Matteo Scalco è uno dei ragazzi della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè che è entrato nella squadra di Bruno e Roberto Reverberi dalla porta del progetto giovani e ora si trova a bussare al piano superiore. Al suo terzo anno nella professional italiana il giovane di Thiene ha progetti ambiziosi, consapevole che il tempo di imparare c’è, ma è anche ora di mettere in pratica quanto visto.
Scalco ha iniziato la stagione correndo tanto con i professionisti e alzando l’asticella della gare a cui ha preso parteScalco ha iniziato la stagione correndo tanto con i professionisti e alzando l’asticella della gare a cui ha preso parte
Altalena
Lo stesso discorso fatto per Turconi vale per Scalco e gli altri ragazzi che da un po’ militano nel progetto under 23. La stagione scorsa è servita per capire cosa serve per essere competitivi, ora è il momento di esserlo.
«Essere qui – racconta Matteo Scalco – è come essere in un devo team. Solo che noi l’abbiamo interna e siamo parte di un’unica formazione. L’obiettivo è quello di provare a crescere, fare esperienza al di là (tra i professionisti, ndr) dove c’è il vero ciclismo. Dopo quando torniamo tra gli under 23 lo facciamo per provare a cogliere il risultato, e fare la gara».
Gli impegni tra gli U23 rimangono centrali nella sua crescitaGli impegni tra gli U23 rimangono centrali nella sua crescita
Com’è stato l’approccio con il ciclismo dei grandi all’inizio di questa stagione?
Ho iniziato subito con la Valenciana e il Gran Camino, dopo sono andato alla Tirreno-Adriatico. Tutte gare di un livello alto, forse l’unica era il Gran Camiño, che era un po’ più semplice. Però alla fine sei sempre accanto a corridori dalle ottime qualità.
Hai alzato la qualità delle gare rispetto allo scorso anno, come ti sei trovato?
Bene, devo dire. Già l’anno scorso ho fatto metà stagione con gli under e metà con i professionisti. Fa tutto parte di un “piano di avvicinamento” per arrivare a fare quei ritmi.
Durante l’inverno hai lavorato in maniera diversa?
Ogni anno ho aggiunto un piccolo tassello. Rispetto alle stagioni passate durante la preparazione ho messo un po’ più di obiettivi specifici. Si cerca di fare sempre quel passo in avanti per poi subire meno la gara. La grande novità dell’inverno è che ho cambiato preparatore passando da Artuso a Cucinotta. Per motivi contrattuali non ha più potuto seguirmi ed è stato proprio lui a indirizzarmi verso Cucinotta.
Da sinistra: Pinarello e Scalco, il progetto giovani inizia a dare i suoi fruttiDa sinistra: Pinarello e Scalco, il progetto giovani inizia a dare i suoi frutti
Come ti trovi?
Bene, abbiamo fatto dei piccoli passi per provare a salire quello scalino necessario alla crescita generale. Gli allenamenti sono gli stessi fondamentalmente. Però al posto che due salite fai un allenamento con tre, oppure allunghi i tempi delle ripetute. Tutti step brevi che messi insieme diventano grandi.
E stai riuscendo a mettere insieme questi passettini?
Ci proviamo. Le sensazioni sono positive, legate anche al fatto che non ho smesso di crescere e svilupparmi, quindi ogni anno c’è anche un incremento fisiologico.
Con il Piva è iniziata la stagione U23, quali sono gli obiettivi?
Provare a vincere, tutti noi della Vf Group-Bardiani abbiamo questa ambizione. Non dimentichiamoci che anche andare alle gare per cercare di fare risultato è un fattore di crescita.
Gli impegni con la nazionale di Amadori rimarranno centrali per Scalco (foto Tomasz Smietana)Gli impegni con la nazionale di Amadori rimarranno centrali per Scalco (foto Tomasz Smietana)
Cosa senti di poter fare in più rispetto al 2024?
Il livello medio è molto alto, se si guarda ai primi dieci della classifica generale lo si capisce subito. Tutti, o quasi, sono diventati professionisti o comunque stanno facendo vedere grandi cose. Gli step si fanno anche in queste competizioni. Ad esempio l’anno scorso all’Avenir avevo l’obiettivo di stare nei dieci, nel 2025 l’asticella si alza inevitabilmente.
Poi c’è un conto in sospeso con il Giro Next Gen…
Lo scorso anno mi sono dovuto ritirare per una faringite e non sono mai riuscito a dimostrare le mie qualità. Ora la voglia è di riprendermi quel che mi è mancato.
Pietro Mattio ha concluso la sua stagione con il Giro di Lombardia U23, chiuso al nono posto. Una buona prestazione che ha messo il timbro a un 2024 che lo ha visto crescere, soprattutto negli ultimi mesi. Le prestazioni sono state di grande qualità, prima al Tour de l’Avenir e poi al mondiale di Zurigo nel quale si è fatto vedere spesso a inizio gara. A distanza di tre settimane dalla sua ultima gara il corridore del devo team della Visma Lease a Bikesi appresta ad iniziare la sua terza stagione in giallo-nero. In quello che dovrebbe essere il suo ultimo valzer tra i piccoli (in apertura foto Instagram). Infatti il suo obiettivo è quello di trovare spazio nella formazione WorldTour.
Una pedalata per godersi il semplice girare dei pedali e staccare la testa dall’agonismoUna pedalata per godersi il semplice girare dei pedali e staccare la testa dall’agonismo
Il piemontese nei suoi giorni di vacanza non è riuscito a tenere a freno la sua passione per la bici e qualche giro se lo è goduto. Ritmo blando e compagnia con la voglia di pedalare per godersi il gesto e non per allenarsi o cercare la prestazione.
«Sono troppo innamorato della bicicletta – racconta – per lasciarla in garage, dopo qualche giorno mi viene voglia di prenderla. Così ogni tanto mi concedo una pedalata con gli amici. E’ un modo per godermi il panorama e le strade sulle quali mi alleno tutto l’anno. Durante la stagione non posso alzare la testa per vedere cosa mi circonda, queste uscite durante la off season servono a questo: ammirare ciò che mi circonda. In più è un modo per mantenere amicizie diverse, perché in questi giri pedalo con gente che durante l’anno non riesco a vedere. Un’altra cosa che mi piace fare è andare in negozio da mio padre e parlare con dipendenti e clienti».
Paesaggi che di solito si vivono a “testa bassa” ora ce li si può godere fino in fondoQueste uscite sono un modo anche per pedalare con gli amiciUna pedalata per godersi il semplice girare dei pedali e staccare la testa dall’agonismoQueste uscite sono un modo anche per pedalare con gli amici
Quanto è difficile per te non salire in bici per quasi un mese?
A me manca parecchio. Ci sono atleti che arrivano a ottobre e la bici iniziano a odiarla, e non vedono l’ora di andare in vacanza. Io la lascio giù perché mi riposo, ma pedalare con tranquillità mi permette anche di staccare la testa dall’agonismo. Ovvio che poi se prendo un aereo e vado in vacanza non la porto con me, ma se sono a casa un giretto me lo concedo, ma solo uno. Giuro.
A proposito, le vacanze come sono andate?
Quasi finite in realtà (dice ridendo, ndr). Alla fine ho staccato a inizio ottobre dopo Il Lombardia U23, sono passate tre settimane. Mi sono concesso qualche escursione e delle gite in città nuove, l’ultima sarà Napoli questo fine settimana, insieme alla mia famiglia. Da lunedì riprendo ad allenarmi, in maniera molto blanda. Si riparte con palestra, corsa e qualche giro in bici.
Il 2025 sarà un anno importante per Mattio così da concentrarsi sul passaggio nel WT (foto Instagram)Il 2025 sarà un anno importante per Mattio così da concentrarsi sul passaggio nel WT (foto Instagram)
Il primo raduno quando sarà?
Il 17 novembre ci troviamo in Olanda per qualche giorno, conosceremo i nuovi compagni e fare qualche uscita tutti insieme. Poi come ogni anno, a dicembre, andremo in Norvegia per dieci giorni a sciare. Niente bici solo sci di fondo, è sempre divertente vedere chi non è capace. Due anni fa è toccato a me (ride ancora, ndr).
Sarai al tuo terzo anno nel devo team, un veterano tra i giovani.
Vero! Sarò uno dei più “anziani” visto che non abbiamo quarti anni. Mi aspetta una stagione carica di responsabilità verso i miei compagni più piccoli. In due stagioni sono cresciuto tanto e ho imparato altrettanto, ora mi tocca trasmettere qualcosa.
Non è da nascondere che l’obiettivo del 2025 è entrare nel WorldTour.
Firmare per il team professionistico è l’ambizione della prossima stagione. Per farlo dovrò continuare a crescere e perché no cercare di vincere. Non mi sono ancora fissato degli obiettivi sul calendario, per quello c’è tempo.
Un grande step mentale è arrivato con il Giro Next Gen a giugnoUn grande step mentale è arrivato con il Giro Next Gen a giugno
Dal punto di vista fisico e atletico cosa dovrai fare?
Allora sono consapevole che dovrò implementare il lavoro in palestra, cosa che in queste due stagioni ho trascurato. Sicuramente è un punto sul quale penso di poter migliorare parecchio e dal quale potrei ricavare la potenza giusta per fare il salto definitivo.
Magari aumentare le corse con il team WorldTour può darti una mano?
Sicuramente. Nel 2024 avrei dovuto fare qualche gara in più con i grandi ma il Tour de l’Avenir e il mondiale hanno un po’ cambiato i piani. L’anno prossimo dovrei fare un calendario maggiormente improntato sulle gare con i professionisti già dai primi mesi: ci sarà il Gran Camino e la Coppi e Bartali, ma vedremo le decisioni del team. Mi piacerebbe sempre fare le gare internazionali con gli under 23 come la Roubaix o la Liegi. Credo siano gare vicine alle mie caratteristiche e vorrei arrivarci pronto.
Mattio alla Visma ha capito che serve anche lavorare per i compagni se si vuole far parte di un grande team (foto Instagram)Mattio alla Visma ha capito che serve anche lavorare per i compagni se si vuole far parte di un grande team (foto Instagram)
Già dall’Avenir avevi trovato un grande miglioramento, ora manca poco?
Da giugno in poi sento di aver fatto uno step mentale importante. Ho trovato qualcosa e mi sono impegnato per dimostrarlo. Sento di aver fatto un ottimo finale di stagione: Avenir e mondiale, ma anche Il Lombardia U23. Nelle ultime gare ero stanco, ma grazie anche ai miei compagni ho trovato le giuste energie mentali e fisiche. Il gruppo è parecchio unito e aiutarsi a vicenda ci viene bene.
Nel 2025 ti aspetti qualche spazio in più?
In realtà sento di averli sempre avuti. Con il passare degli anni ho capito che nel ciclismo ci sono dei fenomeni, sono pochi ma esistono. Quando si ha uno di loro in squadra è meglio aiutarli e vincere che provare a essere egoista per arrivare tredicesimo. Preferisco una vittoria del team. Un ragazzo davvero forte con il quale ho corso è Nordhagen e quando lo vedi andare in salita ti viene naturale dargli una mano. Così come lui l’ha data a noi in altri appuntamenti.
Kooij vince a Viadana con capolavoro finale di Affini e Van Aert. Noi abbiamo chiesto ad Alberto Dainese di commentare lo sprint ed ecco cosa ci ha detto
Sulle strade delle classiche italiane dedicate agli under 23 quest’anno si è spesso vista tra le prime posizioni la maglia della GW Erco Shimano. Team continental colombiano abituato a partecipare alle corse del calendario europeo. Chi si è messo spesso in evidenza è stato Diego Pescador, magro, agile e capace di mettersi alla pari dei migliori in salita. Un sorriso grande e argentato, visto che ancora indossa l’apparecchio. Un segno distintivo che in gruppo però sparisce, per fare largo a uno sguardo attento e concentrato.
Pescador è nato nel comune di Quimbaya, a metà strada tra Cali e Bogota. E’ giovane, visto che non ha ancora compiuto 20 anni, lo farà il prossimo 21 dicembre. Eppure lo scalatore colombiano ha appena firmato un contratto di tre anni nel WorldTour con la Movistar di Unzue.
Diego Pescador da under 23 ha corso la GW Erco Shimano (foto Nicolas Mabyle/Direct Velo)Diego Pescador da under 23 ha corso la GW Erco Shimano (foto Nicolas Mabyle/Direct Velo)
Consigliato da Mori
Uno degli artefici del suo trasferimento è stato Massimiliano Mori, suo procuratore. E’ stato lui a condurlo nel ciclismo dei grandi seguendolo passo dopo passo.
«Pescador – ci spiega Mori – l’ho conosciuto perché già lavoro con altri atleti colombiani come Restrepo e Gomez della Polti-Kometa. Ho visto i suoi dati e sono rimasto molto colpito da quello che può fare. Così l’ho seguito passo dopo passo nella sua crescita. Già al primo anno da under 23 si era messo in mostra al Tour de l’Avenir e nelle corse a tappe del suo Paese. Quest’anno è arrivato un ulteriore step di crescita e la chiamata della Movistar gli ha fatto sicuramente piacere».
Nel 2022 ha indossato la maglia della Colombia al Giro della Lunigiana (foto Instagram)Nel 2022 ha indossato la maglia della Colombia al Giro della Lunigiana (foto Instagram)
In Italia fin da giovane
Diego Pescador ha corso molto in Europa, in particolare in Italia, già quando era junior. Abbiamo deciso di farci raccontare personalmente questa sua crescita che in breve lo ha portato nel mondo del WorldTour.
«Grazie a Dio – dice subito il giovane colombiano – ho avuto l’opportunità di andare in Europa da quando avevo 16 anni con la squadra del Ministero dello Sport, già da junior. Quello che ho trovato è un ciclismo molto duro per la tecnica e per la professionalità che i ragazzi hanno fin da giovani. Ho sempre partecipato alle gare del calendario italiano, la base della squadra è sempre stata in Italia. E’ un Paese che mi piace molto. Il livello è altissimo, mi ricordo che le gare erano praticamente ogni otto giorni. Ho preso parte a corse importanti come il Giro della Lunigiana, forse la più difficile fatta in quel periodo».
Pescador ha partecipato a diverse gare con i pro’ nel 2023, qui al Giro di SiciliaPescador ha partecipato a diverse gare con i pro’ nel 2023, qui al Giro di Sicilia
Che differenza hai visto tra il ciclismo europeo e quello colombiano?
Quando ho avuto modo di fare questo confronto per la prima volta era il 2022. Direi che è abissale, è stato davvero qualcosa di molto sorprendente. Credo che venire in Europa così presto sia stato qualcosa di molto positivo per avanzare nel mio processo di crescita come corridore. Grazie alle gare uno con il passare dei mesi acquisisce esperienza. E’ normale soffrire nelle prime uscite ma bisogna avere il coraggio di buttarsi alle spalle quella paura. In Europa è importante la posizione in gruppo, si deve restare sempre tra i primi 20 perché ci sono parecchi passaggi tecnici.
Poi da under 23 sei andato a correre anche tra i professionisti.
Ho avuto modo di prendere parte al Giro di Sicilia, al Tour de Bretagne e altre gare con squadre WorldTour. Questi appuntamenti mi hanno dato qualcosa in più grazie ai lunghi chilometraggi. E’ stato un altro step nella mia crescita. In Colombia si corre spesso al mattino presto, ma devo ammettere che mi trovo meglio in Europa, dove spesso si gareggia al pomeriggio.
Hai fatto bene sia in gare a tappe che in corse di un giorno, quali preferisci?
Quelle a tappe. Ho visto che con il passare dei giorni il mio corpo si riesce a esprimere al meglio. Per quanto riguarda le corse di un giorno mi piacciono quelle con tanta salita. Ma se proprio devo scegliere direi che non ho dubbi: gare a tappe.
Quest’anno si è messo in luce nelle classiche di primavera U23, qui al Recioto dove è arrivato secondo (photors.it)Quest’anno si è messo in luce nelle classiche di primavera U23, qui al Recioto dove è arrivato secondo (photors.it)
Tanto che al Tour de l’Avenir hai colto un ottimo settimo posto finale quest’anno.
E’ una competizione che mi piace molto, nella quale ho gareggiato due volte. Mi sono divertito molto a correre con la nazionale colombiana, sarà sempre un orgoglio rappresentare il mio Paese. In più in una gara in cui i colombiani hanno sempre fatto molto bene. Per noi che arriviamo da lontano è sempre più complicato fare bene, dato che la nazionale colombiana non ha una base in Europa. E’ difficile trasportare l’attrezzatura necessaria per il recupero e tutto il materiale tecnico. Penso sia uno svantaggio in questo ciclismo moderno, dove ogni piccola cosa è un guadagno per il giorno dopo.
Cosa ti manca per essere al tuo massimo?
Oltre quello che ho detto direi che mi serve continuità nel correre in Europa. Ad esempio: al Tour de l’Avenir non è facile confrontarsi con ragazzi che fanno un calendario di alto livello da gennaio o febbraio.
Dietro quel sorriso si nascondono tanta determinazione e voglia di arrivare (photors.it)Dietro quel sorriso si nascondono tanta determinazione e voglia di arrivare (photors.it)
Quali sono le tue qualità principali?
In salita vado molto bene grazie anche alla mia corporatura. Dall’altro lato essere leggero non mi aiuta nelle cronometro e negli sprint, quindi dovrò migliorare questi aspetti. In discesa mi difendo bene ma il mio terreno preferito è la montagna.
Dal 2025 sarai con la Movistar, come vedi questo passo?
L’opportunità che ho di correre in un team WorldTour senza passare da una squadra development non mi spaventa molto. Penso che per competere in questo ciclismo moderno saltare nel WorldTour a 19 anni sia la cosa giusta da fare. Così da essere pronto per qualche grande corsa a 22 o 23 anni come hanno fatto Remco Evenepoel o Pogacar. Il 2025 mi servirà per imparare dai più esperti. Anche se ho già detto in altre occasioni che mi piacerebbe vincere al mio primo anno da professionista so che è abbastanza difficile, ma non impossibile.
Il suo punto forte è la salita, mentre a cronometro deve crescere parecchio (foto Nicolas Mabyle/Direct Velo)Il suo punto forte è la salita, mentre a cronometro deve crescere parecchio (foto Nicolas Mabyle/Direct Velo)
Hai firmato per tre anni, cosa vedi nel futuro?
La Movistar mi può dare l’approccio per diventare un leader un giorno, se Dio mi darà l’opportunità e le attitudini per diventare un ciclista di successo. E’ quello per cui lotto ogni giorno. Questa è stata l’unica squadra, delle tante che mi hanno contattato, che mi ha dato queste garanzie e mi ha assicurato che mi avrebbe fatto crescere con calma.
Quanto è difficile lasciarsi alle spalle la propria casa e la propria vita?
La cosa più difficile sarà salutare la famiglia, al primo anno non credo di riuscire a portare qualche parente con me. Ma il mio sogno è diventare il miglior ciclista nella storia della Colombia. So di poterlo realizzare con molto lavoro, dedizione e disciplina. I miei genitori e le persone che mi circondano hanno sacrificato molto perché io sia dove sono e non posso deluderle. Non vedo l’ora di indossare la divisa della Movistar e fare la prima gara. La verità è che sono molto ansioso e aspetto quel momento, ma sono molto motivato.
Ha una composizione particolare, la nazionale francese che sabato prenderà il via nella prova femminile dei mondiali. C’è Juliette Labouscapitana della squadra, c’è Cédrine Kerbaol da tenere in considerazione su un percorso con tanta salita, c’è l’olimpionica di mtb Pauline Ferrand-Prevot che proprio in quest’occasione si riavvicina alla strada dove passerà il resto della sua carriera. Tra le “bleuses ”c’è anche Marion Bunel, l’unica Under 23, uno degli elementi più in evidenza in questo scorcio di stagione.
Marion ha vinto l’Avenir con 2’11” su Holmgren (CAN) e 5’11” su Vadillo (ESP, foto Pham Vam Suu)Marion ha vinto l’Avenir con 2’11” su Holmgren (CAN) e 5’11” su Vadillo (ESP, foto Pham Vam Suu)
Già, perché parliamo della vincitrice del Tour de l’Avenir che subito prima aveva corso il Tour Femmes e subito dopo si è dimostrata già pronta per la categoria assoluta conquistando la piazza d’onore al Tour de l’Ardeche. Non sono gli unici risultati della sua stagione ma sono abbastanza per aver catalizzato su di lei anche l’attenzione di molti team WorldTour, che vedono nella diciannovenne di Bernay un prospetto di sicuro avvenire.
Qual è la tua storia di ciclista, come hai iniziato?
E’ una storia di famiglia che risale addirittura ai miei bisnonni che erano commercianti di biciclette in una cittadina della Normandia. Poi c’è stata mia nonna che ha conosciuto mio nonno ciclista e insieme hanno avuto mio padre che andava in bicicletta anche lui da quando aveva 13 anni e che mi ha trasmesso questa passione già quando avevo 5 anni. Avrei potuto non dedicarmi alla bici?
Insieme alla sua famiglia, qui all’Alpe d’Huez dopo la tappa del Tour (foto LP/Laurent Derouet) Insieme alla sua famiglia, qui all’Alpe d’Huez dopo la tappa del Tour (foto LP/Laurent Derouet)
Quest’anno hai avuto grandi miglioramenti, secondo te a che cosa sono dovuti?
Sicuramente la mia squadra mi ha aiutato a imparare molto, soprattutto nelle diverse gare del calendario professionistico. Mi hanno offerto anche ciò che era veramente necessario per poter progredire. Di mio posso dire di averci messo una crescita mentale, un approccio diverso alle gare, ho una forte motivazione a emergere e questo significa che sono molto più rigorosa negli allenamenti, faccio attenzione ai dettagli.
Quanto è importante poter correre contro le più forti al mondo e non seguire un calendario limitato alla tua categoria?
E’ un sogno correre contro le più grandi, ma è anche l’obiettivo. Fin da quando ero molto piccola, ho sognato di gareggiare nelle gare più importanti, contro ragazze più grandi. E’ chiaro che si tratta di qualcosa di eccezionale, ma è importante per crescere, abituarsi a un livello sempre maggiore, credo che la chiave per la mia crescita sia lì.
Per Marion Bunel, l’Avenir è stata una cavalcata trionfale, con due tappe e il sigillo in terra italianaPer Marion Bunel, l’Avenir è stata una cavalcata trionfale, con due tappe e il sigillo in terra italiana
Nella tua vittoria al Tour de l’Avenir, quanto è stata importante l’esperienza accumulata al Tour de France femmes?
Il Tour de France prima dell’Avenir mi ha fatto acquisire molto ritmo, mi ha dato la condizione giusta anche perché il livello della competizione era molto differente. Tanto che nell’Avenir non ho sofferto affatto, ero a mio agio. La settimana del Tour de France è stata davvero molto intensa, molto veloce, con lunghe distanze. Mi sono avvicinata alla Grande Boucle con una preparazione ottimale, anche se avevo margini di miglioramento e sono riuscita a progredire durante tutto il suo evolversi e questo ha fatto sì che non iniziassi la corsa successiva stanca, ma al contrario avevo trovato una buona condizione.
Sai che in Italia sei indicata come esempio da seguire per una giovane che per emergere si confronta con le più forti, che differenze trovi tra le gare nazionali che disputi e quelle internazionali?
Forse la composizione del gruppo. Correre a livello internazionale ti permette davvero di competere con ragazze che provengono da tutto il mondo. E’ un altro approccio, il livello è giocoforza più alto, devi metterci tutta te stessa per emergere e corri sempre ai tuoi limiti. In termini di strategia di gara non è ancora proprio la stessa cosa, gli attacchi sono più studiati, devi calcolare bene come muoverti. Correre a livello nazionale, ti fa trovare ragazze con le quali ci si abitua a correre più spesso, ci si conosce. Le gare diventano un po’ più scontate. Non è facile trovare una risposta esauriente, io credo che siano importanti entrambe per evolversi.
Marion quest’anno ha conquistato 4 vittorie e ben 13 Top 10. Al Tour è stata terza fra le giovaniMarion quest’anno ha conquistato 4 vittorie e ben 13 Top 10. Al Tour è stata terza fra le giovani
E’ stata più difficile la vittoria nell’Avenir o il 2° posto nell’Ardèche?
Forse la vittoria, perché ho dovuto scavare profondamente dentro di me per trovarla. Ma avevo così tanta motivazione riguardo alla corsa ed era qualcosa che desideravo così tanto che non mi rendevo conto che ci voleva molto impegno. Mi sembrava naturale. All’Ardèche ho fatto gli stessi sforzi, ho dato il meglio di me ma non è bastato per vincere.
Quali sono le tue caratteristiche, i percorsi che preferisci?
Le gare di alta montagna che richiedono sforzi superiori ai 10 minuti. Mi piace molto la montagna, soprattutto l’alta montagna, le Alpi. Ecco perché alla fine il Tour de France, l’Avenir, sono le mie corse ideali.
Marion ama le montagne, soprattutto quelle lunghe, con alti wattaggi anche dopo i 10 minuti di scalataMarion ama le montagne, soprattutto quelle lunghe, con alti wattaggi anche dopo i 10 minuti di scalata
Con i tuoi risultati sicuramente i team WorldTour vorrebbero ingaggiarti, come mai continui la tua carriera nell’equipe Saint Michel-Mavic-Auber 93 WE che è una squadra continental?
Devo a loro se quest’anno mi hanno dato la possibilità di raggiungere un livello ancora più alto. Hanno tutto per me, mi hanno regalato davvero un anno eccezionale, quindi li ringrazio enormemente per questo. Era il luogo ideale per imparare, per iniziare le prime gare. E poi ho potuto, grazie a loro, correre nelle gare più grandi. Ho fatto il Tour durante il mio primo anno, è qualcosa di eccezionale e questo è ciò che mi ha permesso di acquisire forza durante tutto l’anno, per vedere fino a che punto sono capace di arrivare. L’anno prossimo continuerò su questa strada, poi vedremo.
Ti dispiace che ai mondiali non ci sia una corsa specifica per le U23?
Sì, sì, sicuramente. Poi so che è qualcosa in programmazione dal prossimo anno. Ma è chiaro che il ciclismo femminile ha fatto così tanti progressi negli ultimi anni che è vero che sicuramente sarebbe stato un miglioramento che non sarebbe costato molto. Io credo che se siamo state in grado di dar vita a un’Avenir di qualità, poteva esserci anche un mondiale a noi riservato. Vorrà dire che correrò contro le più forti al mondo, non è per me una novità e non mi spaventa.
La sua crescita quest’anno è stata prepotente, ma per approdare al WT vuole attendereLa sua crescita quest’anno è stata prepotente, ma per approdare al WT vuole attendere
C’è una ciclista alla quale ti ispiri?
Assolutamente ed è una vostra connazionale, ElisaLongo Borghini. Il suo modo di correre coraggioso ma anche attento, il suo brio, la sua capacità di vincere dappertutto sono per me un riferimento.
Qual è il tuo sogno?
Onestamente, sarebbe essere campionessa del mondo e vincere il Tour. Sono sogni, ma chi sa mai che non si avverino presto…
Non ce ne voglia l’inglese Joseph Blackmore, ma in qualche modo Pablo Torres esce come vincitore morale del Tour de l’Avenir. Lo spagnolo ha infiammato la corsa francese: ha vinto due tappe, la maglia bianca e soprattutto è stato autore di un epilogo al cardiopalma sul Colle delle Finestre.
Anche il suo coach, Giacomo Notari, lo seguiva con apprensione da casa. Sapeva ciò che poteva fare e quanto avevano lavorato sodo. Vedersi sfumare il grande obiettivo per dodici miseri secondi non deve essere stato facile, neanche per chi era da casa appunto. Soprattutto perché Torres era stato secondo già al Giro Next Gen e aveva ben figurato al Giro della Valle d’Aosta.
«Però – ci racconta Torres – io alla fine sono stato contento. Ho vinto due tappe, la maglia di miglior giovane ed è stata una grandissima esperienza che mi servirà moltissimo per il futuro». Una risposta simile dice già molto sulla mentalità innata da campione che può avere un ragazzo. Non pensa a quello che non è stato, su cui non può fare nulla, ma a quello che potrà essere.
I momenti topici della quinta tappa. Scoppia la bagarre e poco dopo Torres, che aveva preso la maglia gialla il giorno prima, resta con un solo compagno…Sul Moncenisio vola. Da solo recupera quasi 2′ al gruppo di testa, ma non basta. A Condove pagherà quasi 5′ (foto della galleria: Tour de l’Avenir)I momenti topici della quinta tappa. Scoppia la bagarre e poco dopo Torres, che aveva preso la maglia gialla il giorno prima, resta con un solo compagno…Sul Moncenisio vola. Da solo recupera quasi 2′ al gruppo di testa, ma non basta. A Condove pagherà quasi 5′ (foto della galleria: Tour de l’Avenir)
Disastro a Condove
Il Tour de l’Avenir Pablo Torres non lo ha perso sul Finestre, ma il giorno prima. Nella tappa che arrivava in Italia, a Condove, lo spagnolo era rimasto sorpreso dall’attacco in testa al gruppo ad inizio frazione. Un attacco propiziato tra l’altro dagli azzurri.
«C’era una discesa molto veloce – riprende Torres – e c’erano molti attacchi. Ho pensato di stare coperto. Non ho risposto subito io ma ho pensato di stare con la squadra. Poi però sono rimasto con un solo compagno. Sulla seconda salita, un Gpm di seconda categoria, eravamo arrivati a 30”. La fuga dopo la discesa ha continuato a prendere spazio. Io ci ho provato anche da solo ma non sono riuscito a rientrare».
E infatti, all’imbocco del lunghissimo Moncenisio, il ritardo di Torres dalla fuga, dove dentro c’era anche Blackmore, era quasi di 3′. Lui, tutto e completamente da solo (e con due borracce, senza ammiraglia dietro almeno nella prima parte) è riuscito ad arrivare fino ad un minuto dalla testa. Ma una volta in cima iniziava la lunga discesa e il fondovalle: si capisce bene che uno scalatore da solo non può fare molto. A Condove l’orologio segnava 4’58” di ritardo.
«Quella sera, quando ho perso la maglia gialla ero un po’ deluso in effetti. Durante la corsa sapevo che la situazione era complicata. Ma era difficile fare di più. A quel punto abbiamo parlato con la squadra e speravamo almeno di riprendere il podio il giorno dopo, di fare il massimo possibile».
Lo spagnolo in azione sul Finestre. Forse senza sterrato, un peso leggero come lui (circa 60 kg), sarebbe potuto andare ancora più forte e magari avrebbe vinto l’AvenirUn urlo di sfogo a fine tappa per Torres (foto della galleria: Tour de l’Avenir)Lo spagnolo in azione sul Finestre. Forse senza sterrato, un peso leggero come lui (circa 60 kg), sarebbe potuto andare ancora più forte e magari avrebbe vinto l’AvenirUn urlo di sfogo a fine tappa per Torres (foto della galleria: Tour de l’Avenir)
Finestre da record
E da qui nasce l’impresa del Colle delle Finestre. Pablo dà fondo a tutto quello che ha e sigla un tempo che lo vede fare il record assoluto della scalata: quasi 2′ meglio di Rujano, che deteneva il primato siglato nel 2011, e oltre 4′ meglio di Froome nel 2018. Si stima abbia sviluppato 6,3 watt/chilo per 60′. Roba da elitaria da Giro e Tour.
«Se quel giorno pensavo alla maglia gialla? Quello che sapevo è che stavo bene, mi ero preparato in altura (Sierra Nevada, ndr) e che il Colle delle Finestre era una salita dura e lunga. Una salita che sarebbe durata almeno un’ora, quindi ci sarebbe stato dello spazio per recuperare, almeno per il podio. I miei compagni hanno tirato molto prima della salita e io ho cercato di fare il possibile. Ma per recuperare tanto terreno bisognava scattare presto e con un ritmo molto alto sin da subito. Quando sono partito mi facevano male le gambe. Ho pensato che avrei dovuto superare quel momento. Così ho rallentato e ho cercato un ritmo con cui sapevo che sarei potuto arrivare sino in cima».
Il podio finale dell’Avenir: 1° Jospeh Blackmore (Gran Bretagna), 2° Pablo Torres (Spagna) a 12″, 3° Tijmen Graat (Olanda) a 50″ (foto Tour de l’Avenir)Il podio finale dell’Avenir: 1° Jospeh Blackmore, 2° Pablo Torres a 12″, 3° Tijmen Graat a 50″ (foto Tour de l’Avenir)
Tra presente e futuro
Ma chi è Pablo Torres? Madrileno, è un classe 2005 (di novembre). Fino allo scorso anno correva nell’US Ciclista San Sebastian de los Reyes. Da piccolo si barcamenava tra calcio e ciclismo, ma poi a forza di guardare le gare in tv con il nonno e stando in una famiglia in cui la bici era già presente, il ciclismo ha preso il sopravvento.
E’ curioso notare come Pablo abbia qualcosa in comune sia con Remco Evenepoel, il calcio, che con Tadej Pogacar, la squadra. Torres corre infatti per il UAE Emirates Gen Z. «Ma Tadej è il mio idolo. Ancora non ci sono stato, ma spero di arrivare presto nella prima squadra».
Come accennavamo e come si confà ai campioni, Pablo Torres già guarda avanti e di questa sfida mette in tasca il meglio. «E’ stata un’esperienza molto bella e in cui ho imparato tanto. Mi servirà certamente per il futuro». Tra l’altro, proprio ieri uno dei tecnici e talent scout della UAE Emirates, il noto Matxin, ha detto che a fine Vuelta valuteranno se far passare subito in prima Torres, o lasciarlo alla Gen Z ancora una stagione come previsto. Due podi nei “grandi Giri under 23” cambiano le carte in tavola. Come fu l’anno scorso con Del Toro del resto…
Adesso per Torres si profilano le altre gare.
«Sarò in Italia: prima al Giro del Friuli e poi, più in là, farò anche il Piccolo Giro di Lombardia. Il mondiale? Spero di essere selezionato. In quel caso lo preparerò al massimo».
Protagonista in ogni tappa, sempre all’attacco: Pietro Mattio è stato uno degli azzurri impegnati al Tour de l’Avenir, di cui Marino Amadori può andare più fiero. Il cittì ci aveva visto lungo evidentemente.
Lo ha portato in Francia nonostante il percorso non fosse proprio adatto alle sue caratteristiche. Tanta, forse troppa, salita per lui. Ma questo non è stato sufficiente a frenare l’entusiasmo di Pietro.
Il cuneese infatti non si è perso d’animo e per tutta risposta ha tirato fuori un numero ogni giorno, mettendosi spesso anche a disposizione del team. In questi giorni sta recuperando le fatiche francesi, ma a sentirlo il tono è già quello squillante di chi vuol tornare nella mischia.
Uno scatto che sintetizza bene il Tour dell’Avenir di Mattio (foto Tour Avenir)Uno scatto che sintetizza bene il Tour dell’Avenir di Mattio (foto Tour Avenir)
Insomma Pietro, come dicevamo, hai fatto un gran bell’Avenir. Sei sempre stato protagonista.
L’obiettivo era un po’ quello: mettersi in mostra e visto il percorso anticipare i tempi, poiché in salita rispetto ad altri ho qualcosa in meno. Solo nella prima tappa abbiamo commesso un errore di valutazione. Sono andati via prima in tre e poi altri due. Vista la lunghezza e il tipo di percorso credevamo cedessero, invece erano freschi e sono arrivati.
Parlando con Amadori, ci spiegava che saresti dovuto entrare in scena soprattutto nelle prime due tappe, quelle altimetricamente meno dure, giusto?
Sapevamo che le prime due tappe non erano per noi dell’Italia. Giustamente, con il percorso che presentava l’Avenir, erano tutti scalatori puri tranne me. Le prime due tappe però si sono rivelate dure lo stesso per come si è andato forte. Nella prima, come detto, non siamo riusciti ad andare in fuga, ma nella seconda, che già era più impegnativa, ci siamo riscattati con la vittoria di Crescioli.Poi il programma in generale era di stare davanti, di tenere Florian Kajamini, che era il nostro leader, nelle migliori posizioni possibili. Una vera fuga per me pensavo di farla nella tappa di Condove.
Come mai?
Perché era un po’ più adatta a me e l’avevo cerchiata di rosso. E infatti ero anche riuscito ad andare via. Solo che in quella trentina di atleti riusciti a scappare c’erano dentro anche 5-6 uomini di classifica, tra cui Florian. A quel punto ho capito subito che sarebbe stata dura per me e così mi sono messo a completa disposizione di “Kaja”. Per fortuna quella tappa si è conclusa al meglio proprio con la sua vittoria.
Ma il giorno dopo sei tornato in fuga, pur sapendo del finale sul Colle delle Finestre, come mai?
In verità ero un po’ “deluso” dal giorno prima. Volevo fare qualcosa di più di un nono posto raccolto in tutto l’Avenir. E così, visto che era l’ultima tappa, ho giocato il tutto e per tutto. Ho pensato che se fossi arrivato all’imbocco del Finestre con un buon vantaggio, magari sarei riuscito a tenere, ma non ci hanno lasciato troppo spazio. E infatti ad 8 chilometri dall’arrivo mi sono visto passare da Torres. A quel punto mi sono messo l’anima in pace.
Il piemontese è stato l’ultimo ad arrendersi sul Colle delle Finestre. Una grande prova di coraggio (foto Instagram)Il piemontese è stato l’ultimo ad arrendersi sul Colle delle Finestre. Una grande prova di coraggio (foto Instagram)
E come andava Torres? Ti ha impressionato?
Andava forte! Dopo otto giorni di corsa e dopo essere stato in fuga, tenere quel passo era davvero impossibile per me, tanto più dopo aver visto i tempi che ha fatto (ha demolito di quasi 2′ il record dei pro’, ndr). Saliva ad una velocità folle.
Che rapporto avevi tu e che rapporto pensi avesse lui?
Il Finestre è molto duro. Io salivo con il 39×30 o 33 a seconda dei punti. Torres credo più o meno uguale, solo che aveva una cadenza incredibile rispetto a me. Impressionante.
Dopo che ti ha ripreso come è andata?
Ho continuato del mio passo e quando all’ultimo chilometro mi ha ripreso il gruppetto con Kajamini e gli altri azzurri, ho provato a dare una mano. Ma ero stanco e non ho potuto fare molto.
Cosa ti lascia questo Avenir, Pietro?
Tanta, tanta esperienza. Il livello che c’era era talmente alto, che mi ha fatto capire meglio che corridore posso essere, dove sono e dove posso arrivare. Ma sono contento.
Il cittì Amadori a colloquio con Mattio al Giro Next. Le convocazioni per il mondiale dovrebbero arrivare dopo il Giro del FriuliIl cittì Amadori a colloquio con Mattio al Giro Next. Le convocazioni per il mondiale dovrebbero arrivare dopo il Giro del Friuli
E dove puoi arrivare e che corridore sei?
Abbastanza lontano. Spero solo di passare nel team WorldTour, non dalla prossima stagione che farò ancora con la Visma-Lease a Bike Development, ma da quella successiva. E poi ho capito che con il livello che ho attualmente non posso competere per le grandi corse a tappe. In salita c’è chi ha qualcosa più di me. Ma su tappe mosse o anche dure anticipando un po’ ci sono. Insomma, sono un corridore completo con un buono spunto.
Ora come prosegue la tua stagione?
A breve farò il Giro del Friuli (4-7 settembre, ndr), dove correremo in appoggio a Nordhagen, e poi vedremo. Vedremo anche in base alla convocazione o meno per il mondiale, quello sarebbe il grande obiettivo. E poi sono in ballo tra la Parigi-Tours e il Piccolo Giro di Lombardia.
Dopo un Avenir così, facciamo fatica a pensare che Amadori non ti porti…
Spero di aver conquistato la sua fiducia. Il percorso del mondiale è adatto a me. Io darò il massimo per esserci.
Tra le tante tappe di montagna di questo Tour de l’Avenir quella di Condove, in Piemonte, sembrava quella più tranquilla. E invece ne è uscito il finimondo e soprattutto ne è uscito un italiano: Florian Kajamini. Un italiano che vince in Italia: goduria doppia.
Dopo Ludovico Crescioli,i ragazzi di Marino Amadori portano a casa un altro successo e sono anche primi nella classifica a squadre. Questa vittoria però non è affatto casuale. C’è del lavoro dietro.
Partenza a ritmi folli, come del resto è stato in tutte le frazioni di questo Avenir (foto Tour Avenir)Partenza a ritmi folli, come del resto è stato in tutte le frazioni di questo Avenir (foto Tour Avenir)
Il lavoro paga
«Questo – spiega con tono giustamente euforico Amadori – è quel che succede quando si hanno dei bravi corridori e quando si lavora bene. Ringrazio la Federciclismo per avermi permesso di stare tre settimane in quota al Sestriere e le società per avermi lasciato i ragazzi a disposizione per tanto tempo. Ma quando si programmano bene le cose, si lavora con calma e senza stress ecco quello che succede». Ricordiamo che gli azzurri hanno provato le quattro tappe finali.
«E accade anche perché i ragazzi sono bravi. Questi sono dei buonissimi corridori. Dove arriveranno non lo so, ma questi prima o poi qualcosa di buono la faranno. Bisogna solo avere pazienza».
La discesa dopo un Gpm facile e scoppia la bagarre, davanti anche Mattio (foto Tour Avenir)La discesa dopo un Gpm facile e scoppia la bagarre, davanti anche Mattio (foto Tour Avenir)
Tranello superato
Il discorso di Amadori è legato sia all’insieme dei risultati che gli azzurri stanno ottenendo in questo Avenir, sia alla tappa di ieri, alla cronaca se vogliamo. Tutto è successo in fase di avvio, quando il gruppo si è spezzato in un tratto, neanche troppo lungo, in discesa.
«Aver provato il percorso – riprende Amadori – vuol dire tanto, ma proprio tanto. Anzi è stato fondamentale direi: sapevamo che quello poteva essere un punto cruciale e così è stato. Già lo scorso anno questa tappa fece un “tritello” e si sapeva che sarebbe potuta essere pericolosa. I ragazzi dovevano stare davanti e lo hanno fatto alla perfezione. Quando il gruppo si è spezzato sono andati via in 24 e noi ne avevamo tre dentro: Scalco, Kajamini e Mattio».
Torres e Widar erano dietro e hanno perso il treno buono. La maglia gialla (Torres) ha anche provato a rientrare sul Moncenisio. Era arrivato ad un minuto dai battistrada che intanto andavano fortissimo, ma poi tra discesa e fondovalle è naufragato.
«Devo dire che Olanda e Gran Bretagna sono state brave dopo che erano rimasti in otto. Loro ne avevano due per team e hanno tirato molto. Anche io ho detto a Kajamini di girare, magari senza esagerare. Nei finali lui è veloce. Specie quando le gambe sono stanche».
I grandi sconfitti: Torres in giallo e Widar a pois. Entrambi hanno perso le rispettive maglie e da primo e secondo, sono ora 6° e 7° in classifica a 3’55” e 6’49”. I grandi sconfitti: Torres in giallo e Widar a pois. Entrambi hanno perso le rispettive maglie e da primo e secondo, sono ora 6° e 7° in classifica a 3’55” e 6’49”.
Parla Kajamini
Ecco quindi Kajamini. L’azzurro della MBH Bank-Colpack è super felice. E come potrebbe essere diversamente? E’ incredibile la lucidità con cui riavvolge il nastro e racconta la tappa.
«Visto il livello che c’è qui all’Avenir – spiega Kajamini – in ogni momento può succedere qualcosa. Sembrava una tappa da fuga e lo è stata. La classifica non era ancora delineatissima ed è venuto fuori un vero macello e in questo caos mi sono fatto trovare pronto. Anzi ci siamo fatti trovare pronti, visto che in pratica quell’azione l’abbiamo promossa noi azzurri. All’inizio infatti eravamo noi e i francesi.
«Devo ringraziare di cuore Scalco e Mattio che mi hanno aiutato moltissimo. Mattio ha tirato un sacco prima del Moncenisio. Quando siamo rimasti in otto sapevo che con un buon accordo avremmo potuto guadagnare. Dietro ci dicevamo che Torres aveva scollinato ad 1’, ma sapevo anche che essendo solo avrebbe perso».
Otto ragazzi, con dentro l’inglese Blackmore e l’olandese Graat, uomini da classifica, entrambi con un uomo ciascuno era chiaro che quella sarebbe stata la fuga buona. Tutti avevano interesse a tirare.
«Mamma mia se avevano interesse. Spingevano forte. Anch’io ho dato una mano… Con Marino avevamo studiato bene il finale nei giorni del Sestriere. Sapevo che bisognava entrare in testa in quell’ultima curva. Ai 150 metri ero davanti. Da lì ho fatto la mia volata. Sapevo di avere un buono spunto. Devo ammettere di aver tirato il giusto. Negli ultimi 3 chilometri mi sono permesso il lusso di stare a ruota, ma nessuno mi ha detto niente visto che comunque prima avevo tirato pur essendo l’unico italiano del gruppetto. In quei momenti ho guardato in faccia gli altri per capire chi stesse bene per la volata. Sapevo che il belga, Verstrynge, che non aveva mai tirato avrebbe fatto lo sprint. E lo stesso l’altro inglese. Questa vittoria è la ciliegina sulla torta di questa bella stagione».
Kajamini (classe 2003) è ora 4° in classifica ed è anche leader della classifica a punti. Il grande Hinault lo ha premiato (foto Gianluca Valoti)Kajamini (classe 2003) è ora 4° in classifica ed è anche leader della classifica a punti. Il grande Hinault lo ha premiato (foto Gianluca Valoti)
Lasciateci sognare
E ora si guarda avanti. Oggi c’è il gran finale sul Colle delle Finestre, che gli azzurri hanno “spianato” in ritiro. Secondo Amadori ci sono tre, quattro atleti più forti. Però è un fatto che per Kajamini, quarto, il podio è a 25” e la maglia gialla di Blackmore a 1’10”. Se a questo punto dell’Avenir sei in quella posizione di classifica non è un caso.
«Come ho detto la volta scorsa per Crescioli – conclude il cittì – restiamo con i piedi per terra. Mi sarebbe andato bene vincere una tappa e piazzarne uno nei dieci. Siamo nei primi cinque e con due tappe nel sacco. E anche primi nella classifica a squadre. E’ davvero tanta roba».
Chi invece sembra quasi più determinato e che non preclude sogni di gloria è proprio Kajamini. Anche a lui facciamo notare che il podio è a 25”. Sentite qui la sua risposta.
«Sì – dice la nuova maglia verde – ho dato un’occhiata alla classifica e sul Finestre mi spaventava più gente come Torres e Widar. Blackmore va meglio su salite più pedalabili. Bisiaux è uno che parte molto forte, ma poi un po’ cala. Degli olandesi quello in classifica non è quello più forte in salita. Vediamo…
«Intanto pensiamo a finire al meglio questo Avenir. Per ora mi godo questa giornata e questo ricordo che sarà indelebile. Vincere una tappa all’Avenir è già tantissimo, vincerla in Italia… ancora di più. Oggi (ieri, ndr) a Condove abbiamo avuto un tifo e un’accoglienza incredibile. Un vera festa».
I cinque cittì azzurri di strada e crono sono stati per due giorni a Zurigo studiando i percorsi iridati. Bennati in bici. Percorso duro che farà selezione
Sono passate già alcune ore ma la sua voce trema ancora dall’emozione. Ludovico Crescioli, quasi non ci crede, invece è tutto vero: ha vinto una tappa al Tour de l’Avenir. Sono quasi le otto di sera e l’azzurro sta per scendere a cena.
«Ho finito proprio adesso i massaggi. Tra premiazioni, controlli e tutto il resto siamo andati un po’ lunghi», ha raccontato il toscano.
Crescioli ha così vinto la terza frazione di questo particolare Avenir, che da domani fino alla fine vedrà tanta, ma proprio tanta, salita.
Ritmi folli in fase di avvio, alla fine la media finale è stata superiore ai 44 all’ora nonostante i circa 2.300 metri di dislivello (foto Tour Avenir)Ritmi folli in fase di avvio, alla fine la media finale è stata superiore ai 44 all’ora nonostante i circa 2.300 metri di dislivello (foto Tour Avenir)
Tutto nel finale
Verso Plateau d’Hauteville il gruppo regala di nuovo una tappa corsa a ritmi supersonici. «Ben 48 media nelle prime due ore di gara e 44 alla fine, incredibile come vanno e che livello ci sia. Era dura… Morgado, non uno a caso, ieri ha preso quasi 8’», sottolinea il cittì Marino Amadori.
Alla fine la fuga parte. Scappano in sette e dentro c’è anche Pietro Mattio. Ma nel finale, impegnativo e tecnico, tutto si rimescola.
Scatta il tedesco Ole Theiler e su di lui piomba Ludovico Crescioli, che con una volata di gambe lo infilza nettamente.
«Mamma mia che bello – riprende Crescioli – meglio di così non poteva andare. Il finale era bello. Era tutto un saliscendi, insidioso e duro. Davanti non hanno più trovato l’accordo e dietro la Danimarca tirava forte. In più la strada prima di prendere la salita era stretta e così tutti volevano stare davanti. Questo ha contribuito molto a ridurre il gap sulla fuga.
«Il tedesco ha allungato e io ho dovuto fare un grande sforzo per rientrare. Ho fatto tutto da solo, ho dato il massimo ma ci sono riuscito».
Buon lavoro degli azzurri che hanno centrato la fuga ed eseguito al meglio gli ordini del cittì (foto Tour Avenir)Buon lavoro degli azzurri che hanno centrato la fuga ed eseguito al meglio gli ordini del cittì (foto Tour Avenir)
Avanti con fiducia
Questa è una vittoria pesante. Un successo all’Avenir vuol dire molto. Ci ritornano in mente le parole del suo diesse alla Technipes #InEmiliaRomagna, Francesco Chicchi, quando dopo il Giro della Valle d’Aosta ci disse che ormai a Ludovico mancava solo la vittoria. Chicchi era sicuro che sarebbe arrivata. Non si sbagliava.
«Una vittoria pesante è vero – dice sempre emozionato Ludovico – in effetti era un bel po’ che non vincevo (questa è la prima vittoria da under 23, ndr), mi mancava un risultato così. Lo avevo messo nel mirino ed ora averlo raggiunto è bellissimo».
«Da domani (oggi per chi legge, ndr) si riparte con una tappa regina. C’è davvero tanta salita e sarà tosta. Ma questa vittoria dà tanta spinta a me e anche agli altri ragazzi. Stiamo tutti pedalando bene. La motivazione è forte.
«In gruppo ne ho visti tanti pedalare bene. Credo che Jarno Widar sia il favorito, ma anche Blackmore mi ha impressionato, si capisce che sono in forma. Ma da domani (oggi, ndr) si vedrà».
Ludovico Crescioli (classe 2003) ha da poco vinto a Plateau d’Hauteville: un successo importantissimo per la sua carrieraLudovico Crescioli (classe 2003) ha da poco vinto a Plateau d’Hauteville: un successo importantissimo per la sua carriera
Gioia Amadori
«Marino (Amadori, ndr) era contentissimo. Questa vittoria è di tutti gli azzurri», ha concluso Crescioli, ormai finalmente a cena con i compagni.
«Questo è un bel gruppo, alla faccia di chi ci ha criticato – dice Amadori – Non avremo il super leader, ma lo sapevamo, però posso garantire che questi sono i migliori uomini per la salita che abbiamo. Io sono contento, bisogna dargli tempo e ricordare che il nostro motto è: “Siamo qui per crescere e imparare”. Anche nella prima tappa in linea i ragazzi ci avevano provato, ma non erano riusciti a prendere la fuga. Ieri ce l’hanno fatta con Mattio. Pietro sapeva che queste prime due tappe erano le più adatte a lui. Da oggi farà fatica. Gli ordini erano proprio questi: entrare nelle fughe, soprattutto con Mattio».
«Ieri nel finale hanno lavorato in tanti e in pochi avevano le gambe per chiudere ancora, anche per questo Crescioli e il ragazzo tedesco sono riusciti a scappare. Ludovico lo ha rintuzzato. Sì, ha saltato qualche cambio, ma aveva fatto un grande sforzo per chiudere. E credetemi, è stato bravissimo, non era per niente facile visto come era partito».
Clima disteso per i ragazzi di Amadori ieri sera a cenaClima disteso per i ragazzi di Amadori ieri sera a cena
Testa bassa
Al cittì chiediamo cosa poterci attendere da Crescioli. In fin dei conti è giunto terzo al Valle d’Aosta, gara piena zeppa di salite, e da oggi si prende quota con l’arrivo sulla Rosiere. Arrivo che gli azzurri hanno visionato durante i giorni del Sestriere.
«Crescioli – spiega Amadori – ha fatto un bel calendario quest’anno. Ha corso all’estero, ha fatto belle prestazioni… Ha steccato al Giro Next, ma poi ha fatto bene al Valle d’Aosta, questa vittoria dà morale ma restiamo con i piedi per terra. Ci vorrà pazienza. Inutile fare proclami adesso. Oggi si sale e si scende. Da stasera ne sapremo di più su chi lotterà per la classifica».
Continua la marcia di avvicinamento al Tour de l’Avenir.Marino Amadori è al lavoro al Sestriere con i ragazzi che porterà in Francia e anche all’Europeo, ma certo a tenere banco è la “Petite Grande Boucle”. E continua il nostro viaggio nell’ascoltare gli azzurri che saranno al via di questa importante corsa. Dopo Ludovico Crescioli eSimone Gualdi, stavolta sentiamo Alessandro Pinarello, uno dei tre azzurri che su carta sono deputati a fare la classifica.
Pinarello, in forza alla VF Group-Bardiani, rispetto ai suoi due colleghi ha avuto un avvicinamento diverso: niente Giro della Valle d’Aosta, ma tantissima altura e Tour d’Alsace. Tutto fa parte di un grande lavoro mirato proprio all’Avenir.
Pinarello (classe 2003) in ritiro al Sestriere con la nazionalePinarello (classe 2003) in ritiro al Sestriere con la nazionale
Alessandro, da qualche giorno hai raggiunto i tuoi compagni al Sestriere, come vanno le cose?
Sto bene, vengo già da un lungo periodo di altura, poi l’Alsazia e poi ancora l’altura. A luglio ero stato sul Passo Eira, quindi nella zona di Livigno, per ben tre settimane.
Al Tour d’Alsace come è andata? Se si guardano i risultati non c’è stato l’acuto, ma questo conta fino ad un certo punto…
Io mi sono sentito bene, tranquillo. Forse per il risultato ho risentito un po’ dell’altura, ma nel finale stavo già meglio, specie negli ultimi due giorni.
Una preparazione estremamente mirata: tanta altura e poi diretto all’obiettivo. Come i grandissimi.
Sapevo che sarebbe andata così, ma sono convinto di questo modo di lavorare. Anche dall’Alsazia mi ero sentito con Marino, ma nulla di che, giusto per sapere come stavo. Io credo che stiamo preparando perfettamente questo Avenir, sia dal punto di vista dell’allenamento, che della nutrizione, dei dettagli…
Pinarello è un habituè dell’azzurro. Quello che arriva è il suo secondo Avenir (foto Instagram)Pinarello è un habituè dell’azzurro. Quello che arriva è il suo secondo Avenir (foto Instagram)
E ora brillantezza?
In Alsazia non ho sofferto troppo il ritmo gara. Mancano due settimane, qui al Sestriere stiamo facendo un bel blocco di lavoro con tutti i ragazzi e poi avrò ancora una settimana a casa. Dal 10 agosto quindi potrò fare una bella rifinitura lavorando a bassa quota. Ma anche qui in montagna stiamo spingendo!
Hai detto del nutrizionista. Ha cambiato qualcosa?
Diciamo che da quest’anno curo meglio i dettagli. Adesso mi segue un nutrizionista ed è stato un bello scalino, mi ha dato molto. Essere seguito mi sta aiutando molto con la nutrizione in altura, per esempio. In quota si consuma di più e adesso mangio in modo adeguato anche in questa situazione.
Alessandro, Amadori riserva su di te molte speranze. Vai all’Avenir per fare cosa?
Per fare il meglio possibile. Quest’anno ho lavorato moltissimo sulle salite lunghe, che era un po’ quello che forse mancava. E sono migliorato, spero che basti per l’Avenir.
Tu e Crescioli leader: ti piace?
Ci sta! Me la prendo tutta questa responsabilità. Non mi faccio problemi, anzi… mi piace.
Pinarello in azione al Tour d’Alsace, sfruttato come tappa di avvicinamento nella preparazione per l’AvenirPinarello in azione al Tour d’Alsace, sfruttato come tappa di avvicinamento nella preparazione per l’Avenir
State vedendo le tappe, cosa ti sembra del percorso dell’Avenir?
Abbiamo fatto già il Colle delle Finestre e in questi giorni stiamo vedendo anche la terza e quarta tappa. Mi sembra un percorso molto esigente, più dell’anno scorso in cui c’erano almeno due o tre frazioni tranquille. Quest’anno è più duro e con tanta più salita ed anche per questo ho lavorato di più su questo terreno. Salite e discese, salite e discese… ci si deve presentare lucidi. E’ un problema sbagliare le salite e lo stesso vale per le discese.
Chi saranno per te i rivali più pericolosi?
Non saprei dire di preciso. So che i ragazzi della Visma-Lease a Bike (di varie nazionalità, ndr) lo stanno preparando molto bene. So che hanno fatto tutte le ricognizioni e anche loro sono in ritiro in quota. Poi vedremo che cosa vorrà fare Jarno Widar. E’ lui il favorito numero uno, specie dopo quel che ha fatto al Valle d’Aosta. E so anche che c’è Morgado. Un anno di WorldTour lo ha fatto migliorare di sicuro, ma forse le salite dell’Avenir sono un po’ troppo per lui. Vediamo. Io e i ragazzi siamo pronti a dare tutto.