Mentre si sviluppava la grande battaglia fra i vari Blackmore, Torres, Widar e gli altri al Tour de l’Avenir, anche le pari età hanno avuto il loro spazio nell’identica prova femminile, racchiusa negli ultimi 4 giorni con un prologo e tre tappe in linea. Una corsa con molti significati anche se un po’ schiacciata dalla concorrenza maschile. La migliore azzurra è stata Eleonora Ciabocco (in apertura nella foto DirectVelo), capace di un settimo posto finale di spessore, che ridefinisce i contorni di una ragazza passata di categoria con tante aspettative dopo i successi da junior e che comincia a farsi vedere anche nei quartieri alti della categoria superiore.
La leader della nazionale italiana ha sempre viaggiato fra le prime, non uscendo mai dalla Top 10 e questo è già un segnale, considerando anche che il Tour de l’Avenir Femmes è una delle poche corse a livello Under 23.
«E’ una gara dura – esordisce la maceratese – io l’ho affrontata con tanta curiosità soprattutto aspettando l’ultima tappa perché ci tenevo a pedalare sul Colle delle Finestre, ne avevo sentito tanto parlare e volevo vedere di persona com’era».
Raccontaci il tuo Tour…
Il prologo a La Rosière era appena di 2 chilometri, tanto per prendere confidenza ma il 5° posto per me è stato importante, tornavo in gara dopo oltre un mese dalla caduta sul Blockhaus al Giro d’Italia. Avevo voluto concludere ugualmente quella tappa convivendo con il dolore, ma poi avevo dovuto alzare bandiera bianca e mi era dispiaciuto perché ci tenevo a finire il Giro. Poi avevo fatto un bel blocco di allenamento, ma tornare in gara è sempre un’incognita.
E dopo?
Nella prima tappa c’era una lunga discesa e la salita finale dove al di là del 9° posto finale ho apprezzato tantissimo il lavoro di squadra che abbiamo fatto. Fra noi ragazze si è formato subito un bell’amalgama, ci trovavamo bene, poi con me c’era Francesca Pellegrini con la quale abbiamo condiviso tante trasferte e tante sfide anche da juniores. Il piazzamento poteva anche essere migliore, ma ho scelto in salita di seguire il mio ritmo, infatti le prime sono andate via ma salendo ne ho riprese tante.
Top 10 anche nella seconda tappa…
Sì, era la più semplice e infatti si è conclusa con uno sprint abbastanza folto. Io era da tempo che non facevo una volata, ho perso un po’ la mano ma neanche poi tanto visto il 4° posto finale. Poi l’ultima tappa, quella per me speciale, dove mi sono piaciuta molto perché all’inizio non stavo bene, ho perso presto il treno delle più forti. La corsa è diventata come una cronometro, almeno per me, ho visto che più andavo avanti, più mi sentivo bene e più recuperavo. Ho chiuso ottava ma se fosse stata anche un po’ più lunga sarei arrivata anche più avanti.
Il 7° posto finale come lo giudichi?
E’ sicuramente positivo anche se va contestualizzato: non gareggiamo spesso in questa categoria quindi non sapevamo alla vigilia quali fossero i veri valori in campo. Alla resa dei conti abbiamo visto che le francesi avevano un passo superiore, infatti hanno monopolizzato le tappe. Io ho dato tutto quel che avevo.
Che livello ti sei trovata ad affrontare?
E’ un bel test, ma certamente di livello inferiore alle gare che siamo abituate a correre. Il livello soprattutto in salita era più basso, lo si vede dalle velocità sostenute. Per me poi è stato qualcosa di molto diverso: quando corro con la squadra il più delle volte sono chiamata a fare ritmo per imboccare la salita, per portare più avanti possibile la capitana di turno, qui invece ero io che potevo correre liberamente e tirare avanti. E’ stato importante per crescere, un’esperienza nuova. Guardando le avversarie poi, alla fine sono emerse quelle con più esperienza: la Bunel che ha vinto veniva dal Tour Femmes dov’era stata terza fra le giovani, si vedeva che era più avvezza a questo tipo di corse.
Stai diventando una specialista di corse a tappe?
Chissà… Difficile dirlo ora, credo di dover imparare ancora molto. Ho fatto un bel piazzamento qui ma anche nelle corse d’un giorno non vado piano, settima lo ero stata anche alla Freccia del Brabante, per esempio.
Com’è stato seguito l’Avenir delle donne? Sui media se n’è parlato poco, l’impressione è che fosse schiacciato dalla presenza maschile…
Quel che posso dire è che l’organizzazione è stata molto precisa per combinare gli orari. Infatti avevamo la sveglia molto presto perché partivamo prima dei coetanei ma questo consentiva di finire presto e tornare in anticipo agli hotel. Con i maschi ci incontravamo solo lì, diciamo che erano comunque due gare distinte.
Come giudichi la tua stagione?
Sicuramente migliore rispetto alla precedente, ho visto dei progressi soprattutto nella gestione delle gare, ma so che devo migliorare ancora molto. Già il fatto di gareggiare in questo periodo è un passo avanti, lo scorso anno avevo chiuso con il Giro…
E adesso?
Ora mi aspettano il Romandia e le gare italiane. Mi sarebbe piaciuto tornare ad assaporare l’azzurro per una prova titolata, ma se anche non fosse così posso provarci il prossimo anno. Io comunque sono tranquilla e mi concentro sui risultati, assaporando esperienze come quella appena vissuta, correndo su una salita che è un’icona del ciclismo e soprattutto vivendo una bella esperienza come quella con le mie compagne in azzurro, cosa che ha influito sul risultato finale.