Scalco cresce, fa esperienza e prenota un’estate al top

17.06.2024
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Il Giro Next Gen di Matteo Scalco finisce all’indomani della tappa regina, con arrivo a Fosse. 172 chilometri, cinque GPM con più di 3.000 metri di dislivello dove il corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha pagato 23 minuti al vincitore Jarno Widar. Scalco è scivolato fuori dalla top 15 ed è tornato a casa, la motivazione è una faringite acuta che non gli ha permesso di continuare la corsa rosa under 23. 

Al primo arrivo in salita a Pian della Mussa un buon 14° posto
Al primo arrivo in salita a Pian della Mussa un buon 14° posto

Crescita

Un ritiro che lascia un po’ di amaro in bocca, ma la crescita di Scalco c’è stata. Nei due anni con il team dei giovani, guidato da Mirko Rossato, ha fatto passi in avanti notevoli.

«Rispetto al 2023 – ci aveva raccontato alla partenza da Borgo Virgilio – sono cambiate tante cose. Per prima cosa la scuola, le ore impiegate erano tante, come giusto che fosse. Da quest’anno, invece, ho potuto dedicare più tempo al ciclismo e alla preparazione. Ho curato tutti i particolari, compreso quello della nutrizione, dove sento di aver fatto dei passi in avanti. Ho visto fin da subito dei buoni risultati già dalla prima corsa in Turchia, il Tour of Antalya. Poi il calendario è proseguito con una primavera a due facce».

Scalco è stato costretto ad abbandonare il Giro Next Gen per una faringite
Scalco è stato costretto ad abbandonare il Giro Next Gen per una faringite
In che senso?

Ho corso tanto tra i professionisti con la presenza alla Coppi e Bartali e poi al Tour of the Alps. Nel mezzo ho preso comunque parte alle gare per under 23 come Recioto e Belvedere. Da un lato sono contento di aver fatto tanta esperienza tra i grandi, chiaro che era difficile ottenere dei risultati.

Il Tour of the Alps è stata la gara più difficile fatta fino ad ora?

Il livello era davvero molto alto, considerando che c’erano i protagonisti del Giro. Sicuramente per me è stata una grande emozione, girarmi e vedere a pochi centimetri Geraint Thomas fa un certo effetto. Soprattutto a 19 anni, è bello e assolutamente non scontato.

Che corsa è stata per te?

Ho visto come si corre veramente tra i grandi. E’ un modo diverso, sia per come si approcciano le salite, sia per come si sta in gruppo. Ogni chilometro che passava cercavo guardarmi intorno e capire, imparare.

Le gare con i professionisti gli hanno permesso di vedere come si corre a certi livelli
Le gare con i professionisti gli hanno permesso di vedere come si corre a certi livelli
Prima di andare al Giro Next Gen hai corso con la nazionale in Polonia…

Quella era una delle tappe di preparazione al Giro Next Gen. In realtà sono rimasto soddisfatto di quanto fatto, le sensazioni erano buone. Ho avuto un po’ di sfortuna che mi ha condizionato nel risultato, ma ero fiducioso. 

Al Giro sei arrivato pronto quindi?

Ero consapevole di aver lavorato bene. Anche in questo caso sapevo che il livello sarebbe stato davvero competitivo. Di per sé nelle prime tappe ero contento di quanto fatto, la squadra contava su me e Pinarello

Il giovane Scalco con alle spalle una leggenda come Thomas
Il giovane Scalco con alle spalle una leggenda come Thomas
In salita hai pagato un po’…

Sapevo che sarebbe potuto accadere, comunque sono un corridore che va forte nei percorsi mossi. Su certe salite devo ancora migliorare, crescere. Tornare a casa anticipatamente dal Giro Next Gen mi è dispiaciuto, ma continuare era impossibile. 

Ora si resetta la testa e si riparte?

Vedremo come recupero, probabilmente salterò il campionato italiano. L’obiettivo di luglio è il Valle d’Aosta, ho ancora un mese per prepararlo e spero di farlo al meglio. La squadra mi sta dando fiducia e voglio ripagarli.

Patxi Vila, il ritorno alla Bora e il valore del diesse moderno

26.04.2024
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SALORNO – Gli ultimi dubbi sono stati sciolti e forse per la Bora-Hansgrohe la scelta della formazione che sarà al via del Giro d’Italia è stata ulteriormente obbligata. L’idea di chi portare alla Corsa Rosa era già abbastanza chiara da tempo, ma l’investimento di Lennard Kamna da parte di un automobilista ad inizio aprile mentre era a Tenerife per fare altura sul Teide – curiosamente proprio lo stesso giorno in cui Roglic cadeva violentemente al Giro del Paesi Baschi – ha rimescolato le carte per la generale.

Il 27enne tedesco, vincitore della tappa sull’Etna nel 2022, avrebbe dovuto dividere i gradi di capitano col colombiano Dani Martinez, che ora potrebbe avere Schachmann come vice, mentre per le volate si dovrebbe puntare su Welsford. Al Tour of the Alps, la Bora-Hansgrohe ha portato corridori più di sacrificio che prime punte, riuscendo a mettersi in mostra col secondo posto di Gamper nella seconda frazione vinta da De Marchi. A margine di tutto ciò abbiamo fatto una chiacchierata con Francisco Javier (per tutti “Patxi”) Vila, ritornato nel team tedesco dopo quattro stagioni alla Movistar. Abbiamo fatto un piccolo excusus sulla sua idea di essere direttore sportivo.

Kamna doveva essere il capitano per il Giro, ma l’incidente a Tenerife ha obbligato il team a rivedere i piani
Kamna doveva essere il capitano per il Giro, ma l’incidente a Tenerife ha obbligato il team a rivedere i piani

In ammiraglia

Per molti tecnici ci sono diversi modi di guidare una formazione. Il più diretto è quello in auto, da dentro la corsa. Patxi Vila è rientrato alla Bora e sembra che il tempo non sia passato.

«Quest’anno – racconta il 49enne diesse, nativo di Hondarribia – ho avuto la chiamata da Ralph (Denk il general manager, ndr) perché Rolf (Aldag il capo dei diesse, ndr) aveva bisogno di un direttore sportivo in più. Mi mancava essere di nuovo in ammiraglia. Faccio anche parte dello sviluppo delle cronometro. La squadra è molto buona, mi sto trovando molto bene e sono contento. D’altronde era un ambiente che conoscevo già».

Nuove indicazioni

Al Tour of the Alps gli uomini di classifica erano Higuita e Palzer, ma la trasferta tra Austria e Trentino-Alto Adige non ha espresso grandi risultati finali. E contestualmente la caduta di Roglic ai Paesi Baschi non ha creato nessun effetto domino in vista del Giro. I programmi di inizio anno per le grandi corse a tappe restano immutati, come ci aveva anticipato Gasparotto.

Per Patxi Vila (qui con Sagan nel 2017) la figura moderna del diesse deve avere competenze su tanti aspetti
Per Patxi Vila (qui con Sagan nel 2017) la figura moderna del diesse deve avere competenze su tanti aspetti

«Ultimamente siamo stati molto sfortunati», prosegue Vila. «Al TotA saremmo dovuti venire con Kamna in preparazione del Giro, ma considerando ciò che gli è occorso, abbiamo dovuto rivedere i nostri obiettivi e prendere altre decisioni. Infatti non c’era molta gente che farà il Giro (ad oggi solo Koch, ndr). Inoltre già alla prima tappa abbiamo perso Herzog, perché ha pagato una condizione calante ed un sovrannumero di gare. Certo che l’incidente a Lennard non ci voleva, in primis per lui. Si sta riprendendo bene e questa è la cosa più importante».

Tuttavia una gara come il TotA o il Romandia a ridosso del Giro può dare diverse indicazioni. «Dipende tanto – riprende – da cosa si intende per preparazione nelle varie squadre. C’è chi preferisce non correre troppo per arrivare più fresco, chi invece vuole fare un bel blocco di gare, magari con salite lunghe per capire meglio il proprio stato di forma. E’ come se usasse quelle gare come allenamento».

Dani Martinez dovrebbe curare la generale del Giro per la Bora, con Schachmann in seconda battuta
Dani Martinez dovrebbe curare la generale del Giro per la Bora, con Schachmann in seconda battuta

Il diesse moderno

Ogni diesse ha il proprio stile e Patxi Vila non sa come autodefinirsi, però le idee sono chiare. «Forse sono la persona meno indicata per farlo – continua – posso dire che la nostra figura sta cambiando, come tutto il ciclismo, e deve adattarsi. Adesso penso che ci vogliano direttori sportivi con attitudini che prima non avevano: bisogna essere più ricercati e tecnici. Per la verità va detto che ora nel ciclismo si è pianificato tutto, con ruoli ben definiti. Una volta c’era solo il massaggiatore, ora c’è anche il fisioterapista. Una volta i metodi di recupero lasciavano il tempo che trovavano. Adesso c’è il mental coach.

«Il diesse moderno – spiega Vila – deve saper fare una presentazione della tappa sul bus oppure interpretare i dati degli atleti. Deve avere competenze su tutte queste materie per andare incontro a tutte le esigenze del corridore. Personalmente mi trovo a mio agio, ma ho avuto la fortuna di sedermi su tutte le sedie, da corridore a capo preparazione come alla Movistar. E’ stato tutto utile per la mia formazione e lo sto mettendo in pratica».

La responsabilità delle volate al Giro dovrebbero ricadere su Sam Welsford, già tre successi in stagione
La responsabilità delle volate al Giro dovrebbero ricadere su Welsford, già tre successi in stagione

Tutto in pochi secondi

Colui che deve finalizzare tutto il lavoro della squadra è proprio il direttore sportivo, in gara di farlo in modo quasi istantaneo nonostante la pressione. L’errore ci può stare e non è un reato ammetterlo.

«Adesso – chiude Patxi Vila – ho la fortuna di lavorare con tutte queste figure, sentire l’opinione di tutti e poi prendere la decisione finale. Noi diesse abbiamo obblighi e responsabilità. Le gare hanno tante evoluzioni e non sempre vanno come avevi previsto. Basta avere l’umiltà di alzare la mano e dire che hai sbagliato. Si è squadra nel bene e nel male.

«E’ fondamentale la fiducia nei propri mezzi, ma anche nei mezzi dei tuoi corridori e dello staff di persone che hai intorno. Col senno di poi diventa facile per tutti ripensare a quali decisioni prendere, però in quei momenti abbiamo davvero pochi secondi. Noi la prendiamo sempre pensando che sia la migliore, poi le cose vanno come vanno».

Obiettivo Giro d’Italia, Tiberi come ti stai preparando?

24.04.2024
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BORGO VALSUGANA – Il terzo posto in classifica generale al Tour of the Alps è un risultato che sicuramente ha innestato fiducia in Antonio Tiberi. Il Giro d’Italia da capitano per la Bahrain-Victorious è una sfida alla quale il 22enne di Frosinone sa di non potersi avvicinare con troppa irriverenza. Nei suoi occhi glaciali però, al termine di ogni tappa, si scrutava una determinazione solida e decisa, confermata da ogni dichiarazione rilasciata a giornalisti e TV.

La maglia bianca conquistata al TotA può essere un obiettivo anche per la Corsa Rosa, ma dalle sue parole si può intuire che gli obiettivi sono ambiziosi. Il 4 maggio si avvicina, per Antonio è il primo Giro, così gli abbiamo chiesto come stia approcciando questo importante esordio. 

Al Tour of the Alps le ultime misure da capitano prima del Giro
Al Tour of the Alps le ultime misure da capitano prima del Giro
Che condizione hai trovato al Tour of the Alps?

Diciamo che già dal Catalunya ho visto una condizione che andava a migliorare. Poi ho fatto un periodo in altura sul Teide dove abbiamo lavorato bene, per poi venire qui all’Alps, dove devo dire che sono rimasto molto contento di come ho trovato subito le sensazioni giuste dopo un periodo di altura. Non è male questa percezione che sto avendo adesso in vista del Giro d’Italia.

In altura hai fatto qualche lavoro particolare sulle salite lunghe?

Sì, siamo stati sul Teide quindi lì erano per forza salite sempre quasi oltre l’ora. Diciamo che ci siamo allenati tanto sulle salite lunghe e più che altro con tanti lavori, perché appunto ero soltanto a due settimane da questa gara (TotA, ndr) quindi non abbiamo fatto tanti lavori specifici o troppo stressanti.

Prima della tappa regina del TotA quali erano le tue aspettative?

Innanzitutto dovevo vedere un po’ come rispondevano le gambe dopo il freddo e la pioggia della tappa precedente. Mi sono detto che se le sensazioni fossero state buone, avrei provato a sbloccarmi il prima possibile, per poi cercare di restare con i migliori e magari lottare per la classifica finale, e così è stato.

Il podio del TotA 2024. Lopez in mezzo a O’Connor e Tiberi
Il podio del TotA 2024. Lopez in mezzo a O’Connor e Tiberi
Come hai strutturato l’avvicinamento al Giro, cioè i giorni prima?

Dopo Tour of the Alps e Liegi, sono partito per provare un paio di tappe del Giro, la cronometro di Perugia e poi un’altra tappa nelle Marche. Infine cercherò di recuperare il più possibile e stare tranquillo, fare gli allenamenti giusti e poi partire per Torino.

Il tuo approccio al Giro quale sarà, ogni giorno sarà una scoperta o hai già delle ambizioni?

Ancora no, perché appunto è il mio primo Grande Giro e partirò da capitano per la classifica, quindi sarà un po’ una nuova esperienza e cercherò sicuramente di dare il mio meglio.

Come ti stai preparando?

Sto facendo il massimo per arrivare a questo appuntamento al 100 per cento della condizione e poi si vedrà come andrà già dalle prime tappe dato che, come tutti sappiamo, quest’anno è un percorso molto impegnativo già dall’inizio.

Durante il TotA Tiberi ha dimostrato un’ottima condizione
Durante il TotA Tiberi ha dimostrato un’ottima condizione
Senti pressione da fuori?

Ho notato che c’è un po’ più di attenzione su di me quest’anno, però devo dire che è una cosa che magari mi dà energia e mi sprona a fare bene. Di pressione per fortuna non ne sento troppa.

Dove senti di essere tra i big?

Al di là di Pogacar, penso di essere lì per giocarmela con i migliori. In questo Tour of the Alps ho capito che recupero bene e posso essere pronto giorno dopo giorno.

C’è qualcuno che ti sta dando una mano a gestire questo avvicinamento tra aspettative e responsabilità?

Devo dire che la squadra sta contando veramente tantissimo su di me, stanno facendo del loro massimo per farmi arrivare al Giro nella migliore forma e non mi stanno facendo mancare nulla, dai direttori sportivi ai compagni di squadra. Per adesso devo soltanto ringraziarli e devo dire che stanno facendo un ottimo lavoro. Starà a me ripagarli con i risultati.

Markel Beloki, voglia di imparare e nessuna pressione

23.04.2024
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LAIVES – Guardando la starting list della EF Education-Easy Post al Tour of the Alps c’era un corridore classe 2005 il cui nome destava interesse e curiosità. Markel Beloki, figlio di Joseba, ha completato i suoi primi quattro mesi da neoprofessionista.

Venticinque giorni di gara spalmati su dieci corse – di cui due WorldTour e tre a tappe – sono una bella base di partenza per chi dovrebbe essere al primo anno tra gli U23. Abbiamo avvicinato il giovane Beloki prima di una tappa del TotA e a giudicare dalla nostra chiacchierata, il suo approccio nel mondo dei grandi è quasi di reverenza per ogni cosa. Come un ospite che entra in casa d’altri ed osserva tutte le migliori maniere per non disturbare. In realtà Markel sta assorbendo tutto quello che vede e gli succede attorno.

Markel Beloki in questi prima quattro mesi da neopro’ ha disputato gare di alto livello
Markel Beloki in questi prima quattro mesi da neopro’ ha disputato gare di alto livello

Chiacchiere e caffè

Il bus della EF Education-Easy Post, come tanti altri, è attrezzato di una macchinetta del caffè che esce da un vano laterale. E’ il bar dei corridori dove fanno le ultime chiacchiere fra di loro, con i meccanici, i tifosi e i giornalisti. Passa di lì anche il diesse Tejay Van Garderen che sorride all’indirizzo di Beloki, che ricambia, come a dire “oggi tocca a te con le interviste”. Ne prendiamo spunto.

«Il rapporto con Tejay è ottimo – ci dice Markel – e sono molto felice di questo. Ricordo che guardavo le sue gare e le sue prestazioni con attenzione. Potrei dire che ho caratteristiche simili a lui, ma non so se sono più scalatore. Sicuramente lui è stato un grande corridore che andava forte in salita e a cronometro. Anche a me piacciono le crono. Infatti lui mi insegna tanto su entrambi i terreni. Mi piacerebbe molto arrivare al suo livello, ma so che è molto difficile da raggiungere».

Coffee-break. Prima di ogni tappa, Markel si confronta con compagni e staff guardando dettagli sulla bici
Coffee-break. Prima di ogni tappa, Markel si confronta con compagni e staff guardando dettagli sulla bici

Parola d’ordine: imparare

Beloki è cordiale con tutti. Ma per correre nel ciclismo attuale bisogna saper sfoderare una bella grinta appena sali in bici. Come è stato quindi questo inizio di stagione?

«Sento che mi sto migliorando – risponde sicuro – indubbiamente ho fatto un bel salto, da juniores ad un team WorldTour. Adesso penso che devo prendermi il tempo necessario per imparare molte cose su questa nuova categoria. Voglio continuare così passo dopo passo senza troppa fretta.

«Ho tanti insegnanti per la verità – prosegue – a cominciare naturalmente dai direttori sportivi. Ogni giorno sto imparando molto dai miei compagni di squadra, che mi aiutano sempre tanto. Loro sono tutti speciali, sanno tante cose e hanno molta esperienza. Non ho un vero punto di riferimento perché in squadra lo sono tutti. Certo avere grandi campioni come Rui Costa, Chaves o Carthy da cui apprendere è bello. Per me questa è la base di partenza migliore».

Beloki ha vissuto la condivisione della vittoria di un compagno grazie a Carr, prima a Maiorca poi al TotA
Beloki ha vissuto la condivisione della vittoria di un compagno grazie a Carr, prima a Maiorca poi al TotA

«Finora ho imparato anche in tutte le gare che ho disputato – ci dice Beloki con un pizzico di soddisfazione – per esempio il Giro dei Paesi Baschi è stato davvero bellissimo. Per me è la corsa di casa. Una corsa molto dura però. Ogni tappa era impegnativa, stressante, dall’inizio alla fine. Sono uno scalatore, ma sia in Spagna che al Tour of the Alps c’erano tante salite e tanti scalatori molto più forti di me. In queste corse il mio compito era di aiutare la squadra, lavorando a fondo per i compagni. Sono molto contento di come sono andate le cose».

Poche pressioni, tanti dettagli

Dicevamo che Markel ha un cognome importante che crea, come tanti altri come lui, un inevitabile confronto. Lui però resta fedele al suo basso profilo e non ci pensa.

«Mio padre Joseba – spiega Beloki junior – ha avuto una bella carriera, però siamo in due periodi così differenti che non si possono fare paragoni. E’ per questo che il mio cognome non mi pesa. Al momento non sento nessuna pressione. Penso solo a fare al meglio il mio percorso da professionista ogni giorno che passa».

Markel Beloki malgrado il cognome importante, ammette di non sentirne la pressione
Markel Beloki malgrado il cognome importante, ammette di non sentirne la pressione

«Il mio obiettivo è imparare – conclude Markel – come avrete capito. Ne ho tantissime di cose da imparare, soprattutto quelle piccole. Ad esempio andare all’ammiraglia per prendere bene le borracce sia per me che per i compagni. Per tutti sembra una cosa facile, invece è molto difficile, oltre che importante. Ecco, anche da questo ho già capito che per provare ad essere un buon corridore in futuro bisogna curare questi dettagli. Non si può fare altrimenti».

Tema sicurezza al TotA, attenzione e sopralluoghi

23.04.2024
6 min
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SCHWAZ (Austria) – Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps ci accoglie nel head quarter dell’organizzazione. Per lui abbiamo domande che in questo periodo fioriscono in ogni dibattito e tornano alla ribalta dopo ogni caduta. Il tema della sicurezza qui al TotA è molto serio e gode di standard attuativi molto alti. Non a caso questa corsa ha dimostrato di essere ben voluta anche per questo aspetto da parte dei corridori. 

«Ci mettiamo tanto impegno – afferma Evangelista – questo è un evento che è cresciuto in maniera importante e che, a mio modo di vedere, ha raggiunto una dimensione che in questo momento nel panorama del ciclismo italiano è un po’ un’anomalia. La filosofia organizzativa è quella di un gruppo assolutamente professionale, anche se non composto solo da persone che fanno questo per mestiere, ma anche tanti volontari. Quello che però accomuna tutte queste persone è che lo fanno per passione. Non lavoriamo con i paraocchi tra i vari comparti, ma c’è una coesione vera e propria e questo ci dà un’anima riconoscibile anche da fuori. Il prodotto cresce, il consenso cresce, l’attenzione cresce, la visibilità anche e quindi evidentemente significa che stiamo lavorando bene».

Una giornata difficile in questo Tour of the Alps con tanto freddo e pioggia
Una giornata difficile in questo Tour of the Alps con tanto freddo e pioggia
Questo aspetto infatti si ripercuote anche sulla sicurezza, come gestite questo aspetto dell’evento?

Abbiamo cominciato per primi, invece di chiacchierare e basta, a fare qualcosa di concreto. Lo abbiamo fatto con un’idea nostra che può essere più o meno condivisibile, ma che è l’elemento cardine di tutto il lavoro che facciamo. E’ inutile, a mio modo, fare quello che si vede in alcune grandi manifestazioni dove ci sono gli avvisi luminosi, sirene, che servono a ben poco. I corridori oggi performano in una maniera che li espone molto di più al pericolo. Primo, perché loro vanno molto più forte. Secondo, perché non ci sono più le strade di una volta. Il terzo elemento è che il corridore ha tante sollecitazioni che provengono dalle strumentazioni, dalla bicicletta, da quello che gli dicono alla radiolina. Lui non è in grado di percepire il pericolo a meno che tu non gli dia gli strumenti base per farlo, su tutti la conoscenza. E questo non lo fa nessuno (Maurizio ci mostra il manuale della sicurezza del TotA 2024, ndr).

Come segnalate i pericoli ai corridori?

Noi predisponiamo il percorso di tutta una serie di strumenti di preavviso. Per fare un esempio i banner che ultimamente abbiamo fatto per segnalare le curve servono per richiamare visivamente l’attenzione. Non risolvono tutti i problemi, però se l’atleta alza la testa e li vede, sono un input in più. Un’altra cosa fondamentale è la protezione dell’ostacolo. Noi partiamo dal presupposto che non possiamo pretendere che questi atleti andando così forte, tra l’altro spesso distratti, pedalino a rischio zero. Facciamo in modo che se avviene l’impatto sia meno dannoso possibile. E’ questa la differenza nel concetto di sicurezza, la cura dei dettagli. Quindi quello che mettiamo sui guardrail, le coperture che mettiamo su determinati tombini, sui dislivelli, sulle ringhiere, su delle sporgenze, sono tutte attenzioni importanti. I corridori se ne accorgono di tutto questo e sanno che quando vengono qua, c’è un certo tipo di attenzione.

Evangelista, qui con Antonio Tiberi, coordina ogni movimento al TotA
Evangelista, qui con Antonio Tiberi, coordina ogni movimento al TotA
In questo modo abbassate notevolmente i rischi…

Non c’è la matematica certezza che tutto andrà bene. Noi stessi possiamo fare degli errori, però c’è un tipo di impegno, di applicazione, di investimento di risorse umane piuttosto importante e tutto questo cerchiamo di farlo anche in condizioni di salvaguardia del codice della strada. L’installazione avviene a traffico chiuso. E questa è una cosa che tu puoi fare in quella mezz’ora che intercorre da quando chiude il traffico a quando passano i corridori. Si può immaginare che l’impegno non sia da poco. C’è una squadra che anticipa il gruppo fa questo lavoro e poi c’è una dietro che toglie.

Veniamo dalla polemica che è esplosa dopo il giro dei Paesi Baschi. Sul tema sicurezza si sta dibattendo molto. Qual’è il tuo pensiero in merito? E’ giusto mettere sul patibolo gli organizzatori ogni volta che c’è una caduta?

Ogni organizzatore vorrebbe che non succedesse, può succedere e l’onestà intellettuale è quella di saper valutare quanto di quell’accadimento c’è di tuo. Per esempio Pickering l’altro giorno è andato giù dal dirupo. Il corridore lì ha perso completamente la traiettoria. Per me lui si è deconcentrato, perché non c’era logica che quella curva lo potesse portare così fuori… Dicendo così io non mi lavo le mani. Ma siamo consci che quel tratto è stato messo in sicurezza e valutato al meglio. Certo però che il caso dei Paesi Baschi al di là dell’importanza di quelli che ci sono finiti per terra, che ovviamente ha amplificato notevolmente la questione, sta nel fatto che quel sasso stava là. Sono particolari di cui accorgersi, come anche che ci fosse quello scolo dell’acqua. Dirò di più da quanto ho capito, il vero problema era che sotto l’asfalto c’erano delle radici per cui l’asfalto era irregolare. La vera domanda è con che accuratezza vengono valutati questi dettagli?

Voi quanti sopralluoghi fate per evitare questo tipo di insidie?

Ne facciamo cinque, dilazionati nel tempo perché ovviamente ci sono fattori che possono mutare. Ci può essere stata una frana o lavori che sono stati aperti. Spesso, dopo che abbiamo fatto le richieste di autorizzazione, ci segnalano che su una strada c’è un cantiere. Oppure succede qualche volta che non ce lo segnalino e siamo noi che ce ne dobbiamo accorgere. Infatti, non è un caso che il nostro ultimo sopralluogo avvenga 7-8 giorni prima della manifestazione. Non dico che il nostro staff tecnico sia immune da errori o che noi abbiamo la sicurezza al 100 per cento, però quello che posso garantire è che il nostro staff tecnico conosce i percorsi che facciamo palmo a palmo. 

Può influire il fatto che il Trentino, il Tirolo, ha comunque uno standard di infrastrutture molto buono, cioè le strade sono asfaltate in modo spesso impeccabile…

Beh questo è un punto di vantaggio. Noi non disconosciamo mai il fatto che viviamo in una situazione privilegiata. Abbiamo dei luoghi bellissimi, questo ti aiuta già anche come prodotto televisivo. Le strade ci agevolano perché c’è un livello anche di manutenzione che è molto alto.

Si parla molto di iniziative per aumentare questa sicurezza: safety car, neutralizzazione di certi segmenti… Secondo te sono modalità che stridono con il ciclismo che conosciamo?

Tutti devono far vedere che si spendono, che trovano la soluzione a tutto. Tanti discorsi franano davanti a certi banali ostacoli che non sono né protetti né presidiati. Mi viene il dubbio che certi propositi rimangano solo propositi. Ogni idea è sicuramente da rispettare e da considerare. Io personalmente vedo con perplessità gli sport che non si sanno rimettere in discussione. Se c’è questo pericolo e questo pericolo c’è, se oggi i corridori vanno a velocità e con prestazioni totalmente diverse del passato è qualcosa su cui bisogna lavorare, però non si può snaturare uno sport. Non possiamo correre la Parigi-Roubaix sulla moquette, la discesa del Poggio rimane la discesa del Poggio con le sue insidie. Ogni iniziativa è meritevole d’attenzione, ma bisogna evitare di esagerare. Ci sono dei problemi più banali che però possono fare molto più male e questo è l’aspetto che a me lascia un pochino perplesso.

EDITORIALE / Si poteva evitare lo scempio della Freccia Vallone?

22.04.2024
5 min
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LIEGI (Belgio) – La settimana scorsa eravamo sparsi in ogni angolo d’Europa, la qual cosa ci riempie di orgoglio. Alberto Fossati, appena tornato da un viaggio in Spagna con Ridley, è quello che come meteo se l’è passata meglio. Simone Carpanini e Gabriele Bonetti erano al Tour of the Alps e si sono presi la loro dose di neve e pioggia. Stefano Masi all’Eroica Juniores ha visto l’annullamento di una tappa per la grandine. Infine il sottoscritto, tra Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, ha vissuto una settimana d’inverno in Belgio. In attesa di fare ritorno in Italia, è venuto perciò spontaneo fare una riflessione sul diverso trattamento che le condizioni meteo avverse hanno avuto nelle tre corse in questione.

Eroica Juniores, tappa annullata

In Toscana, vuoi un mezzo sciopero (tutto da capire) dei corridori e vuoi qualche indicazione imprecisa, la Giuria ha ritenuto di annullare la terza tappa, data la presenza di grandine sulla strada, che rendeva impraticabile la discesa finale su Montevarchi. Si poteva passare? Decisione presa e palla al centro: ha vinto l’interesse dei corridori. Se non lo avete ancora fatto, potete leggere tutto nell’articolo di Stefano Masi.

«Probabilmente – ha detto il direttore di corsa Paolo Maraffon – si sarebbe potuto fare l’arrivo in cima a Monte Luco. Solo che a Levane, dove c’è stata l’effettiva neutralizzazione, i corridori sono andati dritti alle macchine. Quindi alla fine la decisione è stata quella di non ripartire, i ragazzi hanno praticamente fatto sciopero. Per carità, tutto legittimo, anche perché avevo quattro ragazzi in macchina e tutti tremavano dal freddo. Uno di loro lo abbiamo dovuto accompagnare in due tenendolo per le braccia».

Eroica Juniores, terza tappa annullata. Un corridore intirizzito cerca di riscaldarsi
Eroica Juniores, terza tappa annullata. Un corridore intirizzito cerca di riscaldarsi

Tour of the Alps, freddo sopportabile

Al Tour of the Alps, i corridori hanno preso freddo, ma evidentemente non c’erano le condizioni per applicare il protocollo sulle avverse condizioni meteo.

«Abbiamo trovato neve guidando sul Brennero per rientrare in Italia – spiega Simone Carpanini – mai sulla corsa. L’unica tappa un po’ al limite è stata la terza, quella di Schwaz, in cui è andato in fuga Ganna e che alla fine ha vinto Lopez su Pellizzari. Era una tappa di 124 chilometri, il freddo c’era, ma soprattutto perché i corridori non se lo aspettavano ad aprile. Alcuni sono andati in fuga per scaldarsi, ma niente di troppo estremo. Ricordo che nei giorni successivi ne ho parlato con Pellizzari, mi sembra, e mi diceva che erano stati fortunati a non avere avuto le stesse condizioni della Freccia Vallone. Le immagini di Skjelmose semi assiderato li hanno colpiti parecchio».

Terza tappa del Tour of the Alps: Pellizzari si congratula con Lopez, dopo la sfida sotto la pioggia gelida
Terza tappa del Tour of the Alps: Pellizzari si congratula con Lopez, dopo la sfida sotto la pioggia gelida

Il caso Freccia Vallone

Già, che cosa è successo alla Freccia Vallone? Le previsioni meteo, che ormai non sbagliano un colpo, dicevano che intorno all’ora di pranzo su Huy si sarebbe abbattuta una sorta di tormenta di ghiaccio. Per questo motivo, Roberto Damiani che rappresentava i gruppi sportivi, ha proposto alla Giuria di valutare la riduzione di un giro: arrivo sul terzo Muro d’Huy, anziché sul quarto. La risposta è stata: «Vediamo» e non lasciava presagire niente di buono. Come spesso accade, nulla ha detto invece Staf Scheirlinckx, rappresentante del CPA per il Belgio.

Quando all’ora di pranzo sulla corsa si è abbattuta la nevicata mista a grandine, con temperatura di due gradi, dalle auto della Giuria non è arrivato alcun cenno. Risultato finale: chi si era coperto alla partenza, sudando come in sauna per le prime due ore di corsa, è riuscito a fare la corsa. Gli altri hanno patito una gelata che non dimenticheranno e che ha condizionato il resto della loro settimana. In ogni caso, la Freccia si è conclusa con 44 corridori all’arrivo, 129 ritirati e 2 che non sono partiti.

Dopo l’arrivo, la rivalsa di alcuni team manager e direttori sportivi si è abbattuta sul loro rappresentante: Roberto Damiani. Il quale ha fatto presente di aver segnalato la cosa per tempo e di aver offerto anche una via d’uscita. Annullare un giro a Huy non avrebbe falsato la corsa: «Ma andava fatto subito – dice Damiani – prima che Kragh Andersen andasse in fuga».

Interlocutori diversi

Qualcuno ha scritto sui social che se i corridori si lamentano per queste condizioni, forse hanno sbagliato mestiere. Altri hanno fatto notare che quando Hinault vinse la Liegi nel 1980, finirono la corsa solo 21 dei 174 corridori partiti.

Tutto si può fare e dire. «Non c’è buono o cattivo tempo – diceva da buon militare Baden Powell, fondatore degli scout – ma solo buono o cattivo equipaggiamento». Alla Freccia alcuni hanno sbagliato materiali e altri no, ma c’erano tutte le condizioni per ridurre la prova. Al Giro del 2020 ridussero una tappa solo perché pioveva forte e non era neanche freddo. Si possono fare tutte le congetture che si vogliono e applicare le proprie convinzioni e spesso le frustrazioni alle vite degli altri.

Quello che tuttavia traspare da questi tre casi (forse due, ritenendo che al Tour of the Alps non si sono raggiunte condizioni estreme) è che la vera differenza la fa il potere dell’organizzatore. Perché una Giuria si sente in diritto di fermare una gara juniores organizzata da Giancarlo Brocci, mentre un’altra si volta dall’altra parte quando davanti ha il Tour de France?

Il prossimo anno, andando al via della Freccia Vallone, avremmo tutti ricordato la saggezza dei giudici e celebrato un vincitore comunque degno dell’evento. In cima al Muro d’Huy, che fossero 197 o 168 chilometri (la distanza con un giro in meno), avrebbe comunque vinto un grande corridore.

Thomas e la Ineos, indicazioni sulle Alpi per l’assalto al Giro

21.04.2024
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LEVICO TERME – Il tempo che porta all’inizio del Giro d’Italia sta per esaurirsi e la Ineos Grenadiers ha un conto in sospeso dall’anno scorso. Un conto di 14 pesantissimi secondi pagati sul Monte Lussari al penultimo giorno. Le montagne del Tour of the Alps sono sempre state il loro terreno ideale per verificare la propria condizione psico-fisica.

Rispetto ad un anno fa – dominio di Geoghegan Hart con vittoria finale e due di tappail bilancio del team britannico è meno consistente, ma pur sempre discreto. Un successo parziale con Foss, leader provvisorio della generale nelle prime due frazioni e classifica a punti finale, oltre ad una serie di indicazioni arrivate da azioni individuali. La lunga fuga solitaria di Ganna al terzo giorno e quella in salita di Thomas all’ultimo sembrano qualcosa di molto simile a dei test in vista della Corsa Rosa. Noi siamo andati a bussare alla porte della Ineos Grenadiers e ci hanno aperto proprio Thomas e il suo diesse Oliver Cookson.

Test Giro. All’ultima tappa del TotA, Thomas (qui con Pellizzari) ha provato un allungo in salita restando in fuga per diversi chilometri
Test Giro. All’ultima tappa del TotA, Thomas (qui con Pellizzari) ha provato un allungo in salita restando in fuga per diversi chilometri

I pensieri di Sir G

L’avvicinamento di Geraint Thomas al prossimo Giro d’Italia sembra in linea con quello del 2023. Nessun acuto (la vittoria gli manca dalla generale del Tour de Suisse di due anni fa) e la consapevolezza di essere sulla strada giusta. Uno con la sua esperienza ed il suo palmares sa come ottimizzare il lavoro. Al TotA, proprio come l’anno scorso fece con Tao, è stato un gregario di lusso per Foss. Ed il quindicesimo posto finale in classifica praticamente rispecchia quello di dodici mesi fa.

«Sto bene – ci racconta il trentasettenne gallese – e più o meno sapevo di avere questa condizione. Al Tour of the Alps ho avuto buone sensazioni complessivamente e già al primo giorno dove ho chiuso sesto, lavorando per la vittoria di Tobias. Abbiamo provato a fare classifica con lui, mentre per me non era nei programmi iniziali. Al Giro mancano ancora due settimane e penso di poter crescere, arrivando nella condizione giusta. Correre il TotA mi ha fatto bene, ma ne faranno altrettanto anche un paio di giorni di riposo».

Geraint Thomas è sempre uno dei corridori più ricercati dagli appassionati di ciclismo
Geraint Thomas è sempre uno dei corridori più ricercati dagli appassionati di ciclismo

Sguardo sui punti decisivi

Tra Thomas ed il Giro c’è un rapporto decisamente conflittuale. A parte due piazzamenti oltre metà gruppo, le altre due volte dovette abbandonare. Nel 2017 centrò una moto ferma a bordo strada alla nona tappa e per le conseguenze si ritirò qualche giorno più tardi. Nel 2020 una borraccia vagante sui selciati siciliani lo buttò a terra alla quarta frazione.

Per dire quanto sia paradossale tutto ciò per Thomas, il secondo posto ottenuto l’anno scorso, perdendo il primato alla penultima tappa per una manciata di secondi nella crono in salita al Monte Lussari, è da considerarsi un grande risultato, anche se poi contestualizzandolo somiglia più ad una beffa. Tuttavia in quelle tre settimane – dove portò la maglia rosa per otto giorni – ha esorcizzato una buona parte di sfortuna.

«Nel 2023 – riprende – ho fatto un bel Giro, sono stato protagonista, ma purtroppo non è andata bene. Fa parte dello sport. Non so cosa sia mancato allora da poter fare in più quest’anno per vincere. Adesso devo pensare al percorso di quest’anno che è comunque molto duro. Potrebbe essere decisiva l’ultima settimana, come l’anno scorso e come spesso nelle grandi corse a tappe. Ma attenzione perché c’è già Oropa all’inizio».

Secondo Cookson, Ganna (qui con Garzelli) al Giro potrebbe non puntare solo alle crono, ma anche a qualche tappa mossa
Secondo Cookson, Ganna (qui con Garzelli) al Giro potrebbe non puntare solo alle crono, ma anche a qualche tappa mossa

Nei piani di Thomas e della Ineos Grenadiers ci sono ancora un paio di ricognizioni. Una sicura in questi giorni sul Monte Grappa (che verrà scalato due volte alla ventesima tappa) e poi forse proprio ad Oropa. Ma il gallese sa che si sono altri momenti chiave.

«Sicuramente le due crono – conclude – saranno molto importanti. Hanno due percorsi impegnativi, che sono adatti alle mie caratteristiche. Diciamo che complessivamente queste due crono mi piacciono molto di più, rispetto alle tre dell’anno scorso. Non dobbiamo però dimenticare che sarà fondamentale il supporto della squadra. Abbiamo tutti una buona condizione, siamo uniti e in fiducia. Questo è l’aspetto essenziale per fare un buon Giro».

Parola a Cookson

Al Tour of the Alps in ammiraglia c’erano Zak Dempster e Oliver Cookson. Abbiamo avvicinato proprio quest’ultimo per capire che indicazioni sono state tratte.

«Siamo venuti al TotA innanzitutto – analizza il diesse classe ’81 – perché è una corsa importante che ci piace e che abbiamo vinto cinque volte. Dopo il ritiro in altura volevamo vedere come stavamo. E penso che possiamo essere contentissimi per come siamo andati. Abbiamo vinto con Foss che arrivava da due anni difficili e si vede ora che sta tornando al suo livello».

Oliver Cookson, diesse della Ineos dal 2018, assieme ai colleghi sceglieranno la squadra attorno a capitan Thomas
Oliver Cookson, diesse della Ineos dal 2018, assieme ai colleghi sceglieranno la squadra attorno a capitan Thomas

«Sono stati cinque giorni utili per trovare il ritmo gara e replicare in corsa alcune situazioni che fai in allenamento. Nei primi tre ad esempio avevamo la responsabilità di lavorare perché avevamo Tobias in maglia verde, ma come avete visto abbiamo trovato un altro modo di correre proprio con l’azione di Pippo. Volevamo fare faticare anche le altre squadre, considerato anche il freddo e il brutto tempo».

«La fuga di Pippo (Ganna, ndr) – va avanti Cookson – è stata importante per lui, visto che non c’erano cronometro. E’ come se avesse messo assieme le due crono del Giro in un giorno solo. E’ andato forte. Peccato che non ci fossero altri 2-3 corridori con lui per tentare di arrivare fino in fondo. E’ stata una bella simulazione di gara, però non andrà al Giro solo per le prove contro il tempo. Abbiamo visto quello che può fare nel 2020 quando vinse con un’azione da molto lontano una tappa di montagna (a Camigliatello Silano con quasi 180 chilometri di fuga, ndr)».

Al TotA la Ineos ha raccolto una vittoria di tappa e la classifica a punti con Foss, che è in forse per il Giro
Al TotA la Ineos ha raccolto una vittoria di tappa e la classifica a punti con Foss, che è in forse per il Giro

Ultimi dettagli

La Ineos Grenadiers deve ancora decidere chi saranno gli ultimi uomini per il Giro oltre a Thomas, Ganna e altri sicuri. Foss è ancora in dubbio, il Tour de Romandie della settimana prossima darà le ultimissime indicazioni, anche in considerazione dei rivali presenti.

«Per il Giro – spiega Cookson – il capitano sarà Geraint, questa è la nostra idea, anche se vedremo dalle prossime gare se portare un eventuale vice. Dopo l’anno scorso partiamo con la voglia di vincerlo. Come avverrà non importa. Perderlo come l’ha perso lui brucia tantissimo. C’ero e l’ho vissuto da vicino quel momento. Geraint è un grande campione ed una gran persona. E’ bellissimo lavorare con lui, ha tantissima esperienza. Ma questo è il ciclismo, sport bellissimo e durissimo sotto questo punto di vista».

Thomas ha corso il Tour of the Alps in appoggio a Foss, soprattutto nei primi tre giorni col norvegese leader della generale
Thomas ha corso il Tour of the Alps in appoggio a Foss, soprattutto nei primi tre giorni col norvegese leader della generale

«Ad ogni corsa si deve correre in modo diverso – conclude – considerando qual è la concorrenza. Quest’anno c’è Pogacar e noi dovremo trovare la tattica più adatta. Quest’anno c’è anche un percorso diverso dall’anno scorso e anche questo inciderà sulla condotta di gara. Di sicuro sappiamo che Thomas ci arriverà motivato e farà tutto il possibile come sempre per vincere il Giro».

Bruttomesso al Tour of the Alps, severo banco di prova

20.04.2024
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LAIVES – Ce lo siamo chiesti subito: cosa ci fa Alberto Bruttomesso al via del Tour of the Alps? Una corsa famosa per essere immersa tra le magnifiche montagne tirolesi ricca di dislivelli e poca pianura. Per i corridori nell’edizione di quest’anno non sono mancate pioggia, temperature rigide e qualche fiocco di neve. Alla sua prima stagione tra i pro’ l’ex corridore del Cycling Team Friuli si sta misurando con il ritmo gara e l’alto livello della Bahrain Victorious che si è meritato risultato dopo risultato. 

Abbiamo incontrato Bruttomesso mentre si scaldava sui rulli prima della quarta tappa
Abbiamo incontrato Bruttomesso mentre si scaldava sui rulli prima della quarta tappa

Pochi velocisti

L’esperienza la si fa sul campo, questo è un dato di fatto. Alberto Bruttomesso alla partenza di questo TotA sapeva di non avere aspirazioni di alcun tipo. Le sue caratteristiche di uomo veloce sono di certo un limite per queste corse. Dal suo punto di vista, sa però che per aumentare la cilindrata, esperienze di questo tipo sono fondamentali.

«E’ un bel banco di prova – spiega Bruttomesso – nel senso che qui in gruppo ci sono pochi velocisti. E’ una gara che comunque mi aiuta ad aumentare il motore. Ho cercato di aiutare il più possibile i compagni portandoli davanti ai piedi delle salite. Sono contento, sto facendo un percorso di crescita costante e senza pressioni».

Nella seconda tappa al freddo e sotto la pioggia, Alberto non ha accusato la giornata
Nella seconda tappa al freddo e sotto la pioggia, Alberto non ha accusato la giornata

Ritmo e giornate difficili

Cinque giorni vissuti all’insegna di un ritmo gara di alto livello. Seppur il percorso non fosse così proibitivo, i dislivelli non sono mancati così come gli attacchi e le… sgasate da parte del gruppo. 

«In generale – afferma Bruttomesso – posso dire di aver sentito il salto dall’anno scorso a quest’anno. Le gare sono molto più controllate, poi quando si apre il gas si sente e si va pancia a terra. Sono contento del mio avvio di stagione, ho fatto un bel blocco di gare in Belgio e devo dire che mi piacciono molto».

Nella tappa austriaca di Schwaz i corridori hanno pedalato per 120 chilometri sotto una pioggia battente e temperature vicine allo zero. Climi da inferno del Nord che un domani potrebbe essere terreno ideale per la potenza di Alberto. «Devo dire che ieri (terza tappa di Schwaz, ndr) non ho mai sofferto il freddo, ero vestito bene e non ho avuto problemi da quel lato».

Nel team sta trovando un un clima positivo
Nel team sta trovando un un clima positivo

Bel clima

Venti anni sono pochi, trovare un clima ideale all’interno di una WorldTour è determinante per la crescita naturale di un ragazzo come Bruttomesso. La Bahrain Victorious è un riferimento sotto questo punto di vista e ha dimostrato di saper crescere i suoi corridori dandogli il giusto spazio. Milan e Tiberi sono due esempi. 

«Mi trovo molto bene – dice Alberto – abbiamo un bel gruppo, ho avuto modo di correre sia con quello delle classiche in Belgio, sia con i ragazzi del Giro d’Italia qui al Tour of the Alps. In entrambi i casi ho trovato un bel feeling. Ho legato un po’ con tutti, sono stato compagno di stanza di Tiberi, quindi ho legato molto con lui in questi giorni. E’ un bravo ragazzo, è forte, è simpatico, quindi ottimo così».

Per Bruttomesso un buon terzo posto in volata al Tour of Antalya
Per Bruttomesso un buon terzo posto in volata al Tour of Antalya

Futuro prossimo

Appurato come è normale che il 2024 sarà un anno di crescita, per Bruttomesso il calendario è sicuramente stimolante. Dopo questo Tour of the Alps infatti il blocco di gare va dritto fino ai campionati italiani. «Ora faccio Francoforte il primo maggio, la settimana dopo il Giro di Ungheria e poi si vedrà. Forse farò il Giro di Slovenia e i campioni italiani, poi avrò un periodo di altura prima del Czech Tour.

«Il mio obiettivo – conclude – è quello di continuare a crescere e fare quante più esperienze possibile anche per gli anni prossimi e magari vediamo se si riesce a portare a casa qualche bel risultato. Senza stress, io cerco di aiutare la squadra quando mi viene detto di farlo e se mi verrà data l’occasione di fare risultato sicuramente proverò a 100% nelle corse più adatte alle mie caratteristiche».

Il nuovo “Juanpe” Lopez si prende il Tour of the Alps

19.04.2024
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LEVICO TERME – Esultano in due allo stesso modo sul traguardo di Viale Vittorio Emanuele. A Levico Terme, l’ultima tappa del Tour of the Alps viene vinta da Aurélien Paret-Paintre, mentre Juan Pedro Lopez (nono) conquista la generale davanti ad O’Connor e Tiberi.

La frazione finale del “TotA” è scoppiettante, meno scontata di quello che si poteva pensare. Lopez non va nel panico quando subisce gli attacchi di quasi tutti i suoi più diretti rivali, dagli uomini della Bahrain-Victorius a quelli della Decathlon-AG2R La Mondiale. Proprio guardando la concorrenza, il trionfo dell’andaluso della Lidl-Trek è tanto inatteso quanto meritato. Se la vittoria della terza frazione a Schwaz poteva apparire come il frutto di una grande giornata, la maglia verde conclusiva è la conferma della rinnovata dimensione in cui è entrato Lopez.

Le prime volte di “Juanpe”

Eravamo rimasti al Lopez conosciuto in vetta all’Etna al Giro d’Italia di due anni fa quando conquistò la maglia rosa che portò per dieci giorni. Poi di lui si erano perse le tracce per un motivo o l’altro. Sulle strade dell’Euregio si voleva mettere alla prova ed il risultato è stato strabiliante, con un pensiero per tutti e su tutto.

«E’ la mia prima vittoria in una classifica generale – racconta in conferenza stampa – pochi giorni dopo la mia prima vittoria da pro’. Sono felicissimo e se ci penso mi emoziono molto, ma non solo per me. Penso alla mia famiglia e ai miei amici. Però penso anche al nostro general manager (Luca Guercilena, ndr) che non sta attraversando un bel momento. Mi sono detto quindi che dovevo cercare di vincere anche per lui.

Il podio del TotA 2024. Lopez in mezzo a O’Connor e Tiberi (secondo nell’ultima frazione)
Il podio del TotA 2024. Lopez in mezzo a O’Connor e Tiberi (secondo nell’ultima frazione)

«Guardando l’altimetria delle tappa – prosegue Lopez – la quarta doveva essere quella più dura, invece forse a conti fatti è risultata quest’ultima. I miei avversari me l’hanno fatta sudare oggi. Sapevamo che sarebbe stata difficile, ma eravamo convinti che avremmo potuto controllare bene sulle salite. Il lavoro fatto da Carlos e Amanuel (rispettivamente Verona e Ghebreigzhabier, ndr) è stato davvero pazzesco. Devo ringraziare tantissimo la mia squadra».

Lopez ritorna a casa con altre convinzioni. «L’ho detto subito quando ho vinto a Schwaz che il territorio di questa gara è veramente fantastico per allenarsi. Forse un po’ troppo freddo per me, ma adesso è diventato perfetto (sorride, ndr). Resterà una gara che porterò per sempre nel cuore perché mi ha permesso di conquistare le mie prime vittorie. Spero di tornare al TotA nel 2025 per difendere questo successo».

Palleggi e rotta sul Giro

Sul tavolo della conferenza stampa ogni giorno c’era un pallone da calcio, simbolo della partnership del Tour of the Alps con l’FC Sudtirol di Serie B. Negli ultimi due post-tappa, Lopez ha mostrato uno scampolo di one-man show palleggiando a lungo prima di concedersi alle domande. Un segnale di un corridore sereno e in fiducia.

«In questi giorni – spiega – ho indossato la maglia verde, che ha piccole striature bianche. Ovvero i colori sociali del Betis Siviglia, la formazione per cui tifo. Ho giocato tanto a calcio da bambino ed è stato uno sport importante per me. Quest’ultima mattina il mio preparatore mi ha incitato con lo slogan del Betis e mi ha caricato tanto.

Lopez controlla la situazione sull’ultima salita. Bardet, O’Connor e Tiberi non riusciranno a staccare lo spagnolo
Lopez controlla la situazione sull’ultima salita. Bardet, O’Connor e Tiberi non riusciranno a staccare lo spagnolo

All’orizzionte c’è la corsa che lo ha lanciato al grande pubblico: «Nel 2022 ho fatto 10 giorni di maglia rosa chiudendo decimo, ma è il 2022. Adesso guardo al prossimo Giro senza pensare a quello di due anni fa. Vado al Giro per puntare a qualche tappa, quello è il mio obiettivo. Se viene la classifica tanto meglio. Dopo questa vittoria non guardo a lungo termine in questa stagione. La prima cosa che farò domani è pensare al recupero e riposare bene. Non voglio vedere troppo in là perché non sai mai cosa può succedere».

Visto da Popovych

Una delle prime mattina, avevamo incontrato Yaroslav Popovych nella zona-bus che ci raccontava del mix della sua Lidl-Trek. Una formazione composta da un paio di giovani del devo team con Cataldo a fare da chioccia e altri atleti esperti in supporto di Juanpe Lopez. Era difficile anche per il diesse ucraino fare previsioni.

Un raggiante Popovych dietro il palco. Non si aspettava un successo del genere al TotA
Un raggiante Popovych dietro il palco. Non si aspettava un successo del genere al TotA

«Sinceramente non mi aspettavo un Tour of the Alps del genere – analizza raggiante dietro il podio delle premiazioni – Siamo venuti qua con l’obiettivo di vincere qualche tappa sapendo che la corsa era molto dura. La è diventata ancora di più con la pioggia e il freddo dopo i primi giorni. Per noi questa vittoria è un sogno. Noi siamo stati sempre lì a lottare, ma Juanpe ci ha fatto vedere qualcosa di spettacolare. A Schwaz nel giorno in cui ha vinto la tappa, nel finale in radio gli gridavo “non sei tornato, sei completamente un Juanpe nuovo!”. Prima lo conoscevamo spaesato, agitato. Invece qui per come ha corso, con intelligenza e lucidità, è un altro corridore.

«Juanpe è gran chiacchierone, è molto simpatico – prosegue Popovych – è amico di tutti, parla con tutti, dal compagno di squadra all’avversario, agli autisti delle auto in gara al motociclista. Nel finale di corsa animava i propri compagni e sollecitava pure i rivali. Le classiche parole che si dicono in quei frangenti. Questa però è la dimostrazione della sua superiorità di testa e di condizione.

Lopez abbraccia Carlos Verona, decisivo nel chiudere sugli attacchi dei diretti rivali
Lopez abbraccia Carlos Verona, decisivo nel chiudere sugli attacchi dei diretti rivali

Anche Popovych è sulla stessa lunghezza d’onda di Lopez sulla condotta di gara. «Avevamo una squadra meno attrezzata rispetto alla concorrenza, ma eravamo ben preparati. Carlos oggi è andato come un treno, riscattando la prestazione di ieri dove si era perso. Stamattina avevo un po’ paura, però quando hai la maglia di leader cambia tutto. Il morale alto aiuta e ti porta almeno un 15 per cento in più di energie e motivazioni. Anche Amanuel ha fatto vedere quanto sia un ragazzo forte.

«Al Giro andremo per le tappe – ci saluta Popovych con l’ultima considerazione – Di base prepariamo la squadra per il treno di Milan per le volate, poi avremo 2-3 corridori per puntare alle tappe. Prima del Tour of the Alps Juanpe mirava alle tappe, adesso l’asticella si alza. Vediamo come andranno i primi giorni per capire cosa potrà fare e se puntare ad una buona classifica generale».