Il valore e le difficoltà della Tirreno: parola al Re dei Due Mari 2010

10.03.2025
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Con la cronometro individuale di oggi è scattata la Tirreno-Adriatico, una delle gare più attese dell’intera stagione. La Tirreno è ormai un appuntamento che in tanti segnano in rosso e al tempo stesso un viatico per chi insegue il Giro d’Italia, più di rado per chi punta al Tour de France.

Tosta, tortuosa nelle strade, con un parterre di rango elevatissimo, abbiamo chiesto a Stefano Garzelli (nella foto di apertura con Scarponi), uno degli ultimi vincitori italiani della Corsa dei Due Mari che cosa sia appunto la Tirreno. Perché è così difficile da vincere. E il “Garzo” tra aneddoti e spunti tecnici ci ha dato sotto!

Lotta ai traguardi volanti nell’ultima tappa della Tirreno 2010. Sfida fra l’Acqua e Sapone di Garzelli e l’Androni di Scarponi
Lotta ai traguardi volanti nell’ultima tappa della Tirreno 2010. Sfida fra l’Acqua e Sapone di Garzelli e l’Androni di Scarponi
Stefano, sei stato uno degli ultimi vincitori italiani della Tirreno. Che significa vincere questa corsa? Quanto è importante?

Prima di tutto è una grandissima soddisfazione. Io mi ricordo che arrivai terzo nel 1999, secondo nel 2009 dietro a Michele Scarponi e primo nel 2010. Per me la vittoria della Tirreno ha tantissimi significati, sia sportivi che affettivi. E’ una corsa che si svolge in un periodo particolare dell’anno, con le prime vere battaglie tra i grandi campioni. Vincere qui vuol dire avere gamba e astuzia. E per un corridore italiano, avere il nome nell’albo d’oro della Tirreno-Adriatico è qualcosa di speciale.

Quali sono nello specifico questi significati sportivi ed emotivi?

Quelli sportivi mi riportano al 2010: avevo 37 anni e non ero più un ragazzino. L’anno prima l’avevo sfiorata, duellando con Michele (Scarponi, ndr). Lui fu nettamente più forte. Nel 2010 però volevo giocarmela fino in fondo, specie con i tanti ragazzini che arrivavano su forte, anche se poi fu ancora una sfida con Michele. Iniziammo quella edizione scherzando su fatto che sarebbe stato ancora un duello fra di noi e la finimmo con Michele arrabbiatissimo, tanto che non mi parlò per qualche tempo.

A Lido di Camaiore, Ganna ha appena vinto la crono di apertura a 56,174 di media con 22″ su Ayuso
A Lido di Camaiore, Ganna ha appena vinto la crono di apertura a 56,174 di media con 22″ su Ayuso
Perché? Raccontaci…

Al termine dalla penultima tappa, quella di Macerata, ero secondo a 2″ da Scarponi. Quel giorno non riuscii a vincere e ormai davo per persa la corsa. Poi quella sera arrivò in camera Luca Paolini e mi disse: «Stefano, domani ci sono i traguardi volanti con gli abbuoni. Ce la possiamo fare». E così abbiamo deciso di provarci: arrivai terzo nel primo traguardo e andai a -1″, terzo nel secondo traguardo volante e andai pari con Michele. Così la Tirreno si decise sul traguardo finale di San Benedetto: chi fosse arrivato davanti, avrebbe vinto. Fu un thriller. Io arrivai prima di lui e conquistai la Tirreno. Fu incredibile, noi di due “squadrette” italiane battemmo squadroni come Sky o Bmc. Tra l’altro quel 2010 fu il primo anno in cui come premio diedero il tridente. Ce l’ho a casa in bella vista.

E a livello affettivo?

Questa gara mi lega a tanti ricordi. E’ una corsa che si disputa in territori meravigliosi, con tifosi calorosi che ti spingono su ogni salita. Ricordo la folla che ci aspettava a Chieti o sui muri marchigiani, le emozioni che ti dà il passaggio da un versante all’altro d’Italia. Vincere qui ti fa sentire dentro un pezzo importante della storia del ciclismo.

Strade ondulate e poche tappe: la Tirreno non è una corsa attendistica secondo Garzelli
Strade ondulate e poche tappe: la Tirreno non è una corsa attendistica secondo Garzelli
Quanto pesa la Tirreno nel percorso di avvicinamento al Giro?

Quando correvo io, poco o nulla. Oggi è tutto cambiato. Ai miei tempi chi vinceva la Tirreno difficilmente vinceva anche il Giro nello stesso anno. Oggi invece abbiamo fenomeni che possono riuscirci. Però in generale, arrivare al top della forma a marzo e poi esserlo ancora a maggio è complicato. La Tirreno può servire per trovare la condizione, ma deve essere gestita bene. Il mio favorito per il Giro è Ayuso: lui potrebbe anche vincere la Tirreno, ma parliamo di un talento straordinario, e non è detto che ci riesca.

Chiaro…

Negli ultimi anni la Tirreno è diventata sempre più dura e selettiva. Ha frazioni adatte agli scalatori, tappe per velocisti e giornate mosse che strizzano l’occhio ai cacciatori di tappe. Una vera mini-corsa a tappe completa, un banco di prova perfetto per capire a che punto si è della preparazione. Ed è per questo che ormai tanti big non la trascurano più.

Nella storia solo Nibali nel 2013 e Roglic (maglia blu in foto) nel 2023 sono riusciti a vincere Tirreno e Giro nello stesso anno
Nella storia solo Nibali nel 2013 e Roglic (in foto) nel 2023 sono riusciti a vincere Tirreno e Giro nello stesso anno
Se dovessi fare un paragone con la Parigi-Nizza?

Sono sincero: ho fatto 15-16 Tirreno-Adriatico, però mai la Parigi-Nizza. Però la Tirreno ha una caratteristica: non è attendista, in cui puoi “metterti comodo”. No, è sempre tirata. Il percorso è insidioso, attraversa il Centro Italia con strade tecniche e imprevedibili. Devi stare sempre attento, trovare l’attimo giusto, non incappare nei trabocchetti. Oggi poi tutti conoscono ogni dettaglio del percorso, quindi è più difficile inventarsi qualcosa, ma resta una corsa dura. La Parigi-Nizza ha un’altra natura: ha un meteo spesso più rigido, il vento che fa selezione e un percorso che varia molto di anno in anno. La Tirreno ha un’identità ben precisa, con le sue tappe intermedie insidiose e le salite secche che fanno selezione. Se vinci qui, vuol dire che sei pronto per grandi cose.

Quindi la corsa come s’interpreta nelle strade del Centro Italia?

Come sempre direi. Chi deve andare forte deve stare davanti. La verità è che dopo un po’ i corridori capiscono la natura delle strade e si adeguano. Chiaro che poi serve la gamba. Penso alla tappe marchigiane e ai muri che sono durissimi.

Per Garzelli Ayuso è il favorito del Giro e, quasi sicuramente, anche della Tirreno
Per Garzelli Ayuso è il favorito del Giro e, quasi sicuramente, anche della Tirreno
Quanto è difficile da vincere la Tirreno?

Molto. Dopo i tre Grandi Giri e il Giro di Svizzera, è la corsa a tappe più importante. Il livello è sempre stato alto e quando il livello è alto, la corsa diventa più difficile. E questa la prima difficoltà. Anche perché arriva in un momento della stagione in cui tanti sono già in forma: chi punta alle classiche è al 100 per cento, chi mira al Giro è almeno all’80 per cento. Questo alza il livello medio e rende tutto più competitivo.

Che poi rispetto ad un Grande Giro, con un tracciato tanto variegato e la crono iniziale, resta aperta ad un ventaglio di corridori più ampio (togliendo il fenomeno della situazione come Vingagaard l’anno scorso o Pogacar)…

La difficoltà sta anche nella varietà delle tappe. Devi essere completo: forte a cronometro, resistente sulle salite, scaltro nelle tappe miste. Non puoi avere punti deboli, perché chi ce l’ha, qui paga dazio. È una corsa che premia i corridori completi e con grande fondo. Ma anche attaccanti non per forza da grandi Giri.

La Tirreno-Adriatico sarà un bel test anche per Tiberi, oggi 4° a 28″ da Ganna
La Tirreno-Adriatico sarà un bel test anche per Tiberi, oggi 4° a 28″ da Ganna
Cosa ti aspetti da questa edizione?

Vorrei vedere bene Antonio Tiberi, che sta preparando il Giro. E’ un bel banco di prova per lui. E poi sono curiosissimo di vedere Juan Ayuso: lui ha un solo obiettivo in testa ed è vincere il Giro d’Italia, ma sono convinto che vorrà vincere. Alla Valenciana ho incontrato il suo massaggiatore, che fu anche il mio, e mi ha detto che non è mai andato così forte. Mi aspetto che anche Van der Poel ci faccia divertire. Vedremo se giocherà a nascondino come quando vinse poi la Sanremo nel 2023 o se attaccherà. Sarà una settimana spettacolare. E poi occhio agli outsider: la Tirreno è una corsa che ha regalato vittorie inaspettate, come Van Avermaet o Kwiatkowski (e prima ancora Pozzato o Cancellara, ndr), gli attaccanti che dicevo prima.

Forte in salita, migliorato a crono: Piganzoli cresce ancora

06.03.2025
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Un assaggio di buona condizione alla Valenciana, poi al Gran Camiño Davide Piganzoli ha sollevato il capo e messo nel mirino la testa del gruppo. Sono arrivati il secondo posto nella cronometro, il terzo in una tappa di montagna e il secondo posto finale alle spalle di Derek Gee. Abbiamo avuto la sensazione che il valtellinese sia partito da un livello più alto, quasi che il podio al Giro dell’Emilia lo abbia lanciato verso un inverno di nuove certezze. Allo stesso modo in cui quello del Lombardia ha motivato Ciccone a fare sempre di più.

Per questo, ricordando l’intervista di fine ottobre in cui l’allenatore Giuseppe De Maria ci aveva parlato dei progressi di “Piga”, siamo tornati da lui strappandolo a un pomeriggio a dir poco impegnato. Oltre a seguire la preparazione dei suoi atleti, il varesino sta infatti lanciando l’app per la gestione dell’allenamento su cui sta lavorando da qualche anno.

«Nel tempo ho creato dei calcoli automatici – racconta – che in base al profilo di potenza dell’atleta gestiscono il carico allenante. Si chiama rightride.app e definisce per ognuno quanto si deve allenare in kilojoule e poi lo distribuisce nel tempo, facendogli fare dei periodi di carico e dei periodi di scarico. Dando quindi un valore individuale di gestione di quanto ci si alleni, che non è così scontato. Sto lavorando da cinque anni con i programmatori per portarla a termine e adesso chi si occupa della comunicazione ha fatto il primo post sui social e stiamo partendo».

Al Gran Camiño, Piganzoli ha chiuso al 2° posto a 35″ da Derek Gee
Al Gran Camiño, Piganzoli ha chiuso al 2° posto a 35″ da Derek Gee
Parlando di condizione, facciamo il punto su Piganzoli? Dicesti che l’inverno non sarebbe stato diverso se non nella quantità e che per diventare un corridore forte non doveva aver paura di lavorare di più. E’ andata così?

E’ andata esattamente così. Siamo partiti in maniera tranquilla a metà novembre, poi c’è stata una progressione logica di carico. Da metà dicembre, col primo ritiro, si è iniziato a lavorare in maniera importante. Ha fatto più lavoro di accumulo, tant’è che alla Valenciana è andato forte, ma non era al suo top. Infatti aspettavo il Gran Camiño con curiosità, perché teoricamente avrebbe dovuto fare uno step in più. Ha avuto due settimane di tempo per riposare e abbassare il volume totale, quindi avrebbe potuto performare meglio. Così è andata e ne siamo contenti.

Non essendo al meglio, alla Valenciana è comunque andato bene. Vuol dire che il livello di partenza è più alto dell’anno scorso?

Assolutamente, però le performance della Valenciana non corrispondevano ai numeri che avevamo visto a gennaio. Era un po’ indietro rispetto a ciò che poteva fare, ma è accaduto perché avevamo da poco finito il ritiro nel quale, come previsto, ci eravamo allenati tanto. Non avevamo puntato alla Valenciana, arrivarci bene era un passaggio, ma sapevamo che avevamo del carico di lavoro da smaltire. Quando poi è arrivato al Gran Camiño, le prestazioni sono andate anche un filino oltre le aspettative.

La differenza alla fine la fanno le motivazioni: quanto è più convinto Piga rispetto a un anno fa?

Davide ha una testa fortissima, è estremamente determinato nella sua serenità. Molla più tardi rispetto agli altri corridori, questo l’ha sempre avuto e l’ha sempre portato dentro di sé. Non è mai andato alle corse per dire: «Sono giovane, faccio quindicesimo e va bene». No, è sempre stato estremamente ambizioso. Quello che ha fatto lo scorso anno dal Lussemburgo all’Emilia ha dato la consapevolezza di poter arrivare sul podio e questa l’ha portato qualche volta a correre in maniera diversa. Come deve fare un corridore che fa risultato e non uno che cerca di salvarsi. Quando deve prendere una salita, magari adesso non si accontenta più di prenderla in venticinquesima posizione e quindi c’è un’evoluzione anche dal punto di vista della consapevolezza.

Il nuovo manubrio integrato realizzato da Deda è la grande novità sulla bici da crono di Piganzoli
Il nuovo manubrio integrato realizzato da Deda è la grande novità sulla bici da crono di Piganzoli
Si diceva l’anno scorso che anche la crono fosse nel mirino. Avete cambiato qualcosa nella posizione durante l’inverno?

L’estate scorsa abbiamo cambiato le pedivelle. Non prima, perché eravamo già troppo vicini al Giro. La posizione è rimasta più o meno la stessa con qualche piccolo aggiustamento. Abbiamo cambiato il manubrio, adesso c’è quello integrato fatto da Deda. E’ un cambiamento non trascurabile, perché oggi qualsiasi piccola miglioria a crono porta un vantaggio. Ma sicuramente è cambiata la sua consapevolezza, il non aver paura di fare un determinato wattaggio e di conseguenza la performance continua a migliorare. La crono del Gran Camiño è un altro importante step in avanti.

Il cambio delle pedivelle, parliamone: uguali su strada e crono?

No sono diverse: 165 per la crono, 170 su strada. Potremmo accorciare anche quelle sulla bici da strada, ma il processo richiede di fare dei test, avere delle risposte e poi andare in quella direzione. Non seguiamo le mode perché lo fanno tutti, però intanto siamo già passati da 172 a 170. Cerchiamo di arrivare a fine maggio, poi magari si può affrontare il discorso, però in maniera pragmatica, non lanciandoci nel buio sperando che portino un vantaggio.

Avevi parlato di lavorare in palestra, è un proposito che avete mantenuto?

Sì certo, su quella abbiamo mantenuto più o meno lo stesso lavoro. Abbiamo fatto degli aggiustamenti, più che altro per quel che riguarda il tema posturale, per equilibrare la muscolatura dove ne aveva bisogno, ma la logica del lavoro è sempre rimasta la stessa. In palestra abbiamo anche lavorato sulla forza, più che sulla bici. Facciamo certe cose abbastanza lontano dalle competizioni.

Piganzoli è arrivato alla Valenciana leggermente imballato dai carichi di lavoro fatti in ritiro (foto Maurizio Borserini)
Piganzoli è arrivato alla Valenciana leggermente imballato dai carichi di lavoro fatti in ritiro (foto Maurizio Borserini)
In attesa di sapere se arriverà la WildCard del Giro, si può dire quali saranno gli obiettivi di Piganzoli fino a maggio?

Adesso innanzitutto c’è la Tirreno. Poi ci sarà il Tour of the Alps, comunque è chiaro che l’idea è di fare un bel mese maggio, che sia al Giro o da qualche altra parte. Alla Tirreno potrebbe essere allo stesso livello del Gran Camiño, forse superiore, perché la corsa a tappe è stata un carico di lavoro. Sta facendo una bella settimana di recupero, ma vedendo com’è stata la sua evoluzione, dopo un carico di lavoro il suo corpo ha risposto sempre portandolo un centimetro più avanti. Per cui potrebbe arrivare alla Tirreno più avanti, ma sarei contento che ripetesse le prestazioni fatte in Spagna.

La crono di partenza della Tirreno misura 9,9 chilometri ed è totalmente piatta: come potrebbe trovarsi Piganzoli?

Si difenderà molto bene, farà sicuramente un bel lavoro. Quando ha vinto il campionato italiano under 23 erano 38 chilometri piatti con uno strappo di un chilometro e mezzo. E’ chiaro che quando parliamo della Tirreno, non c’è neanche da fare paragoni, però la crono è nelle sue corde. Anche questa volta sono curioso. Andrò giù in Toscana proprio per seguirlo.

Formolo guarda oltre e fa rotta verso il 2025

03.01.2025
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Il primo anno di Davide Formolo al Team Movistar era partito con tante speranze, arrivate inizialmente con le vittorie di fine 2023 e poi rinforzate dai risultati raccolti nei primi mesi del 2024. Il corridore veneto era tornato alla vittoria, quando ancora indossava la maglia del UAE Team Emirates. Nelle uscite in maglia Movistar dello scorso febbraio, Davide sembrava voler riannodare il filo e continuare sulla falsariga dell’anno precedente. Invece, dopo aver raccolto dei buoni piazzamenti prima all’AlUla Tour e poi alla Strade Bianche, qualcosa si è inceppato.

Formolo aveva iniziato il 2024 con la solita fame agonistica
Formolo aveva iniziato il 2024 con la solita fame agonistica

Mancanza di equilibrio

Ora con alle spalle il suo secondo inverno dai sapori spagnoli è alle prese con i ritocchi della preparazione (in apertura con la nuova divisa per il 2025). Prima però c’è stato il tempo per andare a festeggiare l’inizio del nuovo anno nel suo Veneto, insieme ad amici e parenti. 

«Inizio il 2025 – racconta dalla macchina – con la voglia di fare che mi ha sempre contraddistinto, vedremo poi dove atterreremo. Il primo anno con la Movistar era partito bene, poi per diverse motivazioni non sono riuscito a recuperare nel migliore dei modi e tra la primavera e l’estate ho sofferto un po’. Nei mesi tra aprile e agosto cercavo di risollevarmi tra una gara e l’altra, invece ho scavato una fossa dalla quale sono uscito solamente a fine stagione. Mi sentivo stanco e non trovavo il modo di recuperare tra una corsa e l’altra. Al posto che migliorare e veder crescere la condizione peggioravo e basta».

Uno dei migliori risultati di stagione è arrivato alla Strade Bianche: settimo
Uno dei migliori risultati di stagione è arrivato alla Strade Bianche: settimo
Come ne sei uscito?

Al termine del Tour de France mi sono fermato un attimo e ho recuperato ben bene. Infatti poi negli ultimi mesi di gara sono tornato a sentirmi me stesso. I mesi centrali però sono stati abbastanza tosti da vivere.

Eppure eri arrivato alla Movistar dopo un ottimo finale di 2023 e anche l’inizio del 2024 faceva ben sperare. 

Anche io pensavo di poter continuare sullo stesso filone, sarebbe stato bellissimo. Anzi, per un certo senso le prime gare con la Movistar mi hanno un po’ ingannato

In che senso?

Solitamente sono uno che quando cambia squadra ci mette del tempo a ingranare. Sapevo che l’inizio dello scorso anno sarebbe potuto essere tosto, invece sono partito bene. Ogni volta che si cambia squadra comunque si va incontro a un periodo di adattamento, almeno per me è così. Vero che si va sempre in bici, ma cambiano tante cose: l’organizzazione dei viaggi, come si corre, l’approccio alle gare…

Le fatiche della primavera si sono fatte sentire e dopo il Tour de France è arrivato un periodo di riposo
Le fatiche della primavera si sono fatte sentire e dopo il Tour de France è arrivato un periodo di riposo
Che hai trovato di diverso in Movistar rispetto alla UAE Emirates?

Per certi versi sono abbastanza simili, anche se con la Movistar ho maggiore libertà. Cosa alla quale non ero totalmente abituato. Ho capito che un carattere come il mio deve essere guidato bene. In UAE nulla era lasciato al caso, mentre qui il corridore è più libero. Tante piccole cose interne al team che però vanno capite e si deve imparare a gestire. D’altronde in questo sport non si smette mai di imparare.

Cosa intendi quando dici che un carattere come il tuo deve essere guidato?

Sono una persona molto emotiva, è un lato che ho sia in bici che nella vita di tutti i giorni. Nell’attività sportiva però questa mia indole deve essere un po’ frenata, al fine di rendere meglio. Magari a livello personale soffro un pochino di più, ma la resa in corsa è maggiore. Averlo capito è un bel passo in avanti. 

Nel 2025 Formolo vuole vivere tutto con maggiore serenità, questo vuol dire anche dare il giusto spazio alla famiglia
Nel 2025 Formolo vuole vivere tutto con maggiore serenità, questo vuol dire anche dare il giusto spazio alla famiglia
Spiegaci meglio…

Quando le cose vanno male tendo a frustrami e a cercare di uscire sbattendo la testa. Invece a volte serve fermarsi e prendere fiato. Come nel periodo tra la primavera e l’estate. Alla fine lo stop a fine luglio mi è servito per riordinare le idee e trovare nuovamente un equilibrio. Avrei potuto farlo prima, ma si impara dai propri errori, a qualsiasi età. 

In vista del 2025 cambierai qualcosa?

Punterò più sulla prima parte di stagione, che culminerà con il Giro d’Italia. Dei tre Grandi Giri è quello dove mi sento sempre meglio, per un discorso di clima. Sono un corridore che soffre molto il caldo, quindi insieme al team abbiamo deciso di lavorare bene sulla primavera. In estate mi fermerò per recuperare al meglio e poi farò il finale di stagione. 

La seconda stagione in maglia Movistar, per il veneto, inizierà con le corse in Spagna (foto Instagram)
La seconda stagione in maglia Movistar, per il veneto, inizierà con le corse in Spagna (foto Instagram)
Il calendario, quindi, lo conosci già?

Partirò in Spagna con il Gran Premio Castellon e poi la Clasica de la Comunitat Valenciana. Dopo queste due gare mi sposterò a Maiorca per correre altri due giorni. Da lì Strade Bianche e Tirreno-Adriatico. Voglio arrivare in forma alle gare in Francia di febbraio. Quest’anno vorrei testarmi maggiormente sulle corse di un giorno, sono appuntamenti importanti per la squadra perché danno tanti punti. 

Insomma, l’obiettivo di questa stagione è fare i giusti passi?

Esatto. Non voglio esasperare fisico e mente. Anche dal punto di vista del peso sento di voler trovare il giusto equilibrio tra performance e ciò che serve per stare bene. 

Cavendish, un altro ritiro. Tutto bene verso il Tour?

15.03.2024
4 min
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La parola d’ordine è non dire nulla. Attorno a Cavendish non ci sono versioni ufficiali e tantomeno sirene d’allarme, al punto che il sospetto che qualcosa non vada ti viene da sé. Pur capendo le parole di Martinelli sull’importanza del britannico per l’Astana e consapevoli del fatto che Mark già in altre occasioni ha cambiato pelle in modo repentino, non è facile convincersi che le cose vadano secondo i piani.

La vittoria in Colombia è parsa davvero tempestiva, anche se l’espressione del battuto Gaviria non ha trasmesso la sensazione di uno sprint tirato alla morte. L’esclusione dalla Tirreno-Adriatico per essere arrivato fuori tempo massimo nel primo giorno di montagna potrebbe essere fisiologica, se non fosse per il fatto che Cavendish ha bisogno di correre per mettersi a posto e sperare di combinare qualcosa al Tour.

Tirreno, tappa di Giulianova. Cavendish è staccato, il giorno dopo si ritirerà
Tirreno, tappa di Giulianova. Cavendish è staccato, il giorno dopo si ritirerà

Il ritorno a casa

E’ riuscito ad allenarsi dopo il ritorno dal Tour Colombia? Chi era laggiù e lo ha incontrato nuovamente alla Tirreno ha storto il naso. E Max Sciandri, che lo conosce sin da quando era un ragazzo, al via dell’ultima tappa della Tirreno-Adriatico, ci ha detto che a suo avviso un corridore come Mark a questo punto della carriera avrebbe bisogno di correre anche il Giro d’Italia, per sperare di arrivare pronto al Tour.

Di certo sul volto del britannico non si riconoscono grandi sorrisi e anche mercoledì, al via della Milano-Torino, ha salutato restando però alla larga da taccuini e microfoni. Il ritiro ha reso il quadro ancora più nebuloso.

La vittoria di Roma, ultima tappa del Giro 2023, è stata un bel capolavoro di caparbietà
La vittoria di Roma, ultima tappa del Giro 2023, è stata un bel capolavoro di caparbietà

Fuori tempo massimo

Richiamato dall’Australia per stare vicino al suo vecchio capitano, Mark Renshaw è salito sull’ammiraglia della Astana, componendo il cerchio magico attorno a Mark, assieme a Morkov e l’allenatore Vasilis Anastopoulos. Il giorno dopo che il suo amico è finito fuori tempo massimo alla Tirreno, Renshaw ha provato in tutti i modi a spiegarne le ragioni, senza risultare tuttavia troppo convincente.

«Anche lui era stanco – ha spiegato – e forse anche per questo ha mancato di entrare nel gruppetto e si è staccato. Lui e Morkov hanno inseguito. Sono arrivati a un minuto e mezzo dal riprenderlo, ma non ci sono riusciti. E a quel punto era impossibile con due soli corridori contro tutti, in una tappa breve come quella di venerdì e con il tempo massimo al 12 per cento che ha reso tutto più difficile».

Questa la vittoria di Cavendish al Tour Colombia. Gaviria, accanto, non sembra troppo impegnato
Questa la vittoria di Cavendish al Tour Colombia. Gaviria, accanto, non sembra troppo impegnato

Nessun allarme

Se è vero che la concentrazione di un corridore la vedi anche nel modo in cui gestisce le crisi, la situazione attuale potrebbe tradire un malessere più profondo.

«Fino a un certo punto – dice Renshaw – credo che Mark fosse contento della sua prestazione. Hanno combattuto, ma ad un certo punto ha mollato la presa. Non avrebbe avuto senso andare a tutta per tutto il giorno, ma i dati di potenza dimostrano che si sono impegnati. Comunque hanno terminato la tappa ed essere finiti fuori tempo è stato deludente. Non entro nel merito della preparazione, che compete al nostro allenatore Vasilis, non voglio parlare al suo posto. Ma non credo che ci sia un campanello d’allarme. Il programma va avanti. Peccato che abbiano indurito il finale della Milano-Torino che altrimenti sarebbe stata un obiettivo. Ma Cav è un corridore che quando vede il traguardo, ci prova».

Sin dal primo ritiro di Altea, Cavendish è parso molto motivato
Sin dal primo ritiro di Altea, Cavendish è parso molto motivato

Il corridore di sempre

Peccato che Cavendish il traguardo non l’abbia riconosciuto e alla Milano-Torino si sia fermato prima del tempo. Su questo Renshaw non si esprime e allora per capire basta scrutare negli sguardi del personale.

«Dal punto di vista psicologico – spiega l’australiano – è il corridore di sempre. Mentalmente è forte e ha un’ottima squadra attorno a sé. No, non mi manca il fatto di essere con lui nel gruppo per aiutarlo (ride, ndr). L’ho fatto per qualche anno, ma ora sono piuttosto felice di essere sull’ammiraglia e mi diverto davvero. Eppure non è un ruolo facile, è come essere corridore. E io sto imparando molto da quelli che mi circondano. E intanto mi diverto».

E mentre Renshaw fa esperienza, Cavendish è al lavoro per le prossime corse: Scheldeprijs, Giro di Ungheria e Tour de France. Domani, si sa, niente Sanremo. La sensazione di un distacco crescente affiora, ma per ora preferiamo credere alla serietà del professionista e alla sua voglia di fare la storia.

Vingegaard firma una super primavera e avvisa Roglic

13.03.2024
5 min
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Vingegaard se ne è andato da San Benedetto portando con sé la settima vittoria stagionale e il tridente di Nettuno, con cui viene premiato il re dei Due Mari. Scherzando a corsa finita, l’ha definito uno dei premi più belli e singolari da aggiungere alla sua collezione, perché lo lega al precedente lavoro al banco del pesce. La prossima sfida del danese sarà il Giro dei Paesi Baschi, vinto l’anno scorso su Landa e Izagirre.

Da solo sul Petrano, spingendo quel tanto che bastava per guadagnare sugli inseguitori
Da solo sul Petrano, spingendo quel tanto che bastava per guadagnare sugli inseguitori

Prima il Tour

Nei giorni della Tirreno-Adriatico hanno provato tutti a fargli dire che verrà a correre il Giro, ma due aspetti sono stati palesi: la sua grande educazione nel rispondere sempre in modo affabile e l’intenzione di restare legato al Tour per tutto il tempo che sentirà di poterlo vincere. Nel giorno finale della Tirreno, lo stesso in cui Jorgenson vinceva la Parigi-Nizza, Vingegaard è parso allegro e più spiritoso del solito.

«E’ un giorno fantastico per la nostra squadra – ha detto – con Matteo che vince alla Parigi-Nizza e io qui. Immagino che non potrebbe andare meglio per noi. Siamo arrivati molto pronti a questi appuntamenti. Abbiamo fatto una buona base durante l’inverno e poi siamo appena scesi dal ritiro in altura, dove abbiamo fatto un sacco di duro lavoro. Ho visto quanto ha lavorato Matteo lassù, quindi ero sicuro che avesse un livello altissimo e che fosse in grado di fare qualcosa di veramente buono in Francia. Questo mi dà molta fiducia. Si è detto che senza Van Aert e Roglic al Tour potremmo essere meno forti, ma vedere i compagni vincere dà fiducia e convinzione che possiamo lottare di nuovo per la vittoria. Mi piace correre in Italia. Mi piacciono i posti, le strade, il tifo e i tifosi. Non escludo che un giorno io venga al Giro, ma finché potrò vincere il Tour, il mio obiettivo sarà quello».

Il trofeo della Tirreno-Adriatico è un singolare omaggio al campione che da ragazzo lavorò al mercato del pesce
Il trofeo della Tirreno è il singolare omaggio al campione che da ragazzo lavorò al mercato del pesce

Roglic, un rivale

La sfida del Tour sarà come al solito roboante e di altissimo livello. Non è sfuggito, anche perché lo ha fatto notare lo stesso Vingegaard, che la sua squadra si ritroverà senza Van Aert e Van Hooydonck, che lo scorso anno fecero la loro parte, e senza Roglic, che è diventato un avversario. Il primo confronto fra i due è ormai alle porte. Si sfideranno ai Paesi Baschi, che Primoz ha vinto nel 2018 e nel 2021, mentre Jonas ne è appunto il vincitore uscente.

«E’ sarà un po’ strano, credo – dice – perché ho corso nella sua stessa squadra negli ultimi cinque anni, quindi correre contro di lui sarà una sensazione davvero particolare. Però dovrò sforzarmi di considerarlo un avversario come chiunque altro. Come Remco, come Ayuso, come Pogacar. Immagino che una volta capito questo, non cambierà molto».

La Visma-Lease a Bike si è mostrata molto solida, con uomini come Attila Valter e Uijtdebroeks che non faranno il Tour
La Visma-Lease a Bike si è mostrata molto solida, con uomini come Attila Valter e Uijtdebroeks che non faranno il Tour

Colonna Jorgenson

L’arrivo di Jorgenson e la sua capacità di esprimersi a un livello così alto in qualche maniera lo solleva. Quando si arriva alla fine di un ciclo come quello di Roglic, occorre ricrearsi subito dei punti di appoggio e l’americano ha tutti i requisiti per diventarlo.

«Sono stato in stanza con lui a Tenerife per tre settimane – spiega Vingegaard – ed è un ragazzo davvero eccezionale. E’ calmo e molto professionale, non è difficile stare con lui. Penso che si adatti molto bene alla nostra squadra in ogni aspetto, per gli allenamenti e l’alimentazione. Ha fatto un grande passo quest’inverno e penso che tutti possano rendersene conto. Non che prima fosse un cattivo corridore, perché ricordo che l’anno scorso alla Parigi-Nizza, nell’ultima tappa facevo fatica a seguirlo. E quando ho saputo che lo avevano ingaggiato, ho detto subito che era un ottimo acquisto e lui lo ha già dimostrato».

Una foto su Instagram di Matteo Jorgenson: «Mostrando al grande capo il trofeo che ho vinto»
Una foto su Instagram di Matteo Jorgenson: «Mostrando al grande capo il trofeo che ho vinto»

Gestendo lo sforzo

Lo vogliamo al Giro e lo vogliamo assolutamente alle classiche. Nei giorni precedenti Vingegaard ha dovuto smarcarsi anche da domande sulla Liegi: sono corse che gli piacciono, ma si resta fedeli alle scelte fatte con i necessari elementi nelle mani.

«Stessa cosa per le Olimpiadi – dice Vingegaard – sarei anche pronto a farle. Ma quando guardo le possibilità e la quantità di corridori che possiamo portare, capisco che per me sarebbe molto difficile fare la selezione, su un percorso che mi si addice davvero poco. Penso che in Danimarca abbiamo tanti corridori di qualità che meritano più di me di andare alle Olimpiadi. Quindi si può dire che sarei felice di andare, ma dubito che lo farò. Diverso invece il discorso dei mondiali di Zurigo, che in teoria sono molto più adatti. Quella è un’opzione che dobbiamo ancora studiare, perché non abbiamo ancora deciso quale sarà il mio programma dopo il Tour. La Tirreno mi ha dato buone sensazioni, ma non posso dire di essere andato davvero a fondo nello sforzo. Monte Petrano è stato una scalata molto dura, ma non sempre è necessario andare al massimo. Adesso torno a casa con il mio trofeo e fino ai Paesi Baschi non andrò nuovamente in altura, starò al livello del mare».

Fa un sorriso per il riferimento alla Corsa dei Due Mari e poi prima di andarsene si presta a piccoli video per gli uomini di RCS Sport. Con sette vittorie collezionate in undici giorni di corsa, si capisce bene che l’umore sia lieve. E il bello è che la stagione vera non è ancora cominciata.

Sprint, classiche, crono e pista: questo Milan è tutto da scoprire

12.03.2024
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Con la vittoria di San Benedetto, che si è aggiunta a quella ben più complicata di Giulianova, il nome di Jonathan Milan è entrato fra quelli dei velocisti più forti del gruppo. Se ne era avuto un sentore al Giro del 2023, quando il friulano vinse una tappa e mise in fila una serie infinita di piazzamenti, ma avreste dovuto vedere la faccia di Jasper Philipsen sull’ultimo arrivo della Tirreno. Il belga delle sei tappe negli ultimi due Tour non riusciva a farsene una ragione.

Forte a 360 gradi

Il problema con Johnny è che non si riesce a capire in quali caselle metterlo, soprattutto conoscendone la storia prima del professionismo. Veloce lo è sempre stato. Forte a crono lo stesso, tanto da aver vinto il tricolore U23 nel 2020 ed essersi piazzato terzo a Lido di Camaiore, dietro Ayuso e Ganna. Il suo sogno è la Roubaix, ma avrebbe anche numeri da Fiandre. E in pista ha aggiunto al quartetto azzurro i cavalli per vincere l’oro di Tokyo. Per questo il dibattito in vista di Parigi, sull’opportunità che corra la strada e la pista, è quanto mai fondato, anche se la scelta cadrà giustamente e inevitabilmente sulla seconda. Per cui il… cantiere resta aperto ed è emozionante, conoscendolo da un pezzo, veder crescere e costruirsi un campione così.

«Ho avuto sempre uno spunto veloce – dice – l’anno scorso al Giro ci siamo focalizzati su questo aspetto, per cui penso che lo sprint sarà il mio terreno insieme alle classiche. Io ce la metterò tutta per migliorare, perché c’è sempre qualcosa da migliorare, però questo è il mio ambito. Ci sono tanti nomi che sono sempre stati per me un motivo di ispirazione. Boonen, Cancellara, lo stesso Sagan, ma è difficile dire come sarà il mio sviluppo. Magari tra qualche anno andrò a perdere un po’ lo sprint, chi può dirlo? Per questo mi sono imposto di vivere mese per mese e poi trarremmo le somme».

Il debutto nelle classiche è già avvenuto alla Omloop Het Nieuwsblad, ma il bello deve ancora venire
Il debutto nelle classiche è già avvenuto alla Omloop Het Nieuwsblad, ma il bello deve ancora venire

Classiche in arrivo

La prossima fermata di questo treno che va veloce è la Milano-Sanremo che sabato lo vedrà impegnato per la terza volta. Le prime due apparizioni appartengono alla prima parte della sua carriera, quella in cui non v’era certezza di potersi giocare una grande corsa in volata. Una certezza che è ancora da costruire, con la curiosità di vedere se quest’anno nelle sue gambe ci sarà la capacità di scollinare sul Poggio non troppo lontano dai primi. Dalle scelte della squadra appare evidente che Milan non sia la primissima scelta, come è logico avendo davanti compagni come Jasper Stuyven, che la Sanremo l’ha già vinta nel 2021, e Mads Pedersen, che aveva giurato di non correrla mai, poi l’ha assaggiata negli ultimi due anni e se ne è innamorato.

«Inizia il periodo delle classiche – dice Milan – in realtà in Belgio è già iniziato. La prossima è la Milano-Sanremo e avremo un team molto forte. Parliamo di Stuyven e Pedersen, ragazzi con una grandissima condizione. Cercheremo comunque di supportarli al massimo, perché possano arrivare il più avanti possibile. La Milano-Sanremo è una gara che mi piace e penso che in corse come quella arriverò davanti anche io, dandomi il tempo giusto».

La prima Sanremo di Milan, quella del 2022, partì dal Vigorelli: singolare coincidenza per un pistard come lui
La prima Sanremo di Milan, quella del 2022, partì dal Vigorelli: singolare coincidenza per un pistard come lui

Sbagliando si impara

Tre vittorie in questo inizio di stagione non sono poche, soprattutto perché le due tappe alla Tirreno sono per ora le prime e uniche vittorie italiane nel WorldTour. La partecipazione alla Corsa dei Due Mari aveva questo obiettivo, unito alla necessità di affinare i meccanismi del treno. Come ha raccontato Simone Consonni, la prima tappa (vinta da Philipsen con Milan al 9° posto) ha avuto un finale complicato. Quella sera il team si è riunito, hanno chiariti i punti giusti e sono ripartiti di slancio.

«Siamo arrivati alla Tirreno – racconta Milan – con la voglia di fare bene e portare a casa dei bei risultati. Ce l’abbiamo fatta e parlo al plurale perché sono state vittorie di squadra. Sono contento di aver vinto e magari ci saranno altri momenti dove magari vinceranno altri. Ogni gara ha la sua storia, vedremo in futuro. Fare tante volate insegna a sbagliare meno, perché ci sono sempre momenti in cui si sbaglia e dagli errori si impara e si acquisisce fiducia in se stessi e soprattutto nel team. Nella prima volata l’arrivo era un po’ nervosetto… Insomma (ride, ndr), tutti gli arrivi sono nervosi! Comunque nel giorno di Follonica siamo rimasti imbottigliati e non ci siamo tanto trovati, non ci eravamo mossi benissimo. Io poi li avevo persi e ci siamo ritrovati solo nel finale. Però abbiamo visto che negli sprint successivi abbiamo corso di squadra e siamo riusciti a fare molto bene. Quando lavoriamo così, riusciamo a concludere le corse in maniera impeccabile».

Milan ha vinto l’oro olimpico del quartetto a Tokyo nel 2021, con Lamon, Ganna e Consonni
Milan ha vinto l’oro olimpico del quartetto a Tokyo nel 2021, con Lamon, Ganna e Consonni

Da Tokyo a Parigi

La scoperta continua. La Sanremo sarà il primo assaggio, il resto del menù prevede Gand-Wevelgem, Dwars door Vlaanderen, Fiandre, Roubaix e dopo il Giro. Il secondo turno olimpico sarà poi il clou dell’estate, con il primo oro conquistato a 21 anni e il secondo in palio a 24. E se in pista il suo livello è già pazzesco, la sensazione è che su strada ci sia ancora molto da fare, migliorare e crescere. Perciò quando gli chiedi se abbia un’idea dei suoi limiti, Johnny ti guarda e se la ride.

«Non lo so ancora, a dire il vero. Come si diceva, lo scopo è sempre quello di provare a migliorarsi e dopo vedremo. Quel che posso dire è che spero di aver mostrato ancora poco su strada, perché vorrebbe dire che c’è ancora tanto da vincere».

Due bici, due giorni, due vittorie: la strategia di Vingegaard

11.03.2024
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Dopo la vittoria sul Monte Petrano, la seconda consecutiva, Vingegaard ha spiegato brevemente di aver cambiato bici, utilizzando questa volta la Cervélo R5, perché il percorso più duro richiedeva una bici da scalatori. E ha poi aggiunto che si era trattato di una scelta condivisa fra lui e la squadra.

Visto che lo scorso anno, ugualmente alla Tirreno-Adriatico, Roglic aveva seguito la stessa strategia tecnica, abbiamo intercettato Vingegaard alla firma di partenza per farci raccontare le differenze tecniche e le scelte al riguardo.

La Tirreno è la quarta gara a tappe WT vinta da Vingegaard, cui si sommano i 2 Tour
La Tirreno è la quarta gara a tappe WT vinta da Vingegaard, cui si sommano i 2 Tour

La S5 del venerdì

La S5 con cui il danese ha conquistato la tappa di Valle Castellana, attaccando a 29,5 chilometri dal traguardo sulla salita di San Giacomo, è la bici aero di Cervélo. Il telaio consente il montaggio di pneumatici fino a 34 mm, anche se la scelta di Vingegaard è caduta su pneumatici Vittoria Corsa Pro da 28. La S5 usata da Vingegaard e i suoi compagni è equipaggiata con mono corona Sram da 52 denti e pacco pignoni 10-36 dello Sram Red.

«Abbiamo deciso di usarla – spiega il danese – già prima della corsa. Facciamo un piano in anticipo, mettendo insieme le intuizioni dei tecnici e le mie sensazioni e di solito le nostre idee coincidono. La S5 è molto veloce e si guida bene, per questo l’ho scelta nel giorno di Valle Castellana, perché dopo la montagna c’era un lungo tratto nella valle. La discesa quel giorno è stata molto veloce, ma essere da solo mi ha permesso di fare traiettorie più libere per cui anche se la bici è meno pronta in certi cambi di direzione, sono andato giù benissimo. E avendo deciso di attaccare prima, mi serviva un mezzo per non perdere velocità.

«Avere la corona singola – prosegue – non mi crea difficoltà. Un po’ perché la uso anche in allenamento e poi perché davanti posso scegliere fra un 50 o il 52 (alla Tirreno ha usato il 52, ndr) mentre dietro arrivo fino al 36, quindi andare in salita non è affatto un problema. Chiaramente si usano rapporti diversi, ma ormai fra potenziometro e conta pedalate so esattamente come scegliere il rapporto migliore».

La R5 del sabato

Il giorno dopo per vincere sul Petrano, al posto della mono corona è tornata una doppia guarnitura sulla Cervélo R5, la bici da salita. Il nuovo telaio R5 è più leggero di 130 grammi rispetto al modello precedente (6,85 chili senza pedali), con la soluzione dei cavi integrati che ha ridotto la resistenza aerodinamica in una bici che non ha tra le sue finalità ultime quella di essere super aerodinamica.

«La senti diversa perché ovviamente è più leggera – dice Vingegaard – e anche al livello del movimento centrale senti che ha una super risposta ai cambi di ritmo in salita. E’ molto rigida e sai che nel cambio di ritmo ha un’arma in più».

La R5, come abbiamo scritto nel nostro test, ha la scatola centrale BBRight, con una larghezza di 73 millimetri. Con il passare degli anni Cervélo ha mantenuto questa impostazione, che appunto garantisce rigidità al cuore della bici e dà compattezza alle parti asimmetriche.

Da una all’altra

«Non ho problemi nel passare da una bici all’altra – dice Vingegaard – perché è tutto uguale tranne il telaio. La sella è la stessa, l’altezza del manubrio è la stessa, non cambia nulla e anche il ritmo di pedalata è abbastaza simile a quello che riesco ad avere con la mono corona. Siamo abbastanza abituati a questi passaggi, perché adottiamo la stessa strategia in tutte le corse a tappe».

Tra i dettagli identici fra le due bici c’è anche l’uso delle leve del cambio dello Sram: non quelle del Red bensì le più piccole del Force. Una soluzione abbastanza frequente fra gli atleti che hanno le mani piccole o che vogliano avere una presa più stretta sul manubrio.

Ayuso e Hindley litiganti per le briciole e il secondo posto

09.03.2024
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MONTE PETRANO – Quando Ayuso è andato a parlare con Hindley dopo l’arrivo, l’australiano ha fatto spallucce, infastidito per i cambi che lo spagnolo non gli ha dato nell’ultimo chilometro. Dopo la mazzata di ieri, Vingegaard li ha messi nuovamente tutti al loro posto, ma la salita è stata dura, i corridori sono arrivati tutti vicini al limite e in questi casi anche la pazienza va a farsi benedire.

Il chiarimento fra Ayuso e Hindley non porta sorrisi o pacche: Jai ha sorriso ironicamente
Il chiarimento fra Ayuso e Hindley non porta sorrisi o pacche: Jai ha sorriso ironicamente

I due litiganti

La Bora-Hansgrohe ha provato a far saltare la corsa, era giusto farlo. Prima Martinez e poi Kamna hanno iniziato il Petrano ad una bella andatura, ma contro Vingegaard c’era poco da fare. Il danese se ne è andato a 6 chilometri dall’arrivo e dietro i due rimasti si sono ritrovati a litigare per la seconda piazza, di tappa e nella generale.

«Oggi ho avuto sensazioni migliori rispetto a ieri – dice Ayuso intirizzito – ho avuto un piccolo problema meccanico in un momento veramente difficile, ma grazie alla squadra sono riuscito a rientrare. Poi avevo bisogno di riprendere fiato in fondo al gruppo ed è per questo che ho iniziato la salita in fondo. Ho superato il gruppo poco a poco ed è andata indubbiamente meglio di ieri, soprattutto perché ieri non ho mai avuto buone sensazioni. Sapevo che quando Jonas avesse attaccato, avrei dovuto resistere il più a lungo possibile. Speravo che si fermasse e che si arrivasse allo sprint, ma si è voltato e anziché sedersi ha piazzato un altro allungo e io ho dovuto mollare. Però sono contento di aver provato a correre così. Quando c’è un corridore così superiore, non c’è molto da fare se non provare e semmai scoppiare, come sono scoppiato io oggi».

Il livello di Vingegaard

Nel confronto con Hindley, Ayuso è parso più solido di ieri e sembra scusarsi sinceramente quando dice di non aver più dato cambi perché da dietro stava rientrando il compagno Del Toro. Argomento leggero, dato che il messicano era messo peggio in classifica, ma tant’è.

«A un certo punto – dice – le staffette mi hanno detto che il mio compagno veniva da dietro, per questo ho smesso di collaborare. Mi piace dare il mio contributo, ma non si può sempre farlo. Comunque, è stata una settimana eccellente e molto completa. Il primo giorno ero più felice di oggi, perché ho vinto la cronometro ed è stato speciale farlo su quel percorso così piatto. Dalla Tirreno-Adriatico mi porto via le buone sensazioni di oggi, avevo altre gambe. Non so quantificare quanto mi manchi per arrivare al livello di Vingegaard, ma oggi penso di essere stato un po’ più vicino. Almeno sono riuscito a fare lo sprint dei primi inseguitori, ieri nemmeno quello. Proverò ad avvicinarmi, un po’ per volta…».

Fortunato è stato il primo degli italiani: 12° a 1’20” dal vincitore: bilancio positivo
Fortunato è stato il primo degli italiani: 12° a 1’20” dal vincitore: bilancio positivo

Vincere il più possibile

Attorno a Hindley hanno fatto una specie di cordone, in cima a questa montagna su cui il cielo si è abbassato, scuro e freddo. L’addetto stampa con la barba ha intimato di non fare domande. Poi il vincitore del Giro 2022 si è vestito di tutto punto e ha preso la discesa verso i pullman, anche oggi alla base della salita, proprio mentre Vingegaard ci raggiungeva per raccontare la sua giornata.

«Quando c’è la possibilità – dice parlando della vittoria – allora perché non provarci? Oggi ho usato un’altra bici. Ieri aveva più senso andare con la S5, perché c’era una lunga discesa e poi un lungo tratto in pianura. E quando la velocità è così alta, è meglio andare sulla bicicletta aerodinamica. Oggi però c’era l’arrivo è in salita, allora ha più senso avere la R5, la bici da scalatore. Sono decisioni che prendiamo insieme, la squadra ed io. Anche oggi ci ho messo tutto quello che avevo. Quando è così, cerco di superare i miei limiti. Vincere a marzo fa parte del processo del Tour, ma anche del mio essere corridore. La stagione non è fatta solo del Tour de France e mi piace l’idea di provare a vincere gare, vincere il più possibile. Ho sempre molta fiducia in me stesso e credo che a luglio potrò fare bene, non importa quale sia la forma attuale».

Jonas Vingegaard, 27 anni, ha vinto gli ultimi due Tour de France. Prossima corsa il Giro dei Paesi Baschi
Jonas Vingegaard, 27 anni, ha vinto gli ultimi due Tour de France. Prossima corsa il Giro dei Paesi Baschi

L’attesa del Tour

Anche oggi ha dominato e a voler essere poco simpatici, viene da chiedergli se non pensi di aver avuto un lotto di avversari un po’ troppo morbidi, mentre i più forti sono alla Parigi-Nizza.

«In Francia – conferma – ci sono alcuni dei corridori più forti al mondo e onestamente non vedo l’ora di correre contro di loro. Remco e Roglic sono fortissimi, ma anche qui il livello è stato molto buono. Si corre e si fa riferimento ai corridori che ci sono. Si corre nel modo che più ci ispira e per me un’ispirazione è sempre stato Alberto Contador. Mi piaceva il suo modo di correre e lo stile che aveva».

Poi lo vengono a chiamare, perché è freddo e perché il trasferimento che ci aspetta è davvero lungo. Mentre i corridori se ne vanno, noi torniamo in sala stampa. C’è questo pezzo da scrivere, poi due ore di macchina verso la tappa di domani. La Tirreno volge al termine, grandi sfide si annunciano all’orizzonte.

Ayuso e Ganna, un secondo che cambia lo stato d’animo

04.03.2024
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LIDO DI CAMAIORE – Il minimo margine possibile per una vittoria che lo consacra già tra i grandi. Sarà ancora un ragazzino Juan Ayuso, ma fa davvero sul serio e una dimostrazione di forza è il successo di un solo secondo, a negare il tris consecutivo a Filippo Ganna nella cronometro inaugurale della Tirreno-Adriatico.

Voleva dare un segnale ai rivali per la classifica generale e, invece, si ritrova già in maglia azzurra dopo la performance monstre (52,554 km/h di media) sfoderata sul lungomare di Lido di Camaiore nella prima fatica della Corsa dei Due Mari. Tutti aspettavano una zampata del due volte vincitore del Tour de France Jonas Vingegaard, ma a far notizia per il danese e i suoi compagni di squadra sono stati più che altro i caschi futuristici, che ricordano quelli dei missili dello sci velocità come Simone Origone.

Per Ayuso un inizio stagione fulminante: 2 vittorie e 3 podi in 6 gare, una media davvero inusuale
Per Ayuso un inizio stagione fulminante: 2 vittorie e 3 podi in 6 gare, una media davvero inusuale

Distacchi importanti sui big

Partenza a razzo, invece, per il ventunenne spagnolo che sta crescendo all’ombra dell’asso Pogacar e che ha già fatto podio nella generale alla Vuelta nel 2022 (terzo).

«E’ fantastico, anche perché c’è stata suspence fino alla fine e tutti sapevano che Ganna era l’uomo da battere. E’ una vittoria speciale ed emozionale – ha commentato soddisfatto Ayuso, prima di raccontare le sue emozioni – che mi dà grande morale, motivazione e sicurezza. Non sapevo di poter vincere, ma ho cercato di centellinare le energie nel primo tratto (fino all’inversione a Viareggio, ndr) e poi ho cercato di mantenere per guadagnare il più possibile sui rivali per la classifica generale».

Ci è riuscito alla grande, rifilando 22” a Vingegaard, 24” a Jay Hindley, 33” a Tom Pidcock, 35” a Tao Geoghegan Hart e 1’06” all’olimpionico di Tokyo su strada Richard Carapaz.

Per Vingegaard 22″ di distacco, una prestazione (9°) inattesa considerando il dominio alla O Gran Camino
Per Vingegaard 22″ di distacco, una prestazione (9°) inattesa considerando il dominio alla O Gran Camino

Parole dolci da Matxin

Joxean Matxin che l’ha sospinto dall’ammiraglia, se lo coccola: «Siamo veramente soddisfatti per questa vittoria perché Juan è un ragazzo dal talento immenso e che lavora tanto. Ha qualità, va forte, ma ha già una personalità pazzesca. È un perfezionista e si è concentrato molto sulla posizione da tenere sulla bicicletta da cronometro ogni settimana e con il nostro responsabile della biomeccanica e dell’aerodinamica ha lavorato molto anche sulle curve».

Proprio in una di queste ha fatto la differenza per soffiare il successo al due volte campione del mondo. «Sono felicissimo, perché forse ha commesso un piccolissimo errore su una di queste, ma il 99% restante della sua cronometro è stato perfetto e solo così poteva battere uno specialista come Ganna. Adesso viviamo alla giornata, tappa dopo tappa ed è un bel test perché qui alla Tirreno i rivali sono davvero importanti».

Per Ganna sconfitta per 1″, ma buoni segnali, considerando i problemi in preparazione
Per Ganna sconfitta per 1″, ma buoni segnali, considerando i problemi in preparazione

Ganna, rulli e “musica a palla”

Soltanto una battuta veloce per Top Ganna al traguardo, prima di tornare al bus Ineos Grenadiers, dove ad attenderlo c’erano tanti ragazzini.

«Bisogna continuare a lavorare e spero di tornare a vincere. Sarà una settimana difficile, perché abbiamo visto il livello degli avversari, vediamo come andrà giorno per giorno».

Al di là del successo sfumato, l’asso azzurro è parso molto tranquillo e si è caricato con la musica a palla mentre spingeva sui rulli di tricolore vestito: ha cominciato con “Tuta Gold” di Mahmood e chiuso con “Noi No” di Marracash. A salutarlo è passato anche Chris Froome: un rapido scambio di battute e poi via verso la partenza, acclamato dai tanti appassionati arrivati ad ammirare tutti i suoi rituali e il suo bolide (oggi ha montato il 68 davanti).

Ganna pronto per andare alla partenza, dopo una seduta sui rulli con tanta musica
Ganna pronto per andare alla partenza, dopo una seduta sui rulli con tanta musica

Cioni e Villa (abbastanza) ottimisti

Il suo mentore Dario Cioni, prima del via, ci ha detto: «Ha lavorato bene nelle ultime settimane. Siamo un po’ indietro sulla tabella perché a dicembre abbiamo avuto un po’ di problemi, però è una stagione lunga con obiettivi importanti a luglio. Senza dimenticare la Milano-Sanremo, dopo l’anno scorso è diventata un obiettivo. Strade Bianche in futuro? Prima ci sono altri obiettivi».

Anche il cittì dell’Italia in pista Marco Villa è tranquillo: «Pippo l’ho visto bene la settimana scorsa in velodromo. Ha fatto quattro giorni, non è al 100 per cento perché il programma è diverso rispetto allo scorso anno, però l’ho visto uscire bene da quel periodo di allenamento. Qui sono curioso di vedere anche Jonathan Milan e Simone Consonni».

E proprio il gigante friulano ha risposto presente, con l’ottimo terzo posto odierno che fa sognare, sia su asfalto sia su pista. Questi giorni tra i due mari saranno un banco di prova importante.