Miriam Vece Europei 2020

Velocità senza azzurri, ma la Vece guarda già avanti

21.07.2021
5 min
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Se è vero che dal 2012 la spedizione italiana su pista (allora ridotta al solo Elia Viviani impegnato nell’Omnium e finito 6°) è andata espandendosi, continua a latitare nel settore velocità: una grande parte delle gare di Tokyo 2020 ci vedranno semplici spettatori ed è così da molto tempo, praticamente da quando Roberto Chiappa ha appeso la bici al chiodo.

Miriam Vece ci ha provato ed è indubbio che in questi 5 anni sia cresciuta a dismisura, fino ad arrivare sul podio mondiale nei 500 metri da fermo. Peccato però che la gara non faccia parte del programma olimpico e che nelle altre prove (velocità e keirin) ci siano ancora dei passi da fare per arrivare nell’elite planetaria. Intanto però la portacolori dell’Esercito continua ad allenarsi e intanto vive la sua attesa olimpica, come ogni altro appassionato sportivo.

Come stai vivendo da spettatrice l’attesa per questi Giochi Olimpici e quant’è il rammarico per non essere potuta entrare nel gruppo delle partecipanti?

Sinceramente la sto vivendo bene, so che mancano pochi giorni ormai e non vedo l’ora di vedere le mie compagne di nazionale e i ragazzi con cui mi alleno correre e far vedere quanto valgano. Certo non posso negare che ho dentro di me un forte disappunto per non esserci anch’io: a volte penso che non accenderò la TV finché le Olimpiadi non saranno finite, altre penso che è andata così e da qui posso solo imparare e migliorare.

Vece Europei 2020
Miriam Vece con il bronzo dei 500 metri da fermo agli Europei 2020, dopo quello vinto ai Mondiali
Vece Europei 2020
Miriam Vece con il bronzo dei 500 metri da fermo agli Europei 2020, dopo quello vinto ai Mondiali
Riguardando indietro, pensi che ci fosse davvero la possibilità di qualificarti o sei conscia che il processo di maturazione è più orientato verso Parigi 2024?

Non so onestamente come sarebbe andata se avessi iniziato ad allenarmi solo da velocista e cosi seriamente magari un anno prima. Nella velocità ci vuole tanta esperienza e tattica, cosa in cui sto migliorando di gara in gara, ma purtroppo con i se e i ma non si va da nessuna parte e la qualifica per Tokyo 2020/1 non è arrivata. Ora sicuramente il mio obiettivo più grande sarà Parigi 2024 e posso assicurare che ci sto già lavorando.

Tu sei giovanissima, ma eri bambina quando l’Italia presentò l’ultimo azzurro nella velocità (Roberto Chiappa nel 2008) mentre al femminile non siamo mai stati presenti: secondo te negli ultimi anni sono stati fatti progressi nel settore o siamo ancora molto indietro?

Sicuramente il nostro livello non è paragonabile al livello delle nazionali Top come Olanda, Gran Bretagna e altre, ma sono convinta che pian piano l’Italia si stia facendo rivedere. Penso che le due medaglie di bronzo vinte da me nel 2020 han fatto vedere che l’Italia si sta dando da fare e spero che questo possa rappresentare solo l’inizio. Allenandomi a Montichiari ho visto un gruppetto di 3 junior allenarsi da velociste, spero non mollino e vadano avanti, anche se essere velocista su pista vuol dire mollare completamente la strada e so che ad alcuni diesse la cosa non va molto giù…

Si parla spesso delle differenze fisiche prima ancora che tecniche tra i nostri specialisti e quelli delle nazioni più in voga (Olanda, Australia, Paesi orientali): è davvero tutta questione di muscoli?

La palestra fa una gran parte del lavoro, ma non tutto. Ci sono velociste come Voinova, la Welte e altre ragazze che hanno muscoli, ma non sono enormi eppure vanno fortissimo. Spingere i rapporti lunghi è la base al giorno d’oggi, che si allena sia in pista che in palestra e la tattica/tecnica fa la sua bella parte in gara, puoi essere veloce e forte quanto vuoi ma se non sai correre non vai lontano, parlo anche per esperienza personale: mi è capitato un paio di volte di essere quella col tempo migliore tra le due in batteria e poi ho perso la gara…

Gros Welte Europei 2018
La francese Gros e la tedesca Welte, due delle pretendenti al podio nella velocità a Tokyo
Gros Welte Europei 2018
La francese Gros e la tedesca Welte, due delle pretendenti al podio nella velocità a Tokyo
Tu che le atlete più forti le hai conosciute ed affrontate, chi vedi favorite per il podio olimpico nelle tre specialità (velocità individuale e a squadre e keirin)?

Ci sono tante ragazze che vanno forte ed è da un po’ che non ci sono gare internazionali e non le vedo correre, quindi non saprei. Ma sul podio della sfida per team sicuro metto Germania, Russia e credo Cina. Anche nella velocità e keirin sul podio vedo le tedesche; Sara Lee da Hong Kong penso sia un’altra delle favorite come può esserlo l’inglese Marchant , già medaglia olimpica a Rio. Nel keirin sul podio penso che ci sarà anche la coreana Lee. Poi in gara tutto può succedere, anche le russe, le olandesi e la francese Gros nelle specialità individuali non sono da sottovalutare.

Quanto inciderà l’assenza di eventi da oltre un anno per alcuni Paesi e pochissimi per altri (gli Europei disputati solo nel 2020 e a ranghi ridotti, annullati nel 2021, Mondiali disputati appena prima dello scoppio della pandemia)?

Il non correre per così tanto inciderà: l’adrenalina, l’ansia e la tensione prima di gare così importanti non si può vivere in allenamento, a differenza magari di un 200 metri lanciato che lo si può provare esattamente come si farebbe in gara.

Secondo te anche le condizioni particolari della rassegna olimpica, con gare senza pubblico, influiranno sugli esiti delle prove?

Se fosse una domanda personale per me ti direi sì. Sentire il pubblico urlare, applaudire e incitare mi dà sempre quella carica in più, poi va da persona a persona ma sono convinta che tanti atleti la pensano come me.

Lavreysen Hoogland 2020
Da sinistra Hoogland e Lavreysen, olandesi, secondo e primo ai Mondiali 2020. Una doppietta che si ripeterà?
Lavreysen Hoogland 2020
Da sinistra Hoogland e Lavreysen, olandesi, secondo e primo ai Mondiali 2020. Una doppietta che si ripeterà?
In campo maschile, considerando sempre le tre prove del settore, quali saranno i corridori e le scuole che si metteranno maggiormente in luce?

In campo maschile sul podio del TS mi aspetto olandesi e inglesi, sarà sicuramente una bellissima battaglia tra di loro come credo anche nella velocità e nel keirin. Gli olandesi sono campioni del mondo da anni e sicuramente faranno di tutto per vincere l’oro. Nelle specialità individuali penso che diranno la loro anche i giapponesi e australiani, poi penso che anche Nico Paul da Trinidad and Tobago che detiene il record nel mondo nei 200 metri possa fare molto bene nella velocità.

Tre soli anni per arrivare a Parigi: secondo te è un tempo ridotto per rimescolare le carte dopo Tokyo e quindi pensare a un contingente italiano più corposo e completo?

Penso che l’Italia, almeno in campo femminile, a Parigi avrà più esperienza e sono quasi certa che per alcune di loro sarà la seconda Olimpiade, sono tutte giovani e c’è ancora margine per migliorare. In campo velocità speriamo che tre anni siano abbastanza per arrivare dove vogliamo.

Che cosa significherebbe per te qualificarti per allora?

Qualificarmi per Parigi sarebbe il sogno di una vita, sarebbe scrivere la storia della velocità femminile in Italia ed è qualcosa che voglio e spero di riuscire a fare.

Longo Borghini, parole d’ordine coraggio e leggerezza

20.07.2021
3 min
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Poco prima di partire per il Giappone, con la mente che vaga nei particolari per sincerarsi di aver davvero preso tutto, Elisa Longo Borghini si è tuffata nella nuova avventura olimpica, con quel profumo di incertezza che paradossalmente potrebbe darle il coraggio giusto nella gara di domenica.

«Non sono ancora calata perfettamente nel mood olimpico – dice – ma già dal mio arrivo in ritiro, dal banale ricevimento del carico di abbigliamento azzurro, ho iniziato nella mia testa il conto alla rovescia. Negli ultimi giorni ho pensato più a riposarmi dopo le fatiche del Giro Donne. Ho scelto di concentrarmi sul recupero fisico e mentale, in attesa di calarmi completamente nella nuova avventura e di sentire le vibrazioni dei giochi olimpici».

Barriera olandese

La spedizione delle azzurre è animata sicuramente da grande entusiasmo, anche se avere davanti la sagoma arancione e apparentemente insormontabile delle olandesi è da una parte un freno psicologico, mentre dall’altra costringerà le nostre a un pizzico di incoscienza necessario per sorprenderle.

«Il Giro Donne – dice Elisa – è servito anche per inquadrare alcune delle concorrenti con cui dovrò misurarmi. Van der Breggen, Vollering e Moolman sono andate fortissimo. Idem Marianne Vos. Credo che anche la squadra Usa abbia un insieme di corridori forti e in condizione. In ultimo, ma non certo per importanza, menziono la mia compagna in Trek-Segafredo Lizzie Deignan. Oltre all’indiscutibile talento, al Giro Donne l’ho vista pedalare forte, con una condizione in crescendo. Credo possa essere una protagonista».

La piemontese disputerà anche la prova a cronometro, di cui è campionessa italiana
La piemontese disputerà anche la prova a cronometro, di cui è campionessa italiana

Il coraggio di osare

Piatto ricco, non resta che accettare la sfida e viverla con la nuova leggerezza di spirito che da quest’anno accompagna fruttuosamente la piemontese. A ben vedere, il Giro d’Italia Donne è stato l’unico passaggio vagamente a vuoto, ma tutto sommato è stato meglio che il calo di concentrazione sia avvenuto in quei giorni, piuttosto che doverlo fronteggiare in Giappone.

«Personalmente – dice – arrivo all’appuntamento olimpico dopo una stagione molto intensa. Le soddisfazioni non sono mancate e questo, moralmente, mi trasmette tranquillità. Ho interpretato il Giro Donne con un la mente sgombra. L’aggressività con cui ho corso potrebbe essere il modo giusto per interpretare anche la prova di Tokyo. Serviranno condizione, coraggio e voglia di osare su un percorso che ben si presta».

Questa foto dal suo profilo Instagram lancia la rivalità olimpica con Lizzie Deignan dopo il Giro
Questa foto dal suo profilo Instagram lancia la rivalità olimpica con Lizzie Deignan dopo il Giro

Bronzo nel cassetto

L’ultimo accenno è per la medaglia di Rio 2016, anche se sarebbe sbagliato pensare che sarà automatico e facile riprodurne le dinamiche.

«Ho ancora vivida nella mia mente – ricorda – l’esperienza di Rio del 2016. Un evento unico, memorabile. Mi ero preparata per un’esperienza che poi, nella realtà, è stata molto diversa. In senso buono, ovviamente. E’ difficile spiegare le sensazioni che si provano. Ti senti parte integrante di un evento unico al mondo. La mia avventura si concluse poi con un bronzo bellissimo. Ma ora bisogna concentrarsi sul presente.

Il 2021 l’ha scoperta con una rinnovata serenità e leggerezza d’animo
Il 2021 l’ha scoperta con una rinnovata serenità e leggerezza d’animo

«L’approccio alla gara è decisivo perché il rischio di essere sopraffatti dall’emozione e dalla tensione è alto. Bisogna avvicinarsi alla competizione senza la memoria di quello che è stato. E’ giusto avere confidenza in se stessi, avere consapevolezza che è stato fatto un percorso di preparazione. Ma basare le proprie aspettative sull’esperienza passata sarebbe un errore».

Tokyo, la parte più difficile sarà l’acclimatazione

20.07.2021
7 min
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A voler fare le cose per bene, si sarebbe dovuti partire per il Giappone con due settimane di anticipo, proprio come ha fatto Evenepoel. Poi un po’ il Covid e un po’ gli impegni delle squadre lo hanno impedito e la fase di acclimatazione degli azzurri in Giappone sarà il meglio che il poco tempo a disposizione renderà possibile.

Ma il tema c’è ed è vasto, come conferma Laura Martinelli, nutrizionista del Team Novo Nordisk e nostra guida per tanti ragionamenti su corse e dintorni.

«Si prospettano come le Olimpiadi più calde di sempre – dice – con tutto quello che ciò comporta per la fisiologia dell’atleta».

Con Laura Martinelli, nutrizionista veneta del Team Novo Nordisk, parliamo di acclimatazione
Con Laura Martinelli, nutrizionista veneta del Team Novo Nordisk, parliamo di acclimatazione

La temperatura corporea

Poi, sorridendo e quasi scusandosi come ogni volta in cui c’è da fare una digressione, entra in argomento tracciando uno spaccato in cui potrebbe riconoscersi chiunque abbia fatto sport.

«La temperatura a riposo di un individuo – dice – è sui 37 gradi. Se la temperatura esterna è intorno ai 20 gradi, essa salirà fino ai 38,5, mentre se fa caldo davvero si arriva fino ai 41,5 gradi. E’ un valore cui si arriva per il lavoro metabolico legato all’intensità dell’esercizio e a fattori ambientali, su cui non possiamo intervenire. Quello che però possiamo fare è intervenire sul piano nutrizionale, studiando il modo in cui l’organismo può adattarsi all’ambiente, iniziando 2-3 settimane prima».

L’ambiente giapponese sarà caldo per i tifosi, che a causa del Covid saranno al minimo, ma anche e soprattutto per il clima
L’ambiente giapponese sarà caldo per i tifosi, che a causa del Covid saranno al minimo, ma anche e soprattutto per il clima
Cosa si fa?

Si può lavorare per una sudorazione più efficace, sulle tecniche di idratazione, sulla resistenza al calore e sulla stabilità cardiovascolare. Si può fare abbinando nel modo giusto allenamento e alimentazione.

Serve tempo, che i nostri appena arrivati laggiù però non hanno…

Servono 6-7 allenamenti, che però non si possono fare consecutivamente. Si fa un’ora e mezza di esposizione al calore, in cui l’allenatore lavora per il miglior adattamento, mentre il nutrizionista studia l’alimentazione per il giorno della gara. Attraverso questi allenamenti, il cui numero si determina di caso in caso, si riesce ad acclimatare l’atleta.

Hai parlato del lavoro del nutrizionista in questa fase.

Si studia la nutrizione per il giorno di gara, ma si può fare anche altro. Ad esempio si calcola il volume della sudorazione prima e dopo l’allenamento, per determinare la caratteristica soggettiva di quanti litri di sudore un atleta produce con certe condizioni ambientali e in un determinato intervallo di tempo. Volendo andare oltre, si può anche analizzare la composizione del sudore. Si usano dei cerotti che lo assorbono e in base alla sua composizione, valutando quali sostanze l’organismo espelle, si possono elaborare i drink più efficaci per la gara. Un discorso, questo, ancora più complicato per gli atleti paralimpici.

Perché?

Perché ad esempio negli allenamenti di esposizione al calore, bisogna stare attenti al tipo di disabilità che condiziona la sudorazione, l’esposizione ai raggi solari. Un atleta amputato avrà meno superficie corporea attraverso cui sudare, ad esempio.

Gli atleti sono arrivati da poco, come si gestisce l’acclimatazione al fuso orario?

Non so se abbiano iniziato a farlo da prima. La prassi è modulare le ore di esposizione alla luce, modificando gli orari di sonno e veglia. Sul piano nutrizionale, si interviene nella pianificazione durante il viaggio. Quando i miei atleti hanno un volo così lungo, guardo le cartine degli aeroporti in cui faranno scalo, per trovare i ristoranti in cui possano mangiare il cibo di qualità che più gli serve ed evitare che mangino quello degli aerei, che solitamente è di pessima qualità. Si lavora anche sugli orari di digiuno, una metodica molto diffusa al di fuori del ciclismo, ragionando già da prima su quelli del Giappone. Tutto ciò aiuta nell’adattamento.

L’atleta in volo dovrebbe evitare il cibo dell’aereo, di qualità spesso scadente
L’atleta in volo dovrebbe evitare il cibo dell’aereo, di qualità spesso scadente
Leggendo il ruolino di marcia degli azzurri, non sembra che abbiano seguito queste prassi.

Se non lo hanno fatto come nazionale e a meno che i singoli non abbiano avuto il supporto di nutrizionisti esterni, possono provare a recuperare il tempo perso, lavorando sul posto. Provando l’acqua giapponese, monitorando l’idratazione, senza restringere a livello energetico… Ci sono tutti gli strumenti per farlo. Si sono trovati subito nel caldo, quindi è necessario modulare la temperatura fra l’esterno e l’aria condizionata delle varie strutture.

Come si fa?

Sembra strano, ma può essere molto utile ricorrere alla sauna per cercare di velocizzare l’acclimatazione. Mentre per rendere più sopportabile il caldo in bici, ci sono in commercio tanti prodotti, come dei gel al mentolo. L’ambiente giapponese si potrebbe quasi definire ostile.

Gli atleti usciti dal Tour, se hanno ben integrato, hanno un ottima base di partenza per la miglior acclimatazione
Gli atleti usciti dal Tour, se hanno ben integrato, hanno un ottima base di partenza
Oltre che di caldo, si parla di umidità.

Esiste un indice che si chiama WBGT (Wet Bulb Globe Temperature, ndr) che si usa per determinare il rischio connesso con lo stress termico dei lavoratori, quindi anche degli atleti, nel caso di microclima troppo caldo e il Giappone è su livelli di guardia (proprio ricorrendo a questo indice, uno studio della rivista Micron aveva stabilito dopo Rio 2016 che Tokyo fosse troppo calda per garantire la sicurezza degli atleti, ndr). Il riflesso dell’umidità incide direttamente sulla potenza. La potenza di un’atleta, sia pure a parità di temperatura, passando da un ambiente mediamente umido a uno molto umido, può scendere anche del 15 per cento. L’umidità intacca lo scambio di calore e la conseguenza finale è l’abbassamento del massimo consumo di ossigeno.

Si comincia 2-3 settimane prima e poi?

Si continua nei giorni che portano alla gara. Nelle 24-48 ore prima è fondamentale lavorare bene su alimentazione e supplementazione. Non si usa niente di nuovo, pur uscendo parzialmente dai soliti schemi. Si deve bere di più, va curata la distribuzione d’acqua durante la giornata e agli atleti andrebbero date delle borracce saline anche durante il giorno per essere certi che non perdano elettroliti importanti. Abitudini che si dovrebbero considerare assodate, che spesso però vengono sottovalutate.

E in corsa?

Le esigenze in termini calorici e glucidici sono le stesse, ma si arriva a fornire lo stesso contributo in maniera diversa. Si passa al semi liquido, perché a causa del caldo e dell’umidità l’irrorazione dell’intestino è minore e di conseguenza la digestione diventa faticosa. Quindi si privilegiano gel e liquidi, con un superiore apporto di elettroliti.

Chi esce dal Tour è avvantaggiato o penalizzato?

Dipende dalla bravura del suo staff. Se il Tour stesso è stato gestito in modo accorto, senza problemi di disidratazioni o altro, può essere davvero un ottimo banco di prova.

Gorka il duro con Valverde: fatta la Spagna. E Pello si infuria

19.07.2021
5 min
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Non è stato facile per Pascual Momparler, selezionatore spagnolo che nella sua carriera ha guidato tutte le categorie a partire dagli juniores, stilare la lista dei cinque corridori che rappresenteranno la Spagna sabato prossimo, 24 luglio, nell’evento su strada dei Giochi Olimpici di Tokyo. I quattro più Valverde, leader e capitano assoluto alle sue ultime Olimpiadi. La perdita dovuta alla caduta al Giro da cui si sta ancora riprendendo Mikel Landa, uno di quelli che si dava per scontato da mesi, ha aperto il ventaglio di possibilità. Ma ciò su cui il tecnico valenciano è sempre stato chiaro era che questa selezione sarebbe stata creata attorno a Valverde. Senza alcun dubbio: «Pur portando – dice – anche corridori che, se si creano spaccature nella parte finale della corsa e ci si trovano dentro, siano in grado di giocarsi le medaglie».

Momparler è stato chiaro: Valverde capitano unico
Momparler è stato chiaro: Valverde capitano unico

I due sicuri

Questi due nomi, sicuri di aver strappato la convocazione olimpica, sono quelli di Omar Fraile, ‘killer’ per istinto e campione di Spagna, e Ion Izagirre, che raddoppierà la partecipazione correndo anche la prova olimpica contro il tempo. Per le altre due posizioni rimanenti, tra le possibilità c’era un buon numero di candidati. Jonathan Castroviejo, Pello Bilbao, David de la Cruz, Luis León Sánchez, Enric Mas, Imanol Erviti, Gorka Izagirre, Jesús Herrada.

I due esclusi

Quel privilegio, il fatto di essere comunque forti, è anche una condanna per chi non si adatta alla regola e resta a casa, anche se ha la stessa o più qualità di chi è andato a Tokyo. I grandi sacrificati di questa Spagna olimpica che, per meriti e prestazioni da vendere potrebbero e dovrebbero essere a Tokyo, sono Jonathan Castroviejo e Pello Bilbao. Il corridore della Ineos era già stato escluso al Giro, ma Bilbao no: bravissimo nell’aiutare Damiano Caruso a conquistare il secondo posto nella corsa rosa e poi in lotta per la top 10 in questo Tour de France (ieri 9° a Parigi).

La presenza di Herrada a Tokyo è una vera scommessa del cittì Momparler
La presenza di Herrada a Tokyo è una vera scommessa del cittì Momparler

Pello al buio

Domenica 11 luglio, mezz’ora prima dell’inizio della tappa conclusasi ad Andorra con la vittoria di Sepp Kuss, Pello Bilbao ha ricevuto una telefonata da Pascual Momparler in cui gli comunicava che alla fine non sarebbe stato convocato.

«Ero abbastanza convinto delle mie possibilità – dice il ciclista del Bahrain Victorious – ma non avevo ricevuto nessuna chiamata. Non ho avuto alcun contatto da lui e quindi, ovviamente, ho cominciato a preoccuparmi. Una settimana fa ho provato a contattarlo, a parlargli, non mi ha risposto. Ho provato il giorno dopo, neanche lì mi ha risposto, mi ha mandato un messaggio dicendo che mi avrebbe chiamato il giorno dopo. Quindi sono passati quattro o cinque giorni fino a quando gli ho chiesto, almeno, di mandarmi un messaggio per chiarire. Perché la squadra aveva anche bisogno di sapere se avrebbe dovuto preparare o meno il materiale, organizzare i tamponi e tutto il resto».

Ion Izagirre rimpingua il blocco Astana in nazionale, con suo fratello e Fraile
Ion Izagirre rimpingua il blocco Astana in nazionale, con suo fratello e Fraile

Rabbia basca

Il motivo del ritardo nella comunicazione, gli ha detto Momparler, era che stava cercando fino all’ultimo di inserirlo nella lista ma, per gli standard olimpici, non ci era riuscito. «E’ tardi e brutto – ha detto con rabbia Pello in quello stesso giorno – non mi stava bene. Gli ho detto che avevo intenzione di andare a Tokyo, ho fatto il Giro liberamente prima di venire al Tour, ma lui non ha voluto contare su di me. Gli ho detto che più gareggio, meglio faccio. Avrà le sue ragioni, ma spero che si renda conto dell’errore».

Fraile uomo di sostanza, campione nazionale, ma capace anche di entrare bene in fuga e vincere
Fraile uomo di sostanza, campione nazionale, ma capace anche di entrare bene in fuga e vincere

Gorka il duro

Senza Pello Bilbao, la Spagna è partita per puntare a una medaglia a Tokyo. Con Jesús Herrada come “scommessa personale” di Momparler, Ion Izagirre, Omar Fraile e Gorka Izagirre, l’unico entrato nella lista senza correre il Tour (ha fatto il Giro), ma molto simile e molto legato ad Alejandro Valverde per supportarlo e aiutarlo a ottenere l’ultimo dei trionfi che al Bala ancora manca. Lo conferma lui stesso: «Gorka darà un grande contributo, lo stimo molto. E’ un ottimo compagno e un grande amico». E lo fa notare anche Momparler, parlando del basco come di un corridore duro e professionale fino alla fine, che «quando gli altri vedono la faccia sfinita di Valverde e lo compatiscono, Gorka invece lo prende per il collo, lo scuote e gli chiede che cosa faccia, di cosa si lamenti e perché pianga. Che in quel modo non si può attraversare la vita».

EDITORIALE / Quattro giorni all’Apertura: bici.PRO vola a Tokyo

19.07.2021
3 min
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Il 23 luglio alle 13 ora italiana, Elia Viviani sfilerà con la bandiera tricolore nella Cerimonia di Apertura delle Olimpiadi di Tokyo. Doveva già essere accaduto tutto, ma il Covid ha riscritto la storia e i Giochi ci sono finiti in mezzo.

Un segno di ripresa

Quando decidemmo di lanciare bici.PRO, meno di un anno fa, nessuno sapeva che cosa sarebbe successo alle nostre vite e tantomeno al ciclismo. Le corse erano sulla porta di una timida ripresa, le cancellazioni sovrastavano le conferme, le aziende tenevano chiusi cancelli e programmi. Le Olimpiadi erano un pensiero lontano. Poi il motore ha ripreso a girare. Sia pure in modo controverso è tornata la libertà. Gli europei di calcio hanno reso più dolce l’inizio dell’estate, ma adesso si va in Giappone per fare sul serio.

Il Tour, terzo evento sportivo per importanza dopo Olimpiadi e mondiali di calcio, si è consegnato nuovamente a Pogacar. Da oggi e per le prossime tre settimane, tutti i riflettori saranno puntati sul palcoscenico più importante, quello che dà un senso allo sport e consegna i campioni all’eternità. Nel salutare gli azzurri in partenza per Tokyo abbiamo voluto vedere il segno della ripresa, minacciata da varianti e comportamenti illogici dei nostri politici, ma pur sempre una ripresa.

Il Tour è il terzo evento sportivo al mondo ed è stato l’ideale apertura verso le Olimpiadi: il primo
Il Tour è il terzo evento sportivo al mondo ed è stato l’ideale apertura verso le Olimpiadi: il primo

Il nostro stile

Per noi di bici.PRO ogni giorno e ogni corsa sono stati un banco di prova. Racconto. Approfondimento. Temi. Storie. Analisi. Incontri. Tecnica. Ricerca del giusto equilibrio. Rapporto coi lettori. Non c’è un particolare che abbiamo lasciato cadere o almeno lavoriamo ogni giorno affinché questa sia la traccia che ci guida.

«Mi piace il vostro magazine – ha detto qualche giorno fa Fabio Aru – perché approfondisce tanto e lo fa in modo sereno, senza malizia e cattiveria».

Senza quello spettegolare, aggiungiamo, che a volte popola i media. Con questa convinzione, anche per bici.PRO si apre il grande viaggio verso Tokyo.

Sarà Alberto Dolfin il nostro inviato a Tokyo. Prima di partire, ultimo test sulla Fauniera. La gamba è buona…
Sarà Alberto Dolfin il nostro inviato a Tokyo. Prima di partire, ultimo test sulla Fauniera. La gamba è buona…

bici.PRO in Giappone

Il nostro uomo in Giappone sarà Alberto Dolfin, che avete imparato a conoscere nei mesi scorsi. La sua valigia è pronta, domani salirà sull’aereo e volerà verso Tokyo. Ci invierà i suoi reportage, i suoi video, faremo collegamenti… Faremo il nostro meglio perché anche voi abbiate la sensazione di essere là, raccontandovi il dietro le quinte e tutto quello che per forza non si potrà vedere nelle dirette che nei prossimi giorni riempiranno la nostra quotidianità.

Il confronto con l’evento sportivo più grande del mondo, che facendo sponda al nostro inviato seguiremo anche da qui con gli approfondimenti che certamente coglieremo, ci farà fare uno step e sarà un’altra apertura verso la maturità e la completezza. E nel frattempo, nella nostra cucina ribollono idee che ci porteranno anche altrove. Altre valigie sono pronte, altri temi sul tappeto. Per ora buon viaggio ad Alberto Dolfin e buona settimana a tutti. La grande estate del ciclismo sta entrando nel vivo. Godiamoci tutti insieme i Giochi Olimpici di Tokyo.

C’era un filo invisibile fra la Sardegna e il resto del mondo

19.07.2021
4 min
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Nel sole accecante riflesso dalla candida Basilica di Bonaria, uno dei simboli di Cagliari, partono fili invisibili che collegano l’Isola di Sardegna al mondo. A Parigi, per esempio, dove il Uae Team Emirates sta festeggiando il trionfo di Tadej Pogacar. Diego Ulissi si unisce ai festeggiamenti “da remoto”, conquistando d’autorità la prima edizione della “Settimana Ciclistica Italiana… sulle strade della Sardegna”. Il campione toscano è un corridore ritrovato dopo la grande paura dello scorso inverno. Nell’Isola ha messo in chiaro le cose sin al primo giorno, sprintando a Sassari per prendersi la maglia azzurra di leader e confermandosi nel Capo di Sotto sempre in una volata sul filo. Ha fatto venire qualche dubbio al ct Davide Cassani, ma è sereno.

«Per me essere qui, avere avuto l’attenzione di Cassani che ha tenuto la porta aperta sino all’ultimo – dice – è già una vittoria. Ci sono altri appuntamenti da qui alla fine della stagione, anche per la Nazionale. Dovrò farmi trovare pronto».

In Sardegna Ulissi ha ritrovato fiducia, sorriso e vittoria
In Sardegna Ulissi ha ritrovato fiducia, sorriso e vittoria

Da Cagliari ai Campi Elisi

La Sardegna lo ha reso felice, le due tappe e la classifica – conquistata con 8” sull’irriducibile Sep Vanmarcke – non le ha considerate vittorie di ripiego e altrettanto ha fatto Pascal Ackermann, anche se la sua mente seguiva quel filo invisibile, sino in Francia: «No, questi non sono i Campi Elisi – ha detto spalancando il suo sorriso sul rettilineo che gli ha regalato due sprint su due, magistrali e diversi – ma ogni vittoria conta per me e per queste tre in Sardegna sono davvero felice».

Tre successi (Oristano e due volte Cagliari), tre come il suo compagno alla Bora-Hansgrohe, Peter Sagan, nel 2011, ma in realtà sono cinque in quindici giorni, contando il Sibiu Tour: «Ho dovuto superare qualche problema di famiglia, speravo di andare al Tour, ma ho dimostrato di essere in buona forma e adesso spero di continuare così. Una piccola pausa, poi penserò al Polonia».

Da Cagliari a Tokyo

Tra Sardegna e Romania, su quel filo invisibile, ha fatto il funambolo anche Giovanni Aleotti: una tappa, un secondo posto e la classifica finale al Sibiu Tour, un terzo posto di tappa e quello nella “generale” in questa Settimana Italiana, con il primato tra i giovani.

«Se ci mettiamo anche le tre vittorie di Ackermann, credo che noi della Bora possiamo essere contenti», ammette, ricordando che il quarto assoluto è stato Felix Grossschartner. E mentre Santiago Buitrago completa le premiazioni indossando la maglia verde degli scalatori sopra quella rossa della Bahrain Victorious, con Ackermann primo a punti, la carovana si disperde verso la prossima meta.

Per qualcuno quel filo invisibile unisce l’Isola a Tokyo. Con gli azzurri (Alberto Bettiol, Giulio Ciccone, Gianni Moscon e Damiano Caruso), altri sei hanno scaldato i muscoli in vista della prova su strada della Olimpiadi: lo svizzero Gino Mader, il bielorusso Aleksandr Riabushenko (secondo nella quarta tappa), il russo Ilnur Zakarin (che ha chiuso nella top 10), lo slovacco Juraj Sagan, il sudafricano Ryan Gibbons e il lituano Evaldas Siskevicius.

Da Cagliari… al futuro

Un ultimo filo galleggia nell’aria cagliaritana. Parte dal podio e vola via, in attesa di unire questa prima edizione della Settimana Italiana, chiamata così per l’impossibilità di utilizzare il nome “Giro di Sardegna” (teoricamente la corsa è in calendario per ottobre), con la prossima. Se ne vede soltanto l’inizio: Natura Great Events e Gs Emilia proveranno a trovare l’altro capo nel 2022.

Che speranze può avere Dumoulin contro il Van Aert del Tour?

18.07.2021
6 min
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A questo punto, dopo la prestazione di Van Aert nella crono di ieri al Tour de France e guardando al derby olimpico Jumbo Visma – con la sfida transnazionale fra Roglic, Dumoulin e Van aert – la curiosità è scattata da sé. Pur essendo certamente un campione, come farà Tom Dumoulin ad avere speranze concrete di ben figurare alle Olimpiadi? L’olandese non ha corso da ottobre a giugno. Poi è rientrato al Giro di Svizzera (foto di apertura) e a seguire ha vinto il campionato nazionale a crono, ritirandosi invece dalla prova su strada.

Come Dennis

Il tema è interessante e ancora una volta abbiamo fatto ricorso ad Adriano Malori, dato che con lui avevamo già affrontato la vigilia della crono del Tour. E Adriano riprende un concetto di cui avevamo già parlato quando venne fuori che Dumoulin sarebbe tornato in gioco per le Olimpiadi.

«Penso che stia cercando di fare come Rohan Dennis ai mondiali dello Yorkshire – ribadisce – o come Cipollini prima di Zolder. Di sicuro aveva il problema della troppa pressione e ha scelto di volersi estraniare. Ma parliamo di una crono secca, non della penultima tappa del Tour. E di certo per allenarsi è uscito dal suo Paese, altrimenti lo avrebbero visto e ogni giorno avrebbe avuto il codazzo».

Visto a Livigno

Gli diciamo che infatti lo abbiamo incontrato a Livigno, dove ha alloggiato a Trepalle, allenandosi tanto in salita e poi lungo le gallerie per i lavori in pianura. Davide Cimolai, che abbiamo incontrato ugualmente in quello spicchio di Valtellina, ha raccontato di averlo trovato molto rilassato, al punto che l’olandese lo ha invitato per un aperitivo.

«Si è ripresentato allo Svizzera – prosegue Malori – per le sue crono dure. Nella prima è stato appena fuori dai dieci, nella crono finale è entrato nei cinque. Non ci riesci in una corsa come lo Svizzera, neanche nelle speranze più audaci, se non ti sei allenato come una bestia. Se hai la grinta, la crono secca la prepari bene anche senza correre, se hai la persona adatta che ti fa dietro moto. Non devi allenare l’esplosività. Basta una strada di strappi e riesci a replicare alla grande il lavoro che faresti in gara. In altura non avrà potuto lavorare ad altissima intensità, anche se a Livigno c’è pianura a 1.800 metri e qualcosa si può fare. Per me ha mirato l’appuntamento e sparire dai radar era il solo modo per far calare le attese».

Una foto rubata in tutta fretta a Livigno: l’olandese non ha voluto saperne di fermarsi e raccontare la sua preparazione
Una foto rubata in tutta fretta a Livigno: l’olandese non ha voluto saperne di fermarsi e raccontare la sua preparazione

Tutto studiato

A questo si aggiunge il fatto che Dumoulin sia un cronoman coi fiocchi, già campione del mondo nel 2017 a Bergen, non un ragazzino alle prime armi.

«Credo che si sia trattato di una pausa pilotata – dice – per allenarsi con tranquillità verso un grande obiettivo. Qualcosa di cui erano al corrente la squadra e anche la federazione, come dimostra il fatto che nonostante il ritiro annunciato, non lo abbiano tolto dalla selezione olimpica. Certo facendo così ha compromesso la stagione e non mi meraviglierei se poi smettesse davvero. Oppure in caso di un grande risultato, potrebbe trovare lo stimolo per continuare».

Ai mondiali di Bergen del 2017, l’olandese conquistò la maglia iridata a crono
Ai mondiali di Bergen del 2017, l’olandese conquistò la maglia iridata a crono

Sul terzo gradino

Però resta aperto il discorso sulla differenza di condizione che potrebbero avere i corridori reduci dal Tour. Il percorso di Tokyo è duro e non fa sconti.

«Se si è allenato bene – dice – non ha niente meno di chi esce dal Tour. Per vincere una crono come quella non serve essere forti nelle ripartenze dalle curve. Il caldo non influirà molto. Credo che comunque il favorito numero uno sia Van Aert per quello che ha fatto vedere. C’è salita e c’è tanta discesa, che potrebbe permettere a Ganna di recuperare, mentre in salita soffrirà. Pippo ha preparato la pista che ti dà tanta brillantezza, mentre a Tokyo si tratterà di mantenere un ritmo elevato su un percorso tutt’altro che regolare. Devi essere più fluido possibile. In più Pippo pesa 15 chili più di Van Aert e mentre lui era a Montichiari, Wout spianava le Alpi. Dumoulin potrebbe arrivare terzo, giusto dopo di loro».

Quinto nella seconda crono del Giro di Svizzera, vinta da Uran su Alaphilippe: il risultato ha riacceso le speranze
Quinto nella seconda crono del Giro di Svizzera, vinta da Uran su Alaphilippe: il risultato ha riacceso le speranze

Troppo dura

Una nota sul percorso Adriano ci tiene a farla. «E’ una crono bella tosta – dice – sembra Rio e francamente non riesco a capire perché le disegnino così. La crono è velocità, qui invece la media sarà bassa. Per questo credo che se terrà la concentrazione, potrebbe essere una crono per Pogacar, mentre Roglic va osservato, ma non ho grandi certezze su di lui. Di sicuro si userà la bici da crono, magari montando davanti una ruota più leggera, profilo da 50 piuttosto che da 90, anche se per questo bisognerà vedere come sono fatte le curve. E per i rapporti, il più agile potrebbe essere un 42×27 in modo da poter usare agevolmente il 58×25».

E qui il tono cala e il ricordo va indietro.

«Sembra di rivivere la vigilia di Rio – dice a bassa voce – quando andammo con Cassani a provare il percorso. Poi sarei dovuto tornare in Italia, non c’era in programma di fare il Tour de San Luis. Invece lo proposi a Unzue e volai laggiù, dove tutto è finito. Sono passato dalle speranze e dal sogno di una medaglia per me a descrivere quelle degli altri. Possiamo farci ben poco, meglio riderci sopra. La vita tanto va avanti lo stesso».

Da Parigi a Tokyo, la prossima sfida del Bala

15.07.2021
5 min
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Sorride così, tra il malizioso e il divertito, Alejandro Valverde quando gli chiedono se tornerà al Tour de France. Sorride divertito, perché lo stuzzica molto questo fatto di continuare a spremersi, allenarsi, correre, soffrire e vincere o mettere in difficoltà i ragazzi che ora dominano il gruppo, ma potrebbero essere benissimo suoi figli. La domanda è se tornerà al Tour. Lo aveva già escluso l’anno scorso, ma poi si è fatto coraggio e ormai finirà per raggiungere Parigi. Ma quella domanda ne porta dietro un’altra, quella sul continuare a correre. Aveva già fissato una scadenza: dicembre 2021. Ma adesso, visto come stanno andando le cose, quanto si stia divertendo e quanto riesca ancora a far soffrire i suoi giovani rivali, forse quel termine non è più così chiaro. «Non so ancora cosa farò, devo ancora parlare con Eusebio e poi vedremo».

Nel freddo de Le Grand Bornand ha pensato al ritiro
Nel freddo de Le Grand Bornand ha pensato al ritiro

Un anno di più

Una cosa è certa ed è che «mi sto godendo questo Tour, il fatto di correre senza pressioni, di potermi staccare per provarci in altri giorni».

E questo, unito al suo ottimo livello e alle due vittorie già conquistate in questa stagione, al fatto di essersi visto nuovamente insieme ai migliori nelle classiche delle Ardenne la scorsa primavera con gambe che continuano a chiedergli la guerra, lo avvicinano alla decisione di restare un anno in più.

Un’altra cosa rispetto a gennaio. Stanco e vecchio come si sentiva, aveva iniziato quella che pensava sarebbe stata la sua ultima stagione, con i segni attraverso cui la precedente, soprattutto il Tour e la Vuelta del 2020, gli aveva detto che il suo tempo era ormai passato e che non aveva più il ritmo dei migliori.

Assieme a Mattia Cattaneo, nella discesa dal Ventoux su Malaucene
Assieme a Mattia Cattaneo, nella discesa dal Ventoux su Malaucene

Il “Bala” c’è ancora

Ma Valverde è tornato ad essere il “Bala”. Quello del talento eterno e la classe maiuscola. Per questo si è fatto coraggio e, finita la Liegi, si è convinto di venire a questo Tour e poi di continuare fino a Parigi. Fino alla fine, mettendo la sua esperienza al servizio di Enric Mas nella sua lotta per salire sul podio e dopo aver tentato per due volte di vincere una tappa entrando in fuga.

La prima volta a Le Grand Bornand, che lo ha lasciato tremante e congelato sul col de Romme, tanto che ha dovuto fermarsi per prendere un giubbino. Aveva quasi deciso, confessa solo ora, di salire in ammiraglia e abbandonare la gara. Che certe cose non fanno più per lui. «Poi però ho pensato ai miei compagni e ho deciso di andare avanti».

A La Vella secondo dietro Kuss: all’arrivo è andato ad abracciarlo
A La Vella secondo dietro Kuss: all’arrivo è andato ad abracciarlo

A un passo da Kuss

La seconda, domenica scorsa a La Vella, passando da quel gelo a fermare quasi i cuori per l’emozione quando, scalando la Collada de Beixalis, è riuscito a tenere lo scatto di Sepp Kuss a mezzo minuto ed è arrivato a 12 secondi dal prenderlo e giocarsi la tappa con l’americano, nove anni dopo l’ultima vittoria a Peyragudes. Sarebbe stata la quinta in carriera: la prima nel 2005, contro Armstrong a Courchevel, seguita dalle due nel 2008 a Plumelec e Super Besse. Adesso che ha vinto quasi tutto ed è salito su quasi tutti i podi, dai grandi Giri alle classiche fino alle gare di una settimana, arrendersi a uno scalatore del livello di Kuss è stato molto diverso.

«Se fossi arrivato secondo nel 2008, tanto per fare un esempio, non ci sarebbe persona più arrabbiata di me – dice – ma a 41 anni la rabbia passa in fretta. E all’arrivo ero felice perché so che ha vinto il migliore e mi è venuto dal cuore congratularmi con lui. Sono arrivato secondo, ma felice come se avessi vinto».

Parlano i suoi 41 anni e due mesi. Una vita intera facendo quello che sa fare meglio. Divertirsi in bici.

Da Parigi a Tokyo

Con questo spirito lunedì prossimo partirà direttamente da Parigi per Tokyo, verso la sua quarta Olimpiade. Perché, dice, «non avrebbe senso ritirarsi dal Tour adesso. Avremmo viaggiato comunque lo stesso giorno. Sappiamo già che in sei giorni non si possono preparare i Giochi – spiega – ma il programma di viaggio sarebbe stato lo stesso anche se mi fossi ritirato prima».

Terzo alla Freccia, dietro Alaphilippe e Roglic: il Bala c’è ancora
Terzo alla Freccia, dietro Alaphilippe e Roglic: il Bala c’è ancora

Motivado y con ilusión

La medaglia olimpica è l’ultima frontiera da conquistare per il ciclista che somma più di 120 vittorie e un talento eterno. Ma non vuole pressioni o fardelli. Non a questo punto, non avendo più nulla da dimostrare.

«Darò tutto per riuscirsi, ma non voglio più pressione del necessario».

Lo ripete: «Daremo tutto, ma dobbiamo essere consapevoli che ci sono rivali che si stanno preparando al cento per cento e che non è una corsa di paese. Ma vado ugualmente con morale e tanta motivazione».

Questo è il segreto di tutto per il Bala, anche per decidere di continuare o meno il prossimo anno.

«E’ più importante della condizione fisica – dice senza esitazione – non serve che le tue gambe siano sempre buone, ma che tu sia determinato. Si può andare al massimo solo essendo motivati e con un sogno». Per continuare a sorridere così, tra il malizioso e il divertito.

Per gli azzurri in Giappone la cover e la eevyeBAG

14.07.2021
4 min
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Doveva venire fuori tutto domani, invece il presidente Dagnoni ha bruciato tutti sul tempo e ha mostrato sui social la cover e la eevyeBAG confezionati da EEVYE per la nazionale in partenza per Tokyo. E visto che il segreto è caduto, eccoci qua a raccontarvi due oggetti figli della passione, del Made in Italy e del grande fiuto di Ivano Pezzotta, titolare dell’azienda che da cinque anni ormai realizza cover personalizzate per i cellulari del gruppo.

«La vera novità – racconta proprio Ivano – è la eevyeBag (foto di apertura), una borsetta pensata per i corridori che vanno ad allenarsi. Avete presente quando uscite in bicicletta e per il telefonino prendete i sacchetti di cellophane? Ecco, vogliamo sostituirli. Per cui abbiamo creato questo oggetto con l’anima in nylon e l’esterno in pelle e una cerniera che lo rende impermeabile. Al suo interno si possono mettere, asciutto e ben custodito, il telefonino, la carta di credito e il documento di identità formato card. Poi c’è la taschina per mettere qualche moneta per il caffè e anche il porta mascherina, che magari un giorno, speriamo presto, sostituiremo con dei fazzoletti di carta».

Grafica 2BROS

La grafica della eevyeBAG, così come per le cover del mondiale di Imola 2020, è stata disegnata da 2BROS, lo studio vicentino specializzato e ben noto nel mondo del ciclismo per tutte le sue grafiche: non ultimi gli adesivi personalizzati con la figura del ciclista e il nome sotto.

«Non volevamo una grafica legata soltanto al ciclismo – spiega Pezzotta – ma che si ispiri a Tokyo e alle Olimpiadi, anche perché l’idea è di vendere la eevyeBAG anche a un pubblico non esclusivamente ciclistico. Così, mentre la bag ha i colori del Giappone, la cover l’abbiamo disegnata noi con riferimenti all’azzurro della nazionale».

Per corridori e staff

La cover EEVYE e la eevyeBAG olimpici saranno forniti ai corridori, che avranno la possibilità di personalizzarli con il proprio nome, mentre sul bordo della eevyeBAG vengono scritti il nome del possessore con accanto un piccolo tricolore. Per lo staff azzurro che volerà a Tokyo è prevista invece la fornitura della sola cover, ovviamente laddove il modello di cellulare sia compatibile con quelli a catalogo.

Per gli azzurri a Tokyo 2020 una cover molto… olimpica
Per gli azzurri a Tokyo 2020 una cover molto… olimpica

In vendita domani

La eevyeBAG e la cover saranno in vendita da domani. Il prezzo per la cover sarà di 39 euro, come per le altre del catalogo, mentre il prezzo della eevyeBAG è ancora in fase di determinazione.

Gli azzurri che atterreranno in Giappone porteranno con sé un piccolo esempio dello stile e dell’inventiva italiani. E chissà che questo sentirsi coccolati non contribuisca a farli sentire anche più forti…