Tratnik 2022

Tratnik, altro che gregario! Un altro sloveno per vincere

09.04.2022
7 min
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Non ci sono solo Pogacar e Roglic. A ben guardare, ormai non c’è gara, in linea o a tappe, dove non ci sia uno sloveno protagonista e sì che nel panorama internazionale, il loro numero è ancora ben poca cosa di fronte ad altre scuole, anche quella italiana, come numero di corridori appartenenti alle formazioni WorldTour. Il fatto è che ogni sloveno però è una garanzia d’impegno al 200 per cento il che porta risultati. Nella Bahrain Victorious, ad esempio, Jan Tratnik è una vera colonna portante, non si limita solo a sostenere i vari leader, ad essere l’uomo di fiducia in salita, ma spesso e volentieri si prende anche le sue responsabilità.

All’ultimo Giro delle Fiandre, dove la squadra non aveva un leader dichiarato alla vigilia, con la sua azione iniziale Tratnik ha contribuito a far esplodere la corsa finendo comunque 12° dopo essere stato 9° alla Milano-Sanremo. Campione europeo U23 nel 2012, vanta 17 vittorie da professionista e nel movimento sloveno, con i suoi 32 anni, è ritenuto una sorta di “vecchio saggio”.

Tratnik Pogacar 2022
Tratnik e Pogacar all’inseguimento nella Attraverso le Fiandre. I due hanno ottimi rapporti fra loro
Tratnik Pogacar 2022
Tratnik e Pogacar all’inseguimento nella Attraverso le Fiandre. I due hanno ottimi rapporti fra loro

Innamorato della bici

La sua particolarità è di essere sempre in giro, disponibile, pronto a ogni evento. In partenza per l’Olanda e per un’altra classica da prendere di petto, l’Amstel Gold Race, Tratnik si è sottoposto di buon grado a un fuoco di fila di domande, partendo dalle sue radici.

«Ho iniziato con il ciclismo nel 2007. Prima praticavo molti altri sport (arrampicata su roccia, calcio, basket, corsa, sci…). Mi sono innamorato del ciclismo perché il maestro di scuola mi ha invitato a una gara di MTB e sono arrivato 3°. Dopo questa gara, ho provato a utilizzarla di più col risultato che mi sono innamorato della bici. L’anno dopo ho preso la licenza di corridore e ho iniziato con le mie prime gare».

Da quando sei in Bahrain Victorious, non sei mai stato protagonista come nelle ultime settimane, con la top 10 a Sanremo e Dwars door Vlaanderen e poi il Fiandre con la tua lunga fuga. Cosa è cambiato rispetto agli ultimi anni?

Penso che dipenda solo dal mio ruolo nella squadra. Le mie prestazioni ogni anno erano quasi le stesse, ma solitamente aiuto la squadra nelle gare più importanti. So che posso fare anche buoni risultati se ho le mani libere e quest’anno è capitato. Se si guarda alla mia storia, questo tipo di gare è perfetto per me. Quando ero leader nel team CCC, ho vinto la classica del Limburgo, 5° al Brabantse Pijl, ecc… Ma quando sono arrivato in Bahrain, c’erano leader più forti e mi sono adeguato. Quando ho l’opportunità, ho ottenuto anche risultati. Questo si può vedere da alcune tappe dove sono andato in fuga (3° al Tour de France, vittoria di tappa al Giro). Quindi quest’anno ho più libertà e posso giocare le mie carte.

Tratnik europei 2012
Un giovanissimo Tratnik campione europeo Under 23 nel 2012. Jan è del 1990, è alto 1,73 e pesa 67 chili
Tratnik europei 2012
Un giovanissimo Tratnik campione europeo U23 nel 2012. Jan è del 1990, è alto 1,73 e pesa 67 chili
L’assenza di Colbrelli ha cambiato gli equilibri nella squadra per correre in Belgio, dandoti più possibilità?

Sì, questo è corretto. Se Sonny non avesse avuto problemi, starei stato a casa per Dwars Door Vlaanderen e Giro delle Fiandre e non avrei potuto mostrare le mie qualità.

Quali sono i percorsi dove ti trovi meglio?

La mia specialità sono le salite brevi e ripide. Posso produrre numeri di watt molto alti da 1 a 5 minuti. Penso di progredire anche su lunghe salite e sono anche bravo a cronometro. Quindi penso di essere un ciclista abbastanza completo, ma le mie prestazioni migliori sono sulle brevi salite, quindi le gare del Belgio mi si addicono…

Sei tra i più esperti del ciclismo sloveno: da dove viene un numero così alto di corridori vincitori, non solo Pogacar o Roglic?

A dire il vero non lo so nemmeno io. Sappiamo che Roglic e Pogacar sono ciclisti eccezionali. Sono i migliori al mondo in questo momento. Di sicuro ci aiuta, perché li vediamo fare bene, sono sloveni e anche noi vogliamo fare progressi. Se lavori duro, ti alleni duramente, credi in te stesso, i risultati arriveranno. E quando arriva il primo risultato, sei anche mentalmente più forte e gara dopo gara è più facile. Quando ho vinto la prima volta nel WT, non potevo crederci. Ma poi ho capito che ce la potevo fare. Quindi credo di poter vincere di più e lavorerò ancora di più per farlo.

Tratnik crono
Lo sloveno della Bahrain ha una buona propensione per le crono: vanta due titoli nazionali
Tratnik crono
Lo sloveno della Bahrain ha una buona propensione per le crono: vanta due titoli nazionali
Rispetto a quando hai iniziato, ora c’è più attenzione in Slovenia per il ciclismo e il numero dei corridori è aumentato?

Sì, molto! Posso vedere sulla strada quante persone vanno in bicicletta. Dal giovane all’anziano. Gli automobilisti ci rispettano anche di più sulla strada. Anche nelle gare delle categorie più giovani ci sono più ciclisti e di questo sono orgoglioso. Siamo grati, perché possiamo aiutare i giovani con l’ispirazione, che magari diventeranno anche ciclisti professionisti. E sono sicuro che la nuova generazione sta arrivando.

Conosci entrambi bene, Roglic e Pogacar: quali sono le principali differenze in termini di carattere umano e con chi vai più d’accordo?

Vado d’accordo con entrambi. Ci sono differenze di età, quindi con Primoz sono amico già da molto tempo, prima ancora di diventare professionisti. Tadej è più giovane e lo conosco forse da 2-3 anni. Sono entrambi amichevoli e pronti ad aiutare, anche se sono le più grandi star del ciclismo. Primoz è più vecchio e forse ora la vita gli sembra diversa. Tadej è ancora molto giovane e penso che anche lui non sappia quanto sia bravo. Ho solo buone parole per entrambi e sono felice di far parte di questa storia slovena.

Tratnik Roglic
Jan con la famiglia di Roglic: la loro amicizia è di vecchia data, prima di passare pro’
Tratnik Roglic
Jan con la famiglia di Roglic: la loro amicizia è di vecchia data, prima di passare pro’
Quali saranno le tue prossime gare?

Il mio prossimo obiettivo è l’Amstel Gold Race, poi ci sarà la Freccia del Brabante. So di essere in buona forma e cercherò di fare buoni risultati anche lì. Poi ho circa 3 settimane per mantenere questa condizione per il Giro d’Italia. Dopo forse sarò al Giro di Slovenia, ma manca tanto tempo e dobbiamo vedere come ci arriverò.

Quali obiettivi ti sei prefissato da qui alla fine della stagione?

Per prima cosa voglio fare bene nelle prossime due gare. Poi per il Giro cercherò di fare il meglio per la squadra e di aiutare i nostri ragazzi, ma di sicuro se ci sarà l’occasione cercherò di vincere una tappa come ho già fatto. Per le prossime gare forse mi concentrerò maggiormente sulle gare di un giorno (Plouay, Canada) e sul campionato del mondo. Se posso avere le stesse condizioni di adesso, penso di poter essere lì nel finale. Alla fine, se so di aver fatto di tutto per essere in gara al 100 per cento e anche se non c’è risultato, non mi biasimo. L’importante per me è fare tutto ed essere pronto per la gara. Se lavori sodo, i risultati arrivano.

Tratnik Giro 2020
L’impresa di San Daniele del Friuli al Giro 2020, vittoria dopo una lunga fuga
Tratnik Giro 2020
L’impresa di San Daniele del Friuli al Giro 2020, vittoria dopo una lunga fuga
Sei abituato a correre tanto ogni anno, nel 2019 sono stati addirittura 83 giorni: essere in gara così spesso per te è un vantaggio o pensi di poter ottenere di più riducendo i giorni di gara?

Penso che tu debba trovare un equilibrio. Devi anche ascoltare il tuo corpo. Se ti senti bene, forte, perché non correre e cercare di ottenere buoni risultati con una buona condizione? Se ti senti stanco, mentalmente distrutto, allora è un problema. Non ci sono grossi problemi a correre molti giorni di gara, il problema diventa se non sai come riposarti. Penso di avere un buon equilibrio tra corsa, allenamento e riposo. Se mi sento stanco, mi prendo uno o due giorni di riposo in più e poi continuo con gli allenamenti. Dopo tutti gli anni nel ciclismo, con alti e bassi nella mia carriera, ho imparato molto. Forse potrei avere qualche risultato in più ormai, ma ho una mentalità diversa. Alla fine la cosa più importante è che devi divertirti in allenamento, in gara e fuori dalla bici. Allora puoi durare ancora tanto.

EDITORIALE / Pogacar bloccato da un Van der Poel diverso

04.04.2022
4 min
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Un hotel alle porte di Milano, vigilia della Sanremo. Era appena finita la conferenza stampa del UAE Team Emirates e facevamo due chiacchiere nel piazzale con Andrea Agostini, la cui qualifica nella squadra è Chief Operating Officer. Si scherzava sul fatto che Pogacar volesse vincere un po’ troppo e lui, che ha vissuto sulla pelle varie vicende sportive, disse una frase su cui nei giorni scorsi ci fermammo per un po’ a riflettere.

«Bene che vinca ogni volta che può – disse Andrea – perché non dura per sempre. Puoi essere anche Merckx, ma il momento in cui le cose smettono di funzionare più viene per tutti».

Milano-Sanremo: i tre scatti sul Poggio che hanno tagliato le gambe a Pogacar
Milano-Sanremo: i tre scatti sul Poggio che hanno tagliato le gambe a Pogacar

Suggestione collettiva

Si era tutti in preda alla più grossa ubriacatura ciclistica degli ultimi tempi. Tanto era stato lo strapotere di Pogacar alla Tirreno, che nella sala stampa dell’ultimo giorno, si dava per certa la vittoria dello sloveno alla Sanremo. Il dubbio era solo sul modo in cui l’avrebbe fatto, non sul merito. Invece alla Classicissima, pur attuando il forcing sulla Cipressa anticipato da Bartoli a bici.PRO, Pogacar ha commesso vari errori di inesperienza.

Tutti quegli scatti sul Poggio, al posto di uno solo e vincente, dimostrarono che certe corse bisogna farle e poi rifarle prima di trovarne la chiave. E se non è da escludersi che Tadej possa tornare per vincere in via Roma, dopo quel che si è visto ieri, è altamente possibile che la stessa cosa possa riuscirgli al Fiandre. Il ragazzo è intelligente e fortissimo, siamo certi che stia masticando la delusione e rianalizzando i passaggi. Proviamo allora ad aiutarlo…

Nello sprint del Fiandre, questa volta Van der Poel è lucidissimo e potente
Nello sprint del Fiandre, questa volta Van der Poel è lucidissimo e potente

Lo sprint più lungo

Un errore, se di errore si può effettivamente parlare, l’ha commesso nello sprint. Lo ha tradito il rettilineo, più lungo di un chilometro. La volata sembra interminabile attraverso gli schermi, figurarsi a starci dentro. Vedi il traguardo, sembra vicino eppure è lontanissimo e se per caso ti viene in mente di rallentare per far scoprire il tuo avversario, devi mettere in conto che da dietro potrebbero rientrare. Ieri è successo.

Pogacar non ha l’esperienza da velocista di Van der Poel e ieri Mathieu se l’è giocata alla grande, scacciando da campione i fantasmi del 2021.

Non è detto che Van der Poel non avesse gambe per dare cambi: di certo non ha voluto farlo
Non è detto che Van der Poel non avesse gambe per dare cambi: di certo non ha voluto farlo

Pogacar in trappola

Dalla sinistra si è spostato sul lato opposto, lasciando tuttavia la porta aperta sul fianco destro. Un metro fra sé e le trensenne. Quando Van Baarle e Madouas li hanno raggiunti, Van der Poel ha capito che Madouas stava per infilarsi da quella parte e che Van Baarle invece avrebbe provato a superarlo sulla sinistra.

Appena ha percepito la presenza di Madouas, ha accelerato, chiudendo abilmente la porta a destra con uno spostamento di 40 centimetri. Si è reso conto di certo che a quel punto Van Baarle lo avrebbe seguito, intrappolando Pogacar.

Difficile dire se abbia fatto tutto questo consapevolmente, ma alla peggio s’è trattato di istinto da velocista. In ogni caso, l’operazione ha funzionato alla grande. Segno di lucidità e di energie più fresche di quelle che nel 2021 lo costrinsero ad arrendersi ad Asgreen.

Giro delle Fiandre 2021, Mathieu Van der Poel tira, Kasper Asgreen è in agguato
Fiandre 2021, Van der Poel tira, Asgreen è in agguato

L’errore di Tadej

Semmai Pogacar potrebbe aver sbagliato sul Paterberg, quando si è reso conto, essendosi voltato, che Van der Poel fosse appeso a un filo, avendolo visto tossire e anche sputare. Il fatto che non abbia voluto o non sia riuscito a staccarlo lassù ha in qualche modo sancito il suo destino in volata.

Per contro, ha dovuto fronteggiare un Van der Poel inatteso. Il fenomeno che abbiamo imparato a conoscere nelle ultime due stagioni ieri semplicemente non c’era. Il Mathieu con il sangue agli occhi per dimostrare di essere il più forte – più è spettacolare, meglio è – al Fiandre si è fatto da parte. Forse ieri sapeva di non avere le gambe migliori o forse, pur avendole, ha scelto di non esagerare.

Di certo la sua lucidità ha portato l’orologio indietro di un anno, a quel 4 aprile del 2021 in cui a fare la parte di Pogacar c’era lui e dietro Asgreen sputava fatica e lacrime pur di non farsi staccare. Tutti ricordano come andò a finire e quella ferita è rimasta sulla pelle di Van der Poel per un anno intero e forse ci resterà per sempre. Ma ha imparato. Non è detto che non avesse gambe per dare cambi a Pogacar sul Kwaremont o sul Paterberg. Magari ha semplicemente scelto di non farlo. Il Van der Poel del 2021 voleva dimostrare di essere il più forte. Quello del 2022 voleva vincere.

Wiggins 2022

Wiggins a tutto campo, con un po’ di nostalgia…

04.04.2022
5 min
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Una mattina in mezzo alla settimana, una come tante, in un fast food in Belgio. Una tazza di caffè davanti, avventori che scorrono alle spalle, un PC di fronte collegato in videoconferenza con il mondo. Bradley Wiggins a disposizione per qualsiasi tipo di domanda.Per poco meno di un’ora il cinque volte olimpionico e vincitore del Tour de France si è messo a rispondere alla stampa, parlando di tutto. Raccontando soprattutto come vede il ciclismo attuale dall’alto della sua esperienza, con quella lunga barba che dà alle sue parole il sapore della saggezza.

Wiggins siamo ormai abituati a vederlo commentare le corse ciclistiche su Eurosport, al seguito del gruppo sulla moto e questo gli dà un luogo di osservazione privilegiato. Dalle sue parole traspare sempre quel senso di meraviglia bambinesca di chi vive nel mondo dei suoi giochi preferiti e guarda i protagonisti con quell’ammirazione con cui è guardato lui. L’intervista parte dal trionfo di Biniam Girmay alla Gand-Wevelgem e dalle implicazioni future di quel che a tutti gli effetti è stato un momento storico.

Wiggins stampa 2022
Un momento della conferenza stampa virtuale di Wiggins, 18 i giornalisti accreditati
Wiggins stampa 2022
Un momento della conferenza stampa virtuale di Wiggins, 18 i giornalisti accreditati

«Altri Paesi emergeranno come l’Eritrea»

«Lo capiremo con il tempo, ma siamo alle prese con una rivoluzione. Il ciclismo ora è molto più inclusivo e un campione può nascere dappertutto, è uno sport sempre più universale. Biniam sarà un ispiratore per tanti altri Biniam, nel suo Paese e in altri. Una volta a vincere le corse erano ciclisti di poche nazioni, quelle con la tradizione alle spalle, ora possono vincere tutti. Imprese come quelle di Girmay fanno capire che sono possibili a chiunque e questo è il vero segno del cambiamento».

Sembra che Wiggins abbia smesso un secolo fa, eppure era ancora sul podio olimpico a Rio 2016. Per sua stessa ammissione, da allora il ciclismo è cambiato molto. «Seguo le gare di mio figlio fra gli juniores – racconta – e mi accorgo che, come lì si parte a tutta e si va avanti fino alla fine, lo stesso avviene al massimo livello. Quando correvo io no: agli inizi – ricordo in particolare il Giro del 2003 dove c’erano Cipollini in maglia iridata e Pantani – si partiva piano e man mano si accelerava. Ora, testa bassa e andare. E’ cambiato l’allenamento, sono cambiate le tattiche di gara, è cambiato anche l’impatto sociale del ciclismo. Ora grazie a tivù e social puoi vedere ciclismo ogni giorno a ogni ora, questo trasforma tutto».

E’ mutato anche l’impatto economico: «Sì, ma questo è il meno, non c’è stato ancora quel boom come per la Formula Uno, ad esempio. Ci sono grandi aziende che investono, ma lo fanno spinte dalla passione di chi è ai vertici più che per un vero ritorno economico. Questa forse sarà una frontiera futura».

Pogacar Belgio 2022
In Pogacar, nel suo voler gareggiare in prove apparentemente non sue, Wiggins vede un ritorno al passato
Pogacar Belgio 2022
In Pogacar, nel suo voler gareggiare in prove apparentemente non sue, Wiggins vede un ritorno al passato

La Ineos deve cambiare strategie

Ineos è l’emanazione di Sky, la “sua” Sky e si sente, nel parlarne, come un pezzo di cuore sia rimasto legato lì. Allora era la squadra dominante, ora? «I vertici sono altrove, combattere con campioni come Pogacar non è facile. La Ineos ha grandi corridori, ma non all’altezza sua o di Roglic o Van Aert. Questo significa dover cambiare modo di correre per cercare di sovvertire le gerarchie e non è facile. Io sono convinto che, per i grandi Giri, l’uomo giusto per il futuro sia Pidcock, ma ci vorrà ancora un po’ di tempo per farlo maturare».

Pogacar ricorre spesso nelle sue parole, Wiggins è un suo grande ammiratore: «Mi piace soprattutto il suo modo di mettersi in gioco a 360°, non puntare solamente alle “sue corse”. Il fatto che provi a vincere un Giro delle Fiandre è enorme. Per uno con i suoi obiettivi potrebbe essere un rischio, potresti compromettere obiettivi futuri ma lui non ha paura e lo fa. E’ un po’ come avveniva una volta, stiamo tornando al passato e per me è una buona cosa perché ne guadagna lo spettacolo. Poi, se mi chiedete come batterlo al Tour, penso che il modo migliore sia pagarlo profumatamente per non correrlo…».

Wiggins ora 2015
L’ennesima impresa di Wiggins, la conquista del record dell’Ora, poi superato da Campenaerts nel 2019
Wiggins ora 2015
L’ennesima impresa di Wiggins, la conquista del record dell’Ora, poi superato da Campenaerts nel 2019

Il problema non è la bici…

Se si parla della Ineos, non si può dimenticare che per ora (e ancora per un po’) bisognerà fare a meno di Bernal. Molto si è discusso sul suo incidente e sull’opportunità di utilizzare le bici da cronometro in allenamento. Qui il britannico è netto: «Ostacolare il progresso è un errore, non possiamo nasconderci la verità, dipende sempre dalle nostre azioni. Se hai la tendenza a tenere la testa abbassata, a guardare manubrio, potenza, frequenza cardiaca, sei distratto. Non vedi quel che c’è attorno e non bisogna dimenticare che ci si allena su strada, in mezzo alle macchine. Tutto sta all’attenzione e alla responsabilità di chi guida la bici, non a quale bici stai guidando».

Wiggins ha avuto parole di elogio anche per Filippo Ganna, a proposito della sua idea di attaccare il record dell’Ora: «Ne ho parlato con lui e mi ha chiesto se mi piacerebbe esserci quel giorno, chiaramente gli ho detto di sì, che sono anche pronto a consigliarlo, ma lui ha già davanti la sua strada e io posso dirgli ben poco. Lo conosco da tempo e so quel che può fare, io credo che possa anche andare vicino al limite fantascientifico dei 60 orari, ma serve molto lavoro per questo. Comunque, se mi vuole come portafortuna, io ci sono…».

Van der Poel urla di gioia, Pogacar di rabbia. Ma che Fiandre!

03.04.2022
6 min
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Il Giro delle Fiandre numero 106 è racchiuso in un chilometro, l’ultimo. Un rettilineo. Una volata. L’epilogo della Ronde è incredibile. Mathieu Van der Poel e Tadej Pogacar davanti si marcano come due pistard e dietro Valentin Madouas e Dylan Van Baarle risalgono come due frecce. Sembra la famosa Liegi del 1987, con Argentin che da dietro piomba su Criquelion e Roche.

Però che duello. I più forti erano, i più forti sono stati. Le fiammate sui muri. La potenza superiore dei due su tutti gli altri. L’allungo di Pogacar sul Kwaremont. La folla sui muri. Ragazzi, questo è spettacolo puro.

Come pistard

Lo sloveno sembra averne di più dell’olandese. E’ lui che fa la selezione maggiore sul secondo passaggio dell’Oude Kwaremont. Tira per tempi decisamente più lunghi quando sono in fuga ed è sempre lui che costringe ad una “svirgolata” VdP sul Paterberg. Però il risultato non cambia: Mathieu è sempre alla sua ruota.

Quattrocento metri. VdP, in testa, si sposta sul lato destro vicino alle transenne. Pogacar non si muove. Non si muove, ma si volta. Madouas e Van Baarle li vedono. Vedono che sono quasi fermi e spingono a più non posso.

Questa rimonta fa partire un po’ più lunghi del previsto i due mattatori che forse non hanno un rapporto ideale, soprattutto Pogacar. Lo sloveno si risiede cerca di cambiare, ma si trova incastrato da Van Baarle.

Centocinquanta metri all’arrivo. Siamo nel pieno dello sprint, ma il campione della Alpecin-Fenix non lo sta disputando con il suo ormai vecchio compagno di fuga, bensì con Madouas. Il francese è partito lunghissimo e chiaramente non ho più le gambe per i 50 metri finali. VdP invece ha energia da vendere in confronto. Stavolta il Fiandre è suo.

Tra incubi e gioia

Van der Poel si gioca ancora una volta la Ronde. Ancora un testa a testa. E forse inizia a rivedere i fantasmi di un anno fa, quando si trovò nella stessa identica situazione, ma con Asgreen al posto di Pogacar. Forse anche per questo cerca di risparmiare ogni briciolo di energia. E forse anche per questo la sua fidanzata, Roxanne incrocia le mani come per pregare dietro l’arrivo. 

E le sensazioni di un secondo posto bis sono più che reali dopo l’arrivo.

«Ho lavorato tantissimo per questo Giro delle Fiandre – ha detto Mathieu – ci tenevo troppo. Non sapevo neanche se sarei potuto esserci fino a qualche settimana fa. Sul Paterberg stavo quasi per mollare, poi ho trovato altre energie. Pogacar mi ha fatto soffrire, mi ha spinto al limite. Per fortuna che nel finale sono riuscito a risparmiare un po’. Sapevo e ho detto stamattina che Pogacar poteva essere il mio alleato migliore, ma credo anche che forse era il più forte e se avesse vinto lo avrebbe meritato».

E questa ammissione non è cosa da poco per l’olandese. “I mostri” del 2021 non possono che essere vivi. E dal Paterbeg e con tutto quel rettilineo lungo e dritto ce n’era di tempo per rivederli. Questa non è una volata di potenza, ma di energie. Solo loro due possono sapere quante ne avevano.

«Mi sono fatto ancora delle domande negli ultimi chilometri – ha raccontato Van der Poel – sono stato nella stessa situazione per il terzo anno consecutivo. Mi prendevo cura di Tadej e non degli altri dietro. La volata di Pogacar? Deve farne qualcuna in più…».

Ahi, ahi Pogacar

Il Fiandre di Pogacar invece dura 50 metri di meno. Lo sloveno smette di pedalare. Si sbraccia. E continuerà a sbracciarsi fin dopo il traguardo. Per la prima volta lo vediamo furioso. Non ci sta. Tornando al discorso delle energie, che solo loro due possono sapere davvero, Tadej si sente defraudato di quello che magari per lui e per le sue gambe, era un successo assicurato.

Qualche secondo dopo dopo l’arrivo gli sfila a fianco il corridore della Ineos-Grenadiers, Van Baarle. L’olandese cerca il suo sguardo, ma Pogacar replica stizzito con gesti plateali. Ci teneva veramente tanto a questo Giro delle Fiandre. Lo ha perso, probabilmente sa che un po’ di colpa è anche la sua per non aver azzeccato la volata, ma anche stavolta se andiamo a vedere il bicchiere è mezzo pieno per lui. 

Infatti, se prima c’era qualche dubbio su una sua reale possibilità di vittoria al Fiandre, adesso si ha la certezza che questa corsa la può vincere. Forse più della Sanremo.

«E’ stata un’esperienza bellissima – ha detto il capitano della UAE Emirates – bella atmosfera, incredibile. Sul momento c’è stato un po’ di disappunto dopo la volata. Mi sono trovato con la strada chiusa, non ho potuto dare il mio meglio negli ultimi 100 metri. E tornerò, sicuro!».

Il podio finale. Doppietta olandese con Van der Poel e Van Baarle. Terzo Madouas
Il podio finale. Doppietta olandese con Van der Poel e Van Baarle. Terzo Madouas

Neanche la radio

Ma i dubbi sulla volata restano. Ha sbagliato lui? E’ stato chiuso? Certi momenti sono sempre concitati e mai facili da gestire. Su una cosa però Tadej ha ragione: non è riuscito ad esprimere il suo massimo. E forse per questo brucia ancora di più.

E in certi casi neanche la tecnologia, leggi le radioline, possono fare molto. 

«Se l’ho avvertito per radio? L’ultima volta che gli ho parlato – spiega il suo diesse Fabio Baldatoè stato ad un chilometro e mezzo dall’arrivo. Gli ho detto: Tadej, attenzione perché hanno 25”. Poi gli ho fatto i complimenti e ho chiuso la comunicazione per due motivi. Primo perché noi dalla tv in auto vediamo la corsa con circa 15” di ritardo e poi perché al chilometro finale c’era la deviazione delle ammiraglie.

«Sapete, finché la corsa riesci a scorgerla qualcosa gli dici, ma se non lo vedi c’è poco da fare. Giusto che facesse la sua corsa. Ma credo che non si possa criticare questo corridore perché sbaglia una volata. Insomma, quarto al primo Fiandre…».

Mori 2022

Mori, qual è il segreto della “nuova” Uae?

02.04.2022
5 min
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Tadej Pogacar ma non solo. Le imprese dello sloveno non sono solamente frutto del suo immenso talento, ma vanno inquadrate nel contesto di una squadra, il Uae Team Emirates, che non è più un semplice corollario. L’andamento della prima fase stagionale dice anzi che la formazione degli Emirati ha un singolare primato: quello di avere il più alto numero di vincitori nel circuito. Si vince con Pogacar, certo, ma anche con tanti altri e ogni volta che ci si presenta al via, chiunque siano i selezionati si corre per vincere.

Sembrano così lontani i tempi del Tour 2020, il primo vinto dallo sloveno. Si disse allora che la grande impresa era stata tale perché Pogacar aveva vinto praticamente da solo, mandando in crisi la Jumbo Visma per superare alla fine Roglic. C’era del vero, ma forse si era esagerato e la disamina della prima parte di stagione, di quel primato importante non può che partire da allora. A farla è un uomo che da 5 anni vive la realtà del team, Manuele Mori prima corridore e ora nel gruppo dei diesse.

MOri 2019
Mori, empolese di 41 anni, ha chiuso la carriera nel 2019, dopo 16 anni fra i pro’
MOri 2019
Mori, empolese di 41 anni, ha chiuso la carriera nel 2019, dopo 16 anni fra i pro’
Allora, Manuele, la squadra attuale è figlia anche di quella controversa interpretazione del Tour?

Diciamo che su quel che è successo allora si è ragionato a lungo in seno alla squadra. Non va dimenticato, ad esempio, che a inizio Tour perdemmo Formolo che era una pedina fondamentale proprio per sostenere Tadej, inoltre pochi ricordano che la prima maglia gialla fu nostra, grazie a Kristoff. Si guardava all’esito delle tappe, ma nell’approccio alle salite Pogacar aveva sempre almeno un uomo con sé, l’imperativo era non strafare, riguadagnare quanto bastava per giocarsi tutto a cronometro. E’ chiaro però che da lì non ci si è fermati, ma si è ripartiti per fare una squadra molto più forte.

E’ pur vero però che dopo un anno e mezzo la situazione è profondamente cambiata…

Quando hai il numero 1 in assoluto può sembrare tutto facile e scontato, ma non è così. Matxin ha lavorato con grande attenzione, ha dato vita a una struttura che ha in Tadej l’elemento più importante, ma uno dei tanti. Mi spiego meglio: il principio alla base del team è che l’importante è che vinca il team. Ci sono quindi occasioni – e lo avete visto anche voi – nelle quali Pogacar si mette al servizio degli altri. Al Uae Tour, nell’ultimo giorno, Tadej stava correndo in supporto di Majka e Almeida, perché vincessero loro, poi l’attacco di Yates lo costrinse a rispondere in prima persona.

Di acquisti ne sono stati fatti molti.

Sono stati scelti corridori di spessore ma anche giovani di prospettive, perché non guardiamo al singolo anno, il nostro è un lavoro in proiezione futura. Ci permette di portare a ogni gara una squadra competitiva, sempre nell’ottica di correre per vincere, chiunque sia a farlo. Questo ha portato ogni corridore a far propria una condotta di gara aggressiva, non subiamo mai le iniziative altrui, che siano gare d’un giorno o corse a tappe.

Pogacar ha spesso affermato che “vincere aiuta a vincere”…

E’ una grande verità, si è visto dalla prima gara che le cose andavano bene e questo influisce sul morale, dà entusiasmo, consente ai giovani di crescere con calma, ad esempio Covi sul quale puntiamo moltissimo. Tutti devono avere i loro spazi: alla Sanremo Ulissi ha corso per Tadej all’approccio del Poggio, ma poi a Larciano ha finalizzato lui la corsa. Matxin ha lavorato per inserire i tasselli adatti a ogni situazione di corsa.

C’è una gara che può identificare al meglio questa filosofia di base?

La Vuelta a Murcia, dove ero proprio io in ammiraglia Uae: erano in 5, ma sembravano 8 per come coprivano ogni fase della gara, portando alla fine Covi al successo. Trentin aveva ottime possibilità personali, eppure si è messo a tirare per Alessandro e le cose sono andate al meglio. Matteo era contentissimo e quel morale gli è servito successivamente in Belgio.

Soler Tirreno 2022
Per Marc Soler nuovo team e nuovo ruolo, ma verrà anche il suo momento
Soler Tirreno 2022
Per Marc Soler nuovo team e nuovo ruolo, ma verrà anche il suo momento
Anche dal punto di vista strategico però si lavora per essere competitivi in tutti i grandi giri considerando che Tadej più di due non può farne…

E’ il discorso che facevo prima nell’inserimento dei giusti tasselli. Joao Almeida è un leader nato per le grandi corse a tappe, ci consente di avere un’alternativa valida sia che Pogacar sia presente, sia che debba svolgere il ruolo di capitano unico come al prossimo Giro. Ricordando sempre che quel che conta è il Uae Team. Tadej lo sa bene, è sempre il primo a mettersi a disposizione e se la classifica, Dio non voglia, si dovesse mettere in un certo modo, darà volentieri una mano.

Finora hanno vinto in tanti. Da chi ti attendi uno squillo fra quelli che ancora non hanno potuto alzare le braccia?

Mi piacerebbe vedere Soler vittorioso, si è approcciato al suo nuovo team e nuovo ruolo con molta umiltà e disponibilità, ma ha già dimostrato di essere maturo per un successo e io penso che sia solo questione di tempo. Poi Ayuso naturalmente, ha un talento enorme, ma il tempo gioca decisamente a suo favore vista l’età ancora tanto giovane. In generale tutti i nuovi si sono integrati bene e stanno rendendo al meglio, però un ultimo pensiero vorrei dedicarlo a Majka, è stato davvero un piacere vederlo vincere all’ultima Vuelta, io c’ero e so che cosa significava per lui, lo ripagò del grande lavoro svolto al Tour. Vorrei che questi tre mi regalassero una gioia a breve, sarebbe davvero come se vincessi io.

Più tosti della neve. In UAE Emirates già mordono

01.04.2022
5 min
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«Come da programma, stamattina i ragazzi sono usciti in bici. E sì che io gli ho detto di partire un po’ più tardi, tanto più che il meteo era dato in miglioramento. Ma loro non ne hanno voluto sapere nonostante la neve. “Restiamo col programma originale”, mi hanno detto. E quando è così, capisci quanto sono motivati».

Spunta un pizzico d’orgoglio sul volto di Fabio Baldato quando gli abbiamo fatto notare che molti team hanno preferito restare al coperto sui rulli.

Il Giro delle Fiandre si apre ufficialmente 48 ore prima del via con le ricognizioni sul percorso. Un percorso insolitamente imbiancato. Qui in Belgio fa un freddo cane. Al mattino è anche nevicato. Ma i ragazzi della UAE Emirates non si sono tirati indietro.

Così si presentavano i muri fiamminghi questa mattina… La neve ha imbiancato le Fiandre
Così si presentavano i muri fiamminghi questa mattina… La neve ha imbiancato le Fiandre

Nuova sfida

In un moderno hotel di Waregem, Matteo Trentin, Fabio Baldato e Tadej Pogacar si concedono ai giornalisti, mentre fuori i meccanici ripuliscono le bici al freddo. E ogni tanto cade ancora qualche fiocco di neve, ma non attacca.

La prima cosa che ci viene in mente, ripensando alla ricognizione del mattino, tra l’altro fatta spingendo anche abbastanza, è che Pogacar oltre che un fuoriclasse è anche un gran lavoratore. E’ un corridore che si mette in gioco, che guarda avanti e ragiona a lungo termine.

Ci sono delle similitudini tra il sopralluogo di oggi e la crono iridata, sempre qui in Belgio. Era una crono piatta, sapeva che non avrebbe vinto contro specialisti quali Ganna, Kung o Van Aert, ma dopo Tour e Olimpiadi ha voluto partecipare lo stesso. Perché? Per essere preparato anche alle maxi crono pianeggianti, qualora un giorno gliene fosse toccata una in un grande Giro.

Oggi lo sloveno si è infilato i guanti (Trentin neanche quelli. Ha detto anche che non era poi così freddo), la maglia pesante e si è buttato sui muri e sotto la neve. Non ci ha pensato due volte. C’era una “lezione all’università” e lui non se l’è voluta perdere. E c’era anche il professore…

«Mi metto in gioco – ha detto Tadej in conferenza stampa -. Per me il Fiandre è una nuova sfida, vediamo cosa succederà. So di non avere esperienza, ma ci proviamo.

«Vincere? Ci sono tanti che possono vincere. Io proverò a dare il massimo, sapendo che potrebbe non bastare perché ci sono i muri, il pavé e non sai mai cosa ti potrebbe capitare in una corsa così. Le prime sensazioni sono state buone. E’ bello pedalare qui, ma la gara è un altra cosa. Per fortuna che con me c’è Matteo».

Capitano in gruppo

Trentin è seduto al suo fianco. Il trentino ha il taping sul collo. Si porta dietro ancora i segni della gran botta presa nella caduta alla Parigi-Nizza. 

«Ho ancora dolori a queste fasce muscolari – mentre le indica passandocisi un braccio – e la bici di certo non è la miglior medicina visto che col collo sei sempre teso in avanti. Però ogni giorno miglioro un po’.

«Come vedo Tadej? Bene, questo ragazzo dove lo metti sta! Non ha troppa esperienza ed è vero: alla Dwars door Vlaanderen più di qualche volta è stato costretto a risalire. Sicuramente sprecherà un po’ di più degli altri. Fosse rimasto dietro in una cote della Liegi non avrebbe avuto problemi a risalire. Qui invece, anche se hai la gamba, non è detto che tu possa riuscirci. E poi è bello che un corridore del suo calibro si metta in gioco in questo genere di corse. E’ un vero bene per il ciclismo».

«La Jumbo Visma è la più forte –  ha aggiunto poi Trentin – con o senza Van Aert (che ufficialmente ancora non ha alzato bandiera bianca, ndr). Hanno Benoot e altri che possono fare bene. E poi c’è la Alpecin con Van der Poel…».

In primo piano le bici appena lavate di Trentin e Pogacar, entrambi hanno provato con ruote da 45 mm
In primo piano le bici appena lavate di Trentin e Pogacar, entrambi hanno provato con ruote da 45 mm

Corsa più aperta?

Alla vittoria, ancora una volta, ci credono eccome in casa UAE Emirates. Ci crede Baldato che vede nei suoi ragazzi quella grande determinazione di cui dicevamo all’inizio. 

«Noi partiamo sempre per vincere. Tadej può farcela. E’ un campione. Ho la fortuna di avere in squadra Matteo Trentin, che è un vero direttore in corsa. Vediamo di guidarlo bene con lui. Matteo stesso sta migliorando e anche oggi ho visto che ha fatto un piccolo step».

Il ruolo di Trentin resta cruciale in UAE Emirates e Baldato lo sa bene. Non sembra pretattica. Semmai si sarebbe dovuto fare il contrario per sgravare Pogacar che ha già tante pressioni di suo.

«La corsa forse senza Van Aert sarebbe un po’ più aperta – ha aggiunto in un secondo momento Baldato – io spero che i miei ragazzi siano davanti quando il gruppo si assottiglierà, quando resteranno in 30 e magari possano cogliere il momento buono. La Jumbo-Visma resta la squadra più forte. Benoot forse ha qualcosa in più di Laporte, ma Laporte è più veloce in caso di arrivo ristretto».

Il diesse, che al Fiandre fu due volte secondo (1996, 1995) però sembra molto più concentrato sui suoi. Il Fiandre con Pogacar leader è una sfida nuova anche per lui.

«Sono orgoglioso di guidare questi ragazzi. Ragazzi che hanno voglia e mentalità vincente… come uscire sotto la neve».

Slovenia Green Gourmet Route, in bici tra sapori e natura

25.03.2022
4 min
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Già nominata Regione Gastronomica Europea nel 2021. La Slovenia con la Green Gourmet Route esprime pienamente il concetto di sostenibilità, tra cicloturismo e tappe gastronomiche nel Cuore Verde d’Europa: un percorso ciclabile assolutamente nuovo. Un mix capace di unire avventura, cultura, relax, paesaggi mozzafiato e piaceri per il palato in un tour di scoperta lenta del territorio.

Undici giorni di viaggio, per attraversare il territorio da un capo all’altro, passando unicamente per le splendide destinazioni certificate Slovenia Green. Standard di sostenibilità elevati e soste culinarie ricche di sapori, il tutto a marchio Slovenia Green Cuisine

Nell’itinerario sono presenti passaggi in città storiche e importanti della Slovenia antica
Nell’itinerario sono presenti passaggi in città storiche e importanti della Slovenia antica

Il percorso 

Un viaggio dei sensi, incentrato sul cicloturismo, che si dirama su strade secondarie tra emozionanti scorci, località pittoresche, castelli, vigneti e boschi aromatici, imponenti montagne, colline, laghi e splendide sorgenti termali. 

La Route si snoda in territorio sloveno partendo dalla capitale, Lubiana, città dall’eleganza mitteleuropea. In bicicletta si viaggia in direzione della Valle dell’Isonzo guidati dal fiume color smeraldo, gioiello incorniciato dalle Alpi Giulie. Si prosegue verso Brda, caratteristica regione viticola tra le Alpi e il Mediterraneo e poi, in direzione di Nova Gorica e la Valle del Vipava. Ci si muove nell’incantevole regione del Carso, silenzioso mondo delle meraviglie sotterranee e dei fenomeni naturali. 

E ancora, Sevnica, città del Posavje, dove visitare il castello e il vigneto di Franconia Blu. Podčetrtek e Rogaška Slatina con acque termali uniche e benefiche. Ptuj la città più antica della Slovenia, famosa per il carnevale, fino a Maribor, la capitale della Stiria attraversata dalla Drava. Un percorso variegato in grado di far assaggiare al cicloturista in pochi giorni l’essenza della Slovenia e del suo territorio. 

Il viaggio gourmet è rivolto nel portare il ciclista ad assaporare la gastronomia slovena
Il viaggio gourmet è rivolto nel portare il ciclista ad assaporare la gastronomia slovena

Viaggio nel gusto

Regione Gastronomica Europea nel 2021, la Slovenia offre un panorama culinario vario, ricco di prelibatezze e pietanze locali. La Green Gourmet Route prevede soste gourmet, per un’esperienza di gusto unica e intensa, accompagnata dai migliori vini naturali delle zone viticole, dal miele ai prodotti dell’apicoltura, da filiere corte e stagionali. 

Prodotti a Km0, piccoli produttori e artigiani del gusto, ma anche ben sei ristoranti stellati Michelin, per la gioia dei palati più fini. Il tutto rigorosamente certificato, con il sigillo di sostenibilità, che si ottiene per l’utilizzo delle materie prime, il rispetto del territorio e della biodiversità, ma anche per la gestione green degli scarti, ridotti al minimo e smaltiti in modo ecologico.

Paesaggi caratteristici con terrazze naturali a pochi passi dai tratti dedicati alle due ruote
Paesaggi caratteristici con terrazze naturali a pochi passi dai tratti dedicati alle due ruote

Ciclisti per natura

La Slovenia ha un legame profondo con la bicicletta: lo dimostrano gli astri sportivi, Tadej Pogacar e Primoz Roglic, entrambi ambasciatori del turismo sloveno. Oltre ai due campioni del ciclismo mondiale, a valorizzare il tutto ci sarà la diciannovesima tappa del Giro d’Italia in territorio sloveno prevista anche in questo 2022. 

Per la sua varietà paesaggistica la Slovenia è una meta molto amata da chi pratica il ciclismo su strada, infatti nel Cuore Verde d’Europa il cicloturismo è adatto a tutti, dai biker più esperti alle famiglie, a chi semplicemente, desidera scoprire il territorio con un approccio verde e rilassante. In ogni stagione e per ogni tipologia di amatore della bicicletta, la Slovenia offre piste ciclabili, bike park o percorsi gourmet.

Slovenia sempre più presente nel ciclismo, anche quest’anno ospiterà la 19° tappa del Giro d’Italia
Slovenia sempre più presente nel ciclismo, anche quest’anno ospiterà la 19° tappa del Giro d’Italia

Sport e Slovenia

Tadej Pogacar, Primoz Roglic, Matej Mohoric e molti altri sono i nomi sloveni del mondo dello sport che vincono titoli e medaglie di importanza mondiale. E’ infatti difficile trovare un paese che combini risultati così importanti in un’area tanto piccola. 

La Slovenia è un vero crocevia tra il mondo alpino, mediterraneo, carsico e pannonico. Le distanze sono relativamente brevi, nello stesso giorno si può passare dall’essere sulle Alpi e al mare. Un altro aspetto importante che valorizza questa terra sono i centri sportivi specializzati. Questi sono collegati con le destinazioni turistiche e con i centri termali, che mettono a disposizione degli atleti centri medici specializzati con programmi specifici.

Il popolo sloveno è la dimostrazione che la pratica sportiva è entrata a far parte dell’educazione. Due terzi della popolazione fa sport a livello dilettantistico. Le attività più popolari sono l’escursionismo, il ciclismo, la corsa e lo sci in inverno, per un totale di circa 7.000 atleti iscritti nelle varie categorie. Dallo scorso anno, il 23 settembre la Slovenia celebra anche la Giornata dello sport sloveno.

GreenGourmetRoute

Soler e Pogacar: un binomio vincente fin da subito

22.03.2022
4 min
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Una frase di Marc Soler al termine di una tappa della Tirreno-Adriatico, vinta dal suo compagno Pogacar, ha acceso il nostro interesse. Lo spagnolo ha detto che lavorare per Pogacar è facile e che è contento di essere alla UAE Team Emirates. Incuriositi da queste parole abbiamo chiesto a Matxin, team manager della UAE, come sono andati i primi mesi di Marc Soler accanto a Tadej. 

Matxin e Soler si conoscono da molti anni, da quando Marc vinse il Tour de l’Avenir nel 2015
Matxin e Soler si conoscono da molti anni, da quando Marc vinse il Tour de l’Avenir nel 2015

Un lungo corteggiamento

Uno scudiero accanto al principe sloveno, questa è la descrizione pensata dopo l’approdo di Soler alla corte di Matxin. Ma l’interesse per il corridore spagnolo parte da lontano…

«Non c’è stato un vero e proprio primo contatto per portarlo qui – dice Matxin – io Marc lo conosco da quando correva nei dilettanti e vinse il Tour de l’Avenir (nel 2015, ndr). L’ho sempre ritenuto un corridore forte, tant’è che ho provato a portarlo da me già anni fa, ma senza riuscirci».

Soler è stato fondamentale per la conquista della Tirreno da parte di Pogacar, soprattutto nelle tappe di Bellante e del Carpegna
Soler è stato fondamentale per la conquista della Tirreno da parte di Pogacar

Accanto da subito

Nella conferenza stampa di presentazione si era parlato di cercare un feeling con Pogacar, provando ad entrare subito in sintonia.

«Marc e Tadej – riprende il team manager – si sono ritrovati in stanza insieme fin dal primo ritiro. E’ stata una mia decisione, volta a farli conoscere e metterli subito in contatto. Dovranno stare parecchio vicini nel corso della stagione. I due si sono subito trovati bene insieme, me lo ha detto lo stesso Marc. Non è difficile stare accanto a Pogacar, anzi direi che è molto facile, lui ha un carattere gentile e molto umile che ti mette una gran voglia di lavorare con lui e per lui».

Non mancheranno le occasioni per cercare il successo personale, ora è al Catalunya dove ha chiuso la prima tappa al 30ª posto
Non mancheranno le occasioni per cercare il successo personale, ora è al Catalunya

Ad ognuno i suoi spazi

Per Marc però non mancheranno le occasioni per mettersi in mostra e provare a fare risultato. In questi giorni correrà la Volta Ciclista a Catalunya provando a prendersi un po’ di spazio.

«Lo si era già detto nella conferenza stampa di inizio stagione – prosegue Matxin con voce viva – per Marc ci saranno anche le occasioni per provare a vincere. La nostra filosofia di squadra è differente, siamo consapevoli delle qualità di Tadej, ma non per questo lui è il nostro unico capitano. Il trattamento in squadra deve essere uguale per tutti, dal primo al migliore, non dico ultimo perché qui non c’è una gerarchia.

«La nostra è una filosofia che paga – riattacca immediatamente – considerate che abbiamo ottenuto 20 vittorie con 9 corridori diversi fino a questo momento. Il programma per Marc prevedeva di fare la Parigi-Nizza da protagonista (corsa che ha già vinto nel 2018, ndr). Tuttavia lui stesso ci ha detto che avrebbe preferito fare la Tirreno accanto a Tadej per aiutarlo a conquistare uno dei primi obiettivi della stagione».

L’arrivo di Soler è un rinforzo importante in vista della prossima sfida del Tour
L’arrivo di Soler è un rinforzo importante in vista della prossima sfida del Tour

Spalle larghe

L’arrivo in squadra di un corridore come Soler è legato anche al fatto di avere un maggior supporto durante il Tour de France. La UAE negli anni ha subìto qualche critica per il poco supporto fornito a Pogacar.

«Sinceramente – dice Matxin – non ho mai dato peso alle critiche, che poi non le chiamerei così, sono opinioni ed ognuno ha la sua. Come si dice nel calcio: “Ogni volta che gioca la nazionale siamo tutti cittì”, questa cosa vale anche nel ciclismo. Soler è un corridore di grande esperienza e con una grande capacità di lettura della corsa. Nella squadra non abbiamo solo lui, ma il suo arrivo ci ha permesso di aggiungere un tassello importante al nostro puzzle».

«In Spagna un corridore come Marc lo definiamo come “talante” ovvero un mix di talento e carattere. Lui, di entrambe le cose ne ha da vendere e questo mi piace molto. E’ un corridore che non teme le sfide anzi, lo esaltano».

Pogacar Belgio 2022

Pogacar fa “mea culpa” e pensa già alle altre classiche

20.03.2022
4 min
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Seduto sugli scalini del suo bus, con gli occhi rossi, ma il suo solito sorriso sbarazzino, Tadej Pogacar racconta la sua Sanremo. L’epilogo a ruota del connazionale Mohoric, le sue sensazioni, la folle discesa, le altre classiche in arrivo e persino i suoi errori…

Sì, avete capito bene: errori. Anche Tadej Pogacar sbaglia. E forse lo si ama anche un po’ di più per questo. Lo sloveno racconta tutto con una lucidità pazzesca.

Pogacar è scattato tre volte sul Poggio, più una quarta per chiudere su Kragh Andersen
Pogacar è scattato tre volte sul Poggio, più una quarta per chiudere su Kragh Andersen

“Mea culpa”

La sua analisi non fa una piega. Sapeva di essere super marcato e che oggettivamente non era facile scappare via sul Poggio, come sul Carpegna o forse sarebbe meglio dire come a Bellante nella recente Tirreno. Altra salita e altri avversari.

«Sapete – dice Pogacar – quando ci si controlla a vicenda, ci si annulla anche a vicenda. E’ stata una marcatura stretta.

«Il nostro piano era quello, ma in realtà ho sbagliato. Ho attaccato troppo presto. C’era vento contrario. E’ stato un errore e adesso non posso rimediare. Ho provato altre due volte spingendo forte per davvero, ma sono stati tutti troppo bravi oggi».

Il corridore del UAE Team Emirates avrà pure sbagliato, però ha ben impresso ogni momento della corsa. Aveva tutto sotto controllo e lo si capisce anche da come racconta. E anche la doppia sosta in fondo al Turchino, da molti interpretata come un segno di giornata no, ne è un esempio. Lui invece si stava spogliando nel momento giusto. Quando ancora la corsa non era esplosa. Prima una sosta fisiologica e poi quella dell’abbigliamento.

«Alla fine con me in fondo al Poggio c’erano tutti i velocisti, non che io vada male in volata ma…», come a dire se c’erano loro, come potevo fare la differenza io? Sono contento della mia prestazione e del mio quinto posto».

Lo sloveno ha imboccato davanti la discesa del Poggio. Poco dopo è piombato Mohoric, arrivato sul drappello di testa allo scollinamento
Lo sloveno ha imboccato davanti la discesa del Poggio. Poco dopo è piombato Mohoric, arrivato sul drappello di testa allo scollinamento

Follia Mohoric 

Dallo scollinamento del Poggio a Via Roma è stato tutto un tumulto. Un soffio, un brivido… Un brivido anche per Pogacar che ha visto in prima persona i rischi presi dal connazionale Mohoric.

«Non ho mai pensato di andare dietro a lui – riprende Pogacar – Matej mi ha sorpassato in discesa e ho visto subito che ha preso davvero tanti rischi. Ad inizio gara mi aveva detto di non seguirlo giù dal Poggio perché aveva questo reggisella particolare! Alla prima curva mi ha superato e ho notato che era già con la sella più bassa. Un qualcosa che ha fatto la differenza. E capisci perché i downhiller lo usano. Ho visto che all’ingresso del secondo tornante è uscito fuori strada sulla sinistra. E’ stato pazzesco!».

«Mi sono detto: non posso seguirlo e ho pensato che potevano lavorare anche gli altri ragazzi. C’erano corridori più veloci dietro di me, quindi non avevo niente da perdere. In quel momento non spettava a me fare qualcosa: dovevo solo salvare le gambe il più possibile».

Alla vigilia, la UAE aveva dichiarato di fare corsa dura. Con Tadej anche le altre classiche probabilmente saranno interpretate così
Alla vigilia, la UAE aveva dichiarato di fare corsa dura. Con Tadej anche le altre classiche probabilmente saranno interpretate così

Sanremo mon amour

«Se tornerò alla Sanremo? È possibile, sì – conclude Pogacar – Due anni fa ho fatto questa gara per la prima volta e mi dissi che poi non era così brutta, credevo fosse noiosa. Da oggi (ieri per chi legge, ndr) penso che sia una delle più belle».

Insomma tutti pronti a divertirsi con Pogacar in corsa. I suoi scatti, le sue azioni. Adesso si entra nel vivo delle classiche. Lo sloveno sarà presente quasi in tutte. Ardenne, chiaramente, ma anche Giro delle Fiandre.

«Adesso ho bisogno di tre giorni senza bici! Voglio divertirmi un po’ e poi penserò alle altre classiche. Sta arrivando un mese divertente».