Van Aert, assolo travolgente e la Val di Sole si inchina

12.12.2021
6 min
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Sfreccia nella neve all’inizio dell’ultimo giro con una velocità pazzesca. Ci passa davanti facendo un piccolo salto e all’atterraggio l’impatto con il percorso ghiacciato ha un suono sordo e compatto. Van Aert ha fatto anche oggi la sua corsa, guidando da grande pilota lungo le canalette e le trappole del percorso di Vermiglio.

Si è concesso il tempo per trovare il giusto assetto e poi ha preso il largo, nonostante il tentativo di Vanthourenhout di non farsi staccare. Mentre il grande belga addenta l’ultima neve di questo suo weekend pazzesco, iniziato ieri con la vittoria di Essen e proseguito in Val di Sole, pensiamo a una frase detta ieri dal cittì Pontoni. «Su questo percorso non servirà tanto la potenza – ha detto ieri il tecnico azzurroquanto la capacità di guidare la bici». Il ragionamento poteva essere anche condivisibile, ma si è infranto contro la capacità del grande belga di guidare benissimo esprimendo tutta la sua potenza.

Van Aert ha tagliato il traguardo con 49 secondi su Vanthourenhout (foto Di Donato)
Van Aert ha tagliato il traguardo con 49 secondi su Vantourenhout (foto Di Donato)

Val di Sole, 10 e lode

C’erano curiosità e qualche dubbio su questa gara nella neve. Il fondo avrebbe retto? Sarebbe stato un evento sostenibile oppure qualcosa di folkloristico? Nessun dubbio sulla capacità della Val di Sole di tenere l’evento, vista la consuetudine con le grandi prove della mountain bike, ma d’inverno?

«Siamo felicissimi – dice ai piedi del podio Fabio Sacco, presidente di Visit Val di Sole – perché questa sperimentazione è riuscita. Abbiamo creato un filo rosso con la Mtb, lasciando intravedere qualche possibilità di aprire al gravel. Abbiamo portato il ciclismo nella stagione invernale. C’erano la curiosità e il giusto rispetto verso qualcosa di nuovo, ma tutto ha funzionato bene. La macchina organizzativa di Val di Sole ha dimostrato di conoscere il mondo degli eventi e abbiamo affrontato tutto al meglio».

Sul podio il belga ha preceduto Vanthourenhout e Pidcock, arrivato a 1’28” (foto Di Donato)
Sul podio il belga ha preceduto Vanthourenhout e Pidcock, arrivato a 1’28” (foto Di Donato)

Più abilità che forza

Se te lo trovi davanti a non più di mezzo metro, capisci che niente è per caso. Wout Van Aert, come altri grandi belgi prima di lui (vengono in mente Tom Boonen e Johan Museeuw) è una statua. E quando un fisico così riesce a trovare il feeling con la bicicletta, puoi mettergli davanti qualsiasi percorso e lui lo piegherà al suo volere. Negli ultimi 12 mesi, il campione della Jumbo Visma ha vinto nel cross, a cronometro, sulle salite e anche in volata.

«Penso che oggi si è fatta un po’ la storia del ciclocross – dice – è stato bello correre in questo scenario ed era mia ambizione essere alla partenza. Penso che tutti sappiano che mi piace correre in Italia, mi piacciono i tifosi e il loro entusiasmo. Per questo è stato bello fare show e festeggiare con loro. Oggi è stato più un fatto di abilità che di forza. Dovevi restare sulla bicicletta il più possibile e non era affatto scontato. C’era l’obiettivo di non fare troppi errori. Il percorso cambiava a ogni giro, alla fine della corsa era più freddo e il fondo ghiacciato».

Pidcock ha sofferto il freddo, ma sta crescendo a vista d’occhio
Pidcock ha sofferto il freddo, ma sta crescendo a vista d’occhio

Difficile andare forte

Di freddo e ghiaccio parla Pidcock, che ieri era parso disinteressato e poco entusiasta, invece oggi ha lottato con denti e unghie.

«Sono morto di freddo – dice il campione olimpico della Mtb – facendo qualcosa di diverso rispetto a quel che si fa abitualmente nel cross. E’ stato un esperimento ben riuscito. E’ stato bello, molto tecnico. Per me è stato difficile andare a tutta, perché c’era da gestire l’equilibrio. Probabilmente con questo clima preferisco sciare, ma è stato bello da vedere e io sicuramente mi sono divertito».

Allargare la base

Si è fatto per tutto il weekend un gran parlare delle Olimpiadi invernali come possibile approdo per il ciclocross. Il discorso regge. Il cross è uno sport invernale e da oggi sappiamo che si può correre anche nella neve. Ma il problema non è tecnico, ricordando quando uno dei capisaldi del ciclismo olimpico come la 100 Chilometri fu cancellata dal programma perché poche Nazioni potevano essere rappresentate.

Con il quarto posto, Iserbyt ha mantenuto la testa della Coppa del mondo
Con il quarto posto, Iserbyt ha mantenuto la testa della Coppa del mondo

«Penso sia possibile arrivare alle Olimpiadi con il ciclocross – dice Van Aert – quando lo sport è ai massimi livelli quello è il suo approdo. Ma per ora la base è stretta, servirebbe una piattaforma più ampia. Quando ero un ragazzino non c’erano prove di Coppa del mondo fuori da Belgio e Olanda, ora siamo in Italia e prima siamo andati in America, stiamo migliorando. Possiamo essere un evento invernale, ma dobbiamo avere numeri migliori. Magari i ragazzi italiani che oggi ci hanno guardato, si sono appassionati e saranno i campioni di domani».

Cross, un fatto di cuore

La lucidità fa il pari con le sue doti atletiche. E allora, per riallacciare il filo con le sue parole dopo la vittoria di Boom, gli chiediamo che rapporto abbia avuto infine con la neve

«Nella seconda parte di gara – dice – è stato davvero insidioso. Bastava cadere o avere un problema con la bici e tutto poteva cambiare. Il mio vantaggio era rassicurante, ma potevo perdere tutto facendo la cosa sbagliata. E’ stato eccitante fare l’ultimo giro da solo, ho avuto anche tempo di pensare che sarebbe facile rilassarsi un po’ d’inverno e allenarsi per la stagione su strada. Ma il cross mi piace. E’ una buona preparazione, ma soprattutto un fatto di cuore».

Sul podio, brindisi belga tra Vantourenhout e Van Aert
Sul podio, brindisi belga tra Vantourenhout e Van Aert

Addio tempo libero

Wout non ci sarà nel prossimo fine settimane nei round di Coppa a Rucphen in Olanda e a Namur, in Belgio La Jumbo Visma lo vuole nel ritiro spagnolo per preparare la stagione su strada e lui non se l’è sentita di contraddirli. Tornerà nel cross a Dendermonde, il 26 dicembre, dove ritroverà anche… l’amico Van der Poel. Per ora se la cava con una battuta.

«Mi piacerebbe avere il tempo di andare sulla neve per sciare – sorride – ma non ne ho praticamente più. L’ultima volta ho sciato due anni fa in marzo, dopo una super stagione di cross. Poi ho avuto la brillante idea di mettermi a correre anche su strada e a questo punto avrei tempo per sciare solo dopo la Roubaix. Ma finisce sempre tardi e la neve a quel punto è tutta sciolta».

Uno stadio ghiacciato: prova finita, sentiamo gli atleti

11.12.2021
7 min
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L’unico che per due volte è arrivato in cima senza scendere di bici è stato Iserbyt e per questo s’è beccato la salva di applausi dai tifosi sulla salita di Vermiglio. Un freddo cane. Il sole è rimasto sul paese per un’ora appena, Fruet aveva ragione. E comunque s’è fermato dall’altro lato della valle, tanto che i belgi hanno scherzato parecchio sul nome Val di Sole. Come dargli torto? Farsi scaldare le spalle, sia pure per pochi minuti, è stato piacevole, poi ci siamo arrampicati anche noi quassù per vederli passare. Questo è il racconto di quasi un’ora all’ombra e nella neve durante la prova, nel tratto che verosimilmente farà la differenza nelle due gare di domani.

Il sorriso della Vos

Marianne Vos non s’è mai fermata. L’olandese è stata la prima arrivare e l’ultima ad andarsene. Solo Pidcock è rimasto fino all’imbrunire, ma è partito parecchio dopo, rintanato nel maxi camion della Ineos Grenadiers, sbarcata in Val di Sole con strutture da Tour de France.

La grande campionessa olandese della Jumbo Visma prima ha provato a salire pedalando sulla sua nuova Cervélo, ma al secondo tentativo se ne è fatta una ragione e ha cominciato a inanellare giri con la bici in spalla. Il primo camminando, altri due correndo. Quella ragazza, pensiamo osservandola, è portatrice sana di grazia e grinta. Infatti ha trovato il modo di rispondere al saluto con un sorriso, poi lo sguardo è tornato fisso davanti. E quando il passaggio in cima non le è piaciuto, ha scavalcato la recinzione, è tornata indietro e ha ripetuto il passaggio.

Marianne Vos è stata una delle prima a uscire sul percorso
Marianne Vos è stata una delle prima a uscire sul percorso

Pidcock l’acrobata

Pidcock passa una prima volta camminando piano e guardandosi intorno, come quando sei in montagna e gestisci il tempo fra un passo e il successivo. Con lui c’è un corridore della Trinity, la squadra in cui Tom ha corso fino allo scorso anno. Arrivato in cima, si mette a osservare la compressione successiva allo scollinamento.

«Guarda quel pezzo là in fondo – dice al compagno di scalata – si vede un po’ di terra perché c’è tanta contropendenza. Bisogna stare attenti».

Il tempo di dirlo e si lancia nel mangia e bevi, con il piede a monte sganciato per tenere l’equilibrio e le mani nella parte sopra. Poi arriva alla curva che immette nella discesa. Afferra con la mano il palo di legno che delimita il percorso e ci fa il pendolo intorno, lanciandosi nella picchiata. L’altro in maglia Trinity lo segue e in quel passaggio di contropendenza, scivola e cade. Pidcock però non lo vede perché è già in fondo alla discesa. Al passaggio successivo sarà solo, masticando una barretta.

«Un’esperienza interessante – dirà poi il britannico – il tracciato è pieno di insidie. Quando il sole scende inizia a essere freddo, la neve cambia a ogni giro. Dalle foto sembrava un percorso piatto, invece l’ho trovato duro e tecnico. La prova è sempre diversa, sarà interessante affrontarlo in gara. E’ importante essere qui e sarà importante vedere come finisce. La neve è un’esperienza da fare, sentiremo i corridori, ma la chance olimpica merita che si provi».

Chiara Teocchi è parsa molto entusiasta del fondo innevato
Chiara Teocchi è parsa molto entusiasta del fondo innevato

Entusiasmo Teocchi

La temperatura alle 15 inizia a scendere in modo fastidioso, mentre si susseguono i passaggi su questo calvario gelato. I corridori usano scarpe basse e copriscarpe che non coprono anche la suola. Solo che all’affondare del piede nella neve, la punta si solleva e camminano con scarpe che fanno un po’ sorridere perché ricordano quelle rotte dei film di Charlot.

Decidiamo di concedere un po’ di riposo a Chiara Teocchi. Basta una battuta, infatti, e la bergamasca si ferma con un sorriso e il fiatone.

«E’ bellissimo – dice – è davvero molto bello. Sembra di essere sulla sabbia, ma non quella del Belgio che ti impianti. Una sabbia diversa, non so come spiegare. Serve una guida dinamica, non puoi mai rilassarti, devi assecondare la bici».

Poi riparte. Gli atleti non hanno giacche e cappucci, le loro tenute li difendono dal gelo, ma fermarsi è un grosso rischio.

Pericolo ghiaccio

Aspettano tutti Van Aert, salvo realizzare che il grande belga è ancora in patria a correre sulla sabbia. Fatto di ingaggi o cos’altro, Wout arriverà domattina in tempo per provare la neve. In compenso gli altri girano ed è palpabile che con il passare delle ore le condizioni della neve cambiano. Si indurisce, tanto che qualcun altro prova a salire in bici e quasi ci riesce.

«Se gela – dice Silvia Persico – le canaline diventano pericolose e si rischia di cadere. Non è il posto migliore per andare in bici, ma se non altro è così per tutti».

Lorenzo Masciarelli al primo anno da U23: a Vermiglio c’è anche lui. Ha vissuto la prova con impegno
Lorenzo Masciarelli al primo anno da U23: nella prova di Vermiglio c’è anche lui

Le fa eco Lorenzo Masciarelli, al primo anno da under 23. Dice che nel primo giro si riusciva a farlo quasi tutto in bici, ma è bastato che sulle scarpate siano iniziati i passaggi a piedi per rompere la neve e costringere tutti a scendere. Dice che se ghiaccia come sta accadendo verso la fine della prova, diventerà pericoloso.

Pontoni in paradiso

Fra gli ultimi ad andarsene c’è il cittì Pontoni, in compagnia di Mirko Celestino, e si è divertito come un ragazzino, avendo girato per tutto il tempo con le atlete della nazionale.

«Perché hanno un ritmo che posso ancora permettermi – scherza – ho tolto un po’ di ruggine, perché non andavo da anni sulla neve. Ho sentito ragazzi molto motivati e sono fiducioso per i nostri atleti azzurri. Su un percorso come questo, la forza conta fino a un certo punto, tanto conta lasciar andare la bici e saperla guidare. E noi abbiamo gente che sa guidare molto bene in entrambe le categorie».

«Non sarà un esperimento esotico – saluta il cittì della nazionale – ma una gara tecnicamente sostenibile. Il contesto olimpico fa sì che sia molto seguita dalla gente. Magari parlo così perché sono di parte, ma io oggi là dentro ero come un bambino. Anzi ho dovuto frenarmi, perché ho un ruolo e non posso farmi male. Abbiamo fatto le scelte tecniche e saranno a metà fra l’esigenza di grip e quella di velocità. Ogni atleta si è affidato alla sua sensibilità. Siamo tutti qui e aspettiamo con trepidazione quello che succederà domani».

Ciclocross neve

Pontoni promette: «A Vermiglio ci sarà davvero da divertirsi…»

06.12.2021
4 min
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L’attesa cresce. Domenica a Vermiglio la tappa italiana di Coppa del mondo di ciclocross sarà una prima assoluta per il circuito, perché si correrà sulla neve e questo condizionerà molto la gara. Le incognite, come ha sottolineato Martino Fruet che è testimonial dell’evento, sono tecnicamente molte, ma che il manto sarà completamente bianco è pressoché certo: «Dovrebbe fare un caldo da 60 gradi per sciogliere tutta la neve» commenta sorridendo Daniele Pontoni, il cittì azzurro che ha approfittato del fine settimana privo di tappe di Coppa (quella di Anversa è stata annullata per le disposizioni Covid) per un ritiro con i giovani azzurri e futuri tali.

Pontoni, che si attende molto dalla tappa nostrana, parlando della sfida sulla neve è abbastanza sicuro che non ci saranno poi grandi scossoni dal punto di vista tecnico: «Influirà molto come verrà trattato il terreno, ma da quel che si sa sarà come una pista di sci di fondo, perfettamente battuta e allora sarà come correre su una superficie liscia. E’ chiaro che poi influirà anche il clima, se parte di quel manto si scioglierà e si formerà fango, che influirà sulle bici e sulle capacità di guida dei corridori».

Vos Louisville 2013
Il ciclocross sulla neve è abbastanza raro, ma nel 2013 a Louisville la Vos vinse il titolo mondiale sul manto bianco
Vos Louisville 2013
Il ciclocross sulla neve è abbastanza raro, ma nel 2013 a Louisville la Vos vinse il titolo mondiale sul manto bianco
La scelta delle gomme sarà più importante che in altre occasioni?

Non credo. Un terreno ben battuto potrebbe portare anche a disputare tutta la gara con la stessa bici, altrimenti bisognerà essere accorti nella scelta del momento del cambio, abbiamo visto nelle precedenti tappe come il pit stop possa influire notevolmente sull’evoluzione della gara. E’ chiaro che su un percorso come quello che i corridori si troveranno ad affrontare a Vermiglio emergeranno quelli più predisposti a quel tipo di terreno, a guidare in condizioni estreme.

Noi italiani come ci troviamo, storicamente parlando, su tracciati simili?

Non ci siamo abituati, questo è certo… Poche volte capitano gare sulla neve, al massimo un paio all’anno e spesso si tratta di qualche spruzzata che rende il percorso acquitrinoso e fangoso, né più né meno di quelli che si trovano normalmente. A Vermiglio invece sarà una tavola bianca e su quei percorsi i corridori del Nord Europa sono sicuramente più avvezzi, ma in questo caso dobbiamo andare oltre.

Van Aert Boom 2021
Al rientro, Van Aert ha stracciato gli avversari: a Boom ha vinto con 1’40” su Aerts
Van Aert Boom 2021
Al rientro, Van Aert ha stracciato gli avversari: a Boom ha vinto con 1’40” su Aerts
In che senso?

Innanzitutto considerando che sarà un’occasione di esperienza irripetibile. Gareggiare su qualcosa di inedito dà sensazioni speciali ed è motivo di grande interesse anche per chi vive di questa disciplina. Sarà un grande spettacolo, anche per chi come me ne ha viste tante e non nascondo che questa domenica l’attendo con curiosità, anche con un filo di speranza nel cuore che possa rappresentare un passo in avanti verso l’ingresso di questa disciplina nelle Olimpiadi Invernali.

Van Aert ha detto di attendere Vermiglio con un po’ di timore, ma intanto sabato al suo esordio nel Superprestige a Boom ha rifilato distacchi abissali a tutti, pur partendo dalla terza fila…

L’ho detto più volte, i “tre tenori” sono più avanti degli altri non di una, ma di almeno tre spanne… Possono anche partire dall’ultima fila, ci metteranno di più a risalire, ma saranno sempre loro a giocarsi la vittoria, sono troppo superiori agli altri. So che Pidcock ha uno stato di forma attualmente inferiore, ha bisogno di altre 2-3 settimane per raggiungere il top, Van Der Poel lo vedremo quando rientrerà, Van Aert intanto è già a un livello altissimo.

Olivo tricolore 2021
Bryan Olivo all’arrivo dei Campionati Italiani 2021: il ciclocross diventa parte del passato, almeno per ora
Olivo tricolore 2021
Bryan Olivo all’arrivo dei Campionati Italiani 2021: il ciclocross diventa parte del passato, almeno per ora
In Italia intanto ha fatto notizia la decisione di Bryan Olivo di concentrarsi su strada e pista, lasciando il ciclocross: temi di averlo perso? 

No, con Bryan e la sua famiglia c’è un’amicizia che va oltre il ciclocross. Con lui ho parlato a lungo, so che quest’anno si concentrerà sulle altre due discipline, ma sono speranzoso che nel prossimo inverno tornerà a fare ciclocross, magari non tutta la stagione, ma almeno nella parte importante, quella delle gare titolate conto di averlo a disposizione.

Non temi che quello di Brian sia il segnale che poi le cose in realtà non cambino e che la strada fagociti sempre i migliori elementi del ciclocross?

Io sono ottimista, ma certamente bisogna considerare che in questo mondo gravitano tante entità: società, procuratori, preparatori, ognuno con le proprie idee e le proprie convinzioni. Serve un compromesso fra le parti, per il bene di tutti, innanzitutto dei ragazzi. 

Quando Pidcock venne a mangiarsi il Giro d’Italia

04.12.2021
4 min
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Quando Pidcock si pappò il Giro d’Italia degli under 23 nel 2020, alle sue spalle, mangiando polvere e fatica, c’era anche Giovanni Aleotti con la maglia bianconera del Cycling Team Friuli. Sebbene il Giro fosse diventato per lui il miglior ripiego dopo la cancellazione (causa Covid) del Tour de l’Avenir, mai avrebbe immaginato che quell’inglese dallo sguardo un po’ da… matto (in apertura, nella foto Scanferla) li avrebbe presi tutti a sberloni.

«Sapevo chi fosse Pidcock – dice l’emiliano – lo avevo visto di sfuggita negli juniores e nel 2019 al Tour de l’Avenir in cui ero arrivato secondo. Anche lui era davanti in classifica, ma proprio nella tappa di Privas in cui io presi la maglia di leader, fece una bruttissima caduta. Eravamo in una discesa un po’ umida e lui andava davvero forte, poi cadde andando giù di faccia. Lo rividi ai mondiali di Harrogate, in cui arrivò dietro Battistella e Bissegger».

Anche per Aleotti, come per Pidcock, il 2021 è stato il primo anno da pro’
Anche per Aleotti, come per Pidcock, il 2021 è stato il primo anno da pro’

Di nuovo al lavoro

Sono le otto di una sera freddina in Emilia. La mattinata se ne è andata fra mille impegni, per cui Giovanni è riuscito ad allenarsi sul tardi sfruttando le ore calde e ora è appena uscito dalla palestra, avendo iniziato la preparazione col piglio di chi vuole fare subito bene. Non sa ancora quali saranno i suoi programmi per la prossima stagione, così gli chiediamo di commentare le dichiarazioni di Pidcock, intenzionato a fare classifica al Giro d’Italia.

Uno che domina così il Giro degli U23 e poi al primo anno va già così forte può davvero fare classifica al Giro dei grandi?

Nel 2020 andò molto forte, vinse tre tappe. Il mio Giro fu un po’ a rincorrere. Avevamo lavorato per arrivare al top a fine luglio, volendo provare l’assalto all’Avenir, per migliorare il secondo posto dell’anno precedente. Invece all’ultimo lo cancellarono e così mi ritrovai con tre settimane di buco, inventandomi le due vittorie di Extra Giro e cercando il modo per arrivare in condizione al Giro d’Italia. Lui invece era tiratissimo e l’abbiamo visto andare forte anche quest’anno. Ha quasi vinto l’Amstel, ha vinto il Brabante. Di sicuro non parla a vanvera.

Cosa ricordi di Pidcock?

Perse subito dei compagni per una caduta, ma erano rimasti con lui due giovani che ho rivisto anche al Giro del 2021 e sono andati ancora forte. Gli bastava portarlo davanti sulle salite e poi faceva lui. Nelle tappe che ha vinto, si è sempre mosso nel finale.

Se ne stava sempre da solo, raramente lo si è visto legare con il gruppo…

Fra gli under 23 è diverso. Arrivi dall’estero in una corsa piena di corridori e squadre italiane, non conosci nessuno. Tra i professionisti non è così. Dopo un po’ che fai corse a tappe in giro, si creano amicizie trasversali. Negli under l’ambiente è completamente differente.

Impossibile dimenticare il suo dominio sul Mortirolo.

Io quel giorno non avevo gambe ed ebbi la conferma che sulle pendenze estreme non do il meglio. Poi però scendemmo e nella risalita verso Aprica andai anche a riprendere Colleoni che era davanti. Sicuramente il fatto di essere così leggero sul Mortirolo è stato un vantaggio. E poi ricordo che guida la bici davvero bene, sicuramente per via del cross e della mountain bike.

Al primo anno da pro’ ha vinto e stupito: era prevedibile?

Non mi sono meravigliato, non io. In questo ciclismo in cui si vedono dei numeri già nei primi anni, uno come lui ci sta benissimo. Da qui a dire che possa puntare al Giro il passo è lungo, però ad esempio quest’anno Evenepoel è andato molto forte.

Ma a un certo punto anche lui ha pagato…

Sfido, rientrava alle corse dopo quasi un anno e dopo quel brutto incidente. Ha già fatto tanto ad andare come andava. Pidcock dopo le Olimpiadi ha fatto la Vuelta, ma si vedeva che era in calo e comunque la squadra prima di lui aveva Yates e Bernal. Anche per il Giro sarà decisiva la squadra. Ineos ha l’imbarazzo della scelta…

VDP Roubaix 2021

Van Der Poel prepara il ritorno e punta a tre mondiali nel 2022

04.12.2021
4 min
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Che fine ha fatto Mathieu Van Der Poel? Dall’olandese non si hanno notizie dirette da un bel po’ di tempo e non è un caso. Prima di parlare dei suoi programmi futuri e delle sue ambizioni per il 2022 (che sono altissime) bisogna partire dal recente passato e da quel capitombolo accadutogli nella gara olimpica di Mtb, perché ha contraddistinto tutto il suo finale di stagione, contrassegnato sì da un male fisico, quella schiena che non gli ha lasciato tregua portandolo ad affrontare i Mondiali di Leuven in maniera evidentemente condizionata, ma soprattutto un male morale.

A rivelarlo è stato Christoph Roodhooft, team manager della Alpecin-Fenix, che al quotidiano De Telegraaf. «Quell’incidente a Tokyo – ha affermato – è stato un’enorme delusione per Mathieu perché era un obiettivo su cui aveva lavorato per molti anni, lasciandogli una ferita mentale difficile da rimarginare. Poi in aggiunta è arrivato anche il mal di schiena, che ha tolto tutto il divertimento alla sua guida perché era una battaglia costante contro il dolore. Ma non lo sento più parlare della sua schiena, il che è un buon segno».

VDP Tokyo 2021
L’ormai famosa caduta di Van Der Poel a Tokyo: tanto si è discusso del suo errore di guida in un passaggio tra i più tecnici
VDP Tokyo 2021
L’ormai famosa caduta di Van Der Poel a Tokyo

A Benicasim per la caccia all’iride

Van Der Poel non rilascia interviste e questo è un altro buon segno, perché quando entra nel pieno della sua preparazione, la concentrazione è massima. In questi giorni l’olandese è a Benicasim, in Spagna, per prepararsi specificamente per il suo ritorno al ciclocross.

Mentre i suoi acerrimi rivali Wout Van Aert e Tom Pidcock sono ormai pronti per l’esordio, che sarebbe dovuto avvenire per entrambi ad Anversa nella tappa domenicale di Coppa del mondo, alla fine però annullata per la recrudescenza del Covid, VDP si è preso tempi più lunghi, ma ha stabilito il suo ritorno in gara per il 18 dicembre a Rucphen, nella tappa di casa della challenge Uci.

Sarebbe stato bello vedere anche lui a Vermiglio, in un primo atto ufficiale dei “tre tenori”: il 12 dicembre bisognerà invece… accontentarsi degli altri due. VDP d’altronde ha cercato un ritorno un pochino più morbido (per quanto la Coppa lo possa essere…) su un percorso che conosce a menadito. Il giorno dopo replica a Namur (BEL), poi il 26 dicembre, nel giorno di Santo Stefano, ci sarà il vero “match of the year” a Dendermonde.

Vdp Van Aert 2021
Van Der Poel e Van Aert: il 26 dicembre si ritroveranno quasi 11 mesi dopo la sfida iridata di Ostenda
Vdp Van Aert 2021
Van Der Poel e Van Aert: il 26 dicembre si ritroveranno quasi 11 mesi dopo la sfida iridata di Ostenda

Intanto si guarda al Tour, obiettivo… verde

Rispetto alla scorsa stagione, alle continue schermaglie nel ciclocross fra Van Aert e Van Der Poel con il belga proiettatosi alla grande verso i mondiali ma poi sonoramente battuto e Pidcock a fare da terzo incomodo, le cose sono cambiate. Il britannico si è preso l’oro olimpico nella Mtb, Van Aert ha collezionato medaglie dal sapore amaro fra Tokyo e Leuven, di VDP abbiamo detto, ma forse è quello che affronta la nuova stagione con più incognite.

Tutti si chiedono che cosa abbia intenzione di fare su strada, soprattutto ora che la Alpecin Fenix, pur rimanendo al di fuori del WorldTour, continua a potenziarsi, non solo come corridori ma anche e soprattutto come assetto economico al punto da essersi associata alla Deceuninck, finora sponsor del team di Patrick Lefevere. Acclarato che le classiche restano un obiettivo primario, fra i grandi Giri Van Der Poel punta a tornare al Tour, questa volta non a mezzo servizio come quest’anno, ma pensando di poter collezionare tappe e puntare alla maglia verde della classifica a punti. Guarda caso, lo stesso obiettivo di Van Aert…

Van Der Poel Brno 2018
VDP non ha abbandonato la Mtb, per aggiungere altre medaglie all’oro europeo 2018 a Brno
Van Der Poel Brno 2018
VDP non ha abbandonato la Mtb, per aggiungere altre medaglie all’oro europeo 2018 a Brno

Il sogno del tris mondiale

Attenzione però perché nel corso dell’intervista con il principale quotidiano olandese, Roodhooft si è lasciato sfuggire un’altra indiscrezione.

«Mathieu – ha detto – non ha nessuna intenzione di lasciare la Mtb, anzi. Possiamo dire di poter vincere un titolo mondiale in mountain bike. Nessun’altra squadra oltre al Team Ineos con Tom Pidcock può dirlo».

In realtà il progetto va ben oltre: VDP vorrebbe catalizzare il suo 2022 sulle gare titolate, puntando al clamoroso tris di maglie iridate nello stesso anno (ciclocross, Mtb e strada) assolutamente inedito in campo maschile e riuscito solamente alla francese Pauline Ferrand Prevot, ma nell’arco di due anni solari, 2014 e 2015. Sarebbe qualcosa di storico, che nessuno potrebbe più togliergli elevandolo a dio del ciclismo multidisciplinare. Il primo atto sarà il 30 gennaio a Fayetteville, per questo se la sta prendendo comoda, perché le energie gli serviranno tutte…

Ineos cambia pelle: per Ganna e compagni c’è Bioracer

03.12.2021
5 min
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Era maggio quando si sparse la voce che il team INEOS Grenadiers non avrebbe più collaborato con Castelli per la realizzazione dei completi da gara. Gli attriti erano diventati probabilmente troppi e le due aziende hanno deciso di separare le loro strade. E mentre il brand italiano è passato alla Deceuninck-Quick Step, lo squadrone britannico è passato al marchio Bioracer, fortissima realtà belga.

Nuova tenuta e bici d’oro per Richard Carapaz (foto Team Ineos)
Nuova tenuta e bici d’oro per Richard Carapaz (foto Team Ineos)

Coerenza stilistica

Per lo squadrone britannico la fine del 2021 e l’inizio del 2022 sono stati dunque forieri di novità in abbondanza. Prima il cambio di sistema frenante, con l’arrivo finalmente delle Dogma F con freni a disco. E ora il kit dell’abbigliamento.

Il nuovo design potrebbe dare la sensazione di non discostarsi troppo dal precedente. I tratti fondamentali sono l’effetto testurizzato sulla linea rossa caratteristica della parte posteriore della maglia, delle nuove strisce di Flag blu e Brigade red sulle spalle e la lavorazione in 3D delle maniche a tutto vantaggio dell’aerodinamica.

Produzione interna

Per il lancio sono stati scelti Filippo Ganna, Tom Pidcock e Richard Carapaz, protagonisti di uno shooting fotografico che fa della ricerca della velocità il suo filo conduttore. Il nuovo kit è stato prodotto internamente, dato che Bioracer, azienda che opera nel settore da 30 anni e dispone di diversi siti produttivi di proprietà in tutto il mondo, dispone di tutta la filiera, che parte dalla selezione e la progettazione dei tessuti e arriva alla galleria del vento.

Ricerca di velocità

Sir Dave Brailsford, direttore generale di INEOS Grenadiers, ha usato parole molto lusinghiere: «Conosco Bioracer da molto tempo e ho sempre ammirato quello che fanno e il modo in cui lo fanno. Ho sempre sperato e creduto che un giorno avremmo lavorato insieme, quindi sono davvero felice che quel giorno sia arrivato. La filosofia alla base del loro lavoro ruota intorno alla velocità  pura e semplice, con gli atleti al centro. Condividiamo un comune senso di avventura, la voglia di innovare e fare le cose in modo diverso, ma soprattutto la passione per la corsa e per le corse. Non vediamo l’ora di scrivere un nuovo capitolo di successo insieme e portare su strada il fantastico kit nel 2022 con il nostro spirito Grenadier».

Squadra laboratorio

Al commento di Brailsford si è unito quello di Danny Segers, CEO di Bioracer. «La nostra crescente ambizione – ha detto – richiede un ruolo più attivo sotto i riflettori. Insieme alla migliore squadra da grandi Giri dell’ultimo decennio continueremo a spingere i confini delle prestazioni ciclistiche sempre più avanti. I corridori INEOS Grenadiers si distinguono nel gruppo internazionale per tutto l’anno, quindi vedremo sicuramente il logo Bioracer sul palco molte volte. Dato che svolgiamo un ruolo di primo piano nella rivoluzione dell’abbigliamento sportivo, tradurremo gli sviluppi ispirati da questa nella produzione dell’abbigliamento da ciclismo per milioni di ciclisti Bioracer in tutto il mondo».

La nuova avventura inizierà ovviamente dal primo gennaio. Per coloro che amano vestire con i colori delle squadre, il nuovo kit è già disponibile all’ordine sul sito della squadra e sul Bioracer Shop. In Italia invece il distributore ufficiale di Bioracer, compresa quindi la collezione Ineos, sarà Aslan Tech (italian@bioracer.com).

«Tom, Wout e Mathieu puntano sul mondiale», parola di Fruet

07.11.2021
6 min
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Rieccoli: Tom Pidcock, Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel. La stagione del cross entra sempre più nel vivo (oggi pomeriggio si corre l’europeo elite) e cresce l’attesa per il loro ritorno. Come affronteranno questa stagione del cross i “tre tenori”? Cosa ci dovremo attendere? Per dare delle riposte a queste domande ci affidiamo all’occhio lungo di Martino Fruet, che oltre ad essere un grande biker è anche un eccellente crossista.

Martino Fruet, 44 anni, ancora in attività: l’offroad è il suo regno
Martino Fruet, 44 anni, ancora in attività: l’offroad è il suo regno

Un lungo stacco

E Martino coglie subito nel segno. 

«Prima che mi chiediate qualsiasi cosa – parte come un treno Fruet – la cosa che mi balza agli occhi è che tutti e tre si sono resi conto che forse in questo 2021 hanno un po’ esagerato per quello che hanno fatto, fra strada e altre discipline. E per questo hanno aggiunto un bel po’ di recupero a quanto sono soliti fare. Il che denota anche una grande intelligenza da parte loro. Alla fine rimaranno lontani dalle gare per due mesi, quasi tre. Cosa che non avevano mai fatto».

«Non ci sono certezze sul loro rientro. C’è chi dice che li vedremo tutti insieme il 7 dicembre e chi solo a ridosso di Natale. Ho sentito che VdP dovrebbe iniziare il 20 addirittura. Io credo che arriverà molto in là questo momento. Tutti e tre sono usciti provati dalla stagione su strada e nel finale hanno reso un po’ meno di quello che potevano.

«Forse Van Aert è quello che, risultati alla mano, ne è uscito meglio, ma era stanco e si dice sia andato in overtraining. Van der Poel anche di sicuro aveva qualcosa che non era al top. Con tutto il rispetto per Colbrelli, ma Mathieu una volata così non la perderebbe mai. E Pidcock alla Vuelta ha fatto una fatica pazzesca, poi si è un po’ ripreso e ha fatto un buon mondiale, ma era col collo tirato».

Il mondiale di ciclocross si terrà a fine gennaio a Fayetteville (Arkansas, Stati Uniti) dove si è già disputata una prova di Coppa 2021-22
Il mondiale di ciclocross si terrà a fine gennaio a Fayetteville (Arkansas, Stati Uniti)

In rotta verso il mondiale

Il campione trentino, che quest’anno festeggia il trentesimo anno di attività e che in questo weekend è impegnato nel ciclocross di Nalles, va subito al sodo. Per Martino però ci sono Van Aert e Van der Poel da una parte e Pidcock da un’altra.

«Tutti e tre nascono dal ciclocross, ma poi ognuno ha preso una strada un po’ differente. Solo che Pidocok, e lo ha detto anche apertamente, si sente più biker, mentre gli altri due il cross ce lo hanno nel Dna. Non solo ma per loro due si tratta anche di una sfida fra popoli, fra olandesi e belgi».

«Col fatto che tutti e tre iniziano così tardi, i due circuiti maggiori, la Coppa del mondo e il Superprestige, non sono più alla loro portata. Quindi non dovendo pensare a nessuna classifica generale, possono concentrarsi su un solo obiettivo e quale se non il mondiale? E aggiungerei il titolo nazionale. Che poi viene anche da ridere a parlare di titolo nazionale per corridori di questo calibro, ma in Belgio e in Olanda conta un bel po’! Sostanzialmente però quello che conta è il mondiale.

Thomas Pidcock, Eli Iserbyt, Wout Va Aert, Mathieu Van der Poel, Grote Prijs Sven Nijs 2021 - Cyclocross X2O Badkamers
Pidcock, Iserbyt, Van Aert e Van der Poel allo Sven Nijs 2021
Thomas Pidcock, Eli Iserbyt, Wout Va Aert, Mathieu Van der Poel, Grote Prijs Sven Nijs 2021 - Cyclocross X2O Badkamers
Pidcock, Iserbyt, Van Aert e Van der Poel allo Sven Nijs 2021

Le previsioni di Fruet

E allora cosa ci si può attendere dai tre tenori? 

«Vedremo grandi sfide – riprende Fruet – ma credo da gennaio. Van der Poel, okay, lo sappiamo: lui arriva ed è subito vincente. Se non lo è, neanche si presenta. Ha questa capacità innata. Lo vediamo anche in Mtb, salta da una bici all’altra senza problemi. A Van Aert invece 2-3 gare servono. Io credo che Wout sarà al top per il campionato nazionale. Pidcock invece lo vedo meno “cattivo” per il cross. Mentre per quei due è una vera sfida, per Tom quest’anno più che mai credo che il cross sia propedeutico alla strada».

Pidcock precede Van Aert alla Freccia del Brabante
Pidcock precede Van Aert alla Freccia del Brabante

Incognita Pidcock

A questo punto facciamo notare a Fruet che Dario David Cioni però ci aveva detto che sarebbe stato curioso di vedere il suo Tom nel ciclocross proprio contro quei due, per vedere quanto fosse cresciuto il suo motore dopo il primo anno da professionista e dopo un grande Giro, la Vuelta.

«Io però non sono convintissimo di questa cosa – replica Fruet – nel cross si parla di un’ora di sforzo. Un’ora in cui si va a tutta e non credo possa incidere più di tanto questo discorso. Tanto più che Pidcock ha già dimostrato di andare forte alla distanza. Se non ricordo male, ha vinto in volata la Freccia del Brabante proprio davanti a Van Aert e perso l’Amstel di un niente sempre nei suoi confronti. Poi okay, il ciclocross è potenza pura e lui ne ha meno rispetto a quei due. Però è anche vero che potenzialmente Tom un giorno potrebbe vincere il Tour e loro due no. Ha altre caratteristiche.

«Pidcock è bravissimo a guidare. Nei cross più lenti e in cui si corre di più vedo favorito Van Aert, in quelli più guidati vedo Van der Poel. Pidcock è nel mezzo. Tutto sta a capire quanto lui tiene al cross. Quanto vuole investirci».

Van Aert, Pidcock e Van der Poel saranno protagonisti anche alla prossima Strade Bianche?
Van Aert, Pidcock e Van der Poel saranno protagonisti anche alla prossima Strade Bianche?

Che rimonte!

Insomma Pidcock mina vagante. Però ci sono due cose che accumunano ancora i tre tenori, il fatto di aver staccato di più e che entreranno in gara più tardi.

«Tutto ciò – dice Fruet – quest’anno più che mai farà sì che il cross per loro tre sarà il primo blocco di lavoro dell’anno. Arriveranno al top al mondiale, poi faranno quel tanto di recupero di cui hanno bisogno, andranno ad allenarsi al caldo con una gamba supersonica e a primavera “faranno le buche”!».

«Una cosa che mi stuzzica è vedere come andrà col fatto che partiranno dietro. I punteggi si azzerano e gli altri nel frattempo vanno avanti. Okay che sono forti, ma non è scontato neanche per loro tre vincere sin dalle prime gare. Perché è facile risalire dall’ultima posizione a metà gruppo. E’ mediamente complicato risalire da metà gruppo alle prime posizioni. Ma è molto complicato passare da metà gruppo alla vittoria».

E se queste sono le parole di Martino Fruet, aggiungiamo con una certa sicurezza, che ci sono tutti i presupposti per divertirsi. Pensate che spettacolo vederli rimontare da dietro.

Pidcock, la stagione (quasi) finita e una chicca su Puccio

12.09.2021
3 min
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Tra i corridori di questo finale di stagione più “misteriosi” c’è Tom Pidcock. Il campione olimpico di Tokyo 2020 nella Mtb dopo quel giorno è stato travolto da mille impegni, dalla Vuelta e adesso già intravede il mondiale di domenica prossima. Un turbinio di cui vorremmo sapere di più. E Dario Cioni, preparatore e diesse della Ineos Grenadiers, ci aiuta in tutto ciò.

Alla Vuelta ha faticato non poco. Ha provato ad entrare in una fuga, riuscendoci, si è messo a disposizione del team ed ha scoperto la nuova (per lui) sfida delle tre settimane di gara.

Anche in Spagna, Pidcock ha mostrato grandi doti di guida e ha fatto show
Anche in Spagna, Pidcock ha mostrato grandi doti di guida e ha fatto show
Dario, come è stato il post Olimpiadi di Tom? E come ha approcciato la Vuelta?

Sul discorso delle Olimpiadi sono sincero non so moltissimo, perché non l’ho seguito direttamente. So però che dopo il suo trionfo è stato coinvolto in appuntamenti, celebrazioni… e quindi non ha potuto avere un approccio standard alla Vuelta. Come l’ha approcciata: beh, per lui era totalmente una gara esplorativa. Era in Spagna per fare esperienza. Era il suo primo grande Giro e volevamo vedere come reagiva.

E come ne è uscito?

Beh, sicuramente affaticato. Come detto non ha avuto l’approccio migliore. Negli ultimi periodi dovendo preparare le Olimpiadi in Mtb era a corto di chilometri e soprattutto nei primi giorni ha faticato, tanto più con quel caldo che c’era. Ma alla fine col talento che ha, è venuto fuori. E se l’è cavata bene.

Cosa vi ha detto?

Che è rimasto impressionato dal lavoro dei gregari e di Puccio in particolare. Ma come faceva – ha detto Tom – a prendere tutta quell’aria un giorno, e poi il giorno dopo, e il giorno dopo ancora… Ha lavorato per i capitani (Bernal e Yates, ndr) e ha capito perché i leader hanno un rispetto assoluto per i gregari.

Adesso cosa prevede il suo programma?

Farà il mondiale di Leuven e poi basta. Non dimentichiamo che è giovane e ha già fatto molto.

Come mai però un corridore come lui, abilissimo nella guida e anche molto forte, non farà la Roubaix?

Vale un po’ il discorso fatto per Filippo (Ganna, ndr): è una Roubaix che ha una data “non sua”… Serve il giusto avvicinamento e devi avere la giusta voglia di prepararla. E come ho detto prima, Pidcock ha già fatto molto. Il cross, la Mtb, le classiche di primavera, le Olimpiadi, la Vuelta…

Pidcock (a destra), è stato spesso davanti al fianco di Salvatore Puccio (al suo fianco), del quale è rimasto ammaliato
Pidcock (a destra), è stato spesso davanti al fianco di Salvatore Puccio (al suo fianco), del quale è rimasto ammaliato
Ciclocross: farà la prossima stagione?

Sicuramente sì. E’ uno dei grandi interpreti di questa specialità e anzi… sarà interessante vedere come andrà dopo un anno su strada e dopo un grande Giro. Un laboratorio per vedere se gli avrà dato o tolto qualcosa.

E tu cosa ti aspetti?

In teoria un grande Giro dovrebbe darti dei vantaggi. Tanto più che lo ha fatto a fine stagione: se lo dovrebbe ritrovare anche per il cross.

E in Mtb continuerà oppure basta così?

E’ presto per dirlo, davvero. Immagino che qualcosa farà, visto che comunque è campione olimpico in carica.

A chi ti fa pensare Pidcock? Chi ti ricorda… anche tra coloro con i quali correvi?

Eh – ci pensa a lungo Cioni – che dire: è veloce. Perché uno che perde di un soffio l’Amstel Gold Race da Van Aert è per forza veloce. Fa tanta multidisciplinarietà: in tal senso ci sono stati altri casi. Magari è un po’ troppo veloce per le corse a tappe. Difficile fare un paragone. E’ ancora da vedere.

Pidcock Mtb Tokyo 2021

Pontoni, visto Pidcock che capacità di guida?

01.08.2021
4 min
Salva

A mente fredda, che cosa ha permesso a Tom Pidcock di conquistare la medaglia d’oro olimpica nella Mtb? Messa da parte la concitazione del momento e delle ore immediatamente successive, rileggendo la gara è facile notare come il britannico abbia potuto godere di un elemento in più rispetto agli specialisti puri: la sua capacità di guida, che gli permetteva di guadagnare terreno nei tratti più difficili, nelle discese più tecniche, nei passaggi sui pietroni che hanno messo in crisi anche affermati campioni.

Pidcock Vdp Tokyo 2021
Pidcock vede cadere Van Der Poel davanti a sé: quel passaggio così difficile farà la differenza per il britannico
Pidcock Vdp Tokyo 2021
Pidcock vede cadere Van Der Poel davanti a sé: quel passaggio così difficile farà la differenza per il britannico

Una lettura che trova d’accordo il nuovo cittì della nazionale italiana di ciclocross Daniele Pontoni e dalla quale prendiamo il via per parlare anche del futuro del britannico: «E’ indubbio che Pidcock avesse qualcosa in più nella guida, infatti guadagnava nei tratti più tecnici perdendo poi nei passaggi più pedalabili. Questa andatura a elastico è stata frutto di tattica o solo di diverse caratteristiche tecniche? Probabilmente lo sa solo lui, io comunque già all’inizio del secondo giro ero sicuro della sua vittoria».

Questa capacità di guida gli deriva dalla sua pratica del ciclocross?

Sicuramente l’attività sui prati gli ha fornito un bagaglio importante, ma bisogna considerare anche quel che gli ha dato madre natura. Pidcock ha un baricentro basso che gli permetteva di affrontare al meglio i passaggi più tecnici, soprattutto i passaggi su sassi che hanno messo in difficoltà tanti.

Pidcock Lussemburgo 2017
La prima vera apparizione di Tom Pidcock, vincitore ai mondiali di ciclocross juniores 2017
Pidcock Lussemburgo 2017
La prima vera apparizione di Tom Pidcock, vincitore ai mondiali di ciclocross juniores 2017
I vantaggi visti nella Mtb possono emergere anche su strada?

Domanda complessa: ricordo quando lo vidi per la prima volta, ai mondiali di ciclocross 2017 in Lussemburgo, gara junior, il classico corridore che lo vedi e ti chedi: «Ma questo da dove è uscito fuori?». Quello che ha fatto su strada mi ha stupito enormemente, soprattutto per quanto fatto in breve tempo, così giovane. E’ come Van Der Poel: qualsiasi bici inforca, riesce ad emergere. Poi non va dimenticato chi è dietro di lui, lo staff, la squadra della Ineos Grenadiers che lo supporta al 100 per cento e che gli permette di tradurre su strada la sua capacità muscolare.

Parlavi prima di baricentro basso: è sempre un vantaggio?

Dipende dal percorso e dalle condizioni climatiche: su tracciati fangosi e ghiacciati, nei tratti più tecnici ha sicuramente un vantaggio, nei piattoni è diverso e il vantaggio svanisce.

Ora Pidcock è atteso alla Vuelta e poi ai mondiali in Belgio, su strade che lo hanno già messo in ouce
Ora Pidcock è atteso alla Vuelta e poi ai mondiali in Belgio, su strade che lo hanno già messo in ouce
Secondo te dopo questo oro che cosa farà: già si sa che ora tornerà alla strada e farà la Vuelta, ma si farà rivedere in Mtb?

Diciamo che non la mollerà del tutto, è probabile che voglia difendere il titolo a Parigi 2024, ma certamente si dedicherà di più a strada e ciclocross, Magari programmerà qualche incursione d’estate per i grandi appuntamenti titolati, ma il calendario dovrà essere studiato approfonditamente.

In Italia troveremo un Pidcock?

Sì, se lo naturalizziamo… Scherzi a parte, è molto presto per noi. Abbiamo delle buone leve fra esordienti e allievi, ma è prematuro dare giudizi di merito, devono lavorare. Anche agli Europei Giovanili di Mtb in Val d’Aosta si è visto che ci sono nazioni nettamente avanti nella struttura, nell’approccio al ciclismo moderno. Noi dobbiamo formare gli atleti del futuro con progetti a lungo termine, che contemplino l’attività a 360 gradi.

Daniele Pontoni, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Pontoni, nuovo cittì azzurro, sta preparando l’inizio della stagione di Coppa del mondo
Daniele Pontoni, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Pontoni, nuovo cittì azzurro, sta preparando l’inizio della stagione di Coppa del mondo
Intanto la stagione del ciclocross inizierà presto, porterai i ragazzi alle prime prove di Coppa del mondo negli Usa?

Il progetto è quello, avere 4-5 ragazzi da portare anche per visionare percorso e logistica dei prossimi mondiali. I ragazzi saranno divisi fra i due sessi e verranno anche da altre attività attuali, Mtb o strada. E’ presto per fare dei nomi, ma sto valutando tutta una serie di situazioni.

La prossima stagione si preannuncia molto ricca, tra la Coppa del mondo allargata e l’introduzione della Coppa Europa: c’è materiale sufficiente per coprire tutti gli eventi?

Io sono sempre stato convinto che è meglio avere tanta scelta, poi starà ai tecnici, sia nazionali che di società, indirizzare i ragazzi verso gli appuntamenti giusti. D’inverno ci possono essere tante variabili, tra infortuni e malanni di stagione che cambiano i programmi. Noi dobbiamo pensare a un discorso complessivo e avere tante possibilità è un aiuto.