposti per rendere questa collaborazione un grande laboratorio di iniziative. Sentiamo che il nostro entusiasmo è condiviso dai vertici di SPORTLER, e per noi non potrebbe esserci un inizio migliore».
Lenny Martinez, primo anno da U23 e vincitore del Lunigiana 2021, ha partecipato al Tour fo the Alps accanto a Pinot. Terzo tra i giovani. Il suo racconto
Quello che è andato in scena ieri a Milano, durante la presentazione del Tour of the Alps 2023, è stato il confronto fra due modi di intendere il ciclismo. Alla presenza di Mauro Vegni, organizzatore del Giro d’Italia, il tema è venuto fuori da sé. Poi è rimasto sotto traccia, forse perché non era quella la sede idonea per un approfondimento.
Il Tour of the Alps – si legge nel comunicato ufficiale – ha infatti affermato un proprio modo di interpretare il ciclismo. Salite, dislivelli importanti ma senza altitudini estreme, brevi chilometraggi e trasferimenti ridotti al minimo. Così si può sintetizzare la “Formula TotA”, premiata dall’apprezzamento di campioni e squadre – prova ne sia il nutrito contingente World Tour schierato al via anno dopo anno – oltre che dall’entusiasmo di un pubblico sempre più vasto e internazionale.
Rohregger, Evangelista, Rossini, Giacomo Santini, Pichler: il motore operativo del Tour of the AlpsRohregger, Evangelista, Rossini, Giacomo Santini, Pichler: il motore operativo del Tour of the Alps
La formula ToTa
Il Tour of the Alps partirà il 17 aprile 2023 dall’Austria e si concluderà il 21 in Alto Adige. Le cinque tappe propongono un modello moderno e avvincente, in cui lo spettacolo e i corridori sono prepotentemente al centro della scena. Lunghezza media delle tappe di 150,52 chilometri: la più breve di 127,5 mentre la più lunga ne misura 165,2. Ciascuna tappa del Tour of the Alps parte a metà mattinata, per concludersi nel primo pomeriggio. Una volta anche il Giro faceva così. Poi le esigenze televisive hanno fatto passare in secondo piano le esigenze degli atleti. Per cui le tappe partono all’ora di pranzo e si concludono sul far della sera, con tutte le problematiche connesse.
«Credo che per una corsa di una settimana – ha spiegato Giuseppe Saronni – la formula tecnica del Tour of the Alps rappresenti la soluzione ideale. C’è brillantezza, c’è spettacolo tutti i giorni. Il Tour of the Alps propone percorsi da ciclismo moderno. E’ corsa per scalatori, non c’è dubbio, e gli atleti la affronteranno con intensità dall’inizio alla fine».
La planimetria generale del Tour fo the Alps: 5 tappe con partenza dall’AustriaL’altimetria generale fa vedere che non ci sono tappe per velocisti: si parla solo di scalatori1ª tappa, Rattenberg-Alpbach: 127,5 chilometri2ª tappa, Reith im Alpbachtal-Renon: 165,2 chilometri3ª tappa, Brentonico-San Valentino: 162,5 chilometri4ª tappa, Rovereto-Predazzo: 152,9 chilometri5ª tappa, Cavalese-Brunico: 144,5 chilometriLa planimetria generale del Tour fo the Alps: 5 tappe con partenza dall’AustriaL’altimetria generale fa vedere che non ci sono tappe per velocisti: si parla solo di scalatori1ª tappa, Rattenberg-Alpbach: 127,5 chilometri2ª tappa, Reith im Alpbachtal-Renon: 165,2 chilometri3ª tappa, Brentonico-San Valentino: 162,5 chilometri4ª tappa, Rovereto-Predazzo: 152,9 chilometri
Qualità e quantità
Probabilmente la modernità non c’entra affatto: il ciclismo è ciclismo e basta. Tuttavia è un dato di fatto che la progressiva riduzione delle distanze di gara negli ultimi tempi abbia prodotto lo spettacolo maggiore. Un orientamento nato dalla Vuelta, che non ha però rinunciato ai suoi tanti arrivi in salita, poi ripreso dal Tour. La tappa più spettacolare dell’ultima edizione, quella del Granon e del crollo di Pogacar, misurava appena 151,7 chilometri. Anche nella prossima edizione le tappe più brevi saranno quelle con l’arrivo in salita.
«Il Tour of the Alps – ha detto Davide Cassani, presente in sala – ha trovato una forte identità, grazie ai percorsi impegnativi che contraddistinguono i territori. A questa gara non si arriva per prepararsi, ma per vincere. L’inizio della prima tappa non sarà morbido e già da qui si potrà capire chi potrebbe essere il favorito della gara. In generale le corse rispetto a un tempo sono molto più spettacolari e questo perché si punta maggiormente alla qualità, rispetto alla quantità. Bisogna puntare a offrire corse che siano belle da vedere, proprio come il Tour of the Alps».
Saronni ha fatto notare che le 5 tappe complessive permettono al ToTa una formula accattivante (foto Podetti)Per Cassani non ci sono più corse di preparazione, ma corse cui si va per vincere: il ToTa non fa eccezione (foto Podetti)Saronni ha fatto notare che le 5 tappe complessive permettono al ToTa una formula accattivante (foto Podetti)Per Cassani non ci sono più corse di preparazione, ma corse cui si va per vincere: il ToTa non fa eccezione (foto Podetti)
Tivù, croce e delizia
Le tre settimane dei grandi Giri non si toccano e così pure i tapponi, su questo siamo d’accordo. Eppure le tappe troppo lunghe sembrano noiose, al punto di chiedersi se i corridori di una volta fossero davvero più battaglieri. La risposta probabilmente è no, tanto che le tappe leggendarie ricorrono in un numero limitato di racconti e il resto rimane nelle statistiche.
Quel che fa la differenza è la copertura televisiva. La diretta integrale mostra anche i momenti di presunta… fiacca, risulta soporifera e costringe i cronisti spesso a vere maratone. Ne abbiamo davvero bisogno? Quei chilometri sono alla base del cumulo di fatica che nei finali avvantaggia i corridori più solidi, ma non sono spettacolari. Si ha modo finalmente di apprezzare il lavoro dei gregari, ma lo spettacolo della corsa è quello dei finali. Né si può pretendere che si vada a tutta dalla partenza all’arrivo nel nome dello spettacolo.
E’ corretto che la televisione diventi la discriminante per la modifica dei percorsi e della loro lunghezza? E’ corretto che costringa gli atleti a barbari orari di corsa? Si comprende il costo dei diritti, ma la risposta è no.
Secondo Vegni sono le grandi distanze fra Nord e Sud a costringere il Giro a tappe molto lungheSecondo Vegni sono le grandi distanze fra Nord e Sud a costringere il Giro a tappe molto lunghe
«Per quello che propone dal punto di vista tecnico – ha commentato Mauro Vegni – il Tour of the Alps mette in luce i corridori veri e anche coloro che potranno pensare di presentarsi con ambizioni al Giro d’Italia qualche settimana dopo. Un identikit del prossimo vincitore? Sarà un campione assoluto, un grande scalatore. Quanto al Giro, l’esigenza di tappe più lunghe deriva dal fatto che l’Italia è allungata al centro del Mediterraneo. Per coprire il più elevato numero di regioni, non si possono fare tappe troppo brevi».
Le tappe di montagna del prossimo Giro sono tutte intorno ai 200 chilometri. Non sarà questo spauracchio a indurre i corridori a condotte meno garibaldine, in attesa dell’ultima salita?
Obiettivo sicurezza
E così il Tour of the Alps si gode il momento e va avanti nel segno della sua filosofia. Al suo fianco, Trentino Marketing ela partnership entusiasta con gli omologhi del Sud Tiroloe del Tirolo Austriaco, orgogliosi di dare la partenza alla corsa.
«Intendiamo proseguire – ha detto Maurizio Evangelista, General Manager (foto di apertura) – su una direzione tecnica che incarna la modernità del ciclismo. Il ciclismo di oggi è decisamente più spettacolare rispetto a quello del passato e si è spostata anche l’asse della carriera di un corridore. Ci saranno sempre più atleti precoci ed è giusto dar loro grandi sfide con le quali confrontarsi».
«Fra i capisaldi per noi – ha proseguito – c’è il tema della sicurezza. All’interno del nostro team organizzativo, è presente un nucleo tecnico che lavora tutto l’anno su questa tematica».
Fra le note più toccanti della presentazione, c’è stato l’intervento di Sonny Colbrelli. Il video ha mostrato un uomo ancora alle prese con una scelta di vita importante e dolorosa, ma sempre innamorato pazzo della bici e del ciclismo. Sonny in Trentino ha vinto il suo titolo europeo e nel raccontarlo aveva gli occhi lucidi. Probabilmente, neanche noi siamo pronti a restare senza di lui.
Giovanni Ellena è il diesse della Androni Giocattoli-Sidermec e ci racconta in che modo la squadra sia passata dall'esclusione al ripescaggio per il Giro
Con l’arrivo di giugno l’estate bussa alle porte, invogliandoci ad uscire e ad esplorare posti nuovi. Se a questa voglia di scoprire ed assaporare nuovi territori si aggiunge la passione per i pedali, la combo è presto fatta e l’estate prende un nuovo gusto. Uno dei tanti posti ai confini del nostro Paese che meritano di essere visitati è il Tirolo, da sempre amico della bici e meta di tanti appassionati da tutto il mondo.
Il Tirolo è un territorio ricco di posti da scoprire in sella alla propria bici Il Tirolo è un territorio ricco di posti da scoprire in sella alla propria bici
La bellezza dei paesaggi
E’ impossibile non rimanere affascinati dai colori delle montagne del Tirolo, chiunque decida di mettersi sui pedali per esplorarlo viene rapito da questi colori. C’è posto per tutti, dagli amatori ai professionisti, ognuno con il suo passo, in sella alla propria bici si potrà godere l’estate tirolese.
Il Tirolo è teatro, da 5 anni, del Tour of the Alps, che ogni anno va in scena ad aprile, una delle gare di avvicinamento al Giro più importanti del calendario. Si tratta di 5 tappe tutte disegnate sulle strade del Tirolo, che, in continuo sali e scendi, accompagnano i corridori per ben 719 chilometri. Una gara che conta più di 150 partecipanti e con molti team WorldTour pronti a darsi battaglia. L’edizione 2022 ha parlato francese, con la vittoria di Romain Bardet in maglia DSM.
Contornato da montagne bellissime e dai colori sempre vivi Contornato da montagne bellissime e dai colori sempre vivi
Non solo pro’
Il Tirolo racchiude tante possibilità di divertirsi in sella alla propria bici, non serve essere professionisti per godere di questo territorio e dei suoi paesaggi.
Uno degli eventi più importanti è la Dreiländergiro che si terrà il 26 giugno, dove 3.000 ciclisti rendono questa manifestazione una delle più grandi gare di ciclismo amatoriale in Europa. Nel 2022 si svolgerà già la 28esima edizione di questa granfondo che passa per l’Austria, l’Italia e la Svizzera percorrendo 120 chilometri e superando un dislivello di 3.000 metri. Il clou per gli atleti è il Passo dello Stelvio, una delle strade di passo più spettacolari delle Alpi con i suoi leggendari 48 tornanti.
Segue pochi giorni dopo la Kitzbüheler Radmarathon in programma il 10 luglio con un percorso di 216 chilometri e 4.600 metri di dislivello. In fondo, dopo il Passo del Thurn, il Passo Gerlos e la sella Kerschbaumer Sattel, resta ancora da affrontare la salita sul Kitzbüheler Horn.
Le ultime due manifestazioni in programma per gli amanti del ciclismo su strada saranno la Arlberg Giro e la Oetztaler Radmarathon, rispettivamente il 31 luglio ed il 28 agosto. Anche in questo caso saranno le salite ad essere protagoniste.
Il bello del Tirolo è andare alla scoperta dei suoi tanti villaggi girandoli in biciIl bello del Tirolo è andare alla scoperta dei suoi tanti villaggi girandoli in bici
Spazio alle ruote grasse
Chi preferisce perdersi tra sentieri sterrati e boschi in compagnia della propria mountain bike non deve temere: il Tirolo riserva tanti eventi anche per voi.
Dal 18 al 25 giugno si terrà la KitzAlpBike, dove tutto ruota intorno alla mountain bike. Qui si svolgerà infatti il più spettacolare festival di MTB austriaco, il KitzAlpBike, con numerose competizioni ed eventi collaterali, tra cui la HILLclimb, la Mountain Bike Marathon, il Windautaler Radlrallye e gli E-Bike Days. Sono benvenuti alla 26esima edizione dell’evento tanto i corridori amatoriali e i professionisti, quanto i numerosi spettatori che potranno contare su un grande evento in uno scenario spettacolare.
Ad agosto si terrà il leggendario Ischgl Ironbike, esattamente il 3. Si tratta di una delle maratone di mountain bike più toste d’Europa, che da quest’anno si svolgerà ancora una volta sotto forma di un festival di mountain bike di più giorni. Ci saranno anche tanti eventi laterali, come l’Ischgl Alpenhaus Troph, una scalata in notturna ed una caccia alla volpe in e-bike.
Non solo strada, il Tirolo è anche “amico” della mountain bike, qui le foto della KiltzAlpeBike (foto KiltzAlpeBike) Non solo strada, il Tirolo è anche “amico” della mountain bike, qui le foto della KiltzAlpeBike (foto KiltzAlpeBike)
Possibilità di noleggio
Il nuovo sistema di noleggio BIKE TIROL permette di prenotare, noleggiare e restituire mountain bike ed e-bike in Tirolo in modo semplice, digitale e completamente automatico. La piattaforma, realizzata come app, è stata realizzata in collaborazione con i partner ÖBB, VVT, InnBike, Tirol Werbung e Communalp. Questa nuova offerta per il tempo libero, che si rivolge sia agli abitanti del luogo che ai turisti, rappresenta un passo importante per la promozione della mobilità nel turismo.
Il punto di noleggio è situato nei pressi delle stazioni ferroviarie o nelle immediate vicinanze, al fine di garantire il collegamento ottimale ai trasporti pubblici. Le tariffe giornaliere per il noleggio partono da 35,90 euro.
Il Giro d’Italia è alle porte e presto catalizzerà tutta l’attenzione. Tuttavia vogliamo soffermarci ancora un po’ sul Tour of the Alps. La corsa transfrontaliera ci ha colpito per la sua crescita e la sua buona organizzazione. Ci siamo chiesti sin dove può arrivare.
Le sirene del WorldTour, con un evento del genere, possono risuonare da un momento all’altro. Abbiamo fatto il punto con Maurizio Evangelista, general manager della corsa.
Garibaldi curatissimo: non solo nozioni tecniche, ma anche storiche, di colore, turistiche dei territori attraversatiGaribaldi curatissimo: non solo nozioni tecniche, ma anche storiche, di colore, turistiche dei territori attraversati
Maurizio, una corsa davvero ben riuscita…
È un progetto impegnativo e lo rendiamo sempre più impegnativo perché cerchiamo costantemente di migliorare. Però ne vale la pena, perché è una corsa bellissima in un territorio bellissimo, con degli enti che s’impegnano e ci credono. Quindi meritano il meglio possibile.
Il vostro Garibaldi era davvero ben curato: contenuti interessanti, anche extra corsa. Ci ha colpito il messaggio di pace, tanto più in questo momento storico, della collaborazione fra diverse Nazioni e minoranze etniche…
Due Stati possono significare qualche piccolo problema burocratico in più. L’Europa unita, su certi aspetti, lo è ancora in maniera imperfetta.
Come le moto della Polizia ferme al confine e pronte quelle austriache…
Ci sono tre realtà, Trentino, Alto Adige e Tirolo (quest’anno nella zona dell’Osttirol, ndr) molto diverse tra loro. Anche perché molto diversa è la loro familiarità col ciclismo. Il primo ha una tradizione solida, gli altri due molto meno. Però devo dire che uno dei tornaconti migliori che abbiamo avuto da questo punto di vista è stato l’entusiasmo che c’è intorno al Tour of the Alps proprio da queste zone.
Oggi sembra che se non si è nel World Tour non si riesca a fare del grande ciclismo. Avete dimostrato che non è vero. Tuttavia c’è l’idea di diventare una corsa WorldTour in futuro?
Prima dell’ultima tappa ne ho parlato con il presidente di giuria. Ci ha riconosciuto grandi meriti. Allora io gli ho raccontato che non più tardi di tre settimane fa, l’Uci ci aveva inviato un form da completare che riguardava le manifestazioni che volessero candidarsi per il WorldTour.
Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps, nei giorni della corsaMaurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps, nei giorni della corsa
Quindi è un obiettivo?
Può essere un obiettivo. Però, proporre a un’organizzazione di candidarsi al WorldTour senza sapere preventivamente cosa questo comporti non è una strada giusta. E non parlo degli aspetti economici. In quel caso è sempre tutto molto chiaro. Quello che non è chiaro è: se io mi candido a WorldTour e tu, organizzazione internazionale, accetti la mia candidatura dove finisco io in calendario?
Obiezione legittima…
Questo è il punto. Noi abbiamo una collocazione nella quale la nostra corsa sta bene, ha una sua identità. Perché non ci dimentichiamo che siamo già tra due gare WorldTour e in mezzo ce n’è un’altra, la Freccia Vallone. Se questo è lo schema e noi dovessimo entrare nel World Tour, per noi sarebbe un problema. E’ insensato fare una un’eventuale procedura per il WorldTour senza sapere questo. Il problema reale quindi è il calendario. Una gara come il Tour of the Alps è una gara importante, perché ha saputo guadagnarsi un certo tipo di considerazione.
Una WorldTour mascherata, tanto più visto il parterre di quest’anno…
È evidente che questa è una gara WorldTour sotto mentite spoglie. E aggiungo, senza timore di essere smentito: è migliore di numerose gare WorldTour. Non è solo una questione di status, è una questione di costi-benefici. Fondamentalmente qual è il nostro patrimonio? La tradizione, una posizione in un calendario che non è felicissima al 100% ma è comunque buona, la credibilità, la qualità e il gradimento da parte dei corridori e delle squadre.
Cioè?
Guardate anche sui social quello che scrivono i corridori. Ciò che dicono nelle interviste. Sono apprezzamenti spontanei. Questo vuol dire che abbiamo un format che funziona.
C’è qualcosa ìda migliorare o che vorresti fosse andato diversamente?
Questa edizione è andata molto bene. Avrei voluto avere ancora più campioni alla partenza. Ma lo spostamento della Roubaix ha inciso. Uno dice: che c’entra la Roubaix con noi. Invece c’entra eccome. Lo staff delle squadre che fa tutto il primo blocco di classiche ha prolungato il suo impegno di una settimana e questo ha complicato la loro organizzazione. Il tutto con il Giro d’Italia dove servono doppi mezzi perché non ci sono i tempi tecnici per portarli dall’Ungheria alla Sicilia. Le squadre pertanto sono sotto pressione e tutto questo incastro non ci ha favorito.
Scorci unici e corridori di elevata qualità: il Tour of the Alps è servitoScorci unici e corridori di elevata qualità: il Tour of the Alps è servito
Una cosa molto positiva a nostro avviso sono stati i percorsi. Disegnati per lo spettacolo. Per assurdo la tappa che sembrava dovesse essere più scoppiettante, quella con la salita dura del Furcia, è stata la più “banale”…
Diciamo di sì, ma diciamo anche che quella del Furcia sarebbe stata una tappa ancora più vivace se ci fossero state 2 o 3 squadre nel comandare la corsa e non una (la Bahrain Victorious, ndr). Fortunatamente viviamo una stagione di grandi e nuovi campioni che sono totalmente in linea con l’idea di attaccare da lontano, di dare spettacolo, che hanno gli organizzatori. Mi permetto di dire che noi, forse, ci siamo arrivati un po’ prima di altri, intuendo che se i corridori non fanno in pieno quello che un organizzatore desidera, cioè una corsa vivace, è perché le scelte tecniche forse non sono ideali.
Ti riferisci ai percorsi più corti, in particolare?
Siamo sicuri che accorciare i percorsi sia una scelta giusta. Anche perché bisogna considerare il fatto che corriamo in giorni feriali e non ti puoi permettere una corsa eccessivamente prolungata: troppi disagi. I 140, 150 o i 120 chilometri, sono una proposta che i corridori apprezzano. Gli piace, vanno a tutta, non hanno troppo stress prima e dopo la corsa. Avrete notato poi che cerchiamo di rendere la partenza e l’arrivo nello stesso luogo, riducendo i trasferimenti. Arensman prima della partenza di Lienz è arrivato al via con un sorriso straordinario, nonostante la pioggia. E nei post, la DSM diceva che questa è la loro corsa preferita. Matteo Tosatto mi ha raccontato che in Ineos-Grenadiers quando all’inizio della stagione fanno il programma c’è la ressa per venire qua, perché piace ai corridori e al personale.
In effetti si è percepito un bel clima…
Un clima che cerchiamo di trasmettere attraverso uno staff che nel corso degli anni si è evoluto, ringiovanito e con una presenza femminile più marcata. Alla sera negli alberghi, noto il piacere che hanno tutte queste persone di esserci. Ed è un’organizzazione mista, che si avvale di professionisti e volontari. E i volontari non sono qui perché “danno una mano”. No, ognuno ha il suo ruolo. Dicono che io sia una persona esigente, probabilmente è vero. Però, al di là dell’essere esigente, di cercare sempre il meglio, c’è il fatto che tu hai bisogno di persone che devi distribuire in vari incarichi e non li puoi assegnare “tanto per…”. Il ciclismo è uno sport organizzativamente difficile e richiede competenze specifiche.
Il prossimo anno si partirà dall’Austria e si dovrebbe finire in Alto Adige (a Bressanone?)Il prossimo anno si partirà dall’Austria e si dovrebbe finire in Alto Adige (a Bressanone?)
In virtù di tutto ciò pensate anche ad altri progetti simili oltre al Tour of the Alps?
Non lo so. Con uno staff diverso che comprendeva alcune delle persone di cui ho fiducia, l’anno scorso abbiamo fatto il campionato europeo a Trento ed è stata un’esperienza bellissima. Però il soggetto organizzativo non era lo stesso. In Italia c’è un organizzatore molto importante che è Rcs Sport. Credo che ci sarebbe bisogno di altri player altrettanto qualificati, ovviamente non della stessa dimensione. Organizzatori che però facciano qualità. A volte vedo delle gare che sono “trascinate”, cioè fatte con coraggio con i mezzi che ci sono. E non sono sicuro che questo sia funzionale all’obiettivo, perché oggi come oggi una località che ti ospita, un’azienda che ti finanzia, vuole qualità.
Qualità non solo tecnica, ma generale?
Il ciclismo deve essere un evento, non una corsa fine a se stessa. La corsa è un elemento dell’evento. Pensare che fatta la corsa è risolto tutto, non corrisponde al mio modo di pensare.
Ci ha incuriosito la presenza di due squadre: la Kern Pharma e la Uno-X. Per i norvegesi magari ci sono anche motivazioni turistiche visto che amano le nostre montagne. Ma gli spagnoli?
La prima scelta è chiaramente razionale. Dalla tarda estate chiediamo alle squadre di dichiarare il loro interesse verso il Tour of the Alps. Dopodiché valutiamo quali coinvolgere. La squadra norvegese è già venuta l’anno scorso e gode di una certa considerazione. Quest’anno non è stata brillantissima, ma ha avuto i suoi malati e poi era stata invitata anche nelle classiche del Nord.
Il Tirol KTM Cycling Team era l’unica continental al via. Ma anche una delle squadre “di casa” lungo il percorsoIl Tirol KTM Cycling Team era l’unica continental al via. Ma anche una delle squadre “di casa” lungo il percorso
E la Kern Pharma?
E’ una squadra più piccola, ma da seguire. Anche perché se non li vedi, non ti rendi conto a che punto sono. Poi verifichi anche che tipo di rendimento producono. E in base a questo decidi se invitarli l’anno dopo. Sono anche dei test, se vogliamo…
Quasi niente continental: perché?
C’è un forte sbarramento rispetto alle continental. Nessuna preclusione, ma non possiamo permetterci una presenza di quel livello. Francamente non lo troverei così interessante per la corsa. E avevamo il posto per farle venire visto che siamo partiti con 18 squadre.
Dici che il gap è troppo grande?
C’è già un gap piuttosto forte tra WorldTour e Professional, figuariamoci tra WorldTour e continental. Significa portarsi dietro una presenza che crea problemi: non sono in grado di competere, allungano la corsa. E secondo me non serve neanche a loro perché fanno brutta figura. Non è un voler rinunciare a dare delle opportunità a squadre più piccole, ma semplicemente non vedo questa commistione che noto in alcune gare, in cui non si capisce se sono professionisti o under 23. Ben vengano semmai i giovani delle squadre development inseriti nella squadra maggiore.
Giovanni Ellena è il diesse della Androni Giocattoli-Sidermec e ci racconta in che modo la squadra sia passata dall'esclusione al ripescaggio per il Giro
«Sono stato il primo italiano al Tour of the Alps? Beh, allora vuol dire che non siamo messi molto bene!». Scherza Simone Ravanelli. Scherza ma in fondo solleva una questione affatto secondaria: dove sono finiti gli italiani? Ne abbiamo parlato anche nell’editoriale di questa settimana.
Con l’atleta della Drone Hopper-Androni Giocattoli parliamo di questo, ma anche della sua buona prestazione. In fin dei conti non è certo lui, che appunto è stato il migliore, a dover “portare la croce”.
Simone Ravanelli (classe 1995) è stato il primo italiano al TOTA: 37° a 22’57” da BardetSimone Ravanelli (classe 1995) è stato il primo italiano al TOTA: 37° a 22’57” da Bardet
Covid e bronchiti
«E’ un momento un po’ triste per il nostro ciclismo – riprende Ravanelli – non abbiamo corridori nei primi 15-20 né alle classiche, né nelle corse tappe. E per il movimento non è certo un bene.
«Poi però è anche vero che ogni annata ha la sua storia. Lo scorso anno per esempio Sonny (Colbrelli, ndr) ha vinto europeo e Roubaix, mentre quest’anno ci sono molti acciacchi in gruppo. Soprattutto dopo la Tirreno si sono verificati tanti casi di bronchite, oltre al Covid. Io stesso a causa del Coronavirus ho saltato una grossa fetta di stagione: niente Tirreno, niente Coppi e Bartali».
«In gruppo so che tanti ragazzi non se la passano bene. Dopo il Covid, faticano a riprendere al massimo. Se ci mettiamo che il ciclismo è cambiato, che si va più forte (guardate la media della Roubaix), che i wattaggi sono aumentati, oggi anche solo rallentare un po’ significa non essere competitivi. Significa fare fatica a finire la gara».
Durante l’inverno Ravanelli aveva lavorato sodo. Eccolo, in ritiro, alle prese con un piccolo incoveniente meccanicoDurante l’inverno Ravanelli aveva lavorato sodo. Eccolo, in ritiro, alle prese con un piccolo incoveniente meccanico
Il TOTA un test
Come dicevamo, Ravanelli si è difeso bene. Nella Drone Hopper c’è quasi il “diktat” di andare in fuga. Lui però aveva un po’ di spazio per sé. Poteva puntare alla classifica. Merito di un buon rientro in Sicilia.
«In realtà – spiega il bergamasco – più che puntare alla classifica sono partito per trovare la giusta gamba dopo 40 giorni lontano dalle gare. Ero rientrato al Giro di Sicilia e ho visto che tutto sommato le sensazioni erano buone. Così al TOTA ho provato a tenere duro giorno per giorno.
«Poi con il livello che c’era, dieci WorldTour, i primi 25 erano irraggiungibili. Io però non ho mai avuto cali durante tutti e cinque i giorni di gara e questo è stato un buon segnale.
«Mi do un sette. Visto l’avvicinamento che ho avuto e con solo 20 giorni di allenamento nelle gambe, va bene.
Nell’ultima frazione del Tour of the Alps grande freddo e pioggia (foto Tornanti CC)Nell’ultima frazione del Tour of the Alps grande freddo e pioggia (foto Tornanti CC)
Italiani in difficoltà
«Poi ragazzi – dice Ravanelli, con una consapevolezza ammirabile – parliamo di un 37° posto, non c’è da festeggiare. Sono contento a livello personale, per come è arrivato e infatti la squadra mi ha fatto i complimenti, ma non credo che a Fabbro per esempio, che era subito dietro di me, abbiano detto bravo. Anche Matteo so che non era al top, ha avuto un sacco di problemi».
«Se mi aspettavo che ci fosse qualche italiano davanti a me? Sì, ma non qualcuno che si giocasse la vittoria o da primi dieci posti. Alla fine con quei nomi che c’erano l’unico italiano che se la poteva giocare sarebbe potuto essere Damiano Caruso.E non è detto che avrebbe vinto. Al Giro di Sicilia si vedeva che “giocava”, ma poi alla Liegi, corsa di altro livello, non è stato così. E questo credo valga anche per il Giro. Corridori italiani per una top ten magari ci sono, ma non vedo chi possa lottare per la maglia rosa.
«Ci sono stati pochi italiani perché l’ultima tappa l’abbiamo finita in pochi corridori, solo 64. Pioggia tutto il giorno e 5°, siamo saliti una volta a 1.300 metri e una a 1.500: tanti sono finiti fuori tempo massimo e tanti altri si sono ritirati.
Il bergamasco ha corso già due Giri d’ItaliaIl bergamasco ha corso già due Giri d’Italia
La fuga giusta
Eppure in fuga un giorno Simone ci era andato. Il problema per lui e per gli altri undici che cercavano di scappare nella penultima tappa, è che c’era andato anche Bouchard, che voleva la maglia dei Gpm. La Bahrain-Victorious non ha lasciato spazio.
«Al massimo abbiamo preso due minuti di vantaggio. E poi ci hanno ripreso. Però sulle salite scollinavo davanti con Bouchard e De La Cruz. Un peccato che ci fosse il francese, perché negli ultimi due giorni le fughe sono arrivate. Una di queste è stata quella che è partita dopo che ci hanno ripreso».
Obiettivo Giro
E da queste buone sensazioni Simone Ravanelli può guardare avanti. La Drone Hopper non ha ufficializzato la squadra per la corsa rosa. E lui stesso non sa se sarà della partita. Chiaramente ci spera.
«Ovviamente – conclude Ravanelli – mi piacerebbe esserci. Ho visto il percorso e l’ultima settimana come sempre è molto dura. Il mio obiettivo è centrare le fughe, come ho fatto anche l’anno scorso, ma sperando in un risultato migliore.
«Le tappe adatte per le fughe sono almeno cinque o sei, ma bisogna avere la gamba. Tanta gamba. Bisogna averla per prendere la fuga e per arrivare. Perché il problema è che quelle 5-6 tappe fanno gola anche ad altri 50-60 corridori. E quelle sono le frazioni in cui andare in fuga è difficilissimo. Serve un’ora e mezza prima che parta. Ed è una lotta… E quando ci entri, se ci entri, sei già finito!».
Matteo Fabbro è il solito concentrato di grinta ed esplosivirà. Sa che il suo livello sta crescendo e vuole giocarsi bene le sue carte. Da qui al Giro...
Quintana chiuderà domenica alle Asturie la prima parte di stagione, iniziata con due interventi alle ginocchia. Una rincorsa fino al Tour e le Olimpiadi
Ma quanto è basso Pinot sulla bici? La domanda di Adriano Malori è arrivata proprio nel giorno in cui il francese vinceva l’ultima tappa al Tour of the Alps, ma per approfondire meglio il tema, gli abbiamo chiesto di aspettare il rientro dalla Liegi. E così adesso ci siamo.
Della Lapierre Xelius SL3 del francese abbiamo raccontato proprio nei giorni della corsa trentina. Ma adesso il sospetto che i suoi acciacchi e un rendimento mai troppo costante possano dipendere dalla posizione in sella apre la porta su nuovi scenari.
Adriano Malori è stato professionista dal 2009 al 2016. Ora gestisce il suo centro di preparazione 58×11Adriano Malori è stato professionista dal 2009 al 2016. Ora gestisce il suo centro di preparazione 58×11
E’ davvero così basso Thibaut?
Ci ho fatto caso l’altro giorno mentre inseguiva Lopez. Così basso, che ogni 3 secondi deve alzarsi sulla sella. Ha le anche che si muovono ed è un continuo tirarsi indietro, come sulle bici da crono quando sei troppo basso o troppo corto.
Che cosa si capisce da tanto muoversi?
Vuol dire che è scomodo, oppure ha dovuto scegliere questa posizione per i problemi alla schiena. Ma in ogni caso non funziona. Non è redditizia, perché i 3/4 della muscolatura della gamba non lavorano. Se non è una posizione imposta o che vuole lui a tutti i costi, io mi affretterei a rivederla.
Pinot ricorre all’azione sui pedali non per attaccare, ma anche durante fasi interlocutorie di pedalata Pinot ricorre all’azione sui pedali non per attaccare, ma anche durante fasi interlocutorie di pedalata
La tendenza ad abbassarsi non dipende anche dalla frequenza di pedalata?
Esatto, quello che stavo per dire. Anche Roglic e Alaphilippe sono bassi di sella, ma loro vanno molto agili. Pinot invece spinge duro. I muscoli più importanti per la pedalata sono il gluteo, il quadricipite femorale e il polpaccio che trasmette direttamente la potenza. Lui spinge quasi solo con il vasto mediale e si alza in continuazione perché le sue gambe chiedono un po’ di estensione. Finché parliamo di salite brevi come in Trentino, te la cavi…
Altrimenti?
Quando vai al Tour e devi affrontare ad esempio il Tourmalet, magari dietro Roglic e Pogacar, non puoi pensare di fare la corsa lavorando con mezza gamba. Aumenta il dispendio energetico e hai meno forza. L’unica soluzione è alzare la sella. Non è uno che pedala come Pantani.
La gamba del francese non lavora mai con una distensione sufficienteLa gamba del francese non lavora mai con una distensione sufficiente
Cosa intendi?
Pantani si alzava per scattare, poi si sedeva e faceva girare a lungo il rapporto. E parliamo di altri motori. Se invece ti alzi di continuo, perdi velocità e ritmo. Guardate le crono: si alza mai nessuno nei rilanci dopo le curve? Piuttosto fai traiettorie super rischiose, che però ti lasciano la velocità per accelerare da seduto. Ti alzi solo se la curva e stretta e riparti da fermo. Sennò, neanche freni.
Se la muscolatura lavora male, c’è anche maggiore rischio di crisi?
Può darsi che a un certo punto la gamba dica basta. Alzandoti spesso in piedi sale anche il battito del cuore e sovraccarichi la schiena. Pinot ha avuto mille malanni, chissà che non dipendano anche da una posizione sbagliata.
Osservando i vari video del Tour of the Alps si nota in effetti che Pinot continua a nuoversi sulla sellaOsservando i vari video del Tour of the Alps si nota in effetti che Pinot continua a nuoversi sulla sella
Hai detto che potrebbe essere lui ad aver scelto quella posizione…
Quando un corridore si mette in testa un’idea, difficile toglierla. Quando ero alla Movistar, Valverde pedalava altissimo di sella. Hanno provato ad abbassarlo, ma non c’è stato verso. E lui intanto vinceva 15 corse all’anno, cosa potevi dirgli? Stessa cosa con Froome: sulla bici era basso e corto, ma ha vinto 4 Tour, un Giro e due Vuelta. Per tuti gli altri, la gamba ha bisogno di estensione. Non avevo notato prima che Pinot fosse messo così. Se dipende dalla schiena, alla Groupama-FDJpotrebbero cambiargli le pedivelle e permettere alla gamba di allungarsi. Ma di sicuro, se pedala così, vedo difficile che possa avere la continuità in una corsa di tre settimane.
Edoardo Zambaniniha esordito nel mondo dei pro’ con la Bahrain Victorious in una bella giornata di metà febbraio. Lo ha fatto nell’assolata Spagna, in Andalusia. Ad Ubrique, da dove partiva la Ruta del Sol. Il trentino si è messo subito a disposizione dei suoi compagni e dopo qualche decina di chilometri era già in testa a tirare.
La volta scorsa con lui avevamo parlato dei “primi passi”, ebbene: come stanno andando questi primi passi? L’esordio tra i professionisti è sempre un momento importante, ma anche delicato. Può trasformarsi in un boomerang se le cose non vanno bene. Fortunatamente non è il caso di Zambanini.
Zambanini in testa al gruppo nella prima tappa della Ruta del Sol al suo esordio con la Bahrain VictoriousZambanini in testa al gruppo nella prima tappa della Ruta del Sol al suo esordio con la Bahrain Victorious
Obiettivo aiutare
Pochi giri di parole. Testa bassa, menare e aiutare i compagni: è così che ci si fa le ossa. E le ossa Edoardo se le sta facendo, con calma, dedizione e decisione. Il nuovo anno porta in dote grosse novità.
«Sicuramente – racconta Zambanini – sono molto emozionato e ogni volta è bello essere in corsa. Ho la fortuna di stare in una squadra molto forte. Mettermi a disposizione dei miei compagni e aiutare il più possibile è il mio compito».
«Certo, i ritmi sono molto, molto alti. Si va sempre molto forte, soprattutto nel finale, però io una volta che ho finito il mio lavoro vado con più tranquillità, insomma mollo un po’ e per adesso riesco a salvarmi bene».
Volpi e Pellizotti sanno bene come dosare gli sforzi di un ragazzo che può sembrare già maturo, ma che maturo non è ancora. In questo modo, quell’effetto boomerang di cui accennavamo, è scongiurato.
Saluta Zambanini, correre al fianco di campioni come Landa è una grande opportunità per crescere in frettaSaluta Zambanini, correre al fianco di campioni come Landa è una grande opportunità per crescere in fretta
Vita da pro’
Ma essere un professionista non significa solo indossare la maglia di un grande team e disputare le corse più conosciute. Significa viaggi, interviste, sveglie presto, una certa alimentazione… E non è facile prendere i ritmi, sincronizzarsi in tempi ristretti con luoghi, persone, orari e modi di fare diversi ogni volta.
«Anche in questo caso – riprende Zambanini – posso dire di esser stato fortunato. Qui in Bahrain Victorious è tutto organizzato molto bene. Ci mettono nelle condizioni migliori. Ci dicono cosa dobbiamo mangiare, ci danno un programma dettagliato della giornata con gli orari in cui dobbiamo essere pronti per la partenza dall’hotel, per la riunione, la tappa… Io mi sto trovando veramente veramente bene. Come detto, sono super organizzati ed è facile prendere il ritmo».
Nei giorni del Tour of the Alps, Zambanini ha fatto il compleanno ed ha compiuto 21 anni. Giovanissimo dunque. Eppure, sarà la vita cadenzata e rigida di cui si parlava prima, ma ogni mattina sembrava più maturo, più sicuro di sé anche in quelle fasi che precedono il via: rapporti con la stampa, foglio firma, tifosi.
Probabilmente, almeno nel caso Tour of the Alps, ha inciso il fatto che ha corso nella squadra presente più forte, quella che fino alla penultima salita aveva dominato la corsa con Pello Bilbao. Schierarsi con i più forti, muoversi in gruppo con il leader e con Landa, avere un peso nell’economia della corsa… tutto ciò contribuisce non poco.
«Pello è uno dei favoriti, il leader – ci aveva detto Zambanini – Mentre Landa è quello che gestisce la squadra. E’ lui che in corsa dà i compiti da fare. Io devo solo farmi trovare pronto».
Il 21 aprile, durante il Tour of the Alps, il trentino ha compiuto 21 anniIl 21 aprile, durante il Tour of the Alps, il trentino ha compiuto 21 anni
Sogno Liegi
Sin qui Zambanini ha corso il giusto: 18 giorni di corsa, ben alternati con del riposo, ma tutte corse di alto livello. Questo ti trasforma. Tanto che che ci è sembrato ben più magro dello scorso anno.
«Forse correndo più giorni consecutivi si è un po’ più tirati, le corse a tappe ti prosciugano un po’ come si dice in gergo. E puoi perdere qualche chilo in più, però all’incirca sono come l’anno scorso».
Edoardo doveva anche andare alla Liegi, sarebbe stato un debutto con i fiocchi, il suo primo monumento. Ma poi Damiano Caruso ha alzato il braccio e ha detto di voler correre lui.
«Vero potevo andare – conclude Zambanini – ma in realtà sono sempre stato riserva. La Liegi sarebbe stata una grande corsa, ma in quel momento ero concentrato a finire bene il Tour of the Alps».
Di certo se non è stato quest’anno, potrà andare nelle Ardenne l’anno prossimo e quello dopo ancora. Il tempo è dalla sua.
Mikel Landa punta dritto sul Giro dopo una primavera che fa ben sperare. Prossimo step un ritiro sul Teide, poi rotta su Torino. La squadra crede in lui
Si chiama Settimana ed è la nostra speciale selezione di contenuti editoriali pubblicati su bici.PRO negli ultimi sette giorni.
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