I giorni che ci separano dalla partenza del Tour de France sono sempre meno, la Grande Boucle, quest’anno, prenderà il via dai Paesi Baschi. I lavori di rifinitura proseguono, ormai il più è fatto, non ci si può nascondere. Uno dei favoriti, insieme al vincitore uscente Vingegaard, è Tadej Pogacar (in apertura foto Instagram Dmt). Lo sloveno è recentemente tornato alle corse dopo l’infortunio subito alla Liegi, ed ha subito conquistato il titolo nazionale a cronometro.
Viel ha avuto l’occasione, grazie al suo lavoro in Dmt, di passare una giornata con Pogacar (foto Instagram Dmt)Viel ha avuto l’occasione, grazie al suo lavoro in Dmt, di passare una giornata con Pogacar (foto Instagram Dmt)
Sempre sul Sestriere
Pogacar per rifinire la condizione e la gamba in vista del Tour ha fatto tappa sul Sestriere, dove siamo andati a curiosare qualche giorno fa. Un altro occhio attento sulle strade piemontesi lo ha portato Mattia Viel, il quale lavora da qualche mese con Dmt.
«Da gennaio sono nel gruppo marketing di Dmt- racconta Viel – tra i vari compiti svolgo anche attività di creazione di contenuti per le agenzie con cui lavoriamo. E’ bello rimanere a stretto contatto con il mondo del professionismo e le giornate passate con le atlete della UAE Team ADQ e poi con Pogacar sono state molto stimolanti».
Viel è rimasto sorpreso dalla qualità muscolare di Pogacar (foto Mattia Viel)Viel è rimasto sorpreso dalla qualità muscolare di Pogacar (foto Mattia Viel)
Com’è stato passare una giornata con un campione come Pogacar?
E’ una cosa molto bella, poi io ero concentrato sul lavoro, e sul momento non avevo realizzato di essere a contatto con uno dei ciclisti più forti al mondo.
Da vicino che impressione ti ha fatto?
Dallo schermo sembra giovane, e lo è, ma una volta visto dal vivo sembra ancora più piccolo. Ha un viso naif ma nonostante ciò ha le caratteristiche per essere il numero uno. Una cosa che ho pensato è come il ciclismo ti faccia maturare fin da giovane.
In che senso?
Pogacar tra una settimana si troverà al Tour de France a giocarsi la vittoria finale e questo lo vedi nel suo sguardo e nell’atteggiamento dello staff che lo circonda. I suoi atteggiamenti, invece, sono diversi, è molto disponibile, ha una tranquillità incredibile. Lo abbiamo seguito in una giornata di scarico, quindi era più sereno, però tutto doveva essere ben programmato. Bastano solamente due minuti di troppo fermo in cima al Colle delle Finestre per ammalarsi e perdere tutto il lavoro fatto.
Lo sloveno utilizzerà un nuovo modello delle Dmt KR SL con la suola bianca (foto Mattia Viel)Lo sloveno utilizzerà un nuovo modello delle Dmt KR SL con la suola bianca (foto Mattia Viel)
Altre cose che hai notato?
Le gambe, ha un muscolo “fresco”. Non si ritrova ad avere il polpaccio di un professionista navigato, dove si vede il muscolo teso o le vene in evidenza. Anzi, non ha nemmeno questa massa impressionante, poi però pensi a quello che fa e capisci che hai davanti un campione. Ah, c’è dell’altro…
Racconta…
Aver corso tra i professionisti mi permette di avere un occhio allenato e riesco ad apprezzare i particolari. Riesco a notare da come uno aggancia la scarpa sul pedale o da come parte come sta. Pogacar sembra davvero in ottima forma.
Cosa avete fatto lì al Sestriere?
Dei video e dei contenuti per dei prodotti. Abbiamo fatto venire una troupe per fare delle riprese e qualche foto: classici video dietro macchina ecc. Ho avuto la fortuna di osservarlo dalla macchina, l’ho visto sereno, sicuro di sé. Pedalava davvero bene, senza problemi. Ho respirato, però, l’atmosfera nella quale si capisce che sta per iniziare qualcosa di importante. Come una quiete prima della tempesta. Quello che impressiona è la serenità con cui viene vissuto l’avvicinamento alla corsa più importante dell’anno.
La troupe ha “litigato” per alcuni minuti per domare il ciuffo di Pogacar (foto Mattia Viel)La troupe ha “litigato” per alcuni minuti per domare il ciuffo di Pogacar (foto Mattia Viel)
Eravate lì per Dmt, Pogacar usa qualche accortezza per le sue scarpe?
No, Tadej indossa le KR SL, il modello con i lacci. Ad occhio nudo non si vedono particolari rilevanti, magari può esserci qualche piccola accortezza a livello di soletta, molti professionisti lo fanno.
C’è qualche aneddoto divertente della giornata?
Uno sì! La troupe per i video aveva anche due truccatrici, una di loro ha cercato invano di mettere il ciuffo di Pogacar dentro il casco. Probabilmente pensava che a livello estetico il video sarebbe venuto meglio, Tadej dopo un po’ di tentativi le ha fatto gentilmente notare che quel ciuffo è il suo segno distintivo. Fa parte del personaggio Pogacar, sono indivisibili!
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«Quando ho sentito la notizia e il giorno dopo ho saputo che Mader era morto – mormora Andrea Peron – mi è sembrato di rivedere quel giorno. Vivo in Svizzera, l’ho visto in Svizzera ed ha avuto tanto risalto. C’è stata quasi la stessa dinamica, anche nel succedersi degli eventi dei giorni dopo. E’ stato come aver rivissuto quel Tour del 1995 in maglia Motorola…».
I compagni di Mader al team Bahrain Victorious hanno sfilato con il gruppo, ma il giorno dopo hanno lasciato il Giro di SvizzeraI compagni di Mader hanno sfilato con il gruppo, ma il giorno dopo hanno lasciato il Giro di Svizzera
La scelta di continuare
Oggi a Zurigo si svolgerà un evento commemorativo per Gino Mader, con i genitori al centro e il popolo delle due ruote che confluirà nel velodromo. La nostra memoria invece è andata a giorni che vivemmo in prima persona al Tour del 1995: quelli della caduta di Fabio Casartelli, della lenta sfilata del gruppo sul traguardo di Pau e della vittoria di Armstrong a Limoges con le dita al cielo. Non vogliamo rivangare il dolore, ma a pensarci bene nessuno ha raccontato ciò che avvenne nella Motorola quando si seppe che il loro compagno non ce l’aveva fatta. Come fu che decisero di andare avanti, mentre la Bahrain Victorious ha abbandonato il Giro di Svizzera? Perché decisero di proseguire? Come si vive in una squadra la perdita di un compagno?
«Eravamo all’Hotel Campanile – ricorda Peron – e ci ritrovammo sul prato lì fuori, davanti al laghetto. Jim Ochowitz, che era il team manager della Motorola, era venuto a chiederci cosa volessimo fare. Era la prima volta che succedeva una cosa del genere, fortunatamente non avevamo un precedente. Però conoscevamo tutti Fabio e la motivazione che aveva in quel Tour. Ci confrontammo a lungo e alla fine decidemmo di continuare, proprio per portare lui a Parigi. Perché comunque Fabio, sin da quando era partito dalla Normandia (il Tour del 1995 partì il primo luglio da Saint Brieuc, ndr), diceva sempre che voleva arrivare a Parigi».
Il giorno dopo la caduta di Fabio, la tappa sfilò a passo d’uomo e sull’arrivo passò la Motorola schierataGiro di Svizzera, il finale della sesta tappa ha visto la Bahrain Victorious schierata davantiIl giorno dopo la caduta di Fabio, la tappa sfilò a passo d’uomo e sull’arrivo passò la Motorola schierataGiro di Svizzera, il finale della sesta tappa ha visto la Bahrain Victorious schierata davanti
Vi eravate preparati insieme, giusto?
Avevamo passato giugno allenandoci a Livigno e continuavamo a parlare di questo Tour e di quanto sarebbe stato bello arrivare a Parigi. E alla fine, decidemmo di continuare proprio per rispetto del nostro amico, altrimenti ci saremmo fermati. Siamo arrivati in fondo e la bici di Fabio ha sempre viaggiato sul tetto dell’ammiraglia fino all’ultimo traguardo. Per noi fu quello il modo migliore per concludere il Tour. Fu una decisione soggettiva del team, evidentemente al Team Bahrain hanno ponderato una scelta diversa, con altre motivazioni che meritano il massimo rispetto.
Credi che se l’incidente di Fabio non fosse avvenuto al Tour, ma in qualsiasi altra corsa, avreste continuato ugualmente?
Probabilmente no.
La sera sul lago ci fu qualcuno che non voleva andare avanti?
Eravamo tutti abbastanza uniti, non ci fu una votazione, fu piuttosto una terapia. Avevamo bisogno di stare tra di noi in modo più intimo. Tutti ci cercavano, tutti ci chiedevano, tutti volevano sapere, tutti volevano esserci vicino, invece quel momento fu solo per noi. Ci siamo confrontati, ci siamo parlati, ma alla fine tutti fummo concordi sul continuare. Fabio aveva un’energia e un entusiasmo contagiosi. Era sempre divertente, sempre motivato, sempre ottimista su tutto. Ce lo trasmetteva e quindi sapevamo che lui sarebbe voluto arrivare a Parigi.
Fabio Casartelli era campione olimpico di Barcellona: nel 1995 aveva 25 anniGino Mader è nato nel 1997, se ne è andato a 26 anniFabio Casartelli era campione olimpico di Barcellona: nel 1995 aveva 25 anniGino Mader è nato nel 1997, se ne è andato a 26 anni
Hai parlato dell’intervento di Ochowitz, cosa venne a dirvi?
Jim era distrutto, come tutti, ma forse lui si sentiva addosso la responsabilità. Magari non dell’incidente, ma sicuramente del fatto di aver selezionato Fabio per il Tour. Ha sempre avuto un grande cuore e con Fabio aveva legato molto, visto che viveva anche lui a Como. Eravamo tutti più o meno nella stessa zona, eravamo quasi una famiglia.
Quando hai saputo che Fabio era morto?
In maniera chiara, all’arrivo. Però salendo sull’ultima salita ricordo che c’era un’atmosfera strana, quando passavamo noi della Motorola, la gente applaudiva in modo strano. Ricordo Darcy Kiefel, una fotografa americana, che sul Tourmalet mi fece una foto e intanto piangeva. E io pensai: perché sta piangendo? Poi, piano piano, ho realizzato tutto. Le radio non c’erano ancora. Della caduta e che fosse brutta l’avevamo saputo subito. In gruppo c’era ancora tantissima bagarre e mentre da dietro iniziavano a rientrare quelli che erano rimasti coinvolti, andai a chiedere all’ammiraglia se dovessimo aspettare Fabio, ma mi dissero che lo avevano portato in ospedale. Poi parlai con Perini, non ricordo se fosse caduto anche lui o avesse visto, e mi parve sconvolto. Continuammo la tappa, quasi tutti staccati, fino a Cauterets.
Al via della settima tappa del Giro di Svizzera è stata lanciata una colomba bianca, per salutare Gino MaderAl via della settima tappa del Giro di Svizzera è stata lanciata una colomba bianca, per salutare Gino Mader
Il giorno dopo il gruppo pedalò a passo d’uomo fino a Pau: una processione lentissima, dopo la quale Bjarne Riis disse che avrebbe avuto più senso annullare la tappa, che farsi del male a quel modo…
Fu una giornata molto pesante, in un certo senso capisco Bjarne perché veramente era una tappa lunghissima con un sacco di salite. Fu pesante per tutti, anche perché eravamo svuotati. Già c’era la fatica di due settimane di Tour, ma soprattutto portavamo un macigno dentro e non avevamo l’adrenalina della gara. Se devo dirvi, di quel giorno non mi ricordo niente, se non l’arrivo a Pau e questa sfilata interminabile sui Pirenei a passo d’uomo, con tutto il gruppo che veniva a chiederci. Non mi ricordo che salite abbiamo fatto, dove siamo passati, niente…
Cosa ricordi della vittoria di Armstrong a Limoges?
Lance era motivatissimo per fare qualcosa che ricordasse Fabio. E lui quando era così, tirava fuori un’energia non comune. Fu una vittoria per Fabio, la sera non festeggiammo. Cercammo di mantenere un comportamento di rispetto, ma abbastanza leggero. Ci vuole tanta forza per continuare in quello stato. Quando ti succedono queste cose, trovare l’energia per andare avanti e fare delle tappe del Tour de France è pesantissimo. La tappa di Pau la facemmo a passo d’uomo, però poi la gara continuò, con tutte le difficoltà di un Tour de France.
Andrea Peron, casse 1971, è stato pro’ dal 1993 al 2006 (alla Motorola nel 1995 e 1996). Oggi lavora in Karpos, azienda del gruppo ValcismonAndrea Peron, casse 1971, è stato pro’ dal 1993 al 2006. Oggi lavora in Karpos, azienda del gruppo Valcismon
Con la stessa testa?
Fummo costretti a reagire, ma almeno per me non c’era più il senso di cercare la vittoria, la prestazione, il risultato. C’era solo arrivare in fondo e portare Fabio a Parigi. La vera lotta fu non farci risucchiare dalle emozioni negative e dalla negatività di quanto era accaduto, altrimenti sarebbe stato impossibile andare avanti.
Tu eri compagno di stanza di Fabio in quel Tour?
Quando quella sera entrai in camera, ricordo benissimo che c’era la sua valigia aperta sul letto, perché l’avevano aperta, penso per cercare i documenti. C’era la valigia aperta, ma Fabio non c’era più. Fu una cosa pesante.
Patron del Tour in quegli anni era Jean Marie Leblanc, che assecondò in toto il volere della MotorolaPatron del Tour in quegli anni era Jean Marie Leblanc, che assecondò in toto il volere della Motorola
In questi giorni si è parlato di sicurezza delle corse.
Non credo che allora, come oggi, ci sia stata la colpa di qualcuno dal punto di vista delle protezioni. Gino Mader e Fabio prima di lui sono mancati facendo quello che amavano. Ogni ciclista si assume una parte di rischio come chi corre in moto, come è successo a Simoncelli e come ad esempio agli sciatori. Mi ricordo la morte di Ulrike Maier nel 1994, che conoscevo. Andò a sbattere su un paletto e morì. Penso agli alpinisti che muoiono in montagna. Quello che invece mi fa più rabbia sono le morti che si possono evitare.
Di cosa parli?
Penso al povero Davide Rebellin, che viene a ucciso perché un camionista gli passa sopra e non si accorge di lui. Oppure tutti i morti che ci sono quasi settimanalmente, tirati sotto da autisti distratti. Questo mi fa più rabbia, perché per loro si potrebbe fare qualcosa. La morte è sempre uguale, ma quelle morti lì non devono più succedere.
Il Tour de France 2022 è stato per Lazer un’edizione ricca di successi e celebrazioni. Sei vittorie di tappa, il premio “super combatif”, la maglia a pois, la maglia verde e, naturalmente, la maglia gialla. Per questo l’azienda belga ha deciso di omaggiare l’iconica corsa con le collezioni Tour de France e Maillot Jaune.
A comporla ci sono i nuovi caschi Nutz KinetiCore, Tempo KinetiCore e Tonic KinetiCore. Una linea che si rivolge a un’intera gamma di ciclisti di ogni livello, che si tratti di praticanti, occasionali o bambini che si avvicinano alle due ruote per la prima volta. Con l’ambizione, proprio come il Tour, di unire i fan in un apprezzamento condiviso per lo sport con la consapevolezza dell’importanza di pedalare in sicurezza.
Un modello per bambini per poter vivere il Tour fin da piccoliUn modello per bambini per poter vivere il Tour fin da piccoli
Nutz KinetiCore
Si parte con il Nutz KinetiCore in edizione Tour de France, un casco protettivo e confortevole per i più piccoli che iniziano a pedalare con le prime bici. Il modello è dotato di un sistema KidFit autoregolante che assicura che il casco sia sempre ben aderente al capo, in modo rapido ed efficace.
Il Nutz dell’edizione speciale presenta uno stile grafico composto dal logo Tour de France sulla parte superiore accompagnato dalle immagini di ciclisti che indossano maglie verdi, gialle e a pois. Con questo design anche i piccoli ciclisti possono provare la sensazione di pedalare in gruppo. La taglia è unica e va da 50 cm a 56 cm. Il prezzo consigliato al pubblico è di 49,99 euro.
Sul fianco campeggia il logo del Tour de France Particolari dedicati alle maglie dei leaderSul fianco campeggia il logo del Tour de France Particolari dedicati alle maglie dei leader
Tempo KinetiCore
Il Tour de France è di tutti, come dimostrato dai 3,5 miliardi di spettatori che si sono sintonizzati davanti alla tv per renderlo l’evento sportivo più visto al mondo. Di tutti, come il nuovo Lazer Tempo KinetiCore, pensato per i ciclisti amatoriali, in una livrea esclusiva dedicata alla corsa gialla. Un casco entry-level traspirante e confortevole capace di tutto.
L’edizione Tour de France presenta un rivestimento che gioca con i toni del nero lucido e opaco a creare un design unico e minimale allo stesso tempo. Il logo del Tour de France e i colori delle maglie di leader sul retro, completano il design del casco rendendo omaggio alla corsa a tappe. Disponibile in taglia unica 54 – 62 cm con un prezzo consigliato al pubblico di 59,99 euro.
Iconico logo dedicato alla Maillot JauneUn casco ben areato e fresco per le pedalate del mese del TourIconico logo dedicato alla Maillot JauneUn casco ben areato e fresco per le pedalate del mese del Tour
Tonic KinetiCore
Il marchio Maillot Jaune riunisce i ciclisti attorno a valori condivisi: prodotti eleganti, passione per l’eccellenza e un sottile omaggio alla storia del Tour de France. Chiude la collezione il Lazer Tonic KinetiCore che compiace questi valori fondendo stile e prestazioni per i ciclisti di tutti i livelli. Da queste premesse nasce il nuovo design esclusivo ispirato ovviamente alla maglia gialla.
L’edizione Maillot Jaune è caratterizzata da un’elegante colorazione nera a cui non può mancare un tocco di giallo, chiaramente, quello del logo applicato sul lato sinistro e sulla parte superiore del nuovo Lazer Tonic Kineticore. Il casco fornisce tutto ciò di cui si ha bisogno per rappresentare lo spirito leggendario del Tour, qualunque sia il proprio livello, qualunque siano gli obiettivi. Disponibile in quattro taglie: S, M, L e XL, ad un prezzo di 79,99 euro.
Con Tosatto si ragiona di Thomas che punta alla Vuelta. Ma intanto ecco le immagini del Tour. E allora parliamo di Pogacar, ma anche di Rodriguez e Bernal
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SESTRIERE – L’ultima pedalata in altura di Tadej Pogacar prima del Tour de France. Una nebbiolina avvolge il Colle mentre nelle grandi città già si boccheggia per il caldo estivo, scoppiato con qualche settimana di ritardo. Le 9 sono passate da qualche minuto e, quando entriamo all’Hotel Lago Losetta, troviamo il Uae Team Emirates seduto a tavola per colazione.
Si ride e si scherza e il re delle Grande Boucle 2020 e 2021 ha il volto disteso mentre dialoga con il team manager Joxean Fernandez, per tutti “Matxin”, prima del blando allenamento che l’attende al termine di un fitto periodo di raduno. Al suo fianco ci sono alcuni dei fidi gregari che lo scorteranno al Tour de France, dal polacco Rafal Majka allo spagnolo Marc Soler, passando per gli ultimi arrivati in squadra in questo 2023: Adam Yates, reduce da un buon Delfinato, e il campione austriaco Felix Grosschartner.
Prima dell’allenamento, due parole con Matxin, che sta seguendo la ripresa di Pogacar (foto Matteo Secci)Prima dell’allenamento, due parole con Matxin, che sta seguendo la ripresa di Pogacar (foto Matteo Secci)
Due parole con Matxin
I corridori si avviano in stanza per prepararsi all’allenamento, mentre Matxin si intrattiene con noi e risponde alla domanda più in voga del momento tra gli appassionati del pedale e non solo: come sta Pogacar?
«Bene – risponde – la sua condizione sta crescendo. Abbiamo fatto un ritiro a Sierra Nevada, poi abbiamo svolto una ricognizione delle tappe della terza settimana del Tour e, per non andare di nuovo a Sierra, anche per motivi logistici, siamo venuti qui. Ora farà le due gare del campionato nazionale e poi si parte per il Tour de France».
Si apre il garage, viene fuori Adam Yates: il 2° del Delfinato aiuterà Pogacar al Tour (foto Matteo Secci)Primo anno alla UAE Emirates per Grosschartner, arrivato dopo 5 stagioni alla Bora (foto Matteo Secci)Si apre il garage, viene fuori Adam Yates: il 2° del Delfinato aiuterà Pogacar al Tour (foto Matteo Secci)Primo anno alla UAE Emirates per Grosschartner, arrivato dopo 5 stagioni alla Bora (foto Matteo Secci)
Sestriere fortunata
Nella scelta del Sestriere chissà che non abbia pesato anche la cabala, come scherza il proprietario della struttura e direttore del Sestriere Sport Center, Gianfranco Martin.
«E’ la terza volta che vengono qui da noi – racconta con un sorriso l’ex sciatore azzurro, vincitore dell’argento in combinata ad Albertville 1992 – e le ultime due volte, nel 2020 e nel 2021, direi che è andata bene. Ieri sera, insieme al sindaco di Sestriere Giovanni Poncet, gli abbiamo regalato il gagliardetto e il libro dei 90 anni del Comune: speriamo che Sestriere porti bene anche stavolta».
Per Majka, terzo Tour con Pogacar. Al Delfinato, è stato 7° nell’ultima tappa (foto Matteo Secci)Soler torna al Tour con Pogacar, dopo essere finito fuori tempo massimo nel 2022 (foto Matteo Secci)Soler è già avanti, partono anche Grosschartner, Yates e Majka: direzione Izoard (foto Matteo Secci)Per Majka, terzo Tour con Pogacar. Al Delfinato, è stato 7° nell’ultima tappa (foto Matteo Secci)Soler torna al Tour con Pogacar, dopo essere finito fuori tempo massimo nel 2022 (foto Matteo Secci)Soler è già avanti, partono anche Grosschartner, Yates e Majka: direzione Izoard (foto Matteo Secci)
Izoard per quattro
Il meccanico della squadra Gabriele Campello ci mostra l’itinerario dell’allenamento odierno che prevede il Monginevro e poi l’Izoard dal versante di Guillestre, rientrando poi su Sestriere da Briancon per un’uscita che supererà le cinque ore. Alle 10,38 si apre la porta del garage e spuntano fuori Soler, Grosschartner, Majka e un imbardato Yates. Tadej non c’è, ma nessun allarme: oggi soltanto un po’ di scarico, prima delle due fatiche dei campionati sloveni che fungeranno anche da test per il Tour. Quattro chiacchiere pre-partenza, tempo di impostare la traccia sul ciclocomputer e poi il gruppetto Uae scompare nella nebbia che ormai va diradandosi.
Conquistato l’Izoard. Foto ricordo per Majka, Yates, Soler e Grosschartner (foto Gabriele Campello)Ecco il Giro dei quattro uomini di Pogacar, che prevede l’arrivo a Briancon e la scalata dell’Izoard (foto Matteo Secci)Conquistato l’Izoard. Foto ricordo per Majka, Yates, Soler e Grosschartner (foto Gabriele Campello)Ecco il Giro dei quattro uomini di Pogacar, che prevede l’arrivo a Briancon e la scalata dell’Izoard (foto Matteo Secci)
Ecco Tadej
Alle 11,08, la porta del garage dell’hotel Lago Losetta si riapre e stavolta spunta un ciuffetto inconfondibile. Rispetto ai compagni, Tadej tira dritto, solleva la zip dell’antivento e si lancia in picchiata in direzione Cesana. Il suo menù odierno è decisamente più blando dopo una settimana e mezzo su e giù per le montagne. Stavolta niente Izoard, ma una girata in direzione Oulx e Val di Susa per testare la gamba. La faccia, una volta indossato casco e occhiali, non è più quella sorridente della colazione, ma concentrata e focalizzata sull’imminente campagna francese. L’obiettivo è ben fisso nella mente e ha un solo colore: il giallo.
Per Pogacar allenamento di un’ora e mezza, restando sul territorio italiano (foto Matteo Secci)Per Pogacar allenamento di un’ora e mezza, restando sul territorio italiano (foto Matteo Secci)
La squadra è fatta
I giochi ormai sono fatti per il Tour, ce l’ha confermato un’oretta prima anche Matxin, che non si è sbilanciato sui nomi, pur sorridendo alle domande sul baby fenomeno Ayuso.
«I corridori – ha spiegato – sanno già chi è in squadra e chi è riserva e stasera facciamo l’ultima riunione operativa con il gruppo Tour, per cui arriveranno anche i direttori sportivi Andrej Hauptman, Marco Marcato e ci sarà anche Simone Pedrazzini. Facciamo un briefing tranquilli prima di cena e domani Tadej va direttamente in Slovenia».
Dopo quest’ultimo allenamento, domani Pogacar andrà in Slovenia per il doppio campionato nazionale: crono e strada (foto Matteo Secci)Domani Pogacar andrà in Slovenia per il doppio campionato nazionale: crono e strada (foto Matteo Secci)
Via il tutore
Il particolare che salta subito all’occhio ammirando pedalare il vincitore di quattro Monumento (l’ultima la scorsa primavera, il Fiandre) è che il suo polso sinistro non è più coperto dal tutore che l’ha accompagnato nelle ultime settimane, soprattutto nelle uscite con la bici da crono. Un ulteriore segnale che l’asso sloveno si sta tirando a lucido in vista della sfida con Jonas Vingegaard.
Basta un leggero cavalcavia della Valsusa per vedere che il colpo di pedale è quello di chi promette spettacolo al Tour e ha tutte le intenzioni di riprendersi il trono. La caduta della Liegi-Bastogne-Liegi sembra ormai un lontano ricordo, laggiù all’orizzonte, dietro alle Alpi, si possono quasi scorgere i Campi Elisi.
Lunedì (ieri), giorno di viaggio. Alberto Bettiol è in auto di ritorno da Andorra, dove ha partecipato assieme a Carapaz all’ultimo ritiro della Ef Education-Easypost prima del Tour. La strada come sottofondo per raccontare come sia passato il tempo fra il Giro d’Italia e la prossima sfida francese. Dal suo ragionare toscano e schietto tira fuori a volte osservazioni di una lucidità impressionante e in altre sembra perdersi lui per primo.
Al Giro ci sei arrivato dopo 40 giorni senza corse e ne sei uscito forte.
Sono andato con l’idea di far fatica, perché purtroppo non mi sono preparato nel migliore dei modi. Invece nella seconda e nella terza settimana mi sono ritagliato i miei spazi. Purtroppo ho saltato la prima parte di stagione e dovevo correre per arrivare al Tour nel migliore dei modi, però volevo cogliere anche l’opportunità del Giro d’Italia per fare bene. Non mi aspettavo di arrivare così vicino a vincere. E a quel punto, quando ci arrivi così vicino e non vinci, poi ti girano le scatole.
Bettiol è arrivato al Giro dopo 40 giorni senza correre, ma nella seconda e terza settimana ha trovato la gambaBettiol è arrivato al Giro dopo 40 giorni senza correre, ma nella seconda e terza settimana ha trovato la gamba
Cosa hai fatto nelle settimane successive?
Dopo il Giro sono tornato a casa due giorni, a Lugano, perché Greta doveva lavorare, poi il giovedì siamo andati a Livigno, a Trepalle. E’ stato un mix fra recupero mentale e fisico e allenamento. Poi però mi ha chiamato la squadra. Charlie (Wegelius, diesse del team americano, ndr) mi ha chiesto venire a questo ritiro, che non era in previsione per me, avendo fatto il Giro e dovendo poi andare al Tour. L’obiettivo era di stare tranquillo a Livigno, ma era giusto partecipare. Siamo andati tutti noi del gruppo Tour assieme a Carapaz. Ho preso la macchina e sono partito.
Livigno-Andorra, quasi 1.300 chilometri alla guida…
C’ero già stato l’anno scorso e per il tipo di viaggio, mi veniva meglio guidare. Sono circa 8 ore e l’ho voluto fare, perché comunque Richard, che sarà il nostro capitano, è un bravo ragazzo e un campione. Andiamo al Tour con delle buone prospettive, quindi era giusto dare anche il mio supporto, per quanto piccolo, un segnale. Ci siamo allenati molto bene in questa settimana e mezzo…
Si parla tanto dei 30 giorni fra Giro e Tour, se correre oppure no…
Fra una settimana esatta partiamo per la Francia, questo tempo mi è volato. Il fatto di correre o meno è una scelta abbastanza personale. Mettetevi nei miei panni, dopo il Giro praticamente ho ricominciato un altro Giro. Questo ciclismo va fatto così, altrimenti è meglio non farlo.
In questo ciclismo veloce, spiega Bettiol, è difficile venire fuori bene come Nibali dopo i 30 anniIn questo ciclismo veloce, spiega Bettiol, è difficile venire fuori bene come Nibali dopo i 30 anni
Così, come?
Ti devi completamente annullare e c’è poco tempo per fare altro. Devi dedicarti completamente a questa disciplina. Devi costruirti intorno un ambiente che te lo permette e che ti lasci stare tranquillo. Prima era diverso, il gruppo era come una famiglia. C’era più dialogo, più rispetto, si prendevano le decisioni insieme. Invece ora ci sono mille cose cui pensare, c’è anche più stress.
Perché?
Perché semplicemente ci sono più corridori di quando correva, per esempio Andrea Tafi (padre della sua compagna Greta, ndr), ma anche di quando correva la generazione successiva alla sua, quindi quella di Bartoli e Bettini. Ci sono più corridori, però sempre lo stesso numero di squadre. Ci sono sempre più giovani e giovanissimi che bussano alla porta. E una squadra ci pensa due volte prima di far rinnovare per esempio il contratto a un trentunenne. Io sono a posto fino al 2024, il tema mi riguarderà dal prossimo anno. Nibali ha dichiarato di aver avuto gli anni migliori dopo i trenta, adesso non è più così.
Come ci si difende?
Ho due gambe e due braccia e come tutti, sono umano e mi rendo conto che ho bisogno di stare un po’ a casa tranquillo per ricaricarmi e dare poi il meglio di me al Tour de France. Sono già due o tre anni che non faccio il campionato italiano, senza il ritiro di Andorra sarei andato. Sono il primo a esserne dispiaciuto, anche perché quest’anno sarebbe adatto a me e io sto andando discretamente, però ho preferito così.
Bettiol è professionista dal 2014. Eccolo con Marangoni ai tricolori di quell’anno vinti da Nibali su FormoloBettiol è pro’ dal 2014. Eccolo con Marangoni ai tricolori vinti da Nibali su Formolo
A ottobre compirai trent’anni, pensi davvero che cambierà qualcosa?
Come si diceva prima, a trent’anni si è abbastanza… vecchiotti. Mi sento che sono meno gli anni che ho davanti rispetto a quelli che ho passato e questa è una cosa nuova e innegabile, non credo di poter correre per altri 10 anni. Quindi ci si rammarica ancora di più quando si perdono delle occasioni. Ho il senso del tempo che sta per finire e ogni lasciata è persa, mentre prima non ci pensavo, non lo mettevo in conto. Insomma, pensavo di essere eterno. Pensavo che questo ciclismo fosse tutta la mia vita, invece si cresce, si diventa grandi, si ragiona. E adesso mi arrabbio con me stesso quando manco un’occasione.
A proposito di occasioni, l’anno scorso hai lasciato il Tour con il secondo posto di Mende. Tutto il giorno in fuga tirando per altri, invece eri tu il più forte…
Quella è stata una combinazione di fattori. Non mi aspettavo di andare così forte nel finale. Avevo anche un problema al ginocchio che alla fine è anche passato. E’ andata così. L’anno scorso era un Tour improntato sulla caccia alle tappe, cercavamo di fare punti per il ranking WorldTour. Quest’anno sarà un po’ diverso, almeno in partenza. Andiamo in Francia con l’obiettivo di supportare al 1.000 per mille Richard Carapaz e il discorso delle tappe verrà dopo, qualora lui non ci desse garanzie in classifica.
Quindi tutti allineati e coperti?
La priorità è questa, l’hanno detto da subito. Magnus Cort Nielsen vorrebbe vincere una tappa al Tour e provare a fare tripletta alla Vuelta, ma hanno detto anche a lui che quest’anno si lavora per la classifica. Se però mi daranno carta bianca per un giorno, cercherò come sempre di farmi trovare pronto.
E’ il 16 luglio 2022, 14ª tappa del Tour: a Mende il secondo posto che sa di beffa alle spalle di MatthewsE’ il 16 luglio 2022, 14ª tappa del Tour: a Mende il secondo posto beffardo alle spalle di Matthews
C’è entusiasmo anche nel partire sapendo di dover tirare, con le possibilità individuali così ridotte?
Mi entusiasmo tanto quando c’è da fare il Tour de France, perché ho già visto iI podio di Parigi con Uran nel 2017. Mi emoziono quando un mio compagno vince, è come se avessi vinto io e questo forse è anche un mio limite. Sono molto altruista e a me questa cosa di lottare per la vittoria del Tour o comunque per un podio mi gasa tanto.
Si può dire, parlando di te, che il Tour diventa poi un bel lancio sul mondiale?
Avevo degli obiettivi chiari quest’anno. Uno era la campagna del Nord, ma purtroppo è saltata perché mi sono ammalato pesantemente. A quel punto è venuto fuori il Giro, ma il Tour è rimasto perché è un obiettivo e anche l’avvicinamento migliore per il mondiale. Ne abbiamo sempre parlato con Daniele (Bennati, ndr), lui ovviamente è a conoscenza di questo ed è molto felice.
Il Tour de France fa rotta sui Paesi Baschi, con la bellissima città di Bilbao eletta luogo e punto di partenza di un’edizione – quella 2023 – che si annuncia davvero combattutissima. E proprio per celebrare al meglio la grande partenza del Tour dalla propria terra, il brand spagnolo (e basco) Spiukinaugurerà nel centro della città affacciata sull’Oceano Atlantico un originale Concept Store.
Dal prossimo 29 giugno e fino al 6 luglio, lo Spiuk Cycling Concept Store di Bilbao aprirà i battenti rappresentando – per chiunque avrà modo di visitarlo – un’occasione unica per conoscere in prima persona tutti i prodotti (caschi, occhiali, scarpe e abbigliamento) che Spiuk stessa produce ed offre quotidianamente agli appassionati ciclisti in tutto il mondo. Questo negozio temporaneo sarà inaugurato in Iparraguirre Kalea 31, nel cuore antico di Bilbao, e rimarrà aperto solamente per una settimana. L’area dove si troverà Il Concept Store è inoltre facilmente raggiungibile, sia con la metropolitana oppure con l’autobus: la linea Bilbobus 18 ha la propria fermata giusto davanti alla porta d’ingresso del locale…
Dal 29 giugno al 7 luglio aprirà il Concept Store di Spiuk al BilbaoDal 29 giugno al 7 luglio aprirà il Concept Store di Spiuk al Bilbao
Giochi, incontri & promo
Un invito, quello a visitare lo Spiuk Cycling Concept Store di Bilbao, rivolto anche a tutti gli appassionati di ciclismo italiani che passeranno in città nei giorni coincidenti con la prossima grande partenza del Tour de France.Partenza che ricordiamo avverrà sabato 1 luglio, con una tappa che partirà ed arriverà nella stessa Bilbao, lungo un percorso di 182 chilometri tutti pedalati nel cuore dei Paesi Baschi: una regione ed un territorio che da sempre rappresenta una vera e propria patria ciclistica mondiale!
Igor Astarloa, testimonial SpiukIgor Astarloa, testimonial Spiuk
Grandi testimonial
E nella settimana di apertura, presso lo Spiuk Cycling Concept Store di Bilbao non mancheranno di certo grandi sorprese e prezzi a dir poco speciali. Verranno organizzate speciali lotterie e promozioni esclusive, oltre ad una speciale iniziativa per cambiare il proprio casco. Come? Semplicissimo… portando in negozio il vecchio casco – di qualsiasi marca esso sia – si avrà diritto ad uno sconto del 30% sull’acquisto di un nuovo casco Spiuk. Inoltre, sarà previsto anche un incontro speciale – questo il 4 luglio alle ore 15 – quando, attraverso una diretta radiofonica con l’emittente Cadena Ser, sarà possibile discutere di Tour de France con gli ambassador del marchio spagnolo: Igor Astarloa, Joane Somarriba e Iban Mayo.
Scopriamo chi è quel Van Gils che ha appena prolungato il contratto con la Lotto-Dstny ed è protagonista nelle classiche. Un'ottima Sanremo e ora le Ardenne
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La stagione del corridore della EF Education-Easy Post è stata tutta un’altalena. Una vittoria e una battuta d’arresto. Ma se nei mesi precedenti tutto sommato le cose erano sotto controllo, adesso che il tempo stringe è allarme rosso. O quantomeno arancione.
Carapaz (classe 1993) vince il Mercan’Tour pochi giorni prima del Delfinato. Sin ad oggi solo 24 giorni di corsa per il campione ecuadorianoCarapaz (classe 1993) vince il Mercan’Tour pochi giorni prima del Delfinato. Sin ad oggi solo 24 giorni di corsa per il campione ecuadoriano
Altalena 2023
Carapaz ha esordito vincendo il titolo nazionale a febbraio, poi ha avuto una forte tonsillite. E’ arrivato tardi in Europa ed è quasi sempre stato costretto ad inseguire la condizione, tanto da saltare le Ardenne. Dopo i Paesi Baschi infatti c’è stato ancora uno stop per l’ecuadoriano.
Ma quando è rientrato a fine maggio ha vinto la Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes. Okay, non è una gara di primissimo piano, ma aveva dato pur sempre ottimi segnali.
Segnali che lui stesso aveva interpretato così: «Questa vittoria – aveva detto Carapaz – mi dà fiducia in vista del Tour. Adesso so di essere sulla strada buona e che devo continuare così al Delfinato».
Quinta tappe del Delfinato. Carapaz attacca forte…Lo segue solo Vingegaard… che poco dopo lo staccaQuinta tappe del Delfinato. Carapaz attacca forte…Lo segue solo Vingegaard… che poco dopo lo stacca
Polveri bagnate
E al Delfinato in effetti ha continuato ad attaccare, come del resto è nel suo Dna, ma il risultato non è stato lo stesso.
E’ stato proprio Richard ad aprire le danze tra i big sulla salita finale della quinta frazione. Salvo poi rimbalzare pesantemente. Eppure era partito bene con un secondo posto, nella seconda frazione. Ma forse sono stati proprio questi risultati a portarlo fuori strada.
In casa EF sembrano tranquilli. Voci non ufficiali hanno parlato di un calo prevedibile dopo cinque giorni di corsa a questi livelli. In fin dei conti era un bel po’ che Carapaz non si scontrava con certi avversari.
Però qualche dubbio resta, come per esempio nella tappa contro il tempo. Okay, Carapaz non è un cronoman e si trattava di una frazione per specialisti, però ha incassato oltre 2’30”, facendo peggio persino di Bernal e soprattutto di Gaudu che è meno cronoman di lui.
E nell’ultima frazione ha incassato mezz’ora, arrivando con l’ultimo gruppetto, scortato dal fido Amador e da Arcas. E’ chiaro che non era il corridore che conosciamo.
Anche la stampa sudamericana non è stata benevola. «Carapaz ha avuto grosse difficoltà, adesso avrà tempo di recuperare per il Tour?». E ancora: «Non è il Carapaz che c’era alla Movistar e che è arrivato alla Ineos Grenadiers».
Sui Pirenei Carapaz ha testato delle nuove ruote Vision e anche un materasso a temperatura controllata (foto EF Education-Easy Post)Sui Pirenei Carapaz ha testato delle nuove ruote Vision e anche un materasso a temperatura controllata (foto EF Education-Easy Post)
Da Andorra al Tour
Dalla squadra non giungono commenti e neanche Richard ha rilasciato grosse dichiarazioni dopo Delfinato. Durante la corsa continuava a dire di lottare, ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo le gambe.
Tuttavia una chiave di lettura corretta si può ricostruire dalle parole di Nate Wilson, performance manager della EF. Wilson sostanzialmente aveva detto che Carapaz e i suoi compagni avevano lavorato bene e duramente a Font Romeu, località pirenaica a 1.800 metri di quota. Aveva aggiunto che era importante arrivare al Delfinato se non proprio al 100 per cento, quasi. Altrimenti si sarebbe usciti da questa corsa peggio di come la si era iniziata.
E allora è lecito ipotizzare che una volta visto che certi fuorigiri stavano diventando dei boomerang, Carapaz e il suo staff abbiano deciso di “alzare il piede dall’acceleratore” e abbiano pensato solo a concludere la corsa, facendo un blocco di lavoro, come si usa dire oggi.
Nei giorni scorsi Carapaz è salito di nuovo in altura, ad Andorra, con alcuni compagni di squadra.
«In questo camp – ha dichiarato Wilson – il primo step è stato il recupero. Poi abbiamo iniziato a fare l’ultimo piccolo blocco prima del Tour: grandi salite, anche dietro allo scooter per fare del buon ritmo gara».
Basterà? Lo capiremo tra pochi giorni sulle strade del Tour.
Prossima fermata il Tour. Enrico Gasparotto è appena rientrato da una settimana di vacanze in Grecia con sua moglie Anna, anche se gli ultimi tre giorni non sono stati come se li aspettava. La morte di Gino Mader lo ha colpito molto da vicino. I due erano molto uniti. Avevano diviso la stanza alla Vuelta del 2020, erano stati compagni di nazionale agli europei di Trento e lo svizzero è stato uno dei pochi corridori ospiti per cena a casa del friulano. Aver vissuto la tragedia a così tanti chilometri e assieme a sua moglie gli ha permesso di metabolizzarla meglio: se fosse stato anche lui in Svizzera, probabilmente ora non avrebbe neppure la forza di parlarne. L’obiettivo del discorso è tuttavia il Tour, in cui Enrico debutterà sull’ammiraglia, al pari di Hindley che ci metterà per la prima volta le ruote.
Gasparotto, qui con Jungels, è il tecnico che nel 2022 ha vinto il Giro con HindleyGasparotto, qui con Jungels, è il tecnico che nel 2022 ha vinto il Giro con Hindley
Che tipo di sensazioni hai su Hindley e il suo avvicinamento al Tour?
La formazione ufficiale la stanno decidendo in queste ore, non è ancora tutto deciso. Di certo andiamo sia con uno sprinter sia con Jai Hindley, che ovviamente avrà ambizioni di classifica. Ha puntato tutto sul Tour, ha avuto un avvicinamento in costante crescita, simile a quello del Giro 2022. La programmazione è stata abbastanza soft a inizio anno, per andare poi in crescendo. Tra gare, ritiri in altura e ancora gare, credo che le performance al Delfinato abbiano dato dei segnali positivi (in apertura, l’australiano terzo sul traguardo della Croix de Fer, ndr).
Obiettivo podio?
Siamo tutti realistici e lui anche più di noi. Vingegaard e Pogacar probabilmente sono di un altro livello, però credo che dietro di loro ci sia una bella lotta alla pari per quello che resta. Quindi bisogna inserirsi e credo che questo sia l’obiettivo primario per Jai.
Higuita, altro uomo per il Tour, è passato per il Giro di Svizzera (qui con Fabbro)Higuita, altro uomo per il Tour, è passato per il Giro di Svizzera (qui con Fabbro)
La Groupama lascia a casa Demare per puntare al podio, voi portate il velocista. Chi ha ragione?
L’esperienza del Giro 2022 è abbastanza significativa, no? Kamna ha vinto la quarta tappa sull’Etna e ha portato molta tranquillità e serenità all’ambiente. Quest’anno siamo partiti al Giro per far classifica con Vlasov e Kamna, quindi concentrandoci solo su quello. Vedendo però che al Tour ci sono potenzialmente otto sprint, è normale che l’idea sia stata quella di dividere la squadra in due. Non sta a noi fare la corsa in montagna, perché si è visto dallo scorso anno che se ne fanno carico la Jumbo e la UAE. Se hai le forze per stare con loro il più a lungo possibile, riesci ad arrivare al podio. Detto questo e volendo dare un supporto al velocista, porteremo 2-3 uomini in più, che gli siano d’aiuto nei finali affollati.
Corridori che all’occorrenza lavoreranno anche per Hindley?
Certo. Possono aiutare Jai, a lui non togliamo niente. L’anno scorso abbiamo fatto la stessa cosa, portando Sam Bennett, con Vlasov che alla fine ha chiuso al quintoposto.
Hindley arriva al Tour dopo due blocchi di corse e altura: un percorso simile a quello del Giro 2022Hindley arriva al Tour dopo due blocchi di corse e altura: un percorso simile a quello del Giro 2022
Il Tour si presta a invenzioni tattiche di qualche tipo?
Parto per la Francia completamente inesperto, perché da corridore il Tour l’ho fatto una sola volta e da direttore mai. Le dinamiche non sono quelle del Giro, quindi anche per me è un’esperienza nuova. Era lo stesso lo scorso anno al Giro come direttore, però se non altro il Giro lo avevo corso 10 volte da corridore. In Francia non sarò il tecnico responsabile, andrò in appoggio. Il Tour di quest’anno parte subito cattivo, già dopo 5 giorni potrebbero essere tutti al loro posto e questo toglie l’inventiva. Se prendi una randellata in avvio, poi è difficile inventarsi qualcosa.
Perché? Non si può studiare il percorso e provare?
Pogacar e Vingegaard hanno dimostrato sul campo quanto sono forti, perciò c’è in tutti la voglia di capire a che punto siano rispetto a loro. E questo frena gli slanci, diciamo così. I sopralluoghi li hanno fatti gli altri direttori. Dopo il Giro dei Paesi Baschi, sono rimasti a fare ricognizioni con tanto di video e prova percorso. Poi i ragazzi sono andati in ritiro a Tignes e sono ancora in altura, approfittando della vicinanza delle tappe alpine. Le hanno fatte in bici prima e dopo il Delfinato. Gli scalatori torneranno giovedì dall’altura, invece con gli sprinter abbiamo fatto un ritiro a parte.
Al Delfinato, Hindley ha corso finché ha potuto al pari di Vingegaard e Yates, chiudendo quartoAl Delfinato, Hindley ha corso finché ha potuto al pari di Vingegaard e Yates, chiudendo quarto
Eppure, dopo la tappa di Torino 2022, tutti si aspettano da te l’invenzione. E’ una pressione che avverti?
Me la sono sentita al Giro, perché già prima della tappa di Bergamo mi venivano fatte più domande del solito. E’ anche vero che certe cose puoi farle nel momento in cui hai la possibilità e gli uomini giusti. Durante le mie ricognizioni, ho sempre sognato che la tappa di Forno di Zoldo fosse l’ideale per fare un gran danno e vedendo come è andata, me ne sono convinto anche di più. Ma noi non avevamo già più Vlasov e Kamna era in fase calante. Al Tour non so cosa si potrà fare. Bisognerà vivere alla giornata e sperare di avere gli uomini in condizione…
Pogacar fa il bello e il cattivo tempo. Vince a Longwy e va in giallo. Controlla corsa, uomini con una lucidità disarmante. E se lo dicono i compagni...
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Tra Giro d’Italia e Tour de France: il tema non si esaurisce mai. Cambiano tempi ed interpreti, ma questo mese o poco più tra le due grandi corse resta affascinante. Come si scarica, come ci si allena, cosa si fa. Ne parliamo con Julien Pinot, fratello di Thibaut e coach dello stesso atleta alla Groupama-Fdj, tra l’altro maglia blu all’ultimo Giro.
Ormai questa accoppiata è sempre più per pochi eletti. Ad oggi, sono circa una dozzina i corridori che faranno i due grandi Giri e di questi solo cinque hanno concluso la corsa rosa: Cavendish, Barguil, Kuss, Leknessund e appunto Thibaut Pinot.Eccoci dunque ad analizzare questo aspetto sempre più delicato con coach, Julien.
Julien e Thibaut Pinot (al centro della foto) sono stati autori di un buon Giro rispettivamente da coach e atletaJulien e Thibaut Pinot (al centro della foto) sono stati autori di un buon Giro rispettivamente da coach e atleta
Julien, sono sempre meno i corridori che fanno entrambi i due grandi Giri e tra questi non ci sono praticamente più uomini di classifica. Come mai?
Sono sempre meno, vero. Gli ultimi che ci hanno provato veramente sono stati Froome e Dumoulin a mia memoria, che sono arrivati 2° e 3° al Tour dopo il Giro 2018. E’ molto difficile e con il livello che è salito, la complessità di questa sfida è ulteriormente aumentata. E’ già molto complicato dover fare solo la classifica generale in un grande Giro, che in due, e in un periodo così ravvicinato, la percentuale di fallimento diventa elevatissima. E i grandi leader non vogliono correre il rischio.
Il gioco non vale la candela?
E’ più facile fare la sequenza la con Vuelta, anche se è raro che i leader di un Giro riescano ancora a salire sul podio della Vuelta. In passato, lo abbiamo visto fare a Roglic, il quale però l’anno scorso, ha fatto solo metà del Tour. Giro-Tour rimane qualcosa che è davvero molto difficile da gestire. Due picchi di forma con così tante incertezze… Per questo i team e i leader vogliono correre questo rischio molto raramente
Quanto tempo ci serve per recuperare dopo un grande Giro?
Questa è una domanda complicata, soprattutto dopo il Giro che è sempre duro, perché non c’è una sola risposta. E’ del tutto individuale e molto dipende da come finisci il grande Giro. Quest’anno abbiamo visto corridori che sono crollati. Sappiamo che è sempre la terza settimana dove si fanno tutte le differenze: in base a questa si valuta la durata del recupero.
Anno 2018: Dumoulin e Froome, dalle strade del Giro…Al podio del Tour. Froome fu 1° in Italia e 3° in Francia. Dumoulin 2° in entrambe le occasioniAnno 2018: Dumoulin e Froome, dalle strade del Giro…Al podio del Tour. Froome fu 1° in Italia e 3° in Francia. Dumoulin 2° in entrambe le occasioni
E’ chiaro…
Una fase di “decompressione” c’è sempre ed è anche psicologica. Perché oltre alle tre settimane e mezzo del grande Giro (ormai si parte 4-5 giorni prima, ndr) , prima ci sono 2-3 mesi di concentrazione totale su allenamento, alimentazione, recupero… tutte cose che richiedono molta energia. E quando il grande Giro all’improvviso termina, c’è bisogno di una “decompressione psicologica”. Quindi quanto tempo ci vuole: una settimana, due, tre? E’ davvero una questione multifattoriale.
E’ giusto andare in altura tra i due Giri?
Sì, serve, ma tutto dipende dal tipo di preparazione fatta per il primo grande Giro. Io credo proprio che chi farà i due Giri, nel mezzo farà un richiamo di altura. Anche perché raramente si aggiungono competizioni quando c’è una sequenza come Giro e Tour. Generalmente si compensa con un ciclo di lavoro in ipossia (quindi in altura, ndr).
Dopo quanto tempo si riprende ad allenarsi per bene? E cosa si fa?
Dipende dal recupero. Prima devi assicurarti che il recupero fisico e mentale sia avvenuto e solo da quel momento tornano in ballo i carichi di allenamento. Se tutto va bene servono due settimane post Giro affinché l’atleta si riprenda completamente su entrambi i fronti. Io insisto molto sulla parte psicologica e mentale perché è davvero fondamentale per riuscire nella sequenza dei due Giri. Restano quindi due settimane di lavoro. Ma generalmente con il lavoro che viene svolto per il primo Giro, non c’è bisogno di aggiungere tanti carichi. Neanche per l’intensità. Semmai si cerca di aggiungere un ciclo di lavoro in quota, come detto, per “ricreare passivamente” adattamenti e stimoli fisiologici senza un grande costo fisico.
Per Julien si può anche correre, ma in gare minori. Cavendish per esempio ha preso parte allo ZLM Tour (non duro altimetricamente)Per Julien si può anche correre, ma in gare minori. Cavendish per esempio ha preso parte allo ZLM Tour (non duro altimetricamente)
E’ utile fare una gara o due prima del Tour? E perché?
Come ho già detto prima, no. C’è il campionato nazionale in questo periodo. E va bene, ma non andrei a mettere anche un Delfinato o uno Svizzera, che sono eventi molto difficili con un livello molto alto. Semmai meglio un Giro di Slovenia o una Route d’Occitaine per ritrovare una certa freschezza.
Riguardo alla nutrizione c’è qualcosa da osservare in particolare in questo mese? Immaginiamo che dopo il Giro qualche corridore abbia ripreso del peso…
Si va sempre nella stessa direzione: nelle due settimane dopo il Giro i corridori dovranno inevitabilmente allentare un po’ la pressione ed è importante non seguire una dieta drastica. Ma in generale non bisogna aumentare molto di peso: un chilo va già bene. E’ importante invece rimettersi in riga nelle due settimane che precedono il Tour.
Thibaut (classe 1990) si è concesso una pizza una volta sceso dal Lussari. Ma in generale pochi sgarri in questo meseThibaut (classe 1990) si è concesso una pizza una volta sceso dal Lussari. Ma in generale pochi sgarri in questo mese
E questo mese tra i due Giri per Thibaut?
L’ufficialità che Thibaut vada al Tour ancora non c’è del tutto (ma si sa che Pinot ci sarà, ndr). L’unica cosa certa in squadra è fare la classifica generale con David Gaudu. Thibaut è oggettivamente fuori stagione. Ha dato davvero tutto al Giro d’Italia. Ovviamente, vuole andare al Tour de France: è il suo ultimo anno, vuole divertirsi e aiutare David. Quindi ci siamo comportati come se dovesse andarci.
Dunque come state lavorando?
Completato il recupero post Giro, ora siamo alla terza settimana e qui c’è bisogno di rielaborare un po’ la situazione, di fare alcuni richiami. Allora è importante fare qualche lavoro in montagna. Bisogna pensare che quest’anno sarà particolarmente attesa la seconda metà del Tour de France. Anche se sarà difficile sin dall’inizio con le tappe nei Paesi Baschi e nei Pirenei. Thibaut non ci arriverà al top. Questo lo aiuterà anche a anche a togliere la pressione, dal momento che lui stesso sarà particolarmente atteso nella seconda metà sulle Alpi e sui Vosgi. Quindi il nostro approccio è per essere competitivi per quelle frazioni. E le due settimane che stanno arrivando sono cruciali.
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