Viaggio in Kazakhstan, Velasco inviato speciale di bici.PRO

05.12.2021
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La capitale ha smesso di chiamarsi Astana nel 2019, quando il presidente Nursultan Narzabaev si è dimesso e le è stato dato il suo nome: Nur-Sultan. Due giorni fa nel velodromo della città si è svolta la presentazione dell’Astana Qazaqstan Team e per Vinokourov è stato davvero un ritorno a casa dopo mesi di… esproprio da parte della compagine canadese che sembrava dovesse rilevare la squadra. E proprio per questo viaggio da mille e una notte, durato due giorni ma pieno di colori, voci ed emozioni, bici.PRO ha nominato un inviato d’eccezione – Simone Velasco – che per noi ha scattato foto e immagazzinato ricordi.

«Un freddo cane – esordisce ridendo – ci siamo ibernati. Abbiamo fatto solo 500 metri fuori dall’hotel, con 10-12 gradi sotto zero. E ci hanno detto che non era neanche freddissimo. Ma è stato un bellissimo evento, organizzato molto bene. Peccato non aver potuto visitare la città, ma non c’era davvero tempo. Ci hanno detto che le stagioni migliori sono primavera e autunno, perché d’estate si arriva a 45 gradi. Se penso a quanti corridori kazaki forti ci sono, si vede che lavorano proprio bene, nonostante un clima del genere…».

Da dove sei partito?

Da Milano. Sono andato su un giorno prima per stare a cena con la mia ragazza. Il 2 dicembre è stato il mio compleanno e praticamente l’ho passato in volo (ride, ndr). Quando siamo atterrati era già passata mezzanotte, quindi non ho nemmeno potuto brindare. Da Milano a Francoforte e poi sei ore fino a Nur-Sultan.

Hai corso alla Gazprom-RusVelo, che differenze si notano fra russi e kazaki?

Completamente differenti. A livello caratteriale, i kazaki sono molto più aperti, direi occidentali, anche se geograficamente non lo diresti. Molto ospitali e poi, cosa che mi ha colpito molto, parlavano tutti l’inglese e anche bene. Fra i russi che ho conosciuto, solo quelli che hanno fatto qualche esperienza di lavoro all’estero sono così. Forse in comune c’è solo la vodka…

Nelle foto che ci hai mandato, si vedono neve e tante bici…

Ci puntano molto, anche a livello paralimpico. Con noi c’erano anche degli atleti ipovedenti che sono stati celebrati con tutti gli onori. Da quando Vinokourov ha vinto le Olimpiadi, la bici è un punto fermo della società. E lui lassù è una star, lo conoscono tutti. Abbiamo fatto un giro in un centro commerciale di uno sponsor e l’autografo e i selfie li chiedevano solo a lui.

Dove si è svolta la presentazione?

In un velodromo molto moderno, attorno al quale hanno creato un polo sportivo in cui c’è praticamente tutto. E’ stato bello però rendersi conto che il ciclismo sia centrale e davvero, visto il clima, sono riusciti a impostare un gran lavoro.

Che tipo di pubblico hai visto alla presentazione?

Purtroppo c’erano parecchie restrizioni Covid, per cui c’erano solo sponsor e autorità. Poi invece ci siamo spostati alla cena di gala, all’Hilton, e lì c’era qualcuno di più. E’ stata molto bella anche quella.

Come siete stati accolti?

Mi ha impressionato quanto fossero curiosi e le domande che facevano. Mi sono sentito accolto come uno di loro. Parlando con Shefer, che ho avuto l’anno scorso alla Gazprom, è venuto fuori che è un tratto comune dei kazaki e che in realtà non abbiamo visto niente.

Stesso clima in squadra?

Ne parlavo con Moscon in aeroporto. Sembra di essere tornati al clima della Zalf, quando correvamo insieme. E’ un po’ di tempo che non vedevo una squadra così, sono convinto che verranno fuori grandissime cose.

Chi è il corridore con la mascherina accanto a te sull’aereo?

E’ Riabuschenko. Abbiamo fatto tutte le categorie giovanili da rivali, siamo amici, ma non avevamo mai corso insieme. Alla fine ci siamo riusciti.

In definitiva che esperienza è stata?

Bellissima per la conoscenza culturale, mi è piaciuto molto. Il viaggio in sé è stato stressante, ma per fortuna ora avremo 15 giorni di lavoro tranquilli e pensando solo alla bici. E’ vero che l’Italia non ha una squadra WorldTour, ma questa è davvero la più italiana. Dieci corridori italiani, cinque direttori, i preparatori. Tutti i corridori parlano italiano. Solo Dombrowski non ci riesce ancora, ma lo capisce benissimo. Sono convinto che imparerà presto anche lui.

Moscon e Velasco: dalla Zalf all’Astana, ce li racconta Rui

29.11.2021
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Simone Velasco e Gianni Moscon (in apertura, foto Scanferla) si rincontreranno all’Astana nella prossima stagione. I due avevano già corso insieme alla Zalf Euromobil Desirée Fior. Da allora hanno fatto tanta strada e percorso tanti chilometri in gruppo sempre fianco a fianco ma con maglie di colore diverso. Luciano Rui era, ai tempi come ora, il direttore sportivo della Zalf ed ha visto i due ragazzi crescere. Abbiamo così chiesto a chi li ha lanciati nel mondo del professionismo cosa potranno fare una volta ricongiunti nella nuova squadra.

“Ciano” Rui storico diesse della Zalf ha guidato Velasco e Moscon nel 2014 e 2015 (foto Scanferla)
“Ciano” Rui diesse della Zalf ha guidato Velasco e Moscon nel 2014 e 2015 (foto Scanferla)

Tanto amici quanto diversi

«Gianni e Simone – esordisce Luciano, detto “Ciano”, Rui – sono due caratteri completamente differenti. Il primo è timido e serio, un vero montanaro amante della natura e silenzioso. Simone, invece, è il classico uomo di mare: ha un carattere acceso è un vero guascone». Che poi prosegue: «Hanno corso con me (alla Zalf, ndr) per due anni, nelle stagioni 2014 e 2015. Poi Simone è passato professionista con la Bardiani mentre Gianni con la Sky».

Come erano arrivati alla Zalf?

Velasco è arrivato da noi con l’etichetta di ragazzo prodigio e pieno di belle speranze. Mentre Moscon arrivava da una squadra più piccola e si era messo meno in mostra. La sua è stata una crescita più graduale.

Che primo ricordo ha di loro?

Era il primo anno da under 23 e correvamo a Vittorio Veneto. Diluviava, veniva giù davvero forte. Gianni e Simone sono spuntati da soli sul rettilineo d’arrivo e con un gesto molto bello Velasco ha lasciato la vittoria al compagno.

Perché?

Simone quell’anno aveva già vinto mentre quella a Vittorio Veneto è stata la prima vittoria nella categoria per Gianni. Che quella stagione vinse un’altra corsa mica da ridere: il Piccolo Lombardia.

Il secondo successo per Gianni Moscon al suo primo anno da Under 23 è stato al Piccolo Lombardia (foto Scanferla)
Nel 2014 Moscon vinse anche il Piccolo Lombardia (foto Scanferla)
Magari Moscon quest’anno ricambierà il gesto.

I due sono due corridori intelligenti e guardano l’interesse della squadra prima del loro…

E l’anno successivo?

Hanno corso meno insieme, anche perché hanno fatto un calendario differente. Gianni ha corso il Giro delle Fiandre U23 dove ha fatto secondo e il mondiale di Richmond dove è arrivato quarto (dove fece secondo Consonni alle spalle di Ledanois). Velasco ha corso di più in “casa”, ha vinto Coppa della Pace e Ruota d’Oro. Si è piazzato secondo a Poggiana e a Capodarco.

I due quindi anche se diversi vanno d’accordo…

Velasco ha un carattere molto inclusivo, soprattutto quando era più giovane. Sa essere amichevole anche ma rispettando il carattere degli altri, quando erano con me alla Zalf sono sempre andati d’accordo grazie a questa dote di Simone.

L’anno delle risposte

«Arrivano da due squadre diverse – dice Rui – e da anni vissuti in maniera opposta. Moscon viene da una squadra fatta di corridori con la “c” maiuscola ed è riuscito comunque a mettersi in mostra. Simone è alla sua prima esperienza in una squadra World Tour dovrà prendere le misure ed imparare a correre sotto i riflettori. E’ l’anno della raccolta per Gianni e della pesca a strascico per Simone, bisogna raccogliere i frutti del lavoro fatto fin’ora».

Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Caratteri tanto diversi che li hanno portati nella stessa squadra, scelta giusta?

Penso che l’Astana sia la squadra adatta alle caratteristiche di entrambi. Velasco è un corridore che può andare a caccia di tappe nei grandi Giri e di qualche semi-classica. Gianni sarà il protagonista nelle classiche senza ombra di dubbio e senza il timore di ricevere i classici “ordini di scuderia”.

Moscon ha il carattere da leader?

Già quando correva con noi aveva il carattere giusto, silenzioso ma deciso. Quando prendeva una scelta la portava fino in fondo.

Velasco?

Per lui mi aspetto un anno di transizione dal punto di vista del carattere, correre in gruppo con la stessa casacca di Nibali è oro colato per lui. Sicuramente darà una mano a Vincenzo Nibali nelle corse a tappe ma è un corridore che il “giorno libero” lo sa cogliere.

Che sensazione prova nel rivederli insieme?

Sono contento, vuol dire che come squadra qualcosa di giusto lo facciamo – ci dice ridendo – abbiamo creato dei grandi uomini e corridori che sono il patrimonio del ciclismo italiano.

Velasco e il WorldTour, un matrimonio che era nell’aria

10.11.2021
5 min
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Dopo sei anni di professionismo Simone Velasco approda nel WorldTour. L’elbano ne ha fatta di gavetta e dopo queste due stagioni alla Gazprom-RusVelo eccolo giungere alla corte dell’Astana. La sua soddisfazione traspare già dal tono della sua voce.

In più arriva in un team che sembra essere super attrezzato per il 2022. I turchesi hanno fatto una campagna acquisti mica da ridere. Bastano tre nomi: Nibali, Moscon e Lopez. Gli obiettivi da perseguire di conseguenza non possono che essere importanti.

Velasco nella polvere dell’Adriatica Ionica Race, Simone con i suoi passati da biker è un ottimo pilota
Velasco nella polvere dell’Adriatica Ionica Race, Simone con i suoi passati da biker è un ottimo pilota

Un altro ciclismo

«E’ una bella soddisfazione – dice Velasco – passo in una grande squadra. Una squadra che si è rinforzata molto, anche nella sua componente italiana come ho potuto constatare nei tre giorni passati insieme a Montecatini».

Simone è rimasto colpito da questo primo suo approccio con il WorldTour. Parla di livello alto e cura dei dettagli.

«C’è un’organizzazione enorme e si dà attenzione ad ogni particolare. Per esempio, come mi hanno preso le misure per l’abbigliamento, al millimetro… Si vede che si parla di altri budget rispetto alle professional. E’ un’altro ciclismo e questo per me è motivo di orgoglio e uno stimolo per dare il 110%».

Velasco fa sua la 3ª frazione del Tour du Limousin. E’ la terza vittoria da pro’ dopo il Laigueglia 2019 e una tappa alla Coppi e Bartali 2019
Velasco fa sua la 3ª frazione del Tour du Limousin. E’ la terza vittoria da pro’ dopo il Laigueglia 2019 e una tappa alla Coppi e Bartali 2019

Il posto di Velasco

E in questo “altro ciclismo” Simone Velasco ci può stare? Che ruolo potrà avere? Simone è un combattente, ha un buono spunto veloce, tiene abbastanza in salita…

«Ci arrivo dopo sei stagioni da pro’ e conosco certe dinamiche e certi ambienti. Spero di poter dire la mia e non sfigurare. Cercherò di dare il mio contributo per i capitani e quando avrò le mie possibilità farò di tutto per sfruttarle al meglio».

In questi grandi team si tende a dividere i corridori in gruppi: i “giovani”, quelli da corse a tappe, quelli delle classiche. Oppure il “gruppo Tour” o il “gruppo Giro”. In linea di massima Velasco sarà nel drappello di Lutsenko, ma prima bisogna avere un calendario definitivo.

«Indicativamente dovrei essere con Alexey – conferma Velasco – per le classiche e questa tipologia di gare, ma per i programmi bisognerà aspettare il ritiro di dicembre anche perché poi da lì gestiremo la preparazione. Ho parlato con i diesse e con i preparatori, tra cui Cucinotta che già mi seguiva. Claudio sa che io sono un po’ “alternativo” e voglio metterci del mio. Vedremo… Vedremo a dicembre, ripeto.

«Ci sarà anche Shefer che sarà il supervisore e ne sono contento. Con lui ho avuto modo di collaborare già lo scorso anno alla Gazprom. Tra l’altro quando ho vinto la tappa al Limousin c’era lui in ammiraglia. E c’è anche “Maio” (Orlando Maini, ndr). Stando io a Bologna negli anni degli studi spesso mi ha fatto fare dietro motore».

Già integrato

Insomma Velasco trova già un ambiente familiare. Pare essersi integrato subito. Poi lui è un ragazzo che tende a farsi volere bene in gruppo. Pensate che dopo una breve vacanza in Grecia al rientro con alcuni amici se ne è andato nella Langhe e nel Monferrato e indovinate dove? Da Sobrero…

«Eh sì – racconta Simone – siamo andati ad assaggiare del buon vino: Barolo, Barbaresco, Nebbiolo… e siamo stati ospiti di Matteo. Di questi tempi si può fare».

«Sono arrivato all’Astana grazie al mio procuratore, Luca Mazzanti. Lui ha avuto un contatto con Martinelli. Il quale a sua volta ha chiesto a Cucinotta un parere su di me. E quando è arrivato il suo benestare ed è arrivata l’offerta non ci ho pensato due volte: ho colto la palla al balzo. Passare nel WorldTour credo sia il sogno che ogni ciclista abbia da bambino».

Eccolo con Conti. Anche Valerio è passato all’Astana
Eccolo con Conti. Anche Valerio è passato all’Astana

Tra capitani e amici

Un sogno che però chiamerà Velasco ad un grande lavoro, a grandi responsabilità. Quando corri con gente come Nibali, Moscon, Lutsenko, Lopez non è facile.

«Però è anche uno stimolo. Con Gianni Moscon non c’è stato neanche bisogno di parlarci. Con lui siamo amici e sappiamo tutto l’uno dell’altro. Abbiamo corso insieme alla Zalf e due volte addirittura siamo arrivati insieme: una volta primo lui e secondo io e una volta il contrario. E’ stato bello ritrovarci insieme dopo tanti anni. Possiamo raggiungere grandi risultati. Gianni, lo abbiamo visto, è fortissimo e all’Astana potrà fare bene. Avrà lo spazio che merita. Alla Ineos-Grenadiers ha dovuto tirare anche quando stava bene».

«Con Nibali ho avuto modo di parlare in questo primo mini-ritiro. Lo conoscevo già e sono convinto che le cose andranno bene. E lo stesso con Lutsenko, anche se lui lo conoscevo meno. Ci parlai una volta nella conferenza stampa della Coppa Sabatini che lui vinse e in cui io feci terzo. Però un mio ex compagno mi ha detto: vai con Lutsenko, quando esci con lui in allenamento fatti il segno della croce. Mi ha raccontato che quando si allenavano insieme a Tarragona, in Spagna, lui andava via fisso a 45 all’ora. Mi diceva che faceva dietro motore in pratica!».

«E poi ci sono tanti altri ragazzi con cui mi sono trovato bene ed è stato un piacere rivederli. Per esempio Riabushenko. Con lui ci conosciamo da quando eravamo juniores, ci rispettiamo, ma non siamo mai riusciti ad essere compagni di squadra. E infatti ce lo siamo detti: finalmente corriamo insieme. 

«Oppure Dombrovsky, davvero un bravo ragazzo. Lui è americano e io adoro gli States. Gli ho fatto un sacco di domande sul suo Paese ed è stato anche un modo per rispolverare l’inglese. E ancora Valerio Conti. Lui è già il comico del gruppo».

Ancora sui social network. Agnoli e Velasco, voi che dite?

26.08.2021
4 min
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I social network dividono le opinioni che si creano intorno al mondo del ciclismo: c’è chi pensa che essi siano indispensabili, chi è convinto che siano un’opportunità e chi pensa invece che rappresentino un rischio per la salute mentale dei corridori, sempre più sottoposti a stimoli e pressioni.

Abbiamo interpellato Visconti, che ci ha parlato di come a volte il loro abuso possa incrementare lo stress, ma c’è anche un altro lato della medaglia. C’è un solo momento durante la giornata in cui i corridori non sono attaccati al cellulare: ed è durante la gara. Altrimenti per il resto, almeno la maggior parte di essi, pubblica foto e storie di continuo, anche durante gli allenamenti, per mostrare un panorama o un paesaggio. I più attaccati ai social invece pubblicano anche i piatti che mangiano, condividendo quindi aspetti giornalieri che tanto interessano agli appassionati di ciclismo.

Ma in che modo i social network influenzano la vita dei corridori? Lo abbiamo chiesto a Valerio Agnoli, fresco ex pro, e a Simone Velasco, attualmente impegnato con il team Gazprom-RusVelo.

Ogni momento è buono per guardare il cellulare (foto Instagram)
Ogni momento è buono per guardare il cellulare (foto Instagram)

Agnoli ha le idee chiare

«Se bene utilizzati – racconta Agnoli – possono portare notevoli benefici ai corridori, in termini economici e di visibilità. Il mondo ormai viaggia in questa dimensione virtuale, e quello del ciclismo soprattutto. I corridori hanno modo di interagire con i fan velocemente e comodamente, instaurando un rapporto che altrimenti non si creerebbe. C’è uno scambio di informazioni e tutto passa tramite i social network, che si tratti di una performance fatta in allenamento o in corsa.

«Ma non è tutto, a mio avviso Facebook, Instagram o Twitter rappresentano anche un mezzo per mostrare il “dietro le quinte” durante la corsa. Ricordo che durante il Giro d’Italia, un periodo, facevo dei video che venivano pubblicati successivamente sulla pagina Instagram e Facebook di altri siti specializzati».

Un frangente di corsa che riprende Marco Canola che si rifornisce all’ammiraglia (foto Instagram)
Un frangente di corsa che riprende Marco Canola che si rifornisce all’ammiraglia (foto Instagram)

Bisogna fare attenzione

«Era un modo notevole per attirare l’attenzione dei tifosi – riprende Agnoli – anche se poi, i miei ex procuratori di allora, vennero a chiedermi di smetterla perché secondo loro non davo una bella immagine della squadra. Ma non è proprio così – continua – se ci pensate gli appassionati ti vedono solo in corsa, io credo che sia anche giusto mostrare loro alcuni aspetti, con criterio e moderazione, riguardanti il pre e il post corsa.

«Se ci sono anche dei contro? La mia risposta è si. Bisogna fare attenzione a come ci si comporta in pubblico perché c’è la possibilità di essere ripresi con il cellulare in qualsiasi momento. E poi, purtroppo, assistiamo a una spudoratezza eccessiva da parte di alcuni “tifosi” che insultano e lasciano commenti sprezzanti sotto le varie testate giornalistiche o addirittura sotto le foto dei corridori. Non è scontato che un corridore ci rimanga male, a me personalmente è successo qualche volta di ricevere qualche commento poco carino e non mi ha fatto molto piacere, ma dipende molto dal carattere del corridore, alcuni ci restano male e altri no. Nibali ad esempio – conclude Agnoli – ha un motto chiaro e preciso su questo argomento, ed affronta il problema con una semplice parola: “futtitinni! Cioè fregatene»

La maglia gialla Tadej Pogacar, che maneggia il suo smartphone (foto Instagram)
La maglia gialla Tadej Pogacar, che maneggia il suo smartphone (foto Instagram)

Sentiamo Velasco

Anche Simone Velasco ha dato la sua opinione riguardo l’utilizzo dei social.

«Non nascondiamo – dice Velasco – che grazie ai social network un corridore può trarre vantaggi anche a livello economico con eventuali sponsorizzazioni. Però c’è da dire che poi ti portano via molto tempo. Se ci penso bene i momenti prima della corsa, in cui un corridore dovrebbe essere concentrato, li passa in realtà a guardare il cellulare. E fa lo stesso anche prima di dormire. Non so tutto questo fino a che punto faccia bene.

«Un punto a favore potrebbe essere quello del confronto con i tifosi, purché avvenga con rispetto e moderazione. Il contro invece temo che sia, oltre al tempo che ti fanno perdere, anche il mancato rispetto di coloro che pensano di sapere come funziona il ciclismo e commentano con disprezzo le performance di un corridore, senza sapere effettivamente cosa c’è dietro».

Due biker alla Freccia! Rosa e Velasco nella fuga di ieri

22.04.2021
4 min
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Scusate, ma la Freccia Vallone non era una corsa su strada? E allora cosa ci facevano ieri due biker in fuga? A parte gli scherzi, il destino ha voluto che Simone Velasco e Diego Rosa, entrambi con un importante passato nella mountain bike, si ritrovassero in testa alla classica belga. I due sono stati fuori per 150 chilometri, più o meno.

E così, osservati speciali durante la corsa, li abbiamo acciuffati nel dopo gara. In cima al Muro d’Huy la strada spiana e lì i corridori sfilano per tornare con la strada “parallela” nei bus a valle. 

Simone Velasco (25 anni) è alle prime esperienze tra le Ardenne
Simone Velasco (25 anni) è alle prime esperienze tra le Ardenne

Debutto con fuga

Il primo è Velasco. Raggiungiamo l’elbano, mentre un massaggiatore gli passa una bottiglietta d’acqua e gli spiega come raggiungere i pullman appunto.

«Al momento – dice Simone – so che non posso ancora reggere i migliori su questi arrivi e quindi ci ho provato anticipando. Siamo andati fortissimo tutto il giorno in fuga. Io ho fatto il meglio che potevo, poi mi sono mancate un po’ di gambe nell’ultimo giro, ma ci stava. Avevo speso tanto. 

«Guardiamo avanti, alla Liegi. Tenteremo di attaccare di nuovo. E poi, ragazzi, prima o poi arriverà anche il nostro momento. Comunque è sempre un onore fare queste corse».

Velasco è soddisfatto. Per il corridore della Gazprom-RusVelo si tratta del debutto nella Campagna del Nord e nelle Ardenne. E’ venuto qui per fare il trittico. Amstel e Freccia in qualche modo le ha messe nel sacco, adesso tocca alla più dura, alla Liegi-Bastogne-Liegi.

«E’ la mia prima volta quassù – riprende Velasco – e devo prenderci un po’ le misure. Oggi è stata dura ma anche domenica scorsa sul Cauberg non è stata da meno. Infatti adesso voglio recuperare per bene in vista della Liegi, perché vi assicuro che sono morto! Domani voglio un po’, un bel po’, di relax. Anche perché poi venerdì andremo a provare il percorso di domenica prossima».

Rosa e Velasco protagonisti alla Freccia 2021
Rosa e Velasco protagonisti alla Freccia 2021

Chiacchiera da biker

Intanto proprio davanti a noi sfila Diego Rosa. Lo chiamiamo a gran voce. E Simone ci fa: «E’ biker anche lui! E oggi siamo stati compagni di fuga».

Diego si ferma, gira la bici e ci raggiunge. Nel frattempo Velasco ci confida: «Diego ha detto che mi deve una birra da un litro, lo aspetterò!».

Finalmente arriva il corridore dell’Arkea Samsic al quale chiediamo subito perché è in debito di una birra. «E’ vero gliela devo – ammette Rosa – ma solo se mi restituisce la maglia che gli ho messo in ammiraglia! Una bella birretta, stasera non ce la toglie nessuno di sicuro…». In pratica Velasco ha fatto un favore a Rosa facendogli lasciare una maglia che si era tolto nella propria ammiraglia.

In questo intermezzo molto da biker vista la birra, cogliamo l’occasione per chiedere a Rosa se anche lui come Velasco ad ottobre farà il mondiale Marathon. Diego però cambia espressione. Si fa serio e ribatte a Simone. «Perché tu fai il mondiale marathon?». L’elbano annuisce con la testa e ammette che ci vuol provare. Tanto più che si corre sui sentieri di casa, a Capoliveri, proprio all’Elba. A questo punto Rosa gli fa un paio di domande. Evidentemente la cosa lo stuzzica.

Diego Rosa (32 anni) in azione sul muro d’Huy
Diego Rosa (32 anni) in azione sul muro d’Huy

Rosa, la condizione e il Giro

Ma torniamo alla Freccia e sentiamo il piemontese.

«Abbiamo fatto una “specorata” oggi… (“specorare” in gergo significa fare molta fatica, ndr). Devo andare a vedere ancora i dati, ma credo che siamo andati davvero forte in fuga – dice Rosa, esattamente come Velasco – Cosa aggiungere: c’è gente più forte di noi.

«La fuga non era in programma. L’idea era di muoversi nel circuito finale. Poi invece mi sono ritrovato in un gruppo grande davanti, ho visto che dietro facevano fatica a rientrare nonostante fossero tutti in fila indiana e ho pensato: qui ci lasciano andare. Ci siamo mossi una volta sola, sia io che “Simo”. C’è stata un po’ di guerra prima, per entrare in quel gruppo davanti. Ma va bene così, come diceva un vecchio diesse italiano: il vento in faccia fa gamba. Speriamo abbia ragione!

«Io sono alla ricerca condizione. Con questa fuga mi sono fatto gran bel regalo e poi con una giornata come oggi, con il sole, queste gare sono ancora più belle. Purtroppo si sente la mancanza di corse del 2020. L’anno scorso ho fatto davvero pochissimi giorni di gara tra il Covid e la caduta al Tour. Ci vuole un po’ di tempo. Solo adesso sto trovando un po’ di continuità con le gare».

Con Diego si parla anche del Giro d’Italia. La sua Arkea è stata vicino ad ottenere l’invito e lui stesso ci aveva fatto più di un pensierino.

«Ci sono rimasto davvero male quando ho saputo che eravamo fuori. Ci tenevo tanto a tornare al Giro. Saremmo stati una squadra molto competitiva, di sicuro la più competitiva tra le professional. Abbiamo dovuto ricambiare i programmi e adesso siamo un po’ in balìa del calendario. Almeno sono contento che ci siano squadre italiane. A bocce ferme poi ci ho ripensato. Alla fine noi il Tour lo facciamo ed è giusto che tutti abbiano le loro possibilità».

Velasco, il podio brucia, ma si guarda avanti

15.03.2021
3 min
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Velasco torna indietro sul rettilineo di arrivo con le scatole girate e senza nemmeno tentare di nasconderlo. Ha lavorato sodo quest’inverno e ora ha la faccia scura, un po’ per la polvere e un po’ per il cattivo umore. Le gambe pulsano di fatica. Dopo la tappaccia di ieri, aver beccato la fuga è stato già una mezza impresa. Per questo arrivare terzo in volata provoca nervosismo e malumore.

«Ogni giorno a tutta – dice – sto battendo in continuazione i miei best di sempre. Oggi solo terzo. E dico solo, perché sono veloce. Ma va bene, devo trovare la condizione per le prossime gare e la vittoria sarebbe stata un sogno».

A Castelfidardo per Velasco un 71° posto pensando alla tappa di oggi
A Castelfidardo per Velasco un 71° posto pensando alla tappa di oggi

Le gambe dure

La tappa è partita da Castelraimondo, in questo primo giorno di zona rossa in cui la gente non sa che cosa pensare. Come fai in un piccolo paese, ancora ferito dal terremoto, a restare chiuso in casa se nelle strade arrivano i più campioni del ciclismo? E allora qualcuno fa capolino e si avvicina alle transenne, cercando di capire se i Carabinieri lo manderanno via. Ma le cose vanno bene, i gendarmi capiscono e si limitano a sincerarsi che le distanze vengano mantenute. E in breve la partenza diventa una festa, sia pure con pochi invitati, in cui si parla ancora della tappa di ieri. E Villella, pronto per partire, solleva il mento in direzione di Van Aert e dice: «Lui è quello più forte, con quel fisico che si ritrova».

Sembrava una tappa per i velocisti, invece la fatica si è fatta sentire. E anche grazie all’andatura folle del gruppo (corsa a 45,645 orari, la tappa di oggi è stata la seconda più veloce nella storia della Tirreno-Adriatico) a 30 chilometri dall’arrivo si è sganciata la fuga dei sei che si sono giocati la vittoria. Era l’ultima occasione, per questo la vittoria di Mads Wurtz Schmidt brucia ancora nello sguardo di Velasco.

Nella volata di Lido di Fermo, si impone Mads Wurtz Scmidt, Velasco è 3°
Nella volata di Lido di Fermo, si impone Mads Wurtz Scmidt, Velasco è 3°

Corsa leggendaria

Senza fare polemiche perché forse non hanno mai dato nulla per scontato, i corridori della Gazprom Rusvelo si sono ritrovati fuori dal Giro e anche dalla Sanremo. E così adesso l’orizzonte di Simone va oltre il prossimo sabato di cui si sente parlare sempre più spesso in corsa e alle partenze. La prossima corsa sarà il Coppi e Bartali e tutta questa fatica speriamo serva a qualcosa. Nel frattempo attorno alla transenna si stanno avvicinando i pochi tifosi presenti sull’arrivo che scattano foto a raffica, in questo ciclismo di campioni lontani.

«Ieri di certo – sorride – di fatica ne abbiamo fatta tanta. Credo sia stata davvero una corsa leggendaria. La prima ora siamo andati a quasi 60 all’ora e per me non è stato semplice. Peso 60 chili da bagnato, immaginate che cosa sia stato. Poi quando siamo arrivati sul circuito, le cose sono andate un po’ meglio. Mi sentivo bene, ma quando ho visto come si era messa, ho pensato di tirare il fiato pensando alla tappa di oggi e alla fine ho raccolto qualche briciola».

Direzione Ardenne

Nel mirino, la Coppi e Bartali, dove ha già vinto una tappa nel 2019, poi il debutto alle Classiche delle Ardenne. Se qualcosa vogliamo salvare in questa primavera di pochi inviti, la partecipazione alle corse del Belgio riporta un buon sapore in bocca, soprattutto correndole accanto a Kreuziger e con Konychev sull’ammiraglia. Ora però la gente intorno è troppa, l’aria rinfresca e Simone fa spallucce girando la bici e avviandosi verso il pullman. Solo due italiani in questa Tirreno sono saliti sul podio di tappa: Ballerini a Gualdo Tadino e lui qui a Lido di Fermo. Viste le andature del gruppo e il livello medio dei partenti, sarà più facile farsene una ragione.

Velasco? Risate, Mtb e voglia di vincere

05.01.2021
4 min
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Simone Velasco ha solo 25 anni, ma è professionista già dal 2016. All’epoca vestiva la maglia della Bardiani-CSF, oggi quella azzurra della Gazprom-RusVelo e nel mezzo quella della Neri Sottoli. Carattere spigliato, battuta pronta e sorriso sempre sulla bocca, Simone sta lavorando per lasciarsi alle spalle l’anno del Covid.

Sei al secondo anno in questa squadra, ma è come se fosse il primo?

Vero, in qualche modo è come se fosse il primo anno in Gazprom. Con questa stagione così strana la voglia principale è quella di tornare alla normalità.

Simone Velasco vince il Laigueglia 2019
Simone Velasco vince il Laigueglia 2019
Rosola dice che sei un mattacchione, perché?

Eh faccio un po’ a modo mio! Mi piace divertirmi e stare con gli amici però quando c’è da mettersi sotto, sono il primo a lavorare per raggiungere gli obiettivi.

Okay, ma è solo per questo?

Paolo indirettamente lo conosco da tanti anni e lui conosce me. Io infatti ho iniziato con la Mtb dove lui ha una lunga storia in quanto preparò la sua compagna Paola Pezzo. In più sono amico di suo figlio, Kevin, che corre. E poi tra italiani c’è un altro rapporto. Mi piace fare scherzi e di conseguenza me ne fanno. Ogni volta è una comica. L’anno scorso eravamo in ritiro e c’era Scaroni neoprofessionista che per farsi vedere era davanti e faceva un bel ritmo. Gli dicevamo: guarda che così la distanza non la finisci. Allora Marco Canola gli si è messo vicino e gli ha fatto la mezza ruota. Morale, l’ha sfinito e dopo quell’uscita è stato male 10 giorni. Così adesso ogni volta che è stanco e magari sogna le ferie gli facciamo: «Scaro, dai che adesso arriva Canola!».

Prima hai parlato di obiettivi, cosa vuoi raccogliere quest’anno?

Innanzi tutto vorrei tornare ai livelli del 2019 e magari alzare le braccia al cielo, perché se si parte bene poi tutto viene più facile.

Velasco in Mtb ha preso parte anche ad una marathon
Velasco in Mtb ha preso parte anche ad una marathon
E per questo hai già un piano?

Farò due gare a Mallorca, poi Valenciana, Vuelta Murcia e Almeria, l’idea è quella di trovare una buona condizione per arrivare al 100% alle corse italiane. Sia quelle più piccole che quelle più grandi. La Sanremo dovremmo farla e lo stesso vale per la Tirreno.

E con gli altri inviti come siete messi, sai qualcosa?

Beh, con l’arrivo di Roman (Kreuziger, ndr) dovrebbe essere un po’ più facile ottenerli. L’idea è quella di prendere parte alle Ardenne. Lui ha vinto l’Amstel e farle con un corridore così ti può far crescere, può essere un grande aiuto.

Quest’anno la Gazprom si è rinnovata parecchio, avete avuto modo di conoscervi?

Abbiamo fatto un miniritiro a Peschiera sul Garda ai primi di dicembre, tra l’altro iniziò il giorno del mio compleanno. C’erano quasi tutti, ma non Zakarin. Lui è rimasto a Cipro, le norme anticovid non gli consentivano di raggiungerci.

Squadra straniera, ma con molta Italia, si avverte la mentalità russa?

Diciamo che tra noi e loro si nota la differenza. Loro sono più inquadrati. Noi siamo più accondiscendenti un po’ in tutto e per tutto. Loro sono più schematici, però devo dire che questo mi ha insegnato qualcosa. Ho imparato qualcosa dalle diverse mentalità dei compagni. E magari loro hanno appreso qualcosa da me.

Simone Velasco (25 anni) si appresta ad affrontare la sua sesta stagione da pro
Velasco (25 anni) verso la sua sesta stagione da pro
Tu sei passato molto giovane, quando non era la normalità come adesso, quanto è cambiato il ciclismo in queste poche stagioni?

Sì, alla fine non avevo neanche 21 anni. Quando sono passato io, noi giovani cercavamo di tenere duro, di finire le corse e magari di aiutare. Oggi invece ci sono dei tenenti di lungo corso che aiutano i ragazzi. E’ cambiato molto.

In questi anni quali sono stati un punto di forza e una debolezza di Velasco?

Partiamo dai punti di forza che è meglio! Dico la tenacia. Nonostante tutti i problemi fisici ho avuto il coraggio e la costanza di non mollare. E’ la forza che ti dà la bici. Per quel che riguarda le mancanze non rifarei alcuni errori. Ho capito che strafare equivale a non fare. Ho chiesto troppo a me stesso quando non era il momento.