Campionati europei 2025, Seixas

Magia Seixas, un bronzo che vale oro. E Hinault già incombe

06.10.2025
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E’ forse la vera notizia del Campionato Europeo di ieri: la medaglia di bronzo di Paul Seixas. Solo un anno fa, Seixas aveva lasciato il segno vincendo il titolo europeo… tra gli juniores. Capito? Juniores, non under 23. L’atleta di Lione ha compiuto 19 anni una dozzina di giorni fa.

La sua prova non è stata solo una questione di gambe, ma anche di carattere. Paul ha saputo resistere e incidere in una gara dominata dai grandi, mostrando già tratti di leadership e un temperamento da futuro protagonista, tanto da provare a rispondere all’attacco di Pogacar agli ormai famosi 75 chilometri dall’arrivo.

Paul Seixas senza paura. Ha provato a rispondere all’attacco di Pogacar ed Evenepoel
Paul Seixas senza paura. Ha provato a rispondere all’attacco di Pogacar ed Evenepoel

Seixas, entusiasmo pazzesco

«E’ stato incredibile – ha detto Seixas, letteralmente travolto dalla stampa francese – oggi ho avuto le gambe migliori della mia vita. All’inizio, quando ho provato a seguire Remco e Tadej nel loro primo attacco, mi sono detto: “Proviamoci, vediamo fin dove si arriva”». La bellezza e la sfrontatezza della gioventù, ma anche la testa di chi non si pone limiti.

«Ho dato tutto. Non potevo andarmene senza lottare fino alla fine e ce l’ho fatta. Il tifo del pubblico era pazzesco. In salita pensavo di diventare sordo per le urla. Credo che questo giorno rimarrà impresso nella mia memoria per il resto della mia vita. Stamattina non avevo nemmeno preso la borsa per il traguardo (sul podio aveva ancora gli scarpini, ndr), non avrei mai creduto di salire sul podio e mi chiedo ancora come sia possibile».

Anche Scaroni ieri ci ha detto della forza di Seixas in salita. Dei suoi scatti e di quella “botta” tremenda dopo l’ultimo strappo di Val d’Enfer. Il francesino ha messo in fila quattro scatti. Quattro forcing violenti uno dietro l’altro dopo quasi 5 ore di gara. Numeri importanti, anche pensando alla gestione che avuto delle energie e della tattica.

Tattica dei francesi che a quanto pare non era affatto questa. O almeno, non con Seixas. Sentite il cittì dei “galletti”, Thomas Voeckler: «La squadra ha funzionato benissimo: speravamo che i grandi si neutralizzassero a vicenda e che potessimo riportare in gioco Romain Grégoire. Non è stato possibile. E così da quel momento in poi, Paul ha potuto fare la sua parte per conquistare il terzo posto». Questo avvalora il sangue freddo di Seixas.

Thomas Voeckler ha espresso grandi parole nei confronti di Seixas (foto d’archivio)
Thomas Voeckler ha espresso grandi parole nei confronti di Seixas (foto d’archivio)

Parla Voeckler

Gestione, come dicevamo, che è stata sottolineata anche da Voekler. Il tecnico è stato colui che ne ha parlato più di tutti e lo ha fatto con l’occhio di chi ha anche corso.

«No – ha spiegato Voeckler – Seixas non mi sorprende, ma sono ancora stupito. Non conosciamo i suoi limiti. Lì, oltre al lato fisico, c’era il lato caratteriale che ha dimostrato. Trasporta tutti con sé, tutti i suoi compagni di squadra. Bisogna rendersi conto che Paul ha vinto la gara degli altri. C’erano Pogacar ed Evenepoel e poi tutti gli altri. La lista degli avversari era pazzesca. E’ più di un posto d’onore, è magnifico.

«Prima, i corridori avevano i loro anni migliori tra i 27 e i 32 anni. E’ stato Evenepoel a dimostrare che si può essere super forti anche a 19 anni. Noi non avevamo ancora un talento simile in Francia. Da oggi ce l’abbiamo. Paul non si è montato la testa, ma ora ci saranno delle aspettative e dovrà gestirle. Dobbiamo lasciargli vivere la sua vita. Questo suo carattere lo porterà dove deve, ma intanto deve assaporare ciò che ha fatto oggi e la felicità che ne deriva».

Attenzione a quest’ultima dichiarazione di Voeckler, ci torneremo.

Paul rilancia, Scaroni insegue. Si staccherà poco dopo (foto Instagram – Getty)
Paul rilancia, Scaroni insegue. Si staccherà poco dopo (foto Instagram – Getty)

Le qualità di Paul

L’unicità di Seixas, secondo Voeckler, sta nel suo atteggiamento rilassato, una tranquillità innata, ma dovuta anche dalla sua grande professionalità.

«La sua gentilezza e il suo carisma – ha detto Voeckler – lo rendono un vero gioiello in ascesa fulminea. Non c’è garanzia che chi oggi è in testa, con molti minuti di vantaggio, continuerà a essere così superiore, ma Seixas dimostra già di possedere qualità per lottare.

«Quando Pogacar se n’è andato e Seixas si è trovato in contropiede con Evenepoel, gli ho detto di puntare al terzo posto. Sapevamo che Pogacar non si sarebbe fatto raggiungere. La gestione tattica è stata fondamentale, ma ciò che conta è la maturità dimostrata a soli 19 anni. Forse non ci aspettavamo che fosse gia così bravo a questo livello, ma la sua testa non è cambiata dall’anno scorso a oggi. La sua evoluzione tecnica e caratteriale è sotto gli occhi di tutti».

All’arrivo il lionese era il ritratto della felicità
All’arrivo il lionese era il ritratto della felicità

Il macigno di Hinault

Una giornata super insomma per Seixas e per i francesi. Tra l’altro il corridore della Decathlon-Ag2R correva non lontano da casa e Scaroni stesso ci ha riferito di un tifo incredibile per lui.

A parte questo, dopo questo risultato pare inevitabile parlare di Seixas come dell’erede di Bernard Hinault. E’ il dazio da pagare per ogni giovane francese che dimostra qualcosa d’importante. Bardet, Pinot, Barguil, Gregoire e persino Alaphilippe dopo il Tour 2019… Tutti ci sono passati. E dopo la parte dell’eredità di Hinault si passa alla vittoria del Tour de France da parte di un francese, che manca dal 1985 e guarda caso è firmata da Hinault.

La medaglia di bronzo conquistata, al fianco di nomi come Pogacar ed Evenepoel, non è solo un trofeo: è un segnale enorme. Un segnale della nouvelle vague dei ragazzini d’oltralpe che riporterà la Francia ai vertici. Se è vero – e lo è – che Seixas non si fa scalfire dalla pressione, che la folla non lo distrae e che la sua determinazione lo rende già un punto di riferimento per la squadra e per i tifosi, ora viene il “bello” per lui.

Ora dovrà lottare più che mai con questo aspetto della fama e della pressione mediatica. Perché un conto è quella tecnica e un conto quella dei media, dei social e delle aspettative generali che vengono poste su di lui. E in tutto ciò anche la sua squadra lo dovrà aiutare.

Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe vince

La zampata di Alaphilippe è un’idea per i mondiali?

20.09.2025
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Adesso il mondiale. Il cielo ha cambiato colore ed è come se ora Julian Alaphilippe si fosse fermato sulla cima del colle con il tempo finalmente per guardarsi indietro. Il passaggio alla Tudor sembrava non aver prodotto i risultati che sperava. Il Tour era andato avanti con più bassi che alti, al punto da aver richiesto un recupero più lungo e la rinuncia a San Sebastian. La vittoria di Quebec City è stata una scarica elettrica auspicata e inattesa, probabilmente l’eccezione che finirà con il confermare la regola del ciclismo dei giovani cannibali. Solo che questa volta il ragazzo di 31 anni ha trovato il modo di far scattare la trappola ed è tornato a casa con il bottino pieno.

«Volevo davvero finire la stagione nel miglior modo possibile – ha raccontato – ho lavorato tanto per la squadra, ma come leader, era importante che riuscissi a vincere. E arrivarci in questo modo è stato ancora meglio. Abbiamo dovuto giocare d’astuzia. Mi è stato ordinato di mantenere la calma, è stato un po’ innaturale, ma fa parte del gioco saper gestire le proprie riserve di energia».

Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe in coda al gruppo di fuga
Dosare le energie: per questo a Quebec, Alaphilippe è stato spesso a ruota, ma non gli è piaciuto
Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe in coda al gruppo di fuga
Dosare le energie: per questo a Quebec, Alaphilippe è stato spesso a ruota, ma non gli è piaciuto

Prendi e porta a casa

Ha fatto il furbo, c’è forse qualcosa di male? Per una volta non è stato lui quello che ha acceso la miccia, ma ha lasciato che a sfinirsi fossero i compagni di un’avventura iniziata a 73 chilometri dall’arrivo. Come si usa adesso, come anche lui aveva mostrato di saper fare prima che l’incidente della Liegi del 2022 lo costringesse al lungo stop dal quale tutto è cambiato.

«Sono generoso nei miei sforzi – ha raccontato Alaphilippe nella conferenza stampa dopo la vittoria – ma visto il livello del gruppo attuale, se avessi collaborato fin dall’inizio, sicuramente non avrei avuto l’energia per impormi. Per anni non ho contato le mie pedalate. A volte sono stato troppo generoso e non ho ottenuto risultati. Non era previsto che fossi in testa così lontano dal traguardo, mi hanno chiesto perché non tirassi e ho dovuto rispondere che stavo eseguendo gli ordini. Non l’avevo mai fatto prima, non posso dire che mi sia piaciuto. Ma alla fine, anche i corridori che mi avevano detto qualcosa, sono venuti a congratularsi con me. Non ripeterò più una scena del genere».

LIegi-Bastogne-Liegi 2022, Alejandro Valverde, Julian Alaphilippe
Partenza della Liegi 2022, con Valverde c’è Alaphilippe campione del mondo. Di qui a poco una caduta minerà il seguito della sua carriera
LIegi-Bastogne-Liegi 2022, Alejandro Valverde, Julian Alaphilippe
Partenza della Liegi 2022, con Valverde c’è Alaphilippe campione del mondo. Di qui a poco una caduta minerà il seguito della sua carriera

Il gruppo non aspetta

Il copione è lo stesso di altri che hanno detto basta. Il livello del gruppo si è alzato così tanto che il tempo per recuperare da un brutto infortunio diventa un intervallo irrecuperabile. E quando torni, ti accorgi che tutto è cambiato, che nessuno ti aspetta. Che non hai più il passo di prima e la testa va giù. Marta Cavalli per questo ha smesso di correre, Alaphilippe lotta ancora.

«Volevo dimostrare che sono ancora qui – ha raccontato – che posso ancora vincere una delle corse più dure. Ho visto la gioia dei miei compagni di squadra e del mio staff. E’ per questo che continuo ad andare in bici. Se avessi pensato di essere finito, avrei smesso e non avrei firmato per una nuova squadra. Sentivo di avere ancora qualcosa da dare e ora voglio concludere la stagione alla grande. I miei due mondiali non sono così lontani, ma sembrano di un’altra epoca. Sono uno degli ultimi corridori ad aver vissuto il ciclismo pre Covid. I giovani corridori sono robotizzati in termini di allenamento, alimentazione, sonno e allenamento in quota. Tutto è più preciso e calcolato. E per loro è normale. Anche se sono molto professionale, non aspiro a questo. In squadra, con Matteo Trentin, siamo gli ultimi due rappresentanti di questa generazione».

Trentin e Alaphilippe, i due corridori più esperti della Tudor in un ciclismo di ragazzini terribili
Tour de France 2025, Parigi, Campi Elisi, Matteo Trentin abbraccia Julian Alaphilippe
Trentin e Alaphilippe, i due corridori più esperti della Tudor in un ciclismo di ragazzini terribili

Lo spirito francese

Adesso il mondiale, con la suggestione di un viaggio esotico per sfidare quel tiranno spietato e simpatico di nome Pogacar, che da cinque anni monopolizza le cose del ciclismo.

«Dobbiamo tenere conto della sua superiorità – ha spiegato il tecnico francese Thomas Voeckler – ma lo spirito della nostra squadra non è per questo diminuito. Ho formato il gruppo con corridori che sanno capire l’orgoglio di essere francesi. Non posso fare a meno di dire che punteremo alla vittoria, che correremo per diventare campioni del mondo. Potreste pensare che io non sia lucido, eppure lo dico con la massima umiltà. Sono convinto che ci sia una finestra di tempo molto limitata che possiamo sfruttare. Non siamo nel 2020 o nel 2021, dove avevamo il miglior attaccante del mondo su percorsi per attaccanti. Eppure preferisco provare a fare qualcosa rischiando anche di finire al 45° posto, piuttosto che aspettare di entrare nella top 10, cercando di sopravvivere».

Alaphilippe, qui con il ct Voeckler, era arrivato ai mondiali di Zurigo 2024 forte del terzo posto a Montreal dietro Pogacar
Alaphilippe, qui con il ct Voeckler, era arrivato ai mondiali di Zurigo 2024 forte del terzo posto a Montreal dietro Pogacar

L’orgoglio del campione

Battuti da uno che è più vicino alla fine che all’inizio. Chissà se la battuta nella conferenza stampa lo ha fatto davvero sorridere. Ma certo l’ultima riflessione di Julian Alaphilippe, che due giorni dopo si è fermato nella gara di Montreal, è quasi l’invito (purtroppo vano) lanciato ai più giovani perché si fermino finché sono in tempo.

«Il ciclismo di vecchia scuola – ha detto – non è finito. Sono ancora in grado di vincere senza seguire un piano preciso. Mi alleno duramente, ma non potrei condurre la vita di questi ragazzi. Ho bisogno della libertà e della gioia di vivere, che per me è una delle forze trainanti. Sono papà da quattro anni e questo mi ha cambiato la vita. Voglio mantenere questo lato semplice, pur continuando a essere un corridore. Devi vivere, non dimenticare mai che stai solo andando in bicicletta e che c’è una vita anche fuori di qui».

Voeckler (come Bennati) conta i nomi per Parigi

30.04.2024
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Mancano poche ore al Giro, ma in questa primavera che annuncia l’estate e ne porta il calore, occorre tenere lo sguardo anche sullo scenario olimpico. Nei giorni scorsi abbiamo lasciato intravedere quel che potrebbe accadere nella squadra italiana a Parigi, con Viviani iscritto come stradista per consegnare un uomo in più a Villa. In questo modo Bennati, che ha da scegliere appena tre uomini, dovrà ridurre la selezione a due nomi. La causa olimpica viene prima, ma per l’Italia e la sua storia tutto ciò suona alquanto insolito.

Lenny Martinez è stato finora uno dei francesi più vittoriosi (4 successi), ma a Parigi non ci sarà
Lenny Martinez è stato finora uno dei francesi più vittoriosi (4 successi), ma a Parigi non ci sarà

Quattro nomi di Francia

In Francia le cose vanno diversamente, con i transalpini che hanno vissuto la stagione delle stranezze nel 2021 a Tokyo. Tre anni fa, Alaphilippe si rifiutò di andare alle Olimpiadi per l’imminente nascita di suo figlio Nino. Mentre Cavagna, convocato principalmente per la crono, neppure finse di essere interessato alla strada e si ritirò dopo appena pochi chilometri. Insomma, Thomas Voeckler dovrebbe essere tranquillo, invece fa fatica a individuare i quattro nomi (uno più di noi) con cui i francesi correranno a Parigi.

«La primavera – spiega il cittì transalpino (in apertura foto Instagram con Sagan) – non mi ha rassicurato. Abbiamo fatto delle ottime prestazioni, ma vista l’altimetria della corsa olimpica, non basteranno per vincere una medaglia. Lenny Martinez, che ha vinto tanto e bene, non ci sarà perché il percorso non è fatto per le sue qualità. Non saremo i migliori in partenza, perché per tutti i più grandi del gruppo i Giochi sono diventati una priorità. Van Aert era pronto a rinunciare al Tour per vincere l’oro: una cosa impossibile due o tre Olimpiadi fa. Correremo in quattro, ma non saremo nella lista dei favoriti».

Laporte è campione europeo in carica, ma finora non è parso in grande spolvero
Laporte è campione europeo in carica, ma finora non è parso in grande spolvero

Corridori spenti

Non sono poi molti i nomi dei grandi corridori francesi, quantomeno quelli in grado di giocarsi una corsa come quella olimpica. E le due carte migliori – Laporte e Valentin Madouas ai Giochi – escono da un periodo non proprio fortunato.

«Dobbiamo capire che questa corsa olimpica – ha aggiunto Voeckler a L’Equipe – sarà unica. Non sarà una classica, una tappa del Tour, un sesto Monumento o un’altra Coppa del mondo. Sarà speciale. Avremo quattro corridori in un gruppo di 90 per oltre 270 chilometri. Nulla sarà impossibile, ma è scontato che non vincerà uno scalatore. Sento molte critiche sulle dimensioni ridotte del gruppo, ma la cosa mi diverte. Questi sono i Giochi, non vuole essere una gara normale. Ho la mia idea di come affronteremo questa gara olimpica. Montmartre sarà un divertimento, ma arriverà dopo oltre 200 chilometri di corsa, come il Poggio alla Milano-San Remo, ma senza una squadra a proteggerti. Sono già stato a vedere il circuito diverse volte e lo farò ancora, perché è difficilissimo capire la difficoltà di questo circuito finale».

Madouas è stato terzo al Fiandre del 2022: se in forma può essere una carta importante per Voeckler
Madouas è stato terzo al Fiandre del 2022: se in forma può essere una carta importante per Voeckler

Corsa imprevedibile

L’ultima medaglia olimpica italiana su strada resta quella di Bettini ad Atene 2004. Paolo vinse dodici anni dopo Fabio Casartelli a Barcellona, quando curiosamente si corse ugualmente in tre. L’ultima volta che la Francia conquistò medaglie, furono quella d’oro a squadre e quella d’argento di Geyre, a Melbourne 1956 quando l’oro in linea andò a Baldini.

Parigi con il nuovo volto imposto dal CIO al ciclismo sarà una parentesi anomala nello scenario internazionale. Questo farà sì che la corsa possa risolversi al primo attacco deciso o aspettare l’ingresso nel circuito di Montmartre. Nessuno potrà controllarla, per questo i tecnici si prenderanno tutto il tempo possibile. Si tratterà di pescare i più vincenti, metterli insieme e sperare che si riconoscano l’uno con l’altro.

Voeckler tecnico? La stessa fame di quando correva

04.10.2023
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Alzi la mano chi avrebbe mai immaginato che il Voeckler casinista e sempre in fuga sarebbe diventato un giorno uno dei tecnici più vincenti del mondo. I suoi scatti. Le smorfie quasi fastidiose. Le polemiche. Oggi il tecnico dei francesi che ha da poco vinto a Drenthe il campionato europeo con Laporte e con la staffetta mista, sfoggia un aplomb quasi britannico. Viene meno solo nei momenti ad alta intensità e quando commenta le corse dalla moto della televisione. In quel caso però non viene mai presentato come commissario tecnico, ma come ex atleta e opinionista.

«Mi sarebbe piaciuto – ammette Voeckler, 44 anni, professionista dal 2001 al 2017 – essere forte come i ragazzi di oggi. Il livello dei francesi non è lo stesso dei miei tempi. Adesso vanno in corsa atleti ai massimi livelli mondiali, quindi per me è meno complicato immaginare delle strategie. Invece quando andavo ai mondiali da corridore, l’unico modo perché potessero vederci era andare in fuga. Non eravamo alla stessa altezza, non so dire il perché. So che quando ho accettato di fare il tecnico della Federazione francese di ciclismo, mi sono messo in testa di dimostrare che non siamo secondi a nessuno».

Alaphippe, uno-due

La storia inizia nel 2020, proprio agli europei. La corsa va a Nizzolo, fresco campione italiano, ma alle sue spalle si piazza Picard, a sua volta campione di Francia. A Imola, poche settimane dopo, Alaphilippe vince il mondiale. A volte si tende ad attribuire tutto il merito al campione, ma la Francia spaccata degli anni precedenti di colpo sembra una corazzata.

L’anno dopo l’europeo si corre a Trento, con Colbrelli che resiste a Evenepoel in salita e poi lo batte in volata. Terzo arriva un francese, Benoit Cosnefroy. Poche settimane dopo, ai mondiali di Leuven, fa festa ancora Alaphilippe.

«Francamente Julian non aveva bisogno di me – sorride – innanzitutto perché non ero io a pedalare. Il mio ruolo è stato quello di formare un gruppo unito attorno a lui, come pure per Cosnefroy agli europei di Trento, quando tutta la squadra ha lavorato per lui senza fare domande. Certo avere un rapporto di fiducia con il leader mi ha facilitato. E’ successo a volte che Julian non capisse una mia scelta, ma io sono rimasto fermo e me ne sono preso la responsabilità. A parte questo, Julian non è mai esigente, a volte la sua mitezza è quasi imbarazzante visto il suo status di campione».

Alaphilippe Imola 2020
L’attacco decisivo di Julian Alaphilippe a Imola 2020: primo mondiale francese dal 1997
Alaphilippe Imola 2020
L’attacco decisivo di Julian Alaphilippe a Imola 2020: primo mondiale francese dal 1997

Due argenti che bruciano

Si prosegue a Monaco 2022, con un europeo piatto per velocisti. Sembra disegnato per Fabio Jakobsen, che infatti vince. Tuttavia alle sue spalle si piazza Arnaud Demare, che coglie l’argento. Quando a settembre si vola in Australia, il piano di Voeckler sarebbe anche garibaldino, ma l’attacco di Evenepoel fa saltare ogni punto di riferimento. Per fortuna del cittì, ci pensa Laporte che coglie il secondo posto.

«Quel giorno Evenepoel era ingiocabile – ricorda con una metafora tennistica – e io ci ho messo un po’ a capire che non sono io a pedalare. Non riesco a scaricare lo stress, per questo il mattino prima del mondiale andai a correre per 8 chilometri, perché ero sveglio molto presto. I ragazzi sono con me, si fidano. Sicuramente mi vedono ancora come un corridore e il fatto di essere presente a molte gare anche per la televisione aiuta nelle relazioni. Sono giovane per essere pensionato, parliamo come fra corridori, tutti insieme nella stanza. Anche se ci sono momenti solenni, non sono al di sopra di loro e loro ovviamente lo sentono».

Il guizzo di Laporte

A Glasgow non è andata un granché, eppure Voeckler è tornato a casa con l’argento del Mixed Team Relay alle spalle della Svizzera e l’ha trasformato in oro agli europei di Drenthe. In più nella sfida olandese è arrivato l’oro inaspettato nella prova su strada, grazie a Laporte che non si è piegato alla rimonta di Van Aert.

«Costruire la squadra giusta – spiega Voeckler – è come un puzzle, un processo lungo. Più si avvicina la data, più cerco di convincermi che la prima idea sia quella giusta. Non bisogna cedere alla tentazione di cambiare tutto all’ultimo momento, meglio pensarci prima, in base al percorso e ai programmi dei corridori. Alcuni sanno da tempo che conterò su di loro, altri invece vengono informati molto più avanti, in modo che si avvicinino serenamente. Ho la stessa malizia di quando correvo, tentare di essere più furbi dei rivali fa parte del gioco. E poi, tirate le somme, si studia la tattica. Non chiederò ai miei corridori di correre allo stesso modo se Van Aert e Pogacar ci sono oppure no. Il percorso è una cosa, lo scenario di gara è un’altra…».

Cosnefroy, la vittoria in Canada e la rinuncia all’Australia

16.09.2022
4 min
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Se Atene piange, Sparta non ride, dicevano gli antichi. In Italia la partenza imminente della nazionale di Bennati è circondata dallo scetticismo legato a una stagione obiettivamente difficile, ma al di là di superpotenze come il Belgio, non tutti possono prendere l’aereo per l’Australia in tranquillità. Non lo farà la Francia, non lo farà Thomas Voeckler, che pure ha ritrovato in extremis il suo pupillo Alaphilippe alla ricerca di un tris consecutivo difficile soprattutto per le conseguenze della caduta alla Vuelta. Ma il suo malumore è legato ad altro, al gran rifiuto di Cosnefroy.

Tutto è nato immediatamente dopo la vittoria di quest’ultimo al GP de Quebec, la prima delle due classiche canadesi inserite nel WorldTour. Il 26enne francese aveva fatto saltare i piani dei favoriti anticipando la volata del gruppo ai -2 chilometri dal traguardo, vincendo con 4” sull’ex trionfatore in terra canadese Matthews, Girmay e Van Aert (guarda caso tre dei favoriti per Wollongong). Una grande dimostrazione di forma non solo fisica ma anche mentale, attuando un piano perfetto.

Il podio del GP de Quebec con Matthews (1° nel 2018 e 2019) e Girmay
Il podio del GP de Quebec con Matthews (1° nel 2018 e 2019) e Girmay

Una vittoria che cambia tutto

«Era premeditato – raccontava al traguardo il 26enne di Cherbourg en Cotentin – Io dovevo e volevo attaccare mentre Van Avermaet poteva giocare di rimessa. Per me questa vittoria rappresenta tanto, se prima era stata una stagione che mi aveva relativamente soddisfatto, ora è eccezionale».

Una stagione, quella di Cosnefroy, con 7 podi, con la doppia piazza d’onore dell’Amstel Gold Race e della Freccia del Brabante («ma su quella in Olanda ci ho rimuginato tanto, sono andato davvero vicino alla vittoria e avrebbe cambiato tutto»), ma anche un Tour de France da assoluto comprimario. Dopo, Cosnefroy aveva già dimostrato di essere in crescita e quello in Canada era uno squillo che non poteva passare inosservato.

L’amarissimo finale dell’Amstel con Kwiatkowski che beffa il francese di un niente
L’amarissimo finale dell’Amstel con il francese che si arrende a Kwiatkowski

Il pressing del cittì

Nel viaggio di tre ore in bis da Quebec City a Montreal, Benoit ha trascorso tutto il tempo a guardare il suo smartphone, a leggere la pioggia di messaggi arrivati. «E neanche li ho letti tutti…». Tra questi c’era anche quello di Voeckler, che si complimentava ricordando la sua vittoria nel 2010, l’unica di un francese su quelle strade ugualmente francofone. Con il cittì, Cosnefroy aveva già parlato prima di partire per oltreAtlantico, esprimendo le sue perplessità circa la sua presenza, ma da allora molto era cambiato.

Intanto prima Cosnefroy era un piazzato, ora un vincente al cospetto degli stessi eventuali rivali di Wollongong. Inoltre l’assetto della Francia rischiava di cambiare: senza Alaphilippe o con l’iridato a mezzo servizio, serviva una punta di ruolo in grado di finalizzare il lavoro. E il corridore dell’AG2R Citroen poteva esserlo.

Cosnefroy con Van Avermaet. I due hanno lavorato in piena sinergia in Canada
Cosnefroy con Van Avermaet. I due hanno lavorato in piena sinergia in Canada

Una decisione difficile

Voeckler è tornato alla carica, ha provato a convincerlo, a ripetergli questi concetti, ma Cosnefroy non ne ha voluto sapere. Anzi, riparlando dell’argomento con i giornalisti il transalpino è parso un po’ stizzito: «Non ho più cose da dire rispetto a prima. E’ stata una mia scelta quella di non partecipare e avevo le mie ragioni. Nello sport di alto livello bisogna prendere delle decisioni difficili: questa lo è stata». E chiuso l’argomento…

La scelta di Benoit ha una spiegazione molto semplice: il francese ritiene troppo impegnativa la trasferta in Australia, soprattutto per i problemi legati al jet-lag. Difficile recuperare in tempo per la gara, ancora di più dopo, quando comunque ci saranno da onorare tanti appuntamenti per il suo team, l’AG2R che con la sua vittoria ha contribuito a “far respirare” nel ranking Uci portandolo al 13° posto, ma ancora non in salvo per evitare una dolorosissima retrocessione dal WorldTour.

Il transalpino ai mondiali di Leuven 2021: 19° posto finale, correndo in supporto di Alaphilippe iridato
Il transalpino ai mondiali di Leuven 2021: 19° posto finale, correndo in supporto di Alaphilippe iridato

«Un esempio per gli altri…»

Ci saranno state pressioni da parte del team? Difficile dirlo, è pur vero però che Cosnefroy è legato a doppio filo con la squadra e soprattutto con la società. Lì è nato, lì ha seguito tutta la trafila e lo stesso Vincent Lavenu, fondatore del team lo ritiene un esempio come altri big come Bardet o Latour.

«Cosnefroy è l’esempio del concept del centro di formazione – raccontava il dirigente francese a velo-club.net – che viaggia su due binari: studi e ciclismo. Ora ci sono altri giovani talenti, ma tanti ragazzi sono attratti, quasi accecati dal contratto immediato, da parte di chi cerca il novello Evenepoel. Noi andiamo avanti per la nostra strada, come facciamo da trent’anni passati attraverso 500 vittorie».

Se a Cosnefroy, con già in tasca il contratto per il 2023, chiedevano un sacrificio poteva mai dire di no?

Thomas Voeckler, l’uomo e il tecnico con la testa già al mondiale

01.04.2022
5 min
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Abbiamo intervistato uno dei corridori francesi più amati del ciclismo moderno e attuale tecnico della selezione transalpina. Thomas Voeckler, apprezzato per la sua tenacia, grinta e schiettezza, ma anche per quella visione completa della corsa, che ha sapientemente riportato in qualità di selezionatore di una delle squadre nazionali più forti. Nella sua carriera ha fatto collimare le sue caratteristiche di attaccante a quelle di capitano/direttore in corsa. Lo abbiamo incontrato a Montelimar, in occasione della Granfondo Corima Drome Provençale e abbiamo pedalato con lui, che ci ha anche regalato un aneddoto.

«Sono in qualche modo legato all’Italia – ha raccontato – e ad uno dei passaggi che hanno fatto la storia del ciclismo, la strada che scollina alla Madonna del Ghisallo. Al Giro di Lombardia del 2013 sono passato per primo. Ricordo con grande piacere i campanacci, il frastuono e il grande tifo, l’incitamento che mi ha dato una carica enorme. E’ stata una delle quelle emozioni che porterò con me per sempre».

Pedalando accanto a lui, abbiamo scoperto che Voeckler è grande appassionato di bici (@Benjamin Becker)
Pedalando accanto a lui, abbiamo scoperto che Voeckler è grande appassionato di bici (@Benjamin Becker)
Hai mantenuto un filo diretto con il ciclismo di altissimo livello, ma cosa c’è dopo la vita da corridore?

Quando si termina la carriera da atleta, cambia tutto. La vita normale è molto differente e quando finisci di fare il corridore non è facile. Io sono rimasto per 4 mesi con le mani in mano, a domandarmi ogni mattina cosa avrei fatto. Ti devi reinventare. Per tanti anni l’obiettivo di ogni giorno è stato salire in bici e allenarsi, era quello il lavoro. Quando non pedalavo era perché dovevo riposarmi e comunque era una situazione funzionale alla vita del corridore professionista.

Cosa ti manca della tua carriera da atleta?

Mi manca il vivere la bicicletta come un obiettivo, la passione e il gioco del bambino che diventa un motivo di vita e fa parte della quotidianità. Ora la bicicletta la vedo e la vivo come un piacere e pedalare non è finalizzato alla ricerca della prestazione, del miglioramento e dei risultati. Mi è sempre piaciuto fare il corridore professionista.

Voeckler è stato pro’ dal 2001 al 2017, per sei anni ha vestito la maglia della Bouygues
Voeckler è stato pro’ dal 2001 al 2017, per sei anni ha vestito la maglia della Bouygues
Non ti pesava stare tanti giorni fuori casa?

No, perché amavo quella vita e anche i sacrifici che comportava. Mi dava tanta motivazione. Diciamo che inizia a cambiare quando hai la famiglia e i figli, ma fino a quel momento nulla è un peso. Ribadisco il fatto che unire la passione e il gioco del bambino, ovvero andare in bicicletta e far diventare la bici un lavoro, per me è stata una soddisfazione difficile da descrivere. E’ una considerazione che faccio spesso anche con i corridori più giovani, cercando di trasmettere passione e la fortuna che significa fare l’atleta, il corridore e il professionista.

Cosa fa il commissario della nazionale francese quando il mondiale è ancora lontano?

E’ un lavoro impegnativo e capisco che non sia facile da capire. Il tecnico della nazionale non lavora solo il giorno del mondiale e la settimana precedente. Ci sono tante cose da mettere insieme e con tutta probabilità, proprio il dietro le quinte è la parte che mi piace di più. Bisogna continuare a parlare con i corridori e con loro fare i programmi per gli appuntamenti importanti. Bisogna motivarli e al tempo stesso non distaccarli in modo eccessivo dai loro club di appartenenza. Bisogna coinvolgere i team manager delle squadre, perché il supporto alla nazionale arriva anche da loro. E’ un lavoro costante e qualche volta non ti fa dormire la notte, ma le soddisfazioni sono al pari di vivere una vita da corridore, a tratti è anche meglio.

Voeckler è stato una delle attrazioni della Granfondo Corima Drome Provençale (@Benjamin Becker)
Voeckler è stato una delle attrazioni della Granfondo Corima Drome Provençale (@Benjamin Becker)
Quali sono i fattori principali per avere successo nella gestione di un gruppo?

La complicità e il rapporto che instaura con i corridori, ma anche quel pensiero che vorrei tradurre con un tutti hanno bisogno di tutti. Il commissario tecnico pensa ad una cosa, una strategia e una soluzione, una tattica. Il risultato migliore è quando i corridori hanno avuto la stessa idea. Basta una sguardo. Diventa tutto più semplice e anche grazie a questa connessione si ottengono le vittorie.

I favoriti per il prossimo mondiale australiano di Wollongong?

E’ troppo presto per parlare dei favoriti, la stagione è appena iniziata e tutte le carte non sono ancora scoperte. Di sicuro ci sarà da stare attenti a Matthews e Caleb Ewan, non solo perché giocano in casa, ma perché il tracciato si addice alle loro caratteristiche. Non a caso e proprio in questo inizio anno ritroviamo un Matthews motivato e particolarmente competitivo.

Voeckler alla premiazione dopo la Granfondo Corima Drome Provençale (@Benjamin Becker)
Voeckler alla premiazione dopo la Granfondo Corima Drome Provençale (@Benjamin Becker)
Quale potrebbe essere la gestione vincente in quell’occasione?

Il percorso è duro, con la salita principale che risulterà impegnativa. Personalmente ho ben chiara la strategia di gara e di sicuro non voglio rivelarla. So cosa dirò ai miei corridori e cosa faranno, ovviamente non so come finirà, ma ho già tutto chiaro e limpido nella mia testa.

Voeckler, la tattica folle era ben ponderata. E tutti ci sono cascati

28.09.2021
3 min
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Thomas Voeckler... ha pianto, ha gioito e soprattutto ci ha creduto… alla vittoria. E’ vero, il numero è tutto di Julian Alaphilippe, ma una bella fetta del suo successo e dell’aver demolito gli avversari chilometro dopo chilometro è del tecnico francese.

T-Blanc lo ricordiamo per le sue fughe, spesso folli e per le sue smorfie. Ma il suo modo di essere attaccante dentro lo sta riportando, con intelligenza, anche da commissario. 

Thomas Voeckler è tecnico dei galletti da due anni e ha vinto due mondiali (foto Twitter)
Thomas Voeckler è tecnico dei galletti da due anni e ha vinto due mondiali (foto Twitter)

Contro l’Italia…

La tattica della sua Francia, Voekler ce l’aveva ben in mente prima del via. Dopo il Tour de Bretagne si è ritrovato un Alaphilippe che probabilmente non si aspettava neanche lui e da quel momento la sua testa ha iniziato a mulinare la “tattica pazza”, come è stata definita, ma azzeccata. Da lì ha deciso di attaccare a 180 chilometri dall’arrivo.

«Avevo nove corridori che hanno seguito le istruzioni alla lettera. Hanno avuto fiducia nelle mie scelte tattiche fatte già tre giorni prima. Erano tutti d’accordo (persino Demare si è messo a disposizione, ndr). Ho detto ai ragazzi di non correre contro il Belgio, ma soprattutto contro l’Italia e le altre nazioni come Inghilterra e Olanda. E l’ordine d’arrivo lo dimostra».

Nella testa di Voeckler c’era l’idea di chiamare l’Italia e l’Olanda al lavoro. Non solo il Belgio…
Nella testa di Voeckler c’era l’idea di chiamare l’Italia e l’Olanda al lavoro. Non solo il Belgio…

La tattica folle

«Hanno detto che la mia azione era idiota? Bene – continua Voeckler – ma scattando così da lontano abbiamo rotto i loro piani e gli abbiamo fatto perdere uomini preziosi». E lo dimostrano sia il super lavoro a cui è stato poi chiamato Evenepoel, gli azzurri che si sono persi e al fatto che Van Aert stesso abbia ammesso che è rimasto sorpreso dall’affondo nel primo giro grande.

Ed è stato un affondo vero e improvviso. Dando un’occhiata ai dati e ai tempi di percorrenza, si nota come la prima metà del primo giro grande sia stata la più veloce. E lì sono stati i vari Cosnefroy (nella foto di apertura, ndr) e Madouas a creare scompiglio. Per trovare gli stessi valori bisogna attendere la seconda metà dello stesso circuito, ma nella tornata successiva 120 chilometri dopo. Cioè al primo attacco di Alaphilippe.

Francia sul podio prima del via. Si corre per Alaphilippe (o Senechal in caso di arrivo in volata)

Un finale diverso…

«In realtà Alaphilippe non avrebbe dovuto fare tutti quegli scatti nel finale – ammette il cittì a Cyclisme Actu – Ne avrebbe dovuti fare di più Valentin Madouas, mentre Florian Sénéchal doveva attendere lo sprint. Invece Julian mi ha fatto prendere un bello spavento! Sono molto contento per lui e per tutta la squadra. È un ottimo corridore e una persona incredibile. Attaccare Van Aert e gli altri a 15 e passa chilometri dall’arrivo è il ciclismo che amo». 

E poi ha concluso con le sue solite uscite a tinte forti. «Ho 42 anni e vorrei vivere ancora un po’! Per questo, scherzando, ho detto al presidente della federazione francese che avrei lasciato. Questi ragazzi mi faranno morire prima o poi!» ha detto a France Tv.

Voeckler Tokyo 2021

Non c’è Alaphilippe? La Francia non si arrende

21.07.2021
4 min
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Tutto è cambiato in un giorno. Il giorno nel quale Julian Alaphilippe ha annunciato che avrebbe rinunciato alle Olimpiadi di Tokyo. Per stare vicino alla famiglia la scusa ufficiale, ma tanto altro c’era dietro: concentrazione sul Tour, la nascita del primogenito vissuta con trepidazione dopo le traversie famigliari degli ultimi anni, il Covid e chi più ne ha più ne metta. Fatto sta che la Francia, che aveva in casa il favorito numero 1, si è ritrovata nuda di fronte alla prospettiva olimpica.

Da anni si diceva che quel percorso sembrava disegnato su misura per Alaphilippe, ben prima della conquista del titolo mondiale a Imola 2020. L’anno in più di attesa poteva addirittura favorirlo, a dispetto di una concorrenza formidabile, invece Julian ha detto di no, senza appelli, aggiungendosi alla lunga lista omnisportiva di campioni che, per una ragione o per l’altra, ha rinunciato alla trasferta per l’obiettivo quadriennale.

Francia Tokyo 2021
Prima uscita del team francese sul percorso di Tokyo: sorrisi a dispetto del jet lag (foto @tomsisbos)
Francia Tokyo 2021
Prima uscita del team francese sul percorso di Tokyo: sorrisi a dispetto del jet lag (foto @tomsisbos)

La Francia riparte da zero

Thomas Voeckler, per anni il campione di casa più seguito ed acclamato al Tour ed ora selezionatore tecnico della nazionale di Francia, si è ritrovato a dover ricostruire la selezione da zero, non solo e non tanto nei nomi, quanto nelle prospettive, nelle motivazioni, negli obiettivi.

«Dopo la rinuncia di Julian – ha affermato al suo arrivo a Tokyo – il nostro motto è stato “adattarsi”. Ho lavorato nel corso di tutta la stagione con corridori e preparatori con un’idea in testa, ma all’improvviso ho dovuto ripensare al progetto dalle fondamenta. Chiaro che con lui in squadra avremmo sviluppato una specifica strategia, gli altri sarebbero stati al suo servizio, ora invece quella che sarà al via sabato sarà una nazionale diversa».

Gaudu Tour 2021
Gaudu ha chiuso il Tour all’11° posto, andando più volte in fuga. Le aspettative erano ben altre…
Gaudu Tour 2021
Gaudu ha chiuso il Tour all’11° posto, andando più volte in fuga. Le aspettative erano ben altre…

Due principi: umiltà e ambizione

Voeckler sta lavorando non solo tecnicamente, ma anche dal punto di vista psicologico. Sa che ha a disposizione una squadra che deve assorbire le fatiche del Giro di Francia (il solo Remì Cavagna ha saltato la Grande Boucle), le conseguenze psicologiche di una corsa che non è andata come i suoi ragazzi speravano, inculcare una nuova idea di corsa: «Dobbiamo affrontare la gara con umiltà ma anche con ambizione – sono le sue parole – tutti saranno chiamati a intervenire in prima persona, soprattutto Gaudu e Martin».

David Gaudu ha chiuso il Tour all’11° posto, alternando cose buone ad altre meno, finendo lontano dalle posizioni alle quali aspirava e mancando anche quel successo di tappa che era diventato il suo obiettivo dopo le difficoltà sulle Alpi: «Credo di essere all’85% della condizione – aveva affermato nel weekend scorso – conto di trovare quel che manca a Tokyo. Il gruppo è coeso e il percorso si adatta alle nostre caratteristiche, io sono ottimista».

Martin Tour 2021
L’ultimo Tour ha visto Guillaume Martin andare spesso in fuga: farà lo stesso sul Monte Fuji?
Martin Tour 2021
L’ultimo Tour ha visto Guillaume Martin andare spesso in fuga: farà lo stesso sul Monte Fuji?

Voeckler prepara la tattica giusta

Da parte sua Guillaume Martin, che con un po’ di tira e molla ha comunque centrato la Top 10, è entusiasta all’idea di essere a Tokyo, nel più puro spirito olimpico: «I Giochi sono come il Santo Graal per uno sportivo, io sono nato guardando le imprese sportive ai Giochi, mi hanno fatto amare lo sport nel suo insieme. E’ vero, non siamo favoriti, ma in una gara secca non sai mai quel che può succedere. Sarà una corsa molto tattica, nella quale non potrai distrarti mai perché l’esito è tutt’altro che scontato».

Con i tre già citati vestiranno la maglia della Francia anche Kenny Elissonde, che al Tour è stato spesso protagonista in fuga per i suoi compagni di squadra e Benoit Cosnefroy, corridore da seguire con attenzione perché potrebbe anche trovare la fuga giusta essendo pur sempre un ex campione del mondo Under 23. Voeckler vola basso, ma sulla base dell’esperienza maturata nella sua carriera da pro, è pronto a tirar fuori il coniglio dal cilindro, meglio non sottovalutarlo.

Francia senza capitani, cosa si inventa Voeckler?

08.06.2021
4 min
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Mentre da noi con il fresco contributo di Bugno si accende il dibattito sulla presenza di Nibali alle Olimpiadi, in Francia la situazione si fa spinosa e poco coerente con il rinomato attaccamento alla bandiera. L’armata transalpina, che sulla carta sarebbe stata la formazione da battere, ha perso il suo potenziale. E per il cittì Voeckler il quadro è tutt’altro che rassicurante.

Alaphilippe dice no

La prima spallata è venuta a metà maggio da Julian Alaphilippe. «D’accordo con il selezionatore della squadra francese e la Deceuninck-Quick Step – ha detto – rinuncio al mio posto di candidato alla selezione per le prossime Olimpiadi di Tokyo. E’ una decisione personale, attentamente ponderata. Sono stati definiti gli obiettivi di fine stagione e in questo senso vanno fatte delle scelte. Sarei molto orgoglioso di indossare la maglia della squadra francese per i prossimi campionati del mondo. Ovviamente auguro il meglio alla nazionale che sarà schierata in questa occasione».

Il cittì Voeckler alle prese con una selezione complicata
Il cittì Voeckler alle prese con una selezione complicata

Team e famiglia

Julian sta correndo per la prima volta il Giro di Svizzera (foto di apertura): un approccio al Tour completamente nuovo, che tiene conto anche dell’imminente nascita del suo primo figlio.

«La nascita del bambino – ha ripetuto più volte – è la cosa più importante per me». Il Tour in maglia iridata è un’occasione d’oro per tutti, la trasferta olimpica è meno allettante.

«Voglio dare tutto al Tour con la maglia di campione del mondo – sottolinea – senza sapere come lo finirò. E di conseguenza senza sapere se potrò fare bene a Tokyo sei giorni dopo Parigi. Anche la situazione sanitaria ha avuto un ruolo nella mia decisione. Non potevo permettermi di scommettere tutto sui Giochi, sacrificando ciò che è essenziale per me, senza essere sicuro che si svolgeranno».

Voeckler amaro

E Voeckler cosa dice? Capisce, si adegua, non fa salti di gioia e guarda ai mondiali. Il presidente federale francese ha scelto di non imporsi.

«Fa parte della vita di un atleta di alto livello fare delle scelte – dice il selezionatore francese – e di un tecnico adattarsi. Senza offendere gli altri corridori, su quel tipo di circuito, Julian sarebbe stato la nostra carta migliore. Perdiamo una grande occasione. Senza di lui, non sarà la stessa squadra. Sono convinto che la squadra francese farà la sua parte, ma non posso dire che abbiamo il corridore per vincere e che gli altri quattro correranno per lui».

Bardet è uscito bene dal Giro, ma si è chiamato fuori dalle Olimpiadi
Bardet è uscito bene dal Giro, ma si è chiamato fuori dalle Olimpiadi

Il rifiuto di Bardet

A questo punto, ci si sarebbe aspettati però che Voeckler convocasse gli stati generali, magari valorizzando il Giro in crescendo di Bardet. Invece no.

«Dopo una discussione a tre con lui e la squadra – ha detto il francese del Team Dsm – abbiamo deciso che non parteciperò ai Giochi Olimpici quest’anno. Con il team abbiamo grandi obiettivi che ci aspettano a fine stagione e con questo programma non sarebbe possibile raggiungere il massimo della forma a Tokyo».

Guillaume Martin (Cofidis) si candida per fare il leader della Francia a Tokyo
Guillaume Martin (Cofidis) si candida per fare il leader della Francia a Tokyo

Martin alza la mano

Il rifiuto è venuto da corridori inseriti in formazioni non francesi: non può essere un caso. E così basta guardare Oltralpe per rendersi conto che qualcuno che smania per andare c’è.

«Sono ancora un candidato per i Giochi – fa sapere Guillaume Martin della Cofidis – anche se sto aspettando di sapere quali sono i piani di Voeckler. Sono pronto ad assumere il ruolo di leader o co-leader. Ce l’ho già nel team Cofidis e non ho paura di affrontarlo a Tokyo. Se quest’estate vado al Tour in modo più rilassato rispetto agli ultimi anni, è anche per arrivare con un po’ più di freschezza alla corsa olimpica».

Gaudu sta recuperando da una caduta alle Canarie, farà Tour e Olimpiadi
Gaudu sta recuperando da una caduta alle Canarie, farà Tour e Olimpiadi

Ripresa Gaudu

I nomi a disposizione non sono poi molti e passano per quello di Barguil, Gallopin, Cavagna e soprattutto di Gaudu, al punto che all’interno della Groupama-Fdj si comincia a pensare che la brutta caduta delle Canarie durante l’ultimo training camp, che non ha avuto gravi conseguenze fisiche, potrebbe avere un ritorno positivo. A detta del suo allenatore infatti, essere arrivati al Delfinato in ritardo di condizione, potrebbe permettere al giovane francese di vivere un Tour in crescendo e arrivare al top proprio in Giappone.

Difficile capire se le illustri defezioni siano casuali e se gli atleti le abbiano accettate di buon grado. Probabilmente all’uscita degli anni del Covid, gli sponsor sono stati meno propensi a rinunciare ai campioni più pagati nel nome dell’ideale di Patria. Per il fascino delle Olimpiadi, purtroppo, un passo indietro di cui prendere atto.