Villella al punto di svolta: stavolta serve il coltello tra i denti

10.11.2021
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Si può dire abbastanza serenamente che per Davide Villella la prossima stagione con la Cofidis sarà un punto di svolta. Magari presto per parlare di ultima spiaggia, ma in qualche modo questo dovrà essere il suo spirito. Il bergamasco lo sa. E al netto di anni lasciati passare e di qualche tifoso che sui social lo copre di insulti per il semplice gusto di ferire, sembra mentalizzato per raccogliere la sfida e l’occasione. Il finale con la Movistar è stato un mix fra occasioni quasi concretizzate e gran lavoro di squadra, che magari passa inosservato ma rientra fra i compiti di chi il ciclismo l’ha scelto per lavoro.

«Nell’ultima tappa del Giro di Sicilia – dice – è venuto Rojas a dirmi che Valverde aveva i crampi e quindi avrebbero corso tutti per me. Sul momento mi è preso un colpo, però ho pensato che fosse una bella occasione. Invece al traguardo volante con gli abbuoni Alejandro era bello pimpante e quando siamo arrivati all’attacco dell’ultima salita, era due posizioni dietro di me e mi sono rimesso a lavorare per lui. Nibali è arrivato da solo, noi tutti nel gruppo alle sue spalle».

Dopo il 2021 a sprazzi (qui in fuga al Romandia), Villella si è accasato alla Cofidis
Dopo il 2021 a sprazzi (qui in fuga al Romandia), Villella si è accasato alla Cofidis

Da lui ci si aspettava il grosso risultato. Bella carriera fra gli U23, il terzo posto al Giro dell’Emilia ancora da stagista nel 2013 e il quinto al Lombardia del 2016 lasciavano sperare che, fatta la convergenza fra preparazione e motivazioni, il risultato non sarebbe tardato ad arrivare.

Invece?

Invece un po’ la sfortuna, un po’ ci ho messo sicuramente del mio e le cose sono andate così. Però sono sempre qua, correrò ancora in una WorldTour e avrò i miei spazi. So che è un’occasione importante e anche, come dice Damiani, che vincere è difficile, ma è difficile anche arrivare secondi. Quello che chiederò sarà solo di correre con continuità.

Alla Movistar non era così?

Non proprio. Vorrei continuità di condizione e gare. C’è chi sta bene a fare una corsa al mese, io ho bisogno di correre. Poi è chiaro che non posso fare i conti con le attese della gente, ma è certo che ho sempre fatto il corridore al 100 per cento. Quando feci quinto al Lombardia e poi vinsi la Japan Cup sembrava che tutto avesse preso la direzione giusta. Invece all’inizio dell’anno dopo mi ritrovai a tirare ancora.

Quest’anno qualche lampo a fine stagione si è visto…

Dopo il Giro, soprattutto nelle corse in cui c’era Sciandri in ammiraglia, a me e Cataldo è stato lasciato un po’ di spazio. Si sapeva che non ci avrebbero tenuto ed è servito per farsi vedere un po’.

Difficile che funzioni, se per anni non ci hai mai provato…

A furia di aiutare gli altri, parti per le corse con un’altra mentalità. Sai di dover tenere duro fino a un certo punto e poi basta. Ho perso lo smalto, ma credo che si possa ritrovare. Alla fine, la grinta c’è. Quando non avrò più voglia di fare fatica sulla bici, per come mi conosco e come mi conoscete, la metterò via di corsa.

Rossella Di Leo, che ti ha cresciuto alla Colpack, dice che se avessi la grinta di Masnada, saresti molto più forte di lui…

Me lo dice ogni volta che ci troviamo, so cosa dice. Intanto diciamo che vedere Fausto che va forte mi rende felice, pensando che neanche volevano farlo passare. Forse in quello che dice c’è del vero, anche se secondo lei non mi impegno abbastanza e io su questo non sono d’accordo.

Se non è l’impegno, è il carattere…

Può darsi anche che mi serva qualcuno che mi prenda… a calci. Domani incontrerò per la prima volta Damiani, mi dicono che lui sia uno tosto che ti fa correre per vincere. Vediamo, magari ho bisogno proprio di questo.

La prossima sarà una stagione speciale, farai anche un inverno diverso per essere pronto?

Credo che l’inverno sarà sempre lo stesso. Sono stato per un mese senza bici e fra poco si ricomincia. La mia preparazione la segue Leonardo Piepoli, comincerò con la palestra, le camminate in montagna e la bici. Non avevo mai fatto uno stacco così grande, mi serviva per resettare e ricominciare col passo giusto.

Si diceva che d’inverno tendessi a prendere peso, troppo peso…

Sono fasi superate. Ho sempre pensato che quando si stacca, si stacca davvero. Finché parliamo di 4-5 chili, credo che vada anche bene, perché basta rimettersi a pedalare e a fare la vita e li butti giù. Da qualche parte dobbiamo recuperare…

Chiederai di fare un programma in particolare?

Mi piacerebbe provarmi di più nelle corse di un giorno. E poi di fare Giro e Vuelta come si faceva in Cannondale, ma sono aperto a tutto quello che mi proporranno. L’anno prossimo saranno 31, so che quest’occasione me la voglio giocare bene.

Baroncini da Ursus per celebrare un’annata straordinaria

04.11.2021
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E’ stata una giornata da ricordare quella recentemente vissuta dal campione del mondo under 23 Filippo Baroncini e da tutto lo staff di Ursus. L’azienda di Rosà ha infatti fornito all’iridato del Team Colpack-Ballan le ruote montate sulle Cinelli del team, per cui il romagnolo ha mantenuto una promessa e ha fatto visita agli stabilimenti che sorgono nella provincia di Vicenza.

La Cinelli Pressure di Baroncini al mondiale di Leuven montata con le ruote Ursus
La Cinelli Pressure di Baroncini al mondiale di Leuven montata con le ruote Ursus

Tech & produzione made in Italy

Ad accogliere Baroncini ha pensato direttamente il CEO dell’azienda Mirko Ferronato. A lui il campione di Leuven, accompagnato dal team manager Antonio Bevilacqua, ha consegnato una maglia iridata con dedica e autografo in segno di gratitudine. Un omaggio importante, a testimonianza dell’impegno congiunto del team e dell’azienda nel fornire agli atleti materiali di prim’ordine. Guidati sempre da un unico e chiaro obiettivo: ottenere il massimo in termini di prestazioni in occasione delle competizioni affrontate durante la stagione agonistica.

Nel corso della visita in Ursus, il campione del mondo under 23 è stato accompagnato fra i reparti produttivi dell’azienda. Ferronato e i suoi collaboratori hanno così avuto modo di illustrare le tipologie di materiali, le tecnologie e il processo produttivo delle ruote con le quali il giovanissimo atleta di Massa Lombarda è arrivato a vestire la maglia più ambita! Oltre al mondiale, nel 2021 Baroncini ha conquistato il campionato italiano a cronometro, una tappa all’Etoile d’Or e una al Giro d’Italia Under 23. Corsa vinta dal compagno di squadra Ayuso. E’ inoltre vice campione europeo ed italiano in linea e dalla prossima stagione passerà professionista con il team WorldTour Trek-Segafredo.

Soddisfazione del cliente

«Siamo estremamente orgogliosi – ha dichiarato Mirko Ferronato – di aver contributo ai quaranta successi del Team Colpack-Ballan e in particolare a quelli di Baroncini. Filippo è un ragazzo dalle grandissime doti, al quale auguro di proseguire di slancio verso una luminosa carriera nel professionismo».

Ursus è una azienda italiana specializzata da oltre cinquant’anni in lavorazioni meccaniche di precisione. La sua filosofia è caratterizzata dall’apertura all’innovazione e dalla costante ricerca dell’eccellenza. Dal 1967 si pone come obiettivo primario la soddisfazione totale del cliente (la “customer satisfaction” è davvero un elemento imprescindibile dell’attività Ursus…).

Alle porte del 2000 il business dell’azienda si è esteso al mondo delle biciclette, sia corsa che Mtb, grazie alla produzione di componenti di altissima gamma. Una scelta efficace che nell’ultimo decennio ha permesso ad Ursus di addentrarsi nel mondo del professionismo, facendo leva su un prodotto in continua evoluzione e ad una qualità sempre impeccabile.

Ursus

EDITORIALE / Hanno provato a mangiarsi la Colpack

02.11.2021
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Italia, terra di conquista. Il titolo vuole essere ovviamente una provocazione in questo senso, ma è un fatto che dopo i nostri corridori, ora agli squadroni stranieri fanno gola le nostre continental. C’è il WorldTour che comanda e poi ci sono le piccole che non sanno cosa fare. Soprattutto le continental, la Colpack in questo caso.

Si è spinto perché nascessero, ma il calendario è scarso e gli squadroni spesso le aggirano. Così le squadre nate per sviluppare i talenti e lanciarli nel professionismo si ritrovano a volte svuotate di un ruolo effettivo. Se va bene, diventano parcheggio a ore per corridori già promessi (vedi i casi di Tiberi, Piccolo, Ayuso). Altrimenti lavorano sperando di trovarne altri pure buoni e di valorizzarli nel tempo a disposizione. Se però arriva la Bardiani, che apre la sezione under 23 e fa incetta di juniores, la situazione si complica. Se foste il presidente di squadra continental, per quale motivo dovreste continuare a spendere soldi?

Ipotesi Astana-Colpack

Italia terra di conquista. La Alè-BTC-Ljubljana delle donne se la sono comprata gli arabi del UAE Team Emirates. Possono farlo, lo hanno fatto. Anche se il loro contributo allo sviluppo del ciclismo viene meno nel momento in cui, invece di costruire qualcosa di nuovo, hanno preferito preferito comprare quel che già c’era. Sulla stessa strada potrebbe essere la Valcar-Travel&Services, se il presidente Villa troverà un team cui votarsi.

Fra gli uomini, invece, è appena successo che l’Astana si è resa conto di dover rifondare la sua continental, il development team, in cui dall’Olanda arriverà Garofoli. Ci hanno pensato e si sono rivolti alla Colpack-Ballan. D’altra parte Maurizio Mazzoleni è il preparatore di entrambe e c’è un bel filo diretto nel passaggio di corridori. Ma si può fare? Certo, smontando tutto si può…

Ecco gli articoli del regolamento Uci che normano la nascita dei “devo team”
Ecco gli articoli del regolamento Uci che normano la nascita dei “devo team”

Lo stesso pagatore

«The paying agent of a UCI WorldTeam – recita l’articolo 2.16.055 del regolamento Uci – may also manage and be responsible for a UCI continental team as development team. In this case, both teams shall have the same paying agent and share a common identity (at least part of the name and design of the jersey)».

Le due squadre, insomma, la WorldTour e la continental, devono avere lo stesso finanziatore, per come viene definito e descritto dall’Uci. E devono poi condividere la loro identità: almeno una parte del nome e il disegno della maglia.

Si sarebbe trattato di fondere le due squadre, formando la Astana-Colpack. Si sarebbe passato il personale italiano alle dipendenze della società kazaka e si sarebbero fusi i due organici, arrivando a quasi 27 atleti. Il poco tempo a disposizione e qualche perplessità hanno fermato l’operazione.

Patron Colleoni, fidandosi di Bevilacqua (tecnico della Colpack-Ballan) aveva dato il via libera. Ma quando gli è stato comunicato che l’accordo era saltato, avrebbe detto al suo direttore: «Mi hai fatto il più bel regalo di Natale!».

Se il Team Colpack-Ballan fosse stato “devo team” della Astana, oltre a Gazzoli, anche Baroncini sarebbe rimasto nel team kazako?
Se il Team Colpack-Ballan fosse stato “devo team” Astana, oltre a Gazzoli, anche Baroncini sarebbe andato nel team kazako?

L’esempio Lampre

Certo sarebbe bello. La continental li allena, li tempra e poi di tanto in tanto ne manda alcuni a farsi le ossa tra i professionisti. Senza aspettare lo stage, semplicemente perché è la stessa squadra.

Nel 2016 fra la Lampre-Merida e la stessa Colpack fu siglato un accordo di collaborazione tecnica, per cui la squadra WorldTour passava agli under 23 le sue bici Merida e in cambio aveva un’opzione sui suoi atleti. La squadra bergamasca non era un “devo team”, perché non aveva alle spalle lo stesso finanziatore. Eppure in nome di quell’accordo, alla fine dell’anno Ganna, Ravasi, Consonni e Troia passarono nella squadra, che nel frattempo si era trasformata in Uae Team Emirates.

Forse per il cambio di gestione, forse perché le prime stagioni dello squadrone furono piuttosto problematici, soltanto Troia ebbe modo di rimanere, mentre dopo tre anni gli altri passarono altrove.

Nel 2017 Sivakov correva con la Development Team Bmc, ma non passò con loro. Arrivò Sky e se lo portò via (foto Scanferla)
Nel 2017 Sivakov correva con la Development Team Bmc, ma non passò con loro. Sky se lo portò via (foto Scanferla)

Il caso Sivakov

Da qui le domande. Correre nella “devo team” di una WorldTour impegna la squadra madre a far passare i corridori che ha cresciuto oppure no? Se Colpack fosse stata “devo team” di Astana nel 2021, Baroncini sarebbe stato obbligato da un contratto a passare nel team di Martinelli? In che modo la stessa WorldTour viene garantita sulla permanenza dei migliori nelle sue file?

Viene in mente la Bmc Development, gioiellino di organizzazione, agganciata al team di Andy Rihs e Jim Ochowitz. Nel 2017 vinsero alla grande il Giro d’Italia U23 con Pavel Sivakov, per cui era logico aspettarsi che il russo passasse nel team guidato da Valerio Piva e Fabio Baldato. Invece arrivò il Team Sky con i suoi soldi e se lo portò via.

Facile così, forse per questo lo squadrone di Brailsford nemmeno ci prova a crearsi un team satellite: il guaio per loro è che nel frattempo sulla scena sono arrivati attori con più soldi da spendere. Perché il mercato è il mercato, ma se alla fine nemmeno ci si prova a far funzionare il meccanismo per come è stato pensato, allora dove sta il senso di tanto scrivere regolamenti?

Gazzoli azzera tutto, va in vacanza e si prepara per l’Astana

28.10.2021
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Spesso scorrendo indietro nell’archivio di Bettini, si ripescano spicchi di memoria che per un motivo o per l’altro erano finiti nell’ombra. Così navigando nelle pagine di Michele Gazzoli, è capitato di soffermarsi a guardare le immagini di quando era junior e nel 2017 trasformava in oro tutto ciò che toccava. L’europeo su strada a Herning. L’europeo in pista ad Anadia. E poi il bronzo ai mondiali strada di Bergen, con una clavicola rotta. Così oggi che il ragazzo bresciano si affaccia nel WorldTour e a Montecatini ha già preso contatto con i nuovi compagni dell’Astana, andare a scoprire cosa sia rimasto di quella magia è venuto quasi spontaneo. A capo di una stagione iniziata tardi, che poteva rivelarsi un buco nell’acqua e invece lo ha portato nella dimensione che tutti sognano e solo pochi raggiungono.

Ventidue anni, le statistiche parlano di un metro e 80 per 76 chili. I capelli sempre da marine, come quando lo vedemmo la prima volta. Passista veloce, che un tempo si pensò fosse addirittura un velocista, nel tempo si è portato a casa anche vittorie pesanti. Come il Del Rosso e Ponsacco nel 2020. Il Liberazione che ha dato la svolta e il Città di Empoli nel 2021, impreziosito con il quarto posto ai mondiali di Leuven, vinti dall’amico (e compagno in Colpack-Ballan) Filippo Baroncini.

A Leuven con Baroncini, a capo di una stagione fenomenale tra gli under 23
A Leuven con Baroncini, a capo di una stagione fenomenale tra gli under 23
Cosa c’è ancora di quel Gazzoli che quattro anni fa trasformava in oro quasi tutto ciò che toccava?

Sono simile, migliorato in alcuni aspetti. Sapevo anche allora che non c’è niente di facile, perché nella vita è così. Non mi sono perso d’animo neppure quest’anno, quando ho vissuto un inverno veramente duro e mi sono reso conto che sarebbe stata una stagione difficile. Ho cominciato ad allenarmi con continuità a marzo, con 12 giorni di preparazione per la prima corsa. Quando non hai la base, trovi una condizione che regge al massimo per due settimane e poi devi ricominciare. Nonostante questo, mi sono tolto le mie belle soddisfazioni.

L’accordo con Astana è saltato fuori alla fine o viene da prima?

Abbiamo preso gli accordi a giugno, direttamente con Vinokourov. Questo mi ha permesso di correre tutto l’anno tranquillo e mi dà la garanzia che continuerò a lavorare con Maurizio Mazzoleni, con cui ho un ottimo rapporto. Essendo l’uomo del no-stress, parleremo di programmi per l’inverno a novembre dopo le ferie. Parto domenica per le Canarie con il mio amico Matteo Furlan, che quest’anno ha corso con la Iseo-Rime.

Hai fatto due anni nella Kometa di Basso e ora due in Colpack, pensi che ti servirà un adattamento più breve rispetto ad altri?

Non mi sento avanti in nulla. L’unica cosa che posso dire è che in questo ultimo anno alla Colpack ho fatto tanta esperienza correndo tanto e bene. L’obiettivo di arrivare nel WorldTour credo sia il sogno di tutti, ma per arrivare al grande ciclismo dei meritartelo. E’ un mondo in cui vige la meritocrazia. Era il mio sogno anche nel 2017, ma io sono uno che vive giorno per giorno. Anzi, mezza giornata per mezza giornata. Sono sempre con i piedi per terra, non ero nessuno ieri, non sono nessuno oggi.

Fino a giugno hai corso con Ayuso, poi lui è passato diretto nel WorldTour. Cosa ne pensi?

Ognuno fa le sue scelte, io per conto mio posso dire che mi sono divertito tanto e sono contento del percorso che ho scelto. Sono contento di aver trovato Baroncini, con cui si è creato un ottimo rapporto che proseguirà anche ora che saremo rivali. Magari penso che se fossi stato junior oggi con i miei risultati di allora, mi avrebbero proposto di passare direttamente, ma io credo che tre anni da under 23 vadano comunque fatti. Di quei primi anni con Basso, mi tengo stretto il rapporto con Ivan che è un mio amico e il bel legame che si era stabilito con i compagni.

Come è stato il primo assaggio di Astana a Montecatini?

Non mi aspettavo un ambiente così bello e così affiatato. Il fatto che si parli italiano mi piace molto, così come l’attenzione per i dettagli. E’ proprio un bel salto ed è giusto così.

Che cosa vuoi dire?

Che è normale e ci sta che al passaggio da una continental alla WorldTour si percepisca una differenza di dimensione, sarebbe grave se così non fosse. La Colpack-Ballan è una super continental, che forse dà anche più di quel che serve, ma è giusto che si rimanga a bocca aperta salendo al massimo livello.

Il Gran Premio della Liberazione del 25 aprile ha segnato la svolta dopo l’inizio di stagione frenato dal Covid
Il Gran Premio della Liberazione del 25 aprile ha segnato la svolta dopo l’inizio di stagione frenato dal Covid
In squadra è tornato un signore che in carriera, oltre a tutto il resto, ha vinto due Giri e un Tour…

Io Nibali lo guardavo in televisione e adesso me lo trovavo accanto a tavola oppure a parlare del più e del meno prendendo il caffè. E’ davvero una persona a modo, sono molto contento che ci sia, penso sia un privilegio correre con lui.

Siete anche usciti in bici?

No, niente bici. Abbiamo giusto valutato del nuovo materiale, fatto il bike fitting per le misure dei telai e preso quelle del vestiario. Poi abbiamo fatto le riunioni con i direttori sportivi, corridore per corridore. E poi ho conosciuto anche la nutrizionista. All’alimentazione ci sto attento, ma quando tornerò dalle vacanze andrò a parlarle. Questo viaggio è il regalo che mi faccio per il 2021. Poi sarà tempo di ricominciare.

Casa Colpack, arriva Baroncini. Colleoni racconta…

10.10.2021
7 min
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«Mio padre era contadino. E quando correva Gimondi – raconta Colleoni – lasciava le vacche a urlare e ancora da mungere nella stalla per andare a sentire la radio. Il ciclismo è lo sport più bello, più controllato e meno pagato. La maglia iridata di Baroncini è l’ultima ciliegina, cos’altro posso chiedere? Finora avevamo quella di Ganna nell’inseguimento. Quando in Belgio, Baroncini ha attaccato ero a casa mia con la pelle d’oca. Uscivo in giardino per la tensione e urlavo. La gente avrà pensato che fossi diventato matto…».

La sede Colpack si trova a Mornico al Serio, nell’ufficio in fondo al corridoio Beppe Colleoni racconta il ciclismo della sua squadra e dei suoi ragazzi. Dalle foto e dai quadri alle pareti, si capisce che il Team Colpack-Ballan sia più di un semplice passatempo. Antonio Bevilacqua, seduto accanto funge da memoria storica. Il presidente è in gran forma, la sensazione è che parlare di ciclismo per qualche minuto lo distragga dalle incombenze di lavoro. Il dannato Covid è ancora in giro, se non altro per le sue conseguenze. Un fornitore di materia prima non consegna come dovrebbe e questo per la produzione è un bel problema. Baroncini seduto davanti, annuisce e sorride, mentre firma cartoline con la sua foto da iridato.

Sabato il team, tirato da Baroncini, ha vinto il tricolore cronosquadre (foto sito Colpack-Ballan)
Sabato il team, tirto da Baroncini, ha vinto il tricolore cronosquadre (foto sito Colpack-Ballan)
Presidente, ormai avete alle spalle una storia lunghissima…

Ricordo quando mio figlio Michele si mise in bici a 6 anni, poi venne la volta di Cristiano. Sono stati entrambi professionisti e Michele continua a fare avanti e indietro dal lavoro con la sua nuova fuoriserie. Gliel’ha regalata sua moglie, ci ha speso 12 mila euro. Come squadra abbiamo cominciato nel 1994 con gli juniores. Poi arrivò Bevilacqua, che voleva coinvolgermi con la Bergamasca. Ma io gli dissi: «O si fa una squadra nostra, oppure niente». Poi c’è stata la parentesi fra i professionisti, ma dal 2011 siano tornati il Team Colpack.

Ogni anno con lo stesso gusto di fare le cose?

Se posso dirlo, le cose sono cambiate, non c’è più il clima di prima. Con i ragazzi non riesco a comunicare come una volta. Un po’ per colpa della pandemia e un po’ per altri motivi. Con Villella ci sentivamo di continuo, Baroncini quasi non lo conosco. Ormai te li lasciano così poco, che non fai in tempo a conoscerli.

Si divertiva di più qualche anno fa, insomma?

Nel 2016 eravamo a San Vendemiano con Consonni e Ganna. Dissi loro che avevo il portafogli pieno e che un premio in caso di vittoria ci sarebbe stato bene. Ganna si voltò verso Consonni. Rimasero a parlare qualche minuto nel camper. Scesero. Corsero. E fecero primo e secondo. Loro sono stati gli ultimi con cui si è creato un bel rapporto, perché sono rimasti il tempo giusto.

Baroncini firma le cartoline con la sua foto in maglia iridata
Baroncini firma le cartoline con la sua foto in maglia iridata
Quant’è il tempo giusto?

Mi basterebbe farli firmare per due anni. Una maglia iridata come la sua (dice guardando Baroncini, ndr) dovresti poterla onorare. Mi verrebbe quasi da dire ai procuratori di venire loro a farsi la squadra. I ragazzi non si fermano neanche per un anno. Se adesso Baroncini potesse fare sei mesi ancora da under 23 con la maglia, sarebbe per noi il modo di venire ripagati dell’investimento su di lui. D’accordo che certi patti si fanno prima, come per Tiberi, Piccolo e Ayuso. Ma volete dirmi che hanno avuto questi grandi vantaggi ad andare di là così giovani?

Che effetto fa però vederli andar forte da professionisti?

Rinforza la nostra immagine. Masnada ha fatto con noi due anni da junior, quattro da U23 e uno da elite. Sette anni. Lo chiamavo “cavallo pazzo” perché aveva da dire con tutti. Ma non è sempre scontato che si vinca. Mi ricordo una Parma-La Spezia. Partimmo con 13 corridori e nemmeno uno nei primi all’arrivo. Ero nero (si mette a ridere, ndr). Gli dissi di lasciare borse e tute, che li avrei mandati a casa in mutande. In certi momenti però abbiamo avuto corridori che potevano fare e disfare a loro piacimento. Avrei potuto guidarli anche io dall’ammiraglia…

Perché ha impiegato così tanto per fare la continental?

Non mi interessava, non potevamo fare le corse regionali. Avevamo solo under 23 e tanti di primo anno, le corse più piccole erano e sono una necessità. Certo, la continental è bella per l’esperienza di correre fra i pro’.

Esiste un ritorno quantificabile per il vostro investimento?

Zero, niente di niente. Qualche cliente segue il ciclismo e il giorno dopo commentiamo semmai la vittoria, ma nulla di più. Coinvolgo i miei partner, le altre aziende. Gli chiedo di usare parte del budget per aiutarci con la squadra. Ma io per primo lo faccio per la passione.

Invece cosa ricorda degli anni nel professionismo?

Non grandi cose, a dire il vero. Mi ricordo che ero a Sanremo il giorno del blitz (i Carabinieri del Nas fecero al Giro del 2001 un blitz antidoping spettacolare, ma senza grossi riscontri, ndr) con gente che si calava dalle finestre e quell’episodio un po’ mi ha fermato. Non era il mio ambiente. Ma bene i controlli. Quest’anno ad Ayuso ne hanno fatto un quantitativo esagerato, ma almeno ora è tutto credibile.

Resta in contatto con i suoi ex atleti?

Sempre, quando si può. Orrico si ferma spesso a salutare, lo stesso Masnada. Quando gli ho chiesto come si trovi alla Deceuninck-Quick Step ha detto che sta come alla Colpack. Anche Ganna passa a salutare qualche volta.

E di Bevilacqua cosa dice?

E’ la mia spesa più grande (ride forte, ndr), è l’aspirapolvere del mio portafogli, ma andiamo d’accordo. Spendiamo parecchio, ma è tutto sotto controllo. Passione sì, ma con i piedi per terra.

Quest’anno la Colpack, che produce sacchetti per la raccolta differenziata che vende quasi esclusivamente all’estero, celebra i 30 anni di attività. La festa, che avrebbe dovuto farsi a gennaio ed è stata rinviata causa Covid, si svolgerà ai primi di dicembre. Colleoni partì nel 1991 con un socio, tre linee e quattro operai. Oggi ha 180 dipendenti nella sede bergamasca e altri 40 in quella di Cremona, diretta da suo figlio Cristiano. Eppure nonostante numeri così importanti, nelle stanze e nei corridori del grande capannone si vedono solo foto di ciclismo. E il passaggio di Baroncini, annunciata a gran voce nei lunghi corridori dallo stesso vulcanico Colleoni, ha la stessa enfasi della visita di un Capo di Stato. Se questa non è passione…

Gazzoli: a Leuven per riscattare un anno complicato

28.09.2021
4 min
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Michele Gazzoli lo abbiamo visto festeggiare con le braccia alzate sul traguardo di Leuven (foto di apertura) la conquista della maglia iridata di Filippo Baroncini. Un successo di squadra, coronato anche dalla vittoria della Coppa delle nazioni da parte degli azzurri. In questi anni ha corso sulle strade di tutta Europa con la maglia del Team Colpack Ballan. Con la squadra bergamasca ha conquistato anche il prestigiosissimo Gran Premio Liberazione, il 25 aprile a Roma.

Una stagione di alti e bassi ma con un finale in crescendo, tanto da convincere il cittì Amadori a convocarlo per Leuven. Ora un Giro di Sicilia per assaporare quel ciclismo dei grandi e per aprirsi una finestra sul futuro, anche recente. Conosciamo insieme il corridore bresciano classe 1999.

Michele Gazzoli in azione al Memorial Pantani, rifinitura prima del mondiale
Michele Gazzoli in azione al Memorial Pantani, rifinitura prima del mondiale
Un mondiale ricco di emozioni, cosa si prova?

Le emozioni non riesco ancora a descriverle a parole, c’è semplicemente una gioia immensa per la vittoria di “Baro” (Filippo Baroncini, ndr). Sono un po’ meno contento per come ho gestito la volata del gruppo, avremmo potuto fare primo e secondo. Invece sono partito ai 400 metri con uno sprint impossibile da portare a termine.

Una dolce delusione.

Sì certamente, l’obiettivo principale era quello di portare a casa la maglia iridata con Filippo. Tutto quello che sarebbe arrivato dopo sarebbe stato un di più. Un po’ mi spiace perché me lo sarei meritato, anche per le sfortune avute all’inizio di quest’anno.

Cosa ti è successo?

Tante cose. Il 2 gennaio ho preso il Covid ed ho saltato le prime due settimane di preparazione perdendo un primo blocco di lavoro importante. Appena ripresa la bici ho avuto un’infiammazione al ginocchio che mi ha tenuto ai box dal 21 gennaio all’8 febbraio.

Michele Gazzoli e Filippo Baroncini si abbracciano felici dopo l’arrivo di venerdì
Michele Gazzoli e Filippo Baroncini si abbracciano felici dopo l’arrivo di venerdì
Il Covid ti ha destabilizzato molto?

Dovendo stare chiuso in casa ho perso giorni di allenamento preziosi, a gennaio mi sono allenato solo 3 giorni.

Ed invece l’infiammazione a cosa era dovuta?

Probabilmente ho spinto troppo appena risalito in sella per la smania di recuperare la forma il prima possibile. Un errore dovuto alla troppa voglia di correre e fare bene, ma non è finita qui.

C’è dell’altro?

Purtroppo, sì. Il 3 il 7 e l’11 marzo ho corso in Croazia. Proprio all’Istrian Spring Trophy sono caduto. Nulla di grave ma ho perso altri giorni di allenamento, alla fine la mia stagione è iniziata il 21 marzo, il primo giorno di primavera.

Un mese dopo hai vinto il GP Liberazione, hai lavorato bene per prepararlo?

Liberazione di nome e di fatto. Avendo fatto un inverno “strano” avevo una condizione che mi permetteva di fare bene una gara ma non avevo continuità. Diciamo che avevo una condizione ad intermittenza quindi mettevo il focus su un obiettivo sapendo che negli appuntamenti successivi non sarei stato competitivo.

Sei comunque riuscito a far parte della spedizione mondiale, il cittì Amadori crede molto in te?

Abbiamo iniziato a preparare l’appuntamento di quest’anno la scorsa stagione appena abbiamo capito che non avremmo corso ad Imola. Marino (Amadori, ndr) crede molto in me ma soprattutto nel gruppo: sarei stato il primo a tirarmi indietro se non mi fossi sentito pronto. Invece nei due mesi prima del mondiale la mia condizione è cresciuta, negli appuntamenti di preparazione stavo sempre meglio (ha corso la Coppa Sabatini ed il Memorial Pantani, ndr).

Il percorso di preparazione al mondiale di Leuven è iniziato già la scorsa stagione dopo la cancellazione del mondiale U23
Il percorso di preparazione al mondiale di Leuven è iniziato già la scorsa stagione dopo la cancellazione del mondiale U23
Cosa ti porti a casa da questa esperienza?

La bellezza di correre con la maglia azzurra ma anche l’aver visto da vicino grandi campioni, uno su tutti Sonny Colbrelli. Mi ispiro molto a lui, anche come modo di correre credo siamo abbastanza simili, lo conosco molto bene.

Come mai lo conosci bene?

Il nostro punto di contatto è stato il procuratore in comune, ci alleniamo spesso insieme quando vado sul lago di Garda. Imparo tanto da campioni come lui, anche solo ascoltarlo quando descrive i percorsi o parla di ciclismo.

Gli hai chiesto qualche consiglio in questa settimana particolare?

Ho visto come gestisce la tensione e come cura l’avvicinamento alle gare. Da lui ho imparato molto anche sull’alimentazione, è un po’ il mio mentore. Capita che ci alleniamo spesso insieme.

A proposito di campioni, l’anno prossimo cosa farai?

A giugno ho già siglato un contratto con una squadra WorldTour, ma non posso dire il nome perché lascio a loro la prima parola e l’annuncio.

Ti senti pronto per il grande salto? Anche dopo quest’anno così travagliato?

Sì, dopo aver concluso il quarto anno tra gli under 23 penso di aver chiuso un cerchio. Sarà difficile, ma penso di poter dire la mia, spero di ritagliarmi il mio spazio anche se sarà difficile. Poi comunque quando ti arriva la chiamata “dall’altra parte” è difficile dire no, solo il tempo potrà darmi ragione.

Dall’esempio di Verre, riflessioni sul passaggio tra i pro’

22.09.2021
5 min
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Alessandro Verre, under 23 di secondo anno passato a fine 2020 dal Team Casillo alla Colpack-Ballan, diventerà professionista il prossimo anno alla Arkea-Samsic con contratto triennale. Il piccolo lucano, molto forte in salita, è stato in alcuni momenti una delle note liete della stagione. Ha vinto tre volte. A Corsanico, nella tappa di Pollein al Val d’Aosta e al Trofeo Città di Meldola, ottenendo inoltre alcuni piazzamenti interessanti. Secondo le logiche del ciclismo di un tempo, quello in cui si cresceva nella squadra dei dilettanti per essere pronti al grande salto, dopo un primo anno così convincente, prima del passaggio avrebbe avuto bisogno di un’altra stagione per consolidarsi. Secondo le logiche del ciclismo di oggi e vedendo lo sport come un lavoro, perché non dovrebbe passare?

Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola: è il 18 aprile, prima vittoria stagionale
Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola: è il 18 aprile, prima vittoria stagionale

Non ancora vent’anni

Verre compirà 20 anni il prossimo 17 novembre. E’ forte in salita, ma al confronto con compagni già maturi come Baroncini e Gazzoli avrebbe forse bisogno di formarsi ancora.

«A chi lo avrà il prossimo anno – dice il suo direttore sportivo Antonio Bevilacqua – suggerirei di seguirlo con più attenzione negli allenamenti, di parlarci più di quello che si fa abitualmente con un corridore esperto. Lui è forte e talentuoso e per la preparazione si fa seguire da Pino Toni. Magari continuerà a lavorarci ancora. E’ stato un po’ una sorpresa il fatto che abbia deciso di passare, avrebbe potuto fare qualche corsa tra i professionisti anche con noi, ma ha deciso così e per questo gli facciamo i migliori auguri».

Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana. Le sue considerazioni sul passaggio sono molto interessanti
Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia. Le sue considerazioni sul passaggio sono interessanti

Una corsa sfrenata

Verre per gli allenamenti lo segue Pino Toni, si diceva. E a lui ci rivolgiamo per capire se il ragazzo sia veramente pronto per il passaggio.

«Analizziamo i fatti – dice – i procuratori iniziano a collaborare con ragazzi sempre più giovani e chiaramente devono immetterli nel mercato del lavoro. Li propongono alle squadre a discapito di quelli che ci sono già. I posti nel mondo del professionismo sono quelli, per mettere dentro uno nuovo, tolgo spazio a uno che c’è già, che sia mio o di un altro. Il lenzuolo è corto. E magari ragazzi che hanno fatto solo due anni di professionismo e non hanno avuto i risultati che ci si aspettava, ragazzi su cui le squadre potrebbero investire ancora, si ritrovano senza lavoro. Io mi domando, l’atleta che smette è stato “bruciato” dalla precocità atletica o dalla ricerca sfrenata del fuoriclasse? Tutti vogliono proporre il giovane perché sperano di avere il Pogacar e il Bernal che a 20-22 anni vince il Tour. Quindi bruciano quelli passati prima».

Alessandro Verre è uno scalatore molto forte: classe 2001, compirà 20 anni a novembre
Alessandro Verre è uno scalatore molto forte: classe 2001, compirà 20 anni a novembre

Caccia al fenomeno

Il sistema è chiaro, il meccanismo sotto gli occhi di tutti. Se le continental protestano, si ritrovano contro i procuratori che ormai presidiano il fronte e hanno sui corridori maggior ascendente rispetto ai direttori sportivi. E così il meccanismo che si è messo in moto a fine 2018, quando Evenepoel ha sbalordito il mondo, va avanti a tutto vapore.

«Io spero che fra qualche anno cambierà – dice ancora Bevilacqua – perché non tutti sono fenomeni. E magari anche le squadre dei professionisti ci penseranno bene prima di prendere così tanti ragazzini. La sensazione però è che abbiano tutti paura di perdere il fenomeno, per cui continuano a farli firmare giovanissimi. Mi chiedo se chi investe nelle squadre continental o quelle dei dilettanti andrà avanti a oltranza, sapendo che basta un piazzamento per perdere il corridore su cui ha investito».

Lo staff tecnico della Colpack-Ballan al gran completo, con Valoti, Rossella Di Leo, Ayuso, Antonio Bevilacqua e Flavio Miozzo
Lo staff tecnico della Colpack-Ballan al gran completo, con Valoti, Rossella Di Leo, Ayuso, Antonio Bevilacqua e Flavio Miozzo

L’età giusta

A un certo punto, insomma, ti rendi conto che lo standardi per il passaggio al professionismo non dipende dal livello tecnico raggiunto e dalla maturazione dell’atleta, bensì dalla capacità del mercato di assorbire nuovi atleti a scapito degli altri.

«A che età si è pronti per andare a lavorare? E’ un dilemma – riprende Toni – è chiaro che se le squadre continental ti dessero la tranquillità di uno stipendio, anche Verre potrebbe restare ancora nella categoria con i giusti stimoli. Ma come fai a suggerirgli di fare un altro anno con un rimborso spese se di là ti propongono uno stipendio superiore a quello di un impiegato di banca? Se lo seguirò ancora? Non lo so, abbiamo lavorato benissimo e c’è stima di entrambi, ma quando sei professionista devi anche attenerti a quello che ti scrivono sul contratto, per cui vedremo. Difficile dire se sia troppo giovane per passare, ma di sicuro ormai è diventato tutta una corsa al ribasso. Magari c’è anche un aspetto economico, nel senso che un corridore giovane ti costa sicuramente meno e ha meno pretese. La storia dice che tanti si sono bruciati, ma tanti sono andati avanti. Magari arriveranno ai 32-33 anni e poi smetteranno, l’importante è che abbiano preso dal ciclismo quello che potevano, prima di entrare per tempo nel mondo del lavoro».

Baroncini, la crono è il lancio perfetto per la strada

20.09.2021
3 min
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La legge del gigante danese si è abbattuta anche sulle strade che da Knokke-Heist portavano i cronoman under 23 verso Bruges. Johan Price-Pejtersen, già campione europeo a Trento, è piombato sul traguardo come un falco, precedendo di 10 secondi l’australiano Plapp e di 11 il belga Vermeersch. Miglior italiano, Filippo Baroncini, atleta del Team Colpack, nono a 57 secondi.

«Mi piacciono le crono lunghe – ha detto – non vado un granché con gli sforzi anaerobici dei prologhi. Stamattina abbiamo valutato le condizioni del vento e quando abbiamo capito che era contrario attorno al secondo intermedio, abbiamo valutato di arrivare a quel punto senza spendere troppo. E poi di aprire il gas, per guadagnare dove gli altri presumibilmente avrebbero perduto. Ed è andata bene».

Vigilia dolorosa

Un metro e 97 per 77 chili, il piano è riuscito alla perfezione, anche se nell’esultanza davanti al pullman della nazionale, si leggevano ancora i segni della sciagura dei giorni scorsi. Per i danesi, il mondiale è iniziato con la brutta notizia della morte di Chris Anker Sorensen, ex professionista e successivamente opinionista televisivo, investito proprio qui in Belgio mentre era in bici.

Riscaldamento sui rulli per Frigo, 33° all’arrivo
Riscaldamento sui rulli per Frigo, 33° all’arrivo

«Non lo conoscevo personalmente – dice il fresco iridato – ma in Danimarca era molto conosciuto. Un po’ per la sua carriera di atleta, ma anche per le interviste che era capace di fare nella sua carriera dopo le corse. E’ stato capace di ispirare tanti ragazzi, raccontando il bello della vita dei pro’. Per noi tutti si tratta di una grande perdita».

Passione crono

E mentre lui si racconta, al bus degli azzurri, c’è Filippo Baroncini appena salito sui rulli per smaltire la fatica e un pizzico di delusione.

Alla partenza Baroncini era molto fiducioso
Alla partenza Baroncini era molto fiducioso

«Speravo in una top 5 – dice – ma mi sono reso conto di quanto siano più forti di me al momento i migliori del mondo. E’ stato il primo confronto a un livello così alto. In Italia posso vincere delle crono, qui non ancora. Però posso lavorarci, curare i dettagli. Mi piace tutto quello che c’è attorno alla cronometro. Prepararla, la fatica che serve per raggiungere la condizione. Qui ho dato tutto, meglio di così non riuscivo a fare, ma la condizione è veramente ottima, mi sento meglio di quanto stessi alla Coppa Sabatini».

Quarto a Peccioli

Quel risultato forse è passato inosservato, ma non a tutti. Nel giorno in cui Valgren ha anticipato Colbrelli, costringendolo a rimandare al Memorial Pantani la prima vittoria in maglia di campione europeo, Baroncini si è piazzato al quarto posto, subito dietro Burgaudeau e a 9 secondi dal vincitore.

Price-Pejtersen ha bissato in Belgio la vittoria degli europei a Trento
Price-Pejtersen ha bissato in Belgio la vittoria degli europei a Trento

«Per questo – annuisce salendo sui rulli per defaticare un po’ – ho molta fiducia per la prova su strada. Nei prossimi giorni tirerò un po’ il fiato e poi penso che un allenamento un po’ tosto dovrò farlo. E visto che so come sono fatto, penso che mi converrà farlo giovedì, il giorno prima della corsa, quando vedremo il percorso. Non ci sono mai stato, me l’ha raccontato un po’ Frigo che corre in Olanda ed è andato a vederlo. Ma ho sensazioni bellissime, speriamo di riuscire a concretizzarle».

Filippo Baroncini: la grinta, la crono, l’Avenir e la Trek-Segafredo

28.07.2021
3 min
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Filippo Baroncini lo avevamo lasciato al Giro d’Italia U23, prima, e al campionato italiano contro il tempo poi. Il corridore della Colpack-Ballan era stato uno degli scudieri di Juan Ayuso nella corsa rosa, ma al tempo stesso era stato autore della vittoria nella cronometro, mostrandosi uno di quei calibri pesanti. Il tutto lo ha poi confermato qualche settimana dopo al campionato italiano di specialità, conquistando il tricolore.

Finita? Neanche per sogno. Perché il suo palmares ha continuato ad “appesantirsi” con la vittoria all’Etoile d’Or, ottenuta da campione navigato. Filippo era lanciato a 55 all’ora da solo verso l’arrivo. Il gruppo dietro di pochi secondi e lui che trovava persino il tempo di fare un gesto col pugno per festeggiare l’imminente vittoria. Grinta assoluta.

E un corridore così non poteva passare inosservato ai grandi team. E puntuale ecco che la Trek-Segafredo di Luca Guercilena lo ha chiamato a rapporto.

Filippo Baroncini (classe 2000) conquista il tricolore contro il tempo. Eccolo con lo staff della Colpack
Filippo Baroncini (classe 2000) conquista il tricolore contro il tempo. Eccolo con lo staff della Colpack
Filippo, raccontaci come è andata la trattativa con la Trek…

Ci ha lavorato il mio procuratore, Luca Mazzanti. Ci siamo presentati all’italiano dei pro’ che non era troppo lontano da casa mia, Massa Lombarda. Guercilena mi ha detto che avevo fatto un bel risultato nella crono dell’italiano e nella Pessano-Roncola. E poi ho visto che lui lavora molto bene con i giovani. Gli lascia il giusto spazio e non li fa tirare e basta che neanche finiscono le gare. E questo dà morale. Per me, almeno, è molto importante.

Antonio Tiberi viene dalla Colpack ed è andato alla Trek, lo hai contattato? Gli hai chiesto qualche consiglio?

Più che altro ho provato a contattarlo, ma non ci sono riuscito. Così ho fatto da me. Comunque io e lui non siamo stati insieme alla Colpack. Io arrivavo dalla Beltrami e lui andava alla Trek appunto.

Baroncini esulta per la vittoria della Pessano-Roncola
Baroncini esulta per la vittoria della Pessano-Roncola
All’Etoile d’Or, una gara 2.2 in Francia, hai vinto la seconda tappa. Come è andata?

E’ stata una vittoria che mi ha dato tanto morale, ottenuta per di più con la maglia della nazionale. Non conoscevo Amadori, anche se è delle mie zone. Mi è servita per prendere consapevolezza dei miei mezzi, per prendere le misure con certi tipi di gare. Poi quel giorno c’era tanto vento, le strade erano strette… insomma era una corsa nervosa e sono contento. Ho corso, abbiamo corso, bene.

Come mai la Trek? Avevi avuto anche altre richieste?

Avevo avuto già delle richieste un anno fa, ma non mi sentivo pronto per il passaggio ed ho preferito aspettare.

Ed erano di squadre World Tour?

No, professional. Anche per quello ho voluto attendere. Approdare in una WorldTour è sempre stato il mio obiettivo.

Filippo (a destra) a Livigno con i compagni della Colpack, Gomez e Verre
Filippo (a destra) a Livigno con i compagni della Colpack, Gomez e Verre
All’Etoile d’Or hai vinto con un colpo da finisseur: che corridore pensi di essere?

Un Van Aert del futuro…

Però! Hai scelto un corridorino…

Beh, col tempo è chiaro! Però ho dimostrato di andare forte su tutti i terreni (Baroncini è molto veloce, ndr) e non vorrei snaturami cercando chissà quale specializzazione.

Farai anche il Tour de l’Avenir ci ha detto Amadori…

Adesso sono in altura, a Livigno, proprio per preparare l’Avenir. Sono qui con Gomez e Verre. Inoltre fra l’europeo e il mondiale farò qualche gara da stagista con la Trek.