Philipsen strozza l’urlo di Cavendish e fa infuriare Girmay

07.07.2023
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«Tu stavi per alzare le braccia – dice Zanini con un sorriso amaro – se vinceva Cavendish, io alzavo la macchina…».

La volata di Bordeaux si è conclusa da poco con la terza vittoria di Jasper Philipsen, ma anche questa volta, come nel primo sprint a Bayonne, alle sue spalle non si sono levati applausi ma pugni al cielo. Sono furibondi quelli della Intermarché-Circus e anche l’Astana non è parsa troppo conciliante. Al punto che Bourlart del team belga e lo stesso kazako sono andati a parlare con la Giuria dello spostamento plateale del vincitore da sinistra a destra, che ha ostacolato i rivali: Girmay su tutti. I due si erano stretti la mano dopo che Biniam aveva soffiato al collega i punti del traguardo volante, ma ora la rivalità rischia di farsi incandescente.

La Giuria ha fermato le ammiraglie, la rincorsa di Cavendish e Van der Poel è stata lunga e dispendiosa
La Giuria ha fermato le ammiraglie, la rincorsa di Cavendish e Van der Poel è stata lunga e dispendiosa

«Tanto non lo squalificano – riprende Zanini – ormai non si può più fare reclamo come una volta. Loro decidono e così resta. Comunque ci riproviamo. “Cav” sta bene, meglio che al Giro. E arrivato qua più magro e al Tour le motivazioni non mancano di certo. Magari il giorno non sarà domani, visto che l’arrivo un po’ tira, ma le occasioni ci sono.

«Peccato anche che per rientrare da un cambio bici abbiamo impiegato un sacco di strada. Ci sono più moto che corridori. I giudici vogliono tenere la colonna stretta, ma quando è il momento di tenere le macchine vicine, non ti fanno passare. E lì si creano i buchi. E’ già la seconda volta…».

La Giuria ha rivisto il filmato e ha giudicato regolare la vittoria di Philipsen. Cavendish in ogni caso non ne era stato ostacolato, ma in caso di squalifica, avrebbe avuto la vittoria che gli manca.

Anche oggi un grande lavoro di squadra per la Alpecin-Deceuninck per la volata di Philipsen
Anche oggi un grande lavoro di squadra per la Alpecin-Deceuninck per la volata di Philipsen

Nessun regalo

Philipsen fa il tris con il solito imperiale lavoro di Mathieu Van der Poel, che è partito fortissimo per portarlo fuori dal gruppo e c’è da capire se spenderebbe di meno e otterrebbe ugualmente il risultato voluto se partisse più lungo e in modo più graduale.

«Ancora una volta – dice Philipsen – possiamo essere orgogliosi di una grande prestazione di squadra. Senza di loro e il modo in cui lavoriamo e ci troviamo, non sarebbe possibile vincere. Sono sempre stato coperto e ho risparmiato perfettamente le forze per lo sprint. Chiunque mi avesse detto una settimana fa che avrei vinto le prime tre volate, lo avrei preso per pazzo, sono davvero molto felice e orgoglioso.

«Cav è stato di nuovo fortissimo – prosegue – mi piacerebbe anche vederlo vincere. Penso che tutti glielo augurino. Sicuramente continuerà a provarci, ma io non gli regalerò niente. Non vedo l’ora che arrivi lo sprint di Parigi, ne sto facendo il mio obiettivo, oltre alla maglia verde».

Philipsen inizia a spostarsi, Cavendish lo guarda: la volata entra nel vivo
Philipsen inizia a spostarsi, Cavendish lo guarda: la volata entra nel vivo

Le scelte di Van Aert

Chi invece nella volata non si è buttato e ha preferito sfilarsi e arrivare oltre i tre minuti è Wout Van Aert, visto in coda al gruppo per tutto il giorno e poi sfilato nel momento in cui i team hanno accelerato per preparare la volata.

«Ovviamente ero un po’ stanco dopo una giornata come quella di ieri – ha detto – è stata super dura per tutta la squadra. Naturalmente speravamo che Jonas (Vingegaard, ndr) potesse mettere la ciliegina sulla torta con una vittoria di tappa, invece ci siamo imbattuti in un Pogacar fortissimo. Dobbiamo accettarlo ed essere felici di avere ancora vantaggio in classifica. La battaglia è tutt’altro che finita. Non ho sprintato perché penso che la corsa di domani mi vada meglio. E’ il momento di fare delle scelte».

Sette italiani al via, gli altri dove sono? Sentiamo Zanini

02.04.2023
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Affini. Ballerini. Trentin. Pasqualon. Fedeli. Parisini. Puppio. Gli italiani al Fiandre starebbero quasi in una sola ammiraglia. Non si tratta di piangersi addosso, ma di rilevare il dato. Era atteso Bettiol, vincitore nel 2019, ma è tornato a casa con la febbre. E così, tolti i primi tre chiamati a fare i gregari per Van Aert, Alaphilippe e Pogacar, gli altri faranno la loro esperienza (in realtà qualche speranza su Ballerini e Pasqualon liberi da compiti di gregariato ce la teniamo timidamente per noi).

La fantasquadra di Zanini

E’ mai possibile, ci siamo chiesti ieri pomeriggio a margine della riunione dei direttori sportivi, che non ci siano a casa nostra corridori all’altezza di questa corsa? E allora, un po’ giocando e un po’ non potendo che aggrapparci alle ipotesi, abbiamo chiesto una mano a Zanini, diesse dell’Astana Qazaqstan Team, secondo nel 1998 alle spalle del suo compagno di squadra Museeuw che in suo onore ha battezzato il figlio Stefano. Con quali corridori italiani costruiresti una squadra italiana per il Fiandre? Zazà ci ha prima guardati come fossimo matti, poi si è prestato al gioco, partendo da un talento come Moscon che da quando è all’Astana non ha mai avuto i pianeti allineati. Dopo essere guarito dall’infezione batterica, ecco la frattura al Tour Down Under.

«Gianni lo metterei – dice – per quello che ha fatto vedere alla Roubiax di tre anni fa. Parlando di italiani, è ovvio che lo metto. Come pure metterei Affini. Nella mia squadra vorrei che fossero tutti in grado di fare la corsa, poi vediamo quello viene fuori».

Moscon ha lanciato bei lampi di classe alla Roubaix, ma quest’anno niente pavé: Amstel e Ardenne
Moscon ha lanciato bei lampi di classe alla Roubaix, ma quest’anno niente pavé: Amstel e Ardenne
Avresti un capitano?

Ballerini, a lui darei carta bianca. Mi è dispiaciuto tantissimo che sia andato via, anche se è un canturino. Fra Cantù e Varese, lui lo sa benissimo, non corre buon sangue, però io e lui andiamo d’accordo (ride, ndr). Davide è uno su cui si potrebbe fare la corsa. Ha vinto l’Het Nieuwsblad, che qua è un campionato del mondo e ci tengono tantissimo. Perciò, Ballerini leader, e poi nella mia squadra italiana, ci metterei anche un Mozzato. Perché è sempre là davanti, anche se pure lui è abbastanza sfigato perché rompe la bici, oppure cade, però lo prenderei assolutamente.

Ganna lo prenderesti?

Oggetto misterioso, come fai a dire di no? Lo vorrei assolutamente, però lo farei correre di più. Il fatto che non faccia il Fiandre non mi convince tanto. Per come la vedo io, devi correre qua, non fare una sola corsa, soprattutto noi italiani che siamo su queste strade un mese all’anno… Devi venire dalla prima, poi magari ne salti una per recuperare, ti gestisci bene. Però devi correre qua, non c’è storia e non c’è VeloViewer che tenga. Devi memorizzare il campanile, la casa bianca, la curva…. Tutte queste cose qua, devi farti la tua esperienza. VeloViewer ti aiuta in determinate condizioni come il vento, è un aiuto in più. Ma io, da parte mia, non è che gli dico tutto alla radio. Anche perché sennò non sono neanche più concentrati, perché aspettano solo quello che gli dici tu. Così parlo solo per l’indispensabile.

Pasqualon e Milan?

Subito, li prenderei subito. Sono ottimi corridori che in queste corse vengono fuori, perché sono percorsi che gli piacciono e questa è la cosa fondamentale. Il Belgio lo devi amare, sennò non riesci. Se non ti piace, non venire neanche perché è troppo particolare.

Milan non ha finito la Gand per una caduta e rientra alla Roubaix
Milan non ha finito la Gand per una caduta e rientra alla Roubaix
E Covi, che è quasi delle tue parti?

Anche lui ci starebbe benissimo. L’ho visto l’anno scorso, forse alla sua prima esperienza in Belgio, e mi era piaciuto subito. Era andato in fuga, il modo migliore per conoscere le strade, e aveva fatto comunque un buon risultato.

Tu hai corso nella Mapei, squadrone di tanti grandi corridori. Come si fa a venir fuori se hai il compito di tirare?

Come si fa? Vai in fuga, speri che vada bene e vinci. Devi fare in modo di farti notare. Queste sono gare particolari e magari, se qualcuno ha sfortuna e tu stai bene, riesci a ritagliarti il tuo spazio a crescere di grado. Però non è neanche bello fare il furbo, dire che non tiri così poi arrivi in fondo e te la giochi. Non appartiene al mio modo di fare, perciò non lo dico neanche. Il consiglio è di fare il tuo lavoro e poi sicuramente arriverà l’occasione.

Da cosa dipende che si fa tanta fatica a venir fuori in corse come questa?

Si dice sempre che manca una squadra WorldTour, ma secondo me i corridori per fare le squadre ce li potremmo anche avere, perché in un team devi avere anche dei corridori a livello internazionale, non solo italiani. Il problema in Italia è che fra un po’ non avremo neanche più i giovani da far crescere. Questo è il grande problema. In provincia di Varese sono veramente pochi e continuano a calare. Da giovanissimi ce ne sono abbastanza, però da esordienti e allievi si perdono. E’ questo il problema, bisogna intervenire lì, non su una squadra WorldTour.

Lo scorso anno sul pavé del Brabante, Covi si è messo alla prova
Lo scorso anno sul pavé del Brabante, Covi si è messo alla prova
E come lo risolvi?

Cercando di portare i ragazzi al ciclismo. Magari non subito sulla strada, perché capisco benissimo che anche per i genitori non sia una cosa facile, però ci sono la mountain bike e la BMX. Si può cominciare da quelle e poi andare anche sulla strada. Abbiamo campioni della strada che hanno fatto mountain bike, secondo me si può cominciare anche così.

Quando correvi con Reverberi, venivi mai a correre qui?

Nell’ultimo anno che ho fatto con loro, era il 1994, siamo venuti su. Oggi temo che le nostre professional facciano fatica a partecipare, anche se io anticiperei tutto. Ci verrei anche con gli juniores. Sai mai che cominciando presto le cose non migliorino?

Zanini al lavoro: nasce il treno Astana per Cavendish

21.02.2023
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«Era la prima volta che lavoravo con “Cav” e ho avuto un’ottima impressione. L’ho visto davvero come un leader». Stefano Zanini, storico direttore sportivo dell’Astana Qazaqstan entra subito nel merito parlando di Mark Cavendish.

Il grandissimo sprinter inglese, tra l’altro campione nazionale in carica, è approdato quest’anno al team kazako. Team che non ha mai avuto un velocista così importante nel peso della squadra stessa. Senza Lopez e senza Nibali, un corridore così rischia di delineare i connotati della squadra stessa.

L’obiettivo principale, oltre che correre e fare bene, è prendersi il record assoluto di tappe vinte al Tour de France, che al momento condivide con Eddy Merckx: 34 vittorie.

Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi storici dell’Astana Qazaqstan: è col team kazako dal 2013
Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi storici dell’Astana: è col team kazako dal 2013
Stefano, cosa ti è sembrato di Cavendish all’Astana?

Come detto è la prima volta che ci lavoro. Ho trovato un leader nei modi, nel modo di rapportarsi con i compagni. Si è subito integrato. In ritiro l’ho visto effettivamente poco, giusto un paio di giorni, ma in Oman ci sono stato di più. Mark ti coinvolge.

Sa fare squadra, dunque.

Sì, sì, parla… Per esempio nella prima tappa dell’Oman ha raccolto la squadra e ha spiegato ai ragazzi come fare per lo sprint, cosa voleva. «Facciamo così, facciamo “colà”»… E in effetti non avevo mai visto un’Astana così unita ai 200 metri dall’arrivo. Bello! E l’ho visto coinvolto anche in altre tappe: ha dato il suo contributo per Lutsenko e Tejada.

Descriviamo meglio quel “così, colà”.

In Oman aveva stabili due uomini per il suo “treno”, chiamiamolo così: Fedorov e Laas. Gli ha detto che gli dovevano essere vicini per davvero e gli ha spiegato come dovevano comportarsi nel finale. Per esempio: se diceva destra una volta, si dovevano spostare a destra di un metro. Se lo diceva due volte, di due metri… E la cosa bella è che loro lo hanno fatto e lui gli ha dato fiducia. Mark si fidava, li seguiva. In riunione gli diceva: «Tu fai così che io ti seguo».

Cav si è ben ambientato. Eccolo scherzare con Tejada, uno dei leader per la generale in Oman (foto Instagram)
Cav si è ben ambientato. Eccolo scherzare con Tejada, uno dei leader per la generale in Oman (foto Instagram)
Beh, in effetti è bello! Sono tecnicismi che da fuori non si vedono…

E poi sai, se lo dice un campione come lui, cosa fai: non lo ascolti? Il palmares conta.

Ieri è iniziato il UAE Tour e prima eravate stati in Oman, avete lavorato sul treno magari prima dell’Oman?

No, non c’è stato modo. Abbiamo soprattutto parlato. E sono rimasto stupito di come poi sia andata in corsa. Da quel che ho visto è uno stimolo per i ragazzi. Per chi deve svolgere un certo lavoro ha una determinata motivazione.

E quindi come sarà il treno che vedremo? Avete un’idea?

Al UAE Tour ci sono Bol, Gruzdev e Martinelli che vanno ad aggiungersi a Laas e Fedorov, presenti invece in Oman.  E sono già cinque nomi. Fedorov è colui che allunga il gruppo: ha una “trenata” davvero importante. Poi ci sono anche Gidich e Syritsa, il ragazzo nuovo che abbiamo preso – ha una potenza impressionante – che sono veloci e potrebbero fare l’ultimo uomo.

Siete voi che decidete la posizione dei corridori nel treno o è Cavendish?

Lo si farà insieme man mano che passeranno le corse da qui al Tour (a tal proposito ieri Vinokourov ha lasciato una porta aperta anche per il Giro, ndr). L’importante è fare delle prove ogni volta che ce ne sarà occasione, anche sbagliando. E al UAE Tour ci sono già occasioni importanti (Ieri Cavendish è entrato assieme a Cees Bol nel ventaglio che ha deciso la corsa, piazzandosi terzo in volata, ndr).

Cees Bol porta fuori Cavendish nel finale della tappa di ieri al UAE Tour. Secondo Zanini, anche Fedorov può svolgere bene questo ruolo
Bol porta fuori Cavendish nel finale della tappa di ieri al UAE Tour. Secondo Zanini, anche Fedorov può svolgere bene questo ruolo
Stefano Zanini è stato un ottimo velocista e un grandioso apripista: gli sarebbe piaciuta una situazione così, scortare un campione quale Cav?

Eh, mi sarebbe piaciuto. E lo dico perché, ripeto, ho notato un’Astana ma vista prima. Avrei avuto belle possibilità con lui. Io ho lavorato con Minali, Steels, Boonen e qualcosa anche con McEwen e loro si sono sempre fidati di me. Per chi ricopre questo ruolo è uno stimolo importante per fare bene il tuo mestiere e dare tutto in gara. In diverse interviste Steels ha detto: «Quando sono in volata con Zazà, chiudo gli occhi e mi lascio portare da lui».

E secondo te Cavendish conosce il passato del suo direttore sportivo?

Boh, credo di sì! Però io non gliel’ho detto. Se posso do un consiglio, ma non sto lì a dire: «Io facevo così, o così».

Qual è quindi il segreto per un buon treno?

La fiducia, soprattutto nell’ultimo uomo. E per questo ho detto che è importante lavorare insieme. Il capitano, il velocista non deve avere mai l’intenzione di saltare su qualche altra ruota.

Come emergere in un team WorldTour? Sentite Zanini…

07.02.2023
4 min
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Le parole di Tiberi dall’Australia sembra abbiano dato una scossa al movimento italiano, reduce da una settimana ricca di squilli, da Milan a Ciccone, da Velasco a Consonni. E’ forse presto per dire se saremo più protagonisti in giro per il mondo di quanto sia avvenuto nella passata stagione, ma certamente al di là delle vittorie si vede una forte voglia di emergere, dai più giovani come dai più esperti. C’è voglia di protagonismo ed era questo che si chiedeva, ma come si mette in pratica in team WorldTour ricchissimi di talenti?

Tiberi ha messo in evidenza il tema dei giovani italiani alla ricerca di spazio nei team WorldTour
Tiberi ha messo in evidenza il tema dei giovani italiani alla ricerca di spazio nei team WorldTour

Il frosinate era stato chiaro: «Il ruolo devi guadagnartelo, ma questo non avviene solo in corsa. E’ un processo che dura tutto l’anno, bisogna darsi da fare anche in ritiro, pedalando ma anche fuori dalle corse. Bisogna far vedere di esserci, di avere quella fame necessaria per emergere. Bisogna guadagnarsi la fiducia degli altri, dirigenti come compagni di squadra, dimostrare sempre quel che si vale e soprattutto quel che si vuol fare».

Abbiamo chiesto a Stefano Zanini, diesse dell’Astana e capace da corridore di vincere Amstel, Parigi-Bruxelles e tappe al Giro e al Tour se le strade per il protagonismo sono davvero quelle.

«Bisogna saper miscelare atteggiamento propositivo e umiltà – dice – da parte di chi viene da squadre juniores e Development. Bisogna entrare in punta di piedi, ascoltare ciò che i diesse dicono, guadagnarsi poco a poco la fiducia sul campo. E’ fondamentale anche vivere le esperienze precedenti, nel team Devo in particolare, con lo spirito giusto, per emergere, ma anche per imparare».

Zanini ha avuto una carriera lunga 17 anni con 29 vittorie. Qui il trionfo all’Amstel del ’96
Zanini ha avuto una carriera lunga 17 anni con 29 vittorie. Qui il trionfo all’Amstel del ’96
Quanto conta il carattere per diventare leader?

E’ fondamentale, ma bisogna intendersi bene su che cosa intendiamo per carattere. La troppa esuberanza non va bene. Al pari della troppa timidezza. Bisogna saper ascoltare i più anziani e dall’altra parte saper trasmettere ai più giovani. Saper condividere i momenti cruciali, far capire a chi è nuovo come e quando muoversi. Si cresce lentamente pensando sempre al bene della squadra, lavorando magari perché vinca un altro del proprio team.

Era così anche ai tuoi tempi?

Certamente, è sempre stato così. C’è un punto che è focale: prima o poi l’occasione capita, se la cogli facendo ciò che la squadra dice, sali di livello e presto diventi una “punta”. Ti sei guadagnato la fiducia, gli altri sanno che se corrono per te, ci sono buone possibilità che si arrivi al risultato. E’ vero che poi ogni team ha le sue direttive, ma questo vale un po’ dappertutto.

Lorenzo Milesi, qui nella crono dei mondiali 2022. La Dsm conta su di lui, dopo averlo fatto passare dal team Devo
Lorenzo Milesi, qui nella crono dei mondiali 2022. La Dsm conta su di lui, dopo averlo fatto passare dal team Devo
Molti appassionati hanno però la sensazione che i team WorldTour tendano a privilegiare i corridori di casa…

Non credo ci sia questa tendenza, si guarda chi è più in forma, chi è davvero in grado di garantire il risultato. Poi dipende da tante cose: è chiaro che ad esempio da noi se vince Lutsenko ha un altro ritorno mediatico per gli sponsor, ma quel che conta è che qualcuno vinca, chiunque sia…

Tu sei partito gregario per poi vincere grandi corse. Il tuo esempio è valido ancora oggi?

Penso proprio di sì. Io ho iniziato che tiravo le volate ad Allocchio e Fontanelli – racconta Zanini – l’ho fatto per 4 anni, ma intanto cercavo spazio nelle fughe quando capitava l’occasione. Alla Gewiss ero sia candidato alla vittoria nelle corse che più mi si addicevano, sia ultimo uomo per le volate di Minali. Lo stesso dicasi alla Mapei, ed era una squadra con tanti campioni, ma anche allora l’occasione capitava sempre. Alla fine ho avuto una carriera lunga e devo dire piena di soddisfazioni.

Battistella è già stato protagonista in Spagna. Zanini conta molto sulla sua crescita
Battistella è già stato protagonista in Spagna. Zanini conta molto sulla sua crescita
Era più facile o più difficile allora?

Il principio di base non è cambiato, ci sono grandi campioni oggi come ce n’erano allora. E’ una ruota che gira, verrà di sicuro la gara che si metterà in un certo modo e dovrai farti trovare pronto, cogliere l’opportunità. Un buon leader è anche quello che si mette a disposizione per la squadra, lavorando perché vinca un compagno che magari alla vigilia aveva un altro ruolo. Il team funziona se tutti sono abbastanza duttili, se sanno fare squadra dentro e fuori dalla corsa. Il ciclismo in questo senso è un perfetto esempio di vita.

Simone, professione scalatore: un altro Zanini in Astana

02.01.2023
5 min
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Nell’organico del team Astana Qazaqstan Development, oltre a Davide Toneatti, c’è spazio per un altro italiano: Simone Zanini. Il cognome non è nuovo al mondo del ciclismo dato che suo zio Stefano è stato professionista dal 1991 al 2007 ed ora è diesse dell’Astana Qazaqstan Team. Simone Zanini è un classe 2004 e si appresta ad affrontare la sua prima stagione da under 23. Ha tanta voglia di fare, lo si capisce dalla voce, che trasmette una grande energia e tanta vitalità.

Nei due anni da junior Simone (al centro) ha corso con la CC Canturino 1902 (foto Instagram)
Nei due anni da junior Simone (al centro) ha corso con la CC Canturino 1902 (foto Instagram)
Simone, che inverno è?

Strano! Sto facendo tante nuove esperienze, lo definirei anche molto divertente. All’inizio di tutto ero un po’ spaventato: nuovo mondo, nuova categoria, una squadra internazionale… 

Come sta procedendo?

Mi sto allenando bene, per quanto possibile visti gli impegni scolastici. Sono all’ultimo anno dell’Istituto alberghiero a Gallarate. Ho fatto già molte ore in bici rispetto al passato ed ho iniziato a fare anche un po’ di palestra. Lo avevo già fatto, ma ora sto sperimentando un sistema nuovo e direi che mi sono adattato abbastanza velocemente. 

Quando hai iniziato la preparazione?

Il 16 novembre, ormai è un mese e mezzo che si lavora, è stato un periodo di crescita costante e questo mi dà entusiasmo. Tra un paio di settimane andrò in ritiro con la squadra, più precisamente dal 17 al 30 gennaio.

Nel 2022 al suo secondo anno nella categoria ha ottenuto due vittorie (foto Instagram)
Nel 2022 al suo secondo anno nella categoria ha ottenuto due vittorie (foto Instagram)
Sarà la prima volta che incontrerai lo staff ed i nuovi compagni?

L’unica persona che per il momento ho visto è il mio preparatore Mazzoleni. Ho fatto qualche chiamata con il diesse di riferimento che è Orlando Maini. Però sì, incontrerò tutti per la prima volta proprio in ritiro, mi sento abbastanza tranquillo.

Anche avere uno staff italiano aiuta, no?

Assolutamente, la mia preoccupazione più grande era di incontrare staff o diesse stranieri, non tanto per il metodo di lavoro, ma per la lingua. Avrei fatto più fatica ad integrarmi, forse. 

Com’è stato il tuo approdo all’Astana?

Traumatico (dice ridendo, ndr). No dai, traumatico no, però mi han fatto tribolare perché la risposta non arrivava più. Ho avuto paura di perdere il treno per passare in una bella squadra.

Simone Zanini è un corridore molto leggero, un fisico da scalatore ma ancora tutto da formare
Simone Zanini è un corridore molto leggero, un fisico da scalatore ma ancora tutto da formare
Quali altri team ti avevano contattato?

Ho fatto dei test con la Bardiani, ma alla fine mi hanno detto di no. Poi mi hanno contattato la Corratec e la Beltrami. 

Così, anche se all’ultimo, è arrivata l’Astana, contento?

Contentissimo. Quasi tutte le persone che conosco mi hanno consigliato di cercare una squadra estera, internazionale. Mi fa piacere che nel team ci sia una persona come mio zio Stefano, anche se lui con noi c’entra poco visto che non lavorerà direttamente con me. 

Cosa ti entusiasma di più?

Il calendario. Non so ancora di preciso quali corse farò perché ci saranno da considerare anche lo studio e la maturità. Tuttavia il programma mi intriga molto, faremo tutte le gare internazionali sia in Italia che all’estero.

Per Zanini la pazienza è una caratteristica fondamentale: meglio crescere per gradi
Per Zanini la pazienza è una caratteristica fondamentale: meglio crescere per gradi
Raccontaci di te e della tua esperienza da junior.

Arrivo dal team CC Canturino 1902, il primo anno della categoria mi sono concentrato sulla crescita e sul trovare il ritmo. Verso metà stagione sono arrivato ad essere competitivo. Il secondo anno, grazie anche ad una maggiore armonia con i miei compagni, sono riuscito a dare sempre qualcosa in più, arrivando a fare due vittorie

Sei uno a cui stare in gruppo fa bene?

Mi piace andare in bici e stare bene dove corro. Al secondo anno da junior il presidente della squadra, essendo io uno dei più grandi, mi ha chiesto di fare gruppo e “tenere” la squadra. Mi definirei anche curioso, infatti non vedo l’ora di entrare in questo nuovo mondo, di capirlo e di guardare come corrono i ragazzi stranieri. 

Tuo zio Stefano che ruolo ha avuto nella tua crescita sportiva?

E’ una persona che ha una grande esperienza e mi ha sempre dato ottimi consigli. Mi ha sempre aiutato, a partire dai consigli più “sciocchi” fino a qualche aiuto in gara. Spesso veniva a vedermi alle corse, soprattutto quando ero più piccolo.

Zanini Amstel 1996
Lo zio Stefano nei suoi 17 anni di professionismo ha ottenuto 29 vittorie in carriera, oggi è diesse dell’Astana
Zanini Amstel 1996
Lo zio Stefano nei suoi 17 anni di professionismo ha ottenuto 29 vittorie in carriera, oggi è diesse dell’Astana
Ti ricordi un suo consiglio in particolare?

Sì. Quando ero piccolo ed uscivo con lui ed i miei fratelli, mi staccavo spesso in salita e lui mi diceva: «Stai tranquillo ed appena finisce rientri, senza fretta». E’ un consiglio che mi è rimasto dentro e che ho portato anche nella vita di tutti i giorni. Nella vita bisogna cercare di rimanere calmi e di non avere fretta, la pazienza è una grande virtù. 

Cosa ti aspetti da questo tuo primo anno da under 23?

Di crescere e imparare. Punterò molto sul migliorare in salita, ho capito che mi devo specializzare in questo campo, visto anche il mio fisico esile. In pianura faccio tanta fatica, ovviamente dovrò migliorare anche lì. Voglio crescere gradualmente, non ho fretta, le cose bisogna farle bene per maturare.

Il motore di Moscon è tornato a girare, vero Zazà?

01.12.2022
4 min
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Stefano Zannini e Gianni Moscon un anno dopo. Più o meno di questi tempi, lo scorso anno parlammo con “Zazà” dell’imminente arrivo di Gianni Moscon all’Astana Qazaqstan. Aspettative, sogni e la voglia matta di avere tra le mani finalmente un corridore per il Nord di primissimo piano, scaldavano il direttore sportivo varesino.

Poi però si sa, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E il mare in questione si chiama Covid. Il virus ha letteralmente devastato Moscon, che di fatto ha passato l’intera stagione a rincorrere se stesso e la condizione. 

Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi dell’Astana Qazaqstan (foto Instagram – Astana Qazaqstan)
Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi dell’Astana Qazaqstan (foto Instagram – Astana Qazaqstan)

Ragazzo semplice

Ma siamo sicuri che sia solo il Covid ad aver condizionato Moscon, che non ci sia stato anche altro? E’ lo stesso Zanini che ci accompagna alla ricerca di risposte a 360 gradi.

«In questo anno a contatto con Gianni – dice Zanini –  conoscendolo a fondo ho trovato un ragazzo umile e tranquillo, soprattutto rispetto a quel che si diceva di lui, cioè che fosse difficile da gestire. In Belgio soprattutto ad inizio anno abbiamo passato parecchio tempo insieme e posso dire che mi piace.

«Mi piace perché è semplice, ha le idee chiare e quest’anno è stato davvero tanto sfortunato. Ha preso il Covid ad inizio anno e non si è più ripreso. Solo a fine stagione, ma proprio alla fine, è cominciato a tornare quello che è. Però il periodo è stato breve. Lui si stava riprendendo e la stagione era finita».

E’ importante che Moscon corra molto. Non a caso il team lo ha portato al Langkawi a fine anno e lo farà ripartire dall’Australia a gennaio
E’ importante che Moscon corra molto. Non a caso il team lo ha portato al Langkawi a fine anno e lo farà ripartire dall’Australia a gennaio

Ottimismo 2023

Ma è da qui che vuol ripartire Zanini, che trova l’ottimismo per l’anno che verrà.

«Nell’ultimo mese di gare – va avanti il diesse dell’Astana – ha finito in crescendo. Le sensazioni erano buone rispetto a prima. Nel corso dell’anno faceva una gara e non recuperava. Anziché crescere di condizione, accumulava fatica… che finiva per fargli peggio. E’ stato così anche al Tour de France (lo hanno fermato dopo 7 tappe, ndr). Nel finale invece c’è stato un cambio di rotta. Non che fosse ai suoi livelli, ma le cose erano diverse. Iniziava a salire di condizione».

Zanini parla di un Moscon che anche moralmente ha finito in crescendo e questo è molto importante per affrontare l’inverno. Un inverno che dal punto di vista della preparazione sarà importante: il trentino infatti ha già ripreso e bene.

«Ha fatto uno stacco non lungo, l’idea è di farlo partire presto. Gianni andrà in Australia. Deve riprendere a correre in un certo modo, mettere chilometri di gara nelle gambe e farsi trovare pronto per le classiche di primavera».

Il classe 1994 ha sfiorato il successo alla Roubaix del 2021. Moscon è stato nel gruppo Ineos dal 2016 al 2021
Il classe 1994 ha sfiorato il successo alla Roubaix del 2021. Moscon è stato nel gruppo Ineos dal 2016 al 2021

Crescita e team

Prima abbiamo accennato che oltre al Covid poteva esserci altro in questa difficile stagione di Moscon. In un ampio discorso sui giovani di qualche tempo fa, Bragato ci aveva detto di quanto fosse limitante per certi aspetti stare in squadre importanti straniere. Di come queste influiscano sulla crescita dell’atleta.

Nel caso di Moscon, passato alla Sky (poi Ineos-Grenadiers), c’è stato un enorme blocco di lavoro di gregariato. Così non solo ci si disabitua a vincere o a lottare per la vittoria ma, sempre nel caso di Gianni, che all’epoca del passaggio aveva 22 anni, si cresce con certi schemi mentali che portano poi a dei limiti tattici e se vogliamo anche mentali.

«Io non credo – ribatte Zanini – che questo riguardi Moscon. Io credo che lui abbia una voglia di riscatto incredibile. Già in Belgio lo vedevo che era dispiaciuto di non rendere come voleva. Era di sperato. Mi diceva: “Non vado, non vado… Non c’è soluzione”. E invece adesso è diverso. Il motore Gianni ce l’ha e di questo ne siamo certi. Si è visto anche in passato con le belle cose che ha fatto.

«Per quanto diceva Bragato: sì, Gianni ha fatto spesso il gregario e lo ha fatto nei grandi Giri soprattutto, ma si è visto anche che ha avuto i suoi spazi. Non dimentichiamoci che se non fosse caduto probabilmente avrebbe vinto la Roubaix.

«Quel che sostiene Bragato non è sbagliato, ma dipende anche in che squadra si militi. Io credo, anzi dico per certo, che in Astana per esempio tutti hanno le loro possibilità. Poi è anche vero che ci sono dei momenti o delle corse in cui ci si concentra attorno ad un capitano o a quell’atleta che ha determinate caratteristiche per quella corsa. Ma aggiungo anche che se sei furbo e segui bene il tuo capitano, poi avere anche tu le tue occasioni».

Zanini come si costruisce il feeling con le pietre?

24.03.2022
4 min
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Intercettiamo Stefano Zanini, diesse dell’Astana Qazaqstan, la sera della Brugge-De Panne. Sono le 19, la gara è finita da un paio d’ore e in sottofondo si sente il vociare dei corridori che pian piano diminuisce. Da corridore questa corsa l’ha disputata parecchie volte, quando ancora si chiamava Tre giorni di La Panne. E’ riuscito a portarsi a casa anche due vittorie di tappa: nel 1998 e nel 2002.  

La domanda da cui partiamo è un po’ figlia del periodo della stagione ciclistica ed un po’ delle scelte dei corridori. Jonathan Milan, che ha corso a De Panne in maglia Bahrain Victorious, ci ha raccontato che rimarrà al Nord per due settimane, in cerca del feeling con il pavé e i percorsi di gara.

Stefano Zanini
La grande esperienza accumulata da Zanini sulle pietre del Nord è molto utile al team Astana
Stefano Zanini
La grande esperienza accumulata da Zanini sulle pietre del Nord è molto utile al team Astana
Stefano, quanto è importante pedalare ed allenarsi su quelle strade in vista delle classiche?

Partiamo dal presupposto che fare questo tipo di corse, e di conseguenza questo tipo di preparazione, ti deve piacere. Ma tanto! Devi proprio dire «Oh! Finalmente parto per il Belgio». Altrimenti le pietre ti mangiano. 

Una volta trovata la voglia cosa bisogna fare?

Diciamo che più che allenarsi devi correre, anche perché per allenarsi di tempo non ce n’è. Solitamente si corre tre volte nell’arco di una settimana: domenica, mercoledì ed ancora domenica. Tra una gara e l’altra si deve recuperare bene…

Fra gli uomini Astana più attesi al Nord c’è Gianni Moscon
Fra gli uomini Astana più attesi al Nord c’è Gianni Moscon
Allora a cosa serve venire da queste parti?

E’ utile perché, come detto, sono gare ravvicinate e quindi serve riprendere la mano sul pavé. Devi ricordarti cos’è il mal di schiena, il mal di gambe, di braccia… I belgi ci nascono su queste strade, per gli altri la fatica è doppia.

Abbiamo visto come alla Strade Bianche i corridori facessero delle ricognizioni lente e minuziose per trovare il materiale giusto da usare in gara, anche al Nord è così?

Assolutamente, si fanno delle sgambate, per non dire passeggiate, e si prova ogni dettaglio: la pressione dei copertoni, la sezione dei tubolari, il profilo delle ruote (in apertura la ricognizione dell’Astana alla Roubaix 2021, foto Facebook del team). Attenzione, perché possono cambiare da una corsa all’altra, i pavé non sono tutti uguali. Quando correvo io non c’erano tutte queste scelte, si faceva la sgambata per fare gruppo e per non stare completamente fermi. Volete sapere un’altra differenza rispetto al passato?

La stessa ricognizione che si fa per le classiche la si fa anche in vista delle Strade Bianche (foto Facebook Astana)
La stessa ricognizione che si fa per le classiche la si fa anche in vista delle Strade Bianche (foto Facebook Astana)
Dicci!

Quando ero corridore tra il Fiandre e la Roubaix alcuni corridori tra cui il sottoscritto andavano a fare il Giro dei Paesi Baschi. Era utile per mantenere il ritmo di gara alto. A me serviva anche perché mi piaceva mangiare e rischiavo di arrivare alla Roubaix ingrassato, allora correvo, almeno smaltivo (dice Stefano facendosi una gran risata, ndr).

Quindi è anche un discorso mentale, di feeling con questo territorio?

E’ anche una questione di feeling ma una cosa è certa, se vieni a correre qui devi essere al 100 per cento. Una volta le gare servivano per trovare la gamba giusta, ora devi arrivare pronto. Come si diceva una volta: «Il corridore si costruisce d’inverno» e questo è ancor più vero oggi.

Quando correva Stefano, qui in maglia Gewiss, i corridori non avevano tutte le scelte tecniche che ci sono ora
Quando correva Stefano, qui in maglia Gewiss, i corridori non avevano tutte le scelte tecniche che ci sono ora
Quanto lontano bisogna partire per costruire una grande campagna del Nord?

Per le classiche è importante correre molto, per farlo si inizia già dall’Australia, anche se ora con il Covid non si può più. Successivamente si può fare un periodo in altura, scendere e correre la Tirreno-Adriatico o la Parigi-Nizza. E’ fondamentale fare una di queste due gare per avere un’ottima preparazione. Ora il periodo invernale è ancor più importante, un grande volume di allenamento ti fa arrivare alle corse pronto.

Chi ha come primo obiettivo stagionale queste classiche viene a correre qui già a febbraio.

Quello è un primo step importante, con quelle prime gare ritrovi le sensazioni e capisci anche il tuo livello di condizione. Però è un periodo breve, una vera e propria toccata e fuga, fai appena in tempo a ricordarti come si corre sul pavé che sei già sull’aereo del ritorno.

Rivoluzione kazaka. Arriva Moscon e… Zanini è già al Nord

09.10.2021
4 min
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Un bel colpo di vernice per l’Astana PremierTech in vista dell’anno venturo. Partono corridori importanti e altrettanti ne arrivano. E tra i nuovi innesti ce n’è uno che potrà cambiare non poco parte del Dna del team kazako, da sempre votato alle corse a tappe. E’ Gianni Moscon. Con lui si punterà forte sulle classiche.

E’ vero, Fuglsang ha vinto una Liegi, ma non era uomo puro da classiche. Parliamo di un corridore che puntava anche ai grandi Giri, un corridore che prima del boom della Danimarca faceva anche le crono per la sua Nazione.

Stefano Zanini diesse Astana. E’ lui a guidare l’ammiraglia nelle classiche del Nord
Stefano Zanini diesse Astana. E’ lui a guidare l’ammiraglia nelle classiche del Nord

Moscon leader

E in questo cambiamento c’è uno dei diesse turchese che più di altri risentirà di questo cambiamento. E’ Stefano Zanini.

«Mi fa piacere – dice Zazà – che l’Astana abbia preso un corridore così per l’anno prossimo e quelli a venire. Moscon è un uomo importantissimo per le classiche, da noi sarà un leader. E mi dispiace che non abbia vinto la Roubaix domenica scorsa, ma vorrà dire che potrà farlo l’anno prossimo! A mio avviso se la meritava, ma contro la sfortuna c’è poco da fare.

«Se lo conosco? No, non ancora. Sì ci salutiamo alle corse quando ci incrociamo, ma non di più. Però credo sia un ragazzo che fa le cose per bene, un professionista serio. E in Astana avrà lo spazio per esprimere il suo potenziale».

Moscon all’ultima Roubaix. Dopo sei stagioni alla Ineos (ex Sky), Gianni passa all’Astana: per lui un contratto di due anni
Moscon all’ultima Roubaix. Dopo sei stagioni alla Ineos (ex Sky), Gianni passa all’Astana: per lui un contratto di due anni

Un gruppo per le classiche

Con queste parole Zanini introduce il discorso fiducia. Un discorso che vale per tutti, ma per alcuni corridori ancora di più. E Moscon è un ragazzo, magari anche taciturno, un duro apparentemente, ma quando sente l’appoggio della squadra (e lo disse anche Cioni a suo tempo) rende molto di più.

«Avrà la fiducia certamente – riprende Zanini – è un leader e quando sarà in condizione ne avrà ancora di più e quando non lo sarà potrà aiutare i suoi compagni. A quel punto loro potranno ricambiare dando il 110% per lui. Un campione può portare a casa un qualcosa anche quando non ha una grande gamba. Dai, avrà l’ambiente giusto.

«Io lo vedo bene più per le classiche della “prima parte”, quindi Roubaix, Fiandre… Ma come ho appena detto un campione riesce a fare grandi cose anche in gare che non sono adatte alle sue caratteristiche».

Zanini impegnato in una “vecchia” Roubaix. Lo stile ricorda quello di Moscon visto sopra
Zanini impegnato in una “vecchia” Roubaix. Lo stile ricorda quello di Moscon visto sopra

Zazà gasato

Ma l’arrivo di Moscon è un bel cambio di marcia anche per Zanini stesso. Lui, il “Maciste”, l’uomo tosto da Nord che vince l’Amstel e che non ha paura di freddo e pietre, potrà trasmettere parecchio al trentino. Senza contare che proprio per queste sue caratteristiche e il suo passato da corridore, solitamente spetta a lui guidare l’Astana in quelle corse. E’ stimolante anche per lui affrontare per la prima volta con un corridore così competitivo?

«Molto stimolante! Credetemi, già ci penso. Con la testa sono già là. Però devo dire che un uomo per il Nord ce lo abbiamo già avuto: Davide Ballerini, ma era alla prima esperienza e se sei al primo anno puoi essere forte fin che vuoi, ma non improvvisi niente».

Ma Gianni non sarà solo. Per vincere avrà bisogno di una squadra che lo potrà supportare.

«Un gruppo di lavoro preciso ancora non c’è chiaramente. Adesso vedremo con Martinelli e gli altri diesse. Perdiamo gente come Aranburu (quest’anno cresciuto moltissimo, ndr), Luis Leon Sanchez (e Zazà aggiunge un “porca miseria”!, ndr), gli Izaguirre. Però abbiamo un giovane interessante che è Fedorov. E’ al primo anno, ha poca esperienza ma sembra portato per quelle classiche. E c’è anche Gruzdev: un bel toro… quando vuole. E devo dire che Lutsenko stesso ha già fatto delle buone gare sul pavé». 

Il caso di Roglic. Dottor Jekyll al Tour, mister Hyde alla Vuelta

09.09.2021
6 min
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Al Tour in qualche modo si complica la vita, alla Vuelta domina: lo “strano” caso di Primoz Roglic, un po’ come nel celebre romanzo di Stevenson. Con l’aiuto di quattro figure analizziamo il cambiamento dello sloveno tra Francia e Spagna.

Soprattutto quest’anno Primoz ha vinto a mani basse, dominando dalla prima all’ultima tappa. L’anno scorso aveva un po’ traballato nel finale, complice un’annata particolare con un calendario iper caotico, e i fantasmi del Tour perso poche settimane prima in modo rocambolesco.

La caduta di Roglic al Tour di quest’anno…
La caduta di Roglic al Tour di quest’anno…

Il corridore: Gasparotto

Partiamo con l’occhio del corridore. Abbiamo chiesto ad Enrico Gasparotto fresco ex, e quindi con giudizio più libero, ma che ha visto Roglic in gruppo, anche alla Vuelta 2020.

«Prima di analizzare il Roglic tra Tour e Vuelta – dice Gaspa – per me bisogna concentrarsi sulla differenza delle tre corse a tappe. Il Giro è quello più imprevedibile. E lo è non tanto per le cadute ma per la morfologia del nostro territorio. In ogni tappa, dal Nord al Sud, c’è una salita, una discesa, un tranello. Ricordo che ogni volta che c’era un capitano che lottava per la classifica c’era tensione in squadra, perché ogni situazione poteva volgere in peggio.

«Il Tour è la gara a tappe più importante, la più seguita e questo genera tensione nei ragazzi e nei team. E la riportano in corsa. Il percorso sarebbe più facile, ma questa voglia di stare davanti, di farsi vedere e i corridori che sono tutti al super top della condizione, genera una grande tensione globale in corsa e fuori. E poi c’è la Vuelta che ha salite più corte ma strade ampie e buone ed è più facile da interpretare anche tatticamente.

«Al Tour è fondamentale avere uomini capaci di stare davanti per davvero. E anche l’atleta deve saper guidare perfettamente la bici e forse in questo senso, venendo da altri sport, a Roglic manca quello 0,01% di abilità nel districarsi nelle situazioni estreme. Anche alla Vuelta ha preso dei rischi esagerati in certe situazioni. Però so che la Jumbo ci sta già lavorando su con l’ex downhiller Sainz. Lui ha collaborato con altri team, anche con noi alla Ntt. Ha aiutato nella tecnica la nazionale svizzera di Mtb, che infatti ai recenti mondiali ha fatto tripletta».

Sepp Kuss il suo gregario più fidato
Sepp Kuss il suo gregario più fidato

Il diesse: Zanini

Dal corridore, passiamo al diesse. Ci siamo rivolti a Stefano Zanini, in forza all’Astana-Premier Tech. E anche lui punta forte sul discorso dello stress in gara. «Probabilmente – spiega Zazà – perché dei tre grandi Giri la Vuelta è quello meno stressante. In Spagna si prende tutto con più calma e parlo anche dell’ambiente di contorno».

Con Zanini emerge il discorso della squadra. In Francia Roglic aveva anche Van Aert che in qualche modo ha calamitato attenzioni e richiesto uomini.

«Dite che potrebbe aver influito la presenza di altri big? Ci può stare. Io non conosco bene Primoz e non so che carattere abbia realmente. Da fuori sembra tranquillo, poi bisogna vedere se magari soffre la presenza di chi può essere leader al posto suo. Io gli metterei vicino un uomo completamente per lui. Il classico gregario super fidato. E Kuss è il più vicino (ma in pianura fa fatica visto che è uno scalatore, ndr) a ricoprire questo ruolo. Fatto sta che per me un capitano lo devi “coccolare” e dargli fiducia al 100% fino alla fine, anche se un giorno perde 2′. Poi, ovvio: se qualcuno in squadra va più forte devi rivedere le cose, ma devi fare il tutto e per tutto per stargli vicino».

Infine Zanini interviene sui rischi presi da Roglic e dalla sua ammiraglia anche in quest’ultima Vuelta.

«Certi rischi non glieli farei prendere, sicuro. O guadagni bene, altrimenti un’azione come quella nel giorno in cui è caduto in discesa per pochi secondi non è necessaria. Con questo non voglio giudicare la Jumbo-Visma, ognuno fa la sua corsa. Magari per come hanno perso il Tour l’anno scorso, non vogliano più rischiare e guadagnare il più possibile ogni volta che si presenta l’occasione».

In Spagna, anche in corsa, ci sono momenti più rilassanti
In Spagna, anche in corsa, ci sono momenti più rilassanti

Il preparatore: Cucinotta

Ma non si vince senza gambe buone e per questo ecco l’intervento di Claudio Cucinotta, sempre in forza all’Astana, ma preparatore anche di molti biker di livello internazionale.

«Bisognerebbe capire bene come si prepara Roglic per l’una e per l’altra corsa – dice il tecnico – ma questo lo sa solo lui realmente. Sicuramente in Spagna rispetto al Tour incontra dei livelli di concorrenza e ritmi leggermente inferiori. Non tanto sulle salite, quanto per arrivarci. E questo genera un livello di pressione diversa che magari al Tour può metterlo in difficoltà. E’ un fatto che alla Vuelta Primoz sbagli meno. L’anno scorso quando ha perso il Tour ha avuto un calo di testa e non fisico, perché fino al giorno prima aveva dominato. In un lasso di tempo così breve non può cambiare la situazione in quel modo».

In Spagna, a parte qualche caso, ci sono salite più corte del Tour. Primoz è un ottimo cronoman e in teoria dovrebbe essere sfavorito su questa tipologia di percorso.

«Roglic è tutto! E’ uno scalatore, ma è esplosivo. Se andiamo a vedere vince spesso gli sprint con arrivo in salita e per me le scalate brevi lo avvantaggiano. Ma non è che sulle salite lunghe vada male…

«Se c’è differenza nei valori espressi nelle due corse? Quest’anno non lo sappiamo perché al Tour si è ritirato presto (e la metà di quelle poche tappe le ha fatte in modo malconcio, ndr) dopo la caduta. L’anno scorso invece i suoi valori erano molto simili tra le due gare. Per me quindi la differenza del suo rendimento non è fisica».

Sulle strade di Spagna Roglic mostra sempre grande autorevolezza
Sulle strade di Spagna Roglic mostra sempre grande autorevolezza

La mental coach: Borgia

A questo punto il giudizio della psicologa diventa forse il più importante visto che la parola stress è quella che è emersa praticamente sempre. Parola ad Elisabetta Borgia, che collabora con la Trek-Segafredo e molti altri atleti.

«Si è parlato di stress, ma non credo sia la parola chiave. Dopo quel Tour perso in quel modo contro Pogacar è chiaro che su Roglic c’è una pressione super al Tour. La corsa francese è più stressante della Vuelta e lo stress incide sugli atleti. E un atleta chiamato a vincere nel bene o nel male è più esposto alla pressione. Detto questo però Roglic ti vince le Olimpiadi che non sono propriamente una corsetta! Che ci abbia lavorato su? Che abbia imparato dai suoi errori? Poi è anche vero che la pressione in una gara secca è diversa da quella prolungata in tre settimane».

A questo punto la Borgia apre un “capitolo” molto interessante.

«Un aspetto molto importante nella prestazione è il senso di auto efficacia. Questo è un costrutto dello psicologo Bandura che dice che è fondamentale nel benessere della persona, e nello sportivo ancora di più, quanto ti senti forte. E un Roglic che ha già vinto due Vuelta arriva in Spagna in modo diverso da come farebbe in Francia, dove ancora non è riuscito a vincere, anche se ci è andato vicino. Alla Vuelta sa di essere forte, si sente “a casa”, è in una “comfort zone”. Al Tour magari non è riuscito a tirare fuori il Roglic migliore. Poi è anche vero che è caduto in questa Vuelta e viene da chiedersi se sia consapevole dei propri limiti, se sia sempre lucido».

Infine vogliamo capire se il fatto che la Vuelta per molti sia un obiettivo di “riparazione” o comunque non il primo goal della stagione, possa incidere sull’approccio mentale. Ho sbagliato al Tour o al Giro e vado alla Vuelta per raccogliere qualcosa…

«Sicuramente si hanno sensazioni diverse: un conto è preparare il primo obiettivo e un conto il secondo, specie se è l’ultimo ed è “o la va o la spacca”. Quest’anno poi, con le Olimpiadi di mezzo, ci sono stati tanti approcci differenti. Una cosa fondamentale di Roglic è che ha una resilienza non da poco. Fa flop al Tour, va alle Olimpiadi e vince, va alla Vuelta e vince. E lo stesso ha fatto l’anno scorso. Segno che comunque questo ragazzo ha delle risorse importi. E’ sul pezzo. Okay lo stress e la testa, ma è forte. Perché comunque, e lo dico sempre, la testa conta, ma le corse si vincono con le gambe. Se hai 50 watt in meno anche se di testa sei forte non vinci».