Celestino: «Noi? Niente scuse». E sulla passerella di VdP…

27.07.2021
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La Mtb saluta le Olimpiadi, dopo la fresca tripletta svizzera fra le donne (Neff, Frei, Indergand. Lechner 25ª). Ma a tenere banco è stata soprattutto la prova maschile. Più che altro perché avevamo in gara tre azzurri e tutti attendevano il duello fra Pidcock e Van der Poel, magari con lo zampino di Nino Schurter. Invece ieri è successo di tutto. Un favorito vince, uno si ritira a causa dell’ormai famosa passerella, e la consueta sorpresa a cinque cerchi butta giù dal podio il re, cioè Schurter.

Celestino fra i suoi ragazzi: Lechner e Colledani a sinistra, Braidot e Kerschbaumer a destra (foto Federciclismo)
Celestino fra i suoi ragazzi: Colledani (a sinistra), poi Braidot e Kerschbaumer (foto Federciclismo)

Delusione importante

Era sera tardi quando siamo riusciti a parlare con Mirko Celestino, cittì degli azzurri. Lui e i suoi ragazzi erano a cena e il tono non era certo dei migliori.

«Che dire? Non siamo riusciti a tirare fuori il ragno dal buco. C’è delusione. Gery (Kerschbaumer, ndr) è partito bene e tra me e me dicevo: meno male, la fase più delicata è andata. Adesso sono più tranquillo. Non faccio in tempo a finire questo pensiero che inizia a perdere posizioni. Da lì in poi ha preso grandi schiaffi. Nadir Colledani addirittura è stato fermato perché uscito dall’80% . Mi diceva di aver avuto brividi di freddo, una cosa mai provata prima. Ha “litigato” con la bici fino allo stop. E poi Luca Braidot: non riusciva ad andare avanti. Lui è stata la notizia più negativa perché era colui che stava meglio. Ma serve anche questo. Bisogna capire che se non lotti con il coltello fra i denti non basta. Non basta fare tutto bene. Non ho visto i tempi sul giro ma non sono mai stati in gara».

Per Kerschbaumer una discreta partenza, poi un calando continuo
Per Kerschbaumer una discreta partenza, poi un calando continuo

Nessuna scusa

Celestino è davvero dispiaciuto. Aveva lavorato bene. Si è era reso protagonista di un buon avvicinamento con i ritiri e le gare. E allora ci si chiede: è anche una questione mentale?

«Non abbiamo scuse: non abbiamo avuto problemi tecnici o altro. Ci siamo acclimatati bene, abbiamo provato il percorso, abbiamo il nostro cuoco, il massaggiatore, non faceva neanche così caldo… tutto perfetto. Ipotizzavo di metterne almeno uno nei dieci e tutti e tre nei 15. Invece non ne abbiamo messo neanche uno nei primi 19.

«Dite questione mentale: ma cavolo, tre su tre? Troppa tensione? Eppure non sembravano così tesi. Ho cercato di farli stare tranquilli, che era una gara come le altre. Che non dovevano farsi ingannare dall’enorme posta in palio. Quella ti fa sembrare tutto diverso, hai una percezione distorta delle difficoltà e delle emozioni. Spiace, perché i miei ragazzi sono più forti di alcuni che gli sono arrivati davanti».

La foto che ha fatto il giro del mondo postata da Van der Poel
La foto che ha fatto il giro del mondo postata da Van der Poel

Passerella galeotta

Con il cittì si passa poi a parlare della famosa passerella di Van der Poel.

«Eh – sospira Celestino – ho vissuto in prima persona questa storia, perché questa passerella sin dal test event era stata messa vicino a questo salto, che era un bel salto. La mettevano e la toglievano a seconda dei passaggi. La lasciavano soprattutto per le donne. Però poi durante i giorni precedenti era sempre montata. Era lì che con i ragazzi e con Eva Lechner facevo i video e le foto per studiare le traiettorie. E ogni volta Vdp passava sulla passerella. Un giorno che abbiamo provato ho fatto il giro a ruota di Eva. Arrivati in quel punto lei ha fatto il salto, io ho preso la passerella e avrò perso un secondo, forse. Al che mi sono detto: guarda che accortezza Van der Poel, non lascia nulla al caso. Fa la passerella per non rischiare nulla: né cadute, né guai (inoltre aveva scelto di non usare il reggisella telescopico, ndr). Van der Poel ha provato un solo giorno pieno».

Forse l’appuntamento olimpico meritava una concentrazione maggiore. Bisognava stare “più sul pezzo” a 360 gradi.

La slide mostrata durante la riunione tecnica alla vigilia della gara (foto Celestino)
La slide mostrata durante la riunione tecnica alla vigilia della gara (foto Celestino)

Errore madornale

Ma quindi questa passerella è stata tolta la mattina prima del via? Come è andata?

«Sì è stata tolta la mattina prima del via. Si poteva girare per provare. Avevano un’ora gli uomini e un’ora le donne. Eva, che ha provato, mi ha subito detto: hanno tolto la rampa. Mathieu non ha provato, ma come lui anche altri. Anche gli azzurri. Noi eravamo a posto e non avevamo esigenza di girare, meglio risparmiare energie.

«Ma sapevamo che la rampa non ci sarebbe stata. Lo avevano detto la sera prima nella riunione tecnica. Un errore grosso suo e del suo staff. Ma era stato chiaramente detto che l’avrebbero tolta. Io poi ho visto la scena dal video perché in quel momento ero nella parte opposta del percorso e ho pensato proprio: vuoi vedere che Vdp si è dimenticato della passerella? E così è stato visto che lui stesso lo ha poi ammesso».

Pidcock fenomeno a Tokyo. Ma che strana la caduta di VdP…

26.07.2021
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Nella gara più importante della vita, Tom Pidcock ha avuto tutto il tempo di godersi la festa. All’ultima curva, ha afferrato la bandiera con la Union Jack, se l’è messa sulle spalle e ha tagliato il traguardo in parata, laureandosi campione olimpico di Mtb a Tokyo. Fenomeno.

Il capitombolo di VdP

L’Izu Mtb Course ha giocato un brutto scherzo, invece, all’altro grande atteso protagonista, Mathieu Van der Poel, autore di un pauroso volo nel primo dei sette giri previsti. L’asso olandese ha perso più di un minuto dal rivale britannico, ma ha stretto i denti e provato a recuperare. Ha dovuto alzare però poi bandiera bianca quando il dolore non gli permetteva più di inseguire.

Un errore dovuto a un dettaglio tecnico del percorso. In pratica, dopo la ricognizione dei giorni scorsi, una passerella è stata tolta e la nuova conformazione del terreno ha ingannato il nipote di Raymond Poulidor, mandando in frantumi i suoi sogni di gloria.

Appena ha potuto l’inglese si è messo in testa e ha fatto una “crono in Mtb”
Appena ha potuto l’inglese si è messo in testa e ha fatto una “crono in Mtb”

La rincorsa alla Mtb

Dopo una primavera che l’aveva visto conquistare la Freccia Brabante e poi perdere al fotofinish sia l’Amstel Gold Race (da Van Aert) sia la tappa di Coppa del Mondo di Mtb in Moravia (da Van der Poel), Pidcock non si è perso d’animo. Ed ecco il lampo estivo che dà una svolta alla sua carriera.

Dal titolo iridato under 23 alla gemma olimpica in Giappone, recuperando dalla brutta caduta di inizio giugno con la rottura della clavicola che aveva messo in serio dubbio la sua partecipazione. Invece, eccolo qui in trionfo, per regalare alla Gran Bretagna la terza medaglia d’oro di giornata dopo quelle di Adam Peaty nei 100 rana e del duo Tom Daley e Matty Lee nei tuffi dalla piattaforma di 10 metri.

«Questa gara non ha niente a che vedere con tutte quelle che ho fatto in passato. L’Olimpiade trascende ogni sport, perché rappresenti un Paese e tutta una Nazione è sulle tue spalle, senza fare distinzioni tra le discipline – ha dichiarato il fuoriclasse del Team Ineos (secondo oro dopo quello di Carapaz) – È puro orgoglio nazionale: è incredibile». Poi sul suo recupero lampo dopo l’infortunio ha aggiunto: «È stato un momento difficile. Mi sono rotto la clavicola ed è incredibile essere qui adesso sul primo gradino del podio».

Pidcock è molto bravo tecnicamente. La frattura alla clavicola non lo ha influenzato
Pidcock è molto bravo tecnicamente. La frattura alla clavicola non lo ha influenzato

Una gara aggressiva

La tattica di gara aggressiva? Un marchio di fabbrica. «Mi piace prendere il controllo della corsa. Scelgo le mie linee, imposto il mio ritmo – spiega Tom – Una volta che siamo partiti stavo bene, tutto il nervosismo si è dissolto e mi sono concentrato. Meno male che questa roba (ha usato un termine ben più colorito, che non possiamo riportare, ndr) è ogni quattro anni perché è dannatamente (immaginate un altro termine più acceso anche qui, ndr) stressante. È triste che mia mamma e la mia ragazza non possano essere qui, ma non vedo l’ora di vederle: so che stanno piangendo di gioia a casa».

A completare il podio sono stati lo svizzero Mathias Flueckiger (argento) e lo spagnolo David Valero Serrano (bronzo). “Solo” quarto il re del cross country: Nino Schurter che a 35 anni suonati forse dovrà definitivamente abdicare questa leadership tenuta tanto a lungo.

Per Kerschbaumer una discreta partenza, poi un calando continuo
Per Kerschbaumer una discreta partenza, poi un calando continuo

Azzurro sbiadito

Il migliore degli azzurri è stato Gerhard Kerschbaumer, ventesimo.

«Non bisogna essere forti solo all’inizio – ha detto mestamente l’altoatesino – ma anche alla fine. Non ero al 100%, forse perché ho ascoltato troppo altre persone in fase di preparazione dei Giochi ed è stato un errore. In futuro, ascolterò di più me stesso». Deludono anche Luca Braidot, 25° e Nadir Colledani, addirittura 34°.

Domani tocca alle donne. Al via per l’Italia ci sarà Eva Lechner. 

Celestino e i nuovi equilibri dell’eterna sfida tra Vdp e Pidcock

11.06.2021
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L’incidente di Tom Pidcock mescola le carte in vista dei Giochi di Tokyo. Lui e Van der Poel hanno puntato la medaglia d’oro nella Mtb e i riflettori sono ormai sparati a mille su questo evento, su questa sfida. Nell’ultimo mese le situazioni si sono capovolte e nel mezzo sono cambiate ancora.

Con Mirko Celestino, tecnico della nazionale di Mtb, facciamo il punto sullo stato attuale di questi due fenomeni.

Mirko Celestino, tecnico della nazionale di Mtb dal 2017
Mirko Celestino, tecnico della nazionale di Mtb dal 2017

Nuovi equilibri

Van der Poel vince in Svizzera e Pidcock è a casa a leccarsi le ferite. Solo qualche settimana fa la “frittata” era al contrario. L’inglese volava nelle gare di Coppa e l’olandese pagava dazio.

«Adesso invece le cose cambiano – dice Celestino – E spero che cambino in meglio soprattutto per noi! Scherzi a parte, questo incidente non ci voleva per Pidcock, sia perché influirà comunque sulla sua preparazione sia perché un po’ di paura te la porti dentro poi. Era in un ottimo stato di forma. Tom fa un piccolo salto indietro, mentre l’altro, rifinendo la preparazione al Giro di Svizzera, ne fa uno avanti».

«Sinceramente non mi aspettavo un Pidcock così superiore in Coppa del mondo. Mi ha colpito soprattutto ad Albstadt. Quel percorso è molto stretto: partire centesimo e arrivare quinto è un “numerone” pazzesco. A quel punto me lo aspettavo forte anche a Nove Mesto e infatti ha vinto. Che dire, Tom e Mathieu sono abituati a vivere le grandi pressioni, a stare sotto i grandi riflettori a far convivere la preparazione con quello che si aspetta la gente, gli sponsor e tutto il resto… Nella Mtb questo riguarda soprattuto Nino Schurter e posso dirvi, anche per esperienza diretta, che non è facile. A me piaceva certa pressione e rendevo anche di più, ma non per tutti è così. Guardiamo Gerhard Kerschbaumer per esempio: come gli metti “due paletti” inizia a vacillare, se invece lo lasci tranquillo va fortissimo».

Tom Pidcock è tornato in sella su strada pochissimi giorni fa (da Instagram)
Tom Pidcock è tornato in sella su strada pochissimi giorni fa (da Instagram)

Borsa valori in movimento

Quindi Pidcock in calo e Van der Poel in crescita. Anche Celestino condivide l’idea che nei primi appuntamenti di Coppa l’olandese sia arrivato un po’ “ingolfato” o comunque con altri stimoli e magari con molto lavoro nelle gambe.

«Pidcock – riprende il cittì – era più brillante perché doveva guadagnarsi l’ufficialità del posto olimpico e doveva fare punti per non partire troppo indietro. Mentre l’altro aveva meno stress addosso. Van der Poel li sta preparando molto bene questi Giochi, ha un suo percorso. In certi momenti sembrava che lui, ma anche Tom, giocassero. Di contro, dico che Mathieu un po’ questa presenza così forte di Pidcock la accusa. Forse neanche lui se lo aspettava così competitivo e così vincente».

E questa visione può avere un doppio risvolto: far lavorare ancora di più Mathieu o magari indurlo in qualche errore durante la gara per cercare di seguirlo o staccarlo. 

Per Van der Poel la rifinitura per Tokyo passa anche dalle vittorie al Giro di Svizzera
Per Van der Poel la rifinitura per Tokyo passa anche dalle vittorie al Giro di Svizzera

E i nostri?

In tutto ciò un breve sguardo va dato anche in casa azzurri e le news non sono super confortanti.

«Domenica – conclude Celestino – ci sarà la Coppa a Leogang, in Austria, e lì deciderò la mia rosa finale, che poi sostanzialmente è il terzo uomo (Kerschbaumer e Luca Braidot sono praticamente certi di andare a Tokyo, ndr). Ci sono Nadir Colledani, Daniele Braidot che però ha avuto seri problemi alla schiena, e c’è questo giovane, Simone Avondetto che ha mostrato belle cose.

«Kersch si è fatto vedere finalmente la scorsa domenica vincendo gli Internazionali d’Italia in Val Casies. Ha detto di essere un po’ troppo magro e di aver perso un po’ di forza. Io gli ho risposto che a Tokyo manca un mese e mezzo e che ha tutto il tempo per riordinare le cose. E poi quei due là (Van der Poel e Pidcock) vanno forte già da due mesi e sarà dura anche per loro tenere questa condizione per un altro mese e mezzo, o no? Io sono fiducioso!».

Pontoni: «Dopo l’incidente Pidcock potrebbe avere paura»

07.06.2021
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La scorsa settimana Tom Pidcock ha avuto un incidente: è stato investito da un’auto. Il fenomeno inglese era in allenamento sui Pirenei. Da quel che si è capito una vettura lo ha colpito da dietro e Tom è rovinato a terra fratturandosi la clavicola. Vedendo la foto di come era ridotta la sua Pinarello si può quasi dire che gli sia “andata bene”. La Ineos-Grenadiers ha reso la cosa pubblica quando Tom era addirittura già stato operato.

Tutto ciò sconvolge l’avvicinamento ai Giochi di Tokyo2020 del talento di Leeds. E non solo nelle tempistiche (poco male che abbia saltato il Tour de Suisse), ma anche dal punto di vista psicologico. Come potrà affrontare salti, discese tecniche e rock garden sapendo di avere una clavicola in quelle condizioni?

La bici di Pidcock dopo l’incidente
La bici di Pidcock dopo l’incidente

L’esperienza di Pontoni

Ne abbiamo parlato con Daniele Pontoni che di offroad e di clavicole rotte se ne intende. Tom correrà con il “tarlo” nella testa?

«L’approccio – dice il tecnico friulano – cambia. Riporto il mio esempio. Ho rotto la clavicola due volte, la prima sul Bondone e la seconda a Pila. La seconda volta fu difficile. Io feci una cavolata. In pratica mi voltai per controllare la posteriore, l’anteriore mi finì in una canalina di scolo. Feci una capriola in avanti e mi fratturai quell’osso. Alla ripresa ebbi grossi problemi, avevo paura. Quando ripresi, nella gare di Coppa arrivavo sempre ultimo. Un giorno dissi a Gregori, l’allora tecnico azzurro, di rimandarmi a casa. Piangevo. Non potevo continuare in quelle condizioni.

«A Mont Saint’Anne (uno dei tracciati storici e più difficili, ndr) ero in ricognizione quando arrivai in cima alla discesa più grande. Staccai il pedale: un piede a terra, l’altro agganciato sull’altro pedale. Ero bloccato. Un mio amico spagnolo arrivò da dietro, mi diede una pacca sulla schiena e andai giù lungo questo pendio, senza il pedale agganciato. Avevo un controllo pari a zero. Però in qualche modo arrivai in fondo. In quel momento cambiò tutto. Il giorno dopo pur partendo ultimo arrivai terzo. Quindi anche a Tom potrebbe volerglici del tempo». 

Daniele Pontoni, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Daniele Pontoni. Oggi il friulano dirige la sua squadra, la DP 66. Per anni è stato un azzurro della Mtb e del cross
Daniele Pontoni, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Daniele Pontoni. Oggi il friulano dirige la sua squadra, la DP 66. Per anni è stato un azzurro della Mtb e del Cx

Occhio alla testa

La parte psicologica conta molto, quindi. 

«Io – riprende Pontoni – ero spaventato perché non avevo visto la dinamica della mia caduta, come era stata generata. Pidcock magari può essere avvantaggiato dal fatto che l’incidente lo ha subito su strada e non in Mtb, in una situazione totalmente differente. Non ha “traumi” con la Mtb. Ricordo che un’altra volta ebbi un problema con un menisco. Fui operato e 12 giorni dopo vinsi una gara in volata. La testa conta».

Una cosa è certa che se un corridore come Pontoni, che non aveva peli sullo stomaco, che si buttava anche nel fuoco ha passato momenti del genere, non è detto che per Pidcock sia tutto liscio. Anche se per l’inglese sembra tutto okay.

L’inglese dopo l’operazione. «Un completino sicuro», ha detto. Il fatto che ci scherzi su è un buon segno (foto Instagram)
L’inglese dopo l’operazione. «Un completino sicuro», ha detto (foto Instagram)

In linea coi tempi 

E poi c’è la componente fisico-atletica vera e propria: questo incidente lo taglia fuori dai giochi per le medaglie? Oppure gli lascia il tempo necessario? Tom è stato fermo solo pochi giorni.

«Ha tutto il tempo di riprendersi. La gara olimpica di Mtb c’è a fine luglio e ha 40 giorni abbondanti a partire da oggi. Certo che sono settimane importanti queste per dare le ultime “botte” e poi iniziare a scaricare e a prepararsi per il viaggio, ma è anche vero che oggi sono avanti con le terapie di recupero. Presumo che farà più strada, per evitare traumi alla clavicola».

«Ho iniziato a seguire Pidcock in quel mondiale di ciclocross che vinse in Lussemburgo nel 2017 – conclude Pontoni – Prima credo lo conoscessero solo gli inglesi. E’ un predestinato. Che andasse forte nel cross e nella Mtb me lo aspettavo, dove mi ha stupito invece è su strada. Già l’anno scorso non credevo potesse vincere il Giro U23. Come Van Aert e Van der Poel può far bene su tutte le specialità, anche se ha un fisico diverso da quei due. Un fisico alla Pontoni!».

L’occhio di Fontana su Pidcock e Van der Poel

24.05.2021
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“Fonzie” non è mai banale. Marco Aurelio Fontana, ex grande biker azzurro, oggi commenta le gare di Coppa del mondo per RedBull Tv e il suo occhio è stato “al servizio per noi”. Con il bronzo di Londra 2012 vogliamo tornare ad analizzare quei due fenomeni che corrispondono ai nomi di Tom Pidcock e Mathieu Van der Poel. 

Marco Aurelio Fontana (37 anni), oggi e-biker e commentatore per RedBull Tv
Marco Aurelio Fontana (37 anni), oggi e-biker e commentatore per RedBull Tv
Marco, Tom e Mathieu: come li ha visti?

Ho visto che vanno fortissimo. E’ vero però che la stagione degli stradisti è stata più corposa. Loro due hanno corso tanto e da tanto tempo. I biker no. In Francia non avevano gare, in Svizzera ne hanno fatte tre in croce, Avancini che viene dal Brasile poco o niente. Ci sta che vanno molto più forte adesso e che abbiano un altro ritmo. Poi che siano forti si sa. Inoltre sono giovani e sono più avvantaggiati da questa situazione.

Cioè?

Cioè che hanno poco più di 20 anni, sono soli, quando sei giovane passi meglio i problemi, come il Covid – fa una pausa Fontana – Penso a Schurter, 35 anni, la famiglia, il contratto da rivedere, un calo (anche se minimo) della sua parabola agonistica… Tutte queste cose incidono. Pidcock ha 15 anni meno di lui. Penso che una volta che Koretzky e Andreassen, giovani anche loro, trovano il ritmo possano fare bene lo stesso.

Analizziamo questi ragazzi. Partiamo da Pidcock…

E’ un fenomeno, gli piace quello che fa e quando è così ti spuntano le ali. Ha vinto in Svizzera la prima gara a cui ha partecipato e poi ha vinto a Nove Mesto, una gara così lenta, con così tanti tratti a piedi non si vedeva da Spa del 2007. In queste situazioni i crossisti come lui e Van der Poel sono avvantaggiati. In più Pidcock pesa poco. E vedere Van der Poel che si lamenta perché uno di lui è più leggero credo sia stata la prima volta. Ma sapete cosa mi colpisce?

Cosa?

Che due anni fa si diceva: ecco, Van der Poel, il numero uno in assoluto, un fenomeno che scalza Schurter. Poi arriva questo inglesino di 5 anni, 15 chili e 20 centimetri in meno dell’olandese e lo mette all’angolo. VdP fortissimo su strada punta alle Olimpiadi in Mtb e Tom dopo Nove Mesto ha detto: sono nato per la Mtb. Ecco, mi stupisce quanto cambi velocemente oggi lo sport.

Tom Pidcock e Mathieu Van der Poel: per Fontana i favoriti a Tokyo
Tom Pidcock e Mathieu Van der Poel: per Fontana i favoriti a Tokyo
Absalon ci ha detto che Pidcock guida molto forte in discesa. Che vada forte ad Albstadt, tracciato tra i meno tecnici, ci sta, ma che vinca nella super tecnica Nove Mesto il discorso cambia…

Vero. Guida forte e per avere 20 anni è molto calmo, rischia il giusto. Sentivo gli enduristi che mi dicevano: va piano. No, dico io, è composto. Questo significa che va per gradi.

E Van der Poel, come lo hai visto?

Tecnicamente è bravo anche lui. Semplicemente adesso non ha quel super ritmo. C’era chi andava più forte e lui non teneva i primi. Sì, faceva delle variazioni di ritmo molto nette su un tratto, ma nel giro era più lento. Tra il suo best lap e quello di Pidcock c’erano quasi 30”.

Pidcock era “costretto” a partire forte perché non aveva punti e doveva farne per non partire troppo indietro a Tokyo, mentre Van der Poel aveva già un posto nelle prime posizioni: magari l’olandese è più imballato perché sta seguendo un altro percorso, forse è in una fase di carico di lavoro. Ci può stare?

Sì, ci può stare. Questo è uno che ad ottobre volava sul Koppenberg, a gennaio dominava a Koksijde e in primavera vinceva la Strade Bianche. lui quando va, va… Mathieu è “on-off”. E’ difficile leggere in lui un percorso di avvicinamento verso un picco di forma. Insomma vince quando è il più forte.

Van der Poel più potente di Pidcock, ma meno brillante nelle prime gare di Coppa
Van der Poel più potente di Pidcock, ma meno brillante nelle prime gare di Coppa
Il percorso di Tokyo chi avvantaggia?

Ammetto che non so molto sul tracciato giapponese, ma Van der Poel è super esplosivo, anche Pid lo è. Se ripenso alla volata che ha fatto (sbagliando) nello short track di Nove Mesto fa paura. Però se proprio dovessi scommettere, a Tokyo punterei su Van der Poel. Di certo sarà una gara più aperta di Nove Mesto.

E invece parlando dei biker puri, chi può contrastarli?

Bella domanda. A Nino manca l’occhio della tigre e infatti vederlo arrabbiato dopo Nove Mesto è stato bello. Koretzky ha fatto una bella gara e se questo lo porti all’ultimo giro non lo togli così. Un conto è una gara di 300 chilometri come la Sanremo e un conto un cross country che dura un’ora e mezza. Però Tom e Mathieu non sono “intelligenti” (occhio a non fraintendermi, specifica Fontana): nel senso che non risparmiano, non limano, non seguono gli altri. No, dai, non ce l’ho un nome oltre loro due tra i biker puri. I favoriti sono Tom e Mathieu.

I due Merckx della Mtb su Van der Poel e Pidcock

11.05.2021
7 min
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Per chi non li conoscesse Julien Absalon sta alla Mtb come Eddy Merckx sta alla strada. E Nino Schurter… anche! Julien oggi dirige la sua squadra, l’Absolute Absalon, mentre Nino è ancora in attività e corre con il Team Scott-Sram.

A loro, che con le Olimpiadi hanno un certo feeling, abbiamo chiesto dei due grandi fenomeni della strada che fanno rotta su Tokyo per la Mtb, Tom Pidcock e Mathieu Van der Poel. Le Roi, vanta due Olimpiadi. E un terzo oro, lo ha perso mentre si stava recando al via di Londra 2012, quando subì una impercettibile foratura. Julien si accorse di aver bucato sul count down. Nino invece a Rio 2016 si è preso il titolo a cui teneva di più.

Ricognizione di Rio 2016. Sagan si affida all’esperienza di Absalon (a sinistra)
Ricognizione di Rio 2016. Sagan si affida all’esperienza di Absalon (a sinistra)

Absalon: due fenomeni

Non è la prima volta che uno stradista partecipa alle gare di Mtb persino a quella olimpica, lo aveva già fatto Sagan a Rio 2016, ma lo slovacco non aveva le carte in regola per pensare ad una medaglia. Tom e Mathieu invece non solo aspirano alla medaglia, ma anche al metallo più pregiato.

«Per me questi personaggi possono vincere – dice Absalon – si tratta di due  fuoriclasse. VdP può vincere tutto: su strada, in Mtb e nel cross. E – aggiunge – anche contro Schurter. Il rischio per lui è il Tour. Ha detto che ci andrà ma se lo farà tutto rischia di arrivare stanco, di sprecare troppo, se invece farà dieci tappe allora andrà fortissimo.

«Ma c’è una cosa per me che lo ha avvantaggiato: il Covid. Se non ci fosse stata la pandemia avrebbe corso ininterrottamente, non si sarebbe “rigenerato” e sarebbe arrivato stanco. Così invece Vdp ha potuto programmare bene i suoi impegni e ha curato anche la parte tecnica in Mtb».

Ma Absalon non dimentica l’inglese.

«Tom invece è più acerbo di Mathieu. Ha vinto il mondiale U23, l’ho visto guidare in più di qualche occasione in Coppa e devo dire che in discesa è velocissimo, guida alla grande. Esce da questa prima parte di stagione su strada più forte di prima e più consapevole dei suoi mezzi. Potrebbe avere solo il problema di essersi stancato un po’ troppo. Lui ha già annunciato un avvicinamento diverso (ed ha esordito nelle gare di Mtb con una vittoria in Swiss Cup, ndr). Vedremo…».

Tom Pidcock ad Albstadt. Domenica si replica Nove Mesto. Il percorso sarà molto più tecnico
Pidcock ad Albstadt. Domenica si replica Nove Mesto. Il percorso sarà molto più tecnico

Adattamento rapido

Ma come si può passare da una disciplina all’altra con così poco adattamento? Anche perché poi bisogna farlo a livelli siderali. Non è un cross country di provincia.

«Bisogna considerare che stiamo parlando di fenomeni – ricorda Absalon – sono pochissime le persone al mondo che sono in grado di passare da una bici all’altra con questa naturalezza. Tra le donne ci riusciva Pauline (Ferrand-Prevot, ex iridata su strada nonché attuale compagna dello stesso Absalon, ndr). Loro riescono ad adattarsi in tempo reale».

Un passaggio del test event (femminile) di Tokyo che rende bene il tasso tecnico del percorso
Un passaggio del test event (femminile) di Tokyo che rende bene il tasso tecnico del percorso

Il percorso di Tokyo

Nella Mtb rispetto alla strada non contano “solo” le gambe, la tecnica di guida incide molto e questa è legata alla tipologia di percorso. Né Pidcock, né Tom hanno provato quello di Tokyo. Absalon parla di un tracciato molto esplosivo, con tante salite brevi ma ripidissime, un percorso che ricorda molto le caratteristiche fisiche che si devono avere in un ciclocross.

«Un percorso da biker veri in cui è avvantaggiato chi ha una grande partenza, perché a mio avviso non è così facile rimontare. E per questo serve potenza». Stando a queste parole emerge l’identikit perfetto di VdP e si capisce perché abbia scelto di puntare sulla Mtb.

«Un favorito? Difficile dirlo. Avancini sta andando molto forte, ma anche Koretzky e Carod stanno crescendo e sono bravi tecnicamente. E poi chiaramente c’è Nino. Sarà molto interessante vede “Pid” e VdP con loro, pensando anche al fatto che non partiranno nelle primissime posizioni».

Van der Poel ad Albstadt è partito molto forte, ma poi è calato giungendo 7°
Van der Poel ad Albstadt è partito molto forte, ma poi è calato giungendo 7°

Un bene per la Mtb

Però se due stradisti o comunque due atleti polivalenti dovessero arrivare e battere gli specialisti non sarebbe una bella cosa per il circus della Mtb.

«Per me – conclude Absalon – la loro presenza porta ad una buona esposizione mediatica il nostro sport. Entrambi muovono sponsor e grande appeal. I mei ragazzi, per esempio, sono orgogliosi di scontrarsi con loro e anzi sono stimolati a fare ancora di più. Si sono allenati ancora meglio sui loro punti di forza: guida, tecnica e tanta Mtb. Non si sono lasciati influenzare».

VdP in testa e Pidcock a centro gruppo. Queste sfide su ogni terreno esaltano anche i media
VdP in testa e Pidcock a centro gruppo. Queste sfide su ogni terreno esaltano anche i media

Parola a Nino

E dopo aver ascoltato Absalon, passiamo al campione olimpico in carica, Nino Schurter. Lo svizzero è l’erede naturale del francese. Per anni i due hanno dato vita a duelli epici, spartendosi tutto. Nino e Julien da una parte e il resto del mondo dall’altra. 

Quel che è interessante è che è stato proprio Van der Poel a incrinare l’assoluto dominio di Schurter dopo il ritiro di Julien. Una volta riusciva a tenerlo a bada con la tecnica, ma da quando Vdp è migliorato anche sotto quell’aspetto le cose sono cambiate.

«Come tutti, anche io ho dovuto riadattarmi un po’ al passato – dice Schurter – Di solito facevamo la Cape Epic a marzo (il Tour de France della mtb, una gara a tappe, ndr) invece sono stato sì in Sud Africa, ma per un training camp. Le prime due gare che ho fatto sono state buone, ho vinto. E questo mi rende ottimista per il resto della stagione.

«L’obiettivo principale sono sicuramente le Olimpiadi, ma questo non significa che andrò ai mondiali non ben preparato. Tutte le gare sono molto importanti. Anche dal punto di vista psicologico. Ai Giochi si affilano i coltelli anche per i mondiali».

Schurter in Germania ha chiuso secondo superato in volata da Koretzky alle sue spalle
Schurter in Germania ha chiuso secondo superato in volata da Koretzky alle sue spalle

Vecchio ma tosto

La concorrenza aumenta: Sarrou (iridato in carica), Avancini, Koretzky, che ha vinto domenica ad Albstadt proprio davanti a lui, e appunto i due fenomeni: questo di certo gli mette pressione e magari al tempo stesso gli toglie qualche certezza.

«Il fatto che sto invecchiando è un dato di fatto così come la concorrenza che sta aumentando. Ma ho ancora molti anni di esperienza a cui aggrapparmi – dice Nino – mi concentro su me stesso e cerco di fare il meglio possibile. Se poi questo è ancora abbastanza buono per resistere ai più giovani lo vedremo strada facendo. Una cosa è certa, non ho paura di nessuno.

«Il percorso di Tokyo è frenetico con salite molto ripide. Non sono troppo lunghe ma con il passare dei giri faranno la differenza. È anche abbastanza tecnico con salti e drop che mi piacciono molto. Credo che questo sia adatto a me e non solo a Tom o a Mathieu. E detta tra noi, non penso che loro abbiano alcun vantaggio. Una gara di Mtb dura 90′ ed è molto diversa da qualsiasi corsa su strada. Personalmente non vedo l’ora di correre la mia quarta Olimpiade».

Nino accoglie sul traguardo di una gara del 2018 un giovanissimo Van der Poel
Nino accoglie sul traguardo di una gara del 2018 un giovanissimo Van der Poel

Concentrato su VdP

A “preoccupare” di più Schurter sembra essere Van der Poel, forse perché con Pidcock ancora non ha avuto un vero scontro diretto essendo stato l’inglese U23 fino alla passata stagione.

«Sì sì, seguo le loro gesta e con interesse. Lo spettacolo di Van der Poel è stato impressionante. A partire dal mondiale di ciclocross fino alle classiche. Ormai è uno dei migliori professionisti su strada e cross. Mi chiedo solo se non abbia mai bisogno di una pausa o non si stanchi mai di tutte queste gare! Rispetto molto quello che fa e gli dò il benvenuto nella Mtb. La sua presenza è un valore aggiunto per la nostra disciplina.

Sagan è arrivato a Rio2016 sapendo di non poter vincere, VdP e Pidcock invece puntano decisamente al podio: cosa pensa Schurter degli stradisti che arrivano e possono trionfare?

«Il passato di Peter come biker era piuttosto lontano e non aveva abbastanza gare per essere competitivo per le medaglie a Rio. Per VdP e Pidcock invece il discorso cambia, eccome. Hanno dimostrato di avere tutte le carte in regola per essere tra i pretendenti per il podio alle Olimpiadi. Non so quante reali possibilità abbiamo loro due di vincere perché non sono sicuro di quante gare faranno prima delle Olimpiadi».

Anche Pidcock a Tokyo in Mtb. Facciamo il punto

01.04.2021
4 min
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Non solo Van der Poel, anche un altro big della strada, seppur giovane, punta alle Olimpiadi in Mtb. A Tokyo, infatti, tra i pretendenti alle medaglie ci sarà anche Tom Pidcock. L’inglese della Ineos Grenadiers ha ottenuto il benestare dal suo team per la sfida a cinque cerchi. 

Si tratta davvero di un qualcosa di nuovo, al di fuori dagli schemi per la squadra di Sir Brailsford, la quale però come più volte abbiamo detto sta cambiando pelle.

L’inglese competitivo alla Strade Bianche tra Van Aert e Van der Poel
L’inglese competitivo alla Strade Bianche tra Van Aert e Van der Poel

Un sfida complicata

Tom è senza dubbio un asso della mountain bike. Ha vinto il titolo mondiale U23 nel 2020 (e persino quello assoluto in e-Bike). Tuttavia lo scalatore (ma è giusto definirlo “solo” così?) non ha più fatto gare di livello internazionale. Per farla breve, in Coppa del mondo non si è mai scontrato con i super big. Gli manca il testa a testa con la “cavalleria pesante” del cross country, la specialità olimpica. Lo stesso Van der Poel quando si ritrovò a gareggiare con gli elite ebbe le sue difficoltà all’inizio.

Un conto infatti è scontrarsi con calibri che rispondono ai nomi di Schurter, lo stesso Vdp, Sarrou, Avancini, Flueckiger… e un conto è con gli U23, seppur fortissimi come Vlad Dascalu, che corre in Italia nel Team Trek-Pirelli, o Filippo Colombo, ticinese che ogni tanto si affaccia su strada e spesso esce in allenamento con Nibali e Bettiol. Questi ultimi sono forti, ma ancora distanti dai leader.

Per questo motivo, quando Tom ha annunciato l’obiettivo olimpico ha dichiarato anche un calendario abbastanza intenso di prove offroad.

«Inizierò – ha detto Tom – la stagione con una gara a Leukerbad in Svizzera, tappa di apertura del Proffix Swiss Bike, il primo maggio. Si tratta pertanto di un inizio tosto, considerando il livello medio che c’è in Svizzera. A seguire ecco le tre tappe di Coppa del mondo: Albstadt, Nove Mesto e, dopo un mese circa, Leogang. A quel punto valuteremo se fare altre gare oppure no».

Nel 2020 Pidcock ha conquistato il titolo iridato U23 nel cross country
Nel 2020 Pidcock ha conquistato il titolo iridato U23 nel cross country

Obiettivo: fare punti

Uno dei nodi delle gare di cross country è la griglia di partenza. Questa è stabilita in base al ranking Uci e in questo caso Pidcock, proprio perché ha gareggiato poco, è piuttosto indietro (è 92°) e i punti Uci fatti tra gli U23 non contano in chiave olimpica. Questo non vuol dire che a Tokyo partirà così dietro, perché comunque i posti sono limitati, ma certo anche solo ritrovarsi in quarta o quinta fila vorrebbe poter dire addio alle medaglie già in fase di partenza. Il rischio di rimanere imbottigliati in cadute e noie meccaniche è molto elevato.

Per questo, ancor più che Van der Poel, Pidcock farà le prime due gare di Coppa, quelle che assegnano punti Uci: deve guadagnare posizioni. Questo potrebbe voler dire che ancora prima di cercare la prestazione, Tom correrà con l’intento di risalire il gruppo e trovare il feeling nelle gare di altissimo livello. In particolare Nove Mesto è molto complicata anche dal punto di vista tecnico, con il suo celebre rock garden, il più lungo di Coppa.

«Se farà bene ad Albstadt – ha detto il suo allenatore Kurt Bogaerts – le chance aumenteranno. Arrivare tra i primi 16 in Germania gli consentirebbe di partecipare alla gara di qualificazione dello short track (una sorta di qualificazione tipo la F1, ndr) per la gara di Nove Mesto. E partire a sua volta più avanti gli dà maggior possibilità di fare bene e di ottenere punti».

Pidcock durante i test con la sua Bmc Fourstroke
Pidcock durante i test con la sua Bmc Fourstroke

Dal pavè alle rocce

Intanto Pidcock sta correndo le classiche fiamminghe. Per le quali ci dicono essere particolarmente concentrato. La prestazione ottenuta alla Strade Bianche lo ha galvanizzato e gli ha dato la consapevolezza, semmai ne avesse avuto bisogno, che è competitivo anche WorldTour. 

Sempre secondo il suo coach questi sforzi gli potranno fare bene anche in ottica Mountain Bike, ma correre su certi terreni, acquisire la tecnica resta comunque fondamentale. E farlo in corsa lo è ancora di più.

Tom è andato in Spagna, a Banyoles, in Catalogna, per lavorare su questo aspetto. E lo ha fatto prima delle classiche del Nord, anche perché doveva mettere a punto alcuni nodi tecnici, come la scelta della bici sulla quale gareggiare visto che Pinarello (marchio della Ineos) non produce Mtb. Alla fine Tom ha optato per una Bmc Fourstroke con sospensioni SR Suntour e componenti Shimano. Una bici molto simile, per non dire identica, a quella utilizzata da Jordan Sarrou, nell’ultimo campionato del mondo (da lui vinto). Una bici sul cui sviluppo c’è la forte impronta di Julien Absalon, due volte campione olimpico e pluri-iridato. 

Si tratta di una full suspended (biammortizzata) e il marchio SR Sountour, anche se molto più piccolo rispetto a Fox e Rock Shox, consente un lavoro molto più personalizzato con i suoi corridori. Insomma, Tom potrebbe averci visto lungo nella scelta del mezzo e delle sospensioni. Sapendo che la tecnica, almeno a certi livelli, potrebbe essergli contro ha cercato di sopperire a questo gap con una bici che perdona un po’ di più.

Noi intanto aspettiamo con grande curiosità il mese di maggio, per vedere lui e VdP a confronto coi giganti della Mtb.

Ganna “a martello”. Cosa voleva fare la Ineos?

20.03.2021
4 min
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E alla fine ecco la Ineos Grenadiers. I ragazzi di Dario David Cioni e Matteo Tosatto hanno preso le redini della corsa dalla Cipressa in poi. Tutti si chiedevano perché? Soprattutto dopo la tirata di Ganna… 

In fin dei conti il gruppo era foltissimo e Kwiatkowski, che per carità resta un super corridore, non dava poi tutte queste garanzie, almeno se si pensava a quei tre che avrebbero dovuto “spaccare il mondo”. Perché non lasciare a loro il pallino della corsa?

Luke Rowe e Filippo Ganna, appunto, hanno fatto davvero un gran lavoro. Pippo poi li ha portati “a spasso” fin sulle rampe del Poggio, prima di spostarsi esausto.

Pidcock, Kwiatkowski e Van Baarle subito dopo l’arrivo
Pidcock, Kwiatkowski e Van Baarle subito dopo l’arrivo

Imperativo: stare davanti

Dopo l’arrivo i primi Ineos a tagliare il traguardo si radunano. Scambiano qualche chiacchiera e tutto sommato sono sorridenti. Per assurdo il più dispiaciuto è Pidcock: il novellino di 59 chili ha l’aria di chi ha perso una grande occasione.

«E’ stata una Sanremo molto veloce – dice Cioni appena sceso dall’ammiraglia – Nel finale eravamo davanti perché se dopo la Cipressa non corri in quelle posizioni non vinci la corsa. E’ semplice! Siamo rimasti in testa al gruppo con la speranza che poi i ragazzi avessero le gambe per seguire chi si sarebbe mosso. Alla fine davanti avevamo Pidcock e Kwiato non si è agganciato per poco.

«Kwiatkowski era il capitano e Pidcock il jolly. A dire la verità aveva carta bianca anche Ganna, ma poi non stava benissimo nella prima parte della gara e così Pippo ha scelto di lavorare per la squadra».

Pidcock in azione sulla Cipressa. Molto reattivo anche sul Poggio
Pidcock in azione sulla Cipressa. Molto reattivo anche sul Poggio

L’attacco di Kwiato

Il polacco, che vinse questa corsa nello splendido arrivo a tre del 2017, ha provato a giocarsela in discesa. Lui il Poggio lo conosce a menadito e, probabilmente sapendo di averne un po’ meno sia per la “botta in finale” che per la volata, ha cercato di anticipare. Forse, però, quando ci ha provato a quel punto la tattica era un po’ bloccata. Probabilmente anche in Ineos si aspettavano qualcosa di più dai tre favoriti.

«Sono mancate un po’ le gambe – afferma Cioni – ma come succede a tanti del resto. La Sanremo è una gara particolare: pensi di stare bene e poi nel finale ti rendi conto che non è così. Per quel che avevamo visto alla Tirreno, un po’ tutti si aspettavano qualcosa di più da Van Aert, Alaphilippe e Van der Poel. Uno scontro fra titani sul Poggio. Ma come ho detto la Sanremo è una gara lunga, una gara strana e non sempre uno ha le gambe che pensa di avere. E questo vale anche per loro evidentemente. Quindi complimenti al vincitore che è andato forte!».

Già, complimenti al vincitore. Ma visto come è partito Stuyven e cioè in discesa sui “residui” di un’azione, forse anche giusta, impostata proprio da Kwiatkowski magari un po’ di rammarico c’è.

«Sì, ci vuole anche un po’ di fortuna. Bisogna essere lì e cogliere l’attimo. E’ andata meglio a qualcun altro».

Stamattina Ganna è stato l’ultimo a lasciare il suo bus ed era molto serio
Stamattina Ganna è stato l’ultimo a lasciare il suo bus ed era molto serio

E Ganna lavora per il futuro?

Ma se la corsa della Ineos è finita di fatto ad un chilometro dall’Aurelia, qualche cosa da salvare c’è eccome: innanzi tutto Pidcock. Tom, 21 anni e alla prima Sanremo, è arrivato davanti e Ganna era lì, nonostante non fosse in forma. Stando alle parole del gruppo la sua azione è stata determinante nell’economia della corsa. Di fatto il “Pippo nazionale” ha impedito ogni altro scatto o azione.

«Ganna – conclude Cioni – poteva entrare in gioco in due punti: uno era sulla Cipressa se ci fossero stati dei movimenti, e l’altro sul Poggio. In questo secondo caso se avesse avuto la gamba buona avrebbe dovuto seguire».

E, aggiungiamo noi, semmai fosse arrivato davanti in fondo all’Aurelia avrebbe dovuto dare una botta della sue, come fece Cancellara nell’ormai lontano 2008.

Ma forse il podio di Bernal non è una sorpresa

06.03.2021
3 min
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Sul podio della Strade Bianche assieme a Van der Poel e Alaphilippe, Egan Bernal si è guardato intorno non senza sorpresa e ha avuto una bella sensazione. Certo i sogni erano altri, ma quando sei fuori dalla tua comfort zone (che nel suo caso sono le salite e le alte quote), anche i sogni devono adeguarsi. E il terzo posto a Piazza del Campo è un risultato che forse neppure il colombiano in partenza avrebbe messo in conto e che magari potrebbe indicargli altre direzioni da affiancare ai grandi Giri. Se c’è una lezione che va assolutamente appresa da Van der Poel, Van Aert e Pidcock è che si corre sempre per vincere. Qualunque sia la corsa.

Ua magia che torna tutti gli altri nellle terre di Siena
Ua magia che torna tutti gli altri nellle terre di Siena

Effetto sorpresa

Egan era arrivato in Europa parlando ancora del mal di schiena che lo affligge dallo scorso Tour. Per cui parecchi erano propensi a ritenerlo fuori dai giochi, non aspettandosi di vederlo pimpante come negli ultimi giorni. A Laigueglia prima, quando è arrivato secondo alle spalle di Mollema. E poi alla Strade Bianche che, a quanto vedremo, era un suo vecchio desiderio.

Quado gli chiediamo di avvicinarsi alla transenna, Bernal è nell’area delle televisioni in attesa del suo turno alle interviste. Ma ci vede, ci riconosce e ci raggiunge.

Bernal ha corso spesso vicino ad Alahilippe, in grande forma
Bernal ha corso spesso vicino ad Alahilippe, in grande forma
Come è andata?

Meglio di quanto mi aspettassi. Pensavo di stare lì davanti, ma non così tanto. Alla fine sono riuscito a salire sul podio con Mathieu (Van der Poel, ndr) e con il campione del mondo in una corsa di un giorno. Non sono uno specialista, quindi per me è un grandissimo risultato.

Sei stato a lungo con Pidcock, avevate un piano?

Era difficile andare via da soli, per cui il nostro obiettivo era cercare di superare insieme anche l’ultimo tratto di sterrato e poi giocarci le nostre carte, magari scattando a turno. Però alla fine ha attaccato Mathieu e dalla corsa tattica che speravamo di gestire, è diventata una corsa di gambe. Ma secondo me abbiamo giocato bene le nostre carte.

Pidcock assetato dopo l’arrivo, al termine di una prova sorprendente
Pidcock assetato dopo l’arrivo, al termine di una prova sorprendente
Sul podio c’erano due ciclocrossisti e un biker: è un caso?

Ex biker, è stato un po’ di anni fa. Però un po’ ha aiutato. La padronanza della bici in qualche modo ne guadagna.

Ti aspettavi una corsa così?

E’ una delle corse più belle. Per quanto riguarda me, erano già un po’ di anni che aspettavo di farla. Una corsa bellissima anche da dentro per noi corridori, una delle più belle. Pero anche una delle più dure. E io almeno, parlo per me, l’ho goduta.

Adesso si punta sulla Tirreno?

In realtà sono venuto qui pensando di fare bene la Strade Bianche più che la Tirreno. L’obiettivo di questo blocco di corse era la gara di oggi, la Tirreno viene come viene. Sono davvero molto soddisfatto di questo podio, davvero una bella sorpresa.

Che cosa insegna questa corsa? Che un Bernal in forma Giro potrebbe anche togliersi il gusto di andare a conoscere la Liegi. E’ la lezione dei guerrieri di questo ciclismo d’assalto, in cui in apparenza il gusto per la sfida e la capacità di prestazione fanno passare in secondo piano gli schemi di sempre.