Tour de Tietema: tre youtuber e il loro team

18.02.2024
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Un documentario di un’ora e mezza per capire la loro storia. Poi la video intervista e la sensazione di essere ancora nel film, dialogando con Bas Tietema, olandese di 29 anni. Avevamo incrociato il fondatore del TDT-Unibet Cycling Team negli anni scorsi al Tour con due amici, realizzando video dal seguito pazzesco. Nonostante fossero soltanto in olandese, i contenuti su YouTube del Tour de Tietema (TDT) superavano regolarmente quelli del Team Ineos Grenadiers che deteneva ogni record. Il passaggio alla creazione di una continental nel 2023 e quest’anno della professional che ha vinto l’ultima tappa del Tour of Antalya era stato un vago sentire. 

La storia di Bas

Bas Tietema è un corridore di cui si ha traccia a partire dal 2014, quando corre con il BMC Development Team, assieme a Ignazio Moser e Stefan Kung. Nel 2022, dopo altri cambi, passa alla Bingoal, in cui militano anche Tizza e Viviani, ma si limita a 14 giorni di corsa: la più prestigiosa è la Roubaix in cui finisce fuori tempo massimo.

Ama raccontare lo sport, così convince altri due olandesi (Devin van der Wiel e Josse Wester) a seguirlo nell’avventura sulle strade francesi. Comincia tutto così. Non hanno soldi, dormono in tenda o dove capita. Fanno interviste ai corridori e offrono loro la pizza. Sorridono e fanno sorridere. Entrano e vengono riconosciuti dal gruppo. Mostrano storie che gli altri trascurano. E dopo tre Tour vissuti così, creano una continental.

Ad agosto 2023 si corre la Ronde van de Achterhoek, squadra in testa (foto TDT-Unibet)
Ad agosto 2023 si corre la Ronde van de Achterhoek, squadra in testa (foto TDT-Unibet)

Da youtuber a manager

Pochi soldi. Pochi sponsor. La struttura da costruire. Il magazzino. Le bici. Il reclutamento dei corridori e fra loro lo stesso Bas. Tutto quello che potete immaginare, fra le mani di tre ragazzi completamente digiuni di esperienza, che si affidano pertanto a un manager e a un vero direttore sportivo.

La stagione parte male con l’infortunio del corridore più esperto (Hartthijs De Vries), travolto da un’auto in Spagna durante il ritiro. Fra ospedale e dolore, il momento è duro, ma il ragazzo torna e lo fa vincendo in Olanda. Il 2023 si chiude con tre vittorie e una grande notizia.

I tre nel frattempo sono tornati in Francia con la formula del Tour de Tietema e questa volta l’ambiente li riconosce diversamente, anche perché proprio durante il Tour esce la notizia che dal 2024 la loro squadra sarà professional. Perciò scherzano con Prudhomme e Van der Spiegel  (organizzatori del Tour e delle corse fiamminghe) sui possibili inviti per l’anno successivo e si capisce che da abili narratori stiano diventando parte del sistema.

Il resto ve lo racconteremo con le parole di Bas Tietema, che nel frattempo ha smesso di correre. Aggiungiamo soltanto che il vincitore dell’ultima tappa del Tour of Antalya è proprio il De Vries finito all’ospedale l’anno prima. Letta da questo punto di vista, la tappa che lo ha visto precedere Van den Bossche e Fancellu, prende immediatamente un altro sapore.

Sembra davvero di essere ancora in quel film…

Sono contento che il documentario ti sia piaciuto e che abbia trasmesso emozioni. Ognuno nel gruppo ha la sua storia, ma non tutte vengono mostrate. Con i nostri media saremo in grado di farlo e penso che sia qualcosa di unico. La gente parla molto di ciclismo, ma si tratta sempre di strategia, tattica o analisi di gara. Difficilmente si va a conoscere la persona o si parla dei problemi che sta attraversando.

Come sei passato da youtuber a ciclista e poi a team manager di una squadra?

Se mi guardo indietro, smettere di correre è una delle scelte migliori che ho fatto l’anno scorso. Ovviamente mi è piaciuto molto essere un corridore, ma mi piaceva molto soprattutto la parte tattica dietro alle corse. Non sono mai stato uno avventuroso da vento in faccia, non mi piaceva allenarmi per 30 ore a settimana. Perciò ho deciso di smettere, ma mi sto divertendo ugualmente tanto.

Un progetto creato da zero, quasi un colpo di genio a sentire i tuoi amici…

Provo ancora l’eccitazione di prima della gara, perché è il nostro progetto e lo stiamo realizzando in modo abbastanza diverso. Perciò, rispondendo alla domanda precedente, posso fare di più ora per il ciclismo, rispetto a quando ero un corridore. In più l’anno scorso ho seguito il corso UCI, quindi farò anche alcune gare come direttore sportivo. Mi piace molto il ruolo che ho in questo momento e mi sento molto valorizzato.

Sta diventando una cosa seria?

Abbiamo cominciato realizzando video sul mondo del ciclismo con l’atteggiamento scanzonato di sempre. Abbiamo creato contenuti divertenti e lo stiamo facendo ancora. Anche nei primi Tour de France siamo stati molto professionali, come anche oggi, ma ugualmente non siamo mai riusciti a prenderci troppo sul serio.

Bas Tietema ha smesso di correre e ha superato l’esame UCi per direttore sportivo (foto TDT-Unibet)
Bas Tietema ha smesso di correre e ha superato l’esame UCi per direttore sportivo (foto TDT-Unibet)
Dal documentario emerge che con Devin e Joss non vi conoscevate davvero.

Li ho incontrati per la prima volta a maggio del 2019 e a fine giugno partimmo per la Francia. Avevo sempre visto YouTube come una piattaforma in cui convivevano cose interessanti e più in generale l’intrattenimento. Così ho pensato che se avessi combinato il Tour de France con quel tipo di contenuti, avrei potuto creare qualcosa di eccezionale. Ma io non avevo mai fatto video in tutta la mia vita, perciò avevo bisogno di persone che fossero capaci. Devin era perfetto.

Nel documentario si racconta il modo divertente con cui lo hai contattato…

Avevo letto di lui su Wielerfits, la piattaforma che si occupa di ciclismo. Avevo sentito che era come uno stagista e stava facendo dei bei video e così ho cercato il suo numero e ho preso informazioni. Gli mandai lo stesso messaggio al telefono, su Facebook, su Instagram e su Linkedin (ride, ndr). Non avevo molti soldi e chiesi a due sconosciuti di trascorrere 21 giorni in Francia, sapendo che non avremmo dormito negli hotel. Serviva qualcuno con grande passione e penso che abbia funzionato perché eravamo tre ragazzi giovani che volevano cogliere un’opportunità unica nella vita. Avevamo appena finito la scuola, iniziavamo a fare qualcosa di simile a un lavoro normale e tutto il resto è arrivato lungo il percorso. Ora abbiamo un’attività nostra e alla fine una squadra di ciclismo.

Perché fare video in olandese e non in inglese?

Questa è una bella domanda. Il primo anno abbiamo iniziato in olandese, perché è la nostra lingua ed è uno dei motivi per cui siamo cresciuti così velocemente in Olanda e nelle Fiandre. E’ stata una buona decisione. Quando parli la tua lingua madre, puoi avere più umorismo o sarcasmo. E’ più interattivo e divertente, più naturale. Ora che è passato qualche anno, consolidata la base in Olanda e creata una squadra internazionale con corridori di diverse lingue, abbiamo iniziato a sottotitolare i video. Quest’anno avremo anche molti contenuti in inglese. E’ il momento giusto, una transizione graduale senza perdere la nostra base di fan e crearne una nuova.

Avete abbigliamento italiano e in Santini dicono di aver scelto voi in quanto portatori di originalità.

Penso che molti team abbiano qualcosa di originale. Per quel che riguarda noi, forse la particolarità sta nel fatto che non siamo partiti da una squadra ciclistica, ma dal punto di vista dei media. Ciò non significa che non ci preoccupiamo del lato prestazionale, ma crediamo ad esempio di aver fatto la differenza mostrando al mondo la gara di Antalya, che altrimenti nessuno avrebbe visto fuori dalla Turchia. Questo è un approccio diverso e penso che ci renda unici. A suo modo è originale anche la collaborazione con Santini

La collaborazione fra Santini e il Tour de Tietema unisce la tradizione del marchio all’originalità del team (foto TDT-Unibet)
La collaborazione fra Santini e il Tour de Tietema unisce la tradizione del marchio all’originalità del team (foto TDT-Unibet)
In che senso?

Santini è davvero un marchio che esiste da tantissimo tempo, noi siamo nuovi. Se guardi indietro alla loro storia, è qualcosa di incredibile. Insomma, loro sono quelli che hanno realizzato anche la maglia Mapei, che era piuttosto colorata e lontana dai canoni della tradizione. La stessa cosa con le bici che stiamo usando. Vogliamo avere standard di alta professionalità, ma con un’immagine non omologata. Ed è davvero bello che anche loro credano in questo e soprattutto che credano in noi.

C’è una grande differenza tra mostrare la vita agli altri e quella del proprio team?

Abbiamo iniziato mostrando tutto e mi piacerebbe che possiamo ancora guardare all’intera comunità ciclistica. E’ qualcosa che in altri sport come la Formula Uno si tende a fare, c’è molta interazione tra le squadre. Nel ciclismo invece ci si concentra principalmente su se stessi e non si guarda agli altri. Per questo penso che sarebbe grandioso riuscire a coinvolgersi con le altre squadre. A volte anche avere una piccola discussione su un argomento crea interazione. Dal nostro punto di vista, non penso che cambierà molto, ma forse le altre squadre adesso ci vedranno più come concorrenti. 

E’ stato difficile convincere i corridori a venire nella tua squadra l’anno scorso?

Il primo anno sì. Conoscevo alcuni ciclisti dato che ancora correvo, ma dovevo convincerli. Okay, sapevano che c’era un canale YouTube, ma come sarebbe stata la squadra? Quelli che hanno accettato sono gli ambasciatori di ciò che stiamo facendo. Alcuni erano sul punto di smettere e ora rischiano di partecipare all’Amstel Gold Race. In quel momento è stato davvero difficile, ma sapevamo che oltre alle capacità fisiche serviva la convinzione di entrare in una squadra diversa. Oggi che siamo un po’ più conosciuti, dobbiamo filtrare le richieste, perché vogliamo anche corridori di talento.

Quali Wild Card sono arrivate?

L’Amstel Gold Race, la Freccia del Brabante e Scheldeprijs. Verremo anche in Italia, anche se lì ci sono pochi posti. Però faremo il Tour of the Alps, per cui la sera dell’Amstel partirò io stesso in macchina per andare alla partenza da Egna. Continuo a credere che siamo sulla strada giusta e che ogni anno potremo aggiungere gare davvero belle al calendario.

La proiezione del documentario sulla loro storia all’AFAS Circustheater all’Aja (foto TDT-Unibet)
La proiezione del documentario sulla loro storia all’AFAS Circustheater all’Aja (foto TDT-Unibet)
Il sogno è davvero il Tour del 2026?

Il Tour è l’obiettivo più grande, ma non vogliamo che il tempo passi troppo in fretta. Se facessimo già quest’anno la Sanremo, il Fiandre, la Roubaix e un grande Giro, cosa ci resterebbe l’anno prossimo? Vogliamo procedere passo dopo passo. Per il prossimo anno vogliamo i soldi giusti, correre una Monumento e magari la prima grande corsa a tappe, che potrebbe essere il Giro. In modo che nel 2026 si possa puntare a un invito per il Tour. Non lo so se accadrà, ma questo è il modo in cui lo immaginiamo e proviamo a realizzarlo.

E’ vero che il tuo motore è la passione per il ciclismo?

Non solo quella. C’è la passione per il ciclismo, quella di sviluppare un progetto e anche la passione per i media. Lo stiamo facendo con il ciclismo, ma penso che si tratti di una passione in generale per lo sport, per la narrazione e mostrare alla gente le storie che più possono toccare i cuori.

Missaglia e il piano per Fancellu: «Al top in sei mesi»

17.02.2024
4 min
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La prima gara del 2024 di Alessandro Fancellu, con indosso i nuovi colori del team Q36.5 Pro Cycling, ha lasciato intravedere un lieve raggio di sole. Al Tour of Antalya, che ha parlato tanto italiano, c’è stato spazio anche per il comasco. Un terzo posto di tappa, nell’ultima frazione, e il decimo posto finale sono una base buona dalla quale ripartire dopo anni difficili. Il suo diesse nella professional svizzera, Gabriele Missaglia, lo sa bene. A lui, lombardo come Fancellu, è stato riservato il compito di far tornare il ragazzo suoi suoi livelli

«Fancellu – racconta dalla Vuelta a Andalucia – è stata l’ultima firma per il team del 2024. Lui era nei nostri pensieri durante gli ultimi sei mesi del 2023, poi con un susseguirsi di cose si sono liberati dei posti ed è arrivato da noi. E’ una scommessa, dobbiamo e vogliamo riportare Fancellu sui suoi livelli, ci crediamo. Soprattutto noi della parte italiana del team».

La volata dell’ultima tappa all’Antalya e il terzo posto alle spalle di De Vries e van Den Bossche
La volata dell’ultima tappa all’Antalya e il terzo posto alle spalle di De Vries e van Den Bossche
Il suo 2024 è iniziato bene, almeno in gara…

Sì, per essere il risultato della sua prima gara con noi siamo soddisfatti. Ha avuto degli intoppi durante l’inverno, qualche influenza che lo ha fermato un po’. Considerando gli stop subiti nella fase di preparazione alle corse questa top 10 ci soddisfa. Era da tanto che non vedeva dei risultati del genere in una tappa e nella classifica generale. 

Gli ultimi risultati paragonabili a questi sono arrivati al Tour de l’Avenir del 2022.

Un corridore che fa dei risultati del genere all’Avenir (quattro piazzamenti in nove tappe e il sesto posto nella generale, ndr) non può fermarsi così. Purtroppo, concedetemi di dire che le nuove generazioni sono un po’ deboli di testa. Molti ragazzi si fanno influenzare tanto dai dati, ma alla base deve esserci l’attitudine al mestiere del ciclista. La grande differenza tra chi ce la fa e chi no arriva in corsa, quando bisogna superare il famoso momento critico. Se si passa quel livello allora si è tra i primi, altrimenti no.

Sulle rampe di Tahtali Fancellu ha pagato 1’06” dal vincitore Piganzoli
Sulle rampe di Tahtali Fancellu ha pagato 1’06” dal vincitore Piganzoli
Che idea ti sei fatto su Fancellu?

E’ sulla buona strada, lo vedo con il giusto atteggiamento, si pone in modo positivo. Sta lavorando con Luca Quinti come preparatore, sono contento e fiducioso. Alessandro è un ragazzo che mi piace: è intelligente e ha trovato un ambiente e dei compagni giusti. Di lui ho parlato anche con Basso, prima di prenderlo.

Cosa vi siete detti?

Ivan ha creduto tanto in lui quando Fancellu era alla Eolo. Si augura che da noi possa tornare il corridore che era e raggiungere il suo massimo. 

Avete un percorso in testa?

Sono due anni che non riesce a esprimersi, per un motivo o per l’altro. Mi aspetto che ci possa far vedere il suo meglio in sei mesi. Non gli abbiamo messo un calendario troppo impegnativo, alla Valenciana e alla Vuelta a Andalucia non è stato portato. Il Tour of Antalya era una corsa sulla carta più semplice, poi ho guardato i dati e sono notevoli, quasi da WorldTour. 

Vi siete sentiti dopo la corsa in Turchia?

Ci sentiremo più seriamente nei prossimi giorni, ma ho avuto modo di fargli i complimenti via messaggio. Mi è piaciuta tanto la sua risposta: mi ha detto che ha provato a fare il colpaccio (il riferimento è all’attacco nell’ultima tappa, ndr). Sono dell’idea che se un corridore dà il 110 per cento in gara, va a letto soddisfatto, altrimenti la notte fatica a prendere sonno. Lo vedo concentrato.

Da cosa lo capisci?

Dalle sue parole e dall’atteggiamento. Per esempio, dopo il ritiro a Calpe, Fancellu è rimasto in Spagna, a Sierra Nevada, per preparare le gare. Da lì è andato direttamente in Turchia, quindi ci sta che fosse un po’ “imballato”. Vedrete che dai prossimi impegni andrà ancora meglio. Non vedo l’ora di seguirlo dall’ammiraglia.

Pinarello torna dalla Turchia con nuove consapevolezze

13.02.2024
4 min
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Il viaggio di ritorno dalla Turchia per Alessandro Pinarello è durato praticamente tutta la giornata di lunedì. Dal Tour of Antalya il corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha messo in valigia un secondo posto nella classifica generale. Lo ha conquistato sulle strade della terza tappa, quando ha tagliato il traguardo posto in cima alla salita di Tahtali. Quello che è uscito da quella frazione è un podio tutto italiano con Piganzoli, Pinarello e poi Zambanini. Ordine che si è rispecchiato anche nella classifica finale il giorno successivo. 

«Il viaggio è stato lungo – dice Pinarello appena messo piede alla Tenuta il Cicalino, in Toscana – rimarremo qui per il ritiro di squadra, fino al 22 febbraio. Un bel blocco di allenamento e domani sarò già in bici, il giorno di riposo era oggi».

Secondo nella tappa regina, alle spalle dell’amico e rivale Piganzoli
Secondo nella tappa regina, alle spalle dell’amico e rivale Piganzoli
Che cosa provi se ripensi al Tour of Antalya appena concluso?

Penso al secondo posto nella tappa più impegnativa e sono felice. Era la prima gara della stagione, ho avuto delle belle risposte, ma sono tranquillo. La strada per la stagione è ancora lunga, ma questo è un buon inizio.

Ti sei giocato la tappa, e la classifica, con altri due italiani giovani…

E’ sicuramente una cosa davvero bella, che da un lato ci dà, e mi darà, tante motivazioni. Con Piganzoli ho condiviso tante esperienze, tra cui il Tour de l’Avenir del 2023. Anche “Zamba” (Edoardo Zambanini, ndr) lo conosco molto bene. Trovarci a lottare sulla salita finale della tappa più dura è stato bello. 

Il confronto tra i due alla fine della tappa, uno scambio di battute e la consapevolezza di essere stati forti
Il confronto tra i due alla fine della tappa, uno scambio di battute e la consapevolezza di essere stati forti
Raccontaci la tappa, come l’hai vissuta?

Partivamo per la Turchia senza un vero capitano. Sapevamo che la terza frazione avrebbe fatto la differenza e sulla salita finale avevamo carta bianca. La Tudor ha tenuto la corsa in mano per tutto il giorno, anche sulle prime rampe dell’ultima salita. Il ritmo è stato alto ma regolare per tutto il giorno, quindi di fatica ne abbiamo fatta. 

E nel finale com’è andata?

La selezione è arrivata man mano, chilometro dopo chilometro. Piganzoli è stato il primo a provarci, l’ho seguito e siamo rimasti fuori noi due per un chilometro. Zambanini è rientrato assieme a Badilatti. Ai meno tre chilometri “Piga” ha fatto un secondo scatto, che sinceramente non mi aspettavo, ed è stato bravo a tenere il vantaggio. Secondo me non ci credeva troppo nemmeno lui, ma gli va dato atto di aver portato a termine l’azione. 

A completare il podio giovane e italiano ecco Zambanini, i tre si conoscono da tempo
A completare il podio giovane e italiano ecco Zambanini, i tre si conoscono da tempo
Cosa vi siete detti alla fine?

Eravamo consapevoli di essere andati forte, ci siamo parlati e confrontati. Alla fine siamo avversari in gara, ma fuori dalla bici siamo amici. Per quanto mi riguarda ero anche sorpreso di aver fatto determinati valori a inizio stagione. 

Hai cambiato qualcosa durante questo inverno?

Un po’ nella preparazione e nel peso. A inizio inverno ho lavorato tanto sulla forza e sull’esplosività sia in bici che in palestra. Nella seconda parte ho fatto tanti allenamenti alla soglia, cosa utile per andare forte in salita, come si è visto (dice con una mezza risata, ndr). 

Il peso come lo hai curato?

Con il mio nutrizionista abbiamo capito che c’era la possibilità di dimagrire. Ora ho una dieta calibrata giorno per giorno in base agli allenamenti e all’intensità. Era un obiettivo perdere qualche chilo, volevo arrivare ad un peso forma che voglio tenere costante per tutta la stagione. Forse qualcosina posso perdere ancora, ma vedremo passo per passo. 

Dopo il ritiro al Cicalino hai già un programma?

Il 28 febbraio corro al Laigueglia, poi Istrian Trophy, Coppi e Bartali e poi vedremo il calendario italiano. Qualche gara da under 23 la farò ancora, ma sempre meno rispetto alle passate stagioni.

Il Giro, con la banda dei giovani italiani, è una possibilità?

No no, penso che farò ancora un passo intermedio con il Giro Next Gen. C’è tempo per fare tutto, ma con calma.

Dietro le quinte del successo di Piganzoli. Ellena racconta

13.02.2024
5 min
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«Noi abbiamo dei corridori di qualità – aveva detto Giovanni Ellena, uno dei diesse del Team Polti-Kometa, all’indomani delle wild card per il Giro d’Italia – che stanno crescendo e siamo convintissimi che faranno grandi cose».

Era il 27 gennaio e appena 15 giorni dopo, Davide Piganzoli, da lui guidato in Turchia, ha vinto il Tour of Antalya: la prima vittoria da professionista e la prima vittoria per la squadra che da quest’anno ha trovato sul suo cammino l’energia e l’entusiasmo coinvolgente di Francesca Polti. E forse proprio questa forza ha reso tutta la squadra più elettrica e consapevole di poter recitare in un ruolo di caratura superiore. Ma leggere nelle ore di Piganzoli e di tutto il team che di colpo si è trovato a difendere il primato dagli attacchi nell’ultima tappa, è qualcosa che passa per forza dal racconto di Ellena.

«Sapevamo che Davide stesse andando forte – racconta il piemontese dal treno che lo riporta a casa dall’aeroporto – ma forse non a questi livelli. Si pensava a fare bene, in realtà è andata anche meglio. La squadra si è mostrata molto unita, prima supportando Lonardi, poi correndo in difesa della maglia di leader e non era scontato che fosse in grado di farlo. Domenica, quando Tudor e Uno X hanno accelerato, il gruppo si è rotto. L’avevamo previsto, specialmente da parte di Tudor, perché era senza il velocista. Sapevamo che avrebbero provato, abbiamo avuto un momento di difficoltà e abbiamo dovuto stringere i denti. I ragazzi sono stati bravissimi a non mollare. Anche quando negli ultimi 20 chilometri c’erano quelli che facevano i furbi per vincere la tappa, mentre gli attaccanti avevano ancora 1’40” con dentro uno che aveva 39″ in classifica…».

Ellena racconta che nell’ultima tappa, il Team Polti-Kometa ha dovuto fronteggiare l’attacco di Tudor e Uno X, ma è parso super compatto
Ellena racconta che nell’ultima tappa, il Team Polti-Kometa ha dovuto fronteggiare l’attacco di Tudor e Uno X
Ci avevi raccontato di non conoscere ancora Piganzoli, che è un corridore di Zanatta. Dopo questa vittoria che idea ti sei fatto di lui?

Sta prendendo consapevolezza, quindi è già una cosa importante. Confermo che lo conoscevo poco e sabato ha osato, partendo anche troppo presto. Ha attaccato ai 3,5 chilometri, ma se fosse partito ai meno 2 sarebbe stato più che sufficiente. Vuol dire che sta prendendo consapevolezza di quello che è, mentre prima magari era più attendista. Bene che stia facendo queste prove, ci sta alla grande.

Agli occhi della squadra inizia a essere un leader? Basso ha detto che il capitano è Maestri…

Maestri è il capitano che sa gestire la squadra. Però in Piganzoli riconoscono l’uomo per la salita, assieme a Paul Double, che al momento ha più alti e bassi, ma in salita può andare forte. Maestri è quello che in corsa ha il controllo di tutto. A volte parlo direttamente con lui. A un certo punto c’era da dire a Fetter di tirare, ho chiesto a Maestri di prendere in mano la situazione e di dirglielo lui. E Mirco questa cosa sa farla alla perfezione. 

Prima vittoria da professionista per Piganzoli: bene la gioia, ma la sera quali tensioni? Per Ellena ha ben dissimulato
Prima vittoria da professionista per Piganzoli: bene la gioia, ma la sera quali tensioni?
Invece Piganzoli sotto stress come l’hai visto?

Diciamo che non eravamo al Tour de France, però in ogni caso era una gara di professionisti, con due squadre WorldTour e un livello discreto. L’ha mascherata, deve ancora imparare a gestire la tensione, però intanto è andata bene. Chiaramente si è trovato di fronte alla prima vittoria importante della sua carriera, quindi non posso pensare che non avesse stress, perché qualcosa abbiamo intravisto, però l’ha dissimulato davvero bene.

Hai detto che è partito troppo presto: significa che comunque quel giorno avevate in testa di fare la corsa?

Si sapeva che potevamo provare a fare qualcosa, con Piganzoli e con Double. Avevamo visto che gli ultimi 2 chilometri erano i più duri e si era detto di non aspettare che partissero gli altri, ma neanche partire noi troppo presto. Invece lui si vede che aveva la gamba, si sentiva bene ed è partito. Fra l’altro è arrivato con la ruota posteriore bucata, quindi è andata doppiamente bene.

Maestri, qui al via dell’ultima tappa dall’acquario di Antalya, è stato il perfetto capitano in corsa
Maestri, qui al via dell’ultima tappa dall’acquario di Antalya, è stato il perfetto capitano in corsa
E’ solo un’impressione che in squadra sembri esserci un morale più alto che in passato?

C’è più voglia di correre senza subire. Per quello che è il mio ruolo, dato che sono l’ultimo arrivato, questa è l’impostazione che ci siamo dati. In particolare al Tour of Antalya siamo andati sapendo che ci sarebbero stati dei momenti in cui prenderci la responsabilità della corsa e avremmo dovuto avere il coraggio per farlo. E poi comunque si comincia dalle corse più piccole e si prende consapevolezza, glielo dico sempre. Anche quando va via la fuga, bisogna restare insieme. Perché se le grandi squadre ci vedono tutti sparsi, non ci rispettano. Ma se capiscono che la Polti-Kometa corre compatta, in gruppo ci sarà più rispetto e ci lasceranno anche spazio.

Restando al discorso fatto due settimane fa, che cosa potrebbe fare ragionevolmente un Piganzoli alla Tirreno-Adriatico?

Secondo me parliamo di due livelli completamente diversi, però è anche giusto che qualcosina si possa provare, per vedere fin dove può arrivare e sondare i suoi limiti. Con la stessa mentalità con cui abbiamo corso ad Antalya, cioè cercando di non subire la corsa. Chiaro che dire di voler fare risultato alla Tirreno-Adriatico è una bestemmia, però non vorrei vederci in coda al gruppo a sventolare.

Per Ellena, maglia con Dedica da parte di PIganzoli alla fine del Tour of Antalya
Per Ellena, maglia con Dedica da parte di PIganzoli alla fine del Tour of Antalya
Come è stata la reazione della squadra per la prima vittoria?

Tutti super felici, nella nostra chat siamo impazziti per la soddisfazione. Per me poi è stato uno scarico di tensione non indifferente dopo tutto quello che ho passato nell’inverno (a causa di una caduta in montagna, Ellena ha rischiato di rimanere paralizzato, ndr). Mi è sembrato di essere tornato al 2016, quando avevamo Bernal. Mi sono ritrovato a gestire una corsa, senza voler fare confronti fra i due, perché significherebbe caricare Piganzoli di una responsabilità enorme.

Paragone importante, in effetti…

Però mi sono ritrovato di nuovo a gestire la squadra in un certo modo, a prenderci la responsabilità della corsa ed era un bel po’ che non mi capitava. In realtà il collegamento fra i due non è così peregrino, perché Egan in quel periodo non era famoso, veniva dalla mountain bike e aveva corso pochissimo su strada. Ma restiamo cauti, continuiamo sulla strada che abbiamo scelto, che è quella giusta.

Podio tutto italiano, ad Antalya arriva la prima di Piganzoli

11.02.2024
4 min
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Giovani e italiani. Al Tour of Antalya, la generazione Z ha dettato legge sull’arrivo della terza tappa a Tahtali in Turchia. Davide Piganzoli classe 2002 si è imposto su Alessandro Pinarello classe 2003 e Edoardo Zambanini 2001. Un podio tricolore che vede sul gradino più alto il valtellinese che alla sua seconda stagione tra i pro’ ha vinto la prima gara tra i grandi. Un successo inaspettato, ma figlio di un ottimo inverno e della dedizione che ha sempre contraddistinto il ventunenne fin da quando è entrato in gruppo. Una scommessa vinta anche dal Team Polti-Kometa che conquista il primo successo stagionale con il più giovane del roster. 

Per Piganzoli è il primo successo tra i pro’
Per Piganzoli è il primo successo tra i pro’
Davide complimenti! Ti aspettavi questa vittoria?

No, non me l’aspettavo. Sapevo di star bene però direi proprio di no. Ho cercato di dare tutto me stesso quando ho attaccato e alla fine è andata bene.

Cosa hai provato alla tua prima vittoria da pro’?

Sicuramente è un’emozione grandissima, quando non te l’aspetti poi è ancora più bello. Sono contento per me, perché alla fine penso di meritarmela dopo i tanti sacrifici che ho fatto. Ma sono altrettanto felice per la squadra perché è un periodo in cui credono tanto in me e sono veramente contento di averli ripagati.

Come sei arrivato a questa corsa, avevi comunque buone sensazioni?

Ho fatto un bell’inverno. Ho iniziato la stagione con il Gran Premio Castellon dove già sentivo di star bene. Poi ho fatto la Volta a la Comunitat Valenciana dove anche se c’era un gran livello, io ero lì a battagliare. Alla fine sono venuto qua, confidavo un po’ in me stesso e sono riuscito a conquistare questa vittoria.

Quella di ieri è stata anche la prima vittoria stagionale per il Team Polti-Kometa
Quella di ieri è stata anche la prima vittoria stagionale per il Team Polti-Kometa
Raccontaci un po’ di dietro le quinte. Cosa ti hanno detto i tuoi compagni?

Prima della della tappa si voleva già fare la gara dura per me e per Paul Double che sta andando molto forte. Dopo l’arrivo i miei compagni erano tutti molto felici. Domani è l’ultima tappa e proveremo a tenere la maglia del leader. 

E’ anche la prima vittoria stagionale della Polti-Kometa…

E’ una vittoria molto importante. Ci ha dato a tutti una bella carica e non vedevamo l’ora di conquistarla. 

Raccontaci brevemente il finale?

Abbiamo preso la salita che eravamo già da una cinquantina di corridori, nei tratti precedenti si era fatto un buon ritmo. Abbiamo imboccato la salita a tutta, c’è stato l’attacco di un mio compagno dopodiché l’hanno ripreso e ha provato ad attaccare un atleta della Q36.5 su cui ho recuperato. Infine a tre chilometri ho provato io ed è andata bene. 

Podio tutto italiano, anche questo ha reso tutto più speciale?

Sì, perché alla fine si sente tanto parlare che non c’è più il ciclismo in Italia e tutte le polemiche annesse. Invece sia io che Pinarello che Zambanini abbiamo fatto vedere che l’Italia c’è ancora e siamo lì.

Piganzoli e Lonardi oggi difenderanno le maglie di leader della generale e dei punti
Piganzoli e Lonardi oggi difenderanno le maglie da leader della generale e dei punti
Vincere così a inizio stagione è una bella iniezione di fiducia per per le prossime gare. Cosa ci dobbiamo aspettare da Davide Piganzoli?

Sicuramente ti mette morale, ti mette fiducia, ti fa lavorare ancora più convinto e vedremo un po’ per i prossimi appuntamenti. Rimango concentrato e non mi monto la testa, siamo solo all’inizio.

Quali sono i tuoi prossimi impegni?

Adesso farò il Gran Camino, il Trofeo Laigueglia, la Tirreno-Adriatico e poi andrò sul Teide per preparare il Giro d’Italia. 

Come avete festeggiato? 

Abbiamo aperto lo spumante qui in hotel, però c’è da stare concentrati perché alla fine domani (oggi, ndr) si può fare ancora bene e bisogna finalizzare il tutto e stare attenti alla VF Group-Bardiani visto che Pinarello è a 18 secondi. In più dobbiamo dare tutto per fare bene con Lonardi in volata che nella seconda tappa ha fatto vedere di essere in condizione facendo quarto. 

De Cassan, come sta andando nel mondo dei pro’?

08.02.2024
4 min
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In un ciclismo sempre più veloce e selettivo, è difficile prendere le misure, adattarsi e di conseguenza avere delle certezze. Questo succede a tutti i corridori, dal più esperto al giovane che si affaccia per la prima volta al professionismo. Davide De Cassan fa parte della seconda categoria: il ragazzo trentino si è affacciato quest’anno nel mondo dei grandi, con la Polti-Kometa. A dirla tutta con il team di Basso aveva già fatto lo stagista, indossando la maglia della Eolo-Kometa (nome della squadra fino al 31 dicembre 2023). 

De Cassan, con i suoi 22 anni compiuti da poco più di un mese, ha messo i suoi pensieri in un post su Instagram, nel quale ha scritto di essersi lasciato alle spalle i dubbi dell’inverno. Le prime risposte sono arrivate alle corse della Challenge Mallorca. Non ha avuto nemmeno il tempo di riordinare le idee che si è trovato in Turchia pronto per il Tour of Antalya. 

De Cassan ha fatto un periodo da stagista con la Eolo (poi Polti-Kometa) nel 2023
De Cassan ha fatto un periodo da stagista con la Eolo (poi Polti-Kometa) nel 2023
Innanzitutto come stai?

Bene grazie! Siamo qui in Turchia e oggi è iniziato il Tour of Antalya, quattro giorni tosti ma siamo pronti. Le prime gare in Spagna sono andate molto bene, avevo tante domande sulla mia competitività perché il salto di categoria si sente. C’è tanto da fare, ma sono fiducioso, temevo di essere messo peggio. 

Ma quali erano questi dubbi?

Erano a tutto tondo in realtà, anche perché quando ci si allena per mesi senza avere un confronto non è facile. Vero che si guardano i valori, ma era il primo inverno da pro’ e non avevo riferimenti. Il confronto con i compagni mi ha aiutato tanto, ho sfruttato ogni occasione con loro per imparare qualcosa. 

Avevi qualche domanda specifica?

Non domandavo nulla di specifico, tutto quello che mi passava per la testa lo chiedevo. Tante domande le avevo sugli allenamenti a casa e su come stare in gruppo, anche se poi gli argomenti spaziavano davvero molto. 

De Cassan (a sinistra) insieme a Paul Double alle gare di Maiorca
De Cassan (a sinistra) insieme a Paul Double alle gare di Maiorca
Nel post hai parlato di inserimento, tu hai avuto anche l’esperienza da stagista con loro. Quanto è stata utile?

E’ stata davvero un’opportunità importante, in quelle settimane ho visto tante cose sulle quali avrei dovuto lavorare. Alla fine è un mondo completamente nuovo, anche se, grazie all’esperienza da stagista, ho avuto modo di ambientarmi bene. 

Su quali aspetti sentivi di dover lavorare durante l’inverno?

Sulla velocità in pianura. Ho avuto modo di vedere quanto vanno forte i professionisti e questo mi ha impressionato. La differenza tra le due categorie è davvero tanta. In inverno ci ho lavorato tanto, anche con allenamenti specifici come ripetute lunghe all’inizio e alla fine degli allenamenti. Oppure sprint e partenze da fermo. 

Il giovane trentino ha lavorato tanto per incrementare la velocità in pianura
Il giovane trentino ha lavorato tanto per incrementare la velocità in pianura
Quindi hai cambiato qualcosa negli allenamenti?

Sì. Ho messo meno dislivello, ma più pianura, proprio per migliorare. Tanta Z2 per abituarsi bene al colpo di pedale. Dal punto di vista dei rapporti utilizzati però non ho cambiato nulla.

Che morale hai tratto dopo le prime gare in Spagna?

Mi sono detto: «Bene, sono ad un buon punto di partenza». La strada è lunga, ma la base c’è.

De Cassan ha corso per i tre anni in cui è stato U23 con il Cycling Team Friuli (phtors.it)
De Cassan ha corso per i tre anni in cui è stato U23 con il Cycling Team Friuli (phtors.it)
Tu sei uscito dal CTF che è una squadra satellite della Bahrain. Tuttavia sei diventato pro’ in un mondo nuovo, senza una “continuità” di progetto…

Vero era praticamente tutto nuovo, ma in Polti-Kometa ci sono delle figure che già avevo conosciuto al CTF: Pietrobon, i fratelli Bais e ora è arrivato anche Fabbro. Avere loro al mio fianco mi ha aiutato tanto. Non nego che le prime volte quando avevo bisogno di una mano mi giravo verso di loro. Magari è una cosa piccola, però aiuta molto quando sei in un mondo completamente nuovo.

La storia di Rajovic, salvato da un’amicizia

15.02.2022
5 min
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I serbi sono gente tosta, basta guardarli in faccia e Dusan Rajovic non fa eccezione. Il corridore del Team Corratec avrebbe tutte le ragioni per essere arrabbiato, dato che il Team Delko lo ha lasciato a piedi come tutti gli altri nonostante avesse ancora un anno di contratto. Invece si è rimboccato le maniche, si è fidato di un amico – Veliko Stoinic – ed è ripartito dal team toscano, nato dalle ceneri e dalla struttura della Vini Zabù. Un passo indietro per un corridore che era ormai arrivato al professionismo, ma auspicabilmente una passerella verso un futuro più importante.

«Alla Delko – diceva qualche giorno fa Fedeli, passato alla Gazprom-RusVelo proprio dalla Delko – lo tenevano in considerazione, tanto che aveva ancora un anno di contratto. E non guardate il fatto che l’anno scorso abbia corso poco, abbiamo corso poco tutti…».

Nel 2021 ha corso la Roubaix, ma si è ritirato. La Delko era già in chiusura
Nel 2021 ha corso la Roubaix, ma si è ritirato. La Delko era già in chiusura

L’occhio di Bardelli

Rajovic aveva già vinto tra i professionisti, quando aveva la faccia da bambino e indossava la maglia dell’Adria Mobil, ma era passato inosservato. A dire il vero qualcuno si era accorto di lui già nel 2015, quando il serbo aveva 18 anni, ed è lo stesso Andrea Bardelli che in Italia avrebbe portato di lì a poco l’altro serbo Veliko Stoinic. Si compiono piccoli miracoli nella sede del Team Franco Ballerini. E come fu Stoinic a scegliere di vivere in casa con Martin Svrcek, slovacco, agevolandone l’inserimento in Italia, così è stato ancora lui a fare il nome dell’amico.

«Lo conoscevo perché l’avevo trovato da juniores al centro mondiale di Aigle – racconta Bardelli – e aveva vinto una tappa o aveva fatto secondo, non ricordo bene adesso. Io guardo tutto, spulcio gli ordini di arrivo e da allora l’ho sempre seguito. Quando ho preso Stoinic da dilettante, sono andato per una settimana in Serbia ai campionati nazionali. E poi parlando con Veliko, visto che lui ha imparato benissimo l’italiano e conosce i ragazzi di tutte le categorie, veniva sempre fuori il nome di Rajovic. Ma lui era già alla Delko e guadagnava anche bene. Quando poi la Delko ha chiuso, ha parlato con Veliko che qui si è trovato benissimo e ci ha messo una parola anche lui».

Questa foto così sgranata racconta però tanto: sono Rajovic e Stoinic in allenamento in Toscana prima del Tour of Antalya
Questa foto sgranata racconta tanto: sono Rajovic e Stoinic in allenamento in Toscana prima del Tour of Antalya

Una bella storia

Le foto lo ritraggono con Stoinic insieme agli juniores del team toscano, poco prima della partenza per la Turchia. Rajovic aveva già vinto la seconda tappa alla Vuelta al Tachira e di lì a poco avrebbe concesso il bis nella seconda di Antalya.

«Anche se a settembre sono andato a prenderlo all’aeroporto – prosegue Bardelli – sulla scelta della squadra non ci ho messo bocca, però il ragazzo è forte. Fa parte del mio passatempo scovare corridori senza procuratori fin dagli juniores. Ha deciso per l’amicizia con Stoinic e perché ha deciso di fidarsi. E’ una bella storia e conferma che quando giri, conosci. Quest’anno avremo un paio di stranieri che non hanno vinto 10 corse l’anno scorso, ma vedrete come vanno. Dusan è molto forte e molto giovane e gli auguro tutto il futuro».

Delko da dimenticare

Forti di queste informazioni, alla fine della corsa turca abbiamo parlato con il campione serbo, tipo di poche parole, ma molto chiare. I capelli cortissimi, fisicamente non dà l’idea del velocista, quanto piuttosto dell’uomo da classiche dotato di grande spunto.

«Quelli alla Delko – ci ha detto – non sono stati due anni belli, prima per il Covid e poi per la situazione della squadra. Non ho fatto molte corse e in quelle che ho fatto non ho avuto grandi opportunità. La verità è che l’esperienza non ha funzionato bene per me. Ora un po’ ho cambiato mentalità e un po’ sto trovando le cose più facili.

«Conosco Bardelli – conferma – lo conoscevo da prima, appunto perché Veliko Stoinic era con lui nella sua squadra di U23 e me ne parlava. Ho cominciato a correre nel 2011 a 14 anni. All’inizio era per divertimento, poi fra il 2014 e il 2015 ho cominciato a pensare di farne una professione. Non sono un velocista puro, tanto che la tappa che ho vinto aveva parecchia salita. I primi sono andati forte, ma non fortissimo, e io ho tenuto. E’ difficile dire quale tipo di sprint mi piaccia. Quello è stato molto lungo perché avevo perso molte posizioni e sono dovuto risalire». 

In festa con la squadra dopo la vittoria colta ad Antalya
In festa con la squadra dopo la vittoria colta ad Antalya

Scommessa con Parsani

Il resto è la storia di tanti ragazzi che dall’Est sono costretti a partire per trovare una squadra e scommettere su di sé.

«Sono partito da junior – conferma – e sono arrivato al centro Uci di Aigle. Poi sono andato in Adria Mobil continental e da lì alla Delko. Qua si scherza. E Parsani, il nostro capo, si è accorto che ho vinto la seconda tappa in Venezuela e la seconda in Turchia. Così ora si è messo a dirmi che dovrò vincere la seconda anche alla Coppi e Bartali e abbiamo scommesso. Per me va bene, ma quella tappa almeno avrà l’arrivo in volata? Per il resto andiamo avanti. Qualche sogno ce l’ho anche io ed è correre il Tour de France».

Era in una squadra francese, credeva di esserci vicino. Ora è in Italia, in una continental appena nata. Ricomincerà da capo. E se ha ragione Bardelli, magari una WorldTour o una professional arriverà prima o poi per portarselo via. 

Caro Rivi, per aiutare Fortunato rinunceresti alle fughe?

14.02.2022
5 min
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Sabato finalmente Rivi è andato in fuga. Nella tappa di Termessos con arrivo in salita non sarebbe servito stare attorno a Lonardi, così lui e Bais, corregionali e compagni di squadra alla Eolo-Kometa, sono entrati nell’azione che si è giocata la corsa. E stando lì davanti, il gigante di Trento ha respirato la sua aria preferita.

Samuele Rivi è di quelli che i riflettori non li cerca e si meraviglia quando lo trovano. Infatti quando siamo arrivati al furgone e Francesco Caielli, addetto stampa del team varesino gli ha chiesto di scendere, si è sentito chiaramente dall’interno: «Sicuro che vogliano me?».

Insomma, un po’ la sua discrezione e un po’ la tendenza dei media a concedere spazi in base ai punti UCI, quando ce lo siamo trovato di fronte, era quasi in imbarazzo. Poi il ghiaccio si è sciolto.

Nell’anfiteatro di Aspendos, la Eolo-Kometa in posa. Rivi è il primo da sinistra
Nell’anfiteatro di Aspendos, la eolo-Kometa in posa. Rivi è il primo da sinistra
Finalmente all’attacco…

Mi piace particolarmente andare in fuga. Se mi avessero dato il via libera sarei andato volentieri anche nelle prime tappe, ma mi hanno tenuto in gruppo. Cerco di fare quello che mi dicono, poi se c’è la possibilità di attaccare è bello. Perché entri nel vivo della corsa subito e insomma… Penso che senti la corsa in maniera diversa, in una maniera che mi piace molto. Fa parte di me.

Il fuggitivo è il primo che la gente vede arrivare, dopo le staffette e le prime auto.

Ci ho pensato, soprattutto al Giro d’Italia con tanti spettatori. C’era tantissima gente a bordo strada ed era emozionante (nella tappa di Sega di Ala, ha anche riconosciuto suo fratello, che non vedeva da un mese, ndr). Anche io mi ricordo quando andavo sulla strada del Giro e i primi che vedi effettivamente sono quelli in fuga. Hai sempre il tifo di tutta la gente, perché uno può avere come beniamino i grandissimi scalatori o chi va a vincere la classifica generale o la tappa, però la fuga prende sempre il tifo da tutti. Io non penso di aver sentito mai nessuno dire: speriamo che li vanno a riprendere. Ti sostengono sempre e penso che sia bello.

Una fuga che ricordi?

Oddio, ne ho viste tante. Perché ogni volta che c’era il Giro del Trentino o il Giro d’Italia, ero a bordo strada. Però mi piaceva di più andare in zona arrivo, perché poi andavo a chiedere le borracce ai massaggiatori, per provare a portare a casa qualcosa.

E se ti trovi in fuga con uno che non collabora?

Inizia il nervosismo. Se non ci sono le telecamere, può scappare qualche parola (sorride, ndr). Se ci sono le telecamere bisogna darsi un contegno. Però dipende dalle situazioni. Se uno non collabora perché non ce la fa, allora porti pazienza. Però se è un corridore importante che non collabora, allora innervosisce

Ogni cosa a suo tempo

Rivi è alto 1,87, pesa sui 72 chili e sul viso porta la barba incolta e un sorriso buono. Siccome è un ragazzo di spirito, sul bus è lui che sceglie la playlist. Sulla bici è allungato come prima di lui, ad esempio, Leonardo Giordani. E al pari dell’iridato U23 di Verona 1999, anche Samuele va forte in salita. Lui al professionismo c’è arrivato senza vittorie, dopo due anni alla Viris Vigevano e uno al Tirol KTM.

«A volte il corpo – ha detto in una precedente intervista – ha bisogno di tempo per maturare ed ognuno ha i suoi ritmi. E’ fondamentale capire se il ciclismo può essere una strada per il futuro e se si è adatti a farlo: servono tanta testa e dedizione»

Nelle tappe di pianura del Tour of Antalya, Rivi ha lavorato per tenere coperto Lonardi
Nelle tappe di pianura del Tour of Antalya, Rivi ha lavorato per tenere coperto Lonardi
Che inverno è stato?

Abbastanza freddo a casa, però poi siamo stati in ritiro con la squadra in Spagna e abbiamo trovato temperature migliori. Comunque un inverno regolare come l’anno scorso. Ci siamo potuti allenare nonostante la situazione del Covid e questo è stato un aspetto positivo.

Hai visto crescere questa squadra, com’è dall’interno?

E’ bello farne parte dal primo anno e sicuramente mi accorgo che siamo più rispettati in gruppo. Però c’è ancora tanto da lavorare, non ci accontentiamo, facciamo sempre il nostro lavoro. 

Bene le fughe, infatti, ma c’è anche da aiutare.

E’ bello, ma è diverso. L’ideale sarebbe poter aiutare i compagni essendo già in fuga (ride, ndr). Per noi comunque è un lavoro, quindi dobbiamo fare quello che dice la squadra. E poi è ovvio che aiutare in modo fondamentale un compagno che vince è una bella soddisfazione.

Con Pellaud e Marengo in una fuga del Giro 2021: nel 2022, se ci sarà, avrà la stessa libertà di movimento?
Con Pellaud e Marengo in una fuga del Giro 2021: nel 2022, se ci sarà, avrà la stessa libertà di movimento?
E qui veniamo a Fortunato: com’è vederlo diventare capitano?

Non fa molto effetto, in realtà, perché il rapporto con noi non è cambiato. E’ un ragazzo molto umile, simpatico. Ha fatto anche una videochiamata l’altra sera, perché in questi giorni ha iniziato anche lui a correre. Era in hotel, sempre sorridente, non è che abbiamo vissuto un grande cambiamento in lui. Poi è chiaro che nel modo di correre, alcune dinamiche cambieranno. Per un’eventuale classifica al Giro d’Italia o comunque altre corse, bisogna comportarsi in maniera diversa. Non ci si può permettere di prendere dietro alcune salite o alcuni punti cruciali della corsa, perché avendo un corridore che può fare da leader in una corsa del genere, ci sarà da aiutarlo nel migliore dei modi.

Rimboccarsi le maniche, insomma…

Ovvio, è bello a volte avere dei riconoscimenti, ma il nostro lavoro è sempre cercare di vincere delle corse e questo non cambia.

Tour of Antalya, si chiude nel segno di “Kuba” e del danese

13.02.2022
8 min
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La città vecchia sta sotto, in un cunicolo di viuzze in penombra strapiene di botteghe. Vendono the e spezie, narghilè e oggetti d’artigianato, abbigliamento contraffatto e monili d’ogni genere. Se ti lasci inghiottire, la musica a tutto volume da Piazza Cumhuriyet lentamente si attutisce e ti ritrovi in Turchia. E’ quello che ci vuole prima dell’arrivo dell’ultima tappa, altrimenti le corse diventano tutte uguali e non cogli il sapore del posto che ti accoglie. E mentre risali con le sporte piene di the da riportare a casa, gli aggiornamenti su twitter del Tour of Antalya dicono che il gruppo ha ripreso il fuggitivo e si arriverà in volata.

Si batterà lo stesso arrivo di venerdì, ma lì si veniva da 3.000 metri di dislivello. Oggi invece, fatta salva una salitella all’inizio, il finale è da montagne russe.

Questa volta Mareczko, guidato dal treno, ha lanciato la volata ai 200 metri
Questa volta Mareczko, guidato dal treno, ha lanciato la volata ai 200 metri

Il giorno di Kuba

Sopra, al livello della strada, si è ammassata una folla da pensare e gridare a gran voce che il Covid non esista. Le sole mascherine sono quelle della corsa, mentre la gente se ne fa un baffo e si assiepa ai piedi del maxi schermo. Ci hanno raccontato che ieri sera, in un moto di ilarità, la speaker della corsa abbia lievemente ironizzato sulle attenzioni italiane nei confronti del virus. Di certo qua i telegiornali parlano d’altro, magari ispirati da fonti… diverse. E la gente la vive con apparente noncuranza, mentre Jakub Mareczko lancia la volata perfetta e questa volta non concede ai rivali neppure l’onore della risposta.

Il bresciano della Alpecin-Fenix parte ai 200 metri con il 54×11 in canna e per gli altri dietro non c’è verso di rimontarlo.

Per Malucelli al Tour of Antalya un primo e un terzo posto: trasferta molto positiva
Per Malucelli al Tour of Antalya un primo e un terzo posto: trasferta molto positiva

Malucelli terzo

Nello spazio dietro al podio del Tour of Antalya, nel solito ribollire di corridori, miss, massaggiatori e giornalisti, il secondo classificato Arvid De Kleijn ha gli occhi lucidi perché forse ci sperava. Malucelli invece, arrivato terzo, smorza le polemiche con Mareczko.

«Gli ho anche fatto i complimenti – sorride – questa volta ha fatto la volata perfetta. A 70 all’’ora ogni dettaglio fa la differenza e non vedo l’ora di poter usare le ruote da 60 come le sue e il casco aerodinamico. Ci stiamo arrivando, ma comunque questo è il ciclismo. Non si può sempre vincere. E oggi ho usato anche io il 54, come in Cina a volte si usava il 55. Dipende dai finali. In corse come oggi, il padellone lo puoi rischiare».

Nelle interviste dopo corsa, è affiorata tutta la determinazione di Mareczko
Nelle interviste dopo corsa, è affiorata tutta la determinazione di Mareczko

Il treno giusto

Poi arriva Kuba, con il volto sollevato e la mascella contratta e orgogliosa di chi si è tolto un bel peso.

«Ci voleva – dice – per la squadra e per me. Poi domani è il compleanno di mio figlio Alexander, perciò è stata una vittoria speciale. Arrivo a casa ancora in tempo per fargli gli auguri. Questa volta i compagni hanno fatto un lavoro egregio. Quando ho visto i 200 metri, sono partito. Stavolta ho avuto il treno, per cui non potevo sbagliare. Mentre nella prima tappa ci siamo un po’ persi, era stato un finale caotico. Oggi è andato tutto alla perfezione».

Piano riuscito

E poi va oltre, approfondendo quanto ci eravamo detti l’altra sera e in qualche modo completando il discorso. E’ sempre bello, concedeteci la vanità, assistere alla concretizzazione di un progetto.

«Da quest’inverno stiamo lavorando bene con la squadra – dice – ci siamo allenati in ritiro, abbiamo fatto i nostri test. E’ diverso dall’arrivare alle corse e trovarsi alla prima tappa a dover fare le prove generali. Questa è la dimostrazione che avendo fatto pratica in allenamento, i risultati si vedono. In Arabia Saudita non ci siamo riusciti, perché alcuni compagni sono stati male e altri sono caduti. Qua al Tour of Antalya alla fine sono rimasti gli uomini più importanti per me che hanno fatto il lavoro nel finale. L’ultimo è stato Sam Gaze, prima di lui Simon Dehairs e prima ancora Fabio Van den Bossche. Grazie a questi tre ragazzi oggi siamo riusciti a ottenere quello che gli altri hanno fatto con sei corridori. Quindi mi ritengo più che soddisfatto».

Hindsgaul a suo agio fra la gente, ma la vecchietta dove va?
Hindsgaul a suo agio fra la gente, ma la vecchietta dove va?

Il gioviale Hindsgaul

La classifica del Tour of Antalya invece se l’è portata a casa il gioviale vincitore di Termessos, quello Jacob Hindsgaul che avrebbe potuto temere imboscate da Fedeli, distante 4 secondi, ma alla fine si è salvato alla grande. E dopo l’arrivo, nel marasma generale, lo abbiamo visto posare divertito con piccoli tifosi e simpatiche vecchiette, piombate non si sa come in mezzo ai corridori. Qualche concessione all’essere in Turchia evidentemente va concessa.

«Ieri prima vittoria da pro’ – dice e ride – oggi prima classifica generale, speriamo solo che non sia l’ultima. Nonostante tutto, è stata una tappa dura. Tante squadre volevano attaccare, ma abbiamo controllato bene con tre uomini davanti. Devo dire che i miei compagni hanno fatto uno straordinario lavoro e grazie a loro alla fine, la giornata è stata facile».

La Uno-X alla fine festeggia il Tour of Antalya con una tappa e la vittoria finale: ottimo lavoro
La Uno-X lascia il Tour of Antalya con una tappa e la vittoria finale: ottimo lavoro

Obiettivo Avenir

E siccome la curiosità di ieri non s’è ancora sopita e a guardarlo ricorda davvero il Froome dei bei tempi per la finezza dei polpacci e l’inconsistenza dei bicipiti, si va avanti a chiedere.

«Le classifiche generali – spiega – un giorno potrebbero essere il mio terreno. Sono stato campione nazionale juniores della crono e vado ancora bene, per cui è un piccolo vantaggio che metto da parte. Ad ora però le montagne molto alte sono troppo, meglio quelle intermedie di corse come questa. Nonostante ciò, il mio grande obiettivo di stagione sarà il Tour de l’Avenir, dove voglio conquistare il podio. Anche se la primavera mi vedrà alla Volta Catalunya e anche alla Liegi, dove mi piacerebbe arrivare con una buona condizione».

E’ Grand’Italia

La carovana del Tour of Antalya si scioglie così. La serata permetterà di salutare le bravissime persone che ci hanno supportato e di fare i conti con il bagaglio da riempire. A Mareczko che deve fare il tampone per rientrare lo abbiamo detto noi fra una considerazione e l’altra, aggiungendo che per fortuna il molecolare lo pagherà intorno ai 17 euro. Lui ha fatto un ghigno e ha ammesso che l’anno scorso (come anche altri altrove) ha dovuto pagarseli tutti da solo a 78 euro a tampone. Capito perché, fra l’altro, è contento di trovarsi alla Alpecin-Fenix?

La stagione è appena iniziata. Dall’Oman sono rimbalzate in mattinata le immagini della vittoria di Masnada. Ieri Covi a Murcia. E prima ancora Ganna, Malucelli e Viviani. Non avremo ancora un vincitore per il Tour de France, insomma, ma il ciclismo italiano proprio così male non è messo